Language of document : ECLI:EU:C:2019:164

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

GERARD HOGAN

presentate il 28 febbraio 2019 (1)

Causa C644/17

Eurobolt BV

Interveniente:

Staatssecretaris van Financiën

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi)]

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 267 TFUE – Invalidità – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Diritto a un ricorso effettivo – Portata del controllo giurisdizionale nazionale di una misura dell’Unione – Regolamento (CE) n. 1225/2009 – Articolo 15, paragrafo 2 – Regolamento (UE) n. 723/2011 – Elusione di una misura antidumping – Difesa contro le pratiche di dumping – Consultazioni con gli Stati membri – Definizione di «elementi d’informazione utili» – Violazione del termine»






I.      Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (2) (in prosieguo: il «regolamento di base») e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché sulla validità del regolamento di esecuzione (UE) n. 723/2011 del Consiglio, del 18 luglio 2011, che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento (CE) n. 91/2009 sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese alle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio spediti dalla Malaysia, indipendentemente dal fatto che siano dichiarati o no originari della Malaysia (3). In particolare, la questione nodale che emerge dal presente rinvio riguarda il fatto se la mancata osservanza di determinate garanzie procedurali previste dall’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento di base possa condurre all’annullamento del regolamento di esecuzione.

2.        Il rinvio è stato proposto nell’ambito di un procedimento fra la Eurobolt BV e lo Staatssecretaris van Financiën (Segretario di Stato per le finanze, Paesi Bassi) concernente l’imposizione di un dazio antidumping sull’importazione nell’Unione europea di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio.

II.    Contesto normativo

A.      Regolamento di base

3.        All’epoca dei fatti, l’adozione di misure antidumping era disciplinata dal regolamento di base.

4.        É opportuno, in primo luogo, richiamare l’attenzione sulle disposizioni del considerando 12 del regolamento di base:

«È necessario stabilire le modalità secondo le quali si comunicano alle parti interessate le informazioni richieste dalle autorità, e sono ad esse accordate ampie possibilità di presentare tutti gli elementi di prova pertinenti e di difendere i loro interessi. È inoltre opportuno fissare chiaramente le norme e le procedure da seguire durante l’inchiesta, precisando che le parti interessate devono manifestarsi, presentare le loro osservazioni e comunicare le informazioni pertinenti entro termini precisi, affinché le osservazioni e i dati comunicati possano essere presi in considerazione. È inoltre opportuno fissare a quali condizioni le parti interessate possono avere accesso alle informazioni comunicate dalle altre parti e presentare osservazioni in merito. Gli Stati membri e la Commissione dovrebbero collaborare riguardo alla raccolta di informazioni».

5.        È utile altresì ricordare che il considerando 25 del regolamento di base prevede quanto segue:

«Le informazioni fornite agli Stati membri in sede di comitato consultivo sono spesso di natura altamente tecnica e comportano un’analisi economica e giuridica complessa. Per lasciare agli Stati membri il tempo sufficiente ad analizzarle, tali informazioni dovrebbero essere loro inviate ad un momento opportuno prima della data della riunione fissata dal presidente del comitato».

6.        L’articolo 13 del regolamento di base, rubricato «Elusione», così disponeva:

«1.      L’applicazione dei dazi antidumping istituiti a norma del presente regolamento può essere estesa alle importazioni da paesi terzi di prodotti simili, leggermente modificati o meno, o alle importazioni dal paese oggetto delle misure di prodotti simili leggermente modificati, o di loro parti, se le misure in vigore vengono eluse. Dazi antidumping non superiori al dazio antidumping residuo istituito a norma dell’articolo 9, paragrafo 5 possono essere estesi alle importazioni dei prodotti delle società che beneficiano di dazi individuali dei paesi oggetto delle misure, se le misure in vigore vengono eluse. Si intende per elusione una modificazione della configurazione degli scambi tra i paesi terzi e la Comunità o tra società del paese oggetto delle misure e la Comunità che derivi da pratiche, processi o lavorazioni per i quali non vi sia una sufficiente motivazione o giustificazione economica oltre all’istituzione del dazio, essendo provato che sussiste un pregiudizio o che risultano indeboliti gli effetti riparatori del dazio in termini di prezzi e/o di quantitativi dei prodotti simili, ed essendo provato altresì, se necessario conformemente alle disposizioni dell’articolo 2, che esiste un dumping in relazione ai valori normali precedentemente accertati per i prodotti simili.

(…)

3.      Le inchieste sono avviate a norma del presente articolo su iniziativa della Commissione o su richiesta di uno Stato membro o di una parte interessata in base ad elementi di prova sufficienti relativi ai fattori enunciati nel paragrafo 1. L’apertura delle inchieste, sentito il comitato consultivo, è decisa con regolamento della Commissione che può stabilire inoltre che le autorità doganali devono sottoporre le importazioni a registrazione a norma dell’articolo 14, paragrafo 5, oppure chiedere la costituzione di garanzie. Le inchieste sono svolte dalla Commissione, eventualmente assistita dalle autorità doganali e sono concluse entro nove mesi. Se l’estensione delle misure è giustificata dai fatti definitivamente accertati, la relativa decisione è presa dal Consiglio che delibera su proposta della Commissione, previa consultazione del comitato consultivo. La proposta è adottata dal Consiglio a meno che questo non decida a maggioranza semplice di respingerla entro un mese dalla sua presentazione da parte della Commissione. L’estensione entra in vigore alla data in cui è stata imposta la registrazione a norma dell’articolo 14, paragrafo 5, oppure è stata chiesta la costituzione di garanzie. Alle inchieste aperte a norma del presente articolo si applicano le disposizioni del presente regolamento relative alle procedure in materia di apertura e di svolgimento delle inchieste.

