Language of document : ECLI:EU:T:2021:637

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

29 settembre 2021 (*)

«Concorrenza – Intese – Mercato dei condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio – Decisione che constata un’infrazione all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE – Coordinamento dei prezzi in tutto il SEE – Ammende – Immunità parziale dall’ammenda – Punto 26 della comunicazione sulla cooperazione del 2006 – Riduzione dell’importo dell’ammenda – Punto 37 degli orientamenti per il calcolo dell’importo delle ammende del 2006 – Limite massimo del 10% del fatturato – Competenza estesa al merito»

Nella causa T‑344/18,

Rubycon Corp., con sede in Ina (Giappone),

Rubycon Holdings Co. Ltd, con sede in Ina,

rappresentate da J. Rivas Andrés e A. Federle, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da B. Ernst, L. Wildpanner e F. van Schaik, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta, da un lato, all’annullamento della decisione C(2018) 1768 final della Commissione, del 21 marzo 2018, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso AT.40136 – Condensatori), nella parte riguardante le ricorrenti e, dall’altro lato, alla riduzione dell’importo delle ammende loro inflitte,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata),

composto da M.J. Costeira (relatrice), presidente, D. Gratsias, M. Kancheva, B. Berke e T. Perišin, giudici,

cancelliere: E. Artemiou, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 ottobre 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza (1)

I.      Fatti

A.      Ricorrenti e settore interessato

1        Le ricorrenti, la Rubycon Corp. (in prosieguo: la «prima ricorrente») e la Rubycon Holdings Co. Ltd (in prosieguo: la «seconda ricorrente»), sono società con sede in Giappone. La prima ricorrente produce e vende condensatori elettrolitici all’alluminio. Dal 1° febbraio 2007, la seconda ricorrente detiene il 100% del capitale della prima ricorrente.

2        L’infrazione di cui trattasi riguarda i condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio. I condensatori sono componenti elettrici che immagazzinano energia elettrostaticamente in un campo elettrico. I condensatori elettrolitici sono utilizzati in quasi tutti i prodotti elettronici, come personal computer, tablet, telefoni, climatizzatori, frigoriferi, lavatrici, prodotti automobilistici e apparecchi industriali. La clientela è quindi molto diversificata. I condensatori elettrolitici, e più specificamente quelli all’alluminio e al tantalio, sono prodotti per i quali il prezzo è un importante parametro competitivo.

B.      Procedimento amministrativo

3        Il 4 ottobre 2013, la Panasonic e le sue società figlie hanno presentato alla Commissione europea una domanda di attribuzione di un numero d’ordine (il cosiddetto marker), ai sensi dei punti 14 e 15 della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (GU 2006, C 298, pag. 17; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 2006»), fornendo informazioni sull’esistenza di una presunta infrazione nel settore dei condensatori elettrolitici.

4        Il 28 marzo 2014, la Commissione, ai sensi dell’articolo 18 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), ha chiesto informazioni a diverse imprese operanti nel settore dei condensatori elettrolitici, tra cui le ricorrenti.

5        Il 26 maggio 2014, le ricorrenti hanno chiesto alla Commissione una riduzione dell’importo dell’ammenda conformemente alla comunicazione sulla cooperazione del 2006.

6        Il 4 novembre 2015, la Commissione ha adottato una comunicazione degli addebiti che ha inviato segnatamente alle ricorrenti. Le ricorrenti non hanno risposto alla comunicazione degli addebiti.

7        I destinatari della comunicazione degli addebiti, tra cui le ricorrenti, sono stati ascoltati dalla Commissione nel corso dell’audizione svoltasi dal 12 al 14 settembre 2016.

C.      Decisione impugnata

8        Il 21 marzo 2018, la Commissione ha adottato la decisione C(2018) 1768 final, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 101 [TFUE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (Caso AT.40136 – Condensatori) (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

1.      Infrazione

9        Con la decisione impugnata, la Commissione ha constatato l’esistenza di un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) nel settore dei condensatori elettrolitici, cui hanno partecipato nove imprese o gruppi di imprese, vale a dire Elna, Hitachi AIC, Holy Stone, Matsuo, NEC Tokin, Nichicon, Nippon Chemi-Con, Sanyo (riferendosi a Sanyo e Panasonic insieme) e le ricorrenti (in prosieguo, congiuntamente: i «partecipanti al cartello») (punto 1 e articolo 1 della decisione impugnata).

10      La Commissione ha rilevato, in sostanza, che l’infrazione in questione aveva avuto luogo tra il 26 giugno 1998 e il 23 aprile 2012, nell’intero territorio del SEE, ed era consistita in accordi e/o pratiche concordate che avevano come oggetto il coordinamento delle politiche dei prezzi per quanto riguarda la fornitura di condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio (punto 1 della decisione impugnata).

11      Il cartello era essenzialmente organizzato mediante riunioni multilaterali, che si tenevano generalmente in Giappone ogni mese o ogni due mesi al livello superiore della direzione vendite, e ogni sei mesi a livello di dirigenti, compresi i presidenti (punti 63, 68 e 738 della decisione impugnata).

12      Le riunioni multilaterali sono state inizialmente organizzate, tra il 1998 e il 2003, con il nome di «circolo del(i) condensatore(i) elettrolitico(i)» o di «conferenza dei condensatori elettrolitici» (in prosieguo: le «riunioni ECC»). Esse sono state successivamente organizzate, tra il 2003 e il 2005, con il nome di «conferenza alluminio-tantalio», di «gruppo dei condensatori all’alluminio o al tantalio» o di «riunioni ATC». Infine, esse sono state organizzate, tra il 2005 e il 2012, con il nome di «gruppo ricerca di mercato» o di «gruppo marketing» (in prosieguo: le «riunioni MK»). Parallelamente alle riunioni MK, e come complemento ad esse, tra il 2006 e il 2008 sono state organizzate riunioni «aumento dei costi» o «aumento dei condensatori» (in prosieguo: le «riunioni CUP») (punto 69 della decisione impugnata).

13      Oltre a tali riunioni multilaterali, i partecipanti al cartello intrattenevano altresì, secondo le esigenze, contatti bilaterali e trilaterali ad hoc (punti 63, 75 e 739 della decisione impugnata) (in prosieguo, congiuntamente: gli «scambi anticoncorrenziali»).

14      Nell’ambito degli scambi anticoncorrenziali, i partecipanti al cartello, in sostanza, si scambiavano informazioni sui prezzi e sui prezzi futuri praticati, sulle future riduzioni di prezzo e sulle forcelle di tali riduzioni, sull’offerta e sulla domanda, anche future, e, in alcuni casi, concludevano, attuavano e monitorano accordi sui prezzi (punti 62, 715, 732 e 741 della decisione impugnata).

15      La Commissione ha ritenuto che il comportamento dei partecipanti al cartello costituisse una forma di accordo e/o di pratica concordata, che aveva un obiettivo comune, vale a dire evitare la concorrenza sui prezzi e coordinare il loro futuro comportamento in materia di vendita di condensatori elettrolitici, riducendo così l’incertezza sul mercato (punti 726 e 731 della decisione impugnata).

16      La Commissione ha concluso che questo comportamento aveva un oggetto anticoncorrenziale unico (punto 743 della decisione impugnata).

2.      Responsabilità delle ricorrenti

17      La Commissione ha affermato la responsabilità della prima ricorrente a causa della sua partecipazione diretta al cartello dal 26 giugno 1998 al 23 aprile 2012 [punto 961 e articolo 1, lettera h), della decisione impugnata].

18      Inoltre, la Commissione ha affermato la responsabilità della seconda ricorrente nella sua qualità di società madre, che deteneva l’intero capitale sociale della prima ricorrente, per il periodo compreso tra il 1° febbraio 2007 e il 23 aprile 2012 [punti 962 e 963 e articolo 1, lettera h), della decisione impugnata].

3.      Ammende inflitte alle ricorrenti

19      Ai sensi dell’articolo 2, lettere k) e l), della decisione impugnata vengono inflitte, da un lato, un’ammenda di EUR 27 718 000 alla prima ricorrente «in solido» con la seconda ricorrente e, dall’altro, un’ammenda di EUR 706 000 alla prima ricorrente.

4.      Calcolo dellimporto delle ammende

20      Nel calcolare l’importo delle ammende, la Commissione ha seguito la metodologia esposta negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006») (punto 980 della decisione impugnata).

