Language of document : ECLI:EU:C:2024:318

Edizione provvisoria

ORDINANZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA CORTE

11 aprile 2024 (*)

«Impugnazione – Procedimento sommario – Concorrenza – Concentrazioni – Mercato dei media – Domanda di informazioni – Dati personali – Urgenza – Diritto al rispetto della vita privata»

Nella causa C‑90/24 P(R),

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 57, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 2 febbraio 2024,

Vivendi SE, con sede in Parigi (Francia), rappresentata da Y. Boubacir, F. de Bure, E. Dumur, P. Gassenbach, S. Schrameck, O. Thomas e P. Wilhelm, avocats,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da P. Caro de Sousa, B. Cullen e D. Viros, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

IL VICEPRESIDENTE DELLA CORTE,

sentito l’avvocato generale M. Szpunar,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con la sua impugnazione, la Vivendi SE chiede l’annullamento dell’ordinanza del presidente del Tribunale dell’Unione europea del 19 gennaio 2024, Vivendi/Commissione (T‑1097/23 R; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata», EU:T:2024:15), con la quale quest’ultimo ha respinto la sua domanda diretta a ottenere, da un lato, la sospensione dell’esecuzione della decisione C(2023) 6428 final della Commissione, del 19 settembre 2023, relativa a una procedura di applicazione dell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio (caso M.11184 – Vivendi/Lagardère), come modificata dalla decisione C(2023) 7463 final della Commissione, del 27 ottobre 2023 (in prosieguo: la «decisione controversa»), e, dall’altro, a titolo conservativo, che le venisse ingiunto di conservare l’insieme dei documenti in suo possesso oggetto della decisione controversa su un supporto elettronico dedicato, inviato con apposizione del sigillo elettronico a un terzo di fiducia indipendente.

 Contesto normativo

2        Il considerando 10 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU 2016, L 119, pag. 1, e rettifica GU 2016, L 127, pag. 2) (in prosieguo: il «RGPD»), è così formulato:

«(…) Il presente regolamento prevede anche un margine di manovra degli Stati membri per precisarne le norme, anche con riguardo al trattamento di categorie particolari di dati personali (“dati sensibili”). (…)».

3        L’articolo 6, paragrafi 1 e 3, di tale regolamento stabilisce quanto segue:

«1.      Il trattamento è lecito solo se e nella misura in cui ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

a)      l’interessato ha espresso il consenso al trattamento dei propri dati personali per una o più specifiche finalità;

(…)

c)      il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento;

(…)

e)      il trattamento è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento;

(…)

3.      La base su cui si fonda il trattamento dei dati di cui al paragrafo 1, lettere c) ed e), deve essere stabilita:

a)      dal diritto dell’Unione; o

b)      dal diritto dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento.

(…)».

4        L’articolo 9, paragrafi 1 e 2, di detto regolamento così dispone:

«1.      È vietato trattare dati personali che rivelino l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l’appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona.

2.      Il paragrafo 1 non si applica se si verifica uno dei seguenti casi:

a)      l’interessato ha prestato il proprio consenso esplicito al trattamento di tali dati personali per una o più finalità specifiche, salvo nei casi in cui il diritto dell’Unione o degli Stati membri dispone che l’interessato non possa revocare il divieto di cui al paragrafo 1;

(…)

g)      il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell’Unione o degli Stati membri, che deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l’essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell’interessato;

(…)».

 Fatti

5        I fatti all’origine della controversia sono esposti ai punti da 2 a 8 dell’ordinanza impugnata. Ai fini del presente procedimento, essi possono essere sintetizzati come segue.

6        Il 24 ottobre 2022 la Vivendi ha notificato alla Commissione europea un’operazione di concentrazione consistente nell’acquisizione del controllo esclusivo della Lagardère SA. Il 9 giugno 2023 la Commissione ha autorizzato tale operazione di concentrazione, fatto salvo il rispetto degli impegni assunti dalla Vivendi.

7        Il 25 luglio 2023 la Commissione ha informato la Vivendi dell’avvio di un’indagine formale riguardante la potenziale realizzazione anticipata dell’operazione di concentrazione. Nell’ambito di tale procedimento, con decisione C(2023) 6428 final, del 19 settembre 2023, la Commissione ha inviato alla Vivendi una richiesta di informazioni, il cui termine scadeva il 27 ottobre 2023. Con decisione C(2023) 7463 final, del 27 ottobre 2023, tale istituzione ha prorogato detto termine fino al 1º dicembre 2023.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e ordinanza impugnata

8        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 novembre 2023, la Vivendi ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa.

9        Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 24 novembre 2023, la Vivendi ha presentato una domanda di provvedimenti provvisori diretta, da un lato, alla sospensione dell’esecuzione di tale decisione e, dall’altro, a titolo conservativo a che le fosse ingiunto di conservare l’insieme dei documenti in suo possesso oggetto della decisione controversa su un supporto elettronico dedicato, inviato con apposizione del sigillo elettronico a un terzo di fiducia indipendente, quale un commissario giudiziario o un mandatario, entro un termine ragionevole e compatibile con i vincoli materiali connessi alla copia dei dispositivi contenenti detti documenti.

10      Con ordinanza del 28 novembre 2023, Vivendi/Commissione (T‑1097/23 R), adottata sul fondamento dell’articolo 157, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, il presidente del Tribunale ha disposto la sospensione dell’esecuzione della decisione controversa sino all’adozione dell’ordinanza che avrebbe definito il procedimento nella causa T‑1097/23 R, fatto salvo l’obbligo della Vivendi di continuare a raccogliere informazioni e di conservare in suo possesso, su un supporto elettronico, l’insieme dei documenti oggetto di tale decisione che potessero interessare l’indagine della Commissione.