(…)».

7.        L’articolo 15 del regolamento di base, rubricato «Consultazioni», prevedeva quanto segue:

«1.      Le consultazioni previste dal presente regolamento si svolgono in seno ad un comitato consultivo, composto dai rappresentanti di ogni Stato membro e presieduto da un rappresentante della Commissione. Le consultazioni si svolgono immediatamente, a richiesta di uno Stato membro oppure per iniziativa della Commissione e comunque in tempo utile ai fini del rispetto dei termini fissati dal presente regolamento.

2.      Il comitato si riunisce su convocazione del presidente. Questo comunica agli Stati membri, nel più breve tempo possibile, e comunque non oltre 10 giorni lavorativi prima della riunione, tutti gli elementi d’informazione utili.

3.      Qualora sia necessario, si può procedere alle consultazioni con procedura scritta; in questo caso la Commissione informa gli Stati membri e fissa un termine entro il quale essi possono esprimere il loro parere o chiedere una consultazione orale. Il presidente prende le disposizioni necessarie per l’organizzazione della consultazione orale, a condizione che quest’ultima possa svolgersi in tempo utile ai fini del rispetto dei termini fissati dal presente regolamento.

4.      Le consultazioni riguardano in particolare:

a) l’esistenza del dumping e i metodi da utilizzare per stabilire il margine di dumping;

b) l’esistenza e l’entità del pregiudizio;

c) il nesso di causalità tra le importazioni oggetto di dumping e il pregiudizio;

d) le misure idonee, nel caso specifico, a prevenire il pregiudizio causato dal dumping oppure a porre rimedio agli effetti del pregiudizio, nonché le modalità di applicazione di tali misure».

B.      Regolamento di esecuzione n. 723/2011

8.        Il 26 gennaio 2009, il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 91/2009, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese (4).

9.        Con il regolamento (UE) n. 966/2010 la Commissione ha deciso, sulla base dell’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento di base, di avviare un’inchiesta sulla possibile elusione delle misure antidumping istituite dal regolamento n. 91/2009 mediante il trasbordo in Malaysia (5).

10.      Ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 966/2010, le importazioni nell’Unione europea di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio spediti dalla Malaysia dovevano essere registrate dalle autorità doganali.

11.      Con il regolamento di esecuzione n. 723/2011 il dazio antidumping definitivo istituito sulle importazioni dalla Cina di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio è stato esteso alle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio spediti dalla Malaysia, indipendentemente dalla circostanza che fossero dichiarati o meno originari della Malaysia.

III. Fatti della causa principale

12.      La Eurobolt è una società con sede legale a ’s-Heerenberg (Paesi Bassi). Essa opera nel commercio di elementi di fissaggio in ferro e acciaio, che acquista in Asia per rivenderli nell’Unione europea.

13.      A seguito dell’istituzione da parte del regolamento n. 91/2009 di un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio classificati alla voce NC 7318 e originari della Repubblica popolare cinese,, la ricorrente ha acquistato elementi di fissaggio analoghi da due fornitori stabiliti in Malaysia, segnatamente la TZ Fasteners (in prosieguo: la «TZ») e la HBS Fasteners Manufacturing (in prosieguo: la «HBS»).

14.      Nel periodo dal 29 ottobre 2010 al 4 agosto 2011 la ricorrente ha presentato, nei Paesi Bassi, 32 dichiarazioni di immissione in libera pratica di elementi di fissaggio in acciaio, acquistati dalla HBS e dalla TZ. La Malaysia è stata indicata come paese d’origine. Conformemente al regolamento n. 966/2010, le autorità doganali hanno registrato tali elementi di fissaggio e li hanno immessi in libera pratica senza riscuotere dazi antidumping.

15.      Dopo la pubblicazione del menzionato regolamento, la Commissione ha deciso di aprire un’inchiesta. Ciò è stato ufficialmente comunicato alle autorità cinesi e malesi, nonché agli importatori noti di tali paesi, fra i quali la Eurobolt, e alle industrie del settore nell’intera Unione europea.

16.      La HBS e la TZ si sono manifestate alla Commissione in merito a tale inchiesta e hanno presentato le loro risposte al questionario antidumping. Anche la Eurobolt si è manifestata come parte interessata.

17.      Con lettera del 26 maggio 2011, la Commissione ha inviato alla Eurobolt le sue conclusioni provvisorie relativamente all’inchiesta. Il 13 giugno 2011, entro il termine ad essa impartito, la ricorrente ha risposto per iscritto a detta lettera. Il comitato consultivo si è riunito il 15 giugno 2011.

18.      Con il regolamento di esecuzione n. 723/2011, il dazio antidumping definitivo istituito sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Cina è stato esteso agli elementi di fissaggio in ferro o acciaio spediti dalla Malaysia, indipendentemente dal fatto che fossero dichiarati o no originari della Malaysia. Di conseguenza, gli elementi di fissaggio acquistati dalla ricorrente non sono stati esentati dall’imposizione.

19.      Dopo l’entrata in vigore del suddetto regolamento l’Ispettore ha avviato presso la ricorrente una verifica successiva all’importazione. È stato imposto un prelievo di EUR 587 802,20 a titolo di dazi antidumping.

