Language of document : ECLI:EU:C:2023:987

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

14 dicembre 2023 (*)

«Impugnazione – Diritto istituzionale – Deputati del Parlamento europeo – Regolamento del Parlamento europeo – Norme di comportamento – Articolo 10, paragrafo 3 – Divieto di esporre striscioni durante le sedute del Parlamento – Provvedimento verbale del presidente del Parlamento che vieta ai deputati di esporre una bandiera nazionale sul loro banco – Ricorso di annullamento – Articolo 263 TFUE – Nozione di “atto impugnabile”»

Nella causa C‑767/21 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta l’8 dicembre 2021,

Jérôme Rivière, residente in Nizza (Francia),

Dominique Bilde, residente in Lagarde (Francia),

Joëlle Mélin, residente in Aubagne (Francia),

Aurélia Beigneux, residente in Hénin-Beaumont (Francia),

Thierry Mariani, residente in Parigi (Francia),

Jordan Bardella, residente in Montmorency (Francia),

Jean-Paul Garraud, residente in Libourne (Francia),

Jean-François Jalkh, residente in Gretz-Armainvilliers (Francia),

Gilbert Collard, residente in Marsiglia (Francia),

Gilles Lebreton, residente in Montivilliers (Francia),

Nicolaus Fest, residente in Berlino (Germania),

Gunnar Beck, residente in Neuss (Germania),

Philippe Olivier, residente in Draveil (Francia),

rappresentati da F. Wagner, avocat,

ricorrenti,

procedimento in cui l’altra parte è:

Parlamento europeo, rappresentato da N. Lorenz e T. Lukácsi, in qualità di agenti,

convenuto in primo grado,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da K. Jürimäe, presidente di sezione, N. Piçarra (relatore), M. Safjan, N. Jääskinen e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 febbraio 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la loro impugnazione, il sig. Jérôme Rivière, le sig.re Dominique Bilde, Joëlle Mélin, Aurélia Beigneux, i sigg. Thierry Mariani, Jordan Bardella, Jean-Paul Garraud, Jean-François Jalkh, Gilbert Collard, Gilles Lebreton, Nicolaus Fest, Gunnar Beck e Philippe Olivier, deputati del Parlamento europeo, chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 6 ottobre 2021, Rivière e a./Parlamento (T‑88/20; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2021:664), con la quale quest’ultimo ha respinto in quanto irricevibile il loro ricorso diretto all’annullamento del provvedimento verbale del presidente del Parlamento, del 13 gennaio 2020, che ha vietato ai deputati di esporre la bandiera nazionale sui loro banchi (in prosieguo: il «provvedimento controverso»).

 Contesto normativo

2        Intitolato «Norme di comportamento», l’articolo 10 del regolamento del Parlamento europeo (9a legislatura – 2019-2024) (in prosieguo: il «regolamento») prevede quanto segue:

«1.      Il comportamento dei deputati è improntato al rispetto reciproco e si basa sui valori e i principi definiti nei trattati, e in particolare nella Carta dei diritti fondamentali. (...)

2.      I deputati non compromettono il regolare svolgimento dei lavori parlamentari, il mantenimento della sicurezza e dell’ordine negli edifici del Parlamento o il corretto funzionamento delle sue attrezzature.

3.      I deputati non turbano l’ordine in Aula e non adottano comportamenti inappropriati. È vietato esporre striscioni.

(...)».

3        L’articolo 171 di tale regolamento, intitolato «Ripartizione del tempo di parola ed elenco degli oratori», al paragrafo 4 prevede quanto segue:

«Il tempo di parola per [la prima] parte della discussione è ripartito sulla base dei seguenti criteri:

a)      una prima frazione del tempo di parola è ripartita in parti uguali fra tutti i gruppi;

b)      una seconda frazione è ripartita tra i gruppi proporzionalmente al numero totale dei loro membri;

c)      ai deputati non iscritti è attribuito globalmente un tempo di parola calcolato secondo le frazioni accordate a ciascun gruppo in conformità delle precedenti lettere a) e b);

d)      la ripartizione del tempo di parola in Aula tiene conto del fatto che i deputati disabili possano necessitare di un tempo maggiore».

4        L’articolo 175 di detto regolamento, intitolato «Misure immediate», così dispone, ai suoi paragrafi da 1 a 3:

«1.      Il presidente richiama all’ordine il deputato che violi le norme di comportamento di cui all’articolo 10, paragrafi 3 o 4.

2.      In caso di recidiva, il presidente lo richiama nuovamente all’ordine con iscrizione nel processo verbale.

3.      Qualora la violazione delle norme continui o in caso di nuova recidiva, il Presidente può togliere la parola al deputato ed espellerlo dall’Aula per il resto della seduta. (...)».

 Antecedenti della controversia

5        I fatti all’origine della controversia, quali risultano dai punti da 1 a 3 della sentenza impugnata, possono essere riassunti come segue.

6        In occasione della seduta plenaria del 13 gennaio 2020, il presidente del Parlamento ha adottato oralmente, sulla base dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento, provvedimenti volti a garantire il rispetto dell’ordine nell’emiciclo, tra cui il provvedimento controverso.

7        In occasione delle sedute plenarie del 29 e 30 gennaio 2020, i vicepresidenti che hanno presieduto tali sedute hanno reiterato il provvedimento controverso.

 Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

8        Con atto depositato nella cancelleria del Tribunale il 13 febbraio 2020, i ricorrenti hanno proposto un ricorso diretto all’annullamento del provvedimento controverso.

9        A sostegno del loro ricorso, essi hanno dedotto quattro motivi. Il primo si componeva di due parti, vertenti, la prima, sulla violazione e sullo snaturamento dell’articolo 10 del regolamento e, la seconda, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE. Il secondo motivo verteva sulla violazione del principio della certezza del diritto, il terzo, sull’abuso di potere e, il quarto, sulla violazione dei principi di parità di trattamento, di legalità, di buona amministrazione, del fumus persecutionis e sulla violazione della libertà di espressione dei deputati.

10      Il Parlamento ha sollevato, in via principale, un’eccezione di irricevibilità del ricorso, vertente sull’assenza, in primo luogo, di atto impugnabile, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, in secondo luogo, di legittimazione ad agire dei ricorrenti e, in terzo luogo, di interesse ad agire di questi ultimi. In subordine, il Parlamento ha fatto valere l’infondatezza del ricorso.

11      Il Tribunale ha accolto l’eccezione di irricevibilità vertente sull’assenza di atto impugnabile, ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

12      Al punto 38 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che dalle memorie delle parti risultava che il provvedimento controverso consisteva in un divieto rivolto ai deputati, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento, di esporre bandiere nazionali sul loro banco. A tal riguardo, esso ha precisato che, sebbene i ricorrenti avessero fatto valere anche un divieto di presa di parola applicato ai deputati che non rispettavano il detto provvedimento, nulla consentiva di dimostrare che quest’ultimo fosse andato oltre il divieto di esporre bandiere nazionali.

13      Ai punti da 42 a 44 di tale sentenza, il Tribunale ha rilevato che, in forza del regolamento, ispirato alle tradizioni parlamentari comuni agli Stati membri, i deputati «si esprimono prendendo la parola». Esso ha precisato che, a parte la facoltà loro concessa da tale regolamento di presentare una volta per sessione una dichiarazione scritta di 200 parole, detto regolamento «non prevede altri mezzi di espressione di cui disporrebbero i partecipanti alle discussioni». Secondo il Tribunale, la restrizione relativa ai mezzi di espressione dei deputati così stabilita mira a garantire l’uguaglianza di questi ultimi e, di conseguenza, il corretto svolgimento dei lavori parlamentari. Tale duplice obiettivo sarebbe perseguito anche dall’articolo 171, paragrafo 4, di detto regolamento, che prevede criteri precisi di ripartizione del tempo di parola tra i deputati.

14      Ai punti 45 e 48 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che «un’immagine o un oggetto, attraverso il simbolo che esso rappresenta o il messaggio che esso comunica, può incontestabilmente fungere da mezzo di espressione dando così ai deputati che l’utilizzano la possibilità di affermare e di difendere le loro convinzioni politiche al di fuori del loro tempo di parola» durante le sedute plenarie del Parlamento. Esso ha considerato che, nel caso di specie, la bandiera posta dai ricorrenti sui loro banchi era divenuta «una sorta di stendardo di un gruppo politico ed un simbolo della causa che quest’ultimo difende». Inoltre, al punto 49 di tale sentenza, esso ha considerato che «l’esposizione della bandiera di uno Stato membro in particolare sul banco di un deputato eletto al Parlamento è in contrasto con la funzione rappresentativa [di tale] deputato», come definita, in particolare, all’articolo 14, paragrafo 2, TUE e all’articolo 22, paragrafo 2, TFUE.

15      Al punto 50 di detta sentenza, il Tribunale ha dichiarato che, in ragione della funzione attribuitale dai ricorrenti, la bandiera nazionale così esposta sul loro banco era «ridotta ad un semplice mezzo di espressione o di comunicazione di opinioni» che non si distingueva dagli oggetti coperti dal termine «striscioni» utilizzato all’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento o dei loro equivalenti nelle diverse versioni linguistiche di tale disposizione.

16      Tenuto conto dell’insieme di tali motivazioni, il Tribunale ha dichiarato, ai punti 51 e 52 della sentenza impugnata, che, poiché il comportamento dei ricorrenti era tale da perturbare il buon funzionamento dei lavori parlamentari, esso rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento, che il provvedimento controverso si inseriva «nell’ambito dell’organizzazione interna dei lavori del Parlamento» e non produceva effetti giuridici tali da incidere sulle condizioni di esercizio del mandato di deputato dei ricorrenti modificando in misura rilevante la loro situazione giuridica. Pertanto, tale provvedimento non costituiva un atto impugnabile ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

17      Il Tribunale ha quindi respinto il ricorso in quanto irricevibile.

 Conclusioni delle parti

18      I ricorrenti chiedono che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        dichiarare il ricorso ricevibile;

–        annullare il provvedimento controverso, e

–        condannare il Parlamento alle spese.

19      Il Parlamento chiede il rigetto dell’impugnazione e la condanna dei ricorrenti alle spese.

 Sull’impugnazione

 Sulla ricevibilità dellimpugnazione

20      Il Parlamento fa valere che l’impugnazione non soddisfa le condizioni di ricevibilità di cui all’articolo 168 del regolamento di procedura della Corte, in quanto non indicherebbe precisamente gli argomenti di diritto a sostegno dei motivi dedotti, i quali non conterrebbero alcuna argomentazione giuridica.

21      A tal riguardo, dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE, dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, nonché dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), e dall’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura risulta che un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui è chiesto l’annullamento nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda, pena l’irricevibilità dell’impugnazione o del motivo in questione (sentenza del 23 novembre 2021, Consiglio/Hamas, C‑833/19 P, EU:C:2021:950, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

22      L’atto di impugnazione consente tuttavia di individuare inequivocabilmente due motivi con i quali i ricorrenti contestano al Tribunale, da un lato, uno snaturamento dei fatti e un errore di qualificazione giuridica di questi ultimi al punto 38 della sentenza impugnata e, dall’altro, errori di diritto da cui sarebbero viziati i punti da 41 a 50 di tale sentenza per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento. Risulta, peraltro, dalla comparsa di risposta del Parlamento che quest’ultimo è stato in grado di comprendere la sostanza di tali motivi e di rispondervi nel merito.

23      Ciò premesso, occorre considerare che l’impugnazione individua con sufficiente precisione, in ciascuno dei suoi motivi, i punti contestati della sentenza impugnata ed espone i motivi per i quali tali punti sarebbero, secondo i ricorrenti, viziati da errori di diritto, consentendo così alla Corte di esercitare il suo controllo di legittimità.

24      La presente impugnazione deve pertanto essere dichiarata ricevibile.

 Sul merito del ricorso

 Sul primo motivo

–       Argomenti delle parti

25      Con il loro primo motivo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale, al punto 38 della sentenza impugnata, ha snaturato i fatti e commesso un errore nella qualificazione giuridica di tali fatti, astenendosi dal considerare che il provvedimento controverso aveva avuto l’effetto pratico di privare di parola i deputati e, pertanto, di modificare in misura rilevante le condizioni di esercizio del mandato di coloro che hanno rifiutato di rimuovere le bandiere nazionali dai loro banchi, durante le sedute plenarie del 29 e 30 gennaio 2020.

26      Il Parlamento ritiene che il primo motivo sia manifestamente infondato.

–       Giudizio della Corte

27      Dall’articolo 256, paragrafo 1, TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto e che il Tribunale è, pertanto, il solo competente ad accertare e valutare i fatti nonché gli elementi di prova. Tale valutazione non costituisce, salvo il caso di snaturamento, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (sentenza del 10 luglio 2019, VG/Commissione, C‑19/18 P, EU:C:2019:578, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

28      Un tale snaturamento sussiste quando, senza dover assumere nuove prove, la valutazione dei mezzi di prova disponibili appare con tutta evidenza inesatta. Lo snaturamento deve risultare manifestamente dagli atti di causa, senza necessità di effettuare una nuova valutazione dei fatti e delle prove. Qualora un ricorrente alleghi uno snaturamento di elementi di prova da parte del Tribunale, egli deve indicare con precisione gli elementi che sarebbero stati snaturati da quest’ultimo e dimostrare gli errori di valutazione che, a suo avviso, avrebbero portato il Tribunale a tale snaturamento (sentenza del 3 dicembre 2015, Italia/Commissione, C‑280/14 P, EU:C:2015:792, punto 52 e giurisprudenza ivi citata).

29      Tuttavia, dal ricorso in primo grado risulta inequivocabilmente che i ricorrenti hanno chiesto, dinanzi al Tribunale, l’annullamento del solo provvedimento controverso, il quale consiste esclusivamente nel divieto verbale di esporre le bandiere nazionali sui loro banchi. Essi non hanno contestato, dinanzi al Tribunale, i successivi provvedimenti di privazione di parola, durante le sedute plenarie del 29 e 30 gennaio 2020. Di conseguenza, essi non possono contestare al Tribunale di aver viziato la sentenza impugnata con uno snaturamento e un errore di qualificazione giuridica dei fatti.

30      In ogni caso, occorre aggiungere che, al punto 38 della sentenza impugnata, il Tribunale ha giustamente constatato che, sebbene i ricorrenti avessero fatto valere anche un divieto di presa di parola applicato ai deputati che non rispettavano il provvedimento controverso, nulla consentiva di dimostrare che tale provvedimento andasse «oltre un divieto, rivolto ai membri del Parlamento ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento, di esporre bandiere nazionali sul loro banco».

31      Pertanto, il Tribunale non ha commesso né uno snaturamento né un errore di qualificazione giuridica dei fatti dichiarando che il provvedimento controverso mirava unicamente a porre fine alla presenza delle bandiere nazionali sul banco dei deputati, senza che tale provvedimento abbia avuto concretamente l’effetto, nel corso delle sedute plenarie del 29 e 30 gennaio 2020, di vietare ai deputati interessati di prendere la parola.

32      Ne consegue che il primo motivo è infondato e deve essere respinto.

 Sul secondo motivo

–       Argomenti delle parti

33      Con il loro secondo motivo, i ricorrenti fanno valere che il Tribunale, ai punti da 41 a 50 della sentenza impugnata, ha commesso una «violazione e [uno] snaturamento in diritto e in fatto» dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento nonché un «errore manifesto di valutazione», che l’hanno indotto a dichiarare, al punto 52 di tale sentenza, che il provvedimento controverso si inseriva nell’ambito dell’organizzazione interna dei lavori del Parlamento, non produceva effetti giuridici tali da incidere sulle condizioni di esercizio del mandato di deputato dei ricorrenti e, pertanto, non costituiva un atto impugnabile ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

34      A tal riguardo, i ricorrenti sostengono, in primo luogo, che le «bandiere» nazionali non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento, il quale si riferisce solo agli «striscioni». Il Tribunale avrebbe dovuto dimostrare che una bandiera nazionale è uno «striscione», ai sensi di tale disposizione, prima di determinare se l’utilizzo di una siffatta bandiera da parte dei deputati perturbasse il corretto ordine nella sala delle sedute o costituisse un comportamento scorretto di queste ultime, tale da compromettere il corretto svolgimento dei lavori parlamentari.

35      In tale contesto, i ricorrenti sostengono che i termini «banderoles» e «bannières» devono essere definiti conformemente al senso corrente di tali termini in lingua francese, come precisato nella presa di posizione adottata dal servizio del Dictionnaire de l’Académie française, con lettera del 20 febbraio 2020, in risposta ad una domanda rivoltagli da due dei ricorrenti.

36      Essi affermano altresì che il Tribunale non avrebbe dovuto tener conto, al punto 50 della sentenza impugnata, delle diverse versioni linguistiche dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento per determinare se le «bandiere nazionali» di cui trattasi potessero essere qualificate come «striscioni», ai sensi di tale disposizione. Statuendo in tal senso, il Tribunale avrebbe violato l’articolo 1 del regolamento n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, 17, pag. 385), come modificato dal regolamento (UE) n. 517/2013 del Consiglio, del 13 maggio 2013 (GU 2013, L 158, pag. 1), il quale dispone che la lingua francese è una lingua ufficiale e una lingua di lavoro delle istituzioni dell’Unione europea. I termini in questione avrebbero quindi dovuto essere interpretati, nei confronti dei deputati francesi, solo conformemente alla portata loro attribuita dalla lingua francese.

37      In secondo luogo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha interpretato erroneamente l’articolo 10, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento, che vieterebbe soltanto l’impiego di «striscioni», ma non di «bandiere». Di conseguenza, il Tribunale avrebbe erroneamente assimilato una «piccola bandiera posta» sul banco dei deputati all’impiego di «striscioni», mentre i ricorrenti non avrebbero, in ogni caso, schierato le bandiere nazionali «continuativamente».

38      In terzo luogo, il Tribunale non avrebbe verificato, nell’ambito di un’analisi contestuale dell’articolo 10, paragrafi 2 e 3, del regolamento, se il provvedimento controverso mirasse a rimediare ad un’eventuale perturbazione, causata dalla presenza di tali bandiere, nello svolgimento dei lavori parlamentari o nell’ordine e nella sicurezza delle sedute. Esso non avrebbe quindi esposto i motivi per i quali l’impiego di una bandiera nazionale sul banco di un deputato costituiva un comportamento scorretto.

39      In quarto luogo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto avendo considerato, ai punti da 43 a 45 della sentenza impugnata, che il provvedimento controverso mirava a garantire l’uguaglianza dei deputati e poteva essere fondata sull’articolo 10 del regolamento, mentre un siffatto obiettivo sarebbe perseguito dall’articolo 171 di tale regolamento.

40      In quinto luogo, secondo i ricorrenti, «i deputati [al Parlamento] sono eletti anzitutto dai cittadini del loro paese, sulla base di elenchi nazionali in un quadro fissato da ciascuno Stato [membro]». La circostanza che cittadini di altri Stati membri possano integrare tali liste e votare in tale Stato membro non priverebbe «il voto di tale carattere nazionale». Del resto, l’affermazione di un’«appartenenza nazionale» deriverebbe dall’articolo 4, paragrafo 2, TUE. Pertanto, contrariamente a quanto il Tribunale avrebbe dichiarato, al punto 49 della sentenza impugnata, la presenza della bandiera nazionale sul banco di un deputato del Parlamento non sarebbe né in contrasto con la funzione rappresentativa di tale deputato, quale definita dai Trattati, né tale da perturbare il corretto svolgimento dei lavori parlamentari.

41      Il Parlamento ritiene che il secondo motivo sia manifestamente infondato.

–       Giudizio della Corte

42      Con il loro secondo motivo, i ricorrenti contestano, in sostanza, al Tribunale di aver interpretato erroneamente, ai punti da 41 a 50 della sentenza impugnata, l’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento. A loro avviso, tale disposizione non può costituire il fondamento del provvedimento controverso, dal momento che le bandiere nazionali non rientrano nel suo campo di applicazione. In tali circostanze, un provvedimento del genere sarebbe idoneo ad incidere sulle condizioni di esercizio del loro mandato di deputato, modificando in misura rilevante la loro situazione giuridica, e costituirebbe, di conseguenza, un atto impugnabile ai sensi dell’articolo 263 TFUE.

43      Occorre ricordare che sono considerati «atti impugnabili», ai sensi dell’articolo 263 TFUE, tutti i provvedimenti, a prescindere dalla loro forma, adottati dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione e intesi alla produzione di effetti giuridici vincolanti (sentenze del 20 febbraio 2018, Belgio/Commissione, C‑16/16 P, EU:C:2018:79, punto 31, e del 9 luglio 2020, Repubblica ceca/Commissione, C‑575/18 P, EU:C:2020:530, punto 46 e giurisprudenza ivi citata).

44      Per stabilire se il provvedimento controverso produca effetti giuridici vincolanti, occorre riferirsi alla sostanza di tale atto e valutare i suoi effetti alla luce di criteri oggettivi, come il contenuto dell’atto stesso, tenendo conto, eventualmente, del contesto dell’adozione di quest’ultimo nonché dei poteri dell’istituzione emanante (v., in tal senso, sentenze del 20 febbraio 2018, Belgio/Commissione, C‑16/16 P, EU:C:2018:79, punto 32, e del 9 luglio 2020, Repubblica ceca/Commissione, C‑575/18 P, EU:C:2020:530, punto 47).

45      Occorre ricordare che il provvedimento controverso consiste in un divieto verbale di esporre le bandiere nazionali sui banchi dei deputati e che esso è stato adottato sul fondamento dell’articolo 10, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento interno, il quale prevede che «[è] vietato esporre striscioni» durante le sedute parlamentari. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 71 delle sue conclusioni, tale disposizione è direttamente applicabile senza che siano necessarie misure di esecuzione.

46      Per stabilire se il Tribunale, come sostengono i ricorrenti, abbia commesso un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 10, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento interno, occorre tener conto, come ricordato al punto 40 della sentenza impugnata, non soltanto del tenore letterale di tale disposizione, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza del 28 settembre 2023, Gargždų geležinkelis, C‑671/21, EU:C:2023:709, punto 50 e giurisprudenza citata).

47      La formulazione di una disposizione del diritto dell’Unione utilizzata in una delle sue versioni linguistiche non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione di tale disposizione, né si può attribuire ad essa un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. La necessità che un atto dell’Unione sia interpretato in modo uniforme esclude che esso sia considerato isolatamente in una delle sue versioni, e impone che esso sia interpretato in funzione dell’impianto sistematico e della finalità della normativa di cui fa parte [v., in tal senso, sentenze del 27 ottobre 1977, Bouchereau, 30/77, EU:C:1977:172, punto 14, e del 15 settembre 2022, Minister for Justice and Equality (Cittadino di un paese terzo cugino di un cittadino dell’Unione), C‑22/21, EU:C:2022:683, punto 20].

48      Il Tribunale ha quindi giustamente preso in considerazione, al punto 50 della sentenza impugnata, versioni linguistiche diverse dalla versione in lingua francese dell’articolo 10, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento interno, al fine di determinare se le bandiere nazionali costituissero «striscioni», ai sensi di tale disposizione. Peraltro, contrariamente alle affermazioni dei ricorrenti, il Tribunale, così facendo, non ha affatto violato l’articolo 1 del regolamento n. 1 del Consiglio, come modificato dal regolamento n. 517/2013, il quale si limita ad elencare le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione.

49      Quanto alla questione se il divieto di impiego di «striscioni», sancito all’articolo 10, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento interno, riguardi anche le bandiere nazionali, il Tribunale ha rilevato, al punto 50 della sentenza impugnata, che i termini utilizzati in altre versioni linguistiche di tale disposizione, corrispondenti ai termini francese «banderoles» e «bannières», designano generalmente oggetti spesso realizzati in tessuti, fissati talvolta su bastoni in legno e sui quali sono iscritti, in particolare, slogan politici, una valuta o la dichiarazione di un appello o di un obiettivo politico. Esso ha quindi potuto legittimamente dichiarare, allo stesso punto 50, che, a causa della funzione attribuita nella fattispecie alla bandiera nazionale dai ricorrenti, tale bandiera poteva essere considerata come un mezzo di espressione o di comunicazione identico agli striscioni.

50      Una siffatta interpretazione è corroborata dagli elementi contestuali e teleologici dell’articolo 10, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento interno.

51      Infatti, come rilevato dal Tribunale ai punti da 42 a 44 della sentenza impugnata, la tradizione della discussione orale, che caratterizza l’attività parlamentare, si riflette nel regolamento. Dall’economia generale di quest’ultimo risulta che i deputati si esprimono prendendo la parola e non dispongono, in linea di principio, di alcun altro mezzo di espressione. In tale contesto, l’articolo 10, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento, in combinato disposto con l’articolo 175 di quest’ultimo, limita i mezzi di espressione dei deputati al di fuori del loro tempo di parola, al fine di garantire sia l’uguaglianza di questi ultimi sia il corretto ordine nella sala delle sedute.

52      Di conseguenza, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, il Tribunale ha giustamente considerato che essi avevano esposto uno striscione, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento interno, quando hanno deposto una bandiera nazionale sui loro banchi. Infatti, è alla luce della funzione politica così attribuita a una bandiera siffatta che l’atto dei deputati di cui trattasi deve essere inteso come la manifestazione di un’opinione politica allo stesso titolo dell’impiego degli «striscioni» di cui all’articolo 10, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento.

53      Quanto all’argomento dei ricorrenti secondo cui il Tribunale ha omesso, a torto, di esporre i motivi per i quali ha ritenuto che l’esposizione di tali bandiere nazionali perturbasse il buon ordine della sala delle sedute e costituisse un comportamento scorretto dei deputati, è sufficiente rilevare che il divieto sancito dall’articolo 10, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento interno non dipende dalla dimostrazione concreta che una siffatta esposizione perturbi il corretto svolgimento dei lavori parlamentari.

54      Per quanto riguarda l’argomento dei ricorrenti secondo cui il Tribunale avrebbe interpretato erroneamente l’articolo 10, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento, nel senso che lo scopo di tale disposizione è il mantenimento dell’uguaglianza tra i deputati per il loro tempo di parola, è sufficiente rilevare che il Tribunale ha correttamente dichiarato, al punto 44 della sentenza impugnata, che l’obiettivo di tale disposizione, in combinato disposto con l’articolo 175 di tale regolamento, consiste nel garantire l’uguaglianza dei deputati per quanto riguarda i loro mezzi di espressione e, di conseguenza, del loro tempo di parola, tenuto conto del fatto che i deputati si esprimono, in linea di principio, oralmente.

55      Infine, per quanto riguarda l’argomento dei ricorrenti secondo cui essi dispongono del diritto di deporre una piccola bandiera nazionale sul loro banco, sulla base del diritto al rispetto dell’identità nazionale garantito dall’articolo 4, paragrafo 2, TUE, occorre anzitutto ricordare che tale disposizione, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, non si riferisce a un’«appartenenza nazionale». Per contro, detta disposizione impone all’Unione di rispettare l’uguaglianza degli Stati membri dinanzi ai trattati nonché la loro identità nazionale, insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, e le funzioni essenziali dello Stato.

56      Inoltre, i membri del Parlamento rappresentano i cittadini dell’Unione, come risulta espressamente dall’articolo 10, paragrafo 2, e dall’articolo 14, paragrafo 2, TUE e, ancora, dall’articolo 22, paragrafo 2, TFUE, anche se sono eletti in elenchi compilati a livello degli Stati membri. Conformemente al principio di democrazia rappresentativa, sul quale è fondato il funzionamento dell’Unione, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, TUE, la composizione del Parlamento riflette in modo fedele e completo la libera espressione delle scelte effettuate dai cittadini dell’Unione, mediante suffragio universale diretto, quanto alle persone attraverso le quali essi intendono essere rappresentati durante una determinata legislatura (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Junqueras Vies, C‑502/19, EU:C:2019:1115, punto 83).

57      Ne consegue che, come correttamente dichiarato dal Tribunale al punto 49 della sentenza impugnata, l’esposizione delle bandiere degli Stati membri sui banchi dei deputati eletti al Parlamento è in contrasto con la funzione rappresentativa di tali deputati, quale definita dai Trattati, ai quali rinvia espressamente l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento.

58      In tali circostanze, si deve ritenere che il provvedimento controverso non produca effetti giuridici tali da incidere sulle condizioni di esercizio del mandato di deputato dei ricorrenti modificando in misura rilevante la loro situazione giuridica, dal momento che i suoi effetti non oltrepassano quelli prodotti dal divieto previsto all’articolo 10, paragrafo 3, seconda frase, del regolamento.

59      È quindi senza commettere errori di diritto che il Tribunale ha dichiarato, al punto 52 della sentenza impugnata, che il provvedimento controverso non costituisce un atto impugnabile.

60      Ne consegue che il secondo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

61      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre respingere integralmente l’impugnazione.

 Sulle spese

62      A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di detto regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

63      Poiché il Parlamento ne ha fatto domanda, i ricorrenti, rimasti soccombenti, devono essere condannati a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dal Parlamento.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il sig. Jérôme Rivière, le sig.re Dominique Bilde, Joëlle Mélin, Aurélia Beigneux, i sigg. Thierry Mariani, Jordan Bardella, Jean-Paul Garraud, Jean-François Jalkh, Gilbert Collard, Gilles Lebreton, Nicolaus Fest, Gunnar Beck e Philippe Olivier sono condannati a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dal Parlamento europeo.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.