11      Con l’ordinanza impugnata, il presidente del Tribunale ha respinto la domanda di provvedimenti provvisori di cui al punto 9 della presente ordinanza, con la motivazione che la Vivendi non aveva dimostrato che la condizione relativa all’urgenza fosse soddisfatta, e ha revocato la propria ordinanza del 28 novembre 2023 (T‑1097/23 R).

12      In primo luogo, al punto 29 dell’ordinanza impugnata, il presidente del Tribunale ha dichiarato che il rischio che la Vivendi fosse sanzionata con penalità di mora o sanzioni pecuniarie era, nella fase del procedimento in cui tale ordinanza doveva essere emessa, di natura ipotetica.

13      In secondo luogo, al punto 39 di detta ordinanza, esso ha respinto l’argomento della Vivendi vertente su un danno derivante dalla mobilitazione di notevoli risorse umane e finanziarie.

14      In terzo luogo, ai punti 41 e 42 della medesima ordinanza, il presidente del Tribunale ha ritenuto che il fatto che la Commissione potesse acquisire conoscenza di una massa di documenti nonostante la loro manifesta mancanza di collegamento con l’oggetto dell’indagine non fosse idoneo a cagionare un danno grave e irreparabile alla Vivendi.

15      In quarto luogo, al punto 43 dell’ordinanza impugnata, il presidente del Tribunale ha respinto l’argomento della Vivendi vertente su un danno derivante dalla violazione della vita privata di taluni suoi dipendenti e mandatari.

16      In quinto luogo, esso ha ritenuto, al punto 51 di tale ordinanza, che l’asserito danno derivante dal rischio che la Vivendi contribuisse alla propria incriminazione non era idoneo a dimostrare che la condizione relativa all’urgenza fosse soddisfatta.

17      In sesto luogo, ai punti 52 e 54 di detta ordinanza, il presidente del Tribunale ha dichiarato che il rischio che la Vivendi fosse obbligata a pagare penalità di mora o sanzioni pecuniarie non era irreparabile e che tale rischio era puramente ipotetico.

 Conclusioni delle parti in sede di impugnazione e procedimento dinanzi alla Corte

18      La Vivendi chiede che la Corte voglia:

–        annullare l’ordinanza impugnata;

–        ordinare la sospensione dell’esecuzione della decisione controversa sino alla pronuncia della sentenza definitiva del Tribunale e, eventualmente, della Corte di giustizia sul ricorso di annullamento proposto dalla Vivendi avverso tale decisione;

–        in subordine, rinviare la causa dinanzi al Tribunale, e

–        condannare la Commissione alle spese di entrambi i gradi di giudizio.

19      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione e

–        condannare la Vivendi alle spese.

20      Con ordinanza del 6 febbraio 2024, Vivendi/Commissione [C‑90/24 P(R)–R, EU:C:2024:121], adottata sul fondamento dell’articolo 160, paragrafo 7, del regolamento di procedura della Corte, il vicepresidente della Corte ha disposto la sospensione dell’obbligo imposto alla Vivendi, con la decisione controversa, di raccogliere e comunicare alla Commissione i documenti oggetto di tale decisione sino all’adozione dell’ordinanza che sarebbe stata emanata per prima tra quella che avrebbe posto termine al procedimento sommario nella causa C‑90/24 P(R)-R e quella che avrebbe statuito sulla presente impugnazione, fatto salvo l’obbligo della Vivendi di adottare tutte le misure necessarie per garantire la conservazione dell’insieme di tali documenti.

 Sull’impugnazione

21      A sostegno della propria impugnazione, la Vivendi deduce sei motivi, vertenti, il primo, su una violazione dei principi della parità delle armi e del contraddittorio e, dal secondo al sesto, su errori manifesti nella valutazione dei danni lamentati dalla Vivendi.

 Argomentazione

22      Con il suo quarto motivo, che è opportuno esaminare in via preliminare, la Vivendi fa valere che il presidente del Tribunale è incorso in un errore manifesto nella valutazione del danno che deriverebbe dalla violazione su vasta scala della vita privata delle persone interessate da parte della decisione controversa.

23      In primo luogo, l’argomentazione accolta al punto 45 dell’ordinanza impugnata ridurrebbe l’ambito della tutela della vita privata ai soli dati personali sensibili, quali definiti dal RGPD. Orbene, quest’ultima nozione avrebbe un ambito di applicazione molto limitato, in quanto tanto dal RGPD quanto dalla giurisprudenza del Tribunale risulterebbe che essa si riferisce unicamente alle informazioni più intime e sensibili delle persone interessate. Le garanzie offerte in relazione ai dati personali sensibili non consentirebbero quindi di garantire la protezione dell’insieme dei dati personali relativi alla vita privata di tali persone e, pertanto, di prevenire adeguatamente il danno lamentato dalla Vivendi.

24      In secondo luogo, la Vivendi sostiene che diversi documenti allegati alla sua domanda di provvedimenti provvisori dimostrerebbero che la decisione controversa imporrebbe di raccogliere e di trasmettere alla Commissione documenti relativi alla vita privata delle persone interessate.

25      In terzo luogo, l’ordinanza impugnata non terrebbe affatto conto dei vincoli derivanti, per la Vivendi, dal diritto penale e dal diritto del lavoro francesi. Sarebbe quindi materialmente impossibile per la Vivendi conformarsi alla decisione controversa senza esporsi a sanzioni sia penali che civili.

26      In quarto luogo, le garanzie offerte dalla Commissione in materia di dati personali sensibili non consentirebbero di prevenire il verificarsi del danno lamentato dalla Vivendi, in quanto tali garanzie implicherebbero che i documenti recanti tali dati debbano essere presentati alla Commissione e che quest’ultima possa acquisirne conoscenza.