20.      A seguito del rigetto del reclamo della Eurobolt da parte dell’ufficio doganale di Nimega, la ricorrente ha proposto un’azione di annullamento dinanzi ai giudici nazionali. L’azione è stata respinta tanto dal Rechtbank Noord-Holland (Tribunale dell’Olanda settentrionale, Paesi Bassi), quanto dal Gerechtshof Amsterdam (Corte d’appello di Amsterdam, Paesi Bassi). La Eurobolt ha quindi proposto un ricorso per cassazione dinanzi allo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi). Tale giudice ha proposto la presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

21.      In tale ricorso la Eurobolt ha eccepito, in primo luogo, l’invalidità del regolamento n. 723/2011, sulla base dei criteri di cui all’articolo 13 del regolamento di base. In secondo luogo, la Eurobolt ha allegato la violazione dei suoi diritti di difesa da parte della Commissione nel corso dell’inchiesta, perché, in contrasto con l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento di base, il comitato consultivo non ha ricevuto, entro 10 giorni lavorativi prima della riunione, tutti gli elementi d’informazione utili trasmessi dalla Eurobolt alla Commissione.

22.      In tale contesto, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) nutre dubbi in ordine alla portata del compito del giudice nazionale nel controllo degli atti delle istituzioni dell’Unione, in particolare con riferimento all’articolo 47 della Carta. L’altra questione che si pone è se le risposte della ricorrente alle conclusioni dell’inchiesta debbano essere considerate come «elementi d’informazione utili» ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento di base e, in caso affermativo, quali conseguenze discendano dalla censura secondo cui, contrariamente a quanto normativamente previsto, il comitato consultivo non ha ricevuto dalla Commissione, entro 10 giorni lavorativi prima della riunione di quest’ultimo, tutti i documenti.

IV.    Rinvio pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

23.      Alla luce di tali circostanze, lo Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.a.      Se l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, debba essere interpretato nel senso che una parte interessata può contestare la legittimità di una decisione di un’istituzione dell’Unione, che deve essere attuata dalle autorità nazionali, invocando una violazione delle forme sostanziali, una violazione dei trattati, oppure per sviamento di potere.

1.b.      Se l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, debba essere interpretato nel senso che le istituzioni dell’Unione coinvolte nell’adozione di una decisione la cui validità viene contestata in un procedimento dinanzi al giudice nazionale sono tenute a fornire a detto giudice, se questi lo richieda, tutte le informazioni a loro disposizione e che sono state prese in considerazione, o avrebbero dovuto essere state prese in considerazione, nell’adozione della decisione in parola.

1.c.      Se l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea debba essere interpretato nel senso che il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva comporta che il giudice verifichi senza riserve se ricorrano i presupposti per l’applicazione dell’articolo 13 del regolamento (CE) n. 1225/2009. Se detto articolo 47 comporti, segnatamente, che tale giudice ha la facoltà di valutare pienamente se l’accertamento dei fatti sia stato completo e idoneo a giustificare l’effetto giuridico invocato. Se il medesimo articolo 47 comporti, segnatamente, anche che il summenzionato giudice è competente a valutare pienamente se avrebbero dovuto essere presi in considerazione fatti che si afferma non essere stati presi in considerazione nella decisione, ma che potrebbero incidere sull’effetto giuridico connesso ai fatti di cui è stato invece tenuto conto.

2.a.      Se l’espressione «elementi d’informazione utili», di cui all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1225/2009, debba essere interpretata nel senso che tra questi rientra una risposta data alle conclusioni della Commissione da un importatore indipendente stabilito nell’Unione europea delle merci che sono oggetto dell’inchiesta prevista in detta disposizione, qualora detto importatore sia stato informato dalla Commissione dell’inchiesta, abbia fornito alla Commissione le informazioni richieste e, messo in condizione di farlo, abbia risposto tempestivamente alle conclusioni della Commissione.

2.b.      In caso di risposta affermativa alla questione 2.a., se detto importatore possa invocare una violazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1225/2009, qualora la risposta da esso inviata non sia stata messa a disposizione almeno 10 giorni lavorativi precedenti alla riunione del comitato consultivo previsto in detta disposizione.

2.c.      In caso di risposta affermativa alla questione 2.b., se da detta violazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 1225/2009 discenda che la decisione menzionata è illegittima e che deve essere disapplicata».

24.      La Eurobolt, i governi italiano e dei Paesi Bassi, il Consiglio e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Al termine della fase scritta del procedimento, la Corte si è ritenuta sufficientemente edotta per statuire senza udienza di discussione, conformemente all’articolo 76, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte.

V.      Analisi

A.      Sulla prima questione

25.      Con la sua prima sottoquestione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, di precisare la portata del compito dei giudici nazionali quando sia sollevata dinanzi ad essi la questione della validità di un atto dell’Unione. La risposta a tali quesiti si trova nel meccanismo di controllo giurisdizionale esistente all’interno dell’Unione europea, che si fonda sullo Stato di diritto.

1.      Controllo giurisdizionale e Stato di diritto

26.      La sentenza Les Verts afferma chiaramente che l’Unione europea è un’unione di diritto, nel senso che né gli Stati che ne fanno parte, né le sue istituzioni sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti alla carta costituzionale di base costituita dal Trattato e al diritto da essi derivato (6). Ciò significa che «i singoli hanno il diritto di contestare in sede giurisdizionale la legittimità di qualsiasi decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto dell’Unione» (7).

27.      A tal fine, il Trattato FUE ha istituito, con gli articoli 263 e 277 da un lato, e l’articolo 267 dall’altro, un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire il controllo della legittimità degli atti dell’Unione, affidandolo al giudice dell’Unione europea (8).

28.      Pertanto, non vi è dubbio che il controllo giurisdizionale del rispetto dell’ordinamento giuridico dell’Unione europea è assicurato dalla Corte di giustizia e dagli organi giurisdizionali degli Stati membri. L’articolo 19 TUE, che conferisce espressione concreta al valore dello Stato di diritto sancito all’articolo 2 TUE, attribuisce espressamente la responsabilità di garantire il controllo giurisdizionale nell’ordinamento giuridico dell’Unione non solo alla Corte di giustizia, ma anche ai giudici nazionali (9).