21      In primo luogo, per determinare l’importo di base delle ammende inflitte alle ricorrenti, la Commissione ha preso in considerazione il valore delle vendite durante l’ultimo anno completo di partecipazione all’infrazione, conformemente al punto 13 degli orientamenti del 2006 (punto 989 della decisione impugnata).

22      La Commissione ha calcolato il valore delle vendite sulla base delle vendite di condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio fatturate a clienti nel SEE (punto 990 della decisione impugnata).

23      Inoltre, la Commissione ha calcolato il valore rilevante delle vendite separatamente per le due categorie di prodotti, ossia i condensatori elettrolitici all’alluminio e i condensatori elettrolitici al tantalio, e ha applicato loro coefficienti moltiplicatori diversi a seconda della durata (punto 991 della decisione impugnata).

24      La Commissione ha fissato la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione per la gravità dell’infrazione al 16%. A questo proposito, essa ha ritenuto che gli «accordi» orizzontali di coordinamento dei prezzi rientrassero, per loro stessa natura, tra le infrazioni più gravi all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE e che il cartello si estendesse all’intero territorio del SEE (punti da 1001 a 1003 della decisione impugnata).

25      In più, la Commissione ha applicato un importo aggiuntivo del 16% ai sensi del punto 25 degli orientamenti del 2006 al fine di assicurarsi che l’ammenda inflitta fosse sufficientemente dissuasiva (punto 1009 della decisione impugnata).

26      Per quanto riguarda, poi, il coefficiente moltiplicatore relativo alla durata dell’infrazione, la Commissione ha concesso alla prima ricorrente, ai sensi del punto 26, terzo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2006, un’immunità parziale dall’ammenda per la durata dell’infrazione, corrispondente al periodo dell’infrazione compreso tra il 26 giugno 1998 e il 28 agosto 2003, in quanto essa aveva fornito prove determinanti per dimostrare altri fatti tali da accrescere la durata dell’infrazione per tale periodo (v. punto 1087 della decisione impugnata).

27      Pertanto, riguardo alla prima ricorrente, la Commissione ha adottato un coefficiente moltiplicatore di 8,65, corrispondente al periodo tra il 29 agosto 2003 e il 23 aprile 2012 e senza tener conto del periodo compreso tra il 26 giugno 1998 e il 28 agosto 2003 (v. punto 26 infra). Per quanto riguarda la seconda ricorrente, la Commissione ha adottato un coefficiente moltiplicatore per la durata di 5,22, corrispondente al periodo tra il 1° febbraio 2007 e il 23 aprile 2012 (punto 1007, tabella 1 e nota a piè di pagina 1658 della decisione impugnata).

28      La Commissione ha quindi fissato in EUR 61 434 000 l’importo di base dell’ammenda per la prima ricorrente e in EUR 39 598 000 l’importo di base dell’ammenda per la seconda ricorrente (punto 1010 della decisione impugnata).

29      In secondo luogo, per quanto riguarda gli adeguamenti dell’importo di base delle ammende, anzitutto, la Commissione ha rifiutato di concedere alle ricorrenti una riduzione supplementare dell’ammenda ai sensi del punto 37 degli orientamenti del 2006 (punti 1052 e 1053 della decisione impugnata).

30      La Commissione ha altresì ritenuto che non sussistesse alcuna circostanza aggravante o attenuante nei confronti delle ricorrenti (punto 1054 della decisione impugnata).

31      La Commissione ha poi applicato il limite massimo del 10% del fatturato totale realizzato nel corso dell’esercizio sociale precedente, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (punti 1057 e 1058 della decisione impugnata).

32      Infine, dopo l’applicazione di detto limite massimo del 10%, la Commissione ha concesso alle ricorrenti, ai sensi del punto 26, primo comma, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2006, una riduzione del 30% dell’importo dell’ammenda che altrimenti sarebbe stata loro inflitta, in quanto ha ritenuto che esse fossero state la seconda impresa a fornire elementi di prova che costituivano un valore aggiunto significativo (punti 1082 e 1083 della decisione impugnata).

33      Inoltre, la Commissione ha rifiutato di concedere alle ricorrenti un’immunità parziale dall’ammenda relativa alla gravità dell’infrazione, ai sensi del suddetto punto 26, terzo comma, in quanto le prove da esse fornite non le avevano consentito di dimostrare altri fatti tali da accrescere la gravità dell’infrazione (punti da 1093 a 1096 della decisione impugnata).

34      La Commissione ha pertanto fissato in EUR 28 424 000 l’importo totale delle ammende inflitte alle ricorrenti (punto 1139 della decisione impugnata).

[omissis]

II.    Procedimento e conclusioni delle parti

36      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 4 giugno 2018, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

37      Il 27 settembre 2018, è stato depositato presso la cancelleria del Tribunale il controricorso della Commissione.

38      La replica e la controreplica sono state depositate presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 21 novembre 2018 e il 29 gennaio 2019.

39      Su proposta della Seconda Sezione del Tribunale, quest’ultimo ha deciso, in applicazione dell’articolo 28 del suo regolamento di procedura, di rinviare la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

40      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, in applicazione dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura, la giudice relatrice è stata assegnata alla Nona Sezione ampliata, alla quale è stata di conseguenza attribuita la presente causa.

41      Su proposta della giudice relatrice, il Tribunale (Nona Sezione ampliata) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste all’articolo 89 del regolamento di procedura, ha rivolto alle parti alcuni quesiti scritti, invitandole a rispondervi in udienza.

42      All’udienza del 21 ottobre 2020, le parti hanno svolto le proprie difese orali ed hanno risposto ai quesiti scritti e orali posti dal Tribunale.

43      In seguito al decesso del giudice Berke, avvenuto il 1° agosto 2021, i tre giudici firmatari della presente sentenza hanno proseguito le deliberazioni, conformemente all’articolo 22 e all’articolo 24, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

44      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata nella parte in cui le riguarda e, in particolare, annullare l’articolo 1, lettera h), l’articolo 2, lettere k) e l), e l’articolo 4 della decisione impugnata;

–        ridurre l’importo delle ammende loro inflitte;

–        condannare la Commissione alle spese.

45      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

III. In diritto

[omissis]

B.      Nel merito

53      Le ricorrenti deducono due motivi di ricorso a sostegno tanto delle loro conclusioni dirette all’annullamento delle ammende loro inflitte quanto delle loro conclusioni dirette alla riduzione dell’importo di tali ammende. Il primo motivo di ricorso riguarda il rifiuto della Commissione di concedere alle ricorrenti un’immunità parziale dall’ammenda in considerazione delle prove da esse prodotte, relative ad altri fatti tali da accrescere la gravità dell’infrazione. Il secondo motivo di ricorso riguarda il rifiuto della Commissione di discostarsi dal metodo generale previsto dagli orientamenti del 2006 e di concedere una riduzione dell’importo dell’ammenda ai sensi del punto 37 di tali orientamenti.

1.      Sulle conclusioni dirette allannullamento della decisione impugnata

[omissis]

a)      Sul primo motivo di ricorso, relativo al rifiuto della Commissione di concedere alle ricorrenti unimmunità parziale dallammenda in considerazione delle prove da esse prodotte, relative ad altri fatti tali da accrescere la gravità dellinfrazione

59      Nell’ambito del primo motivo di ricorso, le ricorrenti affermano, in sostanza, che la Commissione ha erroneamente rifiutato di concedere loro un’immunità parziale dall’ammenda ai sensi del punto 26, terzo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2006, in quanto le prove da esse fornite relative alle riunioni ECC e CUP avrebbero consentito alla Commissione di accrescere la gravità dell’infrazione.

[omissis]

2)      Sulla seconda parte del primo motivo di ricorso, vertente su un errore di diritto nell’applicazione del punto 26, terzo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2006

[omissis]

i)      Sulla prima censura, vertente su un errore di diritto che la Commissione avrebbe commesso nell’affermare la responsabilità delle ricorrenti per la loro partecipazione alle riunioni ECC e alle riunioni CUP

78      Le ricorrenti sostengono che la Commissione ha erroneamente utilizzato le prove da esse prodotte relative alle riunioni CUP e alle riunioni ECC per ritenerle responsabili di tutti gli elementi dell’infrazione, comprese dette riunioni. Infatti, le ricorrenti sarebbero state le prime a produrre prove relative alle riunioni CUP, la cui esistenza non era nota alla Commissione fino a tale data. Inoltre, le ricorrenti sarebbero state le uniche a fornire prove relative alle riunioni ECC.