27      In quinto luogo, contrariamente a quanto verrebbe affermato nell’ordinanza impugnata, il segreto professionale cui sono tenuti i funzionari e gli agenti della Commissione non potrebbe costituire una garanzia sufficiente per evitare il verificarsi del danno lamentato, in quanto la Vivendi avrebbe parimenti interesse a impedire che tali funzionari e agenti abbiano accesso a documenti protetti. Inoltre, il presidente del Tribunale non avrebbe tenuto conto della circostanza, peraltro espressamente fatta valere dalla Vivendi, che la Commissione avrebbe consentito l’intervento di più terzi nel procedimento, creando così un rischio che tali terzi accedessero a dati riservati e li divulgassero.

28      La Commissione sostiene che il quarto motivo deve essere respinto in quanto infondato.

29      Essa fa valere, in particolare, che è inevitabile che, per svolgere la propria indagine, essa debba trattare dati personali. Il semplice fatto che essa verifichi la rilevanza di tali dati non può, di per sé, arrecare un danno grave e irreparabile. In tale contesto, l’esistenza di garanzie procedurali applicabili ai dati personali sensibili costituirebbe un fattore rilevante ai fini della valutazione della proporzionalità dell’ingerenza di cui trattasi nel diritto alla tutela della vita privata. Per il resto, i rigorosi obblighi di segreto professionale cui sarebbero tenuti i funzionari e gli agenti della Commissione preverrebbero il rischio di divulgazione non autorizzata dei dati personali raccolti.

30      Per quanto riguarda l’argomento vertente sul potenziale accesso di terzi a dati personali, la Commissione sostiene, anzitutto, che tale argomento deve essere respinto in quanto irricevibile, per il motivo che esso non sarebbe stato suffragato da sufficienti prove in primo grado. Inoltre, essa fa valere che, tenuto conto dei rigorosi obblighi di riservatezza imposti ai suoi funzionari e agenti, questi ultimi non possono divulgare informazioni riservate a terzi. Infine, i terzi interessati avrebbero accesso al fascicolo solo in caso di comunicazione degli addebiti e non avrebbero mai accesso alla versione riservata dei documenti contenuti nel fascicolo.

 Valutazione

31      Per quanto riguarda l’argomento della Vivendi vertente su un rischio di violazione della vita privata di taluni suoi dipendenti e mandatari, il presidente del Tribunale ha ritenuto, al punto 44 dell’ordinanza impugnata, che, nei limiti in cui le imprese agiscono per il tramite dei loro dipendenti e mandatari, la Commissione è legittimata, ai fini di un’indagine in materia di diritto della concorrenza, a chiedere informazioni relative ai comportamenti di questi ultimi, purché tali comportamenti riguardino la sfera dell’impresa e non ricadano nell’ambito della loro vita privata.

32      Al punto 45 di tale ordinanza, il presidente del Tribunale ha evidenziato che, in questa prospettiva, la Commissione aveva informato la Vivendi delle garanzie procedurali specifiche applicate in materia di dati personali sensibili e che tale istituzione aveva, pertanto, adottato le misure volte a prevenire l’insorgere del rischio paventato dalla Vivendi. Esso ne ha dedotto che, alla luce di siffatte precauzioni, le richieste di informazioni relative ai telefoni cellulari e agli account di posta elettronica dei dipendenti della Vivendi non erano idonee a determinare il danno grave e irreparabile fatto valere da quest’ultima.

33      Al punto 46 di detta ordinanza, il presidente del Tribunale ha rilevato che, in ogni caso, i funzionari e gli agenti della Commissione erano vincolati da rigorosi obblighi di segreto professionale. A tal riguardo, esso ha precisato, al punto 47 della medesima ordinanza, che a tali funzionari e agenti era fatto divieto di divulgare, senza esserne autorizzati, informazioni portate alla loro conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni, a meno che tali informazioni non fossero già state rese pubbliche o fossero accessibili al pubblico.

34      In tale contesto, per quanto riguarda, in primo luogo, la valutazione di cui al punto 45 dell’ordinanza impugnata, occorre rilevare che dal tenore letterale stesso di tale punto risulta che essa si fonda sulla presa in considerazione delle garanzie procedurali menzionate ai punti da 26 a 28 dell’ordinanza in parola.

35      Da tali punti da 26 a 28 risulta che dette garanzie riguardano esclusivamente i dati che rientrano in tre categorie, vale a dire i dati protetti dal segreto professionale che copre gli scambi tra avvocati e clienti, i dati relativi alle fonti giornalistiche e i dati personali sensibili.

36      Quest’ultima categoria, che è l’unica menzionata al punto 45 dell’ordinanza impugnata, non è definita nell’ordinanza in parola.

37      In tali circostanze, al fine di valutare la portata delle valutazioni del presidente del Tribunale, occorre individuare la portata attribuita a detta categoria dalla decisione controversa. Tale decisione precisa che essa riserva un regime specifico ai «dati personali sensibili quali definiti dal [RGPD]». Dall’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD, letto alla luce del considerando 10 di quest’ultimo, risulta che tale nozione si riferisce ai dati personali il cui trattamento riveli l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche o l’appartenenza sindacale, nonché ai dati genetici, ai dati biometrici il cui trattamento consente di identificare in modo univoco una persona fisica e ai dati relativi alla salute, alla vita sessuale o all’orientamento sessuale di una persona fisica.

38      Alla luce della portata così conferita alla nozione di «dati personali sensibili», risulta, come sostiene la Vivendi, che le garanzie procedurali di cui al punto 45 dell’ordinanza impugnata non si applicano all’insieme dei dati relativi alla vita privata delle persone interessate, in quanto, in particolare, tali garanzie non offrono alcuna forma di protezione riguardo ai dati relativi, ad esempio, alla vita familiare, ai gusti o alle attività private di natura non politica, religiosa, filosofica o sindacale di tali persone.

39      Orbene, è giocoforza constatare che, nella sua domanda di provvedimenti provvisori, la Vivendi ha paventato il rischio di accesso a dati che potevano essere collegati, in generale, alla vita privata delle persone interessate. Se è vero che al punto 95 di tale domanda si fa riferimento a dati personali sensibili, siffatto riferimento figurava in una citazione della giurisprudenza del Tribunale e non può essere inteso nel senso che esso mira a limitare la portata degli argomenti dedotti dalla Vivendi.