29.      In tale contesto, occorre anche far presente, in primo luogo, che l’articolo 19 TFUE e l’articolo 47 della Carta presentano un’evidente connessione. Secondo la Corte, infatti, l’obbligo imposto agli Stati membri dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione corrisponde al diritto sancito dall’articolo 47 della Carta, il quale prevede che ogni persona i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati ha diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice (10). In secondo luogo, il rinvio pregiudiziale per accertare la validità di una misura costituisce, al pari del ricorso d’annullamento, uno strumento per il controllo di legittimità degli atti dell’Unione (11).

2.      Questione 1.a.

30.      Risulta dal contesto in parola e, soprattutto, dal parallelismo tra il ricorso di annullamento e il rinvio pregiudiziale, che, poiché l’articolo 267 TFUE non si pronuncia su tale questione, i motivi di sindacato di cui all’articolo 263 TFUE possono essere utilizzati per far valere l’invalidità dell’atto dell’Unione in discussione dinanzi a un giudice nazionale, con l’obiettivo di ottenere un rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia (12).

31.      Si può aggiungere che la Corte ha già dichiarato che «alla competenza della Corte a pronunziarsi, ai sensi dell’art. [267 TFUE], sulla validità degli atti compiuti dalle istituzioni della [Unione] non è posto alcun limite per quanto riguarda le cause dell’asserita invalidità di tali atti» (13). Sulla base di tale giurisprudenza, si può anche sostenere che un rinvio pregiudiziale sulla validità del diritto dell’Unione non si limita ai motivi specificati per il ricorso di annullamento (14).

3.      Questione 1.b.

32.      La seconda sottoquestione riguarda la collaborazione tra il giudice nazionale e le istituzioni dell’Unione coinvolte in una controversia. Infatti, attraverso tale questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se l’articolo 47 della Carta, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, debba essere interpretato nel senso che le istituzioni dell’Unione coinvolte nell’adozione di una decisione la cui validità viene contestata in un procedimento dinanzi ad un giudice nazionale siano tenute a fornire a detto giudice, se venga loro richiesto, tutte le informazioni a loro disposizione e quanto sia stato preso in considerazione, o avrebbe dovuto essere stato preso in considerazione, da parte loro nell’adozione della decisione in parola.

33.      Come già osservato, l’articolo 19 TUE affida espressamente la responsabilità di garantire il controllo giurisdizionale nell’ordinamento giuridico dell’Unione alla Corte di giustizia e ai giudici nazionali. Così facendo, l’articolo 19 TUE conferma che il giudice nazionale è il primo giudice chiamato ad applicare il diritto dell’Unione (15).

34.      A tal fine, sebbene i giudici delle giurisdizioni nazionali non siano competenti a dichiarare l’invalidità degli atti dell’Unione (16), essi possono confermarne la validità. Qualora essi ritengano che i motivi addotti dalle parti a sostegno dell’invalidità sono infondati, essi possono respingerli, concludendo che l’atto è pienamente valido. Al contrario, quando tali giudici considerano che uno o più motivi d’invalidità avanzati dalle parti o, se del caso, sollevati d’ufficio sono fondati, essi devono sospendere il procedimento e investire la Corte di un rinvio pregiudiziale riguardo alla validità dell’atto (17).

35.      In tale contesto, poiché il giudice nazionale deve disporre di tutte le informazioni necessarie per garantire l’applicazione e l’efficacia del diritto dell’Unione, egli deve disporre anche di tutte le informazioni necessarie per procedere all’esame preliminare della legittimità e valutare la necessità di un rinvio pregiudiziale sulla base dell’articolo 267 TFUE.

36.      È per questo motivo che, se il giudice nazionale ha bisogno di informazioni che solo le istituzioni dell’Unione possono fornire, il principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE impone a queste ultime, in linea di principio, di comunicare nel più breve termine dette informazioni qualora esse le siano richieste dal giudice nazionale, a meno che il rifiuto di tale comunicazione non sia giustificato da motivi imperativi attinenti alla necessità di evitare ostacoli al funzionamento e all’indipendenza dell’Unione o di salvaguardare i suoi interessi (18).

37.      Ciò è vero, in particolare, giacché tale norma trova la sua giustificazione nel fatto che l’Unione europea è un’unione basata sullo Stato di diritto, nel senso che né gli Stati che ne fanno parte, né le sue istituzioni sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti al trattato (19) e, dunque, «[t]ale obbligo di leale collaborazione, che incombe alle istituzioni [dell’Unione], assume una particolare importanza ove sorga con le autorità giudiziarie degli Stati membri incaricate di vigilare sull’applicazione e sul rispetto del diritto [dell’Unione] nell’ordinamento giuridico nazionale» (20).

38.      Tuttavia, si deve rammentare che «gli atti delle istituzioni dell’Unione si presumono, in linea di principio, legittimi e producono pertanto effetti giuridici, finché non siano stati revocati o annullati nel contesto di un ricorso per annullamento ovvero dichiarati invalidi a seguito di un rinvio pregiudiziale o di un’eccezione di illegittimità» (21). Da tale presunzione discende che spetta al ricorrente che invoca l’illegittimità dimostrare, in primo luogo, la plausibilità della sua censura e fornire tutte le informazioni in suo possesso.

4.      Questione 1.c.

39.      La terza sottoquestione riguarda la portata del controllo giurisdizionale. Con la sua questione, il giudice del rinvio prende in considerazione la valutazione della correttezza dei fatti, nonché la facoltà di valutare la completezza e l’idoneità dei fatti accertati.

