Language of document : ECLI:EU:C:2018:663

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 5 settembre 2018 (1)

Causa C258/17

E.B.

contro

Versicherungsanstalt öffentlich Bediensteter BVA

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria)]

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Parità di trattamento – Divieto di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale – Rapporti omosessuali con minorenni – Sanzioni disciplinari adottate nei confronti di dipendenti pubblici impiegati nelle forze di polizia in seguito a condanna penale – Mantenimento degli effetti della decisione disciplinare»






I.      Introduzione

1.        E.B. (il «ricorrente») è nato nel 1942. Nel 1974, quand’era dipendente delle forze di polizia austriache, ha subito una condanna penale per tentati atti omosessuali con persone di 14 e 15 anni. Nel 1975 il ricorrente è stato oggetto di una sanzione disciplinare connessa ai medesimi atti, consistente in un anticipato collocamento obbligatorio a riposo dalle forze di polizia con una riduzione del 25% della sua pensione.

2.        All’epoca, il diritto austriaco prevedeva due distinti reati: quello di «corruzione di minorenni» (atti sessuali con un minore di 14 anni); e il «delitto di fornicazione» (atti omosessuali con un minore di 18 anni di sesso maschile). Nel 2002 quest’ultimo reato è stato considerato ingiustificatamente discriminatorio sulla base dell’orientamento sessuale ed è stato abrogato.

3.        Nella controversia principale sostanzialmente il ricorrente lamenta il fatto di percepire ancora una pensione ridotta, nonostante che il reato e la sanzione disciplinare di cui è stato oggetto fossero discriminatorie in base all’orientamento sessuale.

4.        In tale contesto giuridico e fattuale, il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria) chiede se la riduzione della pensione del ricorrente sia compatibile con il divieto di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2000/78/CE (2), anche se l’originaria decisione disciplinare divenuta definitiva prima dell’entrata in vigore di tale direttiva. Inoltre, il giudice del rinvio sottopone una serie di questioni su come e a partire da quando la discriminazione andasse ipoteticamente rimossa.

II.    Quadro normativo

A.      Diritto dell’Unione

5.        L’articolo 1 della direttiva 2000/78 indica come causa di discriminazione vietata, inter alia, le tendenze sessuali.

6.        L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, lettera a), l’articolo 3, paragrafo 1, lettera c) e l’articolo 17 della direttiva così recitano:

«Articolo 2

Nozione di discriminazione

1.      Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.

2.      Ai fini del paragrafo 1:

(a)      sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;

(…)

Articolo 3

Campo d’applicazione

1.      Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva, si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:

(…)

c)      all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione;

(…)

Articolo 17

Sanzioni

Gli Stati membri determinano le sanzioni da irrogare in caso di violazione delle norme nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni, che possono prevedere un risarcimento dei danni, devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro il 2 dicembre 2003 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni successive».

7.        A norma dell’articolo 18, primo periodo, della direttiva, quest’ultima doveva essere trasposta, in linea di principio, entro il 2 dicembre 2003.

B.      Diritto nazionale

1.      Diritto penale

8.        Alla data del 25 febbraio 1974 erano applicabili gli articoli 128 e 129 dello Strafgesetz [legge penale] (in prosieguo: lo «StG») nel testo entrato in vigore in forza del Bundesgesetz pubblicato in BGBl. n. 273/1971 (in prosieguo: la «legge federale del 1971»). Essi recitavano come segue:

«Corruzione di minorenni

Articolo 128

Chiunque abusa sessualmente di un minore di 14 anni (…) per soddisfare i propri impulsi con modalità diverse da quelle indicate nell’articolo 127 commette il delitto di atti di corruzione di minorenni ed è punito con una pena detentiva da uno a cinque anni, in presenza di serie circostanze aggravanti fino a dieci anni e, qualora si verifichi una delle conseguenze menzionate nell’articolo 126, fino a venti anni.

Delitto di fornicazione

(…)

Articolo 129

Come delitti sono puniti altresì i seguenti modi di fornicazione:

I. Fornicazione omosessuale tra una persona di sesso maschile che abbia compiuto il diciottesimo anno di età e un minore di diciotto anni».

9.        Le norme penali summenzionate prevedevano pertanto differenti limiti di età per i rapporti omosessuali (18 anni) e per i rapporti eterosessuali o lesbici (14 anni).

10.      Ciò valeva anche con riguardo alle fattispecie giuridiche di cui agli articoli 207 e 209 dello Strafgesetzbuch (codice penale; in prosieguo: lo «StGB»), entrato in vigore il 1o gennaio 1975.

11.      L’articolo 209 StGB (corrispondente all’articolo 129, n. 1, StG) è stato dichiarato incostituzionale con sentenza del Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale, Austria) del 21 giugno 2002 (3) ed è stato abrogato con effetto dal 28 febbraio 2003.

12.      Il legislatore federale austriaco anticipava gli effetti di tale abrogazione, abrogando a sua volta l’articolo 209 StGB con la legge federale pubblicata in BGBl. I n. 134/2002 (in prosieguo: la «legge federale n. 134/2002») già a decorrere dal 13 agosto 2002.

13.      L’Austria è stata ripetutamente condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») in relazione all’applicazione dell’articolo 209 StGB. Nella sentenza L. e V. c. Austria, la Corte EDU stabiliva, in sostanza, che l’articolo 209 StGB era in contrasto con gli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «CEDU»), in quanto il legislatore non aveva fornito una sufficiente giustificazione per il diverso limite di età del consenso relativamente ai rapporti omosessuali maschili con adulti, da un lato, e ai rapporti eterosessuali o lesbici con adulti, dall’altro (4).

2.      Normativa sui dipendenti pubblici

14.      In forza dell’articolo 13, paragrafo 1, del Beamten‑Dienstrechtsgesetz del 1979 (legge del 1979 sullo statuto dei dipendenti pubblici; in prosieguo: il «BDG del 1979»), come modificato dal Bundesgesetz pubblicato in BGBl. I n. 119/2002 (in prosieguo: la «legge federale n. 119/2002»), fino al 30 dicembre 2016 era in vigore la disposizione secondo la quale il dipendente pubblico veniva collocato a riposo con il compimento del sessantacinquesimo anno d’età.

15.      Nel caso del ricorrente, nato nel 1942, tale condizione si sarebbe verificata – qualora non fosse stato condannato per motivi disciplinari – il 1o gennaio 2008. Le principali disposizioni allora vigenti in materia di determinazione dell’importo della pensione erano contenute nel Pensionsgesetz (PG 1965) [legge del 1965 sulle pensioni] del 1965 come modificato dal Bundesgesetz pubblicato in BGBl. I n. 53/2007 (in prosieguo: la «legge federale del 2007»). Dette disposizioni prevedevano criteri per il calcolo della pensione che comprendevano la data di entrata in servizio e l’anzianità di servizio.