40      La Vivendi è quindi legittimata a sostenere che, stabilendo che le garanzie di cui al punto 45 dell’ordinanza impugnata miravano specificamente a evitare il verificarsi del rischio paventato dalla Vivendi e deducendo da tale circostanza che le richieste di informazioni non erano idonee a creare il danno grave e irreparabile lamentato dalla Vivendi, il presidente del Tribunale non ha preso in considerazione l’insieme dei dati personali che avrebbero potuto figurare nei documenti da sottoporre alla Commissione e che sono pertinenti ai fini della valutazione della realtà e della gravità di tale danno.

41      Pertanto, ritenendo che tali garanzie fossero sufficienti per respingere l’argomento della Vivendi vertente su un rischio di violazione della vita privata di taluni suoi dipendenti e mandatari, il presidente del Tribunale è incorso in un errore manifesto di valutazione.

42      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la motivazione addotta ad abundantiam, ai punti 46 e 47 dell’ordinanza impugnata, si deve certamente constatare che il presidente del Tribunale ha potuto correttamente ritenere che i funzionari e gli agenti della Commissione non fossero autorizzati a divulgare liberamente al pubblico le informazioni contenute nei documenti che la Vivendi avrebbe sottoposto alla Commissione in esecuzione della decisione impugnata.

43      Tuttavia, da un lato, come sostiene la Vivendi, gli obblighi di segreto professionale cui sono tenuti i funzionari e gli agenti della Commissione non sono atti a impedire la violazione del diritto al rispetto della vita privata di taluni dipendenti e mandatari della Vivendi, violazione costituita dal fatto che tali funzionari e agenti abbiano essi stessi accesso ai dati personali relativi alla vita privata di detti dipendenti e mandatari.

44      Dall’altro lato, occorre rilevare che la Vivendi aveva altresì fatto riferimento, al punto 96 della sua domanda di provvedimenti provvisori, al rischio che «terzi interessati ammessi al procedimento dalla Commissione» potessero prendere conoscenza dei documenti trasmessi a quest’ultima dalla Vivendi, rinviando, al riguardo, a lettere allegate a tale domanda, che la informavano dell’ammissione al procedimento di taluni terzi interessati.

45      Poiché tale affermazione è sufficientemente chiara e circostanziata da dover essere presa in considerazione dal Tribunale, non si può ritenere che l’argomento relativo al rischio di divulgazione di taluni documenti a terzi, dedotto a sostegno del quarto motivo di impugnazione, debba essere respinto in quanto irricevibile, sulla base della motivazione che esso costituirebbe un argomento nuovo che non sarebbe stato fatto valere in primo grado.

46      Orbene, come sostiene la Vivendi, gli obblighi di segreto professionale imposti ai funzionari e agli agenti della Commissione non hanno né lo scopo né l’effetto di disciplinare l’accesso, da parte di terzi ammessi al procedimento, ai documenti contenuti nel fascicolo di cui dispone la Commissione.

47      Inoltre, sebbene la Commissione faccia valere che altre norme sarebbero idonee a precludere un siffatto accesso, si deve constatare che tali norme non sono state menzionate ai punti 46 e 47 dell’ordinanza impugnata.

48      Ne consegue che, ritenendo, ai punti 46 e 47 dell’ordinanza impugnata, che gli obblighi di segreto professionale imposti ai funzionari e agli agenti della Commissione avrebbero potuto evitare il verificarsi del danno lamentato dalla Vivendi, il presidente del Tribunale è incorso in un errore nella qualificazione giuridica dei fatti.

49      In terzo luogo, occorre constatare che le considerazioni esposte al punto 44 dell’ordinanza impugnata non sono, di per sé, idonee a giustificare il rigetto dell’argomento della Vivendi vertente su un rischio di violazione della vita privata di taluni suoi dipendenti e mandatari.

50      Infatti, in tale punto, il presidente del Tribunale si è limitato a menzionare il potere della Commissione di chiedere informazioni relative ai comportamenti dei dipendenti e dei mandatari della Vivendi «purché tali comportamenti riguardino la sfera dell’impresa e non ricadano nell’ambito della loro vita privata». Così facendo, esso non ha effettuato alcuna valutazione in merito all’eventuale esistenza di un danno nel caso in cui le informazioni trasmesse alla Commissione riguardassero, come sostiene la Vivendi, la vita privata delle persone interessate.

51      Da tutto quanto precede risulta che, alla luce degli errori che inficiano i punti da 45 a 47 dell’ordinanza impugnata, quest’ultima non contiene alcuna motivazione idonea a giustificare il rigetto dell’argomento della Vivendi vertente su un rischio di violazione della vita privata di taluni suoi dipendenti e mandatari.

52      Di conseguenza, il quarto motivo deve essere accolto.

53      Poiché la domanda di provvedimenti provvisori è stata respinta sulla base della motivazione che la Vivendi non aveva dimostrato la sussistenza della condizione relativa all’urgenza, il dispositivo dell’ordinanza impugnata è privo di fondamento.

54      Ne consegue che l’ordinanza impugnata deve essere annullata nella sua interezza, senza che sia necessario esaminare gli altri motivi dedotti a sostegno dell’impugnazione.

 Sulla domanda di provvedimenti provvisori presentata dinanzi al Tribunale

55      Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte, quando annulla la decisione del Tribunale, può statuire essa stessa definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo. Tale disposizione si applica anche alle impugnazioni proposte a norma dell’articolo 57, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea [ordinanza del vicepresidente della Corte del 24 maggio 2022, Puigdemont i Casamajó e a./Parlamento e Spagna, C‑629/21 P(R), EU:C:2022:413, punto 172 e giurisprudenza ivi citata].

