Language of document : ECLI:EU:T:2017:877

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

7 dicembre 2017 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo Master – Marchi dell’Unione europea figurativi anteriori Coca-Cola e nazionale figurativo anteriore C – Impedimenti relativi alla registrazione – Profitto tratto indebitamente dalla notorietà dei marchi anteriori – Elementi di prova relativi all’uso commerciale, al di fuori dell’Unione, di un segno che comprende il marchio richiesto – Deduzioni logiche – Decisione adottata in seguito all’annullamento da parte del Tribunale di una decisione anteriore – Articolo 8, paragrafo 5, e articolo 65, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuti articolo 8, paragrafo 5, e articolo 72, paragrafo 6, del regolamento (UE) 2017/1001]»

Nella causa T‑61/16,

The Coca-Cola Company, con sede in Atlanta, Georgia (Stati Uniti), rappresentata da S. Malynicz, QC, S. Baran, barrister, D. Stone e A. Dykes, solicitors,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da J. Crespo Carrillo, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO, interveniente dinanzi al Tribunale,

Modern Industrial & Trading Investment Co. Ltd (Mitico), con sede in Damasco (Siria), rappresentata da A.-E. Malamis, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quarta commissione di ricorso dell’EUIPO del 2 dicembre 2015 (procedimento R 1251/2015-4), relativa ad un procedimento di opposizione tra la The Coca-Cola Company e la Mitico,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da A.M. Collins, presidente, M. Kancheva (relatore) e J. Passer, giudici,

cancelliere: X. Lopez Bancalari, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 12 febbraio 2016,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 aprile 2016,

visto il controricorso dell’interveniente, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 maggio 2016,

visto il quesito scritto del Tribunale alle parti e le risposte a tale quesito depositate presso la cancelleria del Tribunale il 12 e il 20 aprile 2017,

in seguito all’udienza del 15 giugno 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 10 maggio 2010 l’interveniente, la Modern Industrial & Trading Investment Co. Ltd (Mitico), ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1) [sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        Il marchio oggetto della domanda di registrazione è il seguente segno figurativo:

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3        I prodotti per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano, a seguito della limitazione intervenuta nel corso del procedimento dinanzi all’EUIPO, nelle classi 29, 30 e 32 ai sensi dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 29: «Yogurt. Carne, pesce, pollame e selvaggina, estratti di carne, frutta ed ortaggi conservati, surgelati, secchi e cotti, gelatine, marmellate agli agrumi, conserve di frutta, uova, conserve e sottaceti, insalate con aceto, patatine fritte»;

–        classe 30: «Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca, sago, succedanei del caffè, farina e prodotti a base di cereali, confetteria, caramelle, gelati, miele, sciroppo di melassa, pasta per dolci, farina, lievito per panettieri, polvere per far lievitare, sale, senape, aceto, pepe, salse (condimenti), spezie, con la specifica esclusione di prodotti di pasticceria e da forno, ghiaccio, cioccolato, gomme da masticare, stuzzichini d’ogni tipo a base di mais e grano, con la specifica esclusione di prodotti di pasticceria e da forno»;

–        classe 32: «Acqua minerale e naturale, bevande a base di orzo, birre analcoliche, bibite analcoliche gassate d’ogni tipo ed aromi, (in particolare al gusto di cola, ananas, mango, arancio, limone, senza aromi, mele, cocktail di frutta, tropicale, bevande energetiche, fragola, frutta, limonata, melograno) e tutti i tipi di succhi di frutta naturali analcolici (mela, limone, arancio, cocktail di frutta, melograno, ananas, mango…) e concentrati di succhi analcolici e concentrati per produzione di succhi analcolici d’ogni tipo, polveri e spremute per preparazione di sciroppi analcolici».

4        La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 128/2010, del 14 luglio 2010.

5        Il 14 ottobre 2010 la ricorrente, The Coca-Cola Company, ha proposto opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 46 del regolamento 2017/1001), alla registrazione del marchio richiesto per i prodotti di cui al punto 3 supra.

6        L’opposizione si fondava, in primo luogo, su quattro marchi dell’Unione europea figurativi anteriori, qui di seguito riprodotti:

–        marchio registrato con il numero 8792475:

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–        marchio registrato con il numero 3021086:

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–        marchio registrato con il numero 2117828:

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–        marchio registrato con il numero 2107118:

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7        Tali quattro marchi dell’Unione europea figurativi anteriori designavano in particolare i prodotti e i servizi rientranti, rispettivamente, per quanto concerne il primo, nelle classi 30, 32 e 33, per quanto riguarda il secondo, nella classe 32, riguardo al terzo, nelle classi 32 e 43 e, per quanto riguarda il quarto, nelle classi 32 e 33, corrispondenti, per ciascuno di detti marchi e di dette classi, alla seguente descrizione:

–        per il marchio dell’Unione europea n. 8792475:

–        classe 30: «Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca, sago, succedanei del caffè; farine e preparati fatti di cereali, pane, pasticceria e confetteria, gelati; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio»;

–        classe 32: «Birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcooliche; bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande»;

–        classe 33: «Bevande alcooliche (tranne le birre)»;

–        per il marchio dell’Unione europea n. 3021086: «Bevande, ovvero acque da bere, acque aromatizzate, acque minerali e acque gassate; e altre bevande analcoliche, ovvero, bevande analcoliche, bevande energetiche e bevande per lo sport; bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi, concentrati e polveri per fare bevande, ovvero acque minerali e gassate, ed in particolare bevande analcoliche, bevande energetiche, bevande per lo sport, bevande a base di frutta e succhi di frutta», rientranti nella classe 32;

–        per il marchio dell’Unione europea n. 2117828:

–        classe 32: «Birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcooliche; bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande»;

–        classe 43: «Servizi di ristorazione; alloggi temporanei»;

–        per il marchio dell’Unione europea n. 2107118:

–        classe 32: «Birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcooliche; bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande»;

–        classe 33: «Bevande alcoliche (tranne le birre)».

8        L’opposizione si fondava, in secondo luogo, sul marchio figurativo anteriore del Regno Unito, registrato con il numero 2428468, qui di seguito riprodotto:

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9        Tale marchio figurativo anteriore del Regno Unito designava in particolare i prodotti rientranti nella classe 32 e corrispondenti alla seguente descrizione: «Birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcooliche; bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande».

10      I motivi dedotti a sostegno dell’opposizione erano quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001) e all’articolo 8, paragrafo 5, del medesimo regolamento (divenuto articolo 8, paragrafo 5, del regolamento 2017/1001).

11      Nel corso del procedimento di opposizione, la ricorrente ha fornito elementi di prova relativi, a suo parere, all’uso commerciale da parte dell’interveniente del marchio oggetto della domanda di registrazione. Tali elementi includevano una testimonianza della sig.ra R., all’epoca consulente della ricorrente, datata 23 febbraio 2011, alla quale quest’ultima allegava catture di schermate stampate il 16 febbraio 2011 e tratte dal sito Internet «www.mastercola.com» dell’interveniente. Tali catture di schermate erano volte a dimostrare che l’interveniente usava in ambito commerciale il marchio richiesto, in particolare nella forma seguente:

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12      Il 26 settembre 2011, la divisione di opposizione ha respinto integralmente l’opposizione.

13      Contro la decisione della divisione di opposizione, il 17 ottobre 2011 la ricorrente ha presentato ricorso dinanzi all’EUIPO a norma degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009 (divenuti articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001).

14      Con decisione del 29 agosto 2012 (in prosieguo: la «prima decisione»), la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso. Da un lato, per quanto riguarda il motivo di opposizione fondato sull’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, essa ha ritenuto che fosse di immediata evidenza che i segni in conflitto non erano affatto simili ed ha quindi concluso per l’insussistenza di un rischio di confusione tra di essi, nonostante l’identità dei prodotti interessati. Dall’altro, per quanto riguardava il motivo di opposizione fondato sull’articolo 8, paragrafo 5, del medesimo regolamento, essa ha ritenuto che, dato che i segni non erano simili, non fosse soddisfatta la prima condizione di applicazione di tale articolo, ossia l’esistenza di un collegamento tra il marchio richiesto ed il marchio anteriore. Peraltro, essa ha respinto gli elementi di prova prodotti dalla ricorrente (v. punto 11 supra) per il motivo che, nell’ambito di detto articolo, poteva essere preso in considerazione soltanto l’uso del marchio di cui l’interveniente aveva chiesto la registrazione.

15      Il 5 novembre 2012 la ricorrente ha proposto dinanzi al Tribunale un ricorso volto ad ottenere l’annullamento della prima decisione. A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente ha dedotto, in sostanza, un motivo unico, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 e articolato in due parti. Nella prima parte, essa ha contestato all’EUIPO di aver confuso la valutazione della somiglianza dei marchi in conflitto ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento, con la valutazione relativa all’esistenza di un collegamento tra detti marchi in applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, di tale regolamento. Nella seconda parte, la ricorrente ha contestato all’EUIPO di aver ignorato gli elementi di prova relativi all’uso commerciale del marchio richiesto, pertinenti per dimostrare l’intenzione dell’interveniente di trarre indebito vantaggio dalla notorietà dei marchi anteriori.

16      Con sentenza dell’11 dicembre 2014, Coca-Cola/UAMI – Mitico (Master) (T‑480/12, EU:T:2014:1062), il Tribunale ha annullato la prima decisione.