3.      Regolamento di servizio della polizia

16.      La decisione disciplinare emessa nei confronti del ricorrente il 10 giugno 1975 è stata adottata sulla base dell’allora vigente Dienstpragmatik (regolamento di servizio della polizia, RGBl. n. 15/1914; in prosieguo: il «DP»). L’articolo 24 e l’articolo 87 DP disponevano quanto segue:

«Comportamento

Articolo 24

(1)      Il dipendente, nell’ambito e al di fuori delle sue funzioni, deve mantenere alta la reputazione della professione, comportarsi sempre nel rispetto delle regole di condotta ed evitare qualsiasi occasione che possa in qualche modo diminuire il rispetto e la fiducia verso la sua posizione.

(…)

Sanzioni disciplinari

Articolo 87

I dipendenti che vengono meno ai loro obblighi professionali ed ufficiali sono soggetti, fatta salva la loro responsabilità penale, a sanzioni amministrative o disciplinari, a seconda che la violazione dei loro doveri costituisca una mera infrazione di norme amministrative, o che tale violazione sia considerata una violazione di obblighi di servizio, in considerazione del pregiudizio o della lesione agli interessi dello Stato, della natura o della gravità della violazione, della recidiva o di altre circostanze aggravanti».

III. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

17.      Il ricorrente, nato il 1o gennaio 1942, è in pensione.

18.      Con sentenza del 10 settembre 1974, il ricorrente, in quel momento dipendente in servizio delle forze di polizia, è stato condannato per tentato delitto di fornicazione omosessuale ai sensi dell’articolo 129, paragrafo 1, StG a pena detentiva di tre mesi con sospensione condizionale per il periodo di tre anni. L’appello interposto dal ricorrente contro tale sentenza di primo grado è stato respinto.

19.      Con decisione del 10 giugno 1975 della commissione disciplinare presso la Bundespolizeidirektion Wien (direzione della polizia federale di Vienna; in prosieguo: la «BPD‑Wien»), il ricorrente è stato riconosciuto colpevole:

«di aver violato i propri doveri di ufficio (articolo 24, paragrafo 1, del DP) per aver indotto in data 25 febbraio 1974 verso sera, al di fuori degli orari di servizio, nel Prater di Vienna, il quindicenne W e il quattordicenne H a praticargli atti di cosiddetto onanismo, per cui veniva condannato per il tentato delitto di fornicazione omosessuale con minorenni previsto dagli articoli 8 e 129, paragrafo 1, StG.

Egli si rendeva pertanto responsabile dell’infrazione disciplinare (articolo 87 DP). La Commissione pertanto gli infligge la sanzione disciplinare del collocamento obbligatorio permanente a riposo con la riduzione della pensione del 25% rispetto al trattamento ordinario [articolo 93, paragrafo 1, lettera d), in combinato disposto con l’articolo 97, paragrafo 1, DP]».

20.      L’appello interposto dal ricorrente è stato respinto con decisione del 24 marzo 1976. Il ricorrente è stato dunque collocato obbligatoriamente a riposo a partire dal 1o aprile 1976.

21.      Con provvedimento del 17 maggio 1976 è stato determinato il trattamento pensionistico del ricorrente con effetto a decorrere dal suo collocamento a riposo, quindi dal 1o aprile 1976, tenuto conto della riduzione del 25% disposta dall’organo disciplinare.

22.      In udienza è stato confermato che il ricorrente ha iniziato a percepire la pensione ridotta a partire da tale data.

23.      Come già esposto ai paragrafi 11 e 12, l’articolo 209 StGB (corrispondente all’articolo 129, paragrafo 1, StG) è stato dichiarato incostituzionale con decisione del Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale, Austria) del 21 giugno 2002 ed è stato quindi abrogato dal legislatore austriaco nel corso dello stesso anno.

24.      Con lettera del 2 giugno 2008, il ricorrente ha chiesto all’organo disciplinare, inter alia, di annullare la decisione disciplinare del 10 giugno 1975 e di sospendere il procedimento disciplinare nei suoi confronti e, in via subordinata, di dichiarare la cessazione degli effetti di detta decisione disciplinare a decorrere dal 21 giugno 2002. Egli ha chiesto inoltre che gli fossero riconosciute somme a titolo retributivo con riguardo ai periodi di servizio dettagliatamente indicati e, in via subordinata, che fosse disposta la cessazione della riduzione della pensione con effetto dal 21 giugno 2002.

25.      Tali domande sono state respinte.

26.      L’11 febbraio 2009, il ricorrente ha chiesto all’amministrazione competente per le questioni relative al personale in servizio o collocato a riposo di procedere alla determinazione e al versamento degli arretrati di retribuzione e di trattamento pensionistico dovuti, sostenendo, in primo luogo, che, al fine di evitare una (perdurante) discriminazione, avrebbe dovuto essere trattato, quanto a retribuzione e pensione, come se fosse stato in servizio fino al raggiungimento dell’età pensionabile stabilita per legge. In subordine, egli riteneva che gli spettasse quantomeno l’importo della pensione senza la riduzione del 25%.

27.      Tali domande sono state respinte. Il ricorrente ha impugnato tale decisione di rigetto dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Austria), la cui decisione di rigetto è stata impugnata con ricorso straordinario in punto di diritto dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa), giudice del rinvio nella presente causa.

28.      Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ritiene che, a seguito dell’attuazione della direttiva 2000/78 nel diritto austriaco, una decisione disciplinare ad essa contraria, quale quella emessa nei confronti del ricorrente, non si sarebbe potuta più pronunciare. In mancanza di (nuove) cause di giustificazione a sostegno di un diverso limite di età del consenso relativo a rapporti sessuali con adulti di natura omosessuale maschile, da un lato, e di natura eterosessuale o lesbica, dall’altro, sarebbe inammissibile, anche ai fini di un’azione disciplinare, differenziare tra l’istigare, da parte di adulti, un minore a compiere atti omosessuali maschili oppure atti eterosessuali o lesbici.

29.      Secondo il giudice del rinvio, su una siffatta distinzione si fondava «senza alcun dubbio» la decisione disciplinare in questione, riferendosi basilarmente alla punibilità (allora prevista) della condotta addebitata al ricorrente. Sebbene non possa essere escluso che un’analoga istigazione a compiere atti eterosessuali o lesbici sarebbe stata interpretata come una violazione degli obblighi deontologici, un’eventuale condanna per motivi disciplinari, senza che fosse integrata la fattispecie di cui all’articolo 129, paragrafo 1, StG, sarebbe stata «incomparabilmente più mite».