56      A tal fine, si deve ricordare che l’articolo 156, paragrafo 4, del regolamento di procedura del Tribunale stabilisce che le domande di provvedimenti provvisori devono specificare l’oggetto della controversia, i motivi di urgenza, nonché gli argomenti in fatto e in diritto che giustifichino prima facie la concessione del provvedimento provvisorio richiesto. Così, secondo una costante giurisprudenza della Corte, la sospensione dell’esecuzione e gli altri provvedimenti provvisori possono essere accordati dal giudice del procedimento sommario se risulta che la loro concessione è giustificata prima facie in fatto e in diritto (fumus boni iuris) e che gli stessi sono urgenti, vale a dire che è necessario, per evitare un danno grave ed irreparabile agli interessi del richiedente, che siano adottati e producano i loro effetti già prima della decisione sul ricorso nel merito. Tali condizioni sono cumulative, di modo che le domande di provvedimenti provvisori devono essere respinte qualora una di dette condizioni non sia soddisfatta. Il giudice del procedimento sommario procede altresì, se del caso, alla ponderazione degli interessi in gioco [ordinanza del vicepresidente della Corte del 24 maggio 2022, Puigdemont i Casamajó e a./Parlamento e Spagna, C‑629/21 P(R), EU:C:2022:413, punto 175 e giurisprudenza ivi citata].

57      Nell’ambito dell’esame di dette condizioni, il giudice del procedimento sommario dispone di un ampio potere discrezionale ed è libero di stabilire, considerate le particolarità del caso di specie, il modo in cui vanno accertate le varie condizioni in parola nonché l’ordine secondo il quale condurre tale esame, posto che nessuna disposizione di diritto dell’Unione gli impone uno schema di analisi predeterminato per valutare la necessità di statuire in via provvisoria [ordinanza della vicepresidente della Corte del 16 luglio 2021, Symrise/ECHA, C‑282/21 P(R), EU:C:2021:631, punto 28 e giurisprudenza ivi citata].

58      Nel caso di specie, alla luce delle valutazioni già effettuate dal presidente del Tribunale e della fase scritta del procedimento tra le parti, il vicepresidente della Corte dispone di elementi sufficienti per statuire definitivamente sulla condizione relativa all’urgenza.

 Argomentazione

59      Al fine di dimostrare che la condizione relativa all’urgenza è soddisfatta, la Vivendi fa valere più danni distinti.

60      Per quanto riguarda l’argomento vertente sul fatto che la decisione controversa creerebbe un rischio di violazione della vita privata di taluni dipendenti e mandatari della Vivendi, che occorre esaminare preliminarmente, quest’ultima sostiene che la decisione controversa le impone di trasmettere alla Commissione, integralmente e per l’intero periodo considerato, tutte le conversazioni tra più persone fisiche, senza distinzione in base alla natura professionale o privata di tali conversazioni. La Vivendi sarebbe parimenti tenuta a trasmettere l’insieme delle conversazioni contenenti determinate parole chiave, anche se tali conversazioni provengono da caselle di posta elettronica private o personali e da dispositivi mobili privati o personali dei dipendenti e dei mandatari interessati, sempreché tali caselle di posta elettronica o dispositivi siano stati utilizzati almeno una volta per comunicazioni professionali. Molti dei documenti che dovrebbero essere in tal modo trasmessi alla Commissione potrebbero contenere informazioni sensibili per la Vivendi e riguardanti la vita privata tanto delle persone interessate quanto di terzi.

61      La raccolta e la trasmissione di siffatti documenti alla Commissione da parte della Vivendi sarebbero incompatibili con le norme del diritto civile e penale francese, nonché con le norme del diritto dell’Unione e della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950. La Vivendi si troverebbe quindi di fronte ad un’alternativa impossibile, giacché, che si conformi o meno alla decisione controversa, si esporrebbe a pesanti sanzioni.

62      Inoltre, la comunicazione delle informazioni di cui trattasi arrecherebbe un grave pregiudizio alla Vivendi e alle persone interessate, ampliando la cerchia delle persone venute a conoscenza di tali informazioni. Tale danno sarebbe irreparabile, poiché l’annullamento della decisione impugnata non consentirebbe più di porre rimedio alla violazione dei diritti di cui trattasi.

63      La Commissione sostiene, in primo luogo, che l’impossibilità giuridica di eseguire la decisione impugnata, menzionata dalla Vivendi, sarebbe tutt’al più idonea ad arrecare un danno patrimoniale non eccezionale.

64      In secondo luogo, la maggior parte delle affermazioni della Vivendi riguarderebbe una violazione dei diritti di terzi. Orbene, al fine di dimostrare che la condizione relativa all’urgenza è soddisfatta, il ricorrente in un procedimento sommario potrebbe basarsi soltanto sulla prova di un rischio per i propri interessi.

65      In terzo luogo, alla luce della giurisprudenza del Tribunale, solo la divulgazione di dati personali sensibili sarebbe idonea a dimostrare l’esistenza di un danno grave e irreparabile. Sarebbe infatti inevitabile che la Commissione, per svolgere la propria indagine, tratti dati personali. Il semplice fatto che essa verifichi la rilevanza di tali dati non potrebbe, di per sé, causare un danno grave e irreparabile.

66      Orbene, la Vivendi non avrebbe dimostrato che i documenti da presentare alla Commissione contengano dati personali sensibili. In ogni caso, la Commissione avrebbe concesso alla Vivendi garanzie procedurali specifiche applicabili ai dati personali sensibili, garanzie che si aggiungerebbero ai rigorosi obblighi di segreto professionale imposti ai funzionari e agli agenti della Commissione.