17      Per quanto riguarda la prima parte del motivo unico, ai punti 34 e 35 della sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), il Tribunale ha innanzitutto ricordato che l’esistenza di una somiglianza tra i segni in conflitto costituiva una condizione per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, respingendo una contestazione in senso contrario della ricorrente. Successivamente, al punto 64 di tale sentenza, il Tribunale ha rilevato che i segni in conflitto presentavano, oltre ad evidenti differenze visive, elementi di somiglianza visiva relativi non soltanto alla «coda» che prolunga le loro rispettive lettere iniziali, «c» ed «m», in una curvatura che evoca una firma con uno svolazzo, ma altresì al comune utilizzo di un carattere tipografico poco comune nella prassi commerciale contemporanea: la scrittura spencerian, percepita nella sua globalità dal consumatore di riferimento. Al punto 70 di detta sentenza, il Tribunale, effettuando una valutazione globale di detti elementi di somiglianza e di diversità, ha considerato che i segni in conflitto, perlomeno i quattro marchi anteriori Coca-Cola ed il marchio richiesto, presentassero un tenue grado di somiglianza, atteso che le loro differenze fonetiche e concettuali, nonostante gli elementi di diversità visiva, erano neutralizzate dagli elementi di somiglianza visiva complessiva, che avevano maggiore importanza. Per contro, il marchio anteriore del Regno Unito, considerata in particolare la sua brevità, è stato giudicato diverso dal marchio richiesto. Ai punti da 74 a 76 della sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), il Tribunale ha dichiarato che i segni in conflitto presentavano un grado di somiglianza, certamente tenue, ma nondimeno sufficiente affinché il pubblico di riferimento associ il marchio richiesto e i quattro marchi anteriori Coca-Cola, vale a dire stabilisca un collegamento tra loro ai sensi di detto articolo. Di conseguenza, ha invitato la commissione di ricorso a esaminare le altre condizioni per l’applicazione di tale articolo, in particolare la sussistenza di un rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori o rechi pregiudizio agli stessi.

18      Peraltro, nella sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), il Tribunale ha ritenuto opportuno esaminare la seconda parte del motivo unico, relativa alla pertinenza degli elementi di prova forniti dalla ricorrente e respinti dalla commissione di ricorso, ossia le catture di schermate del sito Internet dell’interveniente «www.mastercola.com» (v. punto 11 supra). Ai punti da 86 a 88 di tale sentenza, il Tribunale ha rilevato che la giurisprudenza non limitava affatto al solo marchio richiesto gli elementi pertinenti da prendere in considerazione ai fini dell’accertamento del rischio di parassitismo – ossia del rischio che dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori sia tratto un indebito vantaggio – ma consentiva altresì di prendere in considerazione tutti gli elementi di prova destinati ad effettuare una disamina delle probabilità per quanto concerne le intenzioni del titolare del marchio richiesto e, a fortiori, gli elementi di prova relativi all’effettivo uso commerciale del marchio richiesto. Ebbene, il Tribunale ha ritenuto che gli elementi di prova prodotti dalla ricorrente nel corso del procedimento di opposizione costituissero manifestamente elementi pertinenti ai fini dell’accertamento di un simile rischio di parassitismo nel caso di specie e ha pertanto concluso che la commissione di ricorso aveva commesso un errore escludendo tali elementi di prova. Pertanto, al punto 93 della sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), il Tribunale ha invitato la commissione di ricorso a prendere in considerazione detti elementi di prova in sede di esame delle condizioni per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

19      Con decisione del 23 giugno 2015, in seguito alla sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), il Presidium delle commissioni di ricorso ha rinviato il procedimento alla quarta commissione di ricorso, assegnandogli il numero R 1251/2015-4.

20      Con decisione del 2 dicembre 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quarta commissione di ricorso ha nuovamente respinto il ricorso della ricorrente avverso la decisione della divisione di opposizione, respingendo l’opposizione.

21      In via preliminare, prendendo atto della rinuncia, dinanzi al Tribunale, della ricorrente alla sua censura fondata sull’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 (sentenza dell’11 dicembre 2014, Master, T‑480/12, EU:T:2014:1062, punto 21), la commissione di ricorso ha rilevato che l’ambito di applicazione del ricorso era limitato all’opposizione fondata sull’articolo 8, paragrafo 5, del medesimo regolamento. Successivamente, prendendo atto della constatazione, da parte del Tribunale, della diversità del marchio richiesto rispetto al marchio anteriore del Regno Unito (sentenza dell’11 dicembre 2014, Master, T‑480/12, EU:T:2014:1062, punto 70), essa ha ritenuto l’opposizione infondata sotto tale profilo. Inoltre, prendendo atto della constatazione, da parte del Tribunale, dell’esistenza di un collegamento tra il marchio richiesto ed i quattro marchi anteriori Coca-Cola (sentenza dell’11 dicembre 2014, Master, T‑480/12, EU:T:2014:1062, punto 74) e ricordando che è pacifico che tali marchi anteriori siano noti in quanto «bevande analcoliche», essa ha indicato che la sola condizione di applicazione ancora da esaminare era quella del rischio che l’uso del marchio richiesto traesse indebito vantaggio da tale notorietà.

22      Per quanto attiene alla condizione del rischio di indebito vantaggio tratto dalla notorietà, la commissione di ricorso ha ricordato che, nella prima decisione, essa aveva constatato, in sostanza, che le prove – ossia le catture di schermate del sito Internet dell’interveniente «www.mastercola.com» (v. punto 11 supra) – non riguardavano il marchio richiesto e non le aveva, di conseguenza, prese in considerazione. Essa ha tuttavia aggiunto che, «qualora i marchi rappresentati nelle precedenti immagini fossero effettivamente oggetto della domanda in questione, non vi sarebbe alcun dubbio che la loro registrazione potrebbe essere negata» e che, «al contrario, qualora il marchio richiesto nel caso di specie fosse usato nel mercato, occorrerebbe effettivamente domandarsi se l’uso di tale particolare segno possa essere evitato». Essa ha inoltre constatato che «[l]e prove dimostra[va]no che l’[interveniente] vend[eva] le sue bevande in bottiglie che presentavano lo stesso aspetto, le stesse immagini, lo stesso stile, lo stesso carattere e il medesimo imballaggio delle bottiglie vendute dal[la ricorrente] sotto il nome Coca-Cola».

23      Tuttavia, la commissione di ricorso ha ritenuto che tali prove avessero una portata tale da non potere fondare l’opposizione e, in particolare, l’esistenza di un rischio di parassitismo, sostanzialmente per i tre motivi seguenti. In primo luogo, la commissione di ricorso ha constatato che dette prove non dimostravano che l’interveniente usasse nell’Unione europea la presentazione riportata sul suo sito Internet «www.mastercola.com». A sostegno di tale constatazione, essa ha rilevato il fatto che tale sito Internet fosse redatto essenzialmente in arabo, nonostante l’esistenza di una pagina in inglese, nonché l’assenza di qualsiasi indicazione circa la possibilità di ordinare on line l’invio nell’Unione dei prodotti proposti. In secondo luogo, la commissione di ricorso ha ritenuto che il semplice fatto del deposito di un marchio dell’Unione europea – la cui presentazione era diversa da quella contenuta nel sito Internet dell’interveniente – non indicasse che quest’ultima aveva l’intenzione di promuovere i propri prodotti nell’Unione allo stesso modo in cui li promuoveva in Siria o in Medio Oriente. In particolare, la commissione di ricorso ha affermato di non sapere chi fosse il titolare dei diritti in tali paesi e che la ricorrente non aveva dedotto una violazione dei propri diritti in tale regione. In terzo luogo, la commissione di ricorso ha ritenuto che neppure la ricorrente avesse mostrato l’immagine concreta che avrebbe potuto essere trasferita dai quattro marchi anteriori Coca-Cola alla domanda in questione all’interno dell’Unione o al di fuori della stessa, in particolare per i prodotti rientranti nelle classi 29 e 30, ma anche per le bevande di cui alla classe 32. A suo parere, quindi, le prove prodotte non consentivano di stabilire in modo chiaro cosa significasse Coca-Cola. La commissione di ricorso ha osservato che, essendo vincolata agli argomenti delle parti in forza dell’articolo 76 del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 95 del regolamento 2017/1001), non era legittimata a tentare di ottenere essa stessa la produzione di tali argomenti. Peraltro, la commissione di ricorso ha applicato un argomento analogo ai rischi di diluizione o di annacquamento. Infine, tenuto conto di tutte le prove prodotte, la commissione di ricorso ha ritenuto l’opposizione priva di fondamento ed ha respinto il ricorso.

 Conclusioni delle parti

24      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EUIPO e l’interveniente a sopportare le loro spese nonché quelle da essa sostenute in ogni fase del procedimento di opposizione e di ricorso, incluse le spese del presente procedimento.

25      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

26      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese da essa sostenute sia dinanzi all’EUIPO che dinanzi al Tribunale.

 In diritto

27      A sostegno del suo ricorso la ricorrente deduce, in sostanza, due motivi, relativi alla violazione, rispettivamente, dell’articolo 8, paragrafo 5, e dell’articolo 65, paragrafo 6, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 72, paragrafo 6, del regolamento 2017/1001). Con il primo motivo, essa contesta all’EUIPO di non aver riconosciuto la pertinenza degli elementi di prova che dimostrano le intenzioni dell’interveniente riguardanti l’uso del marchio richiesto e, pertanto, l’esistenza di un rischio che l’uso senza giusto motivo di detto marchio tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori. Con il secondo motivo, contesta all’EUIPO di non aver dato esecuzione al dispositivo della sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), o quantomeno di non avervi dato esecuzione in modo adeguato.