30.      Alla luce di tali considerazioni, il giudice del rinvio si chiede quali siano gli effetti dell’entrata in vigore della direttiva 2000/78 e del divieto di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale ai fini degli attuali versamenti pensionistici nei confronti del ricorrente. Il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 2 della [direttiva 2000/78] (in prosieguo: la “direttiva”), osti alla conservazione degli effetti costitutivi di una decisione amministrativa divenuta definitiva ai sensi del diritto nazionale ed emanata nel settore della normativa disciplinare riguardante i dipendenti pubblici (decisione disciplinare), con la quale sia stato disposto il collocamento a riposo del dipendente con riduzione dell’importo della pensione, allorché

con riguardo alla menzionata decisione amministrativa, al momento della sua emanazione, non fossero ancora in vigore disposizioni di diritto dell’Unione, in particolare la direttiva, laddove

una (ipotetica) decisione del medesimo tenore risulterebbe in contrasto con la direttiva, qualora la sua emanazione ricadesse ratione temporis nella sfera di applicazione della medesima.

2)      In caso di risposta affermativa, se, al fine di escludere discriminazioni,

a)      ai fini della determinazione dell’importo del trattamento pensionistico, sia necessario, in base al diritto dell’Unione, considerare il dipendente non come collocato a riposo bensì come in attività nel periodo intercorrente tra l’entrata in vigore della decisione amministrativa e l’età pensionabile del dipendente, stabilita per legge, oppure se

b)      sia sufficiente riconoscere come dovuto l’importo integrale della pensione spettante a seguito del collocamento obbligatorio a riposo nel momento indicato dalla decisione amministrativa.

3)      Se la risposta alla seconda questione dipenda dal fatto che il dipendente abbia cercato o meno di assumere di fatto una funzione attiva nel pubblico impiego federale prima di raggiungere l’età pensionabile.

4)      Nel caso in cui (eventualmente anche in funzione delle circostanze esposte nella terza questione) risulti sufficiente l’annullamento della riduzione percentuale della pensione:

se, ai fini della determinazione del trattamento pensionistico anche per i periodi retributivi antecedenti alla diretta applicabilità della direttiva nell’ambito dell’ordinamento nazionale, il principio di non discriminazione sancito dalla direttiva debba essere necessariamente applicato dal giudice nazionale, in ossequio al principio del primato del diritto dell’Unione rispetto a norme nazionali con esso incompatibili.

5)      In caso di risposta affermativa alla quarta questione: sino a quale momento si estendano tali “effetti retroattivi”».

31.      Hanno presentato osservazioni scritte il ricorrente, i governi italiano e austriaco nonché la Commissione europea. Tali interessati, ad eccezione del governo italiano, hanno anche svolto osservazioni orali nel corso dell’udienza tenutasi il 29 maggio 2018.

IV.    Valutazione

32.      È possibile invocare una nuova norma di legge per contestare le perduranti ripercussioni di una decisione amministrativa che è stata emessa ed è divenuta definitiva prima che detta nuova norma di legge diventasse applicabile? Questa è la domanda fondamentale sollevata dalla prima questione del giudice del rinvio.

33.      In circostanze quali quelle di cui trattasi nella controversia principale, ritengo che la risposta sia negativa.

34.      Data la risposta che propongo per questa prima questione (sezione A sottostante), non occorre rispondere alle rimanenti questioni. Tuttavia tratterò brevemente anche i punti sollevati da tali questioni (sezioni B e C), nonché la rilevanza dell’articolo 157 TFUE (ex articolo 141 CE) per la presente causa, nell’eventualità che la Corte arrivi a una diversa conclusione. Quest’ultima disposizione non è stata menzionata nelle questioni presentate dal giudice del rinvio, ma è stata invocata dal ricorrente (sezione D).

A.      Questione 1

35.      Nel caso in cui una decisione amministrativa, con effetti discriminatori sulla base dell’orientamento sessuale e di riduzione dei diritti pensionistici, sia divenuta definitiva prima che detta discriminazione fosse vietata dalla direttiva 2000/78, il mantenimento di tale riduzione della pensione è precluso una volta entrata in vigore la direttiva? È questo il punto centrale della prima questione sollevata dal giudice del rinvio.

36.      Nella decisione di rinvio si dichiara che la prima questione non verte sulla legittimità della decisione nella parte in cui impone il collocamento obbligatorio a riposo e riduce i diritti pensionistici del ricorrente. Tali aspetti erano stati oggetto d’impugnazione negli anni ’70 e il ricorrente aveva nuovamente provato a farli valere (infruttuosamente) dopo l’abrogazione della disposizione penale contestata.

37.      Piuttosto, per quanto riguarda gli effetti discriminatori della decisione amministrativa, la prima questione del giudice del rinvio verte sul punto se sia contrario alla direttiva 2000/78 conservare gli effetti di tale decisione per quanto riguarda gli attuali diritti pensionistici ridotti.

38.      Nel rispondere a tale questione, inizierò col richiamare l’approccio generale della Corte riguardo all’applicazione temporale di nuove norme agli effetti perduranti di situazioni preesistenti (sezione 1). Dopodiché mi dedicherò allo specifico approccio della Corte in casi che riguardano pensioni (sezione 2). Successivamente illustrerò la giurisprudenza sui rapporti in corso (sezione 3) e sulla portata dell’obbligo di riaprire decisioni del passato (sezione 4). Infine, applicherò tali rilievi al caso di specie (sezione 5).

39.      Tuttavia, prima di affrontare tali questioni, occorre fare due osservazioni preliminari.

40.      Innanzi tutto, pare vi sia accordo sul fatto che la differenza tra il trattamento penale di rapporti sessuali con minorenni a seconda della loro natura omosessuale o eterosessuale, esistente nel diritto austriaco nel 1974, oggi non sarebbe ammissibile. Logicamente lo stesso varrebbe quindi anche per i riferimenti alla sessualità del ricorrente nella motivazione della decisione disciplinare. Di fatto, nessuno di tali rilievi è stato messo in discussione dal governo austriaco. Tuttavia, e senza essere stato contraddetto su tale punto, il governo austriaco ha dichiarato che sia le sanzioni penali che quelle disciplinari erano pienamente legittime ai sensi della legislazione austriaca del 1974 e del 1975. Inoltre tale governo ha suggerito che esse fossero conformi agli standard europei di allora, che nel frattempo si sono modificati.