40.      A tal riguardo si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, in materia di politica commerciale comune, e specialmente nell’ambito delle misure di difesa commerciale, le istituzioni dell’Unione godono di un ampio potere discrezionale, in considerazione della complessità delle situazioni economiche, politiche e giuridiche che devono esaminare. Il controllo giurisdizionale di tale discrezionalità, pertanto, deve essere limitato alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati nell’operare la scelta contestata, dell’assenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o dell’assenza di sviamento di potere (22).

41.      Come già affermato dalla Corte per quanto riguarda il controllo degli elementi di prova da parte del Tribunale, «[i]l Tribunale è quindi tenuto non solo a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano di natura tale da corroborare le conclusioni che ne sono state tratte» (23).

42.      Come indicato in precedenza, sebbene i giudici nazionali non siano competenti a dichiarare essi stessi l’invalidità degli atti dell’Unione, detti giudici possono confermarne la validità. Non vi è quindi alcuna ragione per cui la giurisprudenza citata al punto precedente non si applica a tali giudici.

43.      In siffatta prospettiva, al giudice nazionale deve essere, senza dubbio, consentito verificare se sono state rispettate le norme procedurali, se i fatti su cui si basa la decisione impugnata sono stati indicati con precisione, ma altresì se l’istituzione competente ha tenuto conto di tutti i fatti pertinenti.

44.      Nel fare ciò, il giudice nazionale non sostituisce la propria valutazione dei fatti a quella dell’istituzione cui il trattato ha assegnato tale compito; esso si limita a verificare che l’atto sia stato adottato sulla base di informazioni corrette e sufficienti per procedere alla valutazione pertinente. Mi sembra che ciò sia coerente con il ruolo di un giudice competente a controllare la validità di un atto.

45.      Per contro, dato che le istituzioni dell’Unione dispongono di un ampio potere discrezionale nell’ambito delle misure di difesa commerciale, il giudice investito del controllo di legittimità, dopo aver raccolto e verificato tutti i fatti pertinenti, può unicamente accertare se sussista un errore manifesto nella valutazione di tali fatti o nell’omissione di altri. La valutazione delle condizioni sostanziali (ai sensi del regolamento di base) è sottoposta al medesimo limite.

B.      Sulla seconda questione

46.      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se il regolamento di esecuzione n. 723/2011 sia invalido per effetto delle disposizioni di cui all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento di base, in quanto le osservazioni che la Eurobolt ha presentato in risposta alle conclusioni della Commissione (24) – nel caso in cui costituiscano elementi d’informazione utili ai sensi di detta disposizione – non sono state messe a disposizione del comitato consultivo entro 10 giorni lavorativi prima della sua riunione.

1.      Questione 2.a.

47.      Il regolamento di base non definisce la nozione di «elementi d’informazione utili». Tuttavia, risulta dall’economia generale del regolamento di base che i termini «tutti gli elementi d’informazione utili», di cui all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento di base, includono la risposta di un importatore indipendente delle merci che sono oggetto dell’inchiesta della Commissione.

48.      In effetti, i dazi antidumping e la loro estensione in caso di elusione sono adottati dal Consiglio, che delibera su proposta della Commissione, previa consultazione del comitato consultivo. La proposta della Commissione si basa sui risultati di un’inchiesta in cui le osservazioni e le informazioni fornite dalle parti interessate devono essere prese in considerazione ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 10, del regolamento di base. L’articolo 6, paragrafo 7, di tale regolamento precisa inoltre che i denunzianti, gli importatori, gli esportatori e le loro associazioni rappresentative, gli utenti e le organizzazioni di consumatori che si sono manifestati a norma dell’articolo 5, paragrafo 10, possono, in linea di principio, prendere conoscenza di tutte le informazioni fornite dalle parti interessate all’inchiesta. Ai sensi della menzionata disposizione, «[l]e parti possono rispondere presentando le loro osservazioni, che sono prese in considerazione, purché siano accompagnate da sufficienti elementi di prova» (25). Infine, l’articolo 20, paragrafo 4, del regolamento di base stabilisce che «[l]e informazioni finali sono comunicate per iscritto. La trasmissione (…) avviene il più rapidamente possibile e di norma entro un mese prima della decisione definitiva o della presentazione di qualsiasi proposta di atto definitivo, a norma dell’articolo 9, da parte della Commissione (…)» e l’articolo 20, paragrafo 5, sottolinea che «[l]e osservazioni presentate dopo l’informazione finale sono prese in considerazione» se ricevute entro il termine fissato dalla Commissione, pari ad almeno 10 giorni.

49.      Tale interpretazione è confermata dal considerando 12 del regolamento di base, che ha sottolineato l’importanza dei diritti della difesa e la possibilità per le parti interessate di presentare le loro osservazioni e difendere i loro interessi durante la procedura.

50.      Alla luce delle considerazioni che precedono è evidente che informazioni, osservazioni e pareri trasmessi alla Commissione nel corso dell’inchiesta, nonché le osservazioni presentate in risposta alle conclusioni della Commissione sull’inchiesta sono, di conseguenza, necessariamente «elementi d’informazione utili» affinché il comitato consultivo possa fornire un parere sulla proposta della Commissione. È dunque evidente che le informazioni trasmesse dalla Eurobolt nella sua lettera del 13 giugno 2011 costituivano «elementi d’informazione utili» a tale scopo.

2.      Questione 2.b. e 2.c.

51.      Poiché le osservazioni presentate in risposta alle conclusioni della Commissione sull’inchiesta costituiscono «elementi d’informazione utili» ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento di base, si pone dunque la questione se, e in caso affermativo, quali siano, le conseguenze che debbano derivare dal fatto che il comitato consultivo non sia stato informato nel termine previsto.

a)      Importanza delle garanzie procedurali

52.      In primo luogo, si deve ricordare che, quando un’istituzione dell’Unione dispone di un ampio potere discrezionale, il che avviene, come già sottolineato, nel settore delle misure di difesa commerciale, quali le misure antidumping (26), il controllo del rispetto di talune garanzie procedurali riveste un’importanza fondamentale (27).