 Valutazione

67      Da una giurisprudenza costante della Corte risulta che lo scopo del procedimento sommario è di garantire la piena efficacia della futura decisione definitiva, al fine di evitare una lacuna nella tutela giuridica fornita dalla Corte. Per raggiungere tale obiettivo, l’urgenza deve essere valutata rispetto alla necessità di statuire provvisoriamente al fine di evitare che venga causato un danno grave e irreparabile alla parte che chiede la tutela provvisoria. Spetta a quest’ultima parte fornire la prova che essa non può attendere l’esito del procedimento di merito senza subire un danno di tale natura. Se è vero che, per stabilire la sussistenza di detto danno, non è necessario esigere che il verificarsi e l’imminenza del danno siano dimostrati con assoluta certezza, e anche se basta che quest’ultimo sia prevedibile con sufficiente grado di probabilità, ciò non toglie che la parte che chiede un provvedimento provvisorio resta tenuta a dimostrare i fatti sui quali sarebbe basata la prospettiva di tale danno [ordinanza del vicepresidente della Corte del 24 maggio 2022, Puigdemont i Casamajó e a./Parlamento e Spagna, C‑629/21 P(R), EU:C:2022:413, punto 75 e giurisprudenza ivi citata].

68      In primo luogo, occorre constatare che, come sostiene la Commissione, l’argomento della Vivendi vertente sul fatto che la decisione controversa creerebbe un rischio di violazione del diritto al rispetto della vita privata si fonda essenzialmente sulla violazione dei diritti di terzi, vale a dire i dipendenti e i mandatari della Vivendi, le cui comunicazioni dovrebbero essere raccolte e trasmesse alla Commissione in applicazione di tale decisione.

69      Pertanto, sebbene la Vivendi faccia ampio riferimento, nella propria domanda di provvedimenti provvisori, all’ingerenza nella vita privata di tali dipendenti e mandatari che l’esecuzione della decisione controversa comporterebbe, essa si limita ad affermare, riguardo ai propri diritti, che i documenti da trasmettere alla Commissione possono contenere informazioni sensibili per tale società, senza spiegare in cosa consisterebbero tali informazioni o quale sarebbe il loro legame con il diritto al rispetto della vita privata.

70      Orbene, dalla giurisprudenza rammentata al precedente punto 67 risulta che la condizione relativa all’urgenza è di regola valutata alla luce del danno che potrebbe essere eventualmente causato alla parte che chiede la tutela provvisoria.

71      Tuttavia, tale principio non dovrebbe essere interpretato in modo tale da ostacolare il conseguimento dello scopo del procedimento sommario, consistente nel garantire la piena efficacia della futura decisione definitiva, al fine di evitare una lacuna nella tutela giuridica fornita dalla Corte. Da questo punto di vista, è stato segnatamente dichiarato che uno Stato membro può invocare un danno che non subisce direttamente, atteso che gli Stati membri sono responsabili degli interessi considerati come generali a livello nazionale e possono assicurarne la difesa nell’ambito di un procedimento sommario (v., in tal senso, ordinanza del vicepresidente della Corte del 3 giugno 2022, Bulgaria/Parlamento e Consiglio, C‑545/20 R, EU:C:2022:445, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

72      Resta il fatto che un’impresa privata quale la Vivendi non può utilmente far valere un rischio di violazione dei diritti di terzi al fine di ottenere l’adozione di provvedimenti provvisori per un atto che non lede i suoi interessi (v., in tal senso, ordinanza del 6 maggio 1988, Unione dei produttori di cedri di Creta/Commissione, 112/88 R, EU:C:1988:241, punto 20).

73      Tuttavia, ciò non si verifica nel caso di specie.

74      Il danno invocato dalla Vivendi in relazione con il diritto al rispetto della vita privata sarebbe, infatti, una conseguenza diretta del comportamento che, a suo avviso, essa sarebbe costretta ad adottare nei confronti di taluni suoi dipendenti e mandatari al fine di conformarsi alla decisione controversa.

75      Ne discende che, con la propria domanda di provvedimenti provvisori, la Vivendi non intende agire sostituendosi a terzi che potrebbero essere colpiti, in modo autonomo, dagli effetti della decisione controversa, bensì a titolo personale, al fine di salvaguardare i propri interessi, evitando di essere indotta a causare essa stessa un danno grave e irreparabile a terzi, per il quale potrebbe essere peraltro ritenuta eventualmente responsabile, in un contesto in cui tale danno fosse cagionato a detti terzi a causa dei loro legami con la Vivendi, senza che questi ultimi siano in grado di ottenere autonomamente una tutela provvisoria per evitare il verificarsi di detto danno.

76      In tali circostanze specifiche, il giudice del procedimento sommario non può, senza disattendere lo scopo del procedimento sommario rammentato al precedente punto 71, ritenere che il danno grave e irreparabile che Vivendi sarebbe indotta a cagionare a taluni suoi dipendenti e mandatari al fine di conformarsi alla decisione impugnata, non possa essere fatto valere da tale società al fine di dimostrare la sussistenza della condizione relativa all’urgenza.

77      Occorre quindi valutare, in secondo luogo, se l’esecuzione della decisione controversa possa causare, con sufficiente grado di probabilità, un danno grave e irreparabile a taluni dipendenti e mandatari della Vivendi.

78      Atteso che Vivendi intende far valere una violazione di taluni diritti fondamentali, occorre ricordare che dalla giurisprudenza della Corte emerge che la tesi secondo la quale un danno è per definizione irreparabile poiché tocca la sfera dei diritti fondamentali non può essere ammessa, dato che non basta dedurre astrattamente una lesione di diritti fondamentali per provare che il danno che potrebbe derivarne è necessariamente irreparabile [ordinanza del vicepresidente della Corte del 28 novembre 2013, EMA/InterMune UK e a., C‑390/13 P(R), EU:C:2013:795, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

79      Tuttavia, non se ne può dedurre che una violazione di un diritto fondamentale non possa mai essere considerata come costitutiva di un danno grave e irreparabile.