41.      In secondo luogo, quello che risulta molto meno chiaro nel caso di specie è l’esatta relazione tra le sanzioni penali e quelle disciplinari nella controversia principale. In particolare, sia nelle osservazioni scritte che in udienza è stato alquanto discusso se una sanzione disciplinare (di una certa gravità) sia o meno una conseguenza necessaria di una condanna penale. Da un lato, a differenza del codice penale, le norme disciplinari (formulate in maniera piuttosto generica (5)) applicabili ai dipendenti pubblici non operavano alcuna distinzione formale a seconda della natura omosessuale o eterosessuale della condotta. Dall’altro lato, nella sua decisione di rinvio, il giudice del rinvio ha dichiarato che, in assenza di una condanna penale, le misure disciplinari imposte sarebbero state «incomparabilmente più mit[i]».

42.      In risposta alle questioni relative all’esatto rapporto tra le sanzioni penali e quelle disciplinari, il governo austriaco ha affermato che nel 1974 l’esistenza di una condanna penale di un dipendente delle forze di polizia passata in giudicato non era necessariamente sufficiente per il licenziamento automatico (6). Tuttavia, una tale condanna non era neppure necessaria per adottare sanzioni disciplinari. Nel 1974 in Austria i dipendenti delle forze di polizia dovevano comportarsi nel migliore dei modi sia quando erano in servizio sia al di fuori. Pertanto, il fatto che un certo comportamento non fosse oggetto di una condanna penale (o non costituisse proprio reato) non significava che esso non fosse problematico ai sensi delle norme disciplinari. Al riguardo, il governo austriaco, senza che sia stato contestato in merito, ha affermato che, a prescindere dall’orientamento sessuale, l’adescamento da parte di un agente di polizia di 32 anni di un quattordicenne e di un quindicenne in un parco pubblico non era certo considerabile come una condotta virtuosa. Difatti, il giudice del rinvio ha confermato che l’equivalente adescamento eterosessuale di un soggetto minorenne in un parco pubblico avrebbe potuto essere considerato come violazione degli obblighi deontologici, al tempo perseguibile in via disciplinare.

43.      Traggo due conclusioni da tali constatazioni. Innanzi tutto, ne desumo che la mera esistenza di una condanna penale passata in giudicato nei confronti di un dipendente delle forze di polizia andava per definizione considerata come una violazione dei suoi obblighi professionali. È alquanto chiaro che per i dipendenti delle forze di polizia vigono standard di comportamento più alti rispetto alla mera regola di «non commettere reati». In tal senso è quindi piuttosto logico che l’esistenza di una condanna penale avesse per definizione dirette conseguenze sul ventaglio di sanzioni applicabili, rendendole «(in)comparabilmente più severe» rispetto a casi in cui non vi era stata alcuna condanna penale (7). In secondo luogo, ne desumo anche che, al di là di tale implicazione unilaterale (dall’esistenza di una condanna penale alla misura disciplinare) in termini di severità della sanzione disciplinare, una condanna penale non eraun necessario prerequisito ai fini dell’adozione di tale sanzione disciplinare.

1.      Applicazione ratione temporis di nuove norme

a)      Approccio generale

44.      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, in linea di principio, la nuova norma si applica immediatamente agli «effetti futuri di una situazione creatasi quando era in vigore la norma precedente» e il principio della tutela del legittimo affidamento non può essere esteso al punto da «impedire, in via generale, che una nuova norma si applichi agli effetti futuri di situazioni sorte in vigenza della norma antecedente» (8).

45.      Tuttavia, per garantire l’osservanza dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, le norme dell’Unione di diritto sostanziale devono interpretarsi nel senso che si applicano a «situazioni createsi anteriormente alla loro entrata in vigore» soltanto in quanto «dalla lettera, dallo scopo o dallo spirito di tali norme risulti chiaramente che dev’essere loro attribuita efficacia retroattiva» (9).

46.      Secondo un’altra formula utilizzata dalla Corte, una nuova norma giuridica «non si applic[a] alle situazioni giuridiche sorte e definitivamente acquisite in vigenza della vecchia legge, [ma] si applica agli effetti futuri delle medesime, nonché alle situazioni giuridiche nuove, a meno che, fatto salvo il principio d’irretroattività degli atti giuridici, la nuova norma sia accompagnata da disposizioni particolari che determinano specificamente le [sue] condizioni di applicazione nel tempo» (10).

47.      I principi generali che emergono da tali casi potrebbero quindi essere sintetizzati come segue: (i) non applicabilità delle nuove norme a «situazioni definitivamente acquisite» che sono sorte e su cui è stato statuito in vigenza delle norme precedenti, e (ii) applicabilità delle nuove norme agli effetti futuri di «situazioni esistenti», che producono effetti perduranti. Inoltre, si potrà tenere conto di fatti del passato ai fini di una nuova valutazione giuridica in base alle nuove norme solo se tale valutazione è prevista o si rende necessaria a causa della natura o della struttura delle nuove norme.

48.      Il medesimo approccio è stato applicato anche nell’ambito dell’adesione di uno nuovo Stato membro all’Unione (11), sia per quanto riguarda l’applicazione a livello nazionale di (nuove) norme dell’Unione, che per quanto riguarda la competenza della Corte a rispondere in via pregiudiziale a questioni relative a siffatte situazioni. Fatti del passato (ossia fatti precedenti all’adesione) possono essere presi in considerazione se rilevanti e se una loro (nuova) valutazione sia resa necessaria dall’applicazione delle nuove norme in seguito all’adesione (12). Quindi, ad esempio, non spettava alla Corte il compito di avviare in sostanza un riesame nel merito, dopo l’adesione, della legittimità di determinate clausole di un contratto stipulato con i consumatori prima dell’adesione, anche se tale contratto è stato effettivamente applicato dopo l’adesione (13). Invece la Corte era competente a valutare la compatibilità col diritto dell’Unione di una legislazione nazionale che limitava gli interessi di mora relativi a un negozio giuridico concluso ben prima dell’adesione, ma i cui effetti perduravano (e il cui calcolo finale avveniva) dopo l’adesione (14).

b)      Sentenza Ciola

49.      Sia il ricorrente che la Commissione hanno richiamato ampiamente nelle loro osservazioni scritte e orali la decisione della presente Corte nella causa Ciola (15). In effetti pare opportuno esaminare nel dettaglio tale sentenza in quanto dimostra come il principio generale delineato nella sezione precedente si applichi ad un caso specifico.

50.      La data magica nella sentenza Ciola è il 1o gennaio 1995, data di adesione dell’Austria alle Comunità europee. Al tempo, ovviamente fatta salva qualsiasi deroga esplicita, il diritto comunitario, incluse le disposizioni in materia di libera circolazione, entrava in vigore nella sua totalità e diventava immediatamente applicabile in tale nuovo Stato membro.