53.      L’articolo 15 del regolamento di base mira a garantire, in particolare, l’ordinata organizzazione di una delle fasi obbligatorie della procedura per l’adozione di un dazio antidumping, vale a dire la consultazione del comitato consultivo. Di conseguenza, tale disposizione contiene una serie di garanzie procedurali, quali il requisito secondo cui la comunicazione di tutti gli elementi d’informazione utili deve essere effettuata «nel più breve tempo possibile, e comunque non oltre 10 giorni lavorativi prima della riunione».

54.      Pertanto, non vi è, alcun dubbio che l’articolo 15 del regolamento di base possa, quantomeno in via di principio, essere invocato come fondamento di un ricorso di annullamento o di un rinvio pregiudiziale su una questione di validità.

b)      Conseguenze della violazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento di base

55.      Ricordo che il comitato consultivo è composto da rappresentanti di ogni Stato membro e presieduto da un rappresentante della Commissione (28). Questo tipo di comitato non è inusuale nel procedimento di adozione di atti di diritto dell’Unione.

56.      Infatti, secondo la nuova normativa effettivamente in vigore, il comitato consultivo è semplicemente sostituito da un comitato ai sensi del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (29).

57.      È opportuno notare che, nel contesto del regolamento n. 182/2011, la Corte ha già dichiarato che, quando il legislatore richiede che le informazioni siano trasmesse ai rappresentanti degli Stati membri entro un determinato periodo di tempo, tale tipo di termine è volto a garantire che i governi degli Stati membri siano informati delle proposte della Commissione tramite i rispettivi membri del comitato (30). Tale tipo di termine assicura inoltre che gli Stati membri abbiano il tempo necessario per lo studio di detti documenti, che possono essere particolarmente complessi e richiedere numerosi contatti e discussioni tra varie amministrazioni, nonché consultazioni interne o esterne (31).

58.      Nella presente causa non si può negare che l’articolo 15, paragrafo 2, persegue esattamente questo obiettivo, dal momento che il considerando 25 indica espressamente che «[l]e informazioni fornite agli Stati membri in sede di comitato consultivo sono spesso di natura altamente tecnica e comportano un’analisi economica e giuridica complessa» e aggiunge che «[p]er lasciare agli Stati membri il tempo sufficiente ad analizzarle, tali informazioni dovrebbero essere loro inviate ad un momento opportuno prima della data della riunione fissata dal presidente del comitato».

59.      Sebbene il considerando utilizzi una formulazione al condizionale, l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento di base utilizza l’indicativo. Inoltre, il legislatore ha aggiunto un termine perentorio tramite l’espressione «non oltre 10 giorni lavorativi prima della riunione» dopo i termini «nel più breve tempo possibile». Come la Corte ha già dichiarato in altri contesti, «non vi è dubbio alcuno che tale formulazione attribuisca a detto termine carattere perentorio» (32).

60.      Tale interpretazione è inoltre coerente con uno degli obiettivi principali del regolamento di base, il quale, ai sensi del considerando 12, illustra chiaramente le norme sostanziali e procedurali da seguire durante l’inchiesta, in particolare quelle ai sensi delle quali le parti interessate devono manifestarsi, presentare osservazioni e comunicare informazioni entro termini precisi, affinché le osservazioni e le informazioni trasmesse siano prese in considerazione.

61.      Alla luce delle considerazioni che precedono, mi trovo a dover applicare la soluzione adottata dalla Corte nella sentenza Tilly-Sabco/Commissione e concludere che i requisiti stabiliti dall’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento di base costituiscono «forme sostanziali della regolarità del procedimento e la cui violazione comporta la nullità dell’atto interessato» (33).

62.      È vero che la violazione contestata in tale causa anteriore non consisteva nella trasmissione tardiva di informazioni, bensì nella comunicazione tardiva del progetto stesso di atto di esecuzione.

63.      Si potrebbe tuttavia osservare che il principio alla base del ragionamento di cui alla sentenza Tilly-Sabco non si fonda sulla natura del documento trasmesso, ma riguarda, piuttosto, l’obiettivo del termine dalla presentazione del progetto di atto di esecuzione e del progetto di ordine del giorno. Come sottolineato dalla Corte, tale termine «mira a consentire un esame sereno, prima di ogni riunione, da parte dei membri del comitato di gestione» (34). Questo requisito costituisce, secondo la Corte, una delle forme sostanziali che disciplinano il corretto svolgimento del procedimento e la cui violazione comporta la nullità dell’atto interessato (35).

64.      Nel caso di specie, il legislatore stesso insiste sull’importanza di un tempo sufficiente per esaminare non solo la proposta della Commissione, ma anche gli elementi d’informazione utili. Infatti, come già ricordato, il considerando 25 del regolamento di base afferma che le informazioni fornite agli Stati membri in sede di comitato consultivo sono spesso di natura altamente tecnica e comportano un’analisi economica e giuridica complessa. Per questo motivo, «[p]er lasciare agli Stati membri il tempo sufficiente ad analizzarle, tali informazioni dovrebbero essere loro inviate ad un momento opportuno prima della data della riunione fissata dal presidente del comitato».

65.      È in questo contesto che l’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento di base stabilisce che il presidente del comitato consultivo comunica agli Stati membri tutti gli elementi d’informazione utili, nel più breve tempo possibile, e aggiunge un termine perentorio con l’espressione «e comunque non oltre 10 giorni lavorativi prima della riunione».