80      Da un lato, la violazione di taluni diritti fondamentali, quali il divieto di sottoporre a tortura, a pene o trattamenti inumani o degradanti, sancito all’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, può, a causa della natura stessa del diritto violato, dar luogo di per sé a un danno grave e irreparabile [ordinanza del vicepresidente della Corte del 28 novembre 2013, EMA/InterMune UK e a., C‑390/13 P(R), EU:C:2013:795, punto 43].

81      Dall’altro lato, la violazione dei diritti fondamentali che, come il diritto al rispetto della vita privata, sancito all’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non rientrano nella categoria di cui al punto precedente dev’essere valutata alla luce dell’insieme delle circostanze di cui trattasi, al fine di determinare se l’entità e la natura del danno causato da tale violazione giustifichino la qualificazione di siffatto danno come grave e irreparabile [v., in tal senso, ordinanza del vicepresidente della Corte del 28 novembre 2013, EMA/InterMune UK e a., C‑390/13 P(R), EU:C:2013:795, punto 44].

82      Spetta quindi al giudice del procedimento sommario determinare se l’esecuzione della decisione controversa sia idonea a comportare, con sufficiente grado di probabilità, un’ingerenza nella vita privata di taluni dipendenti e mandatari della Vivendi nonché eventualmente valutare, alla luce dell’insieme delle circostanze di cui trattasi, l’entità e la natura del danno derivante da tale violazione.

83      A tal riguardo, la decisione controversa obbliga, in particolare, la Vivendi a raccogliere tutti gli scambi che hanno avuto luogo, tramite vari mezzi di comunicazione, nell’arco di diversi anni tra più persone fisiche nonché taluni scambi tra altre persone fisiche, e a trasmettere poi alla Commissione le informazioni così raccolte.

84      Per quanto riguarda questi ultimi scambi, da tale decisione risulta che la selezione dei documenti da trasmettere alla Commissione deve essere effettuata mediante l’applicazione di una serie di parole chiave che presentano un certo grado di generalità e che comprendono, in particolare, il cognome o il nome di diversi personaggi pubblici del mondo della politica o del settore dei media.

85      In aggiunta, gli scambi collegati, anche indirettamente, a qualsiasi documento da trasmettere alla Commissione devono essere essi stessi comunicati a tale istituzione, dato che dal punto 9 della decisione controversa risulta che devono essere presentati alla Commissione tutti i messaggi di posta elettronica appartenenti «alla stessa serie» di un siffatto documento o, qualora quest’ultimo assuma la forma di un messaggio scambiato tramite SMS o messaggistica istantanea, l’intera conversazione per tutto periodo considerato.

86      Inoltre, è pacifico che, conformemente al punto 2 di tale decisione, tali obblighi si estendono segnatamente agli scambi effettuati mediante caselle di posta elettronica private o personali e dispositivi mobili privati o personali dei dipendenti e dei mandatari interessati, sempreché tali caselle di posta elettronica e tali dispositivi siano stati utilizzati almeno una volta per comunicazioni aziendali.

87      Alla luce del tenore letterale della decisione controversa, occorre constatare, anzitutto, che i documenti che la Vivendi deve raccogliere e trasmettere alla Commissione riguardano il contenuto delle comunicazioni tra persone fisiche.

88      Occorre poi rilevare che, tenuto conto del carattere molto esteso, sul piano tanto materiale quanto temporale, di tali obblighi imposti alla Vivendi dalla decisione in parola e della circostanza che detti obblighi sono segnatamente intesi a raccogliere scambi effettuati mediante strumenti di comunicazione abitualmente utilizzati a titolo puramente privato, appare molto probabile che un gran numero di documenti da doversi in tal modo trasmettere alla Commissione non ricadranno nella sfera professionale e potranno fornire informazioni sulla vita privata delle persone interessate.

89      Infine, la decisione controversa non contempla alcun meccanismo volto ad impedire, in via generale, la raccolta e la trasmissione alla Commissione di documenti relativi alla vita privata di tali persone o a offrire garanzie quanto al trattamento di siffatti documenti.

90      Gli argomenti addotti dalla Vivendi dimostrano quindi, con un sufficiente grado di probabilità, che i dati personali da raccogliere e trasmettere alla Commissione in applicazione della decisione controversa sono idonei a consentire di trarre precise conclusioni sulla vita privata delle persone interessate, il che comporta, secondo una giurisprudenza costante della Corte, che si deve ritenere che la violazione del diritto alla vita privata che ne deriva presenti un carattere grave [v., per analogia, sentenza del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche), C‑746/18, EU:C:2021:152, punto 39].

91      Poiché il danno morale derivante da una siffatta violazione del diritto alla vita privata non può essere integralmente cancellato da un risarcimento pecuniario o eliminato a posteriori in caso di annullamento della decisione controversa, si deve ritenere che tale danno abbia carattere irreparabile.

92      Tale valutazione non è rimessa in discussione dalla soluzione alla quale è pervenuto il presidente della Corte nell’ordinanza del 27 settembre 2004, Commissione/Akzo e Akcros [C‑7/04 P(R), EU:C:2004:566] di cui si avvale la Commissione.

93      È vero che, in tale ordinanza, il presidente della Corte ha considerato che la violazione del segreto professionale che poteva derivare dalla circostanza che la Commissione avesse avuto accesso a documenti asseritamente coperti da tale segreto non fosse tale da arrecare un danno grave e irreparabile all’impresa interessata.

94      Tuttavia, tale soluzione era segnatamente giustificata dal fatto che il rischio paventato dal richiedente provvedimenti provvisori nella causa che ha dato luogo a detta ordinanza riguardava unicamente una presa di conoscenza più approfondita, da parte dei funzionari della Commissione, di documenti che avevano già esaminato, anche se solo sommariamente. Occorre inoltre rilevare che, in tale causa, era in discussione solo un numero limitato di documenti che non riguardavano la vita privata di persone fisiche.