28      L’EUIPO e l’interveniente concludono per il rigetto di tali due motivi.

29      In via preliminare, non occorre rimettere in discussione le valutazioni della commissione di ricorso, non contestate dalle parti, relative al pubblico di riferimento e all’identità dei prodotti designati dai marchi in conflitto (sentenza dell’11 dicembre 2014, Master, T‑480/12, EU:T:2014:1062, punto 22). Successivamente, occorre rilevare che la ricorrente approva espressamente la decisione impugnata in diversi punti, compresa la limitazione della portata del ricorso all’opposizione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, in conseguenza al punto 21 della sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), nonché le valutazioni di fatto della commissione di ricorso relative, da un lato, all’esistenza di una somiglianza e di un collegamento tra i quattro marchi anteriori Coca-Cola ed il marchio richiesto, in conseguenza al punto 74 della sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), e, dall’altro, alla notorietà di cui godono tali marchi nell’ambito delle bevande analcoliche di cui alla classe 32. Infine, è possibile osservare che la ricorrente non contesta il rigetto del ricorso e dell’opposizione sulla base del marchio anteriore del Regno Unito, in conseguenza al punto 70 della sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062, punto 70) (v. punto 21 supra).

30      Il Tribunale ritiene opportuno esaminare il secondo motivo e successivamente il primo.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 65, paragrafo 6, del regolamento n. 207/2009

31      Con il secondo motivo, la ricorrente afferma che la commissione di ricorso non ha adottato i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), in violazione dell’articolo 65, paragrafo 6, del regolamento n. 207/2009. Essa afferma che il Tribunale, nella sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), ha concluso per il carattere manifestamente pertinente degli elementi di prova relativi all’uso commerciale del marchio richiesto «con piena cognizione della portata geografica» di detti elementi di prova, poiché tale questione era stata sollevata dall’interveniente nell’ambito del procedimento amministrativo con una dichiarazione del 9 maggio 2012 e, pertanto, faceva parte degli elementi presentati al Tribunale. La commissione di ricorso, a suo parere, avrebbe dovuto limitarsi a valutare la questione dell’indebito vantaggio tenendo conto delle conclusioni del Tribunale sulla pertinenza degli elementi di prova relativi all’uso commerciale del marchio richiesto. La commissione di ricorso sarebbe quindi incorsa in errore laddove ha respinto tali elementi di prova a motivo della loro portata geografica.

32      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente. Certamente, concorda sul fatto che la commissione di ricorso avesse inizialmente commesso l’errore di respingere tali elementi di prova. Tuttavia, sostiene che, non avendo il Tribunale valutato tali prove, quest’ultimo non poteva pronunciarsi sull’indebito vantaggio sulla base di dette prove. Invita pertanto il Tribunale a precisare se la questione dell’uso del marchio richiesto, all’interno dell’Unione o al di fuori della stessa, facesse o meno parte delle considerazioni presentate al Tribunale quando quest’ultimo ha pronunciato la propria sentenza.

33      L’interveniente sostiene che la commissione di ricorso abbia effettivamente preso in considerazione gli estratti del suo sito Internet e che, dopo averli esaminati, abbia correttamente concluso che non consentissero di dimostrare l’esistenza di un rischio di violazione dei diritti della ricorrente. Essa ritiene che la commissione di ricorso non fosse tenuta ad accertare che gli estratti di detto sito provassero quanto affermato dalla ricorrente.

34      Occorre ricordare che, nell’ambito di un ricorso proposto dinanzi al giudice dell’Unione avverso la decisione di una commissione di ricorso dell’EUIPO, quest’ultimo, conformemente all’articolo 266 TFUE e all’articolo 65, paragrafo 6, del regolamento n. 207/2009, è tenuto a prendere i provvedimenti necessari per conformarsi ad un’eventuale sentenza di annullamento da parte del giudice dell’Unione.

35      Secondo costante giurisprudenza, non spetta al Tribunale emettere ingiunzioni nei confronti dell’EUIPO e incombe a quest’ultimo trarre, ove occorra, le conseguenze dal dispositivo e dalla motivazione delle sentenze del Tribunale [sentenze del 31 gennaio 2001, Mitsubishi HiTec Paper Bielefeld/UAMI (Giroform), T‑331/99, EU:T:2001:33, punto 33; del 13 giugno 2007, IVG Immobilien/UAMI (I), T‑441/05, EU:T:2007:178, punto 13, e del 6 ottobre 2011, Bang & Olufsen/UAMI (Forma di un altoparlante), T‑508/08, EU:T:2011:575, punto 31].

36      Nel caso di specie, in via preliminare, occorre ricordare che il passaggio pertinente alla pagina 12 delle osservazioni sul ricorso, dinanzi alla commissione di ricorso, dell’interveniente del 9 maggio 2012 è così formulato:

«(…) il marchio [dell’Unione europea] figurativo Master è usato in diversi prodotti in un modo totalmente distinto da quello in cui sono commercializzati i prodotti Coca-Cola. Occorre sottolineare che (…) il marchio [dell’Unione europea] figurativo Master non è simile ai marchi Coca-Cola. Inoltre, la [ricorrente] non ha mai provato che nessun uso di detto marchio nell’Unione sfruttasse i [suoi] sforzi di marketing».

37      A tale riguardo, occorre rilevare, al pari dell’EUIPO, che, nelle summenzionate osservazioni, l’interveniente non ha preso posizione sugli elementi di prova in questione, ossia gli estratti del sito Internet «www.mastercola.com» depositati insieme alla testimonianza della sig.ra R. del 23 febbraio 2011 (v. punto 11 supra). Si deve pertanto ritenere che tale dichiarazione dell’interveniente, secondo la quale non era stato dimostrato alcun parassitismo all’interno dell’Unione, debba essere interpretata come un’affermazione secondo la quale essa non aveva mai usato il marchio richiesto nell’Unione. Occorre quindi necessariamente constatare che l’interveniente non si è pronunciata sulla portata geografica di tali elementi di prova.

38      Inoltre, né la divisione di opposizione né la seconda commissione di ricorso, nella prima decisione, si sono pronunciate sull’argomento.

39      Da quanto precede risulta che la questione della portata geografica di tali elementi di prova non è stata discussa tra le parti nel corso del procedimento amministrativo né è stata esaminata dalla commissione di ricorso nella prima decisione.

40      Ne consegue che tale questione non è stata sottoposta al Tribunale e non era oggetto della controversia dinanzi ad esso quando quest’ultimo ha pronunciato la sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062).

41      Di conseguenza, nella sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), il Tribunale non avrebbe potuto pronunciarsi sulla questione della portata geografica di tali elementi di prova.

42      Ai punti 89 e 90 della sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), il Tribunale ha dichiarato che gli elementi di prova relativi all’uso commerciale del marchio richiesto, come erano stati prodotti dalla ricorrente nel corso del procedimento di opposizione, costituivano manifestamente elementi pertinenti ai fini dell’accertamento di un rischio di parassitismo nel caso di specie. Da ciò ha concluso che la commissione di ricorso aveva commesso un errore escludendo tali elementi di prova in sede di applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

43      Per contro, come osserva giustamente l’EUIPO, non avendo il Tribunale valutato esso stesso tali elementi di prova, in particolare la loro portata geografica, quest’ultimo non poteva pronunciarsi sulla questione se essi dimostrassero o meno l’esistenza di un indebito vantaggio tratto dalla notorietà dei marchi anteriori.

44      Peraltro, il Tribunale non avrebbe potuto pronunciarsi su una questione non esaminata dalla commissione di ricorso senza procedere ad una sostituzione della motivazione, che esula dal suo sindacato di legittimità, in violazione della giurisprudenza.

45      Per tale motivo, ai punti 92 e 93 della sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), il Tribunale ha statuito quanto segue:

«Tuttavia, come è stato rilevato supra, al punto 75, poiché la commissione di ricorso non ha esaminato la questione dell’eventuale vantaggio indebito che sarebbe tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori, non spetta al Tribunale pronunciarsi in proposito, per la prima volta, nell’ambito del suo controllo di legittimità della decisione impugnata [v., in tal senso, sentenze del 5 luglio 2011, Edwin/UAMI, C‑263/09 P, EU:C:2011:452, punti 72 e 73; del 14 dicembre 2011, Völkl/UAMI – Marker Völkl (VÖLKL), T‑504/09, EU:T:2011:739, punto 63, e del 29 marzo 2012, You-Q/UAMI – Apple Corps (BEATLE), T‑369/10, EU:T:2012:177, punto 75 e giurisprudenza ivi citata].

Spetterà dunque alla commissione di ricorso, in sede di esame delle condizioni per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 (v. supra, punto 76), prendere in considerazione gli elementi di prova relativi all’uso commerciale del marchio richiesto, come prodotti dalla ricorrente nel corso del procedimento di opposizione».

46      Il Tribunale ha quindi incaricato la commissione di ricorso di valutare essa stessa tali elementi di prova in sede di esame delle condizioni per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, senza vincolarla ad una valutazione specifica.

47      Ebbene, si deve necessariamente constatare che ai punti da 27 a 33 della decisione impugnata, la commissione di ricorso, conformandosi alla sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), ha preso in debita considerazione tali elementi di prova pertinenti, senza respingerli come nella prima decisione, ed ha effettuato una valutazione della loro portata e del loro valore probatorio in sede di esame delle condizioni per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, in particolare quella del rischio di indebito vantaggio.

48      Pertanto, non può essere contestato alla commissione di ricorso di non aver adottato i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), in violazione dell’articolo 65, paragrafo 6, del regolamento n. 207/2009.

49      Occorre pertanto respingere il secondo motivo.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009

50      Con il primo motivo, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso abbia violato l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 nel non aver preso in considerazione gli elementi di prova relativi all’uso commerciale del marchio richiesto, con la motivazione che nessuna di tali prove riguardava l’Unione europea. A suo parere, la commissione di ricorso avrebbe dovuto valutare l’esistenza di un rischio di indebito vantaggio alla luce di tali elementi di prova pertinenti, che l’avrebbero portata a concludere che l’uso del marchio richiesto provocava quantomeno un serio rischio che dai quattro marchi anteriori Coca‑Cola fosse tratto un indebito vantaggio. A tale riguardo essa deduce, in sostanza, due censure.