66.      In tali circostanze, alla luce della formulazione e dell’obiettivo dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento di base, non vedo come possa essere adottata una soluzione diversa rispetto a quella applicata dalla Corte nella sentenza Tilly-Sabco/Commissione per l’ipotesi di una violazione di tale disposizione. Il termine previsto da tale disposizione rappresenta una forma essenziale che disciplina il corretto svolgimento del procedimento, e la cui violazione comporta la nullità dell’atto in questione.

67.      Passo ora ad esaminare la questione se, nel caso di specie, vi sia stata, di fatto, una siffatta violazione.

C.      Osservazioni sulla validità del regolamento di esecuzione n. 723/2011

68.      Nel caso di specie, si riconosce che il comitato consultivo non ha ricevuto tutti gli elementi d’informazione utili almeno 10 giorni lavorativi prima della sua riunione, contrariamente a quanto prevede l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento di base. In tali circostanze, è inevitabile concludere che vi è stata una violazione.

69.      La conseguenza della violazione di tale termine è la nullità dell’atto adottato nell’ambito di tale procedura. Nella presente causa, ciò significa, inoltre, che il regolamento n. 723/2011 è invalido.

70.      È vero che il giudice del rinvio non pone direttamente in discussione la validità del regolamento n. 723/2011. Tuttavia, si evince chiaramente dai termini di entrambe le questioni 2.b. e 2.c. che il giudice del rinvio ha chiesto chiarimenti sulle conseguenze del mancato rispetto dei requisiti di cui all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento di base. Poiché, per quanto riguarda la presente causa, la conseguenza immediata di tale violazione è l’invalidità del regolamento di esecuzione, ritengo che la Corte non possa evitare di pronunciarsi su questa questione – che, in ogni caso, sembra essere implicita nelle questioni sollevate dal giudice del rinvio – laddove si voglia fornire una risposta utile alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

71.      Inoltre, come ho già osservato, i giudici nazionali non sono competenti a dichiarare direttamente l’invalidità di atti dell’Unione (36). In tale specifico contesto, e tenuto conto della natura delle questioni poste dal giudice del rinvio nonché della generale opportunità di evitare una seconda domanda di pronuncia pregiudiziale, suggerisco alla Corte di dichiarare invalido il regolamento n. 723/2011.

VI.    Conclusione

72.      Di conseguenza, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali sollevate dall’Hoge Raad der Nederlanden (Corte suprema dei Paesi Bassi) come segue:

1.a. L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, deve essere interpretato nel senso che i motivi di sindacato di cui all’articolo 263 TFUE possono essere invocati per sostenere l’invalidità dell’atto dell’Unione di cui trattasi dinanzi ai giudici nazionali con l’obiettivo di ottenere un rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia.

1.b. Spetta al ricorrente che invoca l’illegittimità di un atto dell’Unione dimostrare, in primo luogo, la plausibilità della sua censura e fornire tutte le informazioni in suo possesso. Tuttavia, se un giudice nazionale occorrono informazioni che solo le istituzioni dell’Unione possono fornire, il principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE impone a queste ultime, allorché il giudice nazionale ne faccia loro richiesta, di comunicare nel più breve termine le informazioni di cui trattasi, a meno che il rifiuto di tale comunicazione non sia giustificato da motivi imperativi attinenti alla necessità di evitare ostacoli al funzionamento e all’indipendenza dell’Unione o di salvaguardare i suoi interessi.

1.c. Il giudice nazionale incaricato del sindacato di legittimità è autorizzato a verificare se le norme procedurali sono state rispettate, se i fatti su cui si basa la decisione controversa sono stati indicati con precisione e, inoltre, se l’istituzione competente ha tenuto conto di tutti i fatti pertinenti. Il giudice incaricato del sindacato di legittimità è inoltre autorizzato a verificare se sussista un errore manifesto nella valutazione delle condizioni di cui all’articolo 13 del regolamento n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea.

2.a. L’espressione «tutti gli elementi d’informazione utili» di cui all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 1225/2009 deve essere interpretata nel senso che comprende le osservazioni presentate dalle parti interessate in risposta alle conclusioni della Commissione in merito all’inchiesta.

2.b. I requisiti stabiliti dall’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 1225/2009 sono forme sostanziali che disciplinano il corretto svolgimento del procedimento. Pertanto, un importatore può invocare la violazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 1225/2009 qualora la risposta da esso trasmessa non sia stata messa a disposizione del comitato consultivo almeno dieci giorni lavorativi prima della riunione.

2.c. L’adozione di misure antidumping in violazione del termine previsto dall’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 1225/2009 rende nullo l’atto in questione.

3. Il regolamento di esecuzione (UE) n. 723/2011 del Consiglio, del 18 luglio 2011, che estende il dazio antidumping definitivo istituito dal regolamento (CE) n. 91/2009 sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese alle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio spediti dalla Malaysia, indipendentemente dal fatto che siano dichiarati o no originari della Malaysia, è invalido.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      GU 2009, L 343, pag. 51 e rettifica in GU 2010, L 7, pag. 22.


3      GU 2011, L 194, pag. 6.


4      GU 2009, L 29, pag. 1.


5      Regolamento della Commissione, del 27 ottobre 2010, che avvia un’inchiesta sulla possibile elusione delle misure antidumping istituite dal regolamento (CE) n. 91/2009 del Consiglio sulle importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio originari della Repubblica popolare cinese, tramite importazioni di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio spediti dalla Malaysia, indipendentemente dal fatto che siano dichiarati o meno originari di tale paese, e che dispone la registrazione di dette importazioni (GU 2010, L 282, pag. 29).


6      Sentenza del 23 aprile 1986, Les Verts/Parlamento, 294/83, EU:C:1986:166, punto 23.


7      Sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 31). V. anche sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 94).


8      V., in tal senso, sentenze del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 92 e giurisprudenza ivi citata) e del 28 marzo 2017, Rosneft (C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 66).