95      In tale contesto, occorre altresì rilevare, in terzo luogo, che le garanzie procedurali invocate dalla Commissione non sono sufficienti a privare della sua gravità il danno lamentato dalla Vivendi.

96      Da un lato, è vero che dalla decisione controversa risulta che la Commissione ha previsto una procedura specifica volta a limitare l’accesso dei propri funzionari e agenti ai documenti contenenti dati personali sensibili.

97      Ciononostante, dai precedenti punti da 34 a 41 risulta che tale procedura non può escludere o ridurre al minimo il trattamento dei dati personali che si ricollegano alla vita privata delle persone interessate senza per questo poter essere qualificati come «dati personali sensibili».

98      Orbene, una siffatta tutela non è tale da impedire che la consultazione dei dati trasmessi alla Commissione consenta di trarre precise conclusioni sulla vita privata delle persone interessate, dal momento che i dati personali sensibili riguardano solo una parte limitata dei dati personali relativi alla vita privata di tali persone e che la decisione controversa impone una raccolta su vasta scala di quest’ultimo tipo di dati ai fini della loro comunicazione alla Commissione.

99      Dall’altro lato, dagli argomenti dedotti dalla Commissione risulta effettivamente che i suoi funzionari e agenti sono soggetti a rigorosi obblighi di segreto professionale, cosicché è loro vietato, in linea di principio, divulgare informazioni che risultassero dai documenti trasmessi dalla Vivendi e di cui acquisissero conoscenza.

100    Tuttavia, tali obblighi non limitano le possibilità di cui dispongono tali funzionari e agenti di avere accesso ai dati personali relativi alla vita privata delle persone interessate, accesso che costituisce, in quanto tale, una grave ingerenza nel diritto alla vita privata di tali persone.

101    In quarto luogo, si deve certo rilevare che risulta, prima facie, necessario, come sostiene la Commissione, che quest’ultima possa, in una certa misura, trattare dati personali relativi alla vita privata dei dipendenti e dei mandatari delle imprese oggetto della sua indagine, senza i quali i suoi poteri di indagine rischierebbero di essere in gran parte privati della loro efficacia. Parimenti, nell’ambito di un’indagine condotta dalla Commissione, la raccolta di documenti che potranno, eventualmente, rivelarsi in definitiva irrilevanti ai fini di tale indagine è, in pratica, difficile da evitare.

102    Allo stesso modo, la Commissione ricorda giustamente che l’articolo 6 del RGPD prevede che il trattamento dei dati personali può, a determinate condizioni, essere lecito anche se l’interessato non ha espresso il proprio consenso a tale trattamento.

103    Gli elementi illustrati ai precedenti punti 101 e 102 sembrano quindi poter avere una rilevanza ai fini della valutazione della legittimità della decisione controversa e, pertanto, dell’esame della condizione relativa al fumus boni iuris.

104    Per contro, tali elementi non possono essere presi in considerazione nell’ambito dell’esame della condizione relativa all’urgenza.

105    Infatti, il giudice del procedimento sommario, ai soli fini della valutazione dell’urgenza e senza che ciò implichi una qualche presa di posizione da parte sua quanto alla fondatezza delle censure presentate nel merito dal richiedente i provvedimenti urgenti, deve ritenere che tali censure siano idonee ad essere accolte. Infatti, il danno grave e irreparabile di cui va dimostrato il probabile verificarsi è quello che risulterebbe, eventualmente, dal diniego di concedere un provvedimento provvisorio richiesto, nell’ipotesi in cui il ricorso di merito si concludesse, successivamente, con esito positivo (v., in tal senso, ordinanza del vicepresidente della Corte del 19 dicembre 2013, Commissione/Germania, C‑426/13 P(R), EU:C:2013:848, punto 52 e ordinanza del 17 dicembre 2018, Commissione/Polonia, C‑619/18 R, EU:C:2018:1021, punto 61].

106    Nel caso di specie, la valutazione della condizione relativa all’urgenza deve quindi essere condotta presumendo che la decisione controversa sia illegittima e che l’ingerenza nel diritto alla vita privata delle persone interessate derivante da tale decisione sia, di conseguenza, irregolare.

107    Ne discende che, al fine di stabilire se siffatta condizione sia soddisfatta nel caso di specie, il giudice del procedimento sommario non deve stabilire se tale ingerenza fosse necessaria o, più in generale, regolare, ma deve unicamente valutare l’entità e la natura del danno che deriverebbe da detta ingerenza qualora si rivelasse infine irregolare.

108    Gli argomenti della Commissione diretti a dimostrare che la medesima ingerenza è al tempo stesso indispensabile per l’efficacia delle sue indagini e conforme alle norme pertinenti del diritto dell’Unione devono quindi essere respinti in quanto inconferenti nella fase dell’esame della condizione relativa all’urgenza.

109    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la condizione relativa all’urgenza deve essere considerata soddisfatta nel caso di specie.

110    Per il resto, poiché il presidente del Tribunale ha erroneamente concluso che tale condizione non era soddisfatta senza aver esaminato la condizione relativa al fumus boni iuris, il cui esame presuppone valutazioni sia di fatto che di diritto, occorre rinviare la causa dinanzi al Tribunale affinché esso statuisca su tale condizione ed effettui, se del caso, la ponderazione degli interessi in gioco.

 Sulle spese

111    Poiché la presente causa è rinviata dinanzi al Tribunale, occorre riservare la decisione sulle spese.

Per questi motivi, il vicepresidente della Corte così provvede:

1)      L’ordinanza del presidente del Tribunale dell’Unione europea del 19 gennaio 2024, Vivendi/Commissione (T1097/23 R, EU:T:2024:15), è annullata.

2)      La causa è rinviata dinanzi al Tribunale dell’Unione europea affinché esso si pronunci sulla condizione relativa al fumus boni iuris e proceda, se del caso, alla ponderazione degli interessi in gioco.

3)      Le spese sono riservate.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.