Language of document : ECLI:EU:T:2010:177

SENTENZA DEL TRIBUNALE (giudice unico)

6 maggio 2010 (*)

«FEDER – Riduzione di un contributo finanziario – Progetto pilota urbano relativo alla realizzazione di una rete di piazze telematiche per la città di Napoli – Nozione di irregolarità – Spese ammissibili»

Nella causa T‑388/07,

Comune di Napoli, rappresentato dagli avv.ti F. Sciaudone, G. Tarallo, G. Pizza e R. Sciaudone,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata dal sig. L. Flynn, in qualità di agente, assistito dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta,

avente ad oggetto, da un lato, la domanda di annullamento della decisione della Commissione 8 agosto 2007, C (2007) 3893, relativa alla riduzione del contributo del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) concesso ai sensi dell’art. 10 del regolamento (CEE) n. 4254/88, come modificato dal regolamento (CEE) n. 2083/93, alla città di Napoli con decisione della Commissione PH/1997/2761 che approva un contributo del FESR nell’ambito del progetto pilota urbano n. 97.05.29.002, nonché, dall’altro, il ricorso per risarcimento danni mirante ad ottenere il risarcimento del danno asseritamente subìto dal ricorrente in seguito all’adozione della decisione impugnata,

IL TRIBUNALE (giudice unico),

giudice: sig. F. Dehousse

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 18 giugno 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Ambito normativo

1        Le norme applicabili ai contributi concessi nell’ambito del Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) sono fissate in particolare dal regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1988, n. 2052, relativo alle missioni dei Fondi a finalità strutturali, alla loro efficacia e al coordinamento dei loro interventi e di quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti (GU L 185, pag. 9), come modificato in particolare dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2081 (GU L 193, pag. 5), e dal regolamento (CEE) 19 dicembre 1988, n. 4253, recante disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 2052/88 per quanto riguarda il coordinamento tra gli interventi dei vari Fondi strutturali, da un lato, e tra tali interventi e quelli della Banca europea per gli investimenti e degli altri strumenti finanziari esistenti, dall’altro (GU L 374, pag. 1), come modificato in particolare dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2082 (GU L 193, pag. 20).

2        L’art. 24 del regolamento n. 4253/88 prevede, per quanto riguarda la «riduzione, [la] sospensione o [la] soppressione del contributo»:

«1. Se la realizzazione di un’azione o di una misura sembra non giustificare né in parte né totalmente il contributo finanziario assegnato, la Commissione procede ad un esame appropriato del caso nel quadro della compartecipazione, chiedendo in particolare allo Stato membro o alle altre autorità da esso designate per l’attuazione dell’azione di presentare le loro osservazioni in un lasso di tempo determinato.

2. [In] seguito a questo esame la Commissione può ridurre o sospendere il contributo per l’azione o la misura in questione, se l’esame conferma l’esistenza di un’irregolarità o di una modifica importante che riguardi la natura o le condizioni di attuazione dell’azione o della misura e per la quale non sia stata chiesta l’approvazione della Commissione.

3. Qualsiasi somma che dia luogo a ripetizione di indebito deve essere restituita alla Commissione. Le somme non restituite possono essere aumentate degli interessi di mora, conformemente alle disposizioni del regolamento finanziario e secondo le modalità che saranno adottate dalla Commissione (…)».

3        L’art. 26 n. 2, del regolamento n. 4253/88 è così formulato:

«Per garantire l’efficacia degli interventi comunitari, le azioni a finalità strutturale formano oggetto di una valutazione ex ante, di una sorveglianza e di una valutazione ex post. L’efficacia è misurata a tre livelli:

–        l’incidenza complessiva sugli obiettivi enunciati dall’articolo 130 A [CEE] e in particolare sul rafforzamento della coesione economica e sociale della Comunità,

–        l’incidenza dell’azione intrapresa in ciascun quadro comunitario di sostegno,

–        l’incidenza degli interventi operativi (programmi, ecc.).

La valutazione ex ante e la valutazione ex post sono effettuate, a seconda dei casi, mettendo eventualmente a confronto gli obiettivi con i risultati conseguiti, in rapporto agli obiettivi e agli indicatori macroeconomici e settoriali basati su dati statistici regionali e nazionali, ai dati ottenuti con studi analitici descrittivi, nonché ad analisi di tipo qualitativo.

Nella valutazione ex ante e nella valutazione ex post si tengono presenti i vantaggi socioeconomici attesi o conseguiti in considerazione delle risorse messe a disposizione, la conformità alle politiche e alle disposizioni comunitarie di cui all’articolo 7, paragrafo 1 del regolamento (CEE) n. 2052/88 e le condizioni di attuazione delle azioni».

4        Peraltro, il Consiglio ha adottato, il 19 dicembre 1988, il regolamento (CEE) n. 4254/88, recante disposizioni di applicazione del regolamento (CEE) n. 2052/88 per quanto riguarda il Fondo europeo di sviluppo regionale (GU L 374, pag. 15). Tale regolamento è stato modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 20 luglio 1993, n. 2083 (GU L 193, pag. 34).

5        L’art. 10, n. 1, del regolamento n. 4254/88 prevede il cofinanziamento di progetti pilota da parte del FESR. Tale articolo dispone quanto segue:

«A norma dell’articolo 3, paragrafo 1, ultimo comma del regolamento (CEE) n. 2052/88, il FESR può inoltre contribuire, entro il limite dell’1% della sua dotazione annuale, al finanziamento, a livello comunitario:

a)      (…)

b)      di progetti pilota che:

–        costituiscano incentivi alla realizzazione di infrastrutture, di investimenti aziendali e di altre iniziative specifiche che presentano un rilevante interesse comunitario, soprattutto nelle regioni frontaliere interne ed esterne alla Comunità,

–        favoriscano sia lo scambio di esperienze e la cooperazione in materia di sviluppo tra regioni comunitarie, sia azioni innovatrici».

6        La Commissione delle Comunità europee ha pubblicato le proprie linee direttrici relative alla presentazione di proposte di progetti pilota urbani (in prosieguo: i «PPU») nel documento 95/C 319/06, intitolato «Invito a presentare proposte per “progetti pilota” ai sensi dell’articolo 10 del regolamento FESR» (GU 1995, C 319, pag. 31).

7        In tale documento, il paragrafo intitolato «Durata dei progetti» è così redatto:

«Di regola, i progetti dovrebbero durare da due a tre anni. In condizioni normali non si concederanno proroghe, tranne in caso di ritardi dovuti a circostanze eccezionali e impreviste (calamità naturali, ritrovamenti archeologici inattesi, ecc.) e soltanto previo accordo dei competenti servizi della Commissione (…)».

8        L’art. 39, n. 3, del regolamento (CE) del Consiglio 21 giugno 1999, n. 1260, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali (GU L 161, pag. 1), e che abroga i regolamenti nn.2052/88 e 4253/88, dispone, per quanto riguarda le rettifiche finanziarie:

«Alla scadenza del termine stabilito dalla Commissione, se non è stato raggiunto un accordo e se lo Stato membro non ha effettuato le rettifiche, la Commissione, tenendo conto delle osservazioni di quest’ultimo, può decidere entro tre mesi:

a)      di ridurre l’acconto di cui all’articolo 32, paragrafo 2 o

b)      di procedere alle necessarie rettifiche finanziarie, sopprimendo in tutto o in parte la partecipazione dei Fondi all’intervento in questione.

Nello stabilire l’importo della rettifica la Commissione tiene conto, conformemente al principio di proporzionalità, della natura dell’irregolarità o della modificazione, nonché dell’ampiezza e delle implicazioni finanziarie delle insufficienze constatate nei sistemi di gestione o di controllo degli Stati membri.

In mancanza di una decisione di agire a norma delle lettere a) o b) la sospensione dei pagamenti intermedi cessa con effetto immediato».

9        Ai sensi dell’art. 52 n. 5, secondo comma, del regolamento n. 1260/1999:

«Le parti delle somme impegnate per le operazioni o i programmi decisi dalla Commissione anteriormente al 1° gennaio 1994 e che non hanno formato oggetto di una domanda di pagamento definitivo presentata alla Commissione entro il 31 marzo 2001 sono da quest’ultima disimpegnate d’ufficio entro il 30 settembre 2001 e danno luogo a rimborso delle somme non dovute, fatti salvi operazioni o programmi oggetto di sospensione per motivi giudiziari».

 Fatti

10      In applicazione delle linee direttrici menzionate al punto 6, la Commissione pubblicava un invito a presentare proposte al quale il Comune di Napoli, ricorrente, rispondeva.

11      Con decisione 10 luglio 1997, PH/1997/2761, la Commissione accordava al ricorrente un contributo finanziario del FESR per il PPU n. 97.05.29.002 relativo alla realizzazione di una rete di piazze telematiche. La lettera d’approvazione del progetto, in data 14 luglio 1997 e alla quale erano allegati la descrizione del progetto, le condizioni generali applicabili all’erogazione del contributo comunitario e un formulario che doveva essere sottoscritto dal responsabile del progetto e restituito alla Commissione (in prosieguo: la «convenzione di finanziamento»), è pervenuta al ricorrente il 25 luglio 1997.

12      Ai sensi della convenzione di finanziamento, il progetto copriva il periodo 1° luglio 1997 ‑ 31 dicembre 1999. Il punto 3.2 dell’allegato 2 della convenzione di finanziamento fissava al 30 giugno 2000 il termine ultimo per la contabilizzazione delle spese ammissibili, mentre la domanda di pagamento del saldo finale doveva essere presentata alla Commissione entro tre mesi a decorrere dal termine indicato.

13      Con lettera del 25 maggio 1998, il ricorrente chiedeva alla Commissione di approvare due modifiche del progetto. Esso intendeva modificare la localizzazione delle due piazze telematiche, spostandone una verso il quartiere di Scampia e l’altra nella zona portuale, e di prorogare di dodici mesi i termini per la realizzazione del progetto

14      Con lettera del 1° dicembre 1998, la Commissione approvava tali varianti, compresa la proroga di dodici mesi per la realizzazione del progetto, spostando quindi la data dell’ultimo impegno al 31 dicembre 2000 e il termine ultimo per la contabilizzazione delle spese effettive al 30 giugno 2001.

15      Con lettera del 15 ottobre 1999, il ricorrente sottoponeva alla Commissione un’ulteriore richiesta di modifica del progetto, relativa allo spostamento del secondo sito nell’area della Mostra d’Oltremare. A seguito di una richiesta di informazioni della Commissione del 23 febbraio 2000, il ricorrente forniva, con lettera del 10 luglio 2000, le informazioni complementari richieste e, al contempo, chiedeva un’ulteriore proroga di dodici mesi per la realizzazione del progetto.

16      Con lettera del 18 settembre 2000, la Commissione approvava la nuova localizzazione del secondo sito, richiesta dal ricorrente con la lettera del 15 ottobre 1999, ma negava un’ulteriore proroga del termine impartito per la realizzazione del progetto.

17      Nell’ambito della realizzazione del progetto e, più precisamente, nel contesto delle gare d’appalto indette dal ricorrente, un’impresa esclusa dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto per la fornitura di attrezzature informatiche proponeva ricorso, in data 28 giugno 2001, dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale (in prosieguo: il «TAR»), con cui chiedeva la sospensione provvisoria dell’aggiudicazione. Con sentenza 2 agosto 2001, il TAR sospendeva l’aggiudicazione dell’appalto. In seguito all’appello del ricorrente, resistente nel procedimento dinanzi al TAR, il Consiglio di Stato, con ordinanza 13 novembre 2001, notificata al ricorrente il 5 dicembre 2001, annullava la sentenza del TAR 2 agosto 2001.

18      Con lettera del 27 giugno 2002, il ricorrente sottoponeva alla Commissione la domanda di saldo e di attestazione finale delle spese del progetto, per un importo globale di EUR 1 623 980,36.