51      Con la prima censura, la ricorrente contesta alla commissione di ricorso di non aver tenuto conto di detti elementi di prova in modo appropriato e conforme a quanto le veniva imposto dalla sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062). Essa ritiene che la questione della portata geografica di tali elementi di prova fosse già stata sottoposta al Tribunale, il quale aveva nondimeno concluso nel senso della loro manifesta pertinenza, circostanza che la commissione di ricorso era tenuta a prendere in considerazione.

52      Con la seconda censura, la ricorrente sostiene, in ogni caso, che la commissione di ricorso abbia commesso un errore laddove non ha tenuto conto delle deduzioni logiche derivanti da tali elementi di prova. A suo parere, l’uso effettivo del marchio richiesto dall’interveniente mediante una presentazione particolare ed appositamente scelta al di fuori dell’Unione porterebbe necessariamente alla deduzione logica che esiste un serio rischio che tale marchio venga usato allo stesso modo nell’Unione. Ciò varrebbe, a fortiori, qualora, come nel caso di specie, da un lato, gli elementi di prova non consentano di concludere che il sito Internet «www.mastercola.com» non fosse rivolto ai consumatori dell’Unione e, dall’altro, l’interveniente abbia espressamente domandato il marchio richiesto per usarlo nell’Unione.

53      La ricorrente ne ha concluso che gli elementi di prova relativi all’uso del marchio richiesto fossero sufficienti a dimostrare l’intenzione dell’interveniente di sfruttare in maniera parassitaria la notorietà dei suoi marchi. Essa ritiene che la commissione di ricorso avrebbe dovuto constatare, come questione di fatto o mediante deduzione logica, l’intenzione dell’interveniente, all’interno dell’Unione, di trasferire l’immagine dei marchi anteriori della ricorrente ai prodotti contrassegnati dal marchio da essa usato, o il serio rischio che essa lo faccia.

54      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente. Esso rileva, innanzitutto, che la commissione di ricorso ha preso in considerazione tali prove in esecuzione della sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062). Ha quindi concluso che dette prove non dimostrano che la presentazione riportata sul sito Internet «www.mastercola.com» fosse usata all’interno dell’Unione.

55      Successivamente, l’EUIPO ritiene che la questione pertinente sia quella di stabilire se l’uso del marchio richiesto nel modo mostrato dia luogo ad un vantaggio tratto indebitamente. Da un lato, l’EUIPO concorda sul fatto che le prove di un uso concreto effettuato in qualsiasi parte del mondo possano fornire un’indicazione sul modo in cui il marchio richiesto può essere usato nell’Unione, cosicché tale uso al di fuori dell’Unione può permettere di stabilire se l’uso del marchio richiesto possa trarre un indebito vantaggio dalla notorietà dei marchi anteriori. Dall’altro, l’EUIPO ritiene che valutare se l’uso all’interno dell’Unione possa essere considerato una delle violazioni di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 alla luce di atti di uso realizzati in paesi terzi equivale ad effettuare un’analisi basata su una mera speculazione. Ciò vale a maggior ragione in quanto alcuni elementi di presentazione usati al di fuori dell’Unione, ma che non fanno parte del marchio richiesto, ossia l’etichetta rossa sulla quale è scritta in bianco l’espressione «Master Cola», la forma caratteristica del contenitore e del tappo rosso (in prosieguo: gli «elementi di presentazione»), giocherebbero un ruolo importante nella capacità del pubblico di associare in maniera parassitaria il marchio richiesto a quello della ricorrente.

56      Secondo l’EUIPO, il ragionamento della commissione di ricorso si basa sull’idea che, sebbene l’analisi di cui all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, sia per propria natura prospettica, essa deve basarsi su elementi obiettivi piuttosto che su ipotesi e speculazioni. Nel caso di specie, l’EUIPO concorda sul fatto che atti di uso concreti all’interno dell’Unione avrebbero potuto illustrare il reale rischio che l’uso del marchio richiesto possa trarre un indebito vantaggio dalla notorietà dei marchi anteriori nell’Unione. Tuttavia, l’EUIPO ritiene che un’analisi basata su atti di uso realizzati al di fuori dell’Unione non consenta di trarre, con sufficiente grado di certezza, conclusioni sul modo in cui il marchio richiesto sarà usato nel territorio di riferimento, ossia quello dell’Unione. L’EUIPO considera che il bilanciamento delle probabilità potrebbe essere troppo debole. Non si potrebbe infatti presumere che l’altra parte applichi all’interno dell’Unione la medesima strategia di marketing utilizzata in paesi terzi. Potrebbe quindi non essere sufficiente a suffragare la pretesa della ricorrente un possibile uso del marchio richiesto all’interno dell’Unione con un imballaggio specifico e colori diversi da quelli rappresentati nella domanda di marchio dell’Unione europea. In altri termini, il fatto che un uso sia effettuato al di fuori dell’Unione mediante detti elementi di presentazione non può essere assimilato ad una «intenzione» di usare il marchio richiesto allo stesso modo all’interno dell’Unione.

57      Inoltre, l’EUIPO sostiene che il fatto di basare una decisione relativa all’applicabilità dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 su fatti che hanno avuto luogo al di fuori dell’Unione svuoterebbe di contenuto il principio di territorialità. L’EUIPO rileva che, conformemente alla Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà industriale, del 20 marzo 1883, come rivista e modificata, la registrazione o l’uso di un marchio in un paese produce effetti in un altro paese soltanto in circostanze eccezionali, come nel caso in cui venga rivendicato un diritto di proprietà o sia fatta valere la notorietà in un paese di un marchio usato o registrato in un altro paese (rispettivamente articolo 4 e articolo 6 bis della Convenzione di Parigi). Come qualsiasi eccezione, dovrebbe essere interpretata in maniera restrittiva e, in mancanza di una disposizione contraria specifica, contenuta nella Convenzione di Parigi oppure nel regolamento n. 207/2009, sarebbe impossibile negare la registrazione di un marchio nell’Unione sulla base di atti compiuti al di fuori del territorio dell’Unione.

58      Infine, l’EUIPO sostiene che la ricorrente non abbia fornito alcuna prova su diversi aspetti. Non avrebbe così dato alcuna indicazione sul numero di consumatori dell’Unione che avrebbero visitato il sito Internet «www.mastercola.com» al fine di ottenere informazioni sull’uso del marchio con una presentazione che rafforza ulteriormente le somiglianze. Più in generale, non avrebbe fornito alcuna prova che dimostri che la presentazione in questione è o sarà usata all’interno dell’Unione e che l’interveniente ne trarrà un vantaggio attuale o futuro nell’Unione. Secondo l’EUIPO, anche qualora si potesse dedurre con ragionevole certezza che il marchio richiesto sarà usato nella medesima forma usata sul sito Internet, con gli elementi di presentazione, ciò non sarebbe sufficiente per dimostrare l’esistenza di un vantaggio per l’interveniente. Infatti, la ricorrente non avrebbe mostrato quale immagine concreta poteva essere trasferita dai quattro marchi anteriori Coca-Cola al marchio richiesto, nell’Unione o al di fuori di essa, in particolare riguardo ai prodotti compresi nelle classi 29 e 30, ma anche nei confronti delle bevande rientranti nella classe 32. A tale riguardo, l’EUIPO osserva che la ricorrente non contesta l’affermazione, contenuta nella decisione impugnata, secondo la quale, per quanto riguarda i prodotti rientranti nelle classi 29 e 30, essa non ha fornito alcun argomento o prova in merito ad un eventuale trasferimento dell’immagine di detti marchi Coca-Cola. L’EUIPO aggiunge che nessuno dei prodotti rientranti nelle classi 29 e 30 è una bevanda rinfrescante per la quale sono noti i marchi anteriori.

59      L’interveniente contesta gli argomenti della ricorrente. Essa afferma innanzitutto che il marchio raffigurato sugli estratti del suo sito Internet «www.mastercola.com» non è il marchio Master, scritto in lettere latine ed arabe di colore nero, ma il marchio Master Cola, scritto in lettere latine di colore bianco. Essa ritiene che l’uso di un altro marchio, quale Master Cola, non sia pertinente nel caso di specie.

60      Inoltre, l’interveniente sostiene che non è stato provato che essa usi all’interno dell’Unione la presentazione riportata sul suo sito Internet «www.mastercola.com». In linea con la commissione di ricorso, essa ritiene che il semplice deposito di un marchio dell’Unione – la cui presentazione differisce da quella contenuta nel suo sito Internet – non indica che essa abbia l’intenzione di promuovere i propri prodotti nell’Unione allo stesso modo in cui li promuove in Siria o in Medio Oriente. In ogni caso, la ricorrente non ha fatto riferimento ad una violazione dei suoi diritti in tale regione.

61      Infine, l’interveniente afferma che neppure la ricorrente ha mostrato quale fosse l’immagine concreta che poteva essere trasferita dai quattro marchi anteriori Coca-Cola al marchio richiesto, nell’Unione o al di fuori di essa.

62      L’interveniente ne conclude che risulta dimostrato che essa non ha alcuna intenzione di trarre qualsivoglia vantaggio dai quattro marchi anteriori Coca-Cola e dalla loro notorietà. Essa ritiene «inconcepibile» che il deposito del marchio richiesto, composto dall’elemento «master» scritto in bianco e nero, accompagnato da un testo in arabo, possa servire a trarre un indebito vantaggio dalla notorietà della ricorrente.

 Richiamo della giurisprudenza e osservazioni preliminari

63      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, «[i]n seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore ai sensi del paragrafo 2, la registrazione del marchio depositato è altresì esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore [e] se ne viene richiesta la registrazione per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio [dell’Unione europea] anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà [nell’Unione] o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi».

64      Dal tenore dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, risulta che la sua applicazione è soggetta alle condizioni seguenti: in primo luogo, l’identità o la somiglianza dei marchi in conflitto; in secondo luogo, l’esistenza della notorietà del marchio anteriore invocata in sede di opposizione; in terzo luogo, la sussistenza del rischio che l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o rechi pregiudizio allo stesso. Queste condizioni sono cumulative e la mancanza di una di esse è sufficiente a rendere inapplicabile la suddetta disposizione (v. sentenza dell’11 dicembre 2014, Master, T‑480/12, EU:T:2014:1062, punto 25 e giurisprudenza ivi citata).

65      Per quanto riguarda la terza condizione, occorre ricordare che il rischio di indebito vantaggio tratto dal carattere distintivo del marchio anteriore o dalla sua notorietà è dimostrato in particolare in caso di tentativo di sfruttamento e di parassitismo manifesti sulla scia di un marchio famoso e che vi si fa, quindi, riferimento mediante la nozione di «rischio di parassitismo». In altri termini, si tratta del rischio che l’immagine del marchio notorio o le caratteristiche da quest’ultimo proiettate siano trasferite ai prodotti designati dal marchio richiesto, in modo che la commercializzazione di questi ultimi sia facilitata da tale associazione con il marchio anteriore notorio (v. sentenza dell’11 dicembre 2014, Master, T‑480/12, EU:T:2014:1062, punto 82 e giurisprudenza ivi citata; v. inoltre, in tal senso, sentenza del 18 giugno 2009, L’Oréal e a., C‑487/07, EU:C:2009:378, punto 41).

66      Al fine di determinare se l’uso del segno tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio, occorre effettuare una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli elementi pertinenti del caso di specie, fra i quali compaiono, in particolare, l’intensità della notorietà e il grado del carattere distintivo del marchio, il grado di somiglianza fra i marchi in conflitto, nonché la natura e il grado di prossimità dei prodotti o dei servizi interessati. Relativamente all’intensità della notorietà e del grado di carattere distintivo del marchio, la Corte ha dichiarato che più il carattere distintivo e la notorietà di tale marchio sono rilevanti, più facilmente sarà ammessa l’esistenza di una violazione. Dalla giurisprudenza risulta inoltre che più l’evocazione del marchio ad opera del segno è immediata e forte, più aumenta il rischio che l’uso attuale o futuro del segno tragga un vantaggio indebito dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio o rechi loro pregiudizio (sentenza del 18 giugno 2009, L’Oréal e a., C‑487/07, EU:C:2009:378, punto 44 e giurisprudenza ivi citata; v. inoltre, in tal senso, sentenza dell’11 dicembre 2014, Master, T‑480/12, EU:T:2014:1062, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

67      Spetta al titolare del marchio anteriore che si avvale dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 dimostrare che l’uso del marchio posteriore possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del suo marchio anteriore. A tal fine, il titolare del marchio anteriore non è tenuto a dimostrare l’esistenza di una violazione effettiva e attuale del suo marchio, come conferma il carattere potenziale della formulazione di detta disposizione. Quando, infatti, è prevedibile che dall’uso che il titolare del marchio posteriore potrebbe fare del proprio marchio deriverà una tale violazione, il titolare del marchio anteriore non può essere obbligato ad attendere che questa si avveri per poter far vietare detto uso. Tuttavia, il titolare del marchio anteriore deve dimostrare l’esistenza di elementi che permettano di concludere per un rischio serio che la violazione abbia luogo in futuro [v., in tal senso, sentenza del 22 maggio 2012, Environmental Manufacturing/UAMI – Wolf (Rappresentazione di una testa di lupo), T‑570/10, EU:T:2012:250, punto 51 e giurisprudenza ivi citata] o, in altri termini, addurre elementi che permettano di concludere prima facie nel senso di un rischio futuro non ipotetico di indebito vantaggio o di pregiudizio [v. sentenza del 7 ottobre 2015, Panrico/UAMI – HDN Development (Krispy Kreme DOUGHNUTS), T‑534/13, non pubblicata, EU:T:2015:751, punto 76 e giurisprudenza ivi citata].

68      Secondo una costante giurisprudenza, si può pervenire a concludere nel senso di un rischio di parassitismo, come anche nel senso di un rischio di diluizione o di annacquamento, segnatamente in base a deduzioni logiche – a condizione che non si limitino a mere supposizioni – risultanti da una disamina delle probabilità e tenendo conto delle pratiche abituali nel settore commerciale pertinente, nonché di tutte le altre circostanze del caso di specie (sentenza del 22 maggio 2012, Rappresentazione di una testa di lupo, T‑570/10, EU:T:2012:250, punto 52; v., inoltre, sentenza dell’11 dicembre 2014, Master, T‑480/12, EU:T:2014:1062, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

69      In particolare, la Corte ha considerato che, nell’ambito della valutazione globale volta a stabilire l’esistenza di un vantaggio indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà di un marchio anteriore, era necessario tenere conto, in particolare, del fatto che l’utilizzo di scatole e di flaconi simili a quelli dei profumi imitati era diretto a sfruttare, a scopi pubblicitari, il carattere distintivo e la notorietà dei marchi con cui detti profumi erano commercializzati. La Corte ha altresì precisato che, quando un terzo tenta, con l’uso di un segno simile ad un marchio notorio, di porsi nel solco tracciato da quest’ultimo, al fine di beneficiare del suo potere attrattivo, della sua reputazione e del suo prestigio, così come di sfruttare, senza qualsivoglia corrispettivo economico e senza dover operare sforzi propri a tale scopo, lo sforzo commerciale effettuato dal titolare del marchio per creare e mantenere l’immagine di detto marchio, si deve considerare il vantaggio derivante da siffatto uso come indebitamente tratto dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio in parola (sentenze del 18 giugno 2009, L’Oréal e a., C‑487/07, EU:C:2009:378, punti 48 e 49, e dell’11 dicembre 2014, Master, T‑480/12, EU:T:2014:1062, punto 85).

70      Infine, il Tribunale ha ripetutamente dichiarato che è possibile, segnatamente nel caso di opposizione fondata su un marchio che gode di una notorietà eccezionalmente ampia, che la probabilità di un rischio futuro non ipotetico di pregiudizio o di indebito vantaggio tratto dal marchio richiesto sia talmente manifesta che all’opponente non occorra invocare un altro elemento fattuale a tal fine, né dimostrare l’esistenza di tale elemento [v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2007, Sigla/UAMI – Elleni Holding (VIPS), T‑215/03, EU:T:2007:93, punto 48, e del 27 ottobre 2016, Spa Monopole/EUIPO – YTL Hotels & Properties (SPA VILLAGE), T‑625/15, non pubblicata, EU:T:2016:631, punto 63].

71      È alla luce di tali considerazioni che occorre verificare se la commissione di ricorso abbia correttamente ritenuto che le condizioni per l’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, non ricorressero nel caso di specie.

72      Si deve innanzitutto respingere la prima censura della ricorrente. Infatti, è stato dichiarato ai precedenti punti da 34 a 49 che la commissione di ricorso aveva adottato i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), prendendo in considerazione gli elementi di prova relativi all’uso commerciale del marchio richiesto.

73      Occorre successivamente esaminare la seconda censura della ricorrente, relativa alla dimostrazione di un rischio di indebito vantaggio tratto dalla notorietà dei marchi anteriori, nonché, previamente, alcuni argomenti dell’EUIPO e dell’interveniente a tale riguardo.

 Sulla considerazione dell’uso di un marchio complesso che comprende il marchio richiesto

74      L’interveniente afferma che il marchio rappresentato negli estratti del suo sito Internet «www.mastercola.com» non è il marchio richiesto, ossia Master, ma un altro marchio, Master Cola, il cui uso non sarebbe pertinente nel caso di specie.

75      Dalla giurisprudenza della Corte emerge, nell’ambito dell’acquisizione del carattere distintivo di un marchio attraverso l’uso e del mantenimento di un marchio mediante la prova dell’uso effettivo, che, in via generale, la nozione di «uso» di un marchio ingloba, nel senso del termine in questione, sia l’uso autonomo del marchio stesso che il suo uso quale componente di un altro marchio preso nel suo insieme o in combinazione con quest’ultimo. La Corte ha inoltre precisato che un marchio registrato che sia usato unicamente in quanto parte di un marchio complesso o congiuntamente con un altro marchio deve continuare ad essere percepito come un’indicazione dell’origine del prodotto in questione (v., in tal senso, sentenze del 7 luglio 2005, Nestlé, C‑353/03, EU:C:2005:432, punti 29 e 30; del 18 aprile 2013, Colloseum Holding, C‑12/12, EU:C:2013:253, punti 32, 35 e 36, e del 18 luglio 2013, Specsavers International Healthcare e a., C‑252/12, EU:C:2013:497, punti 23 e 26).

76      Nel caso di specie, si deve necessariamente constatare che il termine «master» costituisce l’elemento distintivo e dominante del marchio Master Cola usato sul sito Internet «www.mastercola.com» dall’interveniente, in particolare per le bevande. Nell’ambito del marchio complesso Master Cola, quindi, l’elemento «master» continua ad essere percepito come un’indicazione dell’origine dei prodotti dell’interveniente. Pertanto, l’uso di tale termine quale componente del marchio complesso Master Cola costituisce certamente un uso del marchio Master in quanto tale.

77      Ne consegue che gli elementi di prova estratti dal sito Internet «www.mastercola.com» dell’interveniente non possono essere respinti per il semplice motivo che il marchio in essi raffigurato è il marchio Master Cola e non il marchio Master in maniera autonoma. Ciò vale a maggior ragione in quanto il primo ricomprende quest’ultimo nella sua interezza.

78      Occorre invece ritenere, al pari di quanto dichiarato nella sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062), che tali elementi di prova siano effettivamente relativi all’uso commerciale del marchio richiesto.

79      La commissione di ricorso ha quindi correttamente preso in considerazione tali elementi di prova in esecuzione della sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062).

 Sulla considerazione dell’uso del marchio richiesto al di fuori dell’Unione europea alla luce del principio di territorialità

80      L’EUIPO afferma che non è possibile respingere la registrazione di un marchio dell’Unione europea sulla base di atti compiuti al di fuori dal territorio dell’Unione. Esso ritiene che il fatto di basare una decisione relativa all’applicabilità dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009 su fatti che hanno avuto luogo al di fuori dell’Unione svuoterebbe di contenuto il principio di territorialità.

81      Occorre ricordare che il principio di territorialità, nell’ambito del diritto dei marchi, implica che è il diritto dello Stato – o dell’unione di Stati – in cui viene chiesta la tutela di un marchio a determinare le condizioni di tale tutela (v., in tal senso, sentenze del 22 giugno 1994, IHT Internationale Heiztechnik e Danzinger, C‑9/93, EU:C:1994:261, punto 22, e del 13 settembre 2012, Protégé International/Commissione, T‑119/09, non pubblicata, EU:T:2012:421, punto 78). Occorre precisare che il principio di territorialità implica altresì che il tribunale di uno Stato o di un’unione di Stati è competente, in tutto o in parte, a conoscere degli atti di contraffazione commessi, o che si minaccia di commettere, nel territorio di tale Stato o di tale unione di Stati, ad esclusione degli Stati terzi (v., in tal senso, sentenza del 12 aprile 2011, DHL Express France, C‑235/09, EU:C:2011:238, punti 37 e 38).

82      Nel caso di specie, in primo luogo, occorre rilevare che l’interveniente ha depositato una domanda di marchio dell’Unione europea. In virtù del principio di territorialità, è il diritto dell’Unione, in particolare il regolamento n. 207/2009, a determinare le condizioni di tale tutela.

83      In secondo luogo, la ricorrente ha presentato opposizione avverso tale domanda di marchio dell’Unione europea sulla base dei quattro marchi dell’Unione europea anteriori Coca-Cola. In virtù del principio di territorialità, tali marchi sono tutelati all’interno dell’Unione e possono essere fatti valere in opposizione ad una domanda di marchio successiva.

84      Tuttavia, occorre constatare che la ricorrente non si è avvalsa di eventuali diritti anteriori riconosciuti in paesi non appartenenti all’Unione. È pertanto priva di pertinenza l’affermazione della commissione di ricorso, al punto 29 della decisione impugnata, secondo la quale essa non sapeva chi fosse il titolare dei diritti in tali paesi e la ricorrente non aveva dedotto una violazione dei propri diritti in tale regione.

85      A tale riguardo, occorre inoltre respingere l’affermazione dell’EUIPO secondo la quale, conformemente agli articoli 4 e 6 bis della Convenzione di Parigi, la registrazione o l’uso di un marchio in un paese produce effetti in un altro paese soltanto in circostanze eccezionali, come nel caso in cui venga rivendicato un diritto di proprietà o sia fatta valere la notorietà in un paese di un marchio usato o registrato in un altro paese. È vero che l’invocazione di un marchio notorio, ai sensi della Convenzione di Parigi, deroga al principio della territorialità nel senso che un marchio non depositato nell’Unione può in ogni caso essere fatto valere in sede di opposizione alla luce della sua notorietà in uno Stato terzo aderente a detta Convenzione. Tuttavia, nel caso di specie, a sostegno della propria opposizione la ricorrente fa valere marchi dell’Unione europea, ossia i quattro marchi anteriori Coca-Cola, e non marchi notori in Stati terzi che non sarebbero depositati nell’Unione. Non sussiste pertanto alcuna deroga al principio di territorialità.

86      Inoltre, occorre rilevare che tali disposizioni della Convenzione di Parigi riguardano eventuali diritti anteriori e non una domanda successiva di marchio dell’Unione europea. Esse pertanto non vietano in alcun modo di prendere in considerazione l’uso in uno Stato terzo del marchio richiesto nell’Unione al fine di dimostrare l’esistenza di un motivo di opposizione all’interno dell’Unione.

87      In terzo luogo, nel caso di specie, la ricorrente deduce l’esistenza del rischio che venga indebitamente tratto un vantaggio dalla notorietà dei suoi marchi anteriori nell’Unione, e non al di fuori di essa. Essa eccepisce l’uso effettivo del marchio richiesto in Stati terzi unicamente a fondamento di una deduzione logica relativa al probabile uso commerciale del marchio richiesto all’interno dell’Unione. È proprio quest’ultima, quindi, ad essere in definitiva pertinente.

88      A tale riguardo, occorre considerare che il principio di territorialità nel diritto dei marchi non esclude in alcun modo la considerazione di atti di uso del marchio richiesto al di fuori dell’Unione europea per basare una deduzione logica relativa al probabile uso commerciale del marchio richiesto nell’Unione, al fine di dimostrare la sussistenza di un rischio che venga indebitamente tratto un vantaggio, nell’Unione, dalla notorietà di un marchio dell’Unione europea anteriore, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

89      Ne consegue, nel caso di specie, che il principio di territorialità non osta alla considerazione di elementi di prova relativi all’uso commerciale effettivo del marchio richiesto Master (abbinato al termine «cola») in Siria ed in Medio Oriente, come gli estratti del sito «www.mastercola.com», che è redatto principalmente in arabo, al fine di dimostrare il rischio che l’uso di detto marchio nell’Unione tragga indebitamente vantaggio dalla notorietà dei quattro marchi dell’Unione europea anteriori Coca-Cola.

 Sulla valutazione delle deduzioni logiche riguardo ad un rischio di parassitismo all’interno dell’Unione

90      La commissione di ricorso, al punto 27 della decisione impugnata, ha constatato che «[l]e prove dimostra[va]no che l’[interveniente] vend[eva] le sue bevande in bottiglie che presentavano lo stesso aspetto, le stesse immagini, lo stesso stile, lo stesso carattere e il medesimo imballaggio delle bottiglie vendute dal[la ricorrente] sotto il nome Coca-Cola».

91      Tuttavia, ai punti da 28 a 33 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che tali prove avessero una tale portata da non potere fondare l’opposizione e, in particolare, l’esistenza di un rischio di parassitismo, sostanzialmente per i tre motivi seguenti. In primo luogo, la commissione di ricorso ha constatato che dette prove non dimostravano che l’interveniente usasse nell’Unione la presentazione riportata sul suo sito Internet «www.mastercola.com». A sostegno di tale constatazione, essa ha rilevato il fatto che tale sito Internet fosse redatto essenzialmente in arabo, nonostante l’esistenza di una pagina in inglese, nonché l’assenza di qualsiasi indicazione circa la possibilità di ordinare on line l’invio nell’Unione dei prodotti proposti. In secondo luogo, la commissione di ricorso ha ritenuto che il semplice fatto del deposito di un marchio dell’Unione europea – la cui presentazione era diversa da quella contenuta nel sito Internet dell’interveniente – non indicasse che quest’ultima aveva l’intenzione di promuovere i propri prodotti nell’Unione allo stesso modo in cui li promuoveva in Siria o in Medio Oriente. In terzo luogo, la commissione di ricorso ha ritenuto che neppure la ricorrente avesse mostrato l’immagine concreta che avrebbe potuto essere trasferita dai quattro marchi anteriori Coca-Cola alla domanda in questione all’interno dell’Unione o fuori della stessa, in particolare per i prodotti rientranti nelle classi 29 e 30, ma anche per le bevande di cui alla classe 32. A suo parere, quindi, le prove prodotte non consentivano di stabilire in modo chiaro cosa significasse Coca-Cola. La commissione di ricorso ha osservato che, essendo vincolata agli argomenti delle parti in forza dell’articolo 76 del regolamento n. 207/2009, non era legittimata a tentare di ottenere essa stessa la produzione di tali argomenti.

92      In primo luogo, si deve necessariamente rilevare che la constatazione della commissione di ricorso secondo la quale le prove non mostrano che l’interveniente usasse nell’Unione la presentazione riportata sul suo sito Internet «www.mastercola.com» è, in sé, inoperante nel caso di specie.

93      Certamente, si deve osservare che il sito Internet «www.mastercola.com», al suo stato attuale, non è principalmente rivolto ai consumatori dell’Unione, in considerazione sia della mancanza in tale sito di riferimenti all’Unione, sia alla sua redazione principalmente in arabo. E ciò indipendentemente dalla presenza dell’elemento «.com» evidenziato dalla ricorrente, nonché dalla presenza della pagina in inglese in esso contenuta al seguente indirizzo: http://www.mastercola.com/companyprofile-en.htm

94      Tuttavia, tale osservazione non rende privi di pertinenza gli estratti di tale sito Internet. Essi, infatti, possono essere alla base di una deduzione logica relativa al probabile uso commerciale del marchio richiesto nell’Unione, al fine di dimostrare la sussistenza di un rischio che venga indebitamente tratto un vantaggio nell’Unione (v. punti 88 e 89 supra).

95      L’EUIPO concordava pertanto giustamente, al punto 32 del suo controricorso, sul fatto che le prove di un uso concreto effettuato in qualsiasi parte del mondo possano fornire un’indicazione sul modo in cui il marchio richiesto può essere usato nell’Unione, cosicché tale uso al di fuori dell’Unione può permettere di stabilire se l’uso del marchio richiesto possa trarre un indebito vantaggio dalla notorietà dei marchi anteriori.

96      Il Tribunale ha quindi ritenuto che, in linea di principio, da una domanda di registrazione di un marchio dell’Unione europea è possibile dedurre logicamente che il suo titolare abbia intenzione di commercializzare i propri prodotti o servizi all’interno dell’Unione europea.

97      Nel caso di specie è pertanto logicamente prevedibile che l’interveniente, nel caso in cui ottenga la registrazione del marchio richiesto, modifichi il suo sito Internet conformemente a tale intenzione di commercializzare i propri prodotti all’interno dell’Unione sotto tale marchio.

98      A tale riguardo, occorre osservare che il sito Internet «www.mastercola.com» non è bloccato e potrebbe essere modificato al fine di indirizzarlo verso i consumatori dell’Unione, in particolare mediante l’aggiunta di contenuti in una o più lingue ufficiali dell’Unione.

99      In secondo luogo, la commissione di ricorso ha ritenuto che il semplice fatto del deposito di un marchio dell’Unione europea da parte dell’interveniente non indicasse che quest’ultima aveva l’intenzione di promuovere i propri prodotti nell’Unione allo stesso modo in cui li promuoveva in Siria o in Medio Oriente.

100    Occorre innanzitutto rilevare che l’interveniente non ha indicato in quale modo intendesse promuovere i propri prodotti nell’Unione e non ha fornito alcuna prova al riguardo.

101    Successivamente, in assenza di elementi specifici riguardo alle intenzioni commerciali dell’interveniente nell’Unione, si deve ritenere che gli estratti del sito Internet «www.mastercola.com» prodotti dalla ricorrente e relativi all’uso effettivo del marchio richiesto dall’interveniente al di fuori dell’Unione possano permettere di concludere prima facie nel senso di un rischio futuro non ipotetico di indebito vantaggio nell’Unione.

102    Infatti, la giurisprudenza consente di concludere per l’esistenza di un rischio di parassitismo in base a deduzioni logiche – a condizione che non si limitino a mere supposizioni – risultanti da una disamina delle probabilità e tenendo conto delle pratiche abituali nel settore commerciale pertinente, nonché di tutte le altre circostanze del caso di specie (v. punti 67 e 68 supra).

103    Nel caso di specie, non è privo di pertinenza il fatto che l’interveniente non abbia fornito alcun elemento relativo ad eventuali intenzioni commerciali nell’Unione diverse da quelle riguardanti i paesi terzi. Infatti, poiché la ricorrente ha provato l’uso effettivo del marchio richiesto dall’interveniente al di fuori dell’Unione, mediante la produzione degli estratti del sito Internet «www.mastercola.com», occorre rilevare che, in termini di onere della prova, risulterebbe più facile per l’interveniente provare la diversità delle sue intenzioni commerciali nell’Unione che per la ricorrente provare la somiglianza delle probabili intenzioni commerciali dell’interveniente nell’Unione con la sua pratica commerciale effettiva al di fuori dell’Unione. L’interveniente non ha tuttavia fornito siffatta prova.

104    Si deve quindi concludere, al pari della ricorrente, che l’uso effettivo del marchio richiesto da parte dell’interveniente mediante una presentazione particolare ed appositamente scelta al di fuori dell’Unione può – salvo prova contraria, assente nel caso di specie, fornita dall’interveniente – portare ad una deduzione logica secondo la quale esiste un serio rischio che il marchio richiesto sia usato all’interno dell’Unione allo stesso modo in cui è usato nei paesi terzi, tanto più dal momento che l’interveniente ha espressamente domandato la registrazione del marchio richiesto per un uso all’interno dell’Unione.

105    Tale conclusione non è inficiata dall’affermazione dell’EUIPO secondo la quale, in sostanza, gli elementi di presentazione che sono usati al di fuori dell’Unione ma che non fanno parte del marchio richiesto (ossia l’etichetta rossa sulla quale è scritta in bianco l’espressione «Master Cola», la forma caratteristica del contenitore ed il tappo rosso) potrebbero non essere usati nell’Unione. Certamente, come osserva l’EUIPO, tali elementi di presentazione possono svolgere un certo ruolo nella capacità del pubblico di associare in maniera parassitaria il marchio richiesto a quelli della ricorrente. Tuttavia, nella sentenza dell’11 dicembre 2014, Master (T‑480/12, EU:T:2014:1062, punti 64 e 74), il Tribunale ha ritenuto che la somiglianza complessiva tra i segni in conflitto, che deve essere presa in considerazione per l’esame di un eventuale rischio di parassitismo, potevano risultare soltanto dagli elementi di somiglianza visiva relativi non solamente alla «coda» che prolunga le loro rispettive lettere iniziali, «c» ed «m», in una curvatura che evoca una firma con uno svolazzo, ma altresì al comune utilizzo di un carattere tipografico poco comune nella prassi commerciale contemporanea: la scrittura spencerian, percepita nella sua globalità dal consumatore di riferimento. Quindi, benché un eventuale uso di detti elementi di presentazione nell’Unione possa rafforzare la deduzione logica relativa ad un rischio di parassitismo, non costituisce tuttavia la condizione necessaria per tale deduzione. Inoltre, il fatto che tali elementi di presentazione siano già utilizzati sul sito Internet dell’interveniente allo stato attuale può fondare una deduzione logica secondo la quale essi potrebbero essere usati in futuro su detto sito, modificati al fine di rivolgersi ai consumatori dell’Unione (v. punto 98 supra).

106    Peraltro, è inoperante l’affermazione dell’EUIPO secondo la quale la ricorrente non avrebbe fornito alcuna indicazione sul numero di consumatori dell’Unione che avrebbero visitato il sito Internet «www.mastercola.com». Da un lato, l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, implica un’analisi prospettica del rischio futuro e non ipotetico di parassitismo nell’Unione sulla base degli elementi attualmente disponibili, ma non la dimostrazione di un parassitismo attuale nell’Unione. Il titolare del marchio anteriore non è tenuto a dimostrare l’esistenza di una violazione effettiva e attuale del suo marchio, come conferma la formulazione al condizionale di detta disposizione (v. punto 67 supra). Dall’altro, mentre il rischio di diluizione, ossia il rischio che venga arrecato pregiudizio al carattere distintivo dei marchi anteriori, richiede che sia dimostrata una modifica del comportamento economico del consumatore medio dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio anteriore è registrato dovuta all’uso del marchio posteriore (v. sentenza del 14 novembre 2013, Environmental Manufacturing/UAMI, C‑383/12 P, EU:C:2013:741, punto 34 e giurisprudenza ivi citata), siffatta prova non è richiesta per il rischio di parassitismo, ossia il rischio che venga tratto un indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà dei marchi anteriori. Peraltro, il rischio di parassitismo è valutato con riferimento al consumatore medio dei prodotti e dei servizi designati dal marchio posteriore, e non dal marchio anteriore, nella misura in cui ciò che è vietato è il vantaggio che il titolare del marchio posteriore potrebbe trarre dal marchio anteriore (v., in tal senso, sentenze del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑252/07, EU:C:2008:655, punto 36, e del 20 settembre 2017, The Tea Board/EUIPO, da C‑673/15 P a C‑676/15 P, EU:C:2017:702, punto 92).

107    Da tutto quanto precede risulta che la commissione di ricorso ha commesso un errore nella valutazione degli elementi di prova relativi all’uso commerciale del marchio richiesto al di fuori dell’Unione, in particolare gli estratti del sito Internet «www.mastercola.com» dell’interveniente prodotti dalla ricorrente, laddove non ha tenuto conto delle deduzioni logiche e delle analisi probabilistiche che ne possono derivare sull’esistenza di un rischio di parassitismo nell’Unione. Così facendo, essa ha violato l’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009.

108    Si deve di conseguenza accogliere il primo motivo.

109    Inoltre, ed a titolo di obiter dictum, al fine di definire la controversia e di evitare annullamenti e rinvii successivi, in considerazione dei principi di buona amministrazione della giustizia e di economia processuale, il Tribunale ritiene opportuno pronunciarsi, alla luce degli atti di causa e delle osservazioni delle parti raccolte mediante quesito scritto e in udienza, sulla valutazione della commissione di ricorso secondo la quale neppure la ricorrente aveva mostrato l’immagine concreta che potrebbe essere trasferita dai suoi marchi anteriori Coca-Cola alla domanda in questione all’interno dell’Unione o fuori della stessa e le prove prodotte non consentivano di stabilire in modo chiaro cosa significasse Coca-Cola.

110    A tale riguardo, occorre sottolineare che, in forza dell’articolo 65, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 72, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001), il Tribunale è chiamato a valutare la legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dell’EUIPO controllando l’applicazione del diritto dell’Unione da esse effettuata riguardo, specificamente, agli elementi di fatto che sono stati sottoposti a tali commissioni. Così, entro i limiti di detto articolo, come interpretato dalla Corte, il Tribunale può effettuare un controllo completo sulla legittimità delle decisioni delle commissioni di ricorso dell’EUIPO, verificando, se necessario, se queste ultime abbiano dato una corretta qualificazione giuridica dei fatti della controversia o se la valutazione degli elementi di fatto che sono stati sottoposti a tali commissioni non sia viziata da errori (sentenza del 18 dicembre 2008, Les Éditions Albert René/UAMI, C‑16/06 P, EU:C:2008:739, punti 38 e 39).

111    Infatti, quando è chiamato a valutare la legittimità di una decisione di una commissione di ricorso dell’EUIPO, il Tribunale non può essere vincolato da un’errata valutazione dei fatti ad opera di tale commissione, laddove tale valutazione faccia parte delle conclusioni la cui legittimità è contestata dinanzi al Tribunale (sentenza del 18 dicembre 2008, Les Éditions Albert René/UAMI, C‑16/06 P, EU:C:2008:739, punto 48).

112    Nel caso di specie, la ricorrente ha chiesto l’annullamento della decisione impugnata ed ha fondato il suo primo motivo sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009. Pertanto, la valutazione dell’esistenza di un rischio di indebito vantaggio, in particolare la constatazione dell’immagine che può essere trasferita dai marchi anteriori al marchio richiesto, fa parte delle conclusioni la cui legittimità è contestata dinanzi al Tribunale

113    Per quanto riguarda gli elementi di prova relativi all’immagine che può essere trasferita dai marchi anteriori al marchio richiesto, occorre certamente rilevare che, nel ricorso, la ricorrente si è limitata ad invocare una «manifesta intenzione [dell’interveniente] di sfruttare la sua notorietà (…) ed i considerevoli sforzi commerciali da essa compiuti per creare l’immagine del marchio Coca-Cola».

114    Tuttavia, dagli atti di causa risulta che, ai punti da 20 a 29 delle sue osservazioni depositate il 23 febbraio 2011 dinanzi alla divisione di opposizione e riprodotti nell’allegato 1 della sua memoria del 25 gennaio 2012 che espone i motivi del ricorso dinanzi alla commissione di ricorso, la ricorrente si è soffermata a lungo sull’immagine dei quattro marchi anteriori Coca-Cola, dei quali intendeva allora dimostrare la notorietà. Ai punti da 27 a 29 di dette osservazioni, essa ha in particolare citato degli estratti di un libro e di uno studio dell’organismo indipendente Superbrands (depositati rispettivamente come allegato 4 e allegato 5 di dette osservazioni), secondo i quali, tra le altre cose, viene affermato che «Coca-Cola è il marchio più riconosciuto nel mondo, con un riconoscimento mondiale del 94%», «Coca-Cola è riconosciuta per le sue campagne di marketing innovative e rilevanti ed è celebre per le sue pubblicità emblematiche», «[i] valori del marchio Coca-Cola hanno resistito al passare del tempo e mirano a trasmettere ottimismo, convivialità [o il vivere insieme] e autenticità[;] Coca-Cola non è politica ma ha l’obiettivo di riunire le persone con un’incoraggiante promessa di tempi e possibilità migliori[; t]ali valori rendono Coca-Cola rilevante e attraente oggi come ieri e rafforzano la lealtà, l’affetto e l’amore che intere generazioni hanno provato per tale marchio[; l]a reputazione della The Coca-Cola Company per un marketing efficace garantisce che tale legame rimanga forte come sempre».

115    A tale riguardo occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, esiste una continuità funzionale tra i diversi organi dell’EUIPO, ossia l’esaminatore, la divisione di opposizione, la divisione legale e di amministrazione dei marchi e le divisioni di annullamento, da un lato, e le commissioni di ricorso, dall’altro. Da tale continuità funzionale fra i vari organi dell’EUIPO discende che le commissioni di ricorso, nell’ambito del loro riesame delle decisioni emesse dai servizi dell’EUIPO che statuiscono in primo grado, sono tenute a fondare la propria decisione su tutti gli elementi di fatto e di diritto che le parti hanno fatto valere sia durante il procedimento dinanzi all’organo che ha statuito in primo grado, sia nel procedimento di ricorso. Il controllo esercitato dalle commissioni di ricorso non si limita al controllo di legittimità della decisione impugnata ma, per l’effetto devolutivo della procedura di ricorso, implica una nuova valutazione della controversia nel suo complesso, dato che le commissioni di ricorso devono riesaminare integralmente il ricorso iniziale e tenere conto delle prove prodotte in tempo utile [v. sentenza del 6 novembre 2007, SAEME/UAMI – Racke (REVIAN’s), T‑407/05, EU:T:2007:329, punti da 49 a 51 e giurisprudenza ivi citata]. Dall’articolo 64, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 71, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001) che, per effetto del ricorso con cui è adita, la commissione di ricorso è chiamata a procedere ad un nuovo esame completo del merito dell’opposizione, tanto in diritto quanto in fatto [sentenze del 13 marzo 2007, UAMI/Kaul, C‑29/05 P, EU:C:2007:162, punto 57, e del 13 dicembre 2016, Guiral Broto/EUIPO – Gastro & Soul (Café del Sol), T‑548/15, non pubblicata, EU:T:2016:720, punto 21].

116    In virtù del principio della continuità funzionale, si deve ritenere che la commissione di ricorso fosse tenuta a prendere in considerazione le affermazioni della ricorrente, formulate nelle sue osservazioni del 23 febbraio 2011 dinanzi alla divisione di opposizione e allegate alla memoria del 25 gennaio 2012 che esponeva i motivi di ricorso, riguardanti l’immagine dei quattro marchi anteriori Coca-Cola che poteva essere trasferita al marchio richiesto.

117    La commissione di ricorso ha pertanto errato nell’affermare, al punto 30 della decisione impugnata, che la ricorrente non aveva mostrato quale fosse l’immagine concreta che poteva essere trasferita dai quattro marchi anteriori Coca-Cola al marchio richiesto. La commissione di ricorso ha altresì errato nell’aggiungere che le prove prodotte non permettevano di dimostrare chiaramente cosa significasse Coca-Cola.

118    Inoltre, al punto 32 della decisione impugnata, nonostante la commissione di ricorso abbia correttamente osservato di essere vincolata agli argomenti delle parti in forza dell’articolo 76 del regolamento n. 207/2009, essa ha ancora una volta errato nel ritenere, in sostanza, che la ricorrente non avesse presentato dinanzi all’EUIPO argomenti ed elementi di prova relativi all’immagine che poteva essere trasferita dai marchi anteriori al marchio richiesto.

119    Contrariamente a quanto ritenuto dalla commissione di ricorso ai punti da 30 a 33 della decisione impugnata, si deve necessariamente constatare che la ricorrente ha effettivamente presentato dinanzi all’EUIPO argomenti ed elementi di prova relativi all’immagine che può essere trasferita dai marchi anteriori al marchio richiesto, in particolare gli estratti dello studio di Superbrands citati nelle osservazioni della ricorrente a sostegno dell’opposizione.

120    A fini di completezza, il Tribunale sottolinea infine il carattere non decisivo dell’affermazione della commissione di ricorso, al punto 31 della decisione impugnata, secondo la quale nessuno dei prodotti rientranti nelle classi 29 e 30 è una bevanda rinfrescante per la quale sono noti i marchi anteriori.

121    Infatti, secondo la giurisprudenza relativa all’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009, taluni marchi possono avere acquisito notorietà ben oltre il pubblico interessato ai prodotti o ai servizi per i quali essi sono stati registrati. In tale eventualità è possibile che il pubblico interessato ai prodotti o ai servizi per i quali è registrato il marchio posteriore associ i marchi in conflitto l’uno all’altro anche ove detto pubblico sia completamente diverso dal pubblico di riferimento per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato il marchio anteriore (sentenza del 27 novembre 2008, Intel Corporation, C‑252/07, EU:C:2008:655, punti 51 e 52).

122    Del resto, nel caso di specie, lo studio di Superbrands prodotto dalla ricorrente dinanzi alla divisione di opposizione e citato al precedente punto 114 indica che «[p]oiché Coca-Cola si colloca all’apice del riconoscimento mondiale di un marchio, l’impresa è capace di utilizzare la sua relazione con i consumatori per avere un impatto oltre il mercato delle bevande analcoliche».

123    In considerazione dell’accoglimento del primo motivo al precedente punto 108, si deve accogliere il ricorso e, pertanto, annullare la decisione impugnata.

 Sulle spese

124    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

125    Poiché l’EUIPO e l’interveniente sono rimaste soccombenti occorre, da un lato, condannare l’EUIPO a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla ricorrente, conformemente alle conclusioni di quest’ultima, e, dall’altro, decidere che l’interveniente sopporterà le proprie spese.

126    Peraltro, la ricorrente ha chiesto la condanna dell’EUIPO alle spese da essa sostenute in ogni fase del procedimento di opposizione e di ricorso. Si deve ricordare in proposito che, ai sensi dell’articolo 190, paragrafo 2, del regolamento di procedura, le spese indispensabili sostenute dalle parti ai fini del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono considerate spese ripetibili. Ciò non vale tuttavia per le spese sostenute ai fini del procedimento dinanzi alla divisione di opposizione. Pertanto, la domanda della ricorrente volta ad ottenere che l’EUIPO, rimasto soccombente, sia condannato alle spese relative al procedimento amministrativo può essere accolta solo limitatamente alle spese indispensabili sostenute dalla ricorrente ai fini del procedimento dinanzi alla commissione di ricorso [v., in tal senso, sentenza dell’11 ottobre 2016, Guccio Gucci/EUIPO – Guess? IP Holder (Rappresentazione di quattro G intrecciate), T‑753/15, non pubblicata, EU:T:2016:604, punto 56 e giurisprudenza ivi citata].

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della quarta commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 2 dicembre 2015 (procedimento R 1251/2015-4) è annullata.

2)      L’EUIPO sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla The Coca-Cola Company, anche dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO.

3)      La Modern Industrial & Trading Investment Co. Ltd (Mitico) sopporterà le proprie spese.

Collins

Kancheva

Passer

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 7 dicembre 2017.

Firme


Indice


Fatti

Conclusioni delle parti

In diritto

Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 65, paragrafo 6, del regolamento n. 207/2009

Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 5, del regolamento n. 207/2009

Richiamo della giurisprudenza e osservazioni preliminari

Sulla considerazione dell’uso di un marchio complesso che comprende il marchio richiesto

Sulla considerazione dell’uso del marchio richiesto al di fuori dell’Unione europea alla luce del principio di territorialità

Sulla valutazione delle deduzioni logiche riguardo ad un rischio di parassitismo all’interno dell’Unione

Sulle spese


*      Lingua processuale: l’inglese.