79      La Commissione contesta tali argomenti.

80      Nel caso di specie, si deve constatare che, da un lato, la Commissione ha affermato la responsabilità della prima ricorrente per la sua partecipazione diretta al cartello dal 26 giugno 1998 al 23 aprile 2012 e della seconda ricorrente nella sua qualità di società madre della prima, per il periodo dal 1° febbraio 2007 al 23 aprile 2012 (v. punti 17 e 18 supra).

81      Dall’altro lato, la Commissione ha ritenuto che le ricorrenti fossero state le uniche a fornire prove relative agli scambi anticoncorrenziali avvenuti tra il 1998 e il 2004, ad eccezione di uno scambio avvenuto nel corso del 2003, e che tali prove le avessero consentito di accrescere la durata dell’infrazione per il periodo compreso tra il 26 giugno 1998 e il 28 agosto 2003 (punto 1080 e note a piè di pagina 1708 e 1709 della decisione impugnata).

82      Inoltre, la Commissione ha ritenuto che le ricorrenti fossero state le prime a fornire prove relative alle riunioni CUP (punti 1080 e 1096 e nota a piè di pagina 1710 della decisione impugnata) e che tali prove le avessero consentito di scoprire un altro aspetto funzionale del cartello, ossia l’esistenza, la natura e il contenuto delle riunioni CUP, organizzate tra il 2006 e il 2008 (punto 1080 e nota a piè di pagina 1710 della decisione impugnata).

83      In seguito a tali considerazioni, da un lato, la Commissione ha concesso alla prima ricorrente un’immunità parziale dall’ammenda, ai sensi del punto 26, terzo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2006, per il periodo dell’infrazione dal 26 giugno 1998 al 28 agosto 2003. Infatti, benché la Commissione abbia affermato la responsabilità della prima ricorrente a causa della sua partecipazione diretta al cartello nel periodo compreso tra il 26 giugno 1998 e il 23 aprile 2012, essa non ha tenuto conto del periodo compreso tra il 26 giugno 1998 e il 28 agosto 2003 in sede di fissazione del coefficiente moltiplicatore per la durata della partecipazione all’infrazione (v. punti 17 e 26 supra).

84      Così, la Commissione ha ritenuto che il periodo corrispondente a tale immunità parziale dall’ammenda, concessa per la durata dell’infrazione, comprendesse il periodo durante il quale tutte le riunioni ECC hanno avuto luogo, ad eccezione della riunione del 7 novembre 2003 (v. punti 78 e 80 e nota a piè di pagina 128 della decisione impugnata, nonché punti 12 e 26 supra).

85      Dall’altro lato, la Commissione ha ritenuto che le prove fornite dalle ricorrenti, relative alle riunioni ECC e alle riunioni CUP, non le avessero consentito di dimostrare altri fatti tali da accrescere la gravità dell’infrazione. Di conseguenza, la Commissione ha rifiutato di concedere alle ricorrenti un’immunità parziale dall’ammenda relativa alla gravità dell’infrazione, ai sensi del punto 26, terzo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2006 (v. punto 33 supra).

86      Peraltro, la Commissione ha ritenuto, in funzione dell’insieme delle prove fornite dalle ricorrenti, che queste ultime dovessero essere considerate la seconda impresa a fornire un valore aggiunto significativo (punti 1082 e 1083 della decisione impugnata). Di conseguenza, la Commissione ha concesso alle ricorrenti una riduzione del 30% dell’importo dell’ammenda che altrimenti sarebbe stata loro inflitta, conformemente al punto 26, primo comma, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2006 (v. punto 32 supra).

87      In tale contesto, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione non è incorsa in errore considerandole responsabili dell’infrazione nei termini menzionati al precedente punto 80.

88      Infatti, l’immunità parziale dall’ammenda prevista al punto 26, terzo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2006 riguarda soltanto l’importo dell’ammenda. Come ricordato al precedente punto 75, qualora le condizioni per poter beneficiare di detta immunità parziale siano soddisfatte, la sola conseguenza che ne deriva è che la Commissione non può basarsi sugli elementi di prova in questione per determinare la gravità o la durata dell’infrazione del richiedente il trattamento favorevole. In altre parole, in tale ipotesi, la Commissione non tiene conto di tali fatti per fissare l’importo dell’ammenda.

89      Pertanto, l’immunità parziale dall’ammenda, prevista al punto 26, terzo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2006, non ha alcuna incidenza sulla portata della responsabilità per l’infrazione accertata nei confronti delle imprese beneficiarie di una siffatta immunità.

[omissis]

91      La prima censura della seconda parte del primo motivo di ricorso, vertente su un errore di diritto che la Commissione avrebbe commesso nell’affermare la responsabilità delle ricorrenti per la loro partecipazione alle riunioni ECC e alle riunioni CUP, deve pertanto essere respinta.

ii)    Sulla seconda censura, vertente su un errore di diritto che la Commissione avrebbe commesso nel concludere che le prove prodotte dalle ricorrenti non incidevano sulla gravità dell’infrazione

92      Le ricorrenti contestano la conclusione della Commissione, ai punti 1094 e 1096 della decisione impugnata, secondo cui le prove da esse prodotte relative alle riunioni ECC e alle riunioni CUP non avrebbero inciso sulla gravità dell’infrazione. Secondo le ricorrenti, tali prove avevano consentito di dimostrare che l’infrazione riguardava anche accordi in materia di prezzi e non si limitava quindi a discussioni riguardanti informazioni sui prezzi e sull’offerta e sulla domanda. Inoltre, tali prove dimostrerebbero l’esistenza di un meccanismo di segnalazione e di un meccanismo di sorveglianza destinati a garantire il rispetto, da parte delle imprese, degli accordi in materia di prezzi. Pertanto, tali prove sarebbero state determinanti per accrescere la gravità dell’infrazione. A sostegno della loro posizione, le ricorrenti invocano le sentenze del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione (C‑603/13 P, EU:C:2016:38), e del 26 aprile 2007, Bolloré e a./Commissione (T‑109/02, T‑118/02, T‑122/02, T‑125/02, T‑126/02, T‑128/02, T‑129/02, T‑132/02 e T‑136/02, EU:T:2007:115).

93      La Commissione contesta tali argomenti.

94      Come ricordato ai precedenti punti 72 e 73, il beneficio dell’immunità parziale dall’ammenda prevista al punto 26, terzo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2006 richiede che siano soddisfatte varie condizioni, vale a dire che l’impresa di cui trattasi sia stata la prima a fornire prove determinanti ai sensi del punto 25 di detta comunicazione, che tali prove devono consentire di dimostrare altri fatti rispetto a quelli che la Commissione è in grado di dimostrare e che detti fatti siano tali da accrescere la gravità o la durata dell’infrazione.

95      Ne consegue che, ai fini dell’applicazione del punto 26, terzo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2006, non è sufficiente che elementi di prova siano determinanti ai sensi del punto 25 di tale comunicazione, occorre anche che essi consentano alla Commissione di dimostrare altri fatti tali da accrescere la gravità o la durata dell’infrazione (sentenza del 29 febbraio 2016, Deutsche Bahn e a./Commissione, T‑267/12, non pubblicata, EU:T:2016:110, punto 405).

96      Nel caso di specie, la Commissione ha ritenuto che la prima ricorrente fosse stata l’unica a fornire prove relative alle riunioni ECC e che le ricorrenti fossero state le prime a fornire prove relative alle riunioni CUP. La Commissione ha considerato che le prove fornite dalla prima ricorrente relative alle riunioni ECC le avevano consentito di accrescere la durata dell’infrazione e, pertanto, le ha concesso un’immunità parziale dall’ammenda per il periodo compreso tra il 26 giugno 1998 e il 28 agosto 2003 (v. punti da 80 a 84 supra).

97      Tuttavia, la Commissione ha ritenuto che dette prove, in particolare quelle riguardanti le riunioni CUP, non le avessero consentito di dimostrare altri fatti tali da accrescere la gravità dell’infrazione (punti 1094 e 1096 della decisione impugnata). Di conseguenza, essa ha rifiutato di concedere alle ricorrenti un’immunità parziale dall’ammenda relativa alla gravità dell’infrazione (v. punto 85 supra).