19      Con lettera del 24 agosto 2004 la Commissione, avendo rilevato irregolarità nella realizzazione del progetto, rifiutava di dare seguito a detta domanda. Dette irregolarità giustificavano, secondo la Commissione, la liquidazione del progetto, il disimpegno della parte restante del contributo finanziario e la richiesta di rimborso degli importi indebitamente percepiti, ossia EUR 704 086,80.

20      Con lettera del 27 ottobre 2004, il ricorrente affermava che il ritardo nei pagamenti controversi dipendeva da una serie di eventi inattesi e imprevedibili, in alcuni casi riconducibili a cause di forza maggiore.

21      Con lettera del 13 maggio 2005, la Commissione manteneva la propria posizione circa la chiusura del progetto, le quote da disimpegnare e la parte di contributo da recuperare come previsto dall’art. 24 del regolamento n. 4253/88.

22      Con lettera dell’8 novembre 2005, il ricorrente ribadiva che il ritardo di alcuni pagamenti non era ad esso imputabile e che il progetto era stato pienamente portato a termine.

23      Nell’ambito della procedura prevista all’art. 24 del regolamento n. 4253/88, il 9 febbraio 2006 veniva organizzata una riunione bilaterale a Bruxelles (Belgio). In quella sede il ricorrente ribadiva che le risposte tardive della Commissione, il rinvenimento di amianto e il contenzioso amministrativo dinanzi al TAR giustificavano il suo ritardo.

24      Nella sua risposta del 24 ottobre 2006, la Commissione ha accolto in parte taluni argomenti del ricorrente. Dopo aver proceduto ad un nuovo calcolo delle spese ammissibili, ha riportato la somma da rimborsare ad un importo di EUR 551 928,36.

25      Con varie lettere, il ricorrente esprimeva il proprio disaccordo con le conclusioni esposte dalla Commissione nella lettera del 24 ottobre 2006.

 Decisione impugnata

26      Con decisione 8 agosto 2007, C (2007) 3893 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), relativa alla riduzione del contributo del Fondo europeo di sviluppo regionale concesso a titolo dell’articolo 10 del Regolamento (CEE) n. 4254/88, modificato dal Regolamento (CEE) n. 2083/93, nella città di Napoli in Italia, con decisione della Commissione PH/1997/2761, recante approvazione di un contributo del FESR nell’ambito del Progetto Pilota Urbano n. 97.05.29.002, la Commissione ha ridotto la somma complessiva richiesta al ricorrente, ma ha confermato la propria posizione circa l’inammissibilità di talune spese.

27      La Commissione si felicita del fatto che uno dei due siti telematici inizialmente previsti sia stato realizzato e sia operativo, ma rileva che esso non può costituire una giustificazione e comportare l’accettazione automatica delle fatture pagate oltre la data di ammissibilità (‘considerando’ 21 della decisione impugnata).

28      Risulta dalle conclusioni della decisione impugnata (‘considerando’ 24‑28) che i servizi della Commissione, a seguito dell’audit effettuato per loro conto da uno studio (in prosieguo: lo «studio d’audit») e dell’esame delle informazioni fornite dal ricorrente, ritengono inammissibili le seguenti spese: EUR 26 631 (costi per studi ed esperti), in quanto prive di documenti giustificativi; EUR 1 996 (costi generali), EUR 95 847,64 (costi per attrezzature) ed EUR 386 112,09 (edifici e servizi), in quanto le spese sono state effettuate oltre la data di ammissibilità delle stesse. La spesa globale dichiarata dal ricorrente ammonta a un importo di EUR 1 623 980,36, da cui la Commissione deduce l’importo controverso delle spese inammissibili. La spesa ammessa per la liquidazione è stata quindi ridotta a un importo di EUR 1 113 393,21. Il contributo globale del FESR, pari al 74% della spesa totale ammissibile, ammonta pertanto ad un importo di EUR 823 910,98 (v. anche art. 1, n. 1, della decisione impugnata). Poiché la Commissione ha già versato anticipi per un totale di EUR 1 186 700, essa ritiene che la liquidazione del progetto implichi il rimborso della differenza da parte del ricorrente.

29      L’art. 1, n. 2, della decisione impugnata, di cui il ricorrente è destinatario, dispone di conseguenza:

«Il contributo di 362 789,02 euro, versato dalla Commissione a titolo di tale contributo, è stato indebitamente percepito e deve essere recuperato».

 Procedimento e conclusioni delle parti

30      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 ottobre 2007, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

31      In applicazione delle disposizioni degli artt. 14, n. 2, e 51, n. 2, del regolamento di procedura, il Tribunale (Prima Sezione), sentite le parti, ha deciso di attribuire la presente causa al sig. Dehousse in qualità di giudice unico.

32      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione a risarcire il danno causato da detta decisione;

–        condannare la Commissione alle spese.

33      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

1.     Sulle conclusioni dirette ad ottenere l’annullamento della decisione impugnata

34      Il ricorrente deduce otto motivi a sostegno delle sue conclusioni per l’annullamento. Nei primi due motivi, che occorre considerare come un solo motivo, esso contesta l’interpretazione e l’applicazione che la Commissione ha effettuato dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88. Nei quattro motivi seguenti, che occorre trattare come quattro parti di un secondo motivo, il ricorrente fa valere diversi errori di valutazione commessi dalla Commissione nella determinazione della data di ammissibilità delle spese. Il ricorrente fa valere poi la violazione del principio di proporzionalità e, infine, un difetto di motivazione.

 Sul primo motivo, attinente all’interpretazione e all’applicazione erronee dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88

 Argomenti delle parti

35      Il ricorrente considera che la decisione impugnata è viziata da illegittimità in quanto la Commissione non ha tenuto conto di tutti i parametri, formali e sostanziali, che dovrebbero essere utilizzati per accertare l’esistenza di irregolarità ai sensi dell’art 24 del regolamento n. 4253/88.

36      Il ricorrente ritiene che, in applicazione dell’art. 26 del regolamento n. 4253/88, per valutare l’attuazione delle azioni finanziate si debba tenere conto degli obiettivi perseguiti e dei risultati raggiunti. Risulterebbe inoltre dalla giurisprudenza e dalla prassi della Commissione che, nel valutare l’esistenza di irregolarità ai sensi dell’art. 24 di detto regolamento, si deve tenere conto della realizzazione effettiva dell’azione finanziata.

37      Orbene, nella decisione impugnata, la Commissione valuterebbe l’esistenza di irregolarità sulla scorta del presunto inadempimento degli obblighi finanziari, vale a dire esclusivamente sulla base di un criterio formale, senza tenere conto né del fatto che il progetto sarebbe stato completato in un periodo di tempo inferiore a quello inizialmente previsto né dell’effettiva realizzazione della piazza telematica di Scampia. La Commissione avrebbe riconosciuto gli eccellenti risultati raggiunti dal ricorrente, in particolare in occasione della riunione bilaterale del 9 febbraio 2006, e si feliciterebbe del risultato ottenuto nella decisione impugnata, ma non terrebbe conto di tali elementi. Nella valutazione delle irregolarità addebitate al ricorrente nella decisione impugnata, la Commissione non avrebbe quindi applicato correttamente l’art. 24 del regolamento n. 4253/88.

38      Il ricorrente fa valere poi che, nella specie, la Commissione ha applicato una nozione di irregolarità manifestamente erronea. Esso ricorda, in proposito, il quadro normativo applicabile a tale nozione e sostiene che l’art. 1, nn. 2 e 3, del regolamento (CE, Euratom) del Consiglio 18 dicembre 1995, n. 2988, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità (GU L 312, pag. 1), sancisce in materia principi generali che sono confermati dalla disciplina settoriale riferibile al FESR, in particolare dal regolamento (CE) della Commissione 11 luglio 1994, n. 1681, relativo alle irregolarità e al recupero delle somme indebitamente pagate nell’ambito del finanziamento delle politiche strutturali nonché all’organizzazione di un sistema d’informazione in questo settore (GU L 178, pag. 43). Secondo il ricorrente, da tale regolamento risulta che un’irregolarità sussiste solo in caso di violazioni sostanziali della normativa comunitaria. Tale interpretazione sarebbe suffragata dall’art. 24 del regolamento n. 4253/88.

39      Secondo il ricorrente, anche la giurisprudenza comunitaria conferma tale principio, ravvisando la sussistenza di irregolarità solo in occasione di gravi violazioni delle disposizioni applicabili. Esso rinvia, in proposito, alla sentenza della Corte 15 settembre 2005, causa C‑199/03, Irlanda/Commissione (Racc. pag. I‑8027, punto 12).

40      Il ricorrente afferma quindi di non avere commesso alcuna irregolarità, in quanto si tratterebbe nella specie di un semplice slittamento del termine previsto per i pagamenti, che non sarebbe ad esso imputabile. Tale slittamento non potrebbe essere considerato una modifica importante e il contributo finanziario assegnato non potrebbe essere considerato una spesa indebita. Pertanto, il recupero del contributo finanziario non sarebbe giustificato e l’errore di diritto commesso dalla Commissione sarebbe tale da comportare l’illegittimità della decisione impugnata.

41      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

42      Dal preambolo della decisione impugnata risulta che essa ha come fondamento normativo il regolamento n. 4253/88 e, in particolare, l’art. 24, nn. 2 e 3. Peraltro, la Commissione inizia la sua valutazione giuridica, al ‘considerando’ 15 della decisione impugnata, rinviando all’art. 24, n. 2, del regolamento n. 4253/88 e conclude, al ‘considerando’ 28 della decisione impugnata, basando la sua domanda di rimborso dell’importo di EUR 362 789,02 sull’art. 24, n. 3, del detto regolamento.

43      Occorre sottolineare a tal riguardo che il fondamento normativo pertinente dell’obbligo di recupero di cui trattasi è costituito dal regolamento n. 4253/88 e non dal regolamento n. 2988/95, il quale, come sottolineato dalla Commissione, si limita a fissare le regole generali per i controlli e le sanzioni allo scopo di tutelare gli interessi finanziari della Comunità (v., in tal senso, sentenza della Corte 13 marzo 2008, cause riunite da C‑383/06 a C‑385/06, Vereniging Nationaal Overlegorgaan Sociale Werkvoorziening, Racc. pag I‑1561, punto 39).

44      Non occorre quindi pronunciarsi sugli argomenti che il ricorrente basa sui principi generali sanciti dal regolamento n. 2988/95 e asseritamente confermati dalla normativa settoriale relativa al FESR e, in particolare, dal regolamento n. 1681/94. Occorre sottolineare che quest’ultimo non costituisce nemmeno il fondamento normativo pertinente dell’obbligo di recupero nella fattispecie (v. punto 42 supra). Peraltro, esso non contiene alcuna limitazione del suo campo di applicazione alle irregolarità gravi o di un certo tipo.

45      La discussione tra le parti verte sull’interpretazione della nozione di irregolarità di cui all’art. 24 del regolamento n. 4253/88, dal punto di vista della natura di quest’ultima e della gravità che deve presentare, nonché sull’applicazione nella fattispecie di tale articolo e della giurisprudenza ad esso relativa.

46      In primo luogo, per quanto riguarda l’interpretazione della nozione di irregolarità, si deve constatare che l’art. 24 del regolamento n. 4253/88 non precisa di quale tipo possa o debba essere l’irregolarità constatata affinché la Commissione possa ridurre o sospendere il contributo finanziario. Tale articolo specifica semplicemente che la Commissione può adottare una tale misura se l’esame conferma, in maniera alternativa, «l’esistenza di un’irregolarità o di una modifica importante che riguardi la natura o le condizioni di attuazione dell’azione o della misura e per la quale non sia stata chiesta l’approvazione della Commissione».

47      Ne deriva che, se, nell’alternativa menzionata, la modifica deve essere rilevante, nulla è detto sulla gravità dell’irregolarità. Orbene, nella fattispecie la Commissione non fa valere una modifica rilevante apportata al progetto, ma il mancato rispetto delle condizioni stabilite nella convenzione di finanziamento.

48      Peraltro, la giurisprudenza non ha enunciato alcun principio che limiti la possibilità di constatare l’esistenza di irregolarità ai casi di violazioni gravi. Per contro, la Corte ha già dichiarato che l’art. 24 del regolamento n. 4253/88 non opera alcuna distinzione di ordine quantitativo o qualitativo circa le irregolarità che possono dar luogo alla riduzione di un contributo e che anche irregolarità che non hanno alcun preciso impatto finanziario possono arrecare un serio pregiudizio agli interessi finanziari dell’Unione nonché al rispetto del diritto comunitario e giustificare, pertanto, l’applicazione di rettifiche finanziarie ad opera della Commissione (sentenza Irlanda/Commissione, punto 39 supra, punti 30 e 31).

49      Precisata la nozione di irregolarità, in secondo luogo, occorre verificare se la Commissione abbia, nella fattispecie, applicato correttamente le disposizioni vigenti.

50      La Commissione conclude, al ‘considerando’ 24 della decisione impugnata, per la presenza di irregolarità e per l’inammissibilità di talune spese, dovuta, per alcune, all’assenza di documenti giustificativi e, per altre, al loro carattere tardivo rispetto al periodo di ammissibilità.

51      In primo luogo, per quanto riguarda l’assenza di documenti giustificativi per costi di studio ed esperti per un importo di EUR 26 631, occorre constatare che il ricorrente non la contesta e deduce del resto tale importo dal danno emergente di cui chiede l’indennizzo (v. punto 168 infra).

52      In secondo luogo, per quanto riguarda le spese successive alla data limite di ammissibilità, risulta dalla convenzione di finanziamento che la concessione del contributo finanziario di cui trattasi è stata esplicitamente subordinata al rispetto delle disposizioni generali di cui all’allegato 2, parti A e B, della detta convenzione, che il beneficiario si è impegnato a rispettare integralmente. Quest’ultimo ha anche dovuto sottoscrivere e restituire alla Commissione un modulo in tal senso. Orbene, sotto il titolo «Durata», il punto 2 dell’allegato 2 della convenzione di finanziamento precisa il periodo cui si riferisce il progetto. Il punto 3.2 dell’allegato 2 della convenzione stabilisce il termine ultimo per la contabilizzazione delle spese ammissibili al 30 giugno 2000, termine che la Commissione ha in seguito prorogato al 30 giugno 2001 (v. punto 14 supra). Questo stesso punto impone al beneficiario di presentare la domanda di pagamento finale entro tre mesi a decorrere dalla scadenza del termine indicato. Infine, il punto 14 dell’allegato 2 della convenzione di finanziamento specifica esplicitamente che il mancato rispetto di una delle condizioni indicate autorizza la Commissione a ridurre o ad annullare il contributo concesso.

53      Orbene, è pacifico che talune spese, inserite dal ricorrente nella sua domanda di pagamento finale, sono successive alla data limite di ammissibilità.

54      Sulla base dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88 e della convenzione di finanziamento, la Commissione poteva dunque, per ridurre il contributo al progetto di cui trattasi, far valere l’inosservanza delle condizioni che il ricorrente si era impegnato a rispettare.

55      Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, in particolare facendo valere la realizzazione del progetto, né l’art. 26 del regolamento n. 4253/88 né la giurisprudenza rimettono in discussione tale conclusione.

56      Infatti, da un lato, l’art. 26 del regolamento n. 4253/88 prevede certo che la valutazione ex ante e la valutazione ex post delle azioni sono effettuate, a seconda dei casi, mettendo eventualmente a confronto gli obiettivi con i risultati conseguiti. Tuttavia, questa disposizione figura al titolo VII, dedicato alla sorveglianza e alla valutazione ex post, mentre l’art. 24 dello stesso regolamento fa parte del titolo VI, relativo alle disposizioni finanziarie. Non si può pertanto dedurre né dall’economia né dalla formulazione del regolamento n. 4253/88 che l’applicazione dell’art. 24 sia subordinata all’art. 26 dello stesso regolamento. Occorre del resto osservare che l’art. 24 del regolamento n. 4253/88 prevede che la riduzione o la sospensione del contributo finanziario avvenga in seguito ad un esame appropriato al quale la Commissione procede allorché la realizzazione di un’azione o di una misura «non sembra giustificare né una parte né la totalità del contributo finanziario assegnato». Questo esame eventuale si aggiunge così, eventualmente, alla sorveglianza, che è per contro sistematica. Inoltre, in ogni caso, il ricorrente non ha dimostrato che la sorveglianza del progetto non era stata effettuata confrontando gli obiettivi con i risultati ottenuti. Il mantenimento da parte della Commissione di una parte rilevante dei fondi versati non va del resto in tale direzione.

57      D’altro lato, la Corte ha già dichiarato che le misure di sospensione del contributo finanziario e di ripetizione dell’indebito previste all’art. 24 del regolamento n. 4253/88 non sono riservate agli inadempimenti che compromettono la realizzazione del progetto di cui trattasi o che comportano una modifica rilevante che incide sulla natura e sull’esistenza stessa di tale progetto (v., in tal senso, ordinanza della Corte 25 novembre 2004, causa C‑18/03 P, Vela e Tecnagrind/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punti 129‑134). Pertanto, non si può sostenere che le sanzioni previste da tale disposizione si applichino soltanto nel caso in cui l’iniziativa finanziata non sia stata realizzata in tutto o in parte. Consegue da quanto esposto che non è sufficiente dimostrare che un progetto sia stato realizzato per giustificare l’attribuzione di una sovvenzione specifica (v., in tal senso, sentenza della Corte 19 gennaio 2006, causa C‑240/03 P, Comunità montana della Valnerina/Commissione, Racc. pag. I‑731, punti 77 e 78).

58      Inoltre, l’obbligo di rispettare le condizioni finanziarie stipulate in una convenzione di finanziamento costituisce, al pari dell’obbligo di esecuzione materiale del progetto di cui trattasi, uno degli impegni essenziali del beneficiario e, dunque, rappresenta un presupposto dell’attribuzione del contributo finanziario comunitario (v., in tal senso, sentenza Comunità montana della Valnerina/Commissione, punto 57 supra, punto 86).

59      In ogni caso, nella fattispecie il ricorrente non può basare alcun argomento sulla realizzazione del progetto. Infatti solo una delle due piazze telematiche previste nella convenzione di finanziamento è stata realizzata.

60      Il ricorrente a tal riguardo non ha presentato alcuna clausola accessoria alla convenzione di finanziamento e neanche alcun documento tale da dimostrare che aveva ottenuto l’accordo della Commissione per realizzare solo una delle due piazze telematiche. Anche se, come ha sostenuto il ricorrente all’udienza, la Commissione non ha motivato, nella decisione impugnata, la sua domanda di rimborso per mancata realizzazione della seconda piazza telematica, tuttavia essa menziona, ai ‘considerando’ 9 e 21 della decisione impugnata, la realizzazione di una delle due piazze telematiche previste nella convenzione. Peraltro, dagli allegati al ricorso risulta che, nella lettera del 10 luglio 2000 indirizzata alla Commissione, il ricorrente ha chiesto una nuova proroga di un anno della data di completamento del progetto ed ha fornito precisazioni sulla localizzazione e la realizzazione della seconda piazza telematica. Con lettera del 18 settembre 2000, la Commissione ha rifiutato la nuova proroga del termine chiesto dal ricorrente, ma ha accettato la collocazione finale della seconda piazza telematica alla Mostra d’Oltremare. Nulla in questi elementi corrobora la tesi secondo cui la Commissione avrebbe dato il suo accordo per limitare la costruzione ad una sola piazza telematica. Infine, la relazione dello studio di audit espone, nella rubrica «stato del progetto», che, in origine, era stato previsto di creare una rete di due piazze telematiche, ma che una sola è stata effettivamente costruita, anche se il suo completamento è stato ritardato.

61      Questo motivo, attinente all’interpretazione e all’applicazione erronee dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88, non è dunque fondato.

 Sul secondo motivo, relativo a vari errori commessi dalla Commissione nella determinazione della data di ammissibilità delle spese

62      Il ricorrente addebita alla Commissione di non aver tenuto conto, nel determinare il termine ultimo di ammissibilità delle spese, della trasmissione tardiva da parte della stessa della lettera di approvazione del progetto, del suo ritardo nell’approvazione di una modifica di quest’ultimo, del caso di forza maggiore risultante dalla scoperta dell’amianto e dell’effetto sospensivo della sentenza del TAR.

 Sulla mancata presa in considerazione della trasmissione tardiva da parte della Commissione della lettera di approvazione del progetto

–       Argomenti delle parti

63      Il ricorrente rammenta che la convenzione di finanziamento prevedeva, quale termine iniziale per l’avvio del progetto e per l’ammissibilità delle spese, il 10 luglio 1997, mentre la lettera di approvazione del progetto è datata 14 luglio 1997 e gli è pervenuta soltanto il 25 luglio 1997.

64      Secondo il ricorrente, tale ritardo è chiaramente imputabile alla Commissione e risulta dal ‘considerando’ 17 della decisione impugnata che la Commissione non contesta la propria responsabilità.

65      Il ricorrente ritiene che, se, come sostiene la Commissione, ad esso incombesse di informare quest’ultima del ritardo nella comunicazione della convenzione di finanziamento, questo porrebbe a carico delle controparti della Commissione un onere di informazione circa i comportamenti tenuti dall’istituzione stessa.

66      Il ricorrente contesta l’affermazione della Commissione secondo cui il periodo di ammissibilità delle spese comincia a decorrere dalla data indicata dalla convenzione di finanziamento, e non dalla data di notifica di tale convenzione. Questo significherebbe che avrebbe dovuto avviare i lavori prima ancora di avere conosciuto l’esito del progetto, e quindi non sapendo ancora se il progetto avrebbe beneficiato o meno del contributo finanziario comunitario. Inoltre, l’obiezione in parola si fonderebbe sulla data e sulle condizioni indicate nella stessa convenzione di finanziamento. Orbene, al riguardo, la lettera di approvazione chiarirebbe che l’impegno del beneficiario a rispettare queste date e condizioni viene assunto con la compilazione e trasmissione dell’apposito modulo allegato alla lettera. Il ricorrente non comprende dunque come tale impegno possa retroagire ed esplicare i suoi effetti anteriormente alla ricezione della convenzione di finanziamento.

67      Il ricorrente ritiene che le difficoltà di ordine tecnico e amministrativo sopravvenute durante la realizzazione del progetto non consentano di cancellare o compensare il ritardo iniziale dovuto alla negligenza della Commissione. Infatti, il ricorrente sostiene di essersi trovato nell’impossibilità totale di avviare la realizzazione del progetto a causa di questa negligenza.

68      A conferma di tale illegittimità, il ricorrente fa valere che la decisione impugnata non tiene conto del grado di responsabilità connesso alla presunta irregolarità, poiché l’irregolarità è, nel caso di specie, esclusivamente imputabile alla Commissione. Il ricorrente sottolinea la gravità del ritardo in quanto esso si colloca nella fase iniziale del progetto e produce ritardi a catena. Questo ritardo non potrebbe quindi costituire oggetto di una compensazione mediante un semplice calcolo aritmetico dei giorni perduti.

69      Infine, il ricorrente evidenzia l’incoerenza della tesi della Commissione, che sarebbe differente a seconda del soggetto cui la negligenza è imputabile. Se, come sostiene la Commissione, il ritardo ad essa imputabile non ha avuto alcuna incidenza sulla realizzazione del progetto, occorrerebbe anche esaminare l’incidenza del rispetto dei termini sulla buona realizzazione del progetto nel caso del ricorrente. Questo dovrebbe portare alla conclusione che l’impegno tardivo delle spese ammissibili che gli è addebitato non ha affatto pregiudicato la realizzazione del progetto.

70      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

71      Nel ‘considerando’ 17 della decisione impugnata, la Commissione ritiene che il ricorrente avrebbe dovuto informarla immediatamente dei 25 giorni di ritardo con cui la convenzione di finanziamento gli è pervenuta e chiederle una proroga corrispondente della data limite di ammissibilità delle spese se riteneva che tale ritardo avrebbe ritardato l’inizio dei lavori. La Commissione sottolinea che le spese sono ammissibili a decorrere dalla data indicata nella convenzione e non dalla data di notifica della detta convenzione. Essa aggiunge che il ricorrente ha indicato in vari documenti che i lavori erano stati avviati con alcuni mesi di ritardo a causa di problemi amministrativi interni e delle elezioni comunali.

72      A tal riguardo occorre ricordare (v. punto 52 supra) che la convenzione di finanziamento, recante la data del 14 luglio 1997, sottolineava che la concessione del contributo finanziario era subordinata al rispetto delle disposizioni generali di cui all’allegato 2, parti A e B, della convenzione, che il beneficiario si impegnava a rispettare. Inoltre, nel modulo accluso come allegato 3 alla convenzione di finanziamento, che doveva essere restituito, dopo la ricezione, alla Commissione da parte del beneficiario del contributo finanziario, quest’ultimo si impegnava a rispettare integralmente le disposizioni generali e le disposizioni finanziarie di cui all’allegato 2, parti A e B, della convenzione di finanziamento, delle quali dichiarava di aver preso conoscenza. La Commissione e il ricorrente si sono quindi impegnati a rispettare le date previste dalla convenzione di finanziamento, in base alla quale il progetto si riferiva al periodo 1° luglio 1997 ‑ 31 dicembre 1999.

73      Inoltre, dal punto 3.3 dell’allegato 2 della convenzione di finanziamento risulta che la Commissione può accettare di modificare le date limite di impegno e di contabilizzazione delle spese su presentazione entro i termini, da parte del responsabile del progetto, di una domanda motivata. In caso contrario, le spese effettuate dopo il termine non vengono prese in considerazione. Le domande di proroga devono quindi essere presentate entro i termini stabiliti. Il punto 3.3 dell’allegato 2 della convenzione di finanziamento sottolinea anche che le proroghe del termine non possono superare un anno in totale.

74      Pertanto, il ricorrente, se si riteneva leso dal tardivo ricevimento della convenzione di finanziamento, avrebbe dovuto, in applicazione del punto 3.3 dell’allegato 2 della convenzione di finanziamento, chiedere alla Commissione la proroga della data limite di ammissibilità delle spese, presentando una domanda debitamente motivata entro i termini stabiliti, cosa che non ha fatto.

75      Peraltro, anche ammettendo che una tale domanda possa essere effettuata a posteriori, anche dopo la data limite di ammissibilità delle spese fissata nella convenzione di finanziamento, il ricorrente non dimostra che la realizzazione del progetto sia stata effettivamente ritardata dal ricevimento della convenzione di finanziamento il 25 luglio 1997.

76      Infatti, da vari documenti, tra cui la domanda di modifica della convenzione di finanziamento inviata dal ricorrente alla Commissione il 25 maggio 1998, risulta che il progetto è stato inizialmente ritardato a causa delle elezioni comunali del 16 novembre 1997, la cui campagna elettorale è cominciata nel settembre 1997. Solo il 30 marzo 1998 il consiglio comunale ha conferito al direttore del progetto i poteri di impegno dei fondi destinati al progetto e il ricorrente ha potuto decidere circa la destinazione dei numerosi edifici comunali.

77      Del resto, in considerazione delle giustificazioni fornite dal ricorrente, collegate a problemi amministrativi interni e alle elezioni, la Commissione ha accettato, con lettera del 1° dicembre 1998, di prorogare di dodici mesi il termine iniziale.

78      Da tutti questi elementi risulta che la Commissione non ha commesso alcuna illegittimità non tenendo conto del ritardo di trasmissione della convenzione di finanziamento nel determinare la data limite di ammissibilità delle spese.

 Sull’erronea presa in considerazione del ritardo con il quale la Commissione ha approvato una modifica al progetto

–       Argomenti delle parti

79      Il ricorrente addebita alla Commissione di non aver tenuto conto, nel valutare l’ammissibilità delle spese, dell’intero periodo di sette mesi da essa impiegato per approvare la modifica del progetto richiesta. La Commissione avrebbe tenuto un comportamento negligente approvando le modifiche e la proroga del termine richieste dal ricorrente solo con lettera del 1° dicembre 1998, mentre tali richieste le erano state inviate dal ricorrente con lettera del 25 maggio 1998. La Commissione avrebbe ammesso la propria responsabilità per tale ritardo al ‘considerando’ 18 della decisione impugnata.

80      Il ricorrente afferma che la Commissione ha accettato, nella propria lettera del 24 ottobre 2006, di prorogare di cinque mesi il termine di ammissibilità delle spese. Tale proroga confermerebbe che, se le circostanze lo giustificano, sono ammesse deroghe alle disposizioni convenzionali relative ai termini di ammissibilità delle spese.

81      Il ricorrente ritiene tuttavia che una proroga di cinque mesi sia illegittima. Infatti, a suo parere, poiché la Commissione ha ammesso che tale ritardo le era imputabile, essa avrebbe dovuto applicare tale principio di responsabilità all’intero periodo inutilmente trascorso a causa della sua negligenza, vale a dire un periodo di sette mesi.

82      Il ricorrente sottolinea che la richiesta di proroga dei termini di realizzazione del progetto è stata presentata contemporaneamente alla richiesta di variante sostanziale del progetto che la motivava. Pertanto, il ricorrente afferma di essere rimasto, per l’intero periodo di sette mesi, in una situazione di incertezza giuridica circa l’approvazione da parte della Commissione della variante progettuale. Il ricorrente aggiunge che tale collegamento evidente tra la richiesta di proroga dei termini e la richiesta di variante progettuale non può essere contestato dalla Commissione, dato che la lettera contenente la richiesta di proroga dei termini ha per oggetto proprio una «richiesta di variante localizzativa dei siti telematici».

83      Il ricorrente addebita infine alla Commissione di non avere tenuto conto del fatto che il ritardo della stessa ha avuto un effetto a catena sulla realizzazione dei lavori, che non può essere compensato da un semplice calcolo matematico della proroga del periodo di ammissibilità delle spese.

84      La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

85      Emerge dal punto 18 della decisione impugnata che la Commissione riconosce che la richiesta di emendamento della durata del progetto e di modifica del sito telematico è stata approvata sette mesi dopo la sua presentazione da parte del ricorrente. La Commissione sottolinea che la convenzione di finanziamento del progetto non contiene nessuna clausola relativa al termine entro il quale le richieste di emendamento devono essere accettate dai suoi servizi. Essa aggiunge tuttavia che dalla prassi risulta che le risposte alle domande di modifica dovrebbero aver luogo entro due mesi dalla presentazione della domanda. Per tale motivo la Commissione ha acconsentito, nella fattispecie, a prorogare di cinque mesi il periodo di ammissibilità delle spese, ossia dal 30 giugno 2001 al 30 novembre 2001. Di conseguenza, la Commissione ha considerato ammissibili due fatture presentate nei cinque mesi seguenti la data finale di ammissibilità delle spese.

86      Il ricorrente contesta tuttavia la durata della proroga consentita. Esso ritiene che la Commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione la totalità dei sette mesi che quest’ultima ha impiegato per rispondere alla sua domanda. In sostanza, il ricorrente chiede così una proroga di due mesi supplementari del periodo di ammissibilità delle spese.

87      Si deve constatare che, come sostiene la Commissione, la convenzione di finanziamento non contiene alcuna disposizione sul termine entro il quale la Commissione è tenuta a rispondere alle domande di modifica presentate dal ricorrente. Nemmeno quest’ultimo fa valere disposizioni che limitino questo termine di risposta. La Commissione non era quindi tenuta al rispetto di un termine preciso al riguardo.

88      In subordine, per quanto l’argomento del ricorrente possa essere interpretato nel senso che mira ad addebitare alla Commissione un ritardo irragionevole nel trattamento della sua domanda, occorre ricordare che, in forza di un principio generale del diritto comunitario, la Commissione è effettivamente tenuta a rispettare, nell’ambito delle sue procedure amministrative, un termine ragionevole (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 22 ottobre 1997, cause riunite T‑213/95 e T‑18/96, SCK et FNK/Commissione, Racc. pag. II‑1739, punto 56).

89      È giurisprudenza costante che la natura ragionevole della durata di un procedimento amministrativo si valuta sulla scorta delle circostanze specifiche di ciascuna pratica e, in particolare, del contesto della stessa, delle varie fasi procedurali espletate, della complessità della pratica, nonché degli interessi delle differenti parti nella contesa (v. sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, causa T‑196/01, Aristoteleio Panepistimio Thessalonikis/Commissione, Racc. pag. II‑3987, punto 230 e giurisprudenza ivi citata).

90      Orbene, la domanda di modifiche contrattuali presentata dal ricorrente il 25 maggio 1998 contiene effettivamente al tempo stesso una domanda di proroga dei termini di realizzazione del progetto ed una domanda di modifica della localizzazione delle due piazze telematiche previste, con, per l’una, un cambiamento dell’edificio nella stessa zona e, per l’altra, un cambiamento di zona.

91      Ne deriva che si trattava di modifiche sostanziali relative alla localizzazione delle due piazze telematiche previste, le quali costituiscono il punto centrale del progetto. Questi cambiamenti potevano rimettere in discussione l’attribuzione del contributo finanziario e richiedevano quindi un esame complesso e approfondito da parte della Commissione. In tale contesto, il periodo di meno di sette mesi dedicato al trattamento delle dette domande non può essere considerato irragionevole o eccessivo al punto da comportare l’illegittimità della decisione impugnata (v., per analogia, sentenza Aristoteleio Panepistimio Thessalonikis/Commissione, punto 89 supra, punto 234).

92      In ogni caso, non si può ritenere che la Commissione sia tenuta a prorogare il termine di ammissibilità delle spese per un periodo corrispondente a quello del trattamento delle domande del ricorrente.

93      Infatti, un tale obbligo significherebbe che la Commissione avrebbe dovuto trattare le domande del ricorrente lo stesso giorno in cui le ha ricevute. Orbene, un tale obbligo sarebbe sproporzionato rispetto all’oggetto delle domande e all’ampiezza dell’esame e dei controlli che la Commissione doveva effettuare, laddove il ricorrente, il giorno della presentazione delle domande, era in ritardo di dieci mesi nella realizzazione del progetto, al quale voleva per di più apportare modifiche rilevanti.

94      Peraltro, per quanto riguarda l’asserita incertezza giuridica che avrebbe causato il periodo impiegato dalla Commissione per rispondere, occorre sottolineare che, oltre al fatto che il ricorrente è all’origine delle domande di modifica, il periodo dedicato dalla Commissione al trattamento di tali domande è incluso nel periodo cui si riferisce il progetto ed è ampiamente precedente alla data di fine di ammissibilità delle spese che ad esso si riferiscono.

95      Infine, occorre rilevare che, con lettera del 1° dicembre 1998, la Commissione ha accolto la domanda di proroga di dodici mesi del termine di realizzazione del progetto presentata dal ricorrente. Quest’ultimo ha potuto beneficiare integralmente di questa proroga, senza che il periodo impiegato per il trattamento della sua domanda abbia avuto alcuna incidenza su quest’ultima. Infatti, mentre la data dell’ultimo impegno era inizialmente fissata al 31 dicembre 1999 e l’ultimo termine per la contabilizzazione delle spese al 30 giugno 2000, la prima data è stata rinviata al 31 dicembre 2000 e la seconda al 30 giugno 2001.

96      La Commissione non ha quindi commesso nessuna illegittimità rinviando, nella decisione impugnata, di cinque mesi soltanto la data limite di ammissibilità delle spese collegate al progetto, al fine di tener conto del tempo impiegato dai suoi servizi per rispondere alla domanda del ricorrente.

 Sulla mancata presa in considerazione del caso di forza maggiore risultante dal rinvenimento di amianto

–       Argomenti delle parti

97      Il ricorrente sostiene che la decisione impugnata è illegittima per avere escluso che il ritrovamento di amianto costituisse un caso di forza maggiore.

98      Il ricorrente ritiene che l’addebito, mossogli nella decisione impugnata, di non avere segnalato entro i termini un evento costituente un caso di forza maggiore sia contraddittorio rispetto al rigetto, in ogni caso, della richiesta di proroga del termine, anche se fosse stata presentata nei termini.

99      Il ricorrente critica poi l’affermazione secondo cui la domanda di proroga del termine non poteva essere accolta in considerazione dello stadio di esecuzione del progetto. Una tale affermazione sarebbe smentita dalla scelta della Commissione di concedere una proroga del termine in relazione ad altri motivi addotti dal ricorrente.

100    Il ricorrente nega inoltre che, nella specie, i limiti posti dalle norme, in particolare dall’art. 52, n. 5, del regolamento n. 1260/1999, impediscano alla Commissione di concedere la proroga del termine richiesta. Si tratterebbe di una prassi non avallata da nessuna comunicazione pubblica o interpretazione giurisprudenziale. Il ricorrente ritiene altresì che sia difficile comprendere perché tali norme osterebbero alla proroga del termine richiesta in relazione al ritrovamento di amianto, ma non vieterebbero le proroghe del termine concesse per altri motivi. Il ricorrente afferma inoltre di avere prodotto i documenti relativi alla chiusura dell’intervento, compresa la domanda di pagamento del saldo, il 31 marzo 2003. Infine, qualora la Commissione avesse richiamato l’art. 52, n. 5, del regolamento n. 1260/99 per suggerire che un’eccezione al rimborso delle spese non dovute sarebbe possibile solo in caso di sospensione per motivi giudiziari, il ricorrente obietta che il tenore letterale della detta disposizione non impedisce l’applicazione di un’ulteriore deroga, dovuta a circostanze di forza maggiore diverse da un procedimento giudiziario.

101    Il ricorrente respinge poi l’argomento della Commissione secondo cui il rinvenimento di amianto in un cantiere non costituisce un caso di forza maggiore. Esso ritiene che la decisione impugnata non sia motivata su questo punto. Secondo costante giurisprudenza, la nozione di forza maggiore non si limiterebbe all’impossibilità assoluta, ma dovrebbe essere intesa nel senso di circostanze imprevedibili e indipendenti dall’operatore, le cui conseguenze non avrebbero potuto essere evitate malgrado tutta la migliore buona volontà. Su tale premessa, il ricorrente sostiene che il rinvenimento di amianto soddisfa le condizioni poste dalla giurisprudenza per costituire un caso di forza maggiore. Infatti, la presenza di amianto sul sito non potrebbe essere addebitata al ricorrente, dato che tale materiale tossico si trovava sul luogo indipendentemente dai lavori di ristrutturazione. Nella specie, peraltro, il rinvenimento di amianto dovrebbe essere considerato un evento imprevedibile. Infatti, l’impresa aggiudicataria avrebbe scoperto la presenza di amianto solo all’apertura del cantiere per la ristrutturazione. Pertanto, sino al momento dell’esecuzione dei lavori, nessun elemento visibile e oggettivo avrebbe permesso di rilevare la presenza di tale sostanza nel cantiere. Infine, a seguito del ritrovamento dell’amianto si sarebbe resa necessaria la bonifica del cantiere, con un’inevitabile «sospensione» dei lavori di realizzazione del progetto.

102    Il ricorrente aggiunge che la rimozione dell’amianto è stata imposta dall’azienda sanitaria locale, in applicazione della normativa comunitaria e nazionale. Il ricorrente ritiene quindi che nessuna responsabilità possa essergli attribuita per il ritardo dovuto alla rimozione dell’amianto, dato che quest’ultima era conseguenza di specifici obblighi di legge.

103    La Commissione contesta gli argomenti del ricorrente.

–       Giudizio del Tribunale

104    Al ‘considerando’ 19 della decisione impugnata la Commissione comincia col rilevare che il ricorrente avrebbe dovuto chiederle di prendere in considerazione la presenza di amianto come un caso di forza maggiore tale da ritardare l’esecuzione dei lavori in tempo utile per consentirle di esaminare tale domanda, ossia o prima della data limite per effettuare gli impegni nel caso in cui la forza maggiore fosse fatta valere come causa di ritardo nella conclusione dell’impegno giuridico relativo ai lavori, o prima della data limite per la contabilizzazione delle spese nel caso in cui il rinvenimento dell’amianto fosse fatto valere come causa di ritardo nel pagamento delle spese da parte del ricorrente.

105    La Commissione continua, al ‘considerando’ 19 della decisione impugnata, sottolineando che i casi di forza maggiore e i casi ad essa equiparabili che hanno conseguenze rilevanti per l’attuazione dell’aiuto o del contributo concesso a titolo dei fondi strutturali, fatti valere entro i termini indicati, sono stati da essa ammessi come motivi validi di proroga della data limite di pagamento solo fino al 30 settembre 2002. La Commissione indica che questa data del 30 settembre 2002 si giustifica con la necessità di assicurare una buona gestione finanziaria dei progetti in un periodo ragionevole di sei mesi che consente alle autorità nazionali di raccogliere la documentazione pertinente, di preparare la domanda di pagamento e di inviarle il tutto. La Commissione afferma di aver proceduto in tal modo al fine di assicurare il rispetto della regola che figura all’art. 52, n. 5, secondo comma, del regolamento n. 1260/1999, secondo il quale le parti delle somme impegnate per i programmi decisi dalla Commissione tra il l° gennaio 1994 e il 31 dicembre 1999 e che non hanno costituito oggetto di una domanda di pagamento definitivo presentata alla Commissione entro il 31 marzo 2003 sono da quest’ultima disimpegnate d’ufficio entro il 30 settembre 2003 e danno luogo al rimborso delle somme non dovute, fatti salvi operazioni o programmi oggetto di sospensione per motivi giudiziari. La Commissione sottolinea che, nel caso di specie, il ricorrente è venuto a conoscenza della presenza di amianto sul cantiere nel 2000, ma non ha informato la Commissione durante l’esecuzione del progetto. In tale fase dell’esecuzione del progetto e tenuto conto delle regole sopra menzionate, la presentazione di una domanda di proroga della data di ammissibilità delle spese per causa di forza maggiore non poteva più, secondo la Commissione, essere presa in esame.

106    Inoltre, anche se la domanda relativa alla presa in considerazione del rinvenimento di amianto come causa di forza maggiore fosse stata presentata entro i termini, la Commissione afferma, sempre al ‘considerando’ 19 della decisione impugnata, che la stessa non avrebbe potuto ricevere un esito favorevole, in quanto il rinvenimento di amianto in un cantiere non può essere considerato un caso di forza maggiore. Secondo la Commissione, le condizioni enunciate dalla giurisprudenza a tal riguardo non sono soddisfatte nella fattispecie.

107    Da quanto precede risulta che, contrariamente alle affermazioni del ricorrente, la decisione impugnata contiene una motivazione precisa del rifiuto di prendere in considerazione, nella fattispecie, il rinvenimento di amianto come caso di forza maggiore. In via principale, la Commissione fa valere che il ricorrente non le ha inviato alcuna domanda in tal senso entro i termini. In subordine, essa fa presente che, anche se il ricorrente avesse presentato tale domanda entro i termini, questa avrebbe dovuto essere respinta, poiché il rinvenimento di amianto in un cantiere non costituisce un caso di forza maggiore. Contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, una tale motivazione in due tempi non è contraddittoria, in quanto la seconda affermazione è formulata solo supponendo che la prima non sia fondata o venga respinta.

108    Occorre quindi esaminare innanzitutto se la Commissione abbia giustamente respinto, per motivi di tardività, la domanda di prendere in considerazione il rinvenimento di amianto come caso di forza maggiore presentata dal ricorrente.

109    Come è stato indicato sopra al punto 73, la convenzione di finanziamento prevede che la Commissione possa accettare di modificare le date limite di impegno e di contabilizzazione delle spese su presentazione entro i termini, da parte del responsabile del progetto, di una domanda motivata.

110    Orbene, si deve constatare che il ricorrente, anche se ha presentato due domande di proroga del termine, non ha fatto valere in nessun momento, durante il periodo cui si riferisce il contributo finanziario, ritardi dovuti al rinvenimento di amianto, mentre questo risale, secondo le sue proprie dichiarazioni, al dicembre 2000.

111    Peraltro, il ricorrente ha certo inviato alla Commissione la domanda di pagamento del saldo e l’attestazione finale delle spese con lettera del 27 giugno 2002, ossia prima della data limite del 31 marzo 2003 prevista dall’art. 52, n. 5, secondo comma, del regolamento n. 1260/1999 e al di là della quale le parti delle somme impegnate per i programmi decisi tra il 1° gennaio 1994 e il 31 dicembre 1999, come quello di cui trattasi nella fattispecie, sono disimpegnate d’ufficio e danno luogo al rimborso delle somme non dovute. Il ricorrente non ha tuttavia nemmeno in tale occasione fatto valere la presenza di amianto che ha ritardato la realizzazione del progetto.

112    Il ricorrente, come ha confermato all’udienza, ha atteso il 2004 per far valere il caso di forza maggiore risultante a suo parere dal rinvenimento di amianto. Infatti in risposta alla lettera della Commissione del 24 agosto 2004, con cui talune spese venivano dichiarate inammissibili, il ricorrente ha invocato questa giustificazione nella sua lettera del 27 ottobre 2004. Il ricorrente, mentre ha avuto conoscenza della presenza di amianto nel 2000 e avrebbe quindi potuto far valere la forza maggiore durante il periodo di realizzazione del progetto, ha atteso quattro anni per farlo, superando così ampiamente la data limite di contabilizzazione delle spese prevista, dopo la proroga del termine, per il progetto di cui trattasi, ossia il 30 giugno 2001, e persino la data limite del 31 marzo 2003, prevista dall’art. 52, n. 5, del regolamento n. 1260/1999.

113    Il ricorrente non si è quindi conformato ai termini della convenzione di finanziamento, la quale non prevede in ogni caso nessun obbligo per la Commissione di accogliere le domande di proroga del termine. Il ricorrente non può quindi legittimamente sostenere che la Commissione abbia erroneamente respinto come tardiva la sua domanda di prendere in considerazione il rinvenimento di amianto come caso di forza maggiore e il ritardo causato dai lavori necessari alla rimozione dell’amianto dai locali interessati.

114    Questa conclusione non è rimessa in discussione dal fatto che la Commissione ha accettato, su altri punti, nell’esercizio del suo potere discrezionale e senza essere obbligata da alcuna disposizione vigente, di prendere in considerazione gli argomenti del ricorrente e di rinviare la data limite di ammissibilità delle spese. La Commissione non può infatti, di fronte al mancato rispetto da parte del ricorrente della convenzione di finanziamento, in particolare in materia di termini, essere tenuta, in nome di un preteso principio di coerenza, ad accogliere tutte le domande del ricorrente.

115    Pertanto, senza che occorra pronunciarsi sulla fondatezza della motivazione dedotta in subordine nella decisione impugnata, relativa alla qualificazione come caso di forza maggiore del rinvenimento di amianto, la Commissione ha respinto giustamente, per motivi di tardività, la domanda di prendere in considerazione il ritardo asseritamente causato dal rinvenimento di amianto nel cantiere.

 Sull’erronea presa in considerazione dell’effetto sospensivo del procedimento dinanzi al TAR e delle sue conseguenze

–       Argomenti delle parti

116    Il ricorrente sostiene che la decisione impugnata è illegittima in quanto, ai fini della determinazione dell’ammissibilità delle spese, la Commissione ha limitato l’effetto sospensivo della sentenza del TAR, da un lato, al periodo compreso tra il 2 agosto 2001, data della detta sentenza, e il 5 dicembre 2001, data della notifica al ricorrente della sentenza di appello del Consiglio di Stato, e, dall’altro, alle sole fatture emesse nel quadro dell’appalto per la fornitura di attrezzature informatiche, oggetto del procedimento.

117    Per quanto riguarda il periodo preso in considerazione, il ricorrente ritiene che ragioni di equità avrebbero imposto alla Commissione di calcolare tale periodo a partire dalla data di presentazione del ricorso, vale a dire il 28 giugno 2001. Infatti, il ricorrente afferma che è da quella data che esso ha dovuto, in concreto, fare fronte all’ipotesi di sospensione dell’aggiudicazione della gara d’appalto per la fornitura di attrezzature informatiche.

118    Il ricorrente aggiunge che la sua posizione è pienamente conforme alla nuova disciplina comunitaria risultante dall’art. 2, n. 3, della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1989, 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU L 395, pag. 33), come modificato dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 11 dicembre 2007, 2007/66/CE, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici (GU L 335, pag. 31). La proposizione di un ricorso dovrebbe quindi essere considerata una circostanza tale da giustificare la proroga dei termini di realizzazione di un progetto e, pertanto, di ammissibilità delle spese.

119    Per quanto attiene poi alla scelta della Commissione di escludere le fatture emesse nell’ambito degli altri appalti, il ricorrente le addebita di non tenere conto del fatto che tali diversi appalti sono inevitabilmente legati tra di loro al fine di realizzare il progetto, per cui l’effetto sospensivo su uno di essi incide necessariamente sulle prospettive di realizzazione del progetto nel suo insieme. Inoltre, la componente informatica avrebbe rivestito nella specie un carattere fondamentale, visto che il progetto era intitolato «Rete di piazze telematiche per la città di Napoli». Il ricorrente sottolinea che la ritardata fornitura della componente informatica del progetto non poteva che ripercuotersi negativamente sulla finalizzazione del progetto complessivo.

–       Giudizio del Tribunale

120    Emerge dal ‘considerando’ 20 della decisione impugnata che la Commissione riconosce che la sentenza del TAR 2 agosto 2001 ha comportato la sospensione dei lavori per una durata di quattro mesi e tre giorni, ossia dal 2 agosto 2001 al 5 dicembre 2001, data di notifica al ricorrente della sentenza del Consiglio di Stato. La Commissione rinvia quindi la data limite di ammissibilità delle spese dal 30 novembre 2001 al 1° aprile 2002. Essa ritiene tuttavia che questa proroga del termine possa essere applicata solo alle fatture emesse nell’ambito dell’appalto per la fornitura di attrezzature informatiche, oggetto del procedimento di cui trattasi.

121    Per quanto riguarda gli obblighi della Commissione a tal riguardo, si deve constatare che il ricorrente fa valere essenzialmente a sostegno della sua tesi ragioni di equità, le quali non possono tuttavia essere sufficienti per imporre alla Commissione di sospendere ex post il termine stabilito per l’esecuzione del progetto a causa della presentazione di un ricorso concernente l’aggiudicazione di un appalto e, quindi, di prorogare nella stessa misura il periodo di ammissibilità delle spese. Occorre peraltro rilevare che, contrariamente a quanto prevedono le disposizioni della convenzione di finanziamento (v. punto 73 supra), il ricorrente non ha formulato nessuna domanda in tal senso durante il periodo di ammissibilità delle spese. Il ricorso dinanzi al TAR è stato del resto presentato il 28 giugno 2001, ossia due giorni prima della data limite di ammissibilità delle spese fissata al 30 giugno 2001. Occorre inoltre ricordare che questa data era stata fissata in seguito ad un primo rinvio di un anno concesso dalla Commissione con decisione 1° dicembre 1998.

122    Le disposizioni fatte valere dal ricorrente nella replica, ossia l’art. 2, n. 3, della direttiva 89/665, come modificato dalla direttiva 2007/66, non erano applicabili durante il periodo controverso. Per contro, l’art. 2, n. 3, della direttiva 89/665 prevedeva che le procedure di ricorso non dovessero «necessariamente esercitare di per sé stesse effetti sospensivi automatici sulle procedure di aggiudicazione cui si riferiscono».

123    Anche se le disposizioni della direttiva 2007/66 fossero state applicabili nella fattispecie, occorre rilevare, da un lato, che l’art. 2, n. 3, della direttiva 89/665, come modificato dalla direttiva 2007/66, è seguito da un n. 4 che riprende la formulazione dell’art. 2, n. 3, nella sua redazione iniziale (v. punto 122 supra) e, d’altro lato e soprattutto, che queste disposizioni mirano ad assicurare l’efficacia dei ricorsi degli offerenti contro le decisioni di aggiudicazione di appalti. Esse impediscono quindi all’amministrazione aggiudicatrice di concludere l’appalto finché l’organo giurisdizionale adito non abbia statuito sul ricorso. Nella fattispecie, le disposizioni della direttiva 2007/66, se fossero state applicabili durante il periodo controverso, avrebbero impedito al ricorrente di concludere l’appalto specifico cui si riferiva la contestazione. Esse non avrebbero tuttavia imposto alla Commissione di tener conto di un effetto sospensivo del procedimento pendente dinanzi ai giudici italiani sulla realizzazione del progetto di cui trattasi.

124    Nelle circostanze del caso di specie, la Commissione non era quindi tenuta a rinviare, dopo la sua scadenza, la data limite di ammissibilità delle spese per tener conto ex post dell’effetto sospensivo del procedimento pendente dinanzi ai giudici italiani sulla realizzazione del progetto.

125    Tuttavia, la Commissione, nella decisione impugnata, ha stabilito di riconoscere a posteriori un effetto sospensivo alla sentenza del TAR. La controversia tra le parti riguarda, da un lato, la durata del periodo di sospensione e, più precisamente, la decorrenza da prendere in considerazione, nonché, dall’altro, la limitazione della sospensione a talune fatture.

126    Per quanto riguarda, in primo luogo, la decorrenza del periodo di sospensione, dalle considerazioni che precedono (punti 121‑124 supra) risulta che, nelle circostanze del caso di specie, la Commissione non era tenuta a prendere in considerazione il procedimento dinanzi al TAR vertente sull’aggiudicazione relativa alla fornitura di attrezzature informatiche ai fini del computo dei termini. A fortiori nulla l’obbligava quindi a sospendere il termine relativo all’ammissibilità delle spese a decorrere dalla presentazione del ricorso dinanzi al TAR piuttosto che a decorrere dalla sentenza del TAR. Occorre inoltre sottolineare che solo a decorrere dalla sentenza pronunciata dal TAR il procedimento di aggiudicazione è stato sospeso da quest’ultimo.

127    Peraltro, in risposta ad un quesito scritto posto dal Tribunale, il ricorrente ha indicato che il bando di gara per la fornitura di attrezzature informatiche era stato approvato con delibere del consiglio comunale del 23 settembre 2000 e l’appalto era stato aggiudicato, in via provvisoria, il 9 aprile 2001 e, a titolo definitivo, il 4 maggio 2001. Il 29 maggio 2001 il ricorrente ha chiesto all’aggiudicatario di fornire il materiale informatico, poi gli ha chiesto, il 3 settembre 2001, di sospendere qualsiasi altra fornitura non ancora effettuata, in seguito alla sentenza del TAR.

128    Ne deriva che il ricorrente non ha sospeso l’esecuzione del contratto al momento della presentazione del ricorso dinanzi al TAR ed ha atteso un mese dopo la sentenza pronunciata in tale causa per farlo. Esso non può quindi far valere un effetto sospensivo sulla realizzazione del progetto a decorrere dalla presentazione del ricorso dinanzi al TAR.

129    In subordine, si deve constatare che la seconda fattura relativa al materiale informatico, dichiarata inammissibile dalla Commissione, è datata 20 dicembre 2002. Orbene, anche rinviando ancora di un mese, e quindi di cinque mesi in totale, come chiede il ricorrente, la data limite di ammissibilità delle spese già rinviata al 1° aprile 2002 dalla Commissione nella decisione impugnata, il periodo coperto si concluderebbe il 1° maggio 2002. Ne deriva che, in ogni caso, l’argomento del ricorrente è inoperante laddove mira a rendere ammissibile questa seconda fattura.

130    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la limitazione della sospensione alle sole fatture emesse nell’ambito dell’appalto di fornitura di attrezzature informatiche, occorre rilevare che, anche se, come sostiene il ricorrente, i vari appalti sono collegati gli uni agli altri per la realizzazione del progetto, solo l’appalto collegato alla fornitura di attrezzature informatiche ha costituito oggetto di un ricorso ed ha subìto un ritardo per tale motivo. Il ricorso presentato dinanzi al TAR contro l’aggiudicazione di tale appalto specifico, limitato alle attrezzature informatiche e ai servizi relativi, così come le parti hanno dichiarato all’udienza, non impediva il proseguimento della realizzazione del progetto ed in particolare dei lavori di ristrutturazione degli edifici.

131    Orbene, dalla relazione dello studio di audit risulta che numerose fatture successive al 30 giugno 2001, e quindi in linea di principio non ammissibili, si riferiscono a lavori effettuati negli edifici. Una fattura del 14 settembre 2001 attesta, del resto, che i lavori non sono stati interrotti all’atto della presentazione del ricorso dinanzi al TAR, quand’anche, come afferma il ricorrente, fossero stati effettuati «per l’essenziale» in precedenza o si fossero conclusi subito dopo tale data.

132    La Commissione, quindi, senza commettere alcuna illegittimità ha limitato la proroga del periodo di ammissibilità a quattro mesi per le sole fatture collegate all’appalto interessato dal ricorso dinanzi al TAR.

133    Poiché nemmeno questa parte può essere accolta, occorre respingere l’insieme del presente motivo.

 Sul terzo motivo, attinente alla violazione del principio di proporzionalità

 Argomenti delle parti

134    Il ricorrente sottolinea che la decisione impugnata lede il principio di proporzionalità, in quanto la riduzione del contributo finanziario risulta sproporzionata rispetto alle irregolarità che la Commissione gli addebita.

135    Secondo il ricorrente, conformemente ad una costante giurisprudenza, per essere conformi al principio di proporzionalità, gli atti delle istituzioni comunitarie non devono andare oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefisso. Inoltre, la giurisprudenza esigerebbe che l’istituzione faccia ricorso alla misura meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non siano sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti.

136    Il ricorrente richiama inoltre i paragrafi 50‑55 delle conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi relative alla sentenza della Corte 17 gennaio 2008, cause riunite C‑37/06 e C‑58/06, Viamex Agrar Handels (Racc. pag. I‑69), secondo cui, nel valutare la lesione del principio di proporzionalità, con riferimento ad un’ipotesi di revoca di un finanziamento comunitario a fronte di ritardi non imputabili al beneficiario, si deve tenere conto dell’effettiva realizzazione dell’obiettivo perseguito dall’azione comunitaria.

137    Il ricorrente sostiene inoltre che tale soluzione è conforme alla sentenza del Tribunale 11 dicembre 2003, causa T‑306/00, Conserve Italia/Commissione (Racc. pag. II‑5705, punti 135‑150), in cui il Tribunale ha dichiarato, da un lato, che anche spese effettuate fuori dai limiti temporali potevano essere ammissibili qualora il beneficiario non avesse tenuto comportamenti fraudolenti e, dall’altro, che, nel calcolo della riduzione del contributo, la Commissione doveva tener conto «del rapporto tra la gravità, nonché l’ammontare dell’infrazione commessa dal ricorrente e la riduzione adottata», specie laddove esso non avesse agito fraudolentemente.

138    Il ricorrente ritiene inoltre che tali principi giurisprudenziali siano conformi all’art. 2, n. 3, del regolamento n. 2988/95, ai sensi del quale le misure adottate devono tenere conto della natura e della gravità dell’irregolarità e del grado di responsabilità.

139    Infine, traendo le conclusioni dai principi enunciati, il ricorrente ritiene che la Commissione avrebbe potuto rinunciare a chiedere del tutto la riduzione del contributo, con la sola eccezione dei «costi per studi ed esperti», per un importo di EUR 26 631. Per tali costi, il ricorrente riconosce l’assenza di documenti giustificativi e quindi la loro inammissibilità. Per contro, secondo il ricorrente, tutte le altre spese erano giustificate da documenti che costituiscono la prova concreta che esse sono state effettivamente sostenute per l’esecuzione del progetto. Inoltre, il ricorrente afferma che dalla decisione impugnata risulta che la Commissione non ha tenuto conto, ai fini della determinazione della riduzione del contributo, né della sua buona fede, né della trascurabile gravità delle presunte irregolarità, né dell’effettiva realizzazione del progetto, né del fatto che la responsabilità dei fatti addebitati doveva essere attribuita in parte alla stessa Commissione ed in parte a cause di forza maggiore.

140    D’altro canto, il ricorrente contesta l’assenza di potere discrezionale della Commissione per estendere ulteriormente il periodo di ammissibilità delle spese e definire le modalità di calcolo delle riduzioni dei finanziamenti. A tal riguardo, esso rinvia all’allegato 2 della convenzione di finanziamento e, più precisamente, al punto 14 della stessa. Inoltre, il ricorrente sostiene che l’art. 39, n. 3, del regolamento n. 1260/1999 prevede espressamente il principio del potere discrezionale della Commissione nel momento della determinazione dell’importo di una rettifica finanziaria.

141    Il ricorrente rileva ancora che l’art. 39, n. 3, del regolamento n. 1260/1999, la cui applicazione avrebbe certamente condotto ad una rettifica di minore entità, era già in vigore al momento dell’adozione della decisione impugnata. Orbene, esso afferma che, ai sensi dell’art. 2, n. 2, del regolamento n. 2988/95, in caso di modifica delle disposizioni relative a sanzioni amministrative, le disposizioni meno rigorose si applicano retroattivamente. La Commissione avrebbe quindi dovuto applicare il principio di proporzionalità, conformemente all’art. 39, n. 3, del regolamento n. 1260/1999.

142    La Commissione, da parte sua, nega qualsiasi violazione del principio di proporzionalità. La riduzione applicata sarebbe proporzionata all’irregolarità accertata.

 Giudizio del Tribunale

143    Occorre ricordare che il principio di proporzionalità, che costituisce parte integrante dei principi generali del diritto comunitario, esige che gli atti delle istituzioni comunitarie non eccedano i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenza della Corte 12 luglio 2001, causa C‑189/01, Jippes e a., Racc. pag. I‑5689, punto 81).

144    È pacifico che il ricorrente non ha prodotto elementi giustificativi per talune spese e che altre spese sono state effettuate al di fuori del periodo di ammissibilità previsto dalla convenzione di finanziamento e prorogato di dodici mesi con decisione della Commissione 1° dicembre 1998.

145    Dall’analisi effettuata (punti 42‑60 sopra) dal Tribunale risulta che la Commissione ha giustamente considerato, nella decisione impugnata, che il ricorrente aveva in tal modo commesso irregolarità.

146    Orbene, dall’art. 24 del regolamento n. 4253/88 e dal punto 14 dell’allegato 2 della convenzione di finanziamento risulta che la sanzione prevista in tale caso è la riduzione o la sospensione del contributo finanziario accordato.

147    Occorre sottolineare a tal riguardo che queste disposizioni conferiscono un ampio potere discrezionale alla Commissione, poiché l’art. 24 del regolamento n. 4253/88 enuncia che questa «può» ridurre o sospendere il contributo finanziario e il punto 14 dell’allegato 2 della convenzione di finanziamento prevede che la Commissione «potrà» chiedere la restituzione totale o parziale del contributo versato. Tuttavia la Commissione, benché disponga di un ampio potere discrezionale nell’applicazione di sanzioni o di rettifiche finanziarie, deve anche vigilare sul rispetto della normativa comunitaria, in particolare non privando di qualsiasi effetto utile le condizioni poste alla concessione di un contributo finanziario comunitario. Nello svolgimento di tale funzione spetta ad essa adottare misure per assicurare un’adeguata tutela degli interessi finanziari della Comunità, conformemente all’art. 2 del regolamento n. 2988/95.

148    Nella fattispecie, in conseguenza delle irregolarità constatate, la Commissione chiede, nella decisione impugnata, il rimborso delle sole spese inammissibili. La misura adottata è quindi strettamente proporzionale alle irregolarità di cui trattasi. Peraltro, occorre sottolineare che la Commissione ha accolto favorevolmente diverse domande di adattamento delle condizioni previste nella convenzione di finanziamento ed ha accettato di prendere in considerazione talune spese pur non essendovi tenuta, il che ha comportato la riduzione della somma da rimborsare.

149    Nessuno degli argomenti addotti dal ricorrente può rimettere in discussione tale conclusione.

150    Infatti, in primo luogo, la giurisprudenza fatta valere dal ricorrente non corrobora la sua tesi. Infatti, nella sentenza Conserve Italia/Commissione, punto 137 supra, il Tribunale ha dichiarato che la riduzione decisa dalla Commissione violava manifestamente il principio di proporzionalità poiché essa non aveva preso in considerazione unicamente l’importo delle fatture relative ai lavori preparatori iniziati prima della data di ammissibilità (punti 135 e 136). Inoltre, dal punto 138 della detta sentenza risulta che la differenza tra l’importo delle fatture contestate e quello della riduzione applicata era talmente notevole da far apparire manifestamente sproporzionata tale riduzione. Orbene, nella fattispecie, l’importo delle fatture contestate è esattamente quello di cui si chiede il rimborso. Inoltre, e contrariamente alla causa che ha dato luogo alla sentenza Conserve Italia/Commissione, punto 137 supra, gli importi delle irregolarità interessate nella fattispecie non possono essere considerati trascurabili.

151    Peraltro, per quanto riguarda le conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi relative alla sentenza Viamex Agrar Handels et ZVK, punto 136 supra, anche supponendo che il contesto di quella causa sia comparabile a quello della fattispecie, occorre sottolineare che, nella sua sentenza, la Corte non ha accolto la soluzione proposta dall’avvocato generale ed ha dichiarato che non vi era violazione del principio di proporzionalità.

152    Contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la nozione di irregolarità, ai sensi dell’art. 24, n. 2, del regolamento n. 4253/88, non implica per la Commissione l’obbligo di dimostrare un qualche intento fraudolento da parte del beneficiario (v., in tal senso, ordinanza della Corte 16 dicembre 2004, causa C‑222/03 P, APOL e AIPO/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 58). Inoltre, il principio di proporzionalità non esige nemmeno che la possibilità di sopprimere un contributo finanziario sia limitata ai casi di violazioni dolose delle condizioni finanziarie. Un tale approccio rischierebbe di costituire un invito alle irregolarità (v. sentenza Comunità montana della Valnerina/Commissione, punto 57 supra, punto 150 e giurisprudenza ivi citata).

153    Risulta anche dalla sentenza Irlanda/Commissione, punto 39 supra (punti 59 e 60), che una riduzione operata è conforme al principio di proporzionalità allorché la Commissione ha ridotto il contributo finanziario di un importo corrispondente alle irregolarità accertate e all’unico scopo di escludere dal cofinanziamento comunitario le spese illegittime o ingiustificate.

154    In secondo luogo, per quanto riguarda l’art. 39, n. 3, del regolamento n. 1260/1999, contrariamente a quanto afferma il ricorrente, esso non modifica, per le irregolarità commesse, le sanzioni amministrative previste dall’art. 24 del regolamento n. 4253/88 applicabile nella fattispecie. Ne deriva che nulla giustifica la sua applicazione retroattiva in forza dell’art. 2, n. 2, del regolamento n. 2988/95. Inoltre, nulla consente di affermare che la sua applicazione avrebbe comportato una rettifica meno rilevante.

155    La Commissione non ha quindi violato il principio di proporzionalità, di modo che occorre respingere questo motivo.

 Sul quarto motivo, vertente su un difetto di motivazione

 Argomenti delle parti

156    Il ricorrente afferma che la decisione impugnata viola l’obbligo di motivazione sancito dall’art. 253 CE, in quanto non contiene una motivazione adeguata in ordine alla rilevanza delle irregolarità, ai sensi dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88. La decisione impugnata non sarebbe motivata nemmeno in merito alla mancata presa in considerazione dell’art. 2, n. 3, del regolamento n. 2988/95.

157    Il ricorrente fa valere che, secondo la giurisprudenza, l’obbligo di motivazione è ancora più stringente nel caso di una decisione che riduca l’importo di un contributo finanziario comunitario, dal momento che essa comporta gravi conseguenze per il destinatario del contributo. In tali casi, infatti, dalla motivazione della decisione dovrebbero risultare chiaramente i motivi che giustificano la riduzione del contributo. Orbene, la decisione impugnata non spiegherebbe perché le irregolarità addebitate siano da considerarsi «importanti» (ai sensi dell’art. 24 del regolamento n. 4253/88) o tali da giustificare la riduzione del contributo operata.

158    La Commissione sottolinea che la decisione impugnata espone in forma articolata e completa il quadro fattuale e normativo su cui si basa, analizzando puntualmente le osservazioni proposte dal ricorrente durante la fase amministrativa e rispondendo in modo argomentato alle stesse.

 Giudizio del Tribunale

159    Va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, l’obbligo di motivare una decisione individuale ha lo scopo di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se la decisione sia fondata oppure sia eventualmente inficiata da un vizio e di consentire al giudice comunitario di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla decisione. La portata di quest’obbligo dipende dalla natura dell’atto in questione e dal contesto nel quale è stato adottato. Tenuto conto del fatto che una decisione di ridurre l’importo di un contributo finanziario comunitario determina gravi conseguenze per il destinatario del detto contributo, la sua motivazione deve far risultare chiaramente i motivi che giustificano la riduzione del contributo rispetto all’ammontare inizialmente approvato. La questione se la motivazione di una decisione soddisfi tali requisiti non va valutata solo con riferimento al suo tenore letterale, ma anche al contesto e al complesso delle norme che disciplinano la materia (v. sentenza del Tribunale 17 settembre 2003, causa T‑137/01, Stadtsportverband Neuss/Commissione, (Racc. pag. II‑3103, punti 52‑54 e giurisprudenza ivi citata).

160    Dal ‘considerando’ 24 della decisione impugnata emerge chiaramente che la Commissione ha considerato inammissibili, da un lato, l’importo di EUR 26 631 (costi per studi ed esperti) per carenza di documenti giustificativi e, dall’altro, l’importo di EUR 1 996 (costi generali), l’importo di EUR 95 847,64 (costi per attrezzature) e l’importo di EUR 386 112,09 (edifici e servizi) in quanto queste spese sono state effettuate al di fuori della data di ammissibilità delle stesse. La decisione impugnata precisa quindi le irregolarità commesse e gli importi interessati. Essa contiene l’indicazione precisa dei motivi per i quali la Commissione ha ridotto il contributo finanziario inizialmente concesso (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 29 settembre 1999, causa T‑126/97, Sonasa/Commissione, Racc. pag. II‑2793, punto 69). Peraltro, la decisione impugnata rinvia al regolamento n. 4253/88, in particolare all’art. 24, e alla convenzione di finanziamento, di modo che il ricorrente non poteva ignorare le disposizioni applicabili, in particolare per quanto riguarda il periodo di ammissibilità delle spese.

161    Per quanto riguarda l’argomento che il ricorrente basa sulla carenza di motivazione della decisione impugnata relativamente alla rilevanza delle irregolarità che gli sono addebitate, dall’analisi effettuata ai punti 46‑48 supra risulta che qualsiasi irregolarità può giustificare una riduzione del contributo finanziario. Non spettava pertanto alla Commissione fornire, nella decisione impugnata, una motivazione circa il carattere rilevante delle irregolarità di cui trattasi.

162    Ne deriva che nemmeno questo motivo, relativo ad un difetto di motivazione, può essere accolto, di modo che le conclusioni miranti all’annullamento devono essere respinte nel loro insieme.

2.     Sulle conclusioni dirette a ottenere il risarcimento dei danni

163    Il ricorrente invoca la responsabilità extracontrattuale della Comunità per atto illecito e, in subordine, in assenza di comportamento illecito.

 Sulla responsabilità extracontrattuale della Comunità per atto illecito

 Argomenti delle parti

164    Il ricorrente sostiene che la Commissione deve rispondere del danno causatogli avendo adottato, sulla base di valutazioni errate ed illegittime, la decisione impugnata, che l’ha privato di una parte del contributo finanziario di cui è causa. Il sorgere della responsabilità per atti amministrativi illegittimi della Comunità è subordinato al ricorrere di un insieme di condizioni che il ricorrente ritiene nella specie soddisfatte.

165    Secondo il ricorrente, la giurisprudenza ha stabilito che, quando l’autore dell’atto dispone solo di un margine discrezionale molto ridotto, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente a comprovare l’esistenza di una violazione rilevante ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE. Il ricorrente ritiene che i motivi di illegittimità sviluppati nelle sue censure di annullamento consentano di individuare l’esistenza di una tale infrazione del diritto comunitario, che costituisce una violazione rilevante ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE.

166    Il ricorrente aggiunge che la Commissione ha effettivamente esercitato il proprio potere discrezionale nel momento in cui ha accolto alcune delle sue censure avanzate durante la fase precontenziosa del procedimento. Tuttavia, anche conformemente alla giurisprudenza citata dalla stessa Commissione e riconoscendo a quest’ultima solo un potere discrezionale limitato, nella specie sarebbe dimostrata la violazione sufficientemente caratterizzata di una norma preordinata a conferire diritti ai singoli. Esso rinvia in proposito anche ai suoi motivi di annullamento.

167    Per quanto riguarda il danno, il ricorrente ricorda che, affinché esso sussista, occorre che sia certo ed attuale. Esso ritiene che i comportamenti illegittimi della Commissione gli abbiano causato un danno certo nel senso che il pagamento dell’importo corrispondente alla riduzione operata dalla Commissione incide inevitabilmente sulle voci del bilancio regionale dedicate a progetti di rilevanza comunitaria. Secondo il ricorrente, il danno in questione comprometterà il buon esito del progetto pilota e si ripercuoterà inoltre sulla possibilità di realizzare analoghi progetti di rilievo comunitario.

168    Il ricorrente valuta, nella specie, il danno emergente in un importo pari a quello che la Commissione ha deciso di recuperare, con la sola eccezione dei «costi per studi ed esperti» (che ammontavano a EUR 26 631).

169    Il ricorrente ritiene che il comportamento illecito della Commissione gli abbia anche causato un danno morale, consistente nella lesione della sua reputazione. A sostegno di tale argomento, il ricorrente sottolinea che la validità di tale progetto pilota gli ha consentito di fungere da modello per analoghe iniziative nazionali. Orbene, nonostante la realizzazione del progetto, il ricorrente si troverebbe a dover replicare all’accusa di avere commesso irregolarità. Richiamandosi alla giurisprudenza, il ricorrente valuta forfettariamente tale danno in EUR 50 000, e si rimette su questo punto all’apprezzamento del Tribunale.

170    Il ricorrente ritiene che il danno complessivamente stimato dovrà essere attualizzato. Esso sostiene che, per reintegrare il suo patrimonio leso, si dovrà tenere conto del tempo intercorso tra i comportamenti pregiudizievoli e la liquidazione del danno, nonché della svalutazione monetaria. All’importo sopra quantificato dovrebbero quindi essere aggiunti gli interessi compensativi.

171    Infine, per quanto riguarda il nesso causale fra l’atto illecito e il danno, il ricorrente ricorda che esso dev’essere diretto, immediato ed esclusivo. In altri termini, il danno deve essere direttamente collegato al comportamento dell’istituzione e non deve dipendere dall’intervento di altre cause. Il ricorrente colloca il nesso causale nel comportamento illecito della stessa Commissione, in quanto la decisione modifica direttamente la posizione giuridica del ricorrente, dal momento che lo obbliga a restituire parte del contributo versato e lo priva del saldo del contributo.

172    Il ricorrente rinvia inoltre alla giurisprudenza secondo cui le decisioni di recupero di fondi comunitari hanno quale effetto diretto quello di trasformare la posizione giuridica del ricorrente da creditore incontestato a debitore, quanto meno potenziale, dei detti importi.

173    La Commissione ritiene, da parte sua, che nella specie difettino le tre condizioni necessarie per far sorgere la responsabilità della Comunità.

 Giudizio del Tribunale

174    Occorre ricordare che, come risulta da una costante giurisprudenza, perché sorga la responsabilità extracontrattuale della Comunità per atto illecito occorre che sia soddisfatto un insieme di condizioni, ossia l’illegittimità del comportamento addebitato alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra tale comportamento ed il danno lamentato (v., in tal senso, sentenza della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16, e sentenza del Tribunale 11 luglio 1997, causa T‑267/94, Oleifici Italiani/Commissione, Racc. pag. II‑1239, punto 20).

175    Allorché una di queste condizioni non è soddisfatta, il ricorso dev’essere respinto nel suo insieme senza che sia necessario esaminare le altre condizioni (v., in tal senso, sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa C‑146/91, KYDEP/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑4199, punti 19 e 81, e sentenza del Tribunale 20 febbraio 2002, causa T‑170/00, Förde-Reederei/Consiglio e Commissione, Racc. pag. II‑515, punto 37).

176    Il comportamento illecito addebitato ad un’istituzione deve consistere in una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli (v., in tal senso, sentenza della Corte 4 luglio 2000, causa C‑352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I‑5291, punto 42).

177    Nella fattispecie il ricorrente fa valere, in sostanza, i motivi dedotti a sostegno della sua domanda di annullamento al fine di dimostrare comportamenti illeciti della Commissione tali da costituire una violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario.

178    Orbene, dall’analisi effettuata sopra risulta che la domanda di annullamento formulata dal ricorrente è priva di qualsiasi fondamento. Poiché la presente domanda di risarcimento è basata sugli stessi argomenti dedotti a sostegno della domanda di annullamento, occorre considerare che essa è altrettanto infondata in diritto, in mancanza di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale 14 maggio 2008, cause riunite T‑383/06 e T‑71/07, Icuna.Com/Parlamento, Racc. pag. II‑727, punti 80 e 81).

179    Occorre pertanto respingere la domanda per risarcimento danni basata sulla responsabilità extracontrattuale della Comunità per atto illecito.

 Sulla responsabilità extracontrattuale della Comunità in assenza di comportamento illecito

 Argomenti delle parti

180    Il ricorrente ricorda che la giurisprudenza comunitaria ha espressamente riconosciuto che la Comunità può essere chiamata a risarcire il danno anche per fatto lecito, purché sussistano gli elementi dell’esistenza del danno e del nesso di causalità e il danno sia anormale o speciale. Il ricorrente ne deduce che, nella specie, anche se il Tribunale non considerasse illecito il comportamento della Commissione e ritenesse legittima la decisione impugnata, ciò non escluderebbe che la Commissione possa, e debba, essere comunque chiamata a risarcire il danno subìto dal ricorrente.

181    Dopo aver rinviato, per quanto riguarda l’esistenza del danno e del nesso di causalità, alle sue osservazioni relative alla responsabilità extracontrattuale per atto illecito, il ricorrente fa valere che il carattere anormale o speciale del danno è dovuto al fatto che esso non poteva assolutamente prevedere, né evitare, tale danno, dato che la decisione di recupero del contributo finanziario si fonda su interpretazioni della normativa discordanti rispetto a casi precedenti o addirittura nuove, con conseguente esposizione del ricorrente ad un rischio commerciale anomalo, eccedente il livello di rischio inerente all’esercizio di qualsiasi attività commerciale.

182    Il ricorrente aggiunge che il carattere anormale del danno subìto è riconducibile alla circostanza che la Commissione ritiene di dover recuperare una parte del contributo finanziario irragionevole e sproporzionata, laddove la Commissione nella decisione impugnata ha espresso apprezzamento per la realizzazione del progetto.

183    La Commissione contesta l’argomento del ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

184    La Corte ha ritenuto che il giudice comunitario, quando constata che nessun atto e nessun’asserita omissione di un’istituzione presentano natura illecita, per cui non è soddisfatta la prima condizione dalla quale dipende la responsabilità extracontrattuale della Comunità ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE, può respingere interamente il ricorso senza che sia necessario esaminare le altre condizioni di tale responsabilità, vale a dire la sussistenza del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra i comportamenti delle istituzioni e il danno lamentato. Poiché la giurisprudenza della Corte considera, ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE, l’esistenza del regime di responsabilità extracontrattuale della Comunità e le sue condizioni di applicazione come derivanti dal comportamento illecito delle sue istituzioni, tale regime è in tal modo definito con certezza. Al contrario, ciò non accade per quanto riguarda un regime di responsabilità extracontrattuale della Comunità in mancanza di un comportamento illecito (sentenza della Corte 9 settembre 2008, cause riunite C 120/06 P e C‑121/06 P, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑6513, punti 166 e 167).

185    Non si può infatti dedurre dalla giurisprudenza della Corte che quest’ultima avrebbe consacrato il principio di un tale regime (sentenza FIAMM e a./Consiglio e Commissione, punto 184 supra, punto 168).

186    Come la Corte ha in particolare ricordato al punto 18 della sentenza 15 giugno 2000, causa C‑237/98 P, Dorsch Consult/Consiglio e Commissione (Racc. pag. I‑4549), essa si è per contro limitata, con una costante giurisprudenza, a precisare talune delle condizioni in presenza delle quali una tale responsabilità potrebbe sorgere nell’ipotesi di ammissione in diritto comunitario del principio della responsabilità della Comunità conseguente a un atto lecito (v., anche in tal senso, sentenza della Corte 6 dicembre 1984, causa 59/83, Biovilac/CEE, Racc. pag. 4057, punto 28). È solo a questo titolo che la Corte ha ricordato a tal riguardo, al punto 19 della citata sentenza Dorsch Consult/Consiglio e Commissione, che, se tale responsabilità dovesse essere riconosciuta in linea di principio, essa richiederebbe almeno che fossero soddisfatte tre condizioni cumulative costituite dall’effettività del danno, dall’esistenza di un nesso di causalità tra esso e l’atto in questione nonché dal carattere anormale e speciale del danno (sentenza FIAMM e a./Consiglio e Commissione, punto 184 supra, punto 169).

187    La Corte ha anche constatato che, se l’esame comparativo degli ordinamenti giuridici degli Stati membri ha permesso alla Corte di procedere molto presto alla constatazione di una convergenza di tali ordinamenti giuridici nel sancire un principio di responsabilità in presenza di un’azione o di un’omissione illecita della pubblica autorità, ciò non si verifica affatto per quanto riguarda l’esistenza eventuale di un principio di responsabilità in presenza di un atto o di un’omissione leciti della pubblica autorità (v., in tal senso, sentenza FIAMM e a./Consiglio e Commissione, punto 184 supra, punto 175).

188    Se ne deve dedurre che, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, la giurisprudenza non ha riconosciuto che la Comunità possa essere tenuta a risarcire il danno causato da un atto lecito, in presenza di un danno anormale e speciale, e di un nesso di causalità tra l’atto e il danno. Gli argomenti del ricorrente miranti a dimostrare, nell’ambito del presente motivo, un tale danno anormale e speciale sono quindi inoperanti.

189    Occorre quindi respingere anche la domanda di risarcimento basata sulla responsabilità extracontrattuale della Comunità in assenza di comportamento illecito.

190    L’intero ricorso deve di conseguenza essere respinto.

 Sulle spese

191    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il ricorrente, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (giudice unico)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il Comune di Napoli è condannato alle spese.

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 maggio 2010.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.