Language of document : ECLI:EU:C:2023:1012

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

21 dicembre 2023 (*)

Indice


I. Fatti

A. L’ISU

B. Normativa emanata dall’ISU

1. Norme di previa autorizzazione

2. Norme in materia di ammissibilità

C. Procedimento amministrativo e decisione controversa

D. Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

II. Conclusioni delle parti

III. Sull’impugnazione

A. Sul primo motivo d’impugnazione

1. Argomenti delle parti

a) Sulla prima parte

b) Sulla seconda parte

c) Sulla terza parte

2. Giudizio della Corte

a) Sull’applicabilità dell’articolo 101 TFUE allo sport in quanto attività economica

b) Sull’articolo 101, paragrafo 1, TFUE

1) Sulla determinazione dell’esistenza di un comportamento avente per «oggetto» di impedire, restringere o falsare la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE

i) Sulla determinazione dell’esistenza di un comportamento avente per «oggetto» o per «effetto» di impedire, restringere o falsare la concorrenza

ii) Sulla determinazione dell’esistenza di un comportamento avente per «effetto» di impedire, restringere o falsare la concorrenza

2) Sulla possibilità di considerare taluni comportamenti specifici come non rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE

c) Sull’infrazione ravvisata nel caso di specie

d) Sull’esistenza di un comportamento avente per «oggetto» di restringere la concorrenza nel caso di specie

1) Sull’applicabilità nel caso di specie della giurisprudenza risultante dalle sentenze del 1º luglio 2008, MOTOE (C49/07, EU:C:2008:376), e del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas (C1/12, EU:C:2013:127)

2) Sulla qualificazione del comportamento di cui trattasi nel caso di specie

B. Sul secondo motivo d’impugnazione

1. Argomenti delle parti

2. Giudizio della Corte

IV. Sull’impugnazione incidentale

A. Sul primo motivo d’impugnazione

1. Argomenti delle parti

2. Giudizio della Corte

a) Sulla ricevibilità e operatività del motivo d’impugnazione

b) Nel merito

B. Sul secondo motivo d’impugnazione

1. Argomenti delle parti

2. Giudizio della Corte

V. Sul ricorso nella causa T93/18

A. Argomenti delle parti

B. Giudizio della Corte

VI. Sulle spese


«Impugnazione – Concorrenza – Normativa istituita da un’associazione sportiva internazionale – Pattinaggio su ghiaccio – Ente di diritto privato dotato di poteri di regolamentazione, controllo, decisione e sanzione – Norme relative alla previa autorizzazione delle competizioni, alla partecipazione ad esse degli atleti e alla risoluzione arbitrale dei conflitti – Esercizio parallelo di attività economiche – Organizzazione e commercializzazione di competizioni – Articolo 101, paragrafo 1, TFUE – Decisione di un’associazione di imprese lesiva per la concorrenza – Nozioni di “oggetto” e di “effetto” anticoncorrenziali – Giustificazione – Presupposti»

Nella causa C‑124/21 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 26 febbraio 2021,

International Skating Union, con sede in Losanna (Svizzera), rappresentata da J.‑F. Bellis, avocat,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da G. Meessen, F. van Schaik, H. van Vliet e C. Zois, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

Mark Jan Hendrik Tuitert, residente in Hoogmade (Paesi Bassi),

Niels Kerstholt, residente in Zeist (Paesi Bassi),

European Elite Athletes Association, con sede in Amsterdam (Paesi Bassi), rappresentati da B.J.H. Braeken, T.C. Hieselaar e X.Y.G. Versteeg, advocaten,

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, A. Prechal, K. Jürimäe e O. Spineanu‑Matei, presidenti di sezione, J.‑C. Bonichot, M. Safjan, L.S. Rossi, I. Jarukaitis, A. Kumin, N. Jääskinen, N. Wahl, J. Passer (relatore) e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: A. Rantos

cancelliere: C. Di Bella, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 luglio 2022,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 dicembre 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, l’International Skating Union (Unione internazionale di pattinaggio; in prosieguo: l’«ISU») chiede l’annullamento parziale della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 dicembre 2020, International Skating Union/Commissione (T‑93/18; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2020:610), con la quale quest’ultimo ha parzialmente respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione C(2017) 8230 final della Commissione, dell’8 dicembre 2017, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso AT.40208 – Norme dell’Unione internazionale di pattinaggio in materia di ammissibilità) (in prosieguo: la «decisione controversa»).

2        Con la loro impugnazione incidentale, i sigg. Mark Jan Hendrik Tuitert e Niels Kerstholt e l’European Elite Athletes Association (Associazione europea degli atleti di alto livello; in prosieguo: l’«EU Athletes») chiedono anch’essi l’annullamento parziale della sentenza impugnata.

I.      Fatti

3        I fatti all’origine della controversia, come esposti ai punti da 1 a 37 della sentenza impugnata, possono essere riassunti come segue.

A.      L’ISU

4        L’ISU è un’associazione di diritto privato con sede in Svizzera. Essa si presenta come l’unica federazione sportiva internazionale riconosciuta dal Comitato internazionale olimpico (CIO) nel settore del pattinaggio di figura e del pattinaggio di velocità su ghiaccio (in prosieguo: il «pattinaggio su ghiaccio»). I suoi organi comprendono in particolare un «organo legislativo» denominato «Congresso», che ne costituisce l’«istanza suprema», e un «organo esecutivo» denominato «Consiglio».

5        I membri di tale associazione sono associazioni nazionali di pattinaggio di figura e di pattinaggio di velocità su ghiaccio, le quali hanno a loro volta come membri o affiliati associazioni e club ai quali aderiscono, in particolare, atleti professionisti che praticano tali discipline sportive nell’ambito di un’attività economica.

6        Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, e dell’articolo 3, paragrafo 1, del suo statuto, ai quali si riferisce la decisione controversa, l’ISU ha lo scopo di disciplinare, amministrare, gestire e promuovere su scala mondiale il pattinaggio su ghiaccio.

7        Essa esercita, in parallelo, un’attività economica consistente, in particolare, nell’organizzazione di competizioni internazionali di pattinaggio su ghiaccio e nello sfruttamento dei diritti connessi a tali competizioni. Nel settore del pattinaggio di velocità su ghiaccio, queste ultime comprendono, tra l’altro, le coppe del mondo in pista lunga e in pista corta nonché vari campionati internazionali ed europei. L’ISU è inoltre responsabile dell’organizzazione delle competizioni di pattinaggio su ghiaccio che si svolgono nell’ambito dei Giochi olimpici invernali.

B.      Normativa emanata dall’ISU

8        L’ISU ha emanato e pubblicato una serie di regolamenti, codici e comunicazioni, che comprendono in particolare le norme seguenti.

1.      Norme di previa autorizzazione

9        Il 20 ottobre 2015, l’ISU ha pubblicato la comunicazione n. 1974, dal titolo «Competizioni internazionali aperte», che definisce la procedura da seguire per ottenere la previa autorizzazione ad organizzare una competizione internazionale di pattinaggio su ghiaccio e che è applicabile sia alle associazioni nazionali che sono membri dell’ISU, sia a tutte le entità o imprese terze (in prosieguo: le «norme di previa autorizzazione»).

10      Tale comunicazione dispone, anzitutto, che l’organizzazione di tali competizioni è soggetta alla previa autorizzazione dell’ISU e deve rispettare le norme emanate da detta associazione. A questo proposito, essa precisa in particolare che il termine per la presentazione di una domanda di previa autorizzazione è di sei mesi prima della data in cui è previsto lo svolgimento della competizione se questa dev’essere organizzata da un’entità o impresa terza, e di tre mesi prima di tale data se l’organizzatore è un’associazione nazionale membro dell’ISU.

11      Detta comunicazione elenca poi un insieme di requisiti di ordine generale, finanziario, tecnico, commerciale, sportivo ed etico ai quali ogni organizzatore di una competizione di pattinaggio su ghiaccio è tenuto a conformarsi. Da tali requisiti risulta, segnatamente, che ogni domanda di previa autorizzazione dev’essere accompagnata da informazioni finanziarie, tecniche, commerciali e sportive (luogo della competizione prevista, importo dei premi che saranno assegnati, prospetto economico‑finanziario, bilancio, copertura televisiva ecc.), che ogni organizzatore è tenuto a presentare una dichiarazione che confermi la sua accettazione del codice etico dell’ISU e che quest’ultima può chiedere che le siano fornite ulteriori informazioni su tali diversi elementi.

12      Infine, la comunicazione n. 1974 consente all’ISU di accettare o respingere, mediante decisione, le domande di previa autorizzazione che le vengono presentate sulla base sia dei requisiti enunciati nella comunicazione stessa, sia degli obiettivi fondamentali perseguiti da detta associazione, quali definiti, in particolare, all’articolo 3, paragrafo 1, del suo statuto. La menzionata comunicazione prevede inoltre che, in caso di rigetto della domanda, l’organizzatore possa proporre ricorso avverso la decisione dell’ISU dinanzi al Tribunale arbitrale dello sport (in prosieguo: il «TAS»), con sede in Losanna (Svizzera), conformemente alle norme adottate dall’ISU al fine di istituire un meccanismo di risoluzione arbitrale delle controversie (in prosieguo: le «norme arbitrali»).

2.      Norme in materia di ammissibilità

13      I regolamenti dell’ISU comprendono norme designate con il nome di «norme in materia di ammissibilità», che stabiliscono le condizioni alle quali gli atleti possono partecipare a competizioni di pattinaggio su ghiaccio. Dette norme in materia di ammissibilità prevedono che siffatte competizioni debbano, da un lato, essere state autorizzate dall’ISU o dai suoi membri e, dall’altro, rispettare le norme istituite da tale associazione.

14      Nella versione adottata nel corso del 2014, dette norme in materia di ammissibilità comprendevano segnatamente la norma 102, paragrafo 1, lettera a), i), secondo la quale un soggetto «ha il privilegio di partecipare alle attività e alle competizioni di competenza dell’ISU soltanto se rispetta i principi e le politiche dell’ISU, quali formulati [nel suo] statuto», e la norma 102, paragrafo 1, lettera a), ii), la quale prevedeva che «il requisito di ammissibilità è inteso a garantire l’adeguata tutela degli interessi economici e di altro tipo dell’ISU, che utilizza i propri proventi economici per la gestione e lo sviluppo delle discipline sportive dell’ISU, nonché a sostegno o a beneficio dei [suoi m]embri e dei loro [p]attinatori».

15      Esse contenevano inoltre la norma 102, paragrafo 2, lettera c), la norma 102, paragrafo 7, e la norma 103, paragrafo 2, dalle quali derivava che, in caso di partecipazione di un atleta a una competizione non autorizzata dall’ISU e/o da una delle associazioni nazionali che ne sono membri, l’interessato era soggetto ad una sanzione detta «perdita dell’ammissibilità» o «inammissibilità», che comportava la squalifica perpetua da qualsiasi competizione organizzata dall’ISU.

16      Nel corso del 2016, le norme in materia di ammissibilità sono state oggetto di una revisione parziale.

17      La norma 102, paragrafo 1, lettera a), ii), quale risulta da tale revisione parziale, non fa più riferimento all’«adeguata tutela degli interessi economici e di altro tipo dell’ISU». Essa enuncia invece che il «requisito di ammissibilità è inteso a garantire un’adeguata tutela dei valori etici, delle finalità statutarie e di altri interessi legittimi» di detta associazione, la quale «utilizza i propri proventi economici per la gestione e lo sviluppo delle discipline sportive dell’ISU, nonché a sostegno o a beneficio dei [suoi m]embri e dei loro [p]attinatori».

18      Secondo la norma 102, paragrafo 7, come risultante da tale revisione parziale, la partecipazione di un atleta ad una competizione non autorizzata dall’ISU e/o da una delle associazioni nazionali che ne sono membri può dare luogo a un ammonimento o a una sanzione detta «perdita dell’ammissibilità» o «inammissibilità», che comporta la squalifica da tutte le competizioni organizzate dall’ISU, a tempo determinato o perpetua.

19      Parallelamente a queste diverse norme, l’articolo 25 dello statuto dell’ISU prevede la possibilità, per gli atleti che intendano contestare una decisione che impone loro una sanzione di «perdita dell’ammissibilità» o di «inammissibilità», di proporre un ricorso avverso tale decisione dinanzi al TAS, conformemente alle norme arbitrali.

C.      Procedimento amministrativo e decisione controversa

20      I sigg. Tuitert e Kerstholt sono due pattinatori di velocità professionisti domiciliati nei Paesi Bassi. Essi sono iscritti alla Koninklijke Nederlandsche Schaatsenrijders Bond (KNSB), la Federazione reale di pattinaggio dei Paesi Bassi, che è membro dell’ISU.

21      L’EU Athletes si presenta come la principale associazione europea che rappresenta gli atleti e i giocatori di varie discipline sportive.

22      Il 23 giugno 2014 la Commissione europea è stata adita dai sigg. Tuitert e Kersholt con una denuncia nella quale essi sostenevano che le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità emanate dall’ISU violavano gli articoli 101 e 102 TFUE.

23      Il 5 ottobre 2015 la Commissione ha deciso di avviare un procedimento a tale riguardo.

24      Il 29 settembre 2016 la Commissione ha inviato all’ISU una comunicazione degli addebiti, nella quale ha considerato, in sostanza, che tale associazione violava l’articolo 101 TFUE. L’ISU ha risposto a detta comunicazione degli addebiti il 16 gennaio 2017.

25      L’8 dicembre 2017 la Commissione ha adottato la decisione controversa. Come indicato nel punto 3 di tale decisione, quest’ultima riguarda principalmente le norme in materia di ammissibilità dell’ISU, quali illustrate ai punti da 13 a 18 della presente sentenza, che consentono a detta associazione di controllare la partecipazione degli atleti a competizioni di pattinaggio su ghiaccio e di sanzionarli in caso di partecipazione a una competizione da essa non autorizzata. Tuttavia, come risulta dal medesimo punto, la decisione controversa riguarda altresì le norme di previa autorizzazione di tali competizioni da parte dell’ISU, quali illustrate ai punti da 9 a 12 della presente sentenza. Infine, come indicato nei punti 5 e 6 della menzionata decisione, quest’ultima riguarda del pari le norme arbitrali menzionate al punto 19 della presente sentenza.

26      Ai punti 112 e 115 della decisione controversa, la Commissione ha definito il mercato di cui trattasi come il mercato mondiale dell’organizzazione e della commercializzazione delle competizioni internazionali di pattinaggio di velocità su ghiaccio e dello sfruttamento dei vari diritti connessi a tali competizioni.

27      Ai punti da 116 a 134 della menzionata decisione, la Commissione ha considerato che l’ISU deteneva una forte posizione sul mercato di cui trattasi ed era in grado di incidere, in modo sostanziale, sulla concorrenza che poteva instaurarvisi. Gli elementi di cui essa ha tenuto conto per giustificare questa valutazione comprendono in particolare, da un lato, il ruolo centrale che tale associazione occupa su detto mercato, nella sua qualità di unica associazione sportiva internazionale riconosciuta dal CIO nel settore del pattinaggio su ghiaccio e di associazione il cui scopo è disciplinare, amministrare, gestire e promuovere questa disciplina sportiva su scala mondiale, e, dall’altro, la circostanza che essa organizza e commercializza in parallelo le principali competizioni internazionali in tale settore. Nel contesto della sua analisi al riguardo, la Commissione si è basata, tra l’altro, sul potere dell’ISU di emanare norme vincolanti per tutte le associazioni nazionali che ne sono membri e a tutte le competizioni internazionali di pattinaggio di velocità su ghiaccio, siano esse organizzate dall’ISU stessa, dai suoi membri oppure da entità o imprese terze. Essa ha inoltre rilevato, in sostanza, che le norme in parola vertono su tutte le questioni relative all’organizzazione, allo svolgimento e allo sfruttamento commerciale di dette competizioni (previa autorizzazione, regole del gioco, requisiti tecnici, condizioni finanziarie, partecipazione degli atleti, vendita dei diritti, irrogazione di sanzioni, risoluzione delle controversie, ecc.) e che le medesime sono applicabili a tutti i soggetti che intendano parteciparvi o essere coinvolti nella loro organizzazione o nel loro sfruttamento (associazioni nazionali, atleti, organizzatori, emittenti televisive, sponsor, ecc.).

28      Ai punti da 146 a 152 di detta decisione, la Commissione ha considerato che l’ISU doveva essere qualificata sia come «associazione di imprese» ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, poiché essa ha come membri associazioni nazionali di pattinaggio su ghiaccio che possono a loro volta essere qualificate come «imprese» ai sensi di tale disposizione nella misura in cui esercitano attività economiche consistenti nell’organizzazione e commercializzazione di competizioni nonché nello sfruttamento dei vari diritti connessi alle stesse, sia come «impresa» ai sensi della menzionata detta disposizione, nella misura in cui essa stessa esercita siffatte attività economiche. La Commissione ha inoltre ritenuto che le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità dovessero essere qualificate come «decisioni di associazioni di imprese» ai sensi della medesima disposizione.

29      Ai punti da 162 a 188 della decisione controversa, la Commissione ha considerato, in sostanza, che le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità avevano per oggetto di restringere la concorrenza sul mercato di cui trattasi, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, per il motivo che dall’esame del tenore di tali norme, del contesto economico e giuridico nel quale si collocano e degli scopi cui mirano emergeva che esse consentivano all’ISU, da un lato, di impedire ai potenziali organizzatori di competizioni internazionali di pattinaggio di velocità su ghiaccio concorrenti di accedere a tale mercato e, dall’altro, di limitare la possibilità per i pattinatori di velocità professionisti di partecipare liberamente a siffatte competizioni nonché, in tal modo, di privare i potenziali organizzatori delle stesse dei servizi degli atleti la cui presenza è necessaria per il loro svolgimento.

30      Ai punti da 189 a 209 di tale decisione, la Commissione ha rilevato che, tenuto conto delle valutazioni riassunte nel punto precedente della presente sentenza, non era necessario esaminare gli effetti sulla concorrenza delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, prima di esporre le ragioni per le quali riteneva che dette norme avessero anche per effetto di restringere la concorrenza sul mercato di cui trattasi.

31      Ai punti da 210 a 266 di tale decisione, la Commissione ha affermato, in sostanza, che le suddette norme non potevano essere considerate come non rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in quanto giustificate da obiettivi legittimi e necessarie per il loro perseguimento.

32      Ai punti da 268 a 286 della medesima decisione, la Commissione ha considerato, in sostanza, che, sebbene le norme arbitrali non costituissero di per sé una restrizione della concorrenza, si doveva tuttavia ritenere che esse rafforzassero la restrizione della concorrenza risultante dalle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità.

33      Ai punti da 287 a 348 della decisione controversa, la Commissione ha osservato, tra l’altro, che le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità non soddisfacevano le condizioni richieste dall’articolo 101, paragrafo 3, TFUE per poter beneficiare di un’esenzione, che tali norme erano idonee a pregiudicare il commercio tra Stati membri e che era necessario ingiungere all’ISU di porre fine all’infrazione ravvisata in detta decisione, pena l’irrogazione di penalità di mora. In particolare, ai punti da 338 a 342 di tale decisione, la Commissione ha precisato che i provvedimenti che essa ingiungeva all’ISU di prendere per porre fine alla menzionata infrazione dovevano in particolare consistere, in primo luogo, nell’adottare criteri di previa autorizzazione e di sanzione oggettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati, in secondo luogo, nell’istituire procedure adeguate di previa autorizzazione e di sanzione, nonché, in terzo luogo, nel modificare le norme arbitrali in modo da garantire il controllo effettivo delle decisioni assunte al termine di tali procedure.

34      Il dispositivo della decisione controversa comprende un articolo 1, secondo cui l’ISU «ha violato l’articolo 101 [TFUE] (...) adottando e applicando le norme in materia di ammissibilità, in particolare le norme 102 e 103 dei regolamenti generali (...) del 2014 e del 2016, al pattinaggio di velocità». Esso contiene inoltre un articolo 2 ai sensi del quale è ingiunto all’ISU di porre fine a tale infrazione e di astenersi dal reiterarla, nonché un articolo 4 che prevede l’irrogazione di penalità di mora in caso di inosservanza di tali ingiunzioni.

D.      Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

35      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 febbraio 2018, l’ISU ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa. A sostegno di tale ricorso essa ha dedotto otto motivi, relativi, in sostanza, il primo, alla violazione dell’obbligo di motivazione, quelli dal secondo al quinto, alla violazione dell’articolo 101 TFUE nella misura in cui tale articolo è stato applicato alle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, il sesto, alla violazione di detto articolo nella misura in cui è stato applicato alle norme arbitrali, e, il settimo e l’ottavo, al carattere illegittimo, rispettivamente, delle ingiunzioni e delle penalità di mora irrogatele.

36      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale il 1º giugno 2018, i sigg. Tuitert e Kerstholt e l’European Elite Athletes Association hanno chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione.

37      Con ordinanza del 12 settembre 2018 la presidente della Settima Sezione del Tribunale ha ammesso tali interventi.

38      Il 20 dicembre 2019 il Tribunale ha rinviato la causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

39      Il 16 dicembre 2020 il Tribunale ha pronunciato la sentenza impugnata, nella quale ha dichiarato, in sostanza, che la decisione controversa non era viziata da illegittimità nella parte in cui verteva sulle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità ma che essa era illegittima nella parte in cui riguardava le norme arbitrali.

40      A tale proposito, in primo luogo, il Tribunale ha considerato, ai punti da 52 a 63 della sentenza impugnata, che il primo motivo di ricorso, vertente sull’esistenza di una motivazione contraddittoria che inficiava la decisione controversa, era infondato.

41      In secondo luogo, ai punti da 64 a 123 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che il secondo e il quarto motivo di ricorso dell’ISU non consentivano di considerare errate le valutazioni della Commissione secondo cui le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità avevano per oggetto di restringere la concorrenza, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

42      A tal riguardo, il Tribunale ha statuito, in sostanza, anzitutto, ai punti da 69 a 76 della sentenza impugnata, che, sebbene i poteri di regolamentazione, controllo, decisione e sanzione dell’ISU non le fossero stati delegati da un’autorità pubblica, le norme emanate da tale associazione, nella sua qualità di unica associazione sportiva internazionale esistente nel settore del pattinaggio su ghiaccio, dovevano essere valutate alla luce, in particolare, della giurisprudenza relativa all’esercizio parallelo, da parte di una stessa entità, di un’attività economica e di poteri che potevano essere utilizzati per impedire a entità o imprese attualmente o potenzialmente concorrenti di entrare sul mercato (sentenze del 1º luglio 2008, MOTOE, C‑49/07, EU:C:2008:376, e del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C‑1/12, EU:C:2013:127). In siffatto contesto, il Tribunale ha inoltre osservato che le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità riguardavano l’organizzazione delle competizioni internazionali di pattinaggio di velocità su ghiaccio più importanti e redditizie, in particolare la previa autorizzazione di tali competizioni e la partecipazione degli atleti alle stesse.

43      Inoltre, detto giudice ha considerato, ai punti da 77 a 121 della sentenza impugnata, che, tenuto conto del tenore delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, degli scopi perseguiti da tali norme nonché del contesto economico e giuridico nel quale esse si collocano, la Commissione aveva potuto validamente concludere che le norme in parola avevano per oggetto di restringere la concorrenza, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

44      Infine, il Tribunale ha ritenuto, al punto 123 della sentenza impugnata, che non fosse necessario esaminare anche gli argomenti dedotti dall’ISU, nell’ambito del suo terzo motivo di ricorso, al fine di contestare le valutazioni della Commissione relative agli effetti attuali o potenziali di tali norme sulla concorrenza.

45      In terzo luogo, il Tribunale ha considerato, ai punti da 124 a 130 della sentenza impugnata, che, contrariamente a quanto sostenuto dall’ISU nel suo quinto motivo di ricorso, la Commissione non aveva violato l’ambito di applicazione territoriale dell’articolo 101 TFUE tenendo conto, nella decisione controversa, del rifiuto dell’ISU di autorizzare un progetto di competizione di pattinaggio di velocità su ghiaccio che doveva tenersi a Dubai (Emirati arabi uniti), quindi in uno Stato terzo. Al riguardo, detto giudice ha ritenuto, in sostanza, che tale istituzione avesse fatto riferimento a questo elemento per illustrare l’applicazione delle norme di previa autorizzazione emanate dall’ISU, dimostrando nel contempo, inoltre, che le norme in parola potevano avere effetti immediati, sostanziali e prevedibili all’interno dell’Unione.

46      In quarto luogo, il Tribunale, dopo avere giudicato operante, ai punti da 134 a 140 della sentenza impugnata, il sesto motivo di ricorso dedotto dall’ISU, che riguardava la valutazione delle norme arbitrali effettuata dalla Commissione nella decisione controversa, ha accolto tale motivo ai punti da 141 a 164 di detta sentenza.

47      In quinto e ultimo luogo, il Tribunale ha considerato, di conseguenza, ai punti da 165 a 178 della sentenza impugnata, che i motivi di ricorso settimo e ottavo dell’ISU, relativi alla legittimità delle ingiunzioni e delle penalità di mora previste dalla decisione controversa, dovevano essere parzialmente accolti, nella misura in cui tali ingiunzioni e penalità riguardavano le norme arbitrali. Al contempo, esso ha respinto i suddetti motivi per il resto.

48      Alla luce di tutte queste considerazioni, il Tribunale ha parzialmente annullato gli articoli 2 e 4 della decisione controversa, respingendo il ricorso quanto al resto.

II.    Conclusioni delle parti

49      Con la sua impugnazione, l’ISU chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata nella parte in cui essa ha parzialmente respinto il ricorso di primo grado;

–        annullare la decisione controversa nella misura in cui essa non sia già stata annullata dalla sentenza impugnata, e

–        condannare la Commissione e le parti intervenienti in primo grado alle spese sostenute in primo grado e nel giudizio di impugnazione.

50      La Commissione chiede il rigetto dell’impugnazione e la condanna dell’ISU alle spese.

51      I sigg. Tuitert e Kerstholt e l’EU Athletes chiedono il rigetto dell’impugnazione.

52      Con il loro ricorso incidentale, i sigg. Tuitert e Kerstholt e l’EU Athletes chiedono che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata nella parte in cui quest’ultima ha parzialmente annullato la decisione controversa;

–        respingere il ricorso di primo grado nella misura in cui esso non sia già stato respinto dalla sentenza impugnata, e

–        condannare l’ISU alle spese sostenute nel giudizio di impugnazione.

53      La Commissione chiede l’accoglimento dell’impugnazione incidentale e la condanna dell’ISU alle spese.

54      L’ISU chiede il rigetto dell’impugnazione incidentale nonché la condanna dei sigg. Tuitert e Kertsholt e dell’EU Athletes alle spese.

III. Sull’impugnazione

55      A sostegno delle sue conclusioni dirette all’annullamento parziale della sentenza impugnata, l’ISU deduce due motivi vertenti sulla violazione del combinato disposto dell’articolo 263 TFUE e dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

56      Essa chiede inoltre alla Corte di avocare a sé la controversia e statuire su di essa.

A.      Sul primo motivo d’impugnazione

1.      Argomenti delle parti

57      Con il suo primo motivo d’impugnazione, che si articola in tre parti, l’ISU addebita al Tribunale, in sostanza, di essere venuto meno al suo ufficio di giudice della legittimità delle decisioni adottate dalla Commissione in applicazione delle regole di concorrenza e di avere violato la nozione di restrizione della concorrenza per «oggetto» di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

58      Preliminarmente all’esposizione di tale motivo, l’ISU presenta tre elementi di contesto che, a suo avviso, dovrebbero agevolare l’esame del motivo stesso.

59      In primo luogo, essa espone che, per quasi un secolo (1892‑1990), le norme in materia di ammissibilità che disciplinano la partecipazione degli atleti alle competizioni di pattinaggio su ghiaccio sono state applicate esclusivamente ai dilettanti, prima che venisse deciso, a seguito di un’evoluzione della posizione del CIO, di consentire anche ai professionisti di partecipare a dette competizioni. Aggiunge che a seguito di tale evoluzione sono state introdotte le norme di previa autorizzazione applicabili alle suddette competizioni, al fine di garantire che le medesime, siano esse organizzate dall’ISU oppure da un’entità o impresa terza, si svolgano secondo le stesse regole su scala mondiale.

60      In secondo luogo, l’ISU osserva che la decisione controversa riguarda il pattinaggio di velocità su ghiaccio, che costituisce una disciplina sportiva di nicchia che ha rappresentato per essa un giro d’affari di 5 milioni di franchi svizzeri (CHF) (circa EUR 5,1 milioni al tasso di cambio attuale) nel 2016, su un totale di quasi CHF 32 milioni (circa EUR 32,7 milioni al tasso di cambio attuale), il cui saldo proviene dalla disciplina sportiva più nota, ossia il pattinaggio di figura. Essa aggiunge che detta disciplina sportiva di nicchia presenta soltanto un’attrattiva limitata per il grande pubblico e che questa situazione spiega perché nessuna entità o impresa terza le abbia mai presentato una domanda di organizzazione di una competizione internazionale in tale settore, fino a quella menzionata nella decisione controversa. Per contro, essa avrebbe ricevuto venti domande di questo tipo nel settore del pattinaggio di figura nel corso degli ultimi venti anni, che sarebbero state tutte accolte. L’ISU precisa inoltre che il rifiuto di accogliere l’unica domanda che le è stata presentata, a due riprese (ossia nel 2011 e successivamente nel 2014), nel settore del pattinaggio di velocità su ghiaccio si basava sulla centralità che l’organizzatore della competizione internazionale prevista intendeva attribuire alle scommesse. Tale progetto, peraltro, sarebbe in definitiva stato autorizzato nel 2016 nei Paesi Bassi in un formato che non comprendeva più le scommesse.

61      In terzo luogo, l’ISU espone che la Commissione, pur avendo qualificato le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità come restrizione della concorrenza per «oggetto» e per «effetto» nella decisione controversa, tuttavia ha abbandonato l’opposizione di principio che aveva inizialmente manifestato nella comunicazione degli addebiti nei confronti di tali norme, concentrandosi sul loro carattere arbitrario e sproporzionato nel caso di specie. Ciò spiegherebbe peraltro perché l’ISU abbia attuato le ingiunzioni che figurano all’articolo 2 della decisione controversa mediante, in particolare, una comunicazione diretta a modificare dette norme e non ad abolirle.

62      Pur osservando che l’ISU non adduce l’esistenza di uno snaturamento dei fatti dinanzi alla Corte e che i fatti ai quali fa riferimento la sentenza impugnata devono quindi essere considerati definitivamente accertati, la Commissione contesta l’esattezza degli elementi di contesto presentati dall’ISU in fase di impugnazione. In particolare, essa rileva, in primo luogo, che le venti competizioni internazionali di pattinaggio di figura autorizzate dall’ISU sono state in realtà organizzate non da entità o imprese terze, bensì da membri di tale associazione. In secondo luogo, anche il progetto di competizione di pattinaggio di velocità su ghiaccio che l’ISU ha infine autorizzato nel 2016 è stato rilevato, nel frattempo, da un’associazione nazionale membro della stessa. In terzo luogo, il rifiuto dell’ISU di autorizzare il progetto in parola, quale inizialmente concepito da un’impresa terza, è intervenuto nonostante detta associazione sapesse perfettamente che in tale contesto non erano previste scommesse.

63      Inoltre, la Commissione sottolinea che l’impugnazione deve essere esaminata, coerentemente con la decisione controversa e la sentenza impugnata, tenendo conto dell’incidenza che le norme emanate dall’ISU hanno non solo sugli atleti, ai quali esse impediscono di offrire liberamente i propri servizi a potenziali organizzatori di competizioni internazionali diversi da tale associazione e dai suoi membri, ma altresì su questi stessi operatori, ai quali esse impediscono di organizzare liberamente competizioni internazionali sia direttamente (norme di previa autorizzazione), sia indirettamente (norme in materia di ammissibilità).

64      I sigg. Tuitert e Kerstholt e l’EU Athletes sostengono tali argomenti.

a)      Sulla prima parte

65      Con la prima parte del suo primo motivo d’impugnazione, l’ISU addebita al Tribunale di avere respinto in quanto infondati o inoperanti oppure senza esaminarli alcuni degli argomenti e degli elementi di prova che essa aveva presentato in primo grado, nell’ambito del suo secondo motivo di annullamento, vertente sulla violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, al fine di contestare le valutazioni sulle quali la Commissione si era basata per concludere nel senso dell’esistenza di una restrizione della concorrenza per «oggetto».

66      A tale proposito, essa sostiene, anzitutto, che nella decisione controversa la Commissione ha, in pratica, valutato congiuntamente l’adozione e l’applicazione delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità e ha poi qualificato questi due elementi come restrizione della concorrenza «per oggetto», come il Tribunale ha peraltro riconosciuto ai punti 57 e 126 della sentenza impugnata.

67      Inoltre, essa afferma di avere invitato il Tribunale, con il secondo motivo di annullamento, a respingere tale qualificazione giuridica e a censurare gli errori manifesti di valutazione che hanno portato la Commissione ad adottarla. In particolare, l’ISU precisa di avere contestato in primo grado le diverse valutazioni della Commissione che figurano nei punti da 174 a 179 della decisione controversa, relative all’applicazione delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, come illustrata, per quanto riguarda il pattinaggio di velocità su ghiaccio, dal suo rifiuto asseritamente intenzionale e anticoncorrenziale di autorizzare l’unico progetto di competizione internazionale concorrente che le è stato sottoposto negli ultimi vent’anni, nella sua versione iniziale, e, per quanto riguarda il pattinaggio di figura, dall’autorizzazione parallela di una ventina di competizioni internazionali organizzate da terzi.

68      Infine, essa sostiene che il Tribunale è venuto meno al proprio ufficio ai sensi dell’articolo 263 TFUE respingendo i suoi argomenti e i suoi elementi di prova al riguardo, ai punti 116, 117, 121 e 127 della sentenza impugnata, per il motivo che essi erano infondati, inoperanti o perfino irrilevanti nella parte in cui si riferivano ad elementi di intenzionalità e di applicazione che non occorreva prendere in esame per accertare l’esistenza di una restrizione della concorrenza per «oggetto», o a una disciplina sportiva diversa da quella che costituisce il mercato interessato da tale restrizione. Inoltre, detto giudice non avrebbe considerato altri argomenti o elementi di prova che gli erano stati presentati, in particolare quelli relativi alla tematica delle scommesse. A questo proposito, l’ISU sottolinea che, sebbene non fossero effettivamente previste nell’ambito del progetto di competizione internazionale di terzi che le era stato sottoposto, tali scommesse si collocavano tuttavia al centro del progetto che l’organizzatore di detta competizione intendeva promuovere.

69      La Commissione, sostenuta dai sigg. Tuitert e Kerstholt e dall’EU Athletes, contesta tutti questi argomenti.

b)      Sulla seconda parte

70      Con la seconda parte del suo primo motivo d’impugnazione, l’ISU addebita al Tribunale di avere sostituito la propria valutazione fattuale e giuridica a quella della Commissione, ravvisando l’esistenza di un’infrazione diversa da quella constatata all’articolo 1 della decisione controversa, in violazione del suo ufficio ai sensi dell’articolo 263 TFUE e basandosi su un’interpretazione erronea dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

71      A tale proposito, essa sostiene, in primo luogo, che il Tribunale non solo si è concentrato su un comportamento parzialmente diverso da quello che era stato contestato dalla Commissione (riferendosi all’esistenza stessa delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, e non più alla loro adozione e applicazione combinate), ma ha anche proceduto a una qualificazione diversa di detto comportamento. Su questo secondo aspetto, il Tribunale avrebbe infatti concluso esclusivamente per l’esistenza di una restrizione della concorrenza per «oggetto», basandosi, per giunta, non solo sugli elementi sui quali si era basata la Commissione nella sezione 8.3 della decisione controversa (intitolata «Restrizione della concorrenza per oggetto»), ma anche su quelli menzionati nella sezione 8.5 della stessa (intitolata «Le norme in materia di ammissibilità rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 [TFUE]»). Orbene, quest’ultima riguarderebbe una questione diversa.

72      In secondo luogo, tale riscrittura della decisione controversa si fonderebbe a sua volta su un’interpretazione giuridicamente errata dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

73      Infatti, tale disposizione distinguerebbe le restrizioni della concorrenza per «oggetto» da quelle per «effetto», essendo la prima di queste due qualificazioni applicabile soltanto ai comportamenti che possono essere considerati, per loro stessa natura, dannosi per la concorrenza. Orbene, nel caso di specie, il Tribunale non avrebbe spiegato perché i vari elementi ai quali esso fa riferimento nei punti da 87 a 89, da 91 a 93 e da 101 a 110 della sentenza impugnata giustificassero l’adozione di una qualificazione siffatta. Al contrario, esso si sarebbe limitato ad esaminare in modo astratto e decontestualizzato i termini in cui sono formulate le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità nonché gli scopi perseguiti dalle stesse, per poi concludere, al termine di tale esame, nel senso della possibilità o del rischio che dette norme siano utilizzate a fini anticoncorrenziali, tenuto conto del potere discrezionale che esse conferiscono all’ISU.

74      Inoltre, la giurisprudenza sulla quale si è basato il Tribunale ai fini di tale analisi (sentenze del 1º luglio 2008 MOTOE, C‑49/07, EU:C:2008:376, e del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C‑1/12, EU:C:2013:127) sarebbe rilevante unicamente in presenza di restrizioni della concorrenza per «effetto» e non potrebbe quindi essere applicata per analogia al fine di pronunciarsi sull’eventuale esistenza di restrizioni della concorrenza per «oggetto», come detto giudice ha fatto ai punti 72 e 88 della sentenza impugnata.

75      La Commissione, sostenuta dai sigg. Tuitert e Kerstholt e dall’EU Athletes, contesta tutti questi argomenti.

c)      Sulla terza parte

76      Con la terza parte del suo primo motivo d’impugnazione, l’ISU addebita al Tribunale di avere commesso errori di diritto nel confermare le valutazioni che hanno indotto la Commissione a qualificare le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità come restrizione della concorrenza per oggetto.

77      A questo proposito essa afferma, in primo luogo, che il Tribunale ha riconosciuto erroneamente che il tenore di tali norme possa essere invocato a sostegno di una qualificazione siffatta.

78      Infatti, contrariamente a quanto considerato dalla Commissione ai punti 162 e 163 della decisione controversa e a quanto dichiarato dal Tribunale ai punti 91 e 95 della sentenza impugnata, il fatto che tali norme prevedano la possibilità per l’ISU di applicare una serie di sanzioni severe agli atleti che partecipano a competizioni internazionali di pattinaggio di velocità su ghiaccio non autorizzate non sarebbe di per sé sufficiente a dimostrare l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto. Occorrerebbe quindi altresì che l’esame dei loro effetti consenta di dimostrare che esse sono state applicate ad atleti che hanno partecipato a competizioni la cui autorizzazione sia stata negata per un motivo illegittimo.

79      Inoltre, contrariamente a quanto risulta in particolare dal punto 163 della decisione controversa e a quanto considerato dal Tribunale ai punti da 85 a 89 della sentenza impugnata, il fatto che le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità non facciano riferimento a obiettivi precisamente identificabili, che esse non contengano criteri chiaramente definiti e che l’ISU disponga pertanto di un potere discrezionale o, quanto meno, di un margine di discrezionalità troppo ampio per applicarle non consentirebbe neanch’esso, di per sé, di dimostrare l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto. Anche a questo proposito sarebbe necessario valutare gli effetti concreti di tali norme.

80      Contrariamente, poi, a quanto esposto dalla Commissione, in particolare, ai punti 164 e 165 della decisione controversa, il fatto che dette norme facessero riferimento, nella versione adottata nel 2014, alla tutela degli interessi economici dell’ISU non consentirebbe, di per sé, di concludere per l’esistenza di una restrizione della concorrenza, come il Tribunale avrebbe peraltro riconosciuto ai punti 98 e 109 della sentenza impugnata.

81      Infine, contrariamente a quanto considerato dalla Commissione al punto 166 della decisione controversa e a quanto riconosciuto dal Tribunale al punto 97 della sentenza impugnata, sarebbe irrilevante il fatto che le norme in parola possano essere applicate ad atleti che partecipano a una competizione internazionale di terzi non autorizzata dall’ISU indipendentemente da qualsiasi conflitto di calendario fra tale competizione e una competizione organizzata o autorizzata dall’ISU, in quanto non è stata l’esistenza di un simile conflitto di calendario, bensì la promozione delle scommesse ad indurre detta associazione a respingere, nella sua versione iniziale, il progetto di competizione internazionale di terzi al quale si riferisce la decisione controversa.

82      In secondo luogo, l’ISU sostiene che il Tribunale ha errato sotto tre profili nell’analisi degli scopi perseguiti dalle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità.

83      Anzitutto, esso avrebbe riconosciuto, al punto 109 della sentenza impugnata, che l’ISU aveva il diritto di cercare di tutelare i propri interessi economici, contrariamente a quanto aveva considerato la Commissione al punto 169 della decisione controversa, ma non ne avrebbe tratto la conseguenza, ossia che tale istituzione non poteva dedurre l’esistenza di un oggetto anticoncorrenziale da quest’unico fatto.

84      Il Tribunale avrebbe poi tentato di compensare questo errore e la correlata impossibilità di trarre argomenti dagli scopi perseguiti dalle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità al fine di fondare una qualificazione come oggetto anticoncorrenziale deducendo, al punto 111 della sentenza impugnata, l’esistenza di un simile oggetto da altri elementi, relativi al carattere asseritamente vago, arbitrario e sproporzionato delle norme in parola. Così facendo, detto giudice avrebbe sostituito la propria valutazione a quella della Commissione, la quale si era basata su tali elementi, nella decisione controversa, a fini diversi (punti da 255 a 258) dalla dimostrazione di una restrizione della concorrenza per oggetto (punti da 162 a 187).

85      Infine, dalla giurisprudenza risulterebbe che i suddetti elementi sono rilevanti esclusivamente per valutare l’effetto di un comportamento idoneo a restringere la concorrenza (sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C‑1/12, EU:C:2013:127, punto 69).

86      In terzo luogo, l’ISU afferma che il Tribunale è incorso in errori di diritto nel controllare le valutazioni della Commissione relative al contesto economico e giuridico in cui si collocano le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità. Da un lato, detto giudice avrebbe respinto erroneamente, ai punti da 115 a 117 della sentenza impugnata, i suoi argomenti relativi all’autorizzazione di molte competizioni internazionali di terzi nel settore del pattinaggio di figura per il motivo che quest’ultimo non faceva parte del mercato in questione nel caso di specie. Infatti, dalla giurisprudenza risulterebbe che elementi relativi a un mercato diverso da quello interessato possono essere presi in considerazione nell’ambito dell’esame di tale contesto (sentenza dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punti 78 e 79). Dall’altro, detto giudice avrebbe respinto erroneamente, al punto 119 della sentenza impugnata, tali molteplici esempi comprovati di autorizzazione di competizioni di terzi per il motivo che, a suo avviso, la Commissione aveva ritenuto correttamente che vi fosse la possibilità o il rischio di un’applicazione arbitraria delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità.

87      La Commissione, sostenuta dai sigg. Tuitert e Kerstholt e dall’EU Athletes, contesta tutti questi argomenti.

2.      Giudizio della Corte

88      Con le tre parti del suo primo motivo di impugnazione, l’ISU critica, sotto diversi aspetti, il modo in cui il Tribunale ha controllato la legittimità della decisione controversa e il risultato cui è giunto al termine di tale controllo. In sostanza, essa sostiene che, tenuto conto, da un lato, del senso e della portata dell’articolo 101 TFUE e, dall’altro, del modo in cui questa disposizione è stata applicata dalla Commissione nella decisione controversa, la sentenza impugnata deve essere annullata per errori di diritto relativi, in primo luogo, al fatto che il Tribunale ha sostituito la propria valutazione a quella della Commissione ravvisando l’esistenza di un’infrazione diversa da quella che era stata descritta da detta istituzione (seconda parte), in secondo luogo, al fatto che il Tribunale ha erroneamente riconosciuto che la menzionata infrazione possa essere considerata come avente per «oggetto» di restringere la concorrenza (parti seconda e terza) e, in terzo luogo, al fatto che il Tribunale è venuto meno al suo ufficio respingendo taluni degli argomenti e degli elementi di prova che gli erano stati presentati per contestare siffatta qualificazione (parti prima e terza).

89      Tenuto conto del modo in cui è strutturato tale motivo d’impugnazione, occorre esaminarne congiuntamente le varie parti, dopo avere ricordato il senso e la portata delle disposizioni dell’articolo 101 TFUE, alla luce delle quali deve essere valutata la loro eventuale fondatezza.

90      A questo proposito, è necessario ricordare preliminarmente che non sono contestate né le constatazioni della Commissione e del Tribunale secondo le quali l’ISU deve essere qualificata, sotto il profilo dell’articolo 101 TFUE, come «associazione di imprese» che esercita, inoltre, un’attività economica consistente nell’organizzare e commercializzare competizioni internazionali di pattinaggio di velocità su ghiaccio, né quelle secondo cui le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità costituiscono una «decisione di un’associazione di imprese» ai sensi del medesimo articolo. Non sono contestate neanche le constatazioni secondo le quali tale decisione di un’associazione di imprese può «pregiudicare il commercio tra Stati membri», ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Infine, non sono contestate, neppure in via subordinata, nemmeno le constatazioni secondo le quali detta decisione non soddisfa i diversi requisiti necessari per poter beneficiare di un’esenzione a norma dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE.

a)      Sullapplicabilità dellarticolo 101 TFUE allo sport in quanto attività economica

91      Nella misura in cui l’attività sportiva è configurabile come attività economica, essa è disciplinata dalle disposizioni dell’Unione applicabili in presenza di un’attività siffatta (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 1974, Walrave e Koch, 36/74, EU:C:1974:140, punto 4, e del 16 marzo 2010, Olympique Lyonnais, C‑325/08, EU:C:2010:143, punto 27).

92      Solo talune norme specifiche che, da un lato, sono state adottate esclusivamente per motivi di ordine non economico e, dall’altro, vertono su questioni che interessano unicamente lo sport in quanto tale devono essere considerate estranee a qualsiasi attività economica. Ciò vale, in particolare, per le norme relative all’esclusione dei giocatori stranieri dalla composizione delle squadre che partecipano alle competizioni tra squadre rappresentative dei loro paesi o alla definizione dei criteri di classificazione utilizzati per selezionare gli atleti che partecipano a competizioni a titolo individuale (v., in tal senso, sentenze del 12 dicembre 1974, Walrave e Koch, 36/74, EU:C:1974:140, punto 8; del 15 dicembre 1995, Bosman, C‑415/93, EU:C:1995:463 punti 76 e 127, e dell’11 aprile 2000, Deliège, C‑51/96 e C‑191/97, EU:C:2000:199, punti 43, 44, 63, 64 e 69).

93      Ad eccezione di tali norme specifiche, le norme emanate da associazioni sportive e, più in generale, il comportamento delle associazioni che le hanno adottate rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato FUE relative al diritto della concorrenza quando i presupposti per l’applicazione di dette disposizioni sono soddisfatti (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2006, Meca‑Medina e Majcen/Commissione, C‑519/04 P, EU:C:2006:492, punti da 30 a 33), il che implica che tali associazioni possano essere qualificate come «imprese» ai sensi degli articoli 101 e 102 TFUE o che le norme in questione possano essere qualificate come «decisioni di associazioni di imprese» ai sensi dell’articolo 101 TFUE.

94      Ciò può valere, in particolare, per norme riguardanti l’esercizio, da parte di un’associazione sportiva, di poteri relativi alla previa autorizzazione di competizioni sportive, la cui organizzazione e il cui sfruttamento commerciale costituiscono un’attività economica per le imprese che le effettuano o prevedono di effettuarle, compresa un’associazione siffatta (v., in tal senso, sentenza del 1º luglio 2008, MOTOE, C‑49/07, EU:C:2008:376, punto 28). Ciò può valere inoltre per le norme intese a disciplinare la partecipazione degli atleti a simili competizioni, la quale costituisce un’attività economica quando essi esercitano lo sport in questione a titolo professionale o semiprofessionale.

95      Ciò premesso, l’attività sportiva presenta innegabili specificità che, pur riguardando specialmente lo sport dilettantistico, sono rinvenibili anche nell’esercizio dello sport come attività economica (v., in tal senso, sentenza del 13 aprile 2000, Lehtonen e Castors Braine, C‑176/96, EU:C:2000:201, punto 33).

96      Orbene, le specificità di un settore economico possono eventualmente essere prese in considerazione, tra altri elementi e purché risultino rilevanti, in sede di applicazione dell’articolo 101 TFUE e più in particolare in sede di esame della questione se un determinato comportamento debba essere considerato come avente per «oggetto» o, in mancanza, per «effetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, tenuto conto del contesto economico e giuridico nel quale si inserisce e delle «condizioni reali» o del «concreto quadro» che caratterizzano la struttura e il funzionamento del settore o dei settori oppure del mercato o dei mercati interessati (v., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 1994, DLG, C‑250/92, EU:C:1994:413, punto 31). Un esame siffatto può implicare di tener conto, ad esempio, della natura, dell’organizzazione o del funzionamento dello sport in questione e, più specificamente, del suo grado di professionalizzazione, della maniera in cui è esercitato, del modo in cui interagiscono i diversi soggetti che vi partecipano nonché del ruolo svolto dalle strutture o dagli organismi che ne sono responsabili a tutti i livelli, con i quali l’Unione favorisce la cooperazione, ai sensi dell’articolo 165, paragrafo 3, TFUE.

b)      Sullarticolo 101, paragrafo 1, TFUE

97      L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, dichiara incompatibili con il mercato interno e vieta tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nel mercato interno.

1)      Sulla determinazione dell’esistenza di un comportamento avente per «oggetto» di impedire, restringere o falsare la concorrenza ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE

98      Per poter considerare, in un caso determinato, che un accordo, una decisione di un’associazione di imprese o una pratica concordata ricade nel divieto sancito dall’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, occorre dimostrare, secondo i termini stessi di tale disposizione, che detto comportamento ha per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, o che detto comportamento ha un simile effetto (v., in tal senso, sentenze del 30 giugno 1966, LTM, 56/65, EU:C:1966:38, pag. 281, e del 29 giugno 2023, Super Bock Bebidas, C‑211/22, EU:C:2023:529, punto 31).

99      A tal fine, occorre esaminare, in un primo tempo, l’oggetto del comportamento in questione. Qualora, al termine di questo esame, risulti che detto comportamento ha un oggetto anticoncorrenziale, non è necessario procedere all’esame del suo effetto sulla concorrenza. Solo nel caso in cui non possa ritenersi che il comportamento in parola abbia un oggetto anticoncorrenziale è necessario procedere, in un secondo tempo, all’esame di tale effetto (v., in tal senso, sentenze del 30 giugno 1966, LTM, 56/65, EU:C:1966:38, pag. 281, e del 26 novembre 2015, Maxima Latvija, C‑345/14, EU:C:2015:784, punti 16 e 17).

100    L’esame che occorre effettuare varia a seconda che verta sulla questione se il comportamento di cui trattasi abbia per «oggetto» o per «effetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, in quanto ciascuna di queste due nozioni è soggetta a un regime giuridico e probatorio diverso [v., in tal senso, sentenza del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 63].

i)      Sulla determinazione dell’esistenza di un comportamento avente per «oggetto» o per «effetto» di impedire, restringere o falsare la concorrenza

101    Come risulta dalla giurisprudenza costante della Corte, quale ricapitolata, in particolare, nelle sentenze del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann‑La Roche e a. (C‑179/16, EU:C:2018:25, punto 78), e del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 67), la nozione di «oggetto» anticoncorrenziale, pur non costituendo, come deriva dai punti 98 e 99 della presente sentenza, un’eccezione rispetto alla nozione di «effetto» anticoncorrenziale, deve comunque essere interpretata restrittivamente.

102    Tale nozione deve quindi essere intesa nel senso che si riferisce esclusivamente a talune forme di coordinamento tra imprese che rivelano un grado di dannosità per la concorrenza sufficiente perché si possa ritenere che l’esame dei loro effetti non sia necessario. Infatti, talune forme di coordinamento tra imprese possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza [v., in tal senso, sentenze del 30 giugno 1966, LTM, 56/65, EU:C:1966:38, pag. 281; del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann‑La Roche e a. (C‑179/16, EU:C:2018:25, punto 78), e del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a. (C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 67].

103    Fra i tipi di comportamenti che devono essere considerati tali figurano, anzitutto, taluni comportamenti collusivi particolarmente dannosi per la concorrenza, come i cartelli orizzontali che portano alla fissazione dei prezzi, alla limitazione delle capacità di produzione o alla ripartizione della clientela. Infatti, questi tipi di comportamenti sono idonei a determinare un aumento dei prezzi o una riduzione della produzione e quindi dell’offerta, dando luogo a una cattiva allocazione delle risorse a detrimento degli utenti commerciali e dei consumatori (v., in tal senso, sentenze del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, C‑209/07, EU:C:2008:643, punti 17 e 33; dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 51, e del 16 luglio 2015, ING Pensii, C‑172/14, EU:C:2015:484, punto 32).

104    Senza essere necessariamente altrettanto dannosi per la concorrenza, altri tipi di comportamenti possono del pari essere considerati, in certi casi, come aventi un oggetto anticoncorrenziale. Ciò vale, in particolare, per alcuni tipi di accordi orizzontali diversi dai cartelli, ad esempio quelli che portano all’esclusione di imprese concorrenti dal mercato [v., in tal senso, sentenze del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punti 76, 77, da 83 a 87 e 101, e del 25 marzo 2021, Lundbeck/Commissione, C‑591/16 P, EU:C:2021:243, punti 113 e 114], o per alcuni tipi di decisioni di associazioni di imprese aventi per oggetto di coordinare il comportamento dei loro membri, segnatamente in termini di prezzi (v., in tal senso, sentenza del 27 gennaio 1987, Verband der Sachversicherer/Commissione, 45/85, EU:C:1987:34, punto 41).

105    Per stabilire, in un determinato caso, se un accordo, una decisione di un’associazione di imprese o una pratica concordata presenti, per sua stessa natura, un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza per poter essere considerato come avente per oggetto di impedire, restringere o falsare quest’ultima, è necessario esaminare, in primo luogo, il tenore dell’accordo, della decisione o della pratica di cui trattasi, in secondo luogo, il contesto economico e giuridico in cui essi si collocano e, in terzo luogo, gli scopi che essi mirano a raggiungere (v., in tal senso, sentenze dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 53, e del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann‑La Roche e a., C‑179/16, EU:C:2018:25, punto 79).

106    A tale proposito, anzitutto, per quanto riguarda il contesto economico e giuridico nel quale si colloca il comportamento di cui trattasi, occorre prendere in considerazione la natura dei prodotti o dei servizi interessati e le condizioni reali che caratterizzano la struttura e il funzionamento del settore o dei settori oppure del mercato o mercati in questione (sentenze dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 53, e del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann‑La Roche e a., C‑179/16, EU:C:2018:25, punto 80). Per contro, non è assolutamente necessario esaminare né, a fortiori, dimostrare gli effetti di tale comportamento sulla concorrenza, siano essi reali o potenziali e negativi o positivi, come deriva dalla giurisprudenza richiamata ai punti 98 e 99 della presente sentenza.

107    Per quanto riguarda, poi, gli scopi perseguiti dal comportamento di cui trattasi, è necessario determinare gli scopi oggettivi che tale comportamento mira a raggiungere sotto il profilo della concorrenza. Per contro, la circostanza che le imprese coinvolte abbiano agito senza avere l’intenzione soggettiva di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza e il fatto che esse abbiano perseguito taluni obiettivi legittimi non sono determinanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 6 aprile 2006, General Motors/Commissione, C‑551/03 P, EU:C:2006:229, punti 64 e 77 e giurisprudenza ivi citata, e del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, C‑209/07, EU:C:2008:643, punto 21).

108    Infine, dalla presa in considerazione di tutti gli elementi menzionati nei tre punti precedenti della presente sentenza devono emergere, in ogni caso, le ragioni precise per le quali il comportamento di cui trattasi presenta un grado sufficiente di dannosità per la concorrenza, che giustifichi il fatto di ritenere che esso abbia per oggetto di impedire, restringere o falsare quest’ultima (v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, CB/Commissione, C‑67/13 P, EU:C:2014:2204, punto 69).

ii)    Sulla determinazione dell’esistenza di un comportamento avente per «effetto» di impedire, restringere o falsare la concorrenza

109    La nozione di comportamento avente un «effetto» anticoncorrenziale comprende, quanto ad essa, ogni comportamento che non possa essere considerato come avente un «oggetto» anticoncorrenziale, purché sia dimostrato che tale comportamento ha per effetto attuale o potenziale di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, e ciò in modo sensibile [v., in tal senso, sentenze del 28 maggio 1998, Deere/Commissione, C‑7/95 P, EU:C:1998:256, punto 77, e del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 117].

110    A tal fine, occorre considerare il gioco della concorrenza nel concreto quadro in cui si svolgerebbe in assenza dell’accordo, della decisione di un’associazione di imprese o della pratica concordata in questione [sentenze del 30 giugno 1966, LTM, 56/65, EU:C:1966:38, pag. 281, e del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 118], definendo il mercato o i mercati sui quali detto comportamento può produrre effetti, e poi determinando questi ultimi, siano essi reali o potenziali. Tale esame implica a sua volta di tener conto di tutte le circostanze rilevanti.

2)      Sulla possibilità di considerare taluni comportamenti specifici come non rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE

111    Da una giurisprudenza elaborata dalla Corte risulta che non tutti gli accordi tra imprese o le decisioni di un’associazione di imprese che limitino la libertà d’azione delle imprese che partecipano a tale accordo o sono assoggettate al rispetto di tale decisione ricadono necessariamente sotto il divieto sancito all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Infatti, l’esame del contesto economico e giuridico in cui si inseriscono taluni di tali accordi e talune di tali decisioni può portare a constatare, in primo luogo, che essi sono giustificati dal perseguimento di uno o più obiettivi legittimi di interesse generale privi, di per sé, di carattere anticoncorrenziale; in secondo luogo, che i mezzi concreti ai quali si fa ricorso per perseguire tali obiettivi sono effettivamente necessari a tal fine e, in terzo luogo, che, anche qualora risulti che tali mezzi hanno l’effetto intrinseco di restringere o di falsare, perlomeno potenzialmente, la concorrenza, tale effetto intrinseco non si spinge oltre quanto necessario, in particolare eliminando qualsiasi concorrenza. Tale giurisprudenza può trovare applicazione, in particolare, in presenza di accordi o decisioni sotto forma di regole adottate da un’associazione, come un’associazione professionale o un’associazione sportiva, al fine di perseguire taluni obiettivi di ordine etico o deontologico e, più in generale, di disciplinare l’esercizio di un’attività professionale, qualora l’associazione di cui trattasi dimostri che sono soddisfatti i presupposti appena ricordati (v., in tal senso, sentenze del 19 febbraio 2002, Wouters e a., C‑309/99, EU:C:2002:98, punto 97; del 18 luglio 2006, Meca‑Medina e Majcen/Commissione, C‑519/04 P, EU:C:2006:492, punti da 42 a 48, e del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C‑1/12, EU:C:2013:127, punti 93, 96 e 97).

112    Più in particolare, nel settore dello sport, la Corte ha avuto modo di rilevare, alla luce degli elementi di cui disponeva, che la normativa antidoping adottata dal CIO non ricade sotto il divieto sancito all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, sebbene limiti la libertà di azione degli atleti e abbia l’effetto intrinseco di restringere la concorrenza potenziale tra loro definendo una soglia oltre la quale la presenza di nandrolone costituisce doping, al fine di garantire lo svolgimento leale, integro e obiettivo della competizione sportiva, assicurare pari opportunità tra gli atleti, tutelare la loro salute e far rispettare i valori etici che sono alla base dello sport, tra i quali figura il merito (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2006, Meca‑Medina e Majcen/Commissione, C‑519/04 P, EU:C:2006:492, punti da 43 a 55).

113    Per contro, la giurisprudenza menzionata al punto 111 della presente sentenza non può trovare applicazione in presenza di comportamenti che, lungi dal limitarsi ad avere per «effetto» intrinseco quello di restringere, perlomeno potenzialmente, la concorrenza, limitando la libertà di azione di talune imprese, presentano, nei confronti di tale concorrenza, un grado di dannosità che giustifica la considerazione che essi abbiano per «oggetto» stesso di impedirla, di restringerla o di falsarla. Pertanto, solo qualora risulti, al termine dell’esame del comportamento di cui trattasi in un determinato caso di specie, che tale comportamento non ha per oggetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza, occorre determinare, successivamente, se esso possa rientrare nell’ambito di applicazione di tale giurisprudenza (v., in tal senso, sentenze del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C‑1/12, EU:C:2013:127, punto 69; del 4 settembre 2014, API e a., da C‑184/13 a C‑187/13, C‑194/13, C‑195/13 e C‑208/13, EU:C:2014:2147, punto 49, e del 23 novembre 2017, CHEZ Elektro Bulgaria e FrontEx International, C‑427/16 e C‑428/16, EU:C:2017:890, punti 51, 53, 56 e 57).

114    Per quanto riguarda i comportamenti che hanno per oggetto di impedire, restringere o falsare la concorrenza, quindi, è unicamente in applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, TFUE, e purché siano rispettati tutti i presupposti previsti in tale disposizione, che può essere ad essi applicato il beneficio di un esonero dal divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 20 novembre 2008, Beef Industry Development Society e Barry Brothers, C‑209/07, EU:C:2008:643, punto 21).

115    È alla luce di tutte queste considerazioni che devono essere valutati i vari argomenti presentati dall’ISU.

c)      Sullinfrazione ravvisata nel caso di specie

116    Per quanto riguarda gli argomenti dell’ISU secondo i quali il Tribunale ha sostituito la propria valutazione a quella della Commissione ravvisando l’esistenza di un’infrazione diversa da quella che era stata descritta da detta istituzione, occorre constatare, in primo luogo, che, ai punti 57 e 126 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato, in sostanza, che la Commissione aveva ravvisato l’esistenza di un’infrazione consistente nel fatto che l’ISU ha adottato e applicato, sul mercato mondiale dell’organizzazione e dello sfruttamento commerciale delle competizioni internazionali di pattinaggio di velocità su ghiaccio e dello sfruttamento dei vari diritti connessi a tali competizioni, le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, nelle versioni adottate nel 2014 e nel 2016, come peraltro ricordato dall’ISU nella sua impugnazione. Il Tribunale ha inoltre indicato, nel primo di questi due punti, che la Commissione aveva qualificato tale comportamento come infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE per il motivo che esso aveva, da un lato, per «oggetto» e, dall’altro, per «effetto» di restringere la concorrenza.

117    In secondo luogo il Tribunale ha proceduto, ai punti da 77 a 120 della sentenza impugnata, al controllo delle valutazioni che hanno portato la Commissione a qualificare il fatto di avere adottato e di applicare le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità come comportamento avente per «oggetto» di restringere la concorrenza, esaminando, sotto un primo profilo, le valutazioni relative al tenore di tali norme, sotto un secondo profilo, quelle concernenti gli scopi perseguiti da dette norme e, sotto un terzo profilo, quelle riguardanti il contesto nel quale le medesime norme si collocano, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte, cui esso ha peraltro fatto riferimento nei punti 66 e 67 della sentenza impugnata. Al termine del suo controllo, detto giudice ha considerato, ai punti da 121 a 123 della sentenza impugnata, che la Commissione non era incorsa in alcuno degli errori di diritto e degli errori manifesti di valutazione che le venivano addebitati dall’ISU, cosicché la qualificazione come comportamento avente per «oggetto» di restringere la concorrenza non risultava infondata ed era quindi superfluo pronunciarsi sugli argomenti dell’ISU relativi alla qualificazione alternativa e in subordine come comportamento avente per «effetto» di restringere la concorrenza.

118    In terzo e ultimo luogo, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che l’individuazione del comportamento di cui trattasi nella fattispecie e la qualificazione che ne è stata data nella sentenza impugnata corrispondono sotto tutti gli aspetti al contenuto della decisione controversa. Infatti, l’articolo 1 di tale decisione, secondo la quale l’ISU ha violato l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE adottando e applicando le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, deve essere letto alla luce dei punti da 161 a 188 di detta decisione, nei quali la Commissione ha considerato che, tenuto conto del loro tenore, degli scopi cui mirano e del contesto economico e giuridico in cui si collocano, si doveva ritenere che tali norme avessero per «oggetto» di restringere la concorrenza, prima di aggiungere in modo separato e indipendente, ai punti da 194 a 209 della menzionata decisione, che le norme in parola avevano inoltre per «effetto» di restringere la concorrenza.

119    In particolare, come emerge da tali diverse constatazioni, la Commissione non ha adottato una qualificazione giuridica «che combina» le nozioni alternative di «oggetto» e di «effetto» anticoncorrenziale, come asserito dall’ISU. Al contrario, essa ha adottato, in parallelo, due qualificazioni giuridiche distinte e indipendenti l’una dall’altra, ciascuna delle quali, supponendola giustificata, era sufficiente a fondare il dispositivo della decisione controversa.

120    In tali circostanze, il Tribunale non si è pronunciato, contrariamente a quanto sostenuto dall’ISU, su un’infrazione diversa da quella che era stata descritta dalla Commissione. Al contrario, esso si è limitato a dichiarare che la prima delle due qualificazioni giuridiche adottate da tale istituzione non era viziata da alcuno degli errori asseriti dall’ISU.

121    Inoltre, se è vero che le sezioni della sentenza impugnata dedicate al controllo della fondatezza di detta qualificazione alla luce del tenore (punti da 81 a 98), degli scopi (punti da 99 a 114) e del contesto economico e giuridico (punti da 115 a 120) delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità non esaminano in alcun punto il modo in cui esse sono state applicate dall’ISU, tuttavia è giocoforza constatare che tale approccio è identico a quello seguito dalla Commissione nella decisione controversa. Infatti, le sezioni di quest’ultima nelle quali vengono esaminati il tenore (punti da 162 a 167 e da 180 a 187), gli scopi (punti da 168 a 171) e il contesto economico e giuridico (punti 172 e 173) delle norme in parola non affrontano neanch’esse questa problematica, che viene esaminata unicamente nel contesto di sezioni diverse, come quelle relative all’«intenzione» dell’ISU (punti da 174 a 179) o all’«effetto» delle suddette norme sulla concorrenza (punti da 199 a 205).

122    Di conseguenza, occorre respingere in quanto infondati gli argomenti dell’ISU secondo i quali il Tribunale ha ravvisato l’esistenza di un’infrazione diversa da quella che era stata descritta dalla Commissione nella decisione controversa, sostituendo la propria valutazione a quella di tale istituzione.

d)      Sullesistenza di un comportamento avente per «oggetto» di restringere la concorrenza nel caso di specie

123    Gli argomenti dell’ISU secondo i quali il Tribunale ha interpretato erroneamente l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e ha concluso a torto, sulla base di tale interpretazione, che le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità erano state qualificate correttamente dalla Commissione come comportamento avente per «oggetto» di restringere la concorrenza sono principalmente di tre ordini.

124    In sostanza, l’ISU addebita al Tribunale, in primo luogo, di avere interpretato erroneamente la nozione di «oggetto» anticoncorrenziale ritenendo, al pari della Commissione, che, tenuto conto del tipo di comportamento in discussione nella fattispecie, l’esame del suo tenore, degli scopi cui esso mirava nonché del contesto economico e giuridico nel quale esso si collocava doveva essere effettuato alla luce delle sentenze del 1º luglio 2008, MOTOE (C‑49/07, EU:C:2008:376), e del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas (C‑1/12, EU:C:2013:127). In secondo luogo, il Tribunale avrebbe dichiarato erroneamente che tale comportamento doveva essere qualificato come infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE per il motivo che aveva per «oggetto» di restringere la concorrenza, come risultava dalle valutazioni della Commissione relative al tenore, agli scopi nonché al contesto economico e giuridico delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità. Nel contempo, detto giudice avrebbe omesso di pronunciarsi su altri elementi essenziali, quali l’intenzione attribuita dalla Commissione all’ISU e gli effetti di tali norme sul mercato interessato nonché sul mercato connesso del pattinaggio di figura. In terzo luogo, esaminando congiuntamente il secondo e il quarto motivo di annullamento, che riguardavano rispettivamente la nozione di «oggetto» anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e la giurisprudenza della Corte secondo cui taluni comportamenti possono essere considerati come non rientranti nell’ambito di applicazione di tale disposizione (sentenza del 19 febbraio 2002, Wouters e a., C‑309/99, EU:C:2002:98), il Tribunale sarebbe incorso in ulteriori errori di diritto consistenti, in sostanza, nel «fondere» queste due questioni distinte e nel sostituire, in tal modo, la propria valutazione a quella della Commissione.

1)      Sull’applicabilità nel caso di specie della giurisprudenza risultante dalle sentenze del 1º luglio 2008, MOTOE (C49/07, EU:C:2008:376), e del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas (C1/12, EU:C:2013:127)

125    Dalla giurisprudenza della Corte risulta che il mantenimento o lo sviluppo non falsato della concorrenza nel mercato interno può essere garantito solo se sono assicurate pari opportunità tra le imprese. Orbene, il fatto di conferire a un’impresa che esercita una determinata attività economica il potere di stabilire, de iure o anche de facto, quali altre imprese siano autorizzate ad esercitare a loro volta tale attività e di fissare le condizioni alle quali quest’ultima può essere esercitata colloca detta impresa in una situazione di conflitto di interessi e le attribuisce un evidente vantaggio sui concorrenti, in quanto le consente di precludere loro l’accesso al mercato di cui trattasi o di favorire la propria attività (v., in tal senso, sentenze del 13 dicembre 1991, GB‑Inno‑BM, C‑18/88, EUC:1991:474, punto 25; del 12 febbraio 1998, Raso e a., C‑163/96, EU:C:1998:54, punti 28 e 29, e del 1º luglio 2008, MOTOE, C‑49/07, EU:C:2008:376, punti 38, 49, 51 e 52) e, in tal modo, di impedire lo sviluppo della concorrenza in base al merito a detrimento dei consumatori, limitando su tale mercato la produzione, lo sviluppo di prodotti o servizi alternativi o l’innovazione.

126    Di conseguenza, un potere siffatto può essere conferito a un’impresa determinata solo a condizione che esso sia accompagnato da limiti, obblighi e controlli, indipendentemente dalla questione se tale potere tragga origine dall’attribuzione, da parte di uno Stato membro, di diritti esclusivi o speciali che collocano l’impresa cui detto potere è conferito in una situazione di posizione dominante sul mercato di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 1º luglio 2008, MOTOE, C‑49/07, EU:C:2008:376, punti 50 e 53), dal comportamento autonomo di un’impresa in posizione dominante, che le consente di impedire a imprese potenzialmente concorrenti di accedere a mercati connessi o prossimi (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 1991, GB‑Inno‑BM, C‑18/88, EU:C:1991:474, punti da 17 a 20 e 24), o da una decisione di un’associazione di imprese, a fortiori quando l’associazione da cui promana tale decisione debba essere considerata, in parallelo, come un’«impresa» a motivo dell’attività economica che essa esercita su detto mercato (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C‑1/12, EU:C:2013:127, punti 39, 44, 45, 59, 91 e 92).

127    La Corte ha quindi già rilevato che, salvo che sia accompagnato da limiti, obblighi e controlli idonei ad escludere il rischio di sfruttamento abusivo di una posizione dominante, un potere siffatto, qualora sia conferito a un’impresa in situazione di posizione dominante, viola, per la sua stessa esistenza, l’articolo 102 TFUE, eventualmente in combinato disposto con l’articolo 106 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 1º luglio 2008, MOTOE, C‑49/07, EU:C:2008:376, punti 50 e 53).

128    Allo stesso modo, poiché gli articoli 101 e 102 TFUE, pur perseguendo obiettivi distinti e avendo un ambito di applicazione diverso, possono essere applicati contemporaneamente al medesimo comportamento qualora ne sussistano le rispettive condizioni di applicazione [v., in tal senso, sentenze dell’11 aprile 1989, Saeed Flugreisen e Silver Line Reisebüro, 66/86, EU:C:1989:140, punto 32; del 16 marzo 2000, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, C‑395/96 P e C‑396/96 P, EU:C:2000:132, punto 33, e del 30 gennaio 2020, Generics (UK) e a., C‑307/18, EU:C:2020:52, punto 146], e poiché tali articoli devono quindi essere interpretati in modo coerente, pur nel rispetto delle specificità che li caratterizzano, si deve ritenere che un potere siffatto possa essere considerato come avente per «oggetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

129    Supponendo che ciò non si verifichi, detto potere può perlomeno essere considerato come avente per «effetto» di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, come la Corte ha parimenti già rilevato (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C‑1/12, EU:C:2013:127, punto 69).

130    Per questi motivi, il Tribunale ha considerato correttamente, in sostanza, ai punti da 68 a 76 della sentenza impugnata, al pari della Commissione ai punti 172 e 173 della decisione controversa, che, tenuto conto del tipo di comportamento di cui trattasi nel caso di specie, vale a dire una decisione di un’associazione di imprese che conferisce a tale associazione responsabile di una disciplina sportiva un potere di regolamentazione, controllo e sanzione che le consente di autorizzare o precludere l’accesso delle imprese potenzialmente concorrenti a un determinato mercato, sul quale detta associazione esercita essa stessa un’attività economica, l’esame dell’oggetto del comportamento in parola, più in particolare del suo tenore, degli scopi cui esso mira nonché del contesto economico e giuridico nel quale si colloca, doveva essere effettuato alla luce della giurisprudenza elaborata nelle sentenze del 1º luglio 2008, MOTOE (C‑49/07, EU:C:2008:376), e del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas (C‑1/12, EU:C:2013:127).

2)      Sulla qualificazione del comportamento di cui trattasi nel caso di specie

131    Per pronunciarsi sulla questione se una decisione di un’associazione di imprese che conferisce a tale associazione un potere di regolamentazione, controllo e sanzione che le consente di autorizzare o precludere l’accesso delle imprese potenzialmente concorrenti a un determinato mercato, sul quale detta associazione esercita essa stessa un’attività economica, debba essere considerata come avente per oggetto o, in mancanza, per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, occorre accertare, anzitutto, se tale potere sia delimitato da criteri sostanziali trasparenti, chiari e precisi (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C‑1/12, EU:C:2013:127, punti da 84 a 86, 90, 91 e 99), i quali consentano di evitare che esso possa essere utilizzato in modo arbitrario. Inoltre, tali criteri devono essere stati chiaramente definiti in una forma accessibile, prima di qualsiasi esercizio del potere che sono intesi a delimitare.

132    Essi possono includere, in particolare, criteri che promuovono, in modo adeguato ed efficace, lo svolgimento di competizioni sportive basate sulle pari opportunità e sul merito.

133    In caso affermativo, criteri siffatti devono inoltre essere atti a garantire l’esercizio non discriminatorio di un simile potere (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C‑1/12, EU:C:2013:127, punto 99) e, per quanto riguarda le sanzioni che possono essere inflitte, il carattere sia oggettivo che proporzionato delle stesse (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2006, Meca‑Medina e Majcen/Commissione, C‑519/04 P, EU:C:2006:492, punti 48 e 55). Affinché tali criteri possano considerati, in generale, non discriminatori, è necessario che essi non assoggettino l’organizzazione e la commercializzazione di competizioni di terzi nonché la partecipazione ad esse degli atleti a requisiti diversi da quelli applicabili alle competizioni organizzate e commercializzate dall’entità decisionale, oppure identici o analoghi ma impossibili o eccessivamente difficili da soddisfare in pratica per un’impresa che non abbia il medesimo status di associazione o gli stessi poteri di tale entità e si trovi quindi in una situazione diversa rispetto a quest’ultima. Per quanto attiene, più in particolare, ai criteri che disciplinano la determinazione delle sanzioni che possono essere inflitte, essi devono inoltre garantire che queste siano stabilite, in ciascun caso concreto, nel rispetto del principio di proporzionalità tenendo conto, segnatamente, della natura, della durata e della gravità dell’infrazione constatata.

134    Infine, detti criteri devono poter essere oggetto di un controllo effettivo (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C‑1/12, EU:C:2013:127, punto 99).

135    Inoltre, il potere in questione deve essere assoggettato a modalità procedurali trasparenti e non discriminatorie, come quelle relative ai termini applicabili alla presentazione di una domanda di previa autorizzazione e all’adozione di una decisione sulla stessa, che non possano operare a detrimento delle imprese potenzialmente concorrenti impedendo loro di accedere effettivamente al mercato (v., in tal senso, sentenza del 28 febbraio 2013, Ordem dos Técnicos Oficiais de Contas, C‑1/12, EU:C:2013:127, punto 99) e, in definitiva, limitare in tal modo la produzione.

136    Alla luce della giurisprudenza richiamata nei cinque punti precedenti della presente sentenza, nel caso di specie si deve constatare, in primo luogo, che, contrariamente a quanto sostenuto dall’ISU, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto, nell’ambito del suo esame dell’oggetto delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, nel fare riferimento alla questione se tali norme siano state concepite in modo da permettere di evitare che i poteri di previa autorizzazione, controllo e sanzione che esse conferiscono a tale associazione siano utilizzati in modo arbitrario, discriminatorio o sproporzionato.

137    In particolare, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto, nell’esame concreto del contenuto di tali norme, nel considerare, ai punti da 85 a 89 e 118 della sentenza impugnata, che esse non erano giustificate, in modo verificabile, da alcun obiettivo specifico e non delimitavano il potere discrezionale di cui dispone l’ISU per autorizzare o rifiutare di autorizzare l’organizzazione e l’attuazione dei progetti di competizione di pattinaggio di velocità che potessero esserle presentati da entità o imprese terze sulla base di criteri di autorizzazione trasparenti, oggettivi, non discriminatori e, di conseguenza, controllabili, sicché doveva ritenersi che tale associazione disponesse di un potere discrezionale.

138    Occorre aggiungere che tali valutazioni, le quali erano intese, come risulta dai punti 83 e 84 della sentenza impugnata, a rispondere ad argomenti specificamente presentati dall’ISU per contestare alcune delle valutazioni effettuate dalla Commissione nella decisione controversa, non possono essere considerate, nella loro sostanza, nuove rispetto a quest’ultima. Infatti, al punto 173 di tale decisione, la Commissione ha fatto riferimento in generale alla necessità di assoggettare un potere discrezionale come quello di cui dispone l’ISU ad obblighi, limiti e controlli, prima di indicare più specificamente, ai punti 163 e 185 di detta decisione, che ciò non si verificava nel caso di specie, in assenza di un nesso fra tale potere e obiettivi specifici e verificabili.

139    Analogamente, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nel considerare, in sostanza, ai punti da 91 a 95 e 97 della sentenza impugnata, che le sanzioni che potevano essere inflitte dall’ISU agli atleti che partecipassero a competizioni di pattinaggio di velocità da essa non previamente autorizzate non erano disciplinate da criteri idonei a garantirne l’oggettività e la proporzionalità, e costituivano un elemento rilevante per stabilire se le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità avessero per oggetto di restringere la concorrenza sul mercato in questione. Nemmeno con riferimento a tali valutazioni, le quali erano parimenti intese, come risulta dai punti 83, 90 e 96 della sentenza impugnata, a rispondere agli argomenti addotti dall’ISU a sostegno del suo ricorso di annullamento, si può ritenere che esse riguardino questioni nuove rispetto a quelle esaminate ai punti 162, 163, 166 e 186 della decisione controversa.

140    In secondo luogo, pur facendo riferimento, nel modo appena ricordato, alla giurisprudenza citata ai punti da 125 a 128 della presente sentenza, il Tribunale ha inserito le sue valutazioni al riguardo nell’ambito di un ragionamento giuridico complessivo finalizzato ad accertare, conformemente alla giurisprudenza costante richiamata ai punti da 105 a 108 della presente sentenza e come risulta, in particolare, dai punti 68, 76, 80 e 120 della sentenza impugnata, se la Commissione avesse concluso correttamente che le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità dovevano essere considerate, tenuto conto del loro tenore, degli scopi cui mirano nonché del contesto economico e giuridico in cui si collocano, come aventi per oggetto di restringere la concorrenza a motivo del grado sufficiente di dannosità che presentano per quest’ultima.

141    Orbene, l’ISU non contesta la fondatezza di tale ragionamento giuridico complessivo.

142    Infatti, essa si limita, anzitutto, a sostenere che taluni degli elementi presi in considerazione nell’ambito di detto ragionamento, come il carattere discrezionale del potere di previa autorizzazione conferitole dalle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, il carattere sproporzionato delle sanzioni che tali norme le consentono di infliggere agli atleti che partecipano a competizioni di pattinaggio di velocità non autorizzate o la circostanza che le suddette norme facessero riferimento, almeno fino al 2014, ad uno scopo consistente nel garantire la tutela degli interessi economici dell’ISU, non sono sufficienti, presi isolatamente, a giustificare la conclusione di detto giudice secondo la quale le norme in parola sono state correttamente considerate come aventi per oggetto di restringere la concorrenza. Tuttavia, un argomento siffatto non è idoneo a mettere in discussione tale conclusione, giacché essa si fonda su una valutazione complessiva.

143    L’ISU sostiene poi, in sostanza, che detta conclusione è viziata da un errore di diritto in quanto si basa, in definitiva, sulla possibilità o sul rischio, insiti nel contenuto e nell’economia stessa delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, che esse possano essere utilizzate a fini anticoncorrenziali consistenti nell’impedire alle entità o imprese che potrebbero essere in concorrenza con tale associazione di accedere al mercato di cui trattasi nonché nel favorire le competizioni organizzate da quest’ultima.

144    Tuttavia, una conclusione siffatta, come formulata ai punti 95, 118 e 119 della sentenza impugnata, è conforme alla giurisprudenza della Corte. Infatti, sebbene da detta giurisprudenza risulti che un’associazione sportiva come l’ISU ha facoltà di adottare, applicare e far rispettare, mediante sanzioni, norme relative all’organizzazione e allo svolgimento delle competizioni internazionali nella disciplina sportiva interessata (v., in tal senso, sentenze dell’11 aprile 2000, Deliège, C‑51/96 e C‑191/97, EU:C:2000:199, punti 67 e 68; del 18 luglio 2006, Meca‑Medina e Majcen/Commissione, C‑519/04 P, EU:C:2006:492, punto 44, e del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi, C‑22/18, EU:C:2019:497, punto 60), tali considerazioni non consentono in alcun caso di considerare legittime norme che, come le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, non sono accompagnate da limiti, obblighi e controlli adeguati.

145    Al contrario, norme siffatte devono essere considerate, alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti da 125 a 128 della presente sentenza, come aventi per oggetto di restringere la concorrenza. Infatti, esse conferiscono all’entità che le ha adottate ed è abilitata ad attuarle il potere di autorizzare, controllare o condizionare l’accesso al mercato di qualsiasi impresa potenzialmente concorrente, e di determinare tanto il grado di concorrenza che può instaurarsi su detto mercato quanto le condizioni alle quali tale eventuale concorrenza può essere esercitata.

146    A tale titolo, le suddette norme sono idonee a consentire, se non di escludere dal mercato qualsiasi impresa concorrente, anche altrettanto efficiente, quanto meno di limitare la creazione e la commercializzazione di competizioni alternative o nuove per formato o contenuto. Di conseguenza, esse sono anche idonee a privare gli atleti di qualsiasi possibilità di partecipare a dette competizioni, quand’anche queste possano presentare un interesse per loro, ad esempio in ragione di un formato innovativo, rispettando nel contempo tutti i principi, i valori e le regole alla base della disciplina sportiva in questione. Esse sono, in definitiva, idonee a privare gli spettatori e i telespettatori di qualsiasi possibilità di vedersi proporre di assistere a dette competizioni o di vederne la trasmissione.

147    Infine, l’ISU contesta, in sostanza, il rigetto sommario o senza esame, da parte del Tribunale, dei suoi vari argomenti ed elementi di prova relativi all’intenzione che l’ha portata ad adottare le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità (punto 121 della sentenza impugnata) nonché all’applicazione e agli effetti di tali norme sul mercato interessato e sul mercato connesso del pattinaggio di figura (punti da 115 a 117 della sentenza impugnata). Tuttavia, tale argomentazione deve essere respinta alla luce della giurisprudenza richiamata ai punti 98, 99, 106 e 107 della presente sentenza.

148    Pertanto, il Tribunale non è incorso in un errore di diritto o di qualificazione giuridica dei fatti nel ritenere che la Commissione avesse qualificato correttamente le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità come comportamento avente per oggetto di restringere la concorrenza, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Il fatto che, come sostiene inoltre l’ISU, detto giudice abbia esaminato congiuntamente, in particolare ai punti da 101 a 104 e 108 della sentenza impugnata, la diversa questione se tali norme potessero comunque essere considerate, alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 111 della presente sentenza, come non rientranti nell’ambito di applicazione di tale disposizione, sebbene la menzionata giurisprudenza non sia pertinente in presenza di comportamenti aventi per oggetto di restringere la concorrenza, come risulta dai punti 113 e 114 della presente sentenza, è in ogni caso privo di incidenza sulla fondatezza del ragionamento richiamato al punto 140 della presente sentenza.

149    Di conseguenza, il primo motivo d’impugnazione deve essere respinto.

B.      Sul secondo motivo d’impugnazione

1.      Argomenti delle parti

150    Con il suo secondo motivo d’impugnazione, l’ISU addebita al Tribunale di non avere interpretato correttamente e di non aver esaminato il quarto motivo di annullamento nonché gli elementi di prova presentati a sostegno dello stesso, in violazione del suo ufficio sensi dell’articolo 263 TFUE.

151    A questo proposito, essa espone, in primo luogo, che tale motivo di annullamento aveva un oggetto preciso e limitato consistente nel sostenere che il suo rifiuto di autorizzare il progetto di competizione internazionale destinata a svolgersi a Dubai e che le era stato presentato da un organizzatore terzo non rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, in quanto detto rifiuto perseguiva un obiettivo legittimo consistente nel far rispettare il divieto di scommesse enunciato nel suo codice etico e non si poteva considerare che fosse motivato dall’intento di escludere un potenziale concorrente dal mercato del pattinaggio di velocità su ghiaccio, come ha ritenuto la Commissione nella decisione controversa.

152    In secondo luogo, l’ISU sostiene che il Tribunale ha modificato la portata di tale motivo di annullamento ritenendo, al punto 99 della sentenza impugnata, che esso implicasse di risolvere la questione generale se le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità fossero giustificate da un obiettivo consistente nel tutelare l’integrità delle discipline sportive governate dall’ISU.

153    In terzo luogo, l’ISU addebita al Tribunale di avere riconosciuto, al punto 102 della sentenza impugnata, che essa fosse legittimata ad adottare norme volte ad impedire che le scommesse falsassero le competizioni internazionali di pattinaggio e di avere nel contempo rifiutato, al punto 127 di detta sentenza, di pronunciarsi sulla legittimità, sotto il profilo dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, dell’applicazione di dette norme al progetto di competizione internazionale menzionato nella decisione controversa, per il motivo che detta applicazione non era stata qualificata di per sé come infrazione dalla Commissione, ma soltanto menzionata per illustrare il modo in cui le suddette norme potevano essere applicate in pratica. Infatti, dai punti e dal dispositivo di detta decisione emergerebbe chiaramente che l’applicazione delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità al progetto in questione è stata qualificata come infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, alla stessa stregua della loro adozione, e che questa qualificazione giuridica è stata adottata dalla Commissione al termine di un esame vertente principalmente, se non esclusivamente, sul rifiuto dell’ISU di autorizzare il progetto in parola. In siffatte circostanze, il Tribunale avrebbe dovuto esaminare tutti gli argomenti e gli elementi di prova che gli erano stati presentati dall’ISU al fine di contestare tale qualificazione e dimostrare che il suo comportamento era giustificato, cosa che tuttavia detto giudice non avrebbe fatto.

154    La Commissione, sostenuta dai sigg. Tuitert e Kerstholt e dall’EU Athletes, contesta tutti questi argomenti.

2.      Giudizio della Corte

155    Occorre subito constatare che, anche supponendo che il Tribunale abbia travisato la portata del quarto motivo di annullamento dedotto dall’ISU, ritenendo erroneamente di essere investito della questione generale se le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità fossero giustificate da un obiettivo legittimo e non della questione specifica se l’applicazione di dette norme al progetto di competizione internazionale di pattinaggio di velocità cui tale associazione fa riferimento fosse giustificata da un simile obiettivo legittimo, il presente motivo d’impugnazione è, in ogni caso, inoperante.

156    Infatti, come risulta dalle precedenti considerazioni della presente sentenza, il Tribunale ha correttamente confermato la fondatezza della valutazione della Commissione secondo cui le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, considerate in quanto tali e quindi indipendentemente dalla loro applicazione caso per caso, avevano per oggetto di restringere la concorrenza. Inoltre, l’esistenza di un eventuale obiettivo legittimo, supponendola dimostrata, non assume alcuna rilevanza in tale contesto, come risulta dai punti 107, 113 e 114 della presente sentenza.

157    Pertanto, poiché i due motivi dell’impugnazione sono stati respinti, essa dev’essere integralmente respinta.

IV.    Sull’impugnazione incidentale

158    A sostegno della loro impugnazione incidentale, i sigg. Tuitert e Kerstholt e l’EU Athletes deducono due motivi vertenti, in sostanza, su errori di diritto nell’interpretazione e nell’applicazione nel caso di specie dell’articolo 101 TFUE.

A.      Sul primo motivo d’impugnazione

1.      Argomenti delle parti

159    Con il loro primo motivo d’impugnazione, che si articola in due parti, i sigg. Tuitert e Kerstholt e l’EU Athletes, sostenuti dalla Commissione, affermano che il Tribunale è incorso in errori di diritto nel ritenere che non si potesse considerare che le norme arbitrali istituite dall’ISU rafforzavano l’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE menzionata all’articolo 1 della decisione controversa.

160    Con la prima parte di tale motivo, i sigg. Tuitert e Kerstholt e l’EU Athletes sostengono che la considerazione del Tribunale secondo cui le norme arbitrali potevano essere giustificate da un interesse legittimo connesso alla specificità dello sport è viziata da errori di diritto.

161    A questo proposito, essi deducono, in primo luogo, che da tali norme risulta che gli atleti colpiti da una decisione di inammissibilità adottata dall’ISU sono tenuti a sottoporre, in via esclusiva, al TAS la loro controversia con detta associazione. Essi affermano inoltre che tali atleti sono tenuti ad accettare tutte le norme adottate dall’ISU, comprese quelle che istituiscono un simile meccanismo di risoluzione arbitrale delle controversie, per poter essere autorizzati a partecipare alle competizioni internazionali di pattinaggio su ghiaccio organizzate da detta associazione o dalle associazioni nazionali di pattinaggio che ne sono membri.

162    In secondo luogo, essi rilevano che il TAS è un organo arbitrale istituito al di fuori dell’Unione, i cui membri sono nominati dalle associazioni sportive internazionali come l’ISU o, in pratica, soggetti all’influenza determinante di tali associazioni, e che i lodi emessi da detto organo possono essere impugnati esclusivamente dinanzi al Tribunal fédéral (Tribunale federale, Svizzera), il cui controllo è limitato alla verifica del rispetto dell’ordine pubblico nel senso definito da tale organo giurisdizionale, che esclude le regole di concorrenza dell’Unione.

163    Essi aggiungono che, sebbene i giudici nazionali dell’Unione conservino teoricamente un ruolo nell’esecuzione di tali lodi, il controllo giurisdizionale che essi possono esercitare su di essi in un contesto siffatto è, sotto un primo profilo, frammentato e quindi costoso (in quanto un atleta deve contestare l’esecuzione del lodo che lo riguarda in ciascuno degli Stati membri nei quali intende partecipare a una competizione), sotto un secondo profilo, tardivo e persino inefficace (in quanto la decisione giudiziaria richiesta interviene generalmente dopo lo svolgimento della competizione ed è precluso all’atleta di chiedere nel frattempo misure cautelari), sotto un terzo profilo, limitato o addirittura marginale (in quanto un lodo può essere considerato contrario all’ordine pubblico dell’Unione solo in caso di violazione flagrante, effettiva e concreta delle regole di concorrenza) e, sotto un quarto profilo e in ogni caso, privo di una portata effettiva (in quanto l’ISU ha il potere di eseguire essa stessa o di far eseguire dai suoi membri un lodo relativo a un determinato atleta, impedendo a quest’ultimo di partecipare alle competizioni internazionali da essa o da essi organizzate).

164    In terzo e ultimo luogo, i sigg. Tuitert e Kerstholt e l’EU Athletes sostengono che il Tribunale è incorso in errori di diritto nel dichiarare, al punto 156 della sentenza impugnata, che il meccanismo istituito dalle norme arbitrali «po[tesse] essere giustificat[o] da interessi legittimi connessi alla specificità dello sport».

165    Infatti, detto giudice si sarebbe, in sostanza, basato in modo generico e astratto sulla natura specifica dello sport in generale, mentre le norme in discussione nel caso di specie si applicano nel contesto concreto dell’esercizio del pattinaggio di velocità su ghiaccio in quanto attività economica. Orbene, il ricorso obbligatorio ed esclusivo all’arbitrato non potrebbe essere giustificato allo stesso modo in entrambi i casi. Inoltre, il ragionamento del Tribunale sarebbe ancor più problematico in quanto, a differenza dei giudici nazionali o dell’Unione, un organo arbitrale esterno al sistema giurisdizionale dell’Unione, quale il TAS, non ha l’obbligo di vigilare sul rispetto delle regole di concorrenza dell’Unione, che peraltro il TAS interpreterebbe e applicherebbe in modo notoriamente errato.

166    La Commissione, che sostiene tutti questi argomenti, fa valere, più in generale, che il ragionamento del Tribunale non tiene conto delle modalità concrete del meccanismo di arbitrato istituito dall’ISU. In particolare, a differenza di un meccanismo di arbitrato convenzionale liberamente concordato tra le parti, le norme arbitrali istituite dall’ISU sarebbero, in pratica, imposte agli atleti in modo unilaterale, a titolo esclusivo e a pena di un divieto di partecipazione alle competizioni organizzate dall’ISU, divieto che equivarrebbe, in definitiva, all’impossibilità per gli interessati di esercitare la loro professione.

167    Con la seconda parte del loro motivo d’impugnazione, i sigg. Tuitert e Kerstholt e l’EU Athletes sostengono che il Tribunale è incorso in errori di diritto nel considerare, in sostanza, ai punti da 157 a 164 della sentenza impugnata, che le norme arbitrali non potevano né pregiudicare l’efficacia delle regole di concorrenza dell’Unione né rendere più difficile l’esercizio del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva da parte degli atleti colpiti da decisioni di inammissibilità adottate per motivi anticoncorrenziali, e che pertanto non si poteva ritenere che dette norme rafforzassero l’infrazione descritta all’articolo 1 della decisione impugnata.

168    A tale proposito, in primo luogo, essi ricordano che il TAS è un organo arbitrale esterno all’ordinamento giuridico dell’Unione, prima di aggiungere che la sua indipendenza e la sua imparzialità effettive nei confronti delle associazioni sportive internazionali come l’ISU sono contestabili. Essi espongono inoltre che i lodi del TAS sono soggetti solo a un controllo giurisdizionale marginale che esclude qualsiasi presa in considerazione delle regole di concorrenza dell’Unione, dinanzi a un organo giurisdizionale che, per giunta, non è competente a disporre rinvii pregiudiziali alla Corte. Oltre a ciò, essi ribadiscono che le norme arbitrali sono, in realtà, imposte unilateralmente agli atleti.

169    Tenuto conto di tali elementi, essi ritengono che dette norme avrebbero dovuto essere considerate dal Tribunale idonee a compromettere l’effettivo rispetto degli articoli 101 e 102 TFUE e a rendere più difficile l’esercizio da parte degli atleti del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, rafforzando in tal modo l’infrazione descritta all’articolo 1 della decisione controversa.

170    In secondo luogo, i sigg. Tuitert e Kerstholt e l’EU Athletes addebitano al Tribunale di aver relativizzato l’incidenza delle norme in parola sul diritto degli atleti a una tutela giurisdizionale effettiva, facendo riferimento alla loro possibilità di proporre azioni risarcitorie dinanzi ai competenti giudici nazionali nel caso in cui siano stati colpiti da una decisione di inammissibilità adottata per motivi anticoncorrenziali. Infatti, sebbene azioni siffatte possano contribuire a garantire la tutela giurisdizionale ex post dei singoli lesi da una violazione delle regole di concorrenza e a rafforzare l’efficacia di tali regole (v., in tal senso, sentenze del 20 settembre 2001, Courage e Crehan, C‑453/99, EU:C:2001:465, e del 14 marzo 2019, Skanska Industrial Solutions e a., C‑724/17, EU:C:2019:204), esse non potrebbero compensare l’assenza di mezzi di ricorso che consentano loro di ottenere un rimedio effettivo ex ante.

171    Inoltre, nel caso di specie, sarebbe evidente che tale rimedio consiste principalmente, per un pattinatore che sia stato oggetto di una decisione di inammissibilità adottata per motivi anticoncorrenziali, nell’ottenere in tempo utile l’annullamento di quest’ultima nonché nella correlata possibilità di riprendere la sua attività professionale, e non soltanto nel vedersi accordare, vari anni dopo, un risarcimento inteso a compensare il divieto illegittimo di esercitare detta attività e la corrispondente perdita di carriera e di reddito. Ciò varrebbe a maggior ragione in quanto il regolamento di procedura del TAS vieta ai ricorrenti di chiedere misure cautelari e vari giudici nazionali hanno già respinto domande di risarcimento per il motivo che esse dovevano essere considerate rientranti nella competenza esclusiva attribuita a tale organo ai sensi delle norme arbitrali.

172    In terzo e ultimo luogo, il Tribunale avrebbe commesso un analogo errore di ragionamento nel giudicare soddisfacente la possibilità di cui dispongono gli atleti oggetto di una decisione di inammissibilità adottata per motivi anticoncorrenziali di presentare una denuncia dinanzi alla Commissione e alle autorità nazionali garanti della concorrenza (in prosieguo: le «ANC»). Infatti, da una giurisprudenza costante risulterebbe che esse dispongono di un ampio potere discrezionale nel trattamento delle denunce loro pervenute e non possono quindi essere obbligate a darvi seguito qualificando i fatti denunciati sotto il profilo delle regole di concorrenza (sentenze del 18 ottobre 1979, GEMA/Commissione, 125/78, EU:C:1979:237, e del 19 settembre 2013, EFIM/Commissione, C‑56/12 P, EU:C:2013:575).

173    La Commissione sostiene tutti questi argomenti e aggiunge che il Tribunale è inoltre incorso, al punto 148 della sentenza impugnata, in un evidente errore di comprensione della decisione controversa nel considerare che il ragionamento ivi contenuto consistesse nel qualificare le norme arbitrali come «circostanza aggravante» nel senso attribuito a tale espressione nel contesto della determinazione delle ammende che possono essere inflitte in presenza di una violazione degli articoli 101 e 102 TFUE. Infatti, a prescindere dal fatto che nel caso di specie non è stata irrogata alcuna ammenda all’ISU, la Commissione sottolinea che, nell’ambito del suo esame nel merito, si è limitata ad indicare che tali norme rafforzavano la restrizione della concorrenza per oggetto derivante dalle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, corroborando la possibilità che dette norme conferiscono a tale associazione di escludere qualsiasi concorrenza effettiva sul mercato dell’organizzazione e commercializzazione delle competizioni internazionali di pattinaggio di velocità su ghiaccio.

174    In risposta, l’ISU, che affronta congiuntamente le due parti del motivo d’impugnazione, sostiene, in primo luogo, che esso è inoperante. Infatti, come il Tribunale avrebbe constatato ai punti 132 e 137 della sentenza impugnata, la Commissione si sarebbe limitata, nella decisione controversa, a pronunciarsi ad abundantiam sulle norme arbitrali.

175    In secondo luogo, l’ISU afferma, in subordine, che il motivo deve essere respinto in quanto irricevibile poiché modifica l’oggetto della controversia dinanzi al Tribunale. Infatti, né la presente controversia né la decisione controversa riguarderebbero la legittimità stessa dell’attribuzione di una competenza esclusiva al TAS. Almeno alcuni degli argomenti addotti a sostegno di tale motivo dovrebbero essere respinti in quanto irricevibili, vuoi perché sarebbero nuovi [come quelli relativi alla distinzione da operare tra gli aspetti economici e non economici dello sport, all’indipendenza del TAS o alle modalità di controllo dei lodi del TAS da parte del Tribunal fédéral (Tribunale federale)], vuoi perché si limiterebbero a riprodurre elementi contenuti nella decisione controversa o nelle memorie in primo grado senza spiegare in che senso il Tribunale avrebbe commesso errori di diritto o travisato i fatti nella sentenza impugnata (come quelli relativi all’insufficienza, sotto il profilo del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, della possibilità per gli atleti di proporre azioni risarcitorie dinanzi ai giudici nazionali o di presentare denunce alla Commissione o alle ANC).

176    In terzo e ultimo luogo, l’ISU sostiene che il motivo è, in ogni caso, infondato. Infatti, sia la Commissione, nella decisione controversa, sia il Tribunale, nella sentenza impugnata, avrebbero riconosciuto correttamente che il ricorso a un meccanismo di arbitrato obbligatorio ed esclusivo costituisce un meccanismo di risoluzione delle controversie generalmente accettato e che esso poteva essere giustificato nel caso di specie in considerazione della necessità di garantire l’applicazione uniforme ed efficace delle norme istituite dall’ISU a tutti gli atleti che praticano il pattinaggio su ghiaccio.

2.      Giudizio della Corte

a)      Sulla ricevibilità e operatività del motivo dimpugnazione

177    Un ricorrente è legittimato a proporre un’impugnazione in cui fa valere motivi derivanti dalla stessa sentenza impugnata e diretti a contestarne, in diritto, la fondatezza (sentenze del 29 novembre 2007, Stadtwerke Schwäbisch Hall e a./Commissione, C‑176/06 P, EU:C:2007:730, punto 17, e del 25 gennaio 2022, Commissione/European Food e a., C‑638/19 P, EU:C:2022:50, punto 77).

178    Nel caso di specie, gli autori dell’impugnazione incidentale mirano, con il loro primo motivo di impugnazione, a mettere in discussione la fondatezza in diritto della motivazione sulla base della quale il Tribunale ha considerato, ai punti 154 e da 156 a 164 della sentenza impugnata, che la Commissione era incorsa in errori di diritto nel ritenere che le norme arbitrali rafforzassero la restrizione della concorrenza per «oggetto» generata dalle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità.

179    Inoltre, i punti della motivazione della sentenza impugnata menzionati da tale primo motivo dell’impugnazione incidentale sono quelli che hanno indotto il Tribunale ad accogliere il sesto motivo di ricorso e, in parte, il settimo motivo di ricorso dedotti in primo grado. Pertanto, detti punti della motivazione costituiscono, come risulta dai punti da 171 a 174 e 180 di detta sentenza, il sostegno del dispositivo di quest’ultima nella parte in cui ha parzialmente annullato l’articolo 2 della decisione controversa, nella misura in cui detto articolo riguarda le norme arbitrali. Di conseguenza, e contrariamente a quanto affermato dall’ISU, il suddetto motivo di impugnazione non è inoperante.

180    Ciò premesso, la competenza della Corte in sede di impugnazione è tuttavia limitata alla valutazione della soluzione giuridica che è stata fornita a fronte dei motivi di ricorso addotti dinanzi al Tribunale, cosicché la Corte non può, in tale contesto, pronunciarsi su motivi o argomenti che non siano stati sottoposti al primo giudice (v., in tal senso, sentenze del 30 marzo 2000, VBA/VGB e a., C‑266/97 P, EU:C:2000:171, punto 79, e del 25 gennaio 2022, Commissione/European Food e a., C‑638/19 P, EU:C:2022:50, punto 80).

181    Orbene, nel caso di specie, l’ISU sostiene giustamente che gli argomenti dedicati dagli autori dell’impugnazione incidentale alle conseguenze giuridiche che potrebbero derivare da un’eventuale mancanza di indipendenza del TAS non rientrano né tra quelli che sono stati sottoposti al Tribunale né, del resto, tra quelli sui quali la Commissione si è pronunciata nella decisione controversa.

182    Pertanto, tali argomenti devono essere respinti in quanto irricevibili.

183    Sono invece ricevibili gli altri argomenti di cui l’ISU contesta la ricevibilità, che si riferiscono tutti a punti della decisione controversa sui quali le parti hanno assunto posizioni antitetiche in primo grado e che gli autori dell’impugnazione incidentale e la Commissione addebitano al Tribunale di non avere o di non avere correttamente preso in considerazione quando si è pronunciato sul motivo di ricorso di tale associazione relativo alle norme arbitrali.

b)      Nel merito

184    In primo luogo, occorre ricordare che, ai punti da 268 a 286 della decisione controversa, e più in particolare ai punti da 269 a 271, 277 e da 281 a 283 della stessa, la Commissione ha considerato che, sebbene le norme arbitrali non costituissero di per sé un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, tuttavia si doveva ritenere, tenuto conto del loro tenore, dei presupposti per la loro applicazione e della loro portata, nel contesto giuridico ed economico in cui si collocano, che essere rafforzassero l’infrazione di cui detta istituzione aveva precedentemente constatato l’esistenza. Più precisamente, nei suddetti punti la Commissione ha osservato, in sostanza, che, rendendo più difficile il controllo giurisdizionale, sotto il profilo del diritto della concorrenza dell’Unione, dei lodi arbitrali con i quali il TAS si pronuncia sulla validità delle decisioni adottate dall’ISU in virtù dei poteri discrezionali conferitile dalle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, le norme arbitrali rafforzavano la violazione del diritto dell’Unione insita nell’esistenza di tali poteri. In particolare, la Commissione ha rilevato che detto controllo giurisdizionale era affidato a un giudice stabilito in uno Stato terzo, quindi esterno all’Unione e al suo ordinamento giuridico, e che, secondo la giurisprudenza di tale giudice, lodi siffatti non potevano essere sindacati sotto il profilo delle regole di concorrenza dell’Unione. In tal modo, detta istituzione ha criticato, in definitiva, non già l’esistenza, l’organizzazione o il funzionamento dell’organo arbitrale costituito dal TAS, bensì l’immunità giurisdizionale di cui a suo avviso l’ISU gode, sotto il profilo del diritto della concorrenza dell’Unione, nell’esercizio dei suoi poteri di decisione e di sanzione, a detrimento delle persone che l’assenza di una delimitazione di detti poteri e il carattere discrezionale che ne deriva le consentono di colpire.

185    In secondo luogo, i motivi che hanno indotto il Tribunale a considerare che tale ragionamento della Commissione era viziato da errori di diritto sono sostanzialmente quattro. Sotto un primo profilo, detto giudice ha rilevato che la Commissione non aveva messo in discussione la possibilità stessa di ricorrere all’arbitrato per risolvere determinate controversie né aveva considerato che la stipula di una clausola compromissoria restringesse, di per sé, la concorrenza (punto 154 della sentenza impugnata). Sotto un secondo profilo, esso ha indicato che la Commissione non aveva nemmeno ritenuto che le norme arbitrali violassero il diritto ad un equo processo in quanto tale (punto 155 di detta sentenza). Sotto un terzo profilo, esso ha considerato che, conferendo al TAS una competenza obbligatoria ed esclusiva a controllare le decisioni adottate dall’ISU in virtù dei suoi poteri di previa autorizzazione e sanzione, le norme arbitrali potevano essere giustificate da interessi legittimi connessi alla specificità dello sport, consistenti nel consentire a un’autorità giurisdizionale unica e specializzata di pronunciarsi, in modo rapido, economico e uniforme, sulle molteplici controversie, che presentano spesso una dimensione internazionale, alle quali può dar luogo l’esercizio di un’attività sportiva professionale di alto livello (punto 156 di detta sentenza). Sotto un quarto profilo, il Tribunale ha sottolineato che gli atleti e le entità o imprese che intendano organizzare competizioni internazionali di pattinaggio di velocità su ghiaccio in concorrenza con quelle organizzate dall’ISU mantengono la facoltà di adire non solo i giudici nazionali con azioni risarcitorie, ma anche la Commissione e le ANC con denunce per violazione delle regole di concorrenza (punti da 157 a 161 della medesima sentenza).

186    Occorre rilevare che i primi due di questi motivi, che non sono contestati dinanzi alla Corte, non possono fondare l’annullamento parziale della decisione controversa cui è giunto il Tribunale, in quanto non riguardano le valutazioni che hanno indotto la Commissione a mettere in discussione le norme arbitrali e non sono quindi idonei a rimettere in discussione la fondatezza di tali valutazioni.

187    Per contro, giustamente gli autori dell’impugnazione incidentale e la Commissione sostengono che il terzo e il quarto di detti motivi sono errati in diritto.

188    Infatti, in primo luogo, la valutazione generica e indifferenziata secondo cui le norme arbitrali possono essere giustificate da interessi legittimi connessi alla specificità dello sport, laddove conferiscono al TAS una competenza obbligatoria ed esclusiva a controllare le decisioni che l’ISU può adottare in virtù dei suoi poteri di previa autorizzazione e sanzione, non tiene conto, come sostengono in sostanza gli autori dell’impugnazione incidentale e la Commissione, dei requisiti che devono essere soddisfatti affinché si possa ritenere che un meccanismo di arbitrato come quello in discussione nel caso di specie, da un lato, consenta di garantire l’effettiva osservanza delle disposizioni di ordine pubblico del diritto dell’Unione e, dall’altro, sia compatibile con i principi sui quali si basa l’architettura giurisdizionale dell’Unione.

189    A tale proposito, si deve ricordare che, come è pacifico tra le parti e come ha indicato il Tribunale ai punti 156, 159 e 160 della sentenza impugnata, le norme arbitrali imposte dall’ISU riguardano, in particolare, due tipi di controversie che possono sorgere nell’ambito di attività economiche consistenti, l’una, nel voler organizzare e commercializzare competizioni internazionali di pattinaggio di velocità su ghiaccio e, l’altra, nel voler partecipare, in qualità di atleta professionista, a dette competizioni. Dette norme si applicano quindi a controversie relative all’esercizio di uno sport in quanto attività economica e, come tali, rientrano nell’ambito di applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione. Pertanto, le suddette norme devono essere conformi ad esso, per le ragioni esposte ai punti da 91 a 96 della presente sentenza, nella misura in cui sono attuate nel territorio al quale si applicano i Trattati UE e FUE, a prescindere dal luogo in cui sono stabiliti gli enti che le hanno adottate (sentenze del 25 novembre 1971, Béguelin Import, 22/71, EU:C:1971:113, punto 11; del 27 settembre 1988, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, 89/85, 104/85, 114/85, 116/85, 117/85 e da 125/85 a 129/85, EU:C:1988:447, punto 16, e del 6 settembre 2017, Intel/Commissione, C‑413/14 P, EU:C:2017:632, punti da 43 a 45).

190    Di conseguenza, nel caso di specie è in discussione unicamente l’attuazione di tali norme nel contesto di controversie siffatte e nel territorio dell’Unione, e non l’attuazione di dette norme in un territorio diverso da quello dell’Unione, la loro attuazione nell’ambito di altre tipologie di controversie, quali controversie che riguardino esclusivamente lo sport in quanto tale e non rientrino quindi nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione o, a fortiori, l’attuazione di norme arbitrali in settori diversi.

191    Inoltre, come deriva dai punti 181 e 184 della presente sentenza, le suddette norme sono in discussione nel caso di specie non già nella parte in cui attribuiscono il controllo in prima istanza delle decisioni dell’ISU al TAS in quanto organo arbitrale, ma solo nella parte in cui attribuiscono il controllo dei lodi arbitrali emessi dal TAS e il controllo in ultima istanza delle decisioni dell’ISU al Tribunal fédéral (Tribunale federale), vale a dire un giudice di uno Stato terzo.

192    A tale proposito, la Corte ha ripetutamente dichiarato che gli articoli 101 e 102 TFUE sono disposizioni provviste di effetto diretto le quali attribuiscono ai singoli diritti che i giudici nazionali devono tutelare (sentenze del 30 gennaio 1974, BRT e Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs, 127/73, EU:C:1974:6, punto 16, e del 14 marzo 2019, Skanska Industrial Solutions e a., C‑724/17, EU:C:2019:204, punto 24), e che fanno parte dell’ordine pubblico dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 1º giugno 1999, Eco Swiss, C‑126/97, EU:C:1999:269, punti 36 e 39).

193    Per tale motivo, pur rilevando che un singolo può sottoscrivere una convenzione che sottoponga, in termini chiari e precisi, tutte o parte delle controversie relative ad essa a un organo arbitrale, anziché al giudice nazionale che sarebbe stato competente a pronunciarsi su tali controversie in virtù delle regole di diritto interno applicabili, e che le esigenze di efficacia del procedimento arbitrale possono giustificare il fatto che il controllo giurisdizionale dei lodi arbitrali rivesta un carattere limitato (v., in tal senso, sentenze del 1º giugno 1999, Eco Swiss, C‑126/97, EU:C:1999:269, punto 35, e del 26 ottobre 2006, Mostaza Claro, C‑168/05, EU:C:2006:675, punto 34), la Corte ha tuttavia ricordato che un controllo giurisdizionale siffatto deve, in ogni caso, poter riguardare la questione se tali lodi rispettino le disposizioni fondamentali che fanno parte dell’ordine pubblico dell’Unione, le quali comprendono gli articoli 101 e 102 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 1º giugno 1999, Eco Swiss, C‑126/97, EU:C:1999:269, punto 37). La medesima esigenza s’impone a maggior ragione quando un simile meccanismo di arbitrato debba essere considerato imposto, in pratica, da un soggetto di diritto privato, come un’associazione sportiva internazionale, a un altro, come un atleta.

194    Infatti, in assenza di un controllo giurisdizionale siffatto, il ricorso a un meccanismo di arbitrato sarebbe idoneo a pregiudicare la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza dell’effetto diretto del diritto dell’Unione e l’effettiva osservanza degli articoli 101 e 102 TFUE, che devono essere garantiti – e sarebbero quindi garantiti in assenza di un meccanismo del genere – dalle regole nazionali relative ai mezzi di ricorso.

195    Il rispetto di tale esigenza di un controllo giurisdizionale effettivo vale in particolar modo per norme arbitrali come quelle imposte dall’ISU.

196    Infatti, la Corte ha già rilevato che, pur disponendo di un’autonomia giuridica che consente loro di adottare norme relative, segnatamente, all’organizzazione delle competizioni, al loro regolare svolgimento e alla partecipazione ad esse degli atleti (v., in tal senso, sentenze dell’11 aprile 2000, Deliège, C‑51/96 e C‑191/97, EU:C:2000:199, punti 67 e 68, e del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi, C‑22/18, EU:C:2019:497, punto 60), le associazioni sportive non possono, nel far ciò, limitare l’esercizio dei diritti e delle libertà che il diritto dell’Unione conferisce ai singoli (v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 1995, Bosman, C‑415/93, EU:C:1995:463 punti 81 e 83, e del 13 giugno 2019, TopFit e Biffi, C‑22/18, EU:C:2019:497, punto 52), tra cui figurano i diritti derivanti dagli articoli 101 e 102 TFUE.

197    Per tale motivo, norme come quelle di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità devono essere soggette ad un controllo giurisdizionale effettivo, come risulta dai punti 127 e 134 della presente sentenza.

198    Tale esigenza di controllo giurisdizionale effettivo implica che, qualora norme siffatte siano corredate da disposizioni che conferiscono una competenza obbligatoria ed esclusiva a un organo arbitrale, il giudice competente a controllare i lodi emessi da detto organo possa verificare che essi siano conformi agli articoli 101 e 102 TFUE. Essa implica inoltre che il suddetto giudice soddisfi tutti i requisiti prescritti all’articolo 267 TFUE, in modo da potere o, se del caso, dover adire la Corte qualora ritenga che sia necessaria una decisione della stessa su una questione di diritto dell’Unione sollevata in un procedimento pendente dinanzi ad esso (v., in tal senso, sentenze del 23 marzo 1982, Nordsee, 102/81, EU:C:1982:107, punti 14 e 15, e del 1º giugno 1999, Eco Swiss, C‑126/97, EU:C:1999:269, punto 40).

199    Pertanto, limitandosi a considerare, in modo indifferenziato e astratto, che le norme arbitrali «possono essere giustificat[e] da interessi legittimi connessi alla specificità dello sport» in quanto affidano il controllo delle controversie relative all’attuazione delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità a un’«autorità giurisdizionale specializzata», senza cercare di assicurarsi che dette norme arbitrali fossero conformi a tutti i requisiti menzionati nei punti precedenti della presente sentenza e consentissero quindi un controllo effettivo del rispetto delle regole di concorrenza dell’Unione, sebbene la Commissione si fosse correttamente basata su tali requisiti, ai punti da 270 a 277, 282 e 283 della decisione controversa, per fondare la sua conclusione secondo cui dette norme rafforzavano l’infrazione descritta all’articolo 1 della menzionata decisione, il Tribunale è incorso in errori di diritto.

200    In secondo luogo, detto giudice è parimenti incorso in errori di diritto nel dichiarare, ai punti da 157 a 161 della sentenza impugnata, che la piena efficacia del diritto della concorrenza dell’Unione era garantita tenuto conto, da un lato, dall’esistenza di mezzi di ricorso che consentivano ai destinatari di una decisione di diniego dell’autorizzazione di una competizione o di una decisione di inammissibilità di chiedere il risarcimento dei danni loro causati da quest’ultima dinanzi ai giudici nazionali competenti e, dall’altro, dalla possibilità di presentare una denuncia dinanzi alla Commissione o a un’ANC.

201    Infatti, per quanto fondamentale sia (v., al riguardo, sentenze del 20 settembre 2001, Courage e Crehan, C‑453/99, EU:C:2001:465, punti 26 e 27, e del 14 marzo 2019, Skanska Industrial Solutions e a., C‑724/17, UE:C:2019:204, punti 25, 43 e 44), la circostanza che una persona abbia la possibilità di chiedere il risarcimento dei danni che le sono stati causati da un comportamento idoneo ad impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza non può compensare l’assenza di mezzi di ricorso che consentano a tale persona di rivolgersi al giudice nazionale competente al fine di ottenere, se del caso dopo la concessione di misure cautelari, la cessazione di detto comportamento o, se quest’ultimo è costituito da un atto, il controllo e l’annullamento dello stesso, eventualmente in seguito a un procedimento preliminare di arbitrato svolto ai sensi di una convenzione che prevede un procedimento siffatto. Ciò vale a maggior ragione nel caso di persone che esercitano l’attività di atleta professionista, la cui carriera può essere relativamente breve, in particolare se esercitata ad alto livello.

202    Inoltre, tale circostanza non può giustificare il fatto che, pur essendo formalmente tutelato, il suddetto diritto sia, in pratica, privato di una parte essenziale della sua portata, come avverrebbe qualora il controllo giurisdizionale esercitabile sul comportamento o sull’atto in questione risultasse eccessivamente limitato in diritto o in fatto, segnatamente in quanto non può riguardare le disposizioni di ordine pubblico del diritto dell’Unione.

203    A fortiori, la possibilità di presentare una denuncia dinanzi alla Commissione o a un’ANC non può essere fatta valere per giustificare l’assenza di un mezzo di ricorso come quello menzionato al punto 201 della presente sentenza. Occorre peraltro rammentare, per quanto riguarda la Commissione, che, come correttamente rilevato da tale istituzione e dagli autori dell’impugnazione incidentale, l’articolo 7 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), non conferisce all’autore di una domanda presentata ai sensi di detto articolo il diritto di esigere una decisione definitiva quanto all’esistenza o meno dell’asserita infrazione (v., in tal senso, sentenza del 19 settembre 2013, EFIM/Commissione, C‑56/12 P, EU:C:2013:575, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

204    Pertanto, il primo motivo d’impugnazione è integralmente fondato. Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere annullata nella parte in cui ha parzialmente annullato l’articolo 2 della decisione controversa, nella misura in cui tale articolo riguarda le norme arbitrali.

B.      Sul secondo motivo d’impugnazione

1.      Argomenti delle parti

205    Con il loro secondo motivo d’impugnazione, i sigg. Tuitert e Kerstholt e l’EU Athletes, sostenuti dalla Commissione, affermano che il Tribunale ha erroneamente rifiutato di prendere in considerazione, ai fini della determinazione di una restrizione della concorrenza per oggetto nel caso di specie, la circostanza che le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità avevano, in particolare, lo scopo di garantire la tutela degli interessi economici dell’ISU.

206    A questo proposito, essi sostengono, in primo luogo, che il Tribunale è incorso in un errore manifesto di valutazione dei fatti al punto 107 della sentenza impugnata nel rifiutare di riconoscere che tale scopo risultava da dette norme sia nella versione adottata nel 2014, sia in quella adottata nel 2016.

207    In secondo luogo, essi ritengono che il Tribunale sia incorso in un errore di qualificazione giuridica dei fatti, ai punti 107 e 109 della sentenza impugnata, nel dichiarare che tale scopo non aveva, di per sé, carattere anticoncorrenziale. Infatti, pur essendo generalmente ammissibile che un’impresa o un’associazione di imprese che esercita un’attività economica promuova i propri interessi economici, detto giudice avrebbe omesso di trarre le conseguenze dalle proprie constatazioni e valutazioni relative al contesto giuridico ed economico pertinente, in particolare da quelle effettuate ai punti 70 e 114 della sentenza impugnata, da cui risultava che l’ISU cumulava l’esercizio di un’attività economica monopolistica sul mercato dell’organizzazione e dello sfruttamento commerciale delle competizioni internazionali di pattinaggio di velocità su ghiaccio con la titolarità di un potere di regolamentazione, decisione, controllo e sanzione che la collocava in una situazione di conflitto di interessi per la quale era necessario istituire obblighi, limiti e controlli adeguati. Il Tribunale avrebbe dovuto tenere conto di tale situazione statuendo che, tenuto conto della stessa, lo scopo in discussione nel caso di specie costituiva un elemento rilevante per determinare l’esistenza di una restrizione della concorrenza per oggetto, come aveva fatto la Commissione.

208    L’ISU contesta tutti questi argomenti.

2.      Giudizio della Corte

209    Occorre subito constatare che, pur considerando, ai punti 107 e 109 della sentenza impugnata, che alcune delle valutazioni della Commissione erano errate, il Tribunale ha tuttavia ritenuto in definitiva, al punto 111 di detta sentenza, che tali errori non avessero avuto alcuna incidenza sulla conclusione giuridicamente fondata di detta istituzione secondo cui le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità avevano per oggetto di restringere la concorrenza. Per questo motivo, il Tribunale ha respinto il ricorso dell’ISU nella parte in cui era diretto contro tale aspetto della decisione controversa.

210    Pertanto, il presente motivo di impugnazione riguarda punti della motivazione della sentenza impugnata che non solo sono sovrabbondanti ma, inoltre, si inseriscono nell’ambito di un ragionamento che ha portato il Tribunale a respingere una parte delle conclusioni dell’ISU e quindi ad accogliere, in tale misura, sia le domande della Commissione, sia quelle dei sigg. Tuitert e Kerstholt e dell’EU Athletes. Con tale motivo di impugnazione questi ultimi chiedono, di conseguenza, solo di ottenere una sostituzione di motivazione che non può arrecare loro alcun beneficio. Orbene, una domanda siffatta è irricevibile (v. sentenze dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punto 42, e del 9 novembre 2017, TV2/Danmark/Commissione, C‑649/15 P, EU:C:2017:835, punto 61).

211    Pertanto, detto motivo deve essere respinto in quanto irricevibile.

212    L’impugnazione incidentale deve quindi essere accolta nei limiti precisati al punto 204 della presente sentenza.

213    Di conseguenza, la sentenza impugnata deve essere annullata nella parte in cui ha parzialmente annullato la decisione controversa.

V.      Sul ricorso nella causa T93/18

214    L’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea prevede che, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale e può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

215    Nel caso di specie, tenuto conto del rigetto, da parte della Corte, dell’impugnazione proposta dell’ISU avverso la sentenza impugnata nella misura in cui quest’ultima ha respinto le sue conclusioni dirette all’annullamento della parte della decisione controversa relativa alle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità, il ricorso nella causa T‑93/18 rimane in essere solo nei limiti in cui è diretto avverso la parte di tale decisione che riguarda le norme arbitrali.

216    Dal momento che il sesto e il settimo motivo di ricorso in primo grado, vertenti sulla violazione dell’articolo 101 TFUE nella misura in cui tale articolo è stato applicato alle norme arbitrali, sono stati oggetto di discussione in contraddittorio dinanzi al Tribunale e che il loro esame non richiede l’adozione di alcuna ulteriore misura di organizzazione del procedimento o di istruzione del fascicolo, il ricorso è maturo per la decisione per quanto concerne tali motivi e occorre pertanto statuire definitivamente su questi ultimi [v., per analogia, sentenze dell’8 settembre 2020, Commissione e Consiglio/Carreras Sequeros e a., C‑119/19 P e C‑126/19 P, EU:C:2020:676, punto 130, e del 2 dicembre 2021, Commissione e GMB Glasmanufaktur Brandenburg/Xinyi PV Products (Anhui) Holdings, C‑884/19 P e C‑888/19 P, EU:C:2021:973, punto 104].

A.      Argomenti delle parti

217    Con il suo sesto motivo di ricorso in primo grado, l’ISU sostiene, in sostanza, che la Commissione ha ritenuto erroneamente che le norme arbitrali rafforzassero il carattere anticoncorrenziale per oggetto delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità.

218    Infatti, il ricorso obbligatorio a un meccanismo di arbitrato convenzionale costituirebbe un metodo generalmente accettato di risoluzione delle controversie. Inoltre, nel caso di specie, il TAS svolgerebbe un ruolo fondamentale nell’applicazione uniforme delle regole sportive. Peraltro, l’attribuzione di una competenza a tale organo, la quale sarebbe intervenuta durante il procedimento amministrativo che ha portato la Commissione ad adottare la decisione controversa, rappresenterebbe un progresso rispetto al meccanismo di ricorso interno all’ISU esistente fino a quel momento. Infine, gli interessati avrebbero la possibilità di contestare il riconoscimento e l’esecuzione dei lodi emessi da detto organo dinanzi ai giudici nazionali competenti, i quali potrebbero sottoporre alla Corte domande di pronuncia pregiudiziale relative all’interpretazione delle regole di concorrenza dell’Unione.

219    Più in generale, le valutazioni della Commissione a tale riguardo non sarebbero pertinenti, in quanto detta istituzione riconosce essa stessa che le norme arbitrali non costituiscono, di per sé, un’infrazione.

220    Con il suo settimo motivo di ricorso in primo grado, l’ISU sostiene, in sostanza, che la Commissione non era legittimata ad imporle misure correttive riguardanti le norme arbitrali, in mancanza di un nesso fra tali norme e le norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità.

B.      Giudizio della Corte

221    Come risulta dai punti 199 e 204 della presente sentenza, la Commissione si è correttamente basata, ai punti da 270 a 277, 282 e 283 della decisione controversa, sui requisiti ricordati ai punti da 188 a 198 della presente sentenza per fondare la propria conclusione secondo cui le norme arbitrali rafforzavano, tenuto conto del loro tenore, dei presupposti per la loro applicazione e della loro portata, nel contesto giuridico ed economico in cui si collocano, il carattere anticoncorrenziale per oggetto dei poteri, non accompagnati da obblighi, limiti e un adeguato controllo giurisdizionale, che tale associazione detiene in forza delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità.

222    Nessuno degli argomenti addotti dall’ISU consente di ritenere che una conclusione siffatta sia viziata da un qualsiasi errore, tanto meno da un errore manifesto.

223    A questo proposito risulta infatti, da un lato, dai punti della decisione controversa menzionati al punto 216 della presente sentenza, che le norme arbitrali sottopongono, in via obbligatoria ed esclusiva, le controversie relative all’attuazione delle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità al TAS, un organo arbitrale i cui lodi sono soggetti al controllo del Tribunal fédéral (Tribunale federale). La Commissione afferma, in particolare, che dal controllo che detto giudice può esercitare su tali lodi esula la questione della loro conformità alle disposizioni di ordine pubblico degli articoli 101 e 102 TFUE. Inoltre, essa rileva che il Tribunal fédéral (Tribunale federale) non è un giudice di uno Stato membro, bensì un giudice esterno al sistema giurisdizionale dell’Unione, che non è competente a sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale a tale riguardo. Infine, precisa che, secondo la giurisprudenza del Tribunal fédéral (Tribunale federale), gli atleti non hanno, in pratica, altra scelta se non accettare che le controversie tra loro e l’ISU siano sottoposte al TAS, salvo rinunciare a partecipare a tutte le competizioni organizzate dall’ISU o dalle associazioni nazionali di pattinaggio che ne sono membri e quindi, in definitiva, all’esercizio della loro professione.

224    Dall’altro lato, le norme arbitrali escludono la possibilità, per i ricorrenti costituiti dagli atleti destinatari di una decisione di inammissibilità oppure dalle entità o imprese destinatarie di una decisione di diniego della previa autorizzazione di un progetto di competizione internazionale di pattinaggio di velocità su ghiaccio, di chiedere la concessione di misure cautelari vuoi dinanzi all’organo arbitrale competente, vuoi dinanzi ai giudici nazionali che possano eventualmente essere chiamati a pronunciarsi sull’esecuzione dei lodi emessi da detto organo. Inoltre, la Commissione precisa che tale esecuzione può essere generalmente effettuata dall’ISU e dalle associazioni nazionali di pattinaggio che ne sono membri, senza che sia necessario a tal fine l’intervento di un giudice nazionale.

225    Orbene, l’ISU non adduce alcun argomento preciso e comprovato che consenta di ritenere che tali diverse considerazioni siano fondate su una base fattuale errata o viziate da uno o più errori manifesti di valutazione. È giocoforza constatare, al contrario, che alcune di esse, come quelle relative all’impossibilità di sottoporre i lodi del TAS al controllo di un’autorità giurisdizionale in grado di garantire il rispetto delle disposizioni di ordine pubblico del diritto dell’Unione, se del caso ricorrendo alla procedura prevista all’articolo 267 TFUE, sono esatte e che altre, come quelle secondo cui il meccanismo di arbitrato in discussione nel caso di specie è, in pratica, imposto unilateralmente dall’ISU agli atleti, sono in linea con quelle della Corte europea dei diritti dell’uomo al riguardo (Corte EDU, 2 ottobre 2018, Mutu e Pechstein c. Svizzera, EC:ECHR:2018:1002JUD004057510, §§ da 109 a 115).

226    Pertanto, il sesto motivo di ricorso è infondato.

227    Per quanto attiene al settimo motivo di ricorso, occorre rammentare che la Commissione, allorché constata l’esistenza di un’infrazione all’articolo 101 o all’articolo 102 TFUE, ha il potere di obbligare, mediante decisione, le imprese o le associazioni di imprese interessate a porre fine a tale infrazione (v., in tal senso, sentenza del 2 marzo 1983, GVL/Commissione, 7/82, EU:C:1983:52, punto 23) e, a tal scopo, di imporre loro tutte le misure correttive proporzionate a detta infrazione e necessarie a farla cessare effettivamente (sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Alrosa, C‑441/07 P, EU:C:2010:377, punto 39).

228    Nel caso di specie, la Commissione ha correttamente concluso che le norme arbitrali rafforzavano l’infrazione descritta all’articolo 1 della decisione controversa, rendendo più difficile il controllo giurisdizionale, sotto il profilo del diritto della concorrenza dell’Unione, dei lodi arbitrali del TAS intervenuti a seguito di decisioni adottate dall’ISU in virtù dei poteri discrezionali ad essa conferiti dalle norme di previa autorizzazione e in materia di ammissibilità.

229    Inoltre, l’ISU, la quale si limita ad invocare a torto la mancanza di un nesso fra tali diverse norme, non contesta utilmente le valutazioni della Commissione relative alla necessità delle misure correttive imposte da tale istituzione per quanto riguarda le norme arbitrali.

230    In tali circostanze, nemmeno il settimo motivo di ricorso risulta fondato.

231    Pertanto, il ricorso deve essere respinto nella parte in cui non è già stato respinto nella sentenza impugnata.

 VI.      Sulle spese

232    A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta o quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, la Corte statuisce sulle spese.

233    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

234    Secondo l’articolo 138, paragrafo 2, del medesimo regolamento, parimenti applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, quando vi siano più parti soccombenti, la Corte decide sulla ripartizione delle spese.

235    Nel caso di specie, l’ISU è rimasta soccombente sia nella causa C‑124/21 P, sia nella parte della causa T‑93/18 che è stata avocata dalla Corte.

236    Inoltre, i sigg. Tuitert e Kerstholt e l’EU Athletes, pur restando soccombenti quanto al loro secondo motivo, sono risultati vittoriosi quanto alle loro conclusioni.

237    In tali circostanze, occorre condannare l’ISU alle spese sia nella causa C‑124/21 P, sia nella parte della causa T‑93/18 che è stata avocata dalla Corte, conformemente alle conclusioni della Commissione, dei sigg. Tuitert e Kerstholt e dell’EU Athletes.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      L’impugnazione incidentale è accolta.

3)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 dicembre 2020, International Skating Union/Commissione (T93/18, EU:T:2020:610), è annullata nella parte in cui ha parzialmente annullato l’articolo 2 della decisione C(2017) 8230 final della Commissione europea, dell’8 dicembre 2017, relativa a un procedimento a norma dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso AT/40208 – Norme dell’Unione internazionale di pattinaggio in materia di ammissibilità).

4)      Il ricorso nella causa T93/18 è respinto nella parte in cui non è già stato respinto nella sentenza menzionata al punto 3 del presente dispositivo.

5)      L’International Skating Union è condannata alle spese nella causa C124/21 P e nella parte della causa T93/18 menzionata al punto 4 del presente dispositivo.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.