9      V., in tal senso, parere 1/09 (accordo per la creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti) dell’8 marzo 2011 (EU:C:2011:123, punto 66); sentenze del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 90) e del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 32).


10      V., in tal senso, sentenze del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund (C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 44) e del 26 luglio 2017, Sacko (C‑348/16, EU:C:2017:591, punto 30).


11      V., in tal senso, sentenze del 22 ottobre 1987, Foto-Frost (314/85, EU:C:1987:452, punto 16) e del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 95 e giurisprudenza ivi citata).


12      V. Craig, P. e De Búrca, G., EU Law Text, Cases and Materials, 6a edizione, Oxford University Press, Oxford, 2015, pag. 544; Pertek, J., «Coopération entre juge nationaux et Cour de justice de l’UE. Le renvoi préjudiciel», Bruylant, Bruxelles, 2013, n.° 518.


13      Sentenza del 16 giugno 1998, Racke (C‑162/96, EU:C:1998:293, punto 26).


14      V., in tal senso, Lenaerts, K., Maselis, I., Gutman, K., «EU Procedural Law», Oxford University Press, 2014, pag. 360.


15      V., in tal senso, Blumann, Cl., «L’organisation des juridictions de l’Union au lendemain du traité de Lisbonne», inMahieu, St., (dir.), Contentieux de l’Union européenne, questions choisies, Larcier, coll. Europe(s), Bruxelles, 2014, pagg. da 17 a 41, in particolare pagg. 25 e 27; Hofmann, H. Ch., «Article 47 – Specific Provisions (Meaning)», in Peers, St., Hervey, T., Kenner, J. e Ward, A. (ed.), The EU Charter of Fundamental Rights – A commentary, Hart Publishing, 2014, pagg. da 1197 a 1275, in particolare, n.°47.50.


16      Sentenza del 22 ottobre 1987, Foto-Frost (314/85, EU:C:1987:452, punto 20).


17      V., in tal senso, sentenza del 10 gennaio 2006, IATA e ELFAA (C‑344/04, EU:C:2006:10, punto 30).


18      V., in tal senso, sentenza del 26 novembre 2002, First e Franex (C‑275/00, EU:C:2002:711, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).


19      V., in tal senso, ordinanza del 13 luglio 1990, Zwartveld e a., (C‑2/88-IMM, EU:C:1990:315, punto 16).


20      Ordinanza del 13 luglio 1990, Zwartveld e a., (C‑2/88-IMM, EU:C:1990:315, punto 18).


21      Sentenza del 6 ottobre 2015, Schrems (C‑362/14, EU:C:2015:650, punto 52).


22      V., in tal senso, sentenze del 16 febbraio 2012, Consiglio/Interpipe Niko Tube e Interpipe NTRP (C‑191/09 P e C‑200/09 P, EU:C:2012:78, punto 63); del 14 dicembre 2017, EBMA/Giant (China) (C‑61/16 P, EU:C:2017:968, punto 68) e del 4 settembre 2014, Simon, Evers & Co (C‑21/13, EU:C:2014:2154, punto 29).


23      Sentenza del 14 dicembre 2017, EBMA/Giant (China) (C‑61/16 P, EU:C:2017:968, punto 69, il corsivo è mio).


24      Nella presente causa, che riguarda le conclusioni provvisorie della Commissione intitolate «Documento di informazione generale R 515» («Procedimento anti elusione concernente l’importazione di determinati elementi di fissaggio in ferro o acciaio spediti dalla Malaysia, indipendentemente dal fatto che siano dichiarati o no originari della Malaysia – Proposta di estensione del dazio antidumping definitivo alla Malaysia»).


25      Il corsivo è mio.


26      V. punto 40 delle presenti conclusioni.


27      V., in tal senso, sentenze del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 69) e dell’11 dicembre 2018, Weiss e a. (C‑493/17, EU:C:2018:1000, punto 30).


28      V. articolo 15, paragrafo 1, del regolamento di base.


29      GU 2011, L 55, pag. 13. V. articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/1036 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 21).


30      V., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2017, Tilly-Sabco/Commissione (C‑183/16 P, EU:C:2017:704, punto 103).


31      V., in tal senso, sentenze del 10 febbraio 1998, Germania/Commissione (C‑263/95, EU:C:1998:47, punto 31) e del 20 settembre 2017, Tilly-Sabco/Commissione (C‑183/16 P, EU:C:2017:704, punto 103).


32      Sentenza del 29 luglio 2010, Grecia/Commissione (C‑54/09 P, EU:C:2010:451, punto 46).


33      Sentenza del 20 settembre 2017, Tilly-Sabco/Commissione (C‑183/16 P, EU:C:2017:704, punto 114). V. anche sentenza del 10 febbraio 1998, Germania/Commissione (C‑263/95, EU:C:1998:47, punto 32).


34      Sentenza del 20 settembre 2017, Tilly-Sabco/Commissione (C‑183/16 P, EU:C:2017:704, punto 102). Si potrebbe aggiungere che gli argomenti sostenuti dalla Commissione secondo cui i membri del comitato di gestione non si sono lamentati della condotta della Commissione, le norme per la consultazione del comitato sono volte a garantire il rispetto delle prerogative dei suoi membri e non a proteggere i diritti degli operatori economici e la ricorrente non è riuscita a dimostrare che, in assenza della presunta violazione, l’esito del procedimento sarebbe stato diverso non sono stati considerati rilevanti dalla Corte.


35      Sentenza del 20 settembre 2017, Tilly-Sabco/Commissione (C‑183/16 P, EU:C:2017:704, punto 114).


36      Sentenza del 22 ottobre 1987, Foto-Frost (314/85, EU:C:1987:452, punto 20).