98      A tale riguardo, dalla decisione impugnata risulta che la Commissione ha ritenuto che, per tutta la durata del cartello, le parti si fossero scambiate informazioni sui prezzi, sull’offerta e sulla domanda e che, certamente, in occasione di talune riunioni ECC e CUP, le imprese avessero concluso accordi sui prezzi. Ciononostante, secondo la Commissione, tanto le pratiche concordate quanto gli accordi sui prezzi, in quanto manifestazioni del comportamento collusivo nel caso di specie, si inserivano nella medesima violazione grave dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Pertanto, il fatto che le parti avessero partecipato non solo a pratiche concordate, ma anche ad accordi, non aveva alcuna incidenza sulla gravità dell’infrazione. Inoltre, secondo la Commissione, le riunioni ECC e le riunioni CUP non erano materialmente diverse dalle altre riunioni multilaterali menzionate al precedente punto 12, facenti parte della medesima infrazione unica e continuata oggetto della decisione impugnata (v. punti 72, 1094 e 1096 della decisione impugnata).

99      In particolare, per quanto riguarda le riunioni CUP, la Commissione ha considerato che, tenuto conto del periodo durante il quale si sono svolte tali riunioni, della loro natura e del fatto che esse si svolgevano in parallelo con le riunioni MK, la rivelazione, da parte delle ricorrenti, dell’esistenza delle riunioni CUP non avesse accresciuto la durata né la gravità dell’infrazione (v. punto 1096 della decisione impugnata).

100    Parimenti, per quanto riguarda la sorveglianza garantita nell’ambito delle riunioni CUP, la Commissione ha ritenuto che tale sorveglianza non fosse una particolarità del cartello tale da influire sulla gravità dell’infrazione, dato che, in particolare, le imprese sorvegliavano in modo generale il loro comportamento reciproco anche al di fuori delle riunioni CUP (v. punto 716 della decisione impugnata).

101    Ne consegue che la Commissione ha concluso che né le riunioni ECC né le riunioni CUP avevano natura diversa rispetto alle altre manifestazioni del comportamento collusivo nel caso di specie, le quali costituivano tutte pratiche concordate e/o accordi sui prezzi che si inserivano nella medesima violazione grave dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. In particolare, per quanto riguarda le riunioni CUP, la Commissione ha concluso che, anche senza tali riunioni, l’infrazione sarebbe stata altrettanto lunga e avrebbe costituito un’infrazione altrettanto grave alle regole della concorrenza.

102    L’argomento delle ricorrenti non rimette in discussione tali conclusioni.

103    A tal proposito, occorre ricordare che la nozione di accordo ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, quale è stata interpretata dalla giurisprudenza, è incentrata sull’esistenza, tra almeno due parti, di una comune volontà, il cui modo di manifestarsi non è rilevante, purché sia fedele espressione della volontà delle parti stesse (v. sentenza del 16 giugno 2015, FSL e a./Commissione, T‑655/11, EU:T:2015:383, punto 413 e giurisprudenza ivi citata).

104    Inoltre, la nozione di pratica concordata ai sensi della medesima disposizione corrisponde ad una forma di coordinamento delle attività delle imprese che, senza spingersi fino all’attuazione di un vero e proprio accordo, sostituisce scientemente una cooperazione pratica tra di loro ai rischi della concorrenza (v. sentenza del 16 giugno 2015, FSL e a./Commissione, T‑655/11, EU:T:2015:383, punto 414 e giurisprudenza ivi citata).

105    Orbene, secondo una giurisprudenza costante, le nozioni di accordo e di pratica concordata, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, comprendono forme collusive che condividono la medesima natura e si distinguono solo per la loro intensità e per le forme in cui esse si manifestano (v. sentenza del 5 dicembre 2013, Solvay Solexis/Commissione, C‑449/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:802, punto 52 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 132).

106    Pertanto, sebbene le nozioni di accordo e di pratica concordata presentino elementi costitutivi parzialmente diversi, esse non sono reciprocamente incompatibili. La Commissione non ha quindi l’obbligo di qualificare come accordo o pratica concordata ognuno dei comportamenti accertati, ma può qualificare correttamente taluni dei comportamenti come «accordi» e altri come «pratiche concordate» (v., in tal senso, sentenza dell’8 luglio 1999, Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 132, e del 16 giugno 2015, FSL e a./Commissione, T‑655/11, EU:T:2015:383, punto 453).

107    La doppia qualificazione dell’infrazione come accordo «e/o» pratica concordata deve quindi essere intesa nel senso che indica un insieme complesso che comporta elementi di fatto, taluni dei quali sono stati qualificati come accordo ed altri come pratica concordata ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, il quale non prevede qualificazioni specifiche per tale tipo di violazione complessa (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2013, MRI/Commissione, T‑154/09, EU:T:2013:260, punto 165 e giurisprudenza ivi citata).

108    Ciò si verifica nel caso di specie. Infatti, con la decisione impugnata, la Commissione ha constatato l’esistenza di un’infrazione unica e continuata all’articolo 101 TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE consistente in accordi e/o pratiche concordate aventi ad oggetto il coordinamento delle politiche dei prezzi nel settore dei condensatori elettrolitici all’alluminio e al tantalio (v. punti 9 e 10 supra).

109    In particolare, dai punti da 704 a 743 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha ritenuto che, essendo l’infrazione di cui trattasi complessa e di lunga durata, essa non dovesse qualificare i comportamenti come accordo o pratica concordata. A tale riguardo, la Commissione ha anzitutto considerato che gli scambi anticoncorrenziali, menzionati ai precedenti punti 12 e 13, avevano tutti lo stesso obiettivo anticoncorrenziale, ossia quello del coordinamento delle politiche dei prezzi. La Commissione ha poi precisato che i comportamenti delle imprese includevano, nel contempo, scambi di informazioni sui prezzi, scambi di informazioni sull’offerta e sulla domanda, e la conclusione di accordi sui prezzi, accompagnati da un meccanismo di sorveglianza al fine di garantirne l’applicazione. Inoltre, la Commissione ha ritenuto che tale meccanismo di sorveglianza non costituisse una peculiarità del cartello, in quanto, indipendentemente dall’esistenza di un siffatto meccanismo, le imprese sorvegliavano in generale il loro comportamento reciproco. Infine, la Commissione ha ritenuto che tali comportamenti avessero la forma di accordi e/o pratiche concordate e seguissero un piano globale che perseguiva uno scopo anticoncorrenziale unico.

110    È certamente vero che, nella decisione impugnata, la Commissione menziona le riunioni ECC e le riunioni CUP come esempi di riunioni multilaterali durante le quali le imprese hanno concluso accordi sui prezzi, accompagnati da un meccanismo di sorveglianza al fine di garantirne l’applicazione [v. punto 715, lettera c), della decisione impugnata].

111    Tuttavia, resta il fatto che la Commissione ha ritenuto che tutte le riunioni multilaterali descritte al precedente punto 12 presentassero caratteristiche comuni e che l’oggetto delle discussioni svoltesi in occasione di tali riunioni multilaterali fosse rimasto lo stesso o in gran parte simile durante tutto il periodo dell’infrazione (punti da 70 a 72 e 741 della decisione impugnata). Inoltre, essa ha ritenuto che il meccanismo di sorveglianza non fosse una particolarità del cartello, in quanto le imprese esercitavano una sorveglianza generalizzata e reciproca al di fuori di tale meccanismo (punto 716 della decisione impugnata).

112    Pertanto, alla luce della giurisprudenza citata ai precedenti punti da 104 a 106, occorre rilevare che, nell’ambito della presente infrazione complessa, che coinvolgeva diverse imprese le quali perseguivano un obiettivo comune di coordinamento delle politiche dei prezzi per un periodo di diversi anni, la Commissione non era tenuta a qualificare precisamente ciascuno dei comportamenti illeciti come accordo o come pratica concordata. In ogni caso, queste due forme di infrazione sono previste dall’articolo 101 TFUE.

113    Ne consegue che una distinzione tra un’asserita maggiore gravità degli «accordi» rispetto a una minore gravità delle «pratiche concordate» non può essere dimostrata nella fattispecie. Infatti, in un contesto come quello del caso di cui trattasi, in cui i comportamenti illeciti sono stati qualificati senza distinzione come accordi «e/o» pratiche concordate, ciascuno dei quali conferma l’esistenza di un’infrazione complessa, unica e continuata all’articolo 101 TFUE, una qualificazione precisa di tali comportamenti come accordi o pratiche concordate non può essere tale da stabilire una differenza tra la gravità di ciascun comportamento.

114    Al contrario, una qualificazione precisa di ciascun comportamento illecito costitutivo del cartello come accordo o come pratica concordata non potrebbe incidere sulla gravità dell’infrazione, dal momento che entrambe queste forme di infrazione sono previste all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e quest’ultimo non prevede una qualificazione specifica per un tipo di infrazione complessa, come quella del caso di specie.

115    Peraltro, occorre rilevare che le sentenze del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione (C‑603/13 P, EU:C:2016:38), e del 26 aprile 2007, Bolloré e a./Commissione (T‑109/02, T‑118/02, T‑122/02, T‑125/02, T‑126/02, T‑128/02, T‑129/02, T‑132/02 e T‑136/02, EU:T:2007:115), invocate dalle ricorrenti, non offrono alcun sostegno alla loro posizione. A differenza della presente causa, le cause che hanno dato luogo alle due sentenze citate riguardavano situazioni di partecipazione più limitata, se non di mancata partecipazione, a taluni elementi del cartello, quali meccanismi di compensazione o di sorveglianza (v. sentenze del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punti 28, 29, 78, 86 e 93, e del 26 aprile 2007, Bolloré e a./Commissione, T‑109/02, T‑118/02, T‑122/02, T‑125/02, T‑126/02, T‑128/02, T‑129/02, T‑132/02 e T‑136/02, EU:T:2007:115, punti 418, 439, 563 e 566). Analogamente, a differenza di tali cause, nella presente causa non è stato individuato alcun sistema di sorveglianza o altro meccanismo autonomo quale elemento distinto dell’infrazione oggetto della decisione impugnata.

116    Nel caso di specie, dalla decisione impugnata risulta che, da un lato, la Commissione ha fissato la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione per la gravità dell’infrazione al 16%. A tale riguardo, la Commissione ha tenuto conto della natura dell’infrazione, ossia del fatto che quest’ultima consisteva in «accordi» orizzontali di coordinamento dei prezzi, che rientravano tra le infrazioni più gravi all’articolo 101 TFUE. Inoltre, essa ha tenuto conto della portata geografica dell’infrazione, indicando che quest’ultima si estendeva all’intero territorio del SEE (v. punto 24 supra).

117    Dall’altro lato, la Commissione ha ritenuto che il meccanismo di sorveglianza discusso durante le riunioni CUP non fosse una particolarità del cartello in quanto le imprese esercitavano una sorveglianza generalizzata e reciproca al di fuori di tale meccanismo (v. punto 111 supra).

118    Pertanto, a differenza delle cause che hanno dato luogo alle sentenze citate al precedente punto 115, l’infrazione di cui trattasi nel caso di specie non ha altri elementi, che sarebbero autonomi rispetto all’insieme di accordi e/o pratiche concordate miranti al coordinamento delle politiche in materia di prezzi, che formano tale infrazione. In particolare, le riunioni CUP si inserivano in questo insieme di accordi e/o pratiche concordate e non presentavano particolarità tali da avere un impatto specifico sulla gravità dell’infrazione (v. punti 98 e 99 supra).

119    Alla luce di tutto quanto precede, occorre rilevare che la Commissione non è incorsa in errore nel ritenere che le ricorrenti non avessero prodotto elementi di prova che consentissero di dimostrare altri fatti tali da accrescere la gravità dell’infrazione.

120    La seconda censura della seconda parte del primo motivo di ricorso deve quindi essere respinta.

[omissis]

3)      Sulla terza parte del terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio della parità di trattamento

131    Nell’ambito della terza parte del primo motivo di ricorso, le ricorrenti sostengono che la Commissione avrebbe dovuto concedere loro una riduzione dell’importo di base dell’ammenda pari almeno al 3%, equivalente alla riduzione da essa concessa alle imprese la cui partecipazione a taluni gruppi di riunioni non è stata dimostrata, vale a dire, Sanyo, NEC Tokin (NEC Corp. e Tokin Corp.), Matsuo e Nichicon. Non procedendo in tal modo, la Commissione avrebbe trattato i partecipanti al cartello che hanno celato elementi di fatto dell’infrazione relativi a taluni gruppi di riunioni più favorevolmente delle ricorrenti, che hanno reso nota l’esistenza di uno di tali gruppi di riunioni.

132    La Commissione contesta tali argomenti.

[omissis]

134    Nel caso di specie, occorre rilevare che l’argomento delle ricorrenti si basa su un confronto errato tra la nozione di immunità parziale dall’ammenda, quale prevista al punto 26, terzo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2006, e le circostanze attenuanti che devono essere prese in considerazione dalla Commissione, come quelle elencate al punto 29 degli orientamenti del 2006.

135    Infatti, in primo luogo, la situazione delle ricorrenti non è paragonabile, sul piano fattuale, a quella degli altri partecipanti al cartello da esse menzionati.

136    Da un lato, per quanto riguarda la partecipazione alle riunioni CUP, nonché alle riunioni MK, si deve constatare che la Commissione ha ritenuto che la prima ricorrente vi avesse partecipato (v. punti 88 e 95 della decisione impugnata), cosa che, del resto, le ricorrenti non contestano.

137    Per contro, la Commissione ha ritenuto che la partecipazione di Sanyo, NEC Tokin e Matsuo alle riunioni CUP non fosse dimostrata e che non fosse provato che esse ne fossero venute a conoscenza (punti 754, 759 e 764 della decisione impugnata). Parimenti, la Commissione ha ritenuto che la partecipazione della Nichicon alle riunioni MK non fosse dimostrata e che non fosse provato che essa ne fosse a conoscenza (punto 761 della decisione impugnata).

138    Dall’altro lato, per quanto riguarda la cooperazione all’indagine della Commissione, si deve constatare che le ricorrenti hanno fornito prove che hanno consentito alla Commissione di dimostrare l’esistenza, la natura e il contenuto delle riunioni CUP (v. punto 82 supra), cosa che non era avvenuta per quanto riguarda Sanyo, NEC Tokin, Matsuo e Nichicon.

139    Pertanto, la situazione di fatto delle ricorrenti e quella di Sanyo, NEC Tokin, Matsuo e Nichicon sono sostanzialmente diverse.

140    In secondo luogo, le due situazioni non sono comparabili sotto il profilo giuridico. Da un lato, si trattava, per la Commissione, di valutare se il fatto che Sanyo, NEC Tokin, Matsuo e Nichicon non avessero partecipato a taluni scambi anticoncorrenziali dovesse essere preso in considerazione nell’ambito delle circostanze attenuanti ai sensi del punto 29 degli orientamenti del 2006. Dall’altro lato, nell’ambito della comunicazione sulla cooperazione del 2006, si trattava, per tale istituzione, di valutare se la cooperazione delle ricorrenti alla sua indagine dovesse condurre a concedere loro l’immunità parziale dall’ammenda.

141    A tal proposito, occorre ricordare che, con riguardo alle infrazioni che rientrano nell’ambito di applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2006, in linea di principio, l’interessato non può validamente addebitare alla Commissione di non aver preso in considerazione il grado della sua cooperazione come circostanza attenuante al di fuori dell’ambito giuridico della comunicazione sulla cooperazione (v. sentenza del 29 febbraio 2016, EGL e a./Commissione, T‑251/12, non pubblicata, EU:T:2016:114, punto 190 e giurisprudenza ivi citata).

142    Pertanto, la cooperazione fornita dalle ricorrenti non può essere valorizzata al di fuori dell’ambito di applicazione della comunicazione sulla cooperazione del 2006, in particolare come circostanza attenuante ai sensi del punto 29 degli orientamenti del 2006. A tale riguardo occorre rilevare che, ai sensi del quarto trattino di tale punto, può essere considerato come circostanza attenuante tale da comportare una riduzione dell’importo di base dell’ammenda il fatto che l’impresa interessata collabori efficacemente con la Commissione, al di fuori del campo di applicazione della comunicazione sul trattamento favorevole e oltre quanto richiesto dagli obblighi di collaborazione previsti dalla legge.

143    Peraltro, contrariamente a quanto sembra emergere dall’argomentazione delle ricorrenti, le condizioni che possono giustificare l’applicazione delle circostanze attenuanti non sono affatto paragonabili a quelle richieste per l’applicazione dell’immunità parziale dall’ammenda, in particolare per quanto riguarda la valutazione della gravità dei fatti di cui trattasi.

144    Come risulta dalla giurisprudenza, la Commissione può tener conto della gravità relativa della partecipazione di un’impresa a un’infrazione e delle circostanze particolari del caso, o in sede di valutazione della gravità dell’infrazione ai sensi dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003, o in sede di adeguamento dell’importo di base in funzione di circostanze attenuanti e aggravanti (sentenza dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punti 104 e 105; v., altresì, sentenza del 26 gennaio 2017, Laufen Austria/Commissione, C‑637/13 P, EU:C:2017:51, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

145    Per contro, dal punto 26, terzo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2006 risulta che l’immunità parziale dall’ammenda è concessa, in particolare, quando un richiedente il trattamento favorevole presenta alla Commissione elementi probatori che serviranno a quest’ultima per accertare altri fatti tali da accrescere la gravità dell’infrazione, vale a dire la gravità complessiva dell’infrazione.

146    Nel caso di specie, da un lato, la riduzione del 3% concessa a Sanyo, NEC Tokin, Matsuo e Nichicon ha tenuto conto della gravità relativa della loro partecipazione all’infrazione, o della loro mancata partecipazione a taluni gruppi di riunioni.

147    Dall’altro lato, il rifiuto di concedere alle ricorrenti un’immunità parziale dall’ammenda relativa alla gravità dell’infrazione si è basato sulla circostanza che le prove riguardanti in particolare le riunioni CUP non avevano consentito alla Commissione di accrescere la gravità globale dell’infrazione (v. punti 33 e 97 supra).

148    Ne consegue che un trattamento meno favorevole delle ricorrenti non è dimostrato nel caso di specie, poiché la loro situazione e quella delle imprese summenzionate non è comparabile né da un punto di vista fattuale né da un punto di vista giuridico.

149    Occorre quindi respingere la terza parte del primo motivo di ricorso e, pertanto, il primo motivo di ricorso nella sua interezza.

b)      Sul secondo motivo di ricorso, relativo al rifiuto della Commissione di discostarsi dal metodo generale previsto dagli orientamenti del 2006 e di concedere una riduzione dellimporto dellammenda ai sensi del punto 37 di tali orientamenti

[omissis]

2)      Sulla seconda parte del secondo motivo di ricorso, vertente su un errore di diritto e sulla violazione dei principi di proporzionalità, della parità di trattamento e della personalità delle pene e delle sanzioni

169    Nell’ambito della seconda parte del secondo motivo di ricorso, le ricorrenti invocano un errore di diritto nonché la violazione dei principi di proporzionalità, della parità di trattamento e della personalità delle pene e delle sanzioni per quanto riguarda il rifiuto della Commissione di discostarsi dal metodo generale previsto dagli orientamenti del 2006 e di concedere loro una riduzione supplementare dell’importo dell’ammenda ai sensi del punto 37 dei medesimi orientamenti.

[omissis]

174    La Commissione obietta, in sustanza, che essa non era tenuta, nel caso di specie, a discostarsi dal metodo generale previsto dagli orientamenti del 2006.

175    In via preliminare, occorre rilevare che, come ricordato al precedente punto 58, gli orientamenti del 2006 enunciano una regola di condotta indicativa della prassi da seguire da cui la Commissione non può discostarsi, in un caso specifico, senza fornire ragioni compatibili, in particolare, con il principio della parità di trattamento.

176    Inoltre, occorre ricordare le fasi per il calcolo dell’importo delle ammende inflitte alle ricorrenti che sono state seguite nel caso di specie dalla Commissione. A tale riguardo, dal fascicolo risulta, anzitutto, che l’importo di base dell’ammenda da infliggere alla prima ricorrente è stato calcolato senza tener conto del periodo compreso tra il 26 giugno 1998 e il 28 agosto 2003, dal momento che la Commissione le aveva concesso un’immunità parziale dall’ammenda per tale periodo, ai sensi del punto 26, terzo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2006 (v. punto 26 supra).

177    Pertanto, in seguito alle fasi ricordate ai precedenti punti da 21 a 27, la Commissione ha fissato in EUR 61 434 000 l’importo di base dell’ammenda da infliggere alla prima ricorrente e in EUR 39 598 000 l’importo di base dell’ammenda da infliggere alla seconda ricorrente.

178    Inoltre, dato che l’importo di base dell’ammenda da infliggere alla prima ricorrente superava il 10% del fatturato realizzato nel corso dell’esercizio sociale precedente, la Commissione ha applicato tale limite e, di conseguenza, l’importo di base dell’ammenda è stato ridotto a EUR 40 606 385, conformemente all’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003 (v. punto 31 supra).

179    Infine, su tale importo di base di EUR 40 606 385, la Commissione ha applicato una riduzione del 30% ai sensi del punto 26, primo comma, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2006. L’importo totale delle ammende inflitte alle ricorrenti ammonta quindi a EUR 28 424 000 (v. punti 32 e 34 supra).

180    È alla luce di tali principi che occorre esaminare gli argomenti delle ricorrenti.

181    In primo luogo, occorre rilevare che a torto le ricorrenti sostengono che dalla giurisprudenza risulterebbe che la Commissione era tenuta a discostarsi dal metodo generale previsto dagli orientamenti del 2006 per il fatto che l’utilizzo del metodo previsto in tali orientamenti portava a un’applicazione del limite massimo del 10% del fatturato a vari partecipanti al cartello.

182    Contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, il loro argomento non trova alcun sostegno nella sentenza del 16 giugno 2011, Putters International/Commissione (T‑211/08, EU:T:2011:289). A tale riguardo, occorre constatare che, al punto 75 di detta sentenza, anzitutto, il Tribunale ha certamente rilevato che la moltiplicazione dell’importo determinato in funzione del valore delle vendite per il numero di anni di partecipazione all’infrazione poteva implicare che, nel quadro degli orientamenti del 2006, l’applicazione del limite massimo del 10% previsto all’articolo 23 del regolamento n. 1/2003 fosse ormai la regola piuttosto che l’eccezione per ogni impresa che operasse principalmente su un unico mercato e che avesse partecipato ad un’intesa per più di un anno. Inoltre, il Tribunale ha ritenuto che, in tale ipotesi, ogni differenziazione in funzione della gravità o di circostanze attenuanti non fosse più, di norma, idonea a ripercuotersi su un’ammenda che fosse già stata contenuta per essere mantenuta entro il 10%.

183    Tuttavia, al punto 75 della sentenza del 16 giugno 2011, Putters International/Commissione (T‑211/08, EU:T:2011:289), il Tribunale, anzitutto, si è limitato a rilevare che la mancanza di differenziazione risultante dalla nuova metodologia di calcolo delle ammende nel quadro degli orientamenti del 2006 poteva richiedere che esso esercitasse la sua competenza estesa al merito nei casi concreti in cui la semplice applicazione di tali orientamenti non consentisse una differenziazione appropriata. Inoltre, come risulta dal medesimo punto 75, nonché dai punti da 81 a 87 di detta sentenza, il Tribunale ha dichiarato che, nel caso di specie, la Commissione aveva giustamente concluso che non vi erano motivi tali da giustificare la riduzione dell’ammenda richiesta dalla ricorrente. Esso ha quindi ritenuto che non fosse necessario esercitare la sua competenza estesa al merito.

184    Inoltre, occorre osservare che, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 giugno 2011, Putters International/Commissione (T‑211/08, EU:T:2011:289), l’ammenda finale inflitta dalla Commissione corrispondeva all’ammenda massima, ossia all’ammenda corrispondente al limite massimo del 10% del fatturato dell’esercizio precedente. Orbene, ciò non si verifica nel caso di specie, in quanto, dopo l’applicazione di detto limite, le ricorrenti hanno beneficiato altresì di una riduzione del 30% dell’importo dell’ammenda che altrimenti sarebbe stata loro inflitta (v. punti 32, 178 e 179 supra).

185    Parimenti, la sentenza del 13 dicembre 2016, Printeos e a./Commissione (T‑95/15, EU:T:2016:722), non offre alcun sostegno agli argomenti delle ricorrenti. Da un lato, ai punti 50 e seguenti di tale sentenza, il Tribunale ha esaminato soltanto la questione del rispetto dell’obbligo di motivazione della Commissione. Dall’altro lato, al punto 51 di detta sentenza, il Tribunale non fa direttamente riferimento alla sentenza del 16 giugno 2011, Putters International/Commissione (T‑211/08, EU:T:2011:289), ma si limita a riprendere ciò che la Commissione ha rilevato al riguardo nella decisione impugnata.

186    Pertanto, l’argomento delle ricorrenti non può utilmente fondarsi su tali sentenze. In generale, tale argomento non è confermato dalla giurisprudenza.

187    Invero, la Corte ha già dichiarato che non era contrario ai principi di proporzionalità e di parità di trattamento il fatto che, in applicazione del metodo di calcolo delle ammende previsto negli orientamenti del 2006, a un’impresa fosse inflitta un’ammenda che rappresentasse una proporzione del suo fatturato complessivo più elevata di quella rappresentata dalle ammende inflitte rispettivamente a ciascuna delle altre imprese. Infatti, è inerente a tale metodo di calcolo, che non si basa sul fatturato complessivo delle imprese interessate, che si presentino disparità tra tali imprese in ordine al rapporto tra tale fatturato e l’importo delle ammende che sono loro inflitte (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2016, Pilkington Group e a./Commissione, C‑101/15 P, EU:C:2016:631, punto 64).

188    Per giunta, dalla giurisprudenza emerge che la Commissione non è tenuta, in sede di determinazione dell’importo delle ammende, ad assicurarsi, nel caso in cui siano inflitte ammende di tale genere a più imprese coinvolte in una stessa infrazione, che gli importi finali delle ammende rendano conto di una differenziazione tra le imprese interessate quanto al loro fatturato complessivo (v. sentenza del 7 settembre 2016, Pilkington Group e a./Commissione, C‑101/15 P, EU:C:2016:631, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

189    Inoltre, la Corte ha dichiarato che la differenza di percentuale rappresentata dall’ammenda nel fatturato totale delle imprese interessate a causa del carattere meno diversificato della loro attività non può di per sé costituire un motivo sufficiente per giustificare che la Commissione si discosti dal metodo di calcolo che essa stessa si è fissata. Infatti, ciò finirebbe per avvantaggiare talune imprese in base a un criterio che non è rilevante rispetto alla gravità e alla durata dell’infrazione. Orbene, per quanto attiene alla determinazione dell’importo dell’ammenda, non è possibile compiere, per effetto dell’applicazione di metodi di calcolo differenti, una discriminazione tra le imprese che hanno partecipato a un accordo o a una pratica concordata contrari all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2016, Pilkington Group e a./Commissione, C‑101/15 P, EU:C:2016:631, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

190    Da quanto precede risulta che la circostanza che la Commissione sia obbligata ad applicare il limite massimo del 10% del fatturato all’importo di base delle ammende da infliggere alle ricorrenti nonché ad altre imprese a carattere «monoprodotto», ammesso che quest’ultimo fosse dimostrato, non imponeva alla Commissione di discostarsi dal metodo di calcolo delle ammende previsto dagli orientamenti del 2006.

191    In secondo luogo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sembrano sostenere le ricorrenti, la circostanza che la prima ricorrente sia un’impresa «monoprodotto» non giustifica, di per sé, che la Commissione si discosti dagli orientamenti del 2006 per concedere una riduzione delle ammende inflitte alle ricorrenti.

192    Anzitutto, dalla giurisprudenza richiamata al precedente punto 189 risulta che il fatto che un’impresa partecipante a un cartello abbia una gamma di prodotti ridotta non è una ragione sufficiente per giustificare che la Commissione si discosti dal metodo di calcolo delle ammende che essa stessa si è fissata. Da un lato, il metodo di calcolo delle ammende non è, in ogni caso, fondato sul fatturato complessivo delle imprese, ma, al contrario, sul valore dei beni o dei servizi in relazione con l’infrazione. Di conseguenza, è inerente a tale metodo che si presentino disparità tra le imprese in ordine al rapporto tra tale fatturato e l’importo delle ammende che sono loro inflitte. Dall’altro lato, il carattere meno diversificato delle attività di talune imprese non è un criterio pertinente alla luce della gravità e della durata dell’infrazione e non può quindi costituire un motivo per avvantaggiare tali imprese mediante l’applicazione di metodi di calcolo diversi.

193    Inoltre, la forte specializzazione delle ricorrenti o la minima diversificazione della loro attività rispetto ad altri partecipanti al cartello non sono sufficienti, di per sé, a dimostrare che la Commissione abbia violato i principi della parità di trattamento e di proporzionalità non applicando criteri particolari per il calcolo dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti. Infatti, dalla giurisprudenza risulta che la quota del fatturato complessivo proveniente dalla vendita dei prodotti oggetto dell’infrazione di cui trattasi è la più idonea a riflettere l’importanza economica di tale infrazione. Di conseguenza, poiché le ricorrenti realizzano una quota particolarmente importante, se non la quasi totalità, del loro fatturato totale con i prodotti oggetto dell’infrazione, il fatto che l’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti rappresenti una percentuale più elevata del fatturato totale rispetto ad altri partecipanti al cartello non fa che riflettere l’importanza economica di tale infrazione per le ricorrenti. Un siffatto risultato non è contrario ai principi della parità di trattamento o di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2019, Hitachi-LG Data Storage e Hitachi-LG Data Storage Korea/Commissione, T‑1/16, EU:T:2019:514, punto 112 e giurisprudenza ivi citata).

194    Infine, un’impresa, come la prima ricorrente, che realizza una quota molto importante del suo fatturato totale grazie al prodotto oggetto dell’intesa, trae di conseguenza da quest’ultima un vantaggio particolarmente rilevante (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2018, Servier e altri/Commissione, T‑691/14, con impugnazione pendente, EU:T:2018:922, punto 1923).

195    In terzo luogo, quanto all’affermazione delle ricorrenti secondo cui, in passato, la Commissione avrebbe adottato un approccio diverso nel calcolo di ammende inflitte a imprese «monoprodotto» che superavano il limite massimo del 10%, basti ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la Commissione non è vincolata dalla propria precedente prassi decisionale e quest’ultima, in ogni caso, non costituisce un contesto normativo per il calcolo dell’importo delle ammende (v. sentenze dell’11 luglio 2013, Teams Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 82 e giurisprudenza ivi citata, e del 7 settembre 2016, Pilkington Group e a./Commissione, C‑101/15 P, EU:C:2016:631, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

196    In quarto luogo, occorre respingere gli argomenti delle ricorrenti vertenti sul fatto che l’applicazione, nel caso di specie, del limite massimo del 10% del fatturato non avrebbe consentito né di differenziare le ricorrenti dalle altre imprese «monoprodotto», in particolare per quanto riguarda la diversa durata della loro partecipazione al cartello, né di prendere in considerazione il grado di cooperazione delle ricorrenti, il quale non si rifletterebbe nell’importo finale delle ammende loro inflitte.

197    A tale riguardo, occorre rilevare che, come risulta dal punto 990 della decisione impugnata, la Commissione ha applicato coefficienti moltiplicatori diversi in funzione della durata nei confronti tanto delle ricorrenti quanto dell’Elna e della Nippon Chemi-Con (v. punto 27 supra e punto 1007, tabella 1, della decisione impugnata). È certamente vero che tali coefficienti sono stati applicati sul valore delle vendite rilevante per il calcolo dell’importo di base delle ammende, conformemente al punto 13 degli orientamenti del 2006 (v. punto 21 supra). È altresì vero che, tenuto conto del risultato di tale operazione, la Commissione ha avuto bisogno di applicare il limite massimo del 10% del fatturato previsto all’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003 per ridurre l’importo di base delle ammende inflitte alle imprese suddette al di sotto di tale limite massimo (v. punto 1058 della decisione impugnata).

198    Tuttavia, l’argomento delle ricorrenti secondo cui l’applicazione del massimale del 10% del fatturato non avrebbe consentito di differenziare le ricorrenti dalle altre imprese «monoprodotto» non tiene conto della differenza di finalità tra i criteri pertinenti per la determinazione dell’importo di base dell’ammenda e il limite massimo del 10% del fatturato.

199    A tale riguardo, occorre ricordare che, ai sensi del punto 2 degli orientamenti del 2006, l’importo di base è determinato in funzione della gravità e della durata dell’infrazione, mentre il limite massimo del 10% del fatturato ha uno scopo distinto e autonomo rispetto a quello dei criteri della gravità e della durata dell’infrazione.

200    Pertanto, dalla giurisprudenza risulta che, se è vero che l’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 lascia alla Commissione un margine discrezionale, esso ne limita nondimeno l’esercizio stabilendo criteri oggettivi ai quali detta istituzione deve attenersi. L’importo dell’ammenda applicabile a un’impresa è quindi limitato da un massimale esprimibile in cifre e assoluto, in modo tale che l’importo massimo dell’ammenda che può essere inflitta a una data impresa sia determinabile anticipatamente (v., in tal senso, sentenza del 16 febbraio 2017, Hansen & Rosenthal e H&R Wax Company Vertrieb/Commissione, C‑90/15 P, non pubblicata, EU:C:2017:123, punto 78 e giurisprudenza ivi citata).

201    Da un lato, detto limite è diretto ad evitare ammende di un livello eccessivo e sproporzionato (sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 281). Dall’altro lato, esso ha come obiettivo di evitare che siano inflitte ammende che le imprese, date le loro dimensioni, quali determinate in funzione del loro fatturato complessivo, ancorché in maniera approssimativa e imperfetta, non saranno prevedibilmente in grado di saldare. Un siffatto limite ha come unica possibile conseguenza che l’importo dell’ammenda calcolato sulla base dei criteri di gravità e di durata dell’infrazione sia ridotto al livello massimo autorizzato allorché supera quest’ultimo. La sua applicazione comporta che l’impresa interessata non paghi la totalità dell’ammenda che, in linea di principio, sarebbe dovuta ai sensi di una valutazione fondata su detti criteri (v. sentenza del 5 ottobre 2011, Romana Tabacchi/Commissione, T‑11/06, EU:T:2011:560, punto 257 e giurisprudenza ivi citata).

202    Ne consegue che, anche se l’applicazione del limite massimo del 10% del fatturato è più probabile per le imprese che hanno una gamma di prodotti ridotta, resta il fatto che tale applicazione non può, di per sé, incidere sul metodo di calcolo dell’importo delle ammende, in quanto tale metodo e tale limite massimo hanno obiettivi distinti e autonomi, come risulta dai precedenti punti da 198 a 200.

203    In quinto luogo, occorre rilevare che a torto le ricorrenti sostengono che l’applicazione del limite massimo del 10% del fatturato nel caso di specie non consentirebbe di riflettere il grado di cooperazione da esse fornita all’indagine della Commissione.

204    In via preliminare, occorre rilevare che, come è stato ricordato al precedente punto 124, l’obiettivo del programma di clemenza della Commissione non è quello di garantire alle imprese che partecipano ai cartelli segreti la possibilità di sfuggire alle conseguenze pecuniarie della loro responsabilità, bensì quello di facilitare l’individuazione di tali pratiche e, successivamente, nel corso del procedimento amministrativo, di aiutare la Commissione nei suoi sforzi volti alla ricostruzione dei fatti rilevanti per quanto possibile.

205    Pertanto, la ricompensa del programma di clemenza non è concessa nell’interesse dell’equità, ma in cambio della cooperazione che abbia facilitato il compito della Commissione (v. sentenza del 29 febbraio 2016, EGL e a./Commissione, T‑251/12, non pubblicata, EU:T:2016:114, punto 184 e giurisprudenza ivi citata).

206    Nel caso di specie, occorre constatare che dalla decisione impugnata risulta che le ricorrenti hanno beneficiato, anzitutto, di un’immunità parziale dall’ammenda per il periodo compreso tra il 26 giugno 1998 e il 28 agosto 2003 ai sensi del punto 26, terzo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2006; inoltre, dell’applicazione del limite massimo del 10% del fatturato di cui all’articolo 23, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 1/2003 e, infine, di una riduzione del 30% dell’importo dell’ammenda che altrimenti sarebbe stata loro inflitta ai sensi del punto 26, primo comma, secondo trattino, di detta comunicazione (v. punti 26, 31 e 32 supra).

207    Orbene, per quanto riguarda l’immunità parziale dall’ammenda per la durata dell’infrazione, occorre ricordare che è inerente alla logica della politica di clemenza che tale immunità parziale, di cui al punto 26, terzo comma, della comunicazione sulla cooperazione del 2006, non si traduca mai in una riduzione dell’importo finale dell’ammenda, bensì in un’esenzione dall’applicazione del coefficiente moltiplicatore per la durata al fine di assicurarsi che le imprese che hanno presentato una domanda di trattamento favorevole non si vedano infliggere un’ammenda per un periodo di infrazione per il quale hanno fornito informazioni alla Commissione (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 24 marzo 2011, FRA.BO/Commissione, T‑381/06, non pubblicata EU:T:2011:111, punto 70).

208    Inoltre, per quanto riguarda l’applicazione del limite massimo del 10% del fatturato, occorre rilevare, come osservato dalla Commissione al punto 1062 della decisione impugnata, che il fatto che una riduzione dell’ammenda concessa a un’impresa sia venuta meno per effetto di un’altra disposizione applicata a favore e a beneficio di detta impresa – nel caso di specie, il limite massimo del 10% del suo fatturato, conformemente all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 – non può rimettere in discussione il metodo applicato dalla Commissione per il calcolo delle ammende.

209    In più, la Commissione ha riconosciuto che le ricorrenti erano state la seconda impresa a fornire elementi probatori che costituivano un valore aggiunto significativo e ha concesso loro una riduzione del 30% dell’importo dell’ammenda che altrimenti sarebbe stata loro inflitta, corrispondente alla percentuale massima di riduzione prevista al punto 26, primo comma, secondo trattino, della comunicazione sulla cooperazione del 2006.

210    Pertanto, occorre respingere l’argomento delle ricorrenti vertente su un’asserita assenza di differenziazione per quanto riguarda la loro cooperazione all’indagine della Commissione. Al contrario, da quanto precede risulta che, nel caso di specie, l’applicazione del limite massimo del 10% del fatturato nonché della riduzione del 30% in ragione della cooperazione hanno comportato una rilevante riduzione dell’ammenda che le riguardava. Infatti, l’importo di base dell’ammenda era stato fissato in EUR 61 434 000 per la prima ricorrente e in EUR 39 598 000 per la seconda ricorrente, ossia in un totale di EUR 101 032 000, mentre l’importo finale dell’ammenda ammonta a EUR 28 424 000 (v. punti 177 e 179 supra).

211    Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, la violazione dei principi di proporzionalità e della parità di trattamento in applicazione del metodo di calcolo delle ammende previsto negli orientamenti del 2006 non è dimostrata nel caso di specie.

212    Inoltre, per quanto riguarda il principio della personalità delle pene e delle sanzioni, occorre ricordare che tale principio esige che, conformemente all’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, l’importo dell’ammenda che deve essere pagato in solido sia determinato in funzione della gravità dell’infrazione individualmente contestata all’impresa in questione e della sua durata (v. sentenza del 19 giugno 2014, FLS Plast/Commissione, C‑243/12 P, EU:C:2014:2006, punto 107 e giurisprudenza ivi citata). Ne consegue che, allorché determina il rapporto esterno di solidarietà, la Commissione, in particolare, è tenuta a rispettare il principio della personalità delle pene e delle sanzioni (sentenza del 10 aprile 2014, Commissione/Siemens Österreich e a. e Siemens Transmission & Distribution e a./Commissione, da C‑231/11 P a C‑233/11 P, EU:C:2014:256, punto 52).

213    Orbene, l’argomento delle ricorrenti non riguarda in alcun modo la contestazione di un rapporto di solidarietà che la Commissione avrebbe applicato in modo erroneo infliggendo un’ammenda unica a imprese diverse.

214    Occorre quindi respingere la seconda parte del secondo motivo di ricorso e, di conseguenza, il secondo motivo di ricorso.

[omissis]

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Nona Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Rubycon Corp. e la Rubycon Holdings Co. Ltd si faranno carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione europea.

Costeira

Gratsias

Kancheva

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 settembre 2021.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.


1      Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.