51.      La società del sig. Ciola era proprietaria di 200 posti barca per imbarcazioni da diporto, che concedeva in locazione, sul lato austriaco del Lago di Costanza. Una decisione amministrativa del 1990 ha stabilito che al massimo 60 posti barca potevano essere dati in locazione a persone residenti all’estero (16). Un elenco dei posti barca assegnati a persone residenti all’estero andava trasmesso su base annua (17).

52.      Il 10 luglio 1996 (18 mesi dopo l’adesione) è stata emessa una nuova decisione amministrativa individuale che dichiarava la società colpevole di aver dato in locazione due posti barca a persone residenti all’estero, nel gennaio e nel maggio del 1995, in eccesso rispetto al contingente fissato nel numero di 60. Il sig. Ciola è stato condannato a pagare un’ammenda per ognuna di tali violazioni della decisione amministrativa del 1990 (18). Il sig. Ciola ha impugnato la decisione del 1996 che irrogava una sanzione. La controversia è stata sottoposta alla presente Corte e la seconda questione sollevata dal giudice del rinvio verteva esplicitamente sull’ambito di applicazione ratione temporis di tale preclusione, dato che l’originaria decisione amministrativa era divenuta definitiva prima dell’adesione.

53.      La Corte ha iniziato il proprio ragionamento confermando che le disposizioni sulla libera circolazione dei servizi ostavano al contingentamento dei posti barca per i residenti all’estero. Tuttavia la Corte ha aggiunto che «la controversia non riguarda la sorte dell’atto amministrativo in sé ‑ nella fattispecie, la decisione 9 agosto 1990 ‑, ma il problema di stabilire se tale atto debba essere disapplicato nell’ambito della valutazione della legittimità di una sanzione irrogata [dopo la data di adesione] per l’inosservanza di un obbligo che ne discende, a seguito dell’incompatibilità di tale atto con il principio della libera prestazione dei servizi» (19). La Corte ha concluso che tale atto andava disapplicato.

54.      Nella presente controversia, il ricorrente invoca la sentenza Ciola nella parte in cui questa afferma, sostanzialmente, che una persona che subisce gli effetti negativi di una decisione amministrativa ha il diritto a che tali effetti siano neutralizzati se, ipoteticamente, la decisione amministrativa sarebbe stata incompatibile con le nuove norme nel caso in cui fosse stata adottata dopo l’entrata in vigore delle stesse.

55.      Tuttavia, una tale conclusione non deriva dalla sentenza Ciola. Nella sentenza Ciola il ricorrente ha contestato la legittimità di un’ammenda irrogata da una decisione successivamente all’entrata in vigore in Austria delle disposizioni sulla libera circolazione. Inoltre, l’ammenda era stata irrogata per azioni compiute dalla società del sig. Ciola – la locazione di posti barca nel gennaio e nel maggio del 1995 – a loro volta posteriori alla data di adesione.

56.      È quindi piuttosto chiaro che nella sentenza Ciola c’era una nuova applicazione della nuova normativa successiva all’adesione, il che era logicamente necessario per valutare una nuova situazione. I fatti posteriori all’adesione (la locazione di posti barca) andavano valutati e inquadrati alla luce della nuova normativa successiva all’adesione (la normativa nazionale adattata in prospettiva per renderla conforme alle nuove disposizioni europee applicabili). Inoltre, era chiaro che non vi era alcuna «neutralizzazione» di effetti (del passato) della decisione del 1990 nel senso suggerito dal ricorrente. La Corte non ha dichiarato che tale decisione andava rivista o che andava pagata una compensazione per la sua previa esistenza. Essa ha, invece, semplicemente affermato che tale vecchia decisione, divenuta incompatibile con le nuove leggi successive al 1995, non era più applicabile nel quadro di una nuova applicazione della legge nell’ambito dell’irrogazione di sanzioni amministrative posteriormente all’adesione.

2.      Giurisprudenza specifica in materia di pensioni

57.      L’approccio generale illustrato nella sezione precedente si applica nell’ambito della direttiva 2000/78 e dei regimi pensionistici (20). Tuttavia, come esattamente tali norme siano da applicare a casi individuali non risulta necessariamente ovvio. La specificità dei regimi pensionistici non può essere ignorata. I diritti maturano e le pensioni sono versate per decenni, durante i quali le leggi possono cambiare in maniera significativa. Il fatto che controversie in materia pensionistica possano riguardare importi notevoli per gli individui e cumulativamente anche per i fondi pensionistici pubblici e privati rende la materia ancora più delicata.

58.      Si tratta effettivamente di specificità importanti che accomunano le sentenze che verranno discusse in questa sezione in relazione alle pensioni. L’ampia maggioranza di tali sentenze riguarda decisioni in materia di pensioni adottate dopo l’entrata in vigore delle nuove norme.

a)      Fatti passati, nuova legislazione e necessità di una nuova decisione

59.      Vi sono numerose sentenze specificamente in materia di pensioni in cui la Corte ha confermato che si deve tenere conto, nel determinare un diritto al trattamento pensionistico, di fatti anteriori all’entrata in vigore della nuove norme che vietano discriminazioni (in particolare per quanto riguarda i periodi di servizio).

60.      Così, ad esempio, le cause Bruno e O’Brien (21) riguardavano la parità di trattamento tra lavoratori a tempo parziale e lavoratori a tempo pieno, di cui alla direttiva 97/81/CE (22). In tali casi la Corte ha deciso che, al fine di stabilire se un individuo abbia o meno diritto alla pensione, occorreva tenere conto dei periodi di lavoro a tempo parziale anteriori all’entrata in vigore di tale direttiva (23). In entrambe le sentenze Bruno e O’Brien il diritto alla pensione andava determinato dopo l’entrata in vigore della direttiva (24).

61.      Lo stesso valeva anche nelle cause Barber (25) e Ten Oever (26), in cui si trattava di un’asserita discriminazione fondata sul sesso in violazione dell’articolo 119 CE. In quei casi il diritto alla pensione è stato determinato dopo l’entrata in vigore dell’articolo 119 CEE (27).

62.      La sentenza Maruko (28) trattava di una pensione di reversibilità negata in base a un’asserita discriminazione fondata sull’orientamento sessuale, in violazione della direttiva 2000/78. Come nella sentenza Ten Oever (29), l’evento rilevante e l’adozione di una nuova decisione (morte del partner e decisione di diniego della pensione di reversibilità) risalivano a dopo la scadenza del termine per il recepimento della direttiva (30).

63.      Le sentenze Kauer e Duchon riguardavano di fatto una discriminazione sulla base della nazionalità (31). In dette cause i ricorrenti hanno presentato una domanda di pensione in Austria dopo l’adesione, chiedendo che si tenessero in considerazione determinati fatti verificatisi in altri Stati membri e precedenti all’adesione (nel caso di cui alla sentenza Kauer, periodi dedicati all’ educazione dei figli in Belgio e nel caso di cui alla sentenza Duchon, un infortunio di lavoro in Germania da cui derivò un’inabilità).

64.      Per riassumere, tutti i casi in materia pensionistica summenzionati riguardano situazioni in cui fatti anteriori alla nuova normativa sono presi in considerazione al momento di adottare una decisione posteriore alla nuova normativa. Ciò corrisponde perfettamente al modello rinvenibile nella giurisprudenza generale sopra citata: c’è una situazione fattuale perdurante che dev’essere oggetto di una nuova valutazione giuridica in seguito all’entrata in vigore di una nuova legge. In siffatte situazioni è pienamente logico, in particolare in materia di previdenza e sicurezza sociale, che si debba tener conto di tutti gli elementi di fatto rilevanti anteriori alla nuova legge.

65.      Per tale ragione a mio parere tale giurisprudenza non è applicabile al caso di specie, in cui i fatti, la normativa applicabile nonché la decisione amministrativa stessa sono anteriori alla nuova legge. I soli fatti posteriori alla nuova legge sono i versamenti pensionistici fatti al ricorrente.

66.      Ciò è vero tanto più che nella fattispecie l’asserita decisione discriminatoria riguarda la valutazione e l’applicazione della legge a fatti che di per sé non sono direttamente connessi ai diritti pensionistici o al loro calcolo. L’asserita discriminazione riguarda una decisione disciplinare che, dopo avere confermato la colpevolezza del ricorrente, gli ha irrogato una duplice sanzione disciplinare (32). Ovviamente non si nega che tale decisione abbia avuto ripercussioni sulla pensione del ricorrente (33). Tuttavia, a differenza dei casi discussi in questa sezione, il caso di specie non riguarda, ad esempio, condizioni oggettive per l’acquisizione di un diritto relative a situazioni personali o a periodi di servizio. Qui si tratta, piuttosto, di una sottostante e separata decisione disciplinare relativa a un particolare insieme di fatti.

b)      Pensioni esistenti, nuova normativa e situazioni in corso

67.      La sentenza Römer (34), che è stata invocata da tutte le parti in causa, non corrisponde propriamente al modello descritto sopra. Occorre quindi esaminarla più nel dettaglio.

68.      In quella fattispecie il ricorrente era effettivamente già in pensione e la stava percependo, quando nel 2001 (quindi prima del termine per il recepimento della direttiva 2000/78) ha iniziato un’unione civile con il suo compagno. Al sig. Römer è stata negata la categoria tributaria che si sarebbe normalmente applicata in caso di matrimonio (eterosessuale) (35) e che gli avrebbe dato diritto a percepire importi pensionistici più alti.

69.      In sostanza la Corte ha dichiarato che, poiché vi era una discriminazione, il sig. Römer poteva far valere la parità di trattamento fiscale a partire dalla scadenza del termine per il recepimento della direttiva 2000/78. Tuttavia, a differenza degli altri casi sopra citati, nella sentenza Römer il diritto del ricorrente ad una pensione era stato stabilito prima dell’entrata in vigore delle nuove norme. La questione verteva sulla discriminazione in corso in relazione ai pagamenti successivi e all’inquadramento fiscale del ricorrente.

70.      Ciò nonostante tale caso si differenzia dal presente caso di specie, in particolare per due ragioni.

71.      Innanzi tutto, è vero che l’inquadramento fiscale del sig. Römer era stato determinato prima della scadenza del termine per il recepimento della direttiva 2000/78 e quindi, in tal senso, si trattava di una decisione «definitiva». Tuttavia, in quel caso la legge nazionale rilevante prevedeva una revisione del trattamento fiscale in caso di modifica della situazione personale. Pertanto, come confermato dalla Corte, ai sensi della legge nazionale applicabile «qualora le condizioni [per un inquadramento tributario più favorevole] sussistano solo dopo l’inizio dell’erogazione della pensione di vecchiaia, occorre, se l’interessato ne fa domanda, applicare quest’ultima disposizione a partire da tale data» (36).

72.      Nella sentenza Römer c’era quindi un meccanismo che permetteva di adottare nuove decisioni che tenessero conto di nuove modifiche nella situazione personale rilevanti ai fini dei calcoli di previdenza sociale.

73.      In secondo luogo, fatto ancor più importante, al di là della clausola di revisione menzionata, la sentenza Römer riguarda il modo in cui nuove norme (direttiva 2000/78) possono essere applicate alla situazione personale in corso di un individuo, al fine di rivedere una decisione sui suoi diritti pensionistici.

74.      A mio parere, ciò si differenzia completamente dal tipo di applicazione temporale sostenuta dal ricorrente nel caso di specie. Qui, ciò che si propone non è di tenere conto (come previsto per legge) di circostanze personali ai fini di un futuro adeguamento, ma si tratta di un riesame, alla luce di nuove norme di legge, di un insieme di fatti conclusi avvenuti molti anni prima e di una decisione disciplinare adottata in relazione ad essi, con lo scopo di alterarne le ripercussioni sui diritti pensionistici.

c)      Eccezioni alla regola?

75.      È vero che ci sono sentenze isolate della Corte in cui la decisione di corrispondere una pensione e tutti i fatti rilevanti sembrano essere anteriori alle nuove norme. In altre parole, una decisione di corrispondere (o meno) una pensione e sull’ammontare delle spettanze è stata adottata, ma nuove norme sono apparentemente invocate per tornare su tale decisione, senza che vi siano nuovi fatti o modifiche rispetto alla situazione personale.

76.      Tuttavia tali sentenze sono rare nella pratica e, esaminandole più attentamente, possono essere facilmente distinte. Nella sentenza P. (37), la ricorrente era divorziata da un funzionario della Commissione. Quando morì il funzionario, P. non aveva diritto a una pensione di reversibilità in quanto la «colpa» del divorzio non era stata attribuita esclusivamente al marito deceduto. Solo alcuni mesi dopo il decesso entrarono in vigore nuove norme ai sensi delle quali P. avrebbe avuto diritto a una pensione di reversibilità (38). La Corte ha effettivamente applicato le nuove norme, da cui discendeva il diritto di P. a una pensione dalla data della loro entrata in vigore.

77.      La causa P. presentava però alcune peculiarità. Infatti la Commissione sostenne fortemente l’applicazione delle nuove norme (contestando l’erogazione della pensione per altre ragioni). Altre istituzioni applicavano le nuove norme con effetto immediato e, secondo la Commissione, l’omessa applicazione avrebbe dato luogo a una discriminazione tra funzionari. Inoltre, l’originaria decisione che rifiutava a P. la pensione era stata emessa, in pratica, alcuni giorni dopo l’entrata in vigore delle nuove norme (anche se il decesso dell’ex marito era antecedente).

78.      Nel caso di cui alla sentenza Brock, alla ricorrente era stata riconosciuta una pensione d’invalidità nel 1958. Nel 1961 tale pensione è stata trasformata in una pensione di vecchiaia (39). La causa verteva essenzialmente sulla questione se andasse applicata una nuova normativa, entrata in vigore il 1o gennaio 1964, ai sensi della quale si doveva tenere conto dei contributi versati in altri Stati membri. La Corte ha risposto in senso affermativo.

79.      A mio parere è significativo che in tale caso la legislazione rilevante includesse una disposizione che prevedeva esplicitamente la revisione di pensioni che erano state calcolate prima dell’entrata in vigore di detta legislazione.

80.      Tuttavia, l’elemento che principalmente distingue le cause P. e Brock dal caso di specie è che, in dette cause, le decisioni rilevanti riguardavano la valutazione delle condizioni per il riconoscimento di una pensione ai sensi delle nuove norme di legge.

81.      Ciò è ovviamente diverso dalla valutazione di comportamenti del passato alla luce di nuove norme di legge, con lo scopo di stabilire quanto una decisione (disciplinare) sarebbe stata diversa, nonché le sue ripercussioni sui diritti pensionistici che ne derivano.

82.      Quindi, ad esempio, nel caso di cui alla sentenza P. l’ex moglie divorziata non ha chiesto il riesame del divorzio per stabilire se il suo ex marito fosse il solo responsabile. Nella sentenza Brock la parte invalida non ha richiesto un riesame delle circostanze del suo incidente per stabilire se esso potesse qualificarsi come incidente di lavoro. Tutte le decisioni in merito alla responsabilità per il divorzio o all’incidente erano divenute definitive, così come la decisione disciplinare nella presente fattispecie.

83.      In sintesi, a prima vista, le sentenze P. e Brock hanno un «sapore retroattivo più forte» rispetto ad altri casi, quali quelli discussi nei paragrafi precedenti. Tuttavia, a parte il fatto che si tratta di casi relativamente vecchi e isolati, essi possono essere chiaramente distinti dal caso di specie. Ad ogni modo, a mio parere è chiaro che tali sentenze non possono essere interpretate nel senso che l’adozione di qualsiasi nuova norma dia un diritto assoluto a una revisione, alla luce di tale nuova norma, di qualsiasi decisione amministrativa sottostante e precedente, altrimenti divenuta definitiva, e a un corrispondente adeguamento dell’erogazione della pensione.

d)      Disposizioni transitorie

84.      Infine, un’ulteriore linea giurisprudenziale in materia di pensioni che merita di essere menzionata riguarda la direttiva 79/7/CEE (40). Tale direttiva richiedeva agli Stati membri di dare attuazione al principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale. A tal fine gli Stati membri hanno modificato le normative nazionali in materia di prestazioni per rimuovere qualsiasi discriminazione fondata sul sesso.

85.      Tali modifiche legislative hanno portato a vari rinvii pregiudiziali a questa Corte. Per quanto qui rilevante, i casi riguardavano ricorrenti di sesso femminile alle quali, ai sensi di normative nazionali discriminatorie, erano state negate prestazioni in materia di sicurezza sociale tramite una decisione adottata prima della scadenza del termine per il recepimento della direttiva. Esse chiedevano di fatto di ottenere tali prestazioni dopo il termine ultimo per il recepimento attraverso l’applicazione delle nuove norme non discriminatorie.

86.      Le sentenze della Corte hanno ripetutamente confermato che gli effetti della discriminazione andavano rimossi dopo la scadenza del termine per il recepimento. Tuttavia, a un esame più attento, tali casi sono, a loro volta, molto diversi dalla presente fattispecie.

87.      Ad esempio, nella causa Borrie Clarke (41), la legge nazionale imponeva una condizione aggiuntiva a carico delle donne per poter richiedere una pensione d’invalidità, rispetto a quanto richiesto agli uomini (l’inabilità a svolgere lavori domestici). La ricorrente non soddisfaceva tale condizione aggiuntiva e la sua richiesta di pensione fu respinta nel 1983. La legge nazionale è stata quindi modificata per conformarla alla direttiva. La pensione d’invalidità è stata sostituita con un assegno d’invalidità e sono state introdotte nuove condizioni uguali per entrambi i sessi. Ciò nonostante, in via transitoria, le persone che percepivano una pensione d’invalidità prima della nuova legge hanno ricevuto automaticamente un assegno d’invalidità, senza dover soddisfare le nuove condizioni. Pertanto, la discriminazione è stata di fatto confermata e perpetuata dalle disposizioni transitorie.

88.      La Corte ha dichiarato che «se, a decorrere [dal termine per il recepimento], un uomo che si trovi nella stessa situazione di una donna potesse percepire automaticamente il nuovo assegno per invalidità grave in forza delle disposizioni transitorie summenzionate senza dover comprovare una seconda volta i suoi diritti, la donna vi avrebbe del pari diritto senza dover soddisfare una condizione ulteriore vigente, prima di questa data, solo per le donne sposate» (42).

89.      A mio parere, la situazione di cui alla sentenza Borrie Clarke è simile alle altre cause in materia di pensioni già discusse nella sezione (a). Le disposizioni transitorie hanno di fatto dato luogo a una nuova applicazione (o almeno a un rinnovo della decisione precedente in forza della nuova legge), per il futuro, delle norme discriminatorie. Pertanto, anche tale linea giurisprudenziale può essere chiaramente distinta dalla presente fattispecie.

90.      Lo stesso tipo di situazione è rintracciabile in altre sentenze, anche se relative ad altri tipi di prestazioni (43).

3.      Rapporti in corso

91.      Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione ha anche richiamato la causa Österreichischer Gewerkschaftsbund (44), così stabilendo un’analogia con discriminazioni perduranti relative al versamento di retribuzioni mensili. Ciò coincide con gli argomenti del ricorrente, che fanno ripetutamente riferimento alla discriminazione perdurante sotto forma di erogazioni della pensione di importo ridotto, eseguite su base regolare.

92.      Non vedo come tale linea giurisprudenziale, nella misura in cui sia essere invocata a sostegno di un argomento diverso rispetto a quello esaminato nella sezione precedente, possa supportare le richieste avanzate dal ricorrente. A mio parere, anche tale giurisprudenza è semplicemente dissimile.

93.      Nella causa Österreichischer Gewerkschaftsbund (45), ai fini del calcolo della retribuzione per gli insegnanti assunti a contratto, la legge austriaca teneva completamente conto della precedente esperienza professionale maturata in Austria. L’esperienza professionale maturata in altri Stati membri era tenuta in considerazione solo in misura limitata. La Corte ha dichiarato che tale limitazione era contraria alla libera circolazione dei lavoratori. Ha inoltre affermato che, per eliminare la discriminazione, occorreva tenere conto integralmente dell’esperienza professionale acquisita in altri Stati membri, anche se acquisita precedentemente all’adesione dell’Austria.

94.      In effetti, la sentenza Österreichischer Gewerkschaftsbund è una delle svariate sentenze in cui la Corte ha essenzialmente affermato che, nell’ambito dei rapporti di lavoro, può essere necessario tenere conto di fatti anteriori all’entrata in vigore delle nuove norme, al fine di determinare la retribuzione dei dipendenti, se tali fatti sono rilevanti ai fini di tale valutazione sulla base del nuovo regime giuridico (46). Quindi, ad esempio, in una serie di cause a partire dalla causa Hütter, la Corte ha dichiarato che le norme austriache che tenevano conto dell’esperienza professionale maturata prima del diciottesimo anno d’età, per determinare gli scatti salariali dei dipendenti pubblici, erano contrarie al divieto di discriminazione fondata sull’età ai sensi della direttiva 2000/78 (47). Al fine di rimuovere la discriminazione occorreva adeguare gli scatti salariali, anche nei casi in cui l’esperienza rilevante era stata maturata prima della scadenza del termine per il recepimento di tale direttiva.

95.      A mio parere, non è possibile stabilire un’analogia diretta tra tali casi, che riguardano l’adeguamento delle retribuzioni per eliminare la discriminazione, e casi come quello di specie per una semplice ragione: in casi quali quello di cui alla sentenza Österreichischer Gewerkschaftsbund, il rapporto di lavoro era in corso, con obblighi e diritti attuali e reciproci. Il dipendente ha un grado o un inquadramento e uno specifico numero di anni di anzianità di esperienza professionale rilevante, utilizzato ogni mese ai fini del calcolo della sua retribuzione. Pertanto, ogni mese vi è un «rinnovo», una rinnovata applicazione delle leggi vigenti ai fini del calcolo della retribuzione adeguata, con i necessari continui adeguamenti sulla base di nuove leggi e di cambiamenti relativi alla situazione personale (48). Si tratta in qualche modo di uno scenario simile a quello di cui alla sentenza Römer, in cui specifiche disposizioni legislative relative a una modifica nella situazione personale del ricorrente permettevano un siffatto «rinnovo» (49).

96.      Invece, in casi come quello di specie, il rapporto di lavoro era terminato(50), tutti i diritti pensionistici erano stati maturati ben prima di quel momento e una decisione disciplinare relativa a una riduzione del 25% era stata adottata nel 1975 sulla base di eventi precedenti ed era divenuta definitiva. Gli effetti pratici di tale decisione continuano a farsi sentire, così come potrebbe essere per ogni evento del passato, ma non vi è più un rapporto di lavoro in corso che richiederebbe un nuovo (ri)esame alla luce della nuova normativa. Non ci sono fatti del passato attualmente rilevanti. In tal senso, gli effetti giuridici dei fatti passati si sono effettivamente esauriti.

4.      Tornare su precedenti decisioni

97.      Infine, per fornire un quadro completo, si dovrebbe aggiungere che, nel diritto dell’Unione, esiste, accanto alle norme sull’applicazione ratione temporis di nuove norme a fatti del passato e/o a rapporti giuridici in corso, anche l’obbligo, entro certi limiti, di tornare su precedenti decisioni se incompatibili con il diritto dell’Unione.

98.      La giurisprudenza della Corte sottolinea l’importanza del principio dell’intangibilità del giudicato per ragioni di stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, nonché di corretta amministrazione della giustizia. Decisioni che sono divenute definitive dopo l’esaurimento delle vie di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per questi ricorsi non possono più essere rimesse in discussione(51). Questo vale anche quando ciò permetterebbe al giudice nazionale di accertare una violazione del diritto europeo da parte di tale decisione (52).

99.      È vero che è possibile tornare su decisioni definitive, ma solo in presenza di circostanze realmente eccezionali. Tra tali circostanze rientra un’interpretazione errata del diritto dell’Unione, in assenza di un rinvio pregiudiziale alla Corte, e il fatto che la persona interessata abbia presentato un reclamo dinanzi all’autorità amministrativa immediatamente dopo essere venuta a conoscenza di tale decisione della Corte (53).

100. Tuttavia, tralasciando la questione relativa all’esatta definizione di «eccezionale», il comune denominatore in tali rare cause in cui è stato imposto un siffatto obbligo consisteva naturalmente nel fatto che l’incompatibilità già esisteva al momento in cui la decisione era stata adottata a livello nazionale. Quindi, l’originaria decisione in questione già violava il diritto dell’Unione.

101. Invece, nel caso di specie, al momento in cui le decisioni rilevanti sono state adottate (sia la decisione disciplinare che la decisione che attribuiva al ricorrente una pensione), l’Austria non era uno Stato membro e la direttiva 2000/78 non era ancora stata adottata. Inoltre, il governo austriaco sostiene – senza essere in ciò contraddetto dal ricorrente – che la decisione disciplinare, al momento della sua adozione nel 1974, era compatibile con il diritto nazionale.

102. Quindi nel caso di specie non vi sono circostanze eccezionali atte a giustificare la riapertura di decisioni amministrative divenute definitive, e tanto meno elementi che possano giustificare una regola più generale e ampia sull’applicazione temporale del diritto dell’Unione al fine di raggiungere il medesimo scopo.

5.      Applicazione al caso concreto

103. Le conclusioni principali che possono trarsi dalle diverse linee giurisprudenziali sopra esposte sono le seguenti.

104. Innanzi tutto, la giurisprudenza della Corte sugli effetti temporali di una nuova legge e sui diritti pensionistici è molto incentrata su situazioni in cui il diritto alla pensione era stato riconosciuto dopo l’entrata in vigore della nuova legge.

105. In secondo luogo, la giurisprudenza su rapporti (di lavoro) in corso e sull’adeguamento di scatti salariali e di retribuzioni mensili non può essere estesa all’erogazione delle pensioni, calcolate e già versate (molto) prima dell’entrata in vigore della nuova legge.

106. In terzo luogo, la proposta di ampia portata secondo la quale i perduranti effetti, sull’erogazione della pensione, di decisioni amministrative divenute definitive prima dell’entrata in vigore della nuova legge dovrebