Language of document : ECLI:EU:T:2011:68

Causa T‑110/07

Siemens AG

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Mercato dei progetti relativi ad apparecchiature di comando con isolamento in gas — Decisione che constata un’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo SEE — Ripartizione del mercato — Effetti all’interno del mercato comune — Nozione di infrazione continuata — Durata dell’infrazione — Prescrizione — Ammende — Proporzionalità — Circostanze aggravanti — Ruolo di impresa leader — Circostanze attenuanti — Cooperazione»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Intese — Pratica concordata — Lesione della concorrenza — Criteri di valutazione — Oggetto anticoncorrenziale — Constatazione sufficiente

(Art. 81, n. 1, CE; accordo SEE, art. 53, n. 1)

2.      Diritto comunitario — Principi — Diritti fondamentali — Presunzione d’innocenza — Procedimento in materia di concorrenza — Applicazione

(Art. 81, n. 1, CE; art. 6, n. 2, UE)

3.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Modalità di prova — Ricorso a un insieme di indizi

(Art. 81, n. 1, CE)

4.      Concorrenza — Intese — Accordi fra imprese — Prova dell’infrazione — Produzione da parte della Commissione di dichiarazioni di altre imprese incriminate — Ammissibilità

(Art. 81, n. 1, CE; accordo SEE, art. 53)

5.      Concorrenza — Intese — Accordi fra imprese — Prova dell’infrazione — Analisi del valore probatorio di un documento — Criteri

(Art. 81, n. 1, CE)

6.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Onere della prova dell’infrazione e della sua durata incombente alla Commissione

(Art. 81, n. 1, CE; comunicazione della Commissione 2002/C 45/03)

7.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Comunicazione degli addebiti — Produzione di prove supplementari dopo l’invio della comunicazione degli addebiti — Ammissibilità — Presupposti

(Art. 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 25)

8.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Onere della prova dell’infrazione e della sua durata incombente alla Commissione — Portata dell’onere della prova

(Art. 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 25)

9.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Rispetto dei diritti della difesa — Portata del principio — Limiti — Diritto dell’impresa di controinterrogare i testimoni a carico — Esclusione

(Art. 81, n. 1, CE)

10.    Concorrenza — Intese — Partecipazione di un’impresa a un’intesa

(Art. 81, n. 1, CE)

11.    Concorrenza — Intese — Infrazione — Unicità dell’infrazione — Criteri di valutazione

(Art. 81, n. 1, CE; accordo SEE, art. 53; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 25, n. 2)

12.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A, quarto e sesto comma)

13.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Insussistenza di un elenco vincolante o esaustivo di criteri

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2)

14.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Margine di discrezionalità riservato alla Commissione — Inasprimento generale delle ammende

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2)

15.    Concorrenza — Ammende — Decisione con cui vengono inflitte ammende — Obbligo di motivazione — Portata

(Art. 253 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2)

16.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze aggravanti — Ruolo di impresa leader o istigatrice dell’infrazione

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 2, terzo trattino)

17.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze aggravanti — Ruolo di impresa leader dell’infrazione

(Art. 81, n. 1, CE)

18.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Non imposizione o riduzione dell’ammenda in contropartita della cooperazione dell’impresa incriminata

(Art. 81, n. 1, CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2; comunicazione della Commissione 2002/C 45/03, punti 22 e 29)

1.      Per valutare se una pratica concordata sia vietata ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, è superfluo prendere in considerazione i suoi effetti concreti laddove risulti che essa mira ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune. Altrettanto vale, per analogia, per l’art. 53, n. 1, dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE).

(v. punto 40)

2.      Il principio della presunzione di innocenza, quale risulta in particolare dall’art. 6, n. 2, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, fa parte dei diritti fondamentali che, secondo la giurisprudenza della Corte, peraltro riaffermata dall’art. 6, n. 2, TUE, costituiscono principi generali del diritto comunitario.

Considerata la natura delle infrazioni di cui trattasi nonché la natura e il grado di severità delle sanzioni che vi sono connesse, il principio della presunzione d’innocenza si applica alle procedure relative a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possono sfociare nell’irrogazione di multe o ammende. Nell’ambito di un ricorso volto all’annullamento di una decisione che infligge un’ammenda, occorre tener conto di tale principio. L’esistenza di un dubbio nella mente del giudice deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione con cui si constata un’infrazione. Pertanto, il giudice non può concludere che la Commissione abbia dimostrato in modo giuridicamente valido l’esistenza dell’infrazione di cui è causa se nutre ancora dubbi al riguardo, soprattutto nell’ambito di un ricorso volto all’annullamento di una decisione che infligge un’ammenda.

(v. punti 44-45)

3.      In materia di concorrenza, la Commissione è tenuta a raccogliere elementi di prova sufficientemente precisi e concordanti per dimostrare l’infrazione e per corroborare la ferma convinzione che le infrazioni dedotte costituiscano restrizioni della concorrenza rilevanti ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE. Tuttavia, non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che la serie di indizi invocati dall’istituzione, complessivamente considerata, risponda a tale requisito. L’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale può dunque essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza.

Quando la Commissione si basa unicamente sul comportamento sul mercato delle imprese in questione per concludere per l’esistenza di un’infrazione, è sufficiente a queste ultime dimostrare l’esistenza di circostanze che mettono in una luce diversa i fatti dimostrati dalla Commissione e che consentono in tal modo di sostituire una diversa spiegazione plausibile dei fatti a quella adottata dalla Commissione per concludere per l’esistenza di una violazione delle norme di concorrenza comunitarie. Tuttavia, l’esistenza di una spiegazione alternativa dei fatti rileva unicamente quando la Commissione si basa solo sul comportamento sul mercato delle imprese in questione, mentre una tale spiegazione è irrilevante nel momento in cui l’esistenza dell’infrazione non è semplicemente presunta, bensì comprovata. Peraltro, in virtù del principio della libertà di forma dei mezzi probatori, tutti i mezzi di prova sono ammessi per dimostrare un’infrazione, di modo che l’esistenza di una spiegazione alternativa è priva di pertinenza quando un’infrazione è sufficientemente dimostrata con prove diverse dalle prove documentali.

(v. punti 46-49, 51)

4.      Per quanto riguarda i mezzi di prova che possono essere invocati per dimostrare l’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), in diritto comunitario prevale il principio della libertà di forma dei mezzi probatori. In particolare, nessuna norma né alcun principio generale del diritto comunitario impediscono alla Commissione di avvalersi, contro un’impresa, delle dichiarazioni di altre imprese incriminate. Se così non fosse, l’onere della prova dei comportamenti contrari agli artt. 81 CE e 82 CE, che incombe alla Commissione, sarebbe insostenibile e incompatibile con il compito di vigilanza sulla corretta applicazione di tali disposizioni ad essa attribuito dal Trattato.

(v. punto 50)

5.      In materia di concorrenza, l’unico criterio pertinente per valutare le prove liberamente prodotte consiste nella loro affidabilità. Secondo le regole generalmente applicabili in materia di prova, l’affidabilità e, pertanto, il valore probatorio di un documento dipendono dalla sua fonte, dalle circostanze in cui è stato redatto, dal suo destinatario e dalla ragionevolezza e attendibilità del suo contenuto. In particolare, occorre riconoscere speciale valore alla circostanza che un documento sia stato redatto in collegamento immediato coi fatti o da un testimone diretto degli stessi. Inoltre, le dichiarazioni contrarie agli interessi del dichiarante devono essere considerate, in linea di principio, come elementi di prova particolarmente affidabili.

Così, deve essere considerata, in linea di principio, di elevato valore probatorio la testimonianza di una persona che, per quasi tutta la durata del cartello, è stata uno dei rappresentanti di uno dei protagonisti dell’intesa ed è stata dunque testimone diretta dei fatti riferiti.

(v. punti 54, 75)

6.      In materia di concorrenza, il fatto di chiedere il beneficio dell’applicazione della comunicazione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese, al fine di ottenere una riduzione dell’ammenda, non spinge necessariamente a presentare elementi probatori deformati. Infatti, ogni tentativo di indurre la Commissione in errore potrebbe rimettere in discussione la sincerità e la completezza della cooperazione del richiedente e, pertanto, mettere in pericolo la possibilità che benefici pienamente della comunicazione sulla cooperazione.

Nondimeno, nella misura in cui altre imprese ugualmente accusate di aver partecipato ad un’intesa comune le contestano, le dichiarazioni di un’impresa incolpata di violazione delle regole comunitarie sulla concorrenza devono essere suffragate da altri elementi probatori per poter costituire una prova sufficiente dell’esistenza e della portata dell’intesa comune.

(v. punti 65-66)

7.      La comunicazione degli addebiti deve consentire agli interessati di prendere realmente atto dei comportamenti di cui la Commissione fa loro carico. Tale obbligo è rispettato quando la decisione finale non pone a carico degli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prende in considerazione soltanto fatti sui quali gli interessati hanno avuto modo di spiegarsi. Se è dunque vero che le infrazioni addebitate ad un’impresa in una decisione non possono essere differenti da quelle enunciate nella comunicazione degli addebiti, non può dirsi altrettanto per i fatti contestati, giacché è sufficiente, al riguardo, che le imprese interessate abbiano avuto la possibilità di esporre il proprio punto di vista su tutti i fatti loro imputati. Infatti, nessuna norma impedisce alla Commissione di comunicare alle parti, dopo aver inviato la comunicazione degli addebiti, nuovi documenti che essa ritiene possano sostenere la sua tesi, purché sia concesso alle imprese il tempo necessario per illustrare il proprio punto di vista al riguardo.

(v. punti 86-87)

8.      Spetta alla parte o all’autorità che asserisce l’esistenza di un’infrazione alle regole sulla concorrenza l’onere di dimostrarla, dando piena prova dei fatti che integrano l’infrazione, mentre all’impresa che invoca il beneficio di un motivo di difesa contro la constatazione dell’infrazione incombe provare che le condizioni per l’applicazione di detto motivo sono soddisfatte, di modo che detta autorità dovrà ricorrere ad altri elementi di prova.

Il principio generale secondo cui la Commissione deve provare tutti gli elementi costitutivi dell’infrazione, compresa la durata, e tali da incidere sulle sue conclusioni definitive in ordine alla gravità di detta infrazione, non è rimesso in discussione dal fatto che l’impresa interessata abbia sollevato un motivo di difesa vertente sulla prescrizione, il cui onere della prova grava, in linea di principio, su quest’ultima.

In effetti, l’invocazione di tale motivo di difesa implica necessariamente che la durata dell’infrazione e la data in cui questa ha avuto fine siano dimostrate. Ebbene, simili circostanze non possono giustificare di per sé l’inversione dell’onere della prova al riguardo ai danni dell’impresa di cui trattasi. Da un lato, la durata di un’infrazione, nozione che presuppone che sia noto il momento finale della stessa, costituisce uno degli elementi essenziali dell’infrazione, che incombe alla Commissione dimostrare, anche quando la contestazione di tali elementi sia parte altresì del motivo di difesa vertente sulla prescrizione. D’altro lato, tale conclusione si giustifica alla luce del fatto che la non avvenuta prescrizione dell’azione della Commissione, di cui all’art. 25 del regolamento n. 1/2003, costituisce un criterio giuridico obiettivo, che discende dal principio della certezza del diritto e, quindi, una condizione per la validità di qualsiasi decisione che infligga una sanzione. Infatti, la Commissione deve osservarlo anche qualora l’impresa non sollevi un motivo di difesa a questo proposito.

Tuttavia, tale ripartizione dell’onere della prova è suscettibile di variazione, in quanto gli elementi di fatto che una parte fa valere possono essere tali da obbligare l’altra parte a fornire una spiegazione o una giustificazione, in mancanza della quale è lecito ritenere che l’onere della prova sia stato soddisfatto. In particolare, quando la Commissione fornisce la prova dell’esistenza di un accordo, spetta all’impresa che vi ha partecipato fornire la prova di essersene dissociata, prova che deve dimostrare una volontà inequivocabile, e portata a conoscenza delle altre imprese partecipanti, di sottrarsi a tale accordo.

(v. punti 173-176)

9.      Il principio fondamentale dell’osservanza dei diritti della difesa esige che le imprese e le associazioni di imprese interessate da un’indagine della Commissione in materia di concorrenza siano messe in grado, sin dalla fase amministrativa del procedimento, di far conoscere in modo efficace il loro punto di vista sulla realtà e sulla rilevanza dei fatti, degli addebiti e delle circostanze allegati dalla Commissione. Così, la risposta di un’impresa alla comunicazione degli addebiti della Commissione non può essere utilizzata contro un’altra impresa indagata se questa non ha avuto accesso alla risposta prima dell’adozione della decisione da parte della Commissione.

Detto principio non esige, invece, che a tale impresa sia data la possibilità di controinterrogare, nell’ambito del procedimento amministrativo, i testimoni sentiti dalla Commissione.

(v. punti 189, 199)

10.    Per un’impresa, il fatto di non dissociarsi pubblicamente da un’infrazione cui ha partecipato o di non denunciarla alle autorità amministrative ha l’effetto di incoraggiare la continuazione dell’infrazione e di pregiudicare la sua scoperta. Tale approvazione tacita può quindi essere considerata complicità o modalità passiva di partecipazione all’infrazione.

(v. punto 222)

11.    Vari criteri sono pertinenti per valutare l'unicità di un’infrazione all’art. 81 CE e all’art. 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), ossia l’identità o la diversità degli obiettivi delle pratiche di cui trattasi, l’identità dei prodotti e dei servizi in questione, l’identità delle imprese partecipanti e l’identità delle modalità di attuazione. Altri criteri pertinenti sono l’identità delle persone fisiche implicate per conto delle imprese e l’identità dell’ambito di applicazione geografica delle pratiche contestate.

Quanto, in particolare, alla nozione di obiettivo comune delle pratiche anticoncorrenziali, stabilire se un insieme di accordi e di pratiche contrarie all’art. 81, n. 1, CE costituisce un’infrazione unica e continuata è una questione che dipende unicamente da fattori oggettivi, tra i quali l’oggetto comune di detti accordi e pratiche. Tale criterio deve essere valutato riguardo al solo contenuto degli accordi e delle pratiche e non va confuso con il convincimento soggettivo delle diverse imprese di partecipare ad un’intesa unica e continuata. Per contro, tale convincimento soggettivo non può e non deve essere preso in considerazione che nell’ambito della valutazione della partecipazione individuale di un’impresa ad un accordo unico e continuato. Al riguardo, è sufficiente che, quando l’impresa in causa, dopo essersi ritirata, riprende la sua partecipazione al cartello, essa sia consapevole di partecipare alla medesima intesa di prima. Anzi, è già sufficiente che detta impresa sia consapevole dei criteri essenziali, menzionati sopra, che giustificano la constatazione dell’unicità dell’infrazione, perché le si possa opporre tale unicità, ammesso e non concesso che non sia arrivata da sola a tale conclusione.

(v. punti 241, 246, 253)

12.    Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA prevedono, al punto 1A, quarto e sesto comma, che si tenga conto, da un lato, dell’effettiva capacità economica degli autori dell’infrazione di arrecare un danno consistente agli altri operatori e, dall’altro, del peso specifico del comportamento di ciascuna impresa sulla concorrenza, in particolare qualora sussista una disparità considerevole nella dimensione delle imprese che commettono un’infrazione. Al contrario, gli orientamenti non prevedono che la capacità economica effettiva delle imprese o il peso specifico del loro comportamento debbano essere valutati alla luce di un criterio particolare, quale la loro quota di mercato per il prodotto in causa all’interno dello Spazio economico europeo (SEE) o del mercato interno. Pertanto, la Commissione è libera di applicare, al riguardo, un criterio adeguato alle circostanze di ciascun singolo caso.

(v. punto 279)

13.    La gravità delle infrazioni alle regole comunitarie di concorrenza dev’essere accertata in funzione di un gran numero di elementi, quali le circostanze proprie del caso di specie, il contesto in cui questo si inserisce e l’efficacia dissuasiva delle ammende, e ciò senza che a tal fine sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere necessariamente in considerazione. Tra i fattori che possono entrare nella valutazione della gravità dell’infrazione figurano il comportamento di ciascuna impresa, la parte svolta da ciascuna di esse nel porre in essere le pratiche concordate, il vantaggio che esse hanno potuto trarre da tali pratiche, le loro dimensioni e il valore delle merci in questione nonché la minaccia che infrazioni di questo tipo costituiscono per gli scopi della Comunità.

Ne consegue, da un lato, che, per determinare l’ammenda, si può tener conto tanto del fatturato complessivo dell’impresa, che costituisce un’indicazione, sia pure approssimativa e imperfetta, delle dimensioni e della potenza economica dell’impresa stessa, quanto della frazione di tale fatturato riferibile alle merci oggetto dell’infrazione, che è quindi atta a fornire un’indicazione della sua gravità; dall’altro, che non si deve attribuire né all’uno né all’altro di questi dati un peso eccessivo rispetto agli altri criteri di valutazione e, quindi, che la determinazione di un’ammenda adeguata non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo. Ciò è particolarmente vero qualora le merci in questione costituiscano solo una piccola parte di tale fatturato.

L’elenco dei fattori idonei ad entrare nella valutazione della gravità di un’infrazione non è dunque né vincolante né esaustivo. Ciò vuol dire che la Commissione è libera di tener conto di altri elementi o di attribuire minor peso ad uno degli elementi enunciati poc’anzi o addirittura di non prenderlo affatto in considerazione, se ciò le sembra opportuno alla luce delle circostanze del caso.

Inoltre, la nozione di «valore delle merci in questione» deve essere compresa come una misura che indica la quota del fatturato complessivo delle imprese interessate che proviene dai prodotti oggetto dell’intesa, e non come un riferimento alle dimensioni del mercato di tali prodotti all’interno dello Spazio economico europeo (SEE).

(v. punti 286-288)

14.    La precedente prassi decisionale della Commissione non funge di per sé da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza. La Commissione dispone, nell’ambito del regolamento n. 1/2003, di un margine di discrezionalità nel fissare l’importo delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole di concorrenza. Pertanto, il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per determinati tipi di infrazioni non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 1/2003, se ciò è necessario a garantire l’attuazione della politica comunitaria in materia di concorrenza. L’efficace applicazione delle regole comunitarie di concorrenza implica, al contrario, che la Commissione possa sempre adeguare il livello delle ammende alle esigenze di questa politica.

Ne discende che le imprese coinvolte in un procedimento amministrativo che possa dare luogo ad un’ammenda non possono riporre un legittimo affidamento nel fatto che la Commissione non supererà il livello delle ammende praticato anteriormente. Di conseguenza, tali imprese devono tenere conto della possibilità che, in qualsiasi momento, la Commissione decida di aumentare il livello delle ammende rispetto a quello praticato nel passato.

(v. punti 290-291)

15.    Quanto al calcolo dell’importo delle ammende inflitte dalla Commissione per un’infrazione al diritto comunitario della concorrenza, i requisiti della formalità sostanziale costituita dall’obbligo di motivazione vengono soddisfatti allorché la Commissione indica, nella sua decisione, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione, senza essere tenuta a farvi figurare un’esposizione più dettagliata o dati numerici circa le modalità di calcolo dell’ammenda.

In particolare, l’indicazione dei dati numerici che, segnatamente per quanto riguarda l’effetto dissuasivo ricercato, hanno ispirato l’esercizio del potere discrezionale della Commissione nel fissare le ammende è una facoltà di cui è auspicabile che la Commissione si avvalga, ma che non fa parte delle prescrizioni che discendono dall’obbligo di motivazione.

(v. punti 311-312)

16.    Per essere qualificata «leader» di un'intesa, l’impresa deve avere rappresentato una forza motrice significativa per l’intesa o aver avuto una responsabilità particolare e concreta nella creazione e nel funzionamento della stessa. Tale circostanza deve essere valutata da un punto di vista globale, alla luce del contesto di specie. La qualifica di «leader» è stata attribuita, in particolare, quando è stato dichiarato che l’impresa ha assunto le funzioni di coordinatrice dell’intesa mettendo a disposizione il personale e curando l’organizzazione della segreteria incaricata dell’attuazione concreta dell’intesa o quando detta impresa ha avuto un ruolo cruciale nel funzionamento concreto dell’intesa, per esempio organizzando numerose riunioni, raccogliendo e smistando informazioni in seno al cartello, incaricandosi di rappresentare taluni membri al suo interno o formulando più spesso di chiunque altro proposte per il funzionamento dell’intesa. È per giunta del tutto possibile che due o anche più imprese si vedano simultaneamente attribuire la qualità di leader, segnatamente nell’ambito di un’intesa che coinvolge un elevato numero di partecipanti.

Peraltro, come risulta dallo stesso testo del punto 2, terzo trattino, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA, la nozione di «organizzatore» (leader) dell’infrazione va distinta da quella di «istigatore». Infatti, mentre l’istigazione attiene al momento della fondazione o dell’allargamento di un’intesa, l’organizzazione afferisce al suo funzionamento. Pertanto, l’organizzatore di un’infrazione e l’istigatore alla stessa non si trovano nella stessa situazione, cosicché trattare diversamente l’impresa organizzatrice rispetto all’impresa istigatrice non costituisce una violazione del principio della parità di trattamento.

(v. punti 337, 345, 348)

17.    Ammesso che la Commissione abbia erroneamente omesso di qualificare un’impresa come leader dell’intesa, nonostante il ruolo significativo da essa svolto nel cartello, una tale illegittimità, commessa in favore di terzi, non giustificherebbe che sia accolto il motivo di annullamento della decisione della Commissione. Infatti, l’osservanza del principio della parità di trattamento o di non discriminazione deve conciliarsi con il rispetto del principio di legalità secondo cui nessuno può far valere a proprio vantaggio un illecito commesso a favore di altri.

(v. punto 358)

18.    La riduzione dell’importo delle ammende in caso di cooperazione delle imprese partecipanti a infrazioni al diritto comunitario della concorrenza trova il suo fondamento nella considerazione secondo la quale una siffatta cooperazione facilita il compito della Commissione di accertare un’infrazione e, eventualmente, di porvi fine.

Com’è indicato nel punto 29 della comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese, questa ha creato aspettative legittime sulle quali fanno affidamento le imprese che intendono informare la Commissione dell’esistenza di un’intesa. Alla luce del legittimo affidamento che le imprese che intendono collaborare con la Commissione possono aver tratto da detta comunicazione, la Commissione è tenuta a conformarvisi in sede di valutazione, nell’ambito della determinazione dell’importo dell’ammenda imposta a un’impresa, della cooperazione di quest’ultima.

Nei limiti indicati dalla comunicazione sulla cooperazione, la Commissione dispone tuttavia di un ampio potere discrezionale per valutare se gli elementi di prova forniti da un’impresa apportino o meno un valore aggiunto, ai sensi del punto 22 della citata comunicazione, e se, in sua conformità, vi sia ragione di concedere una riduzione ad un’impresa.

(v. punti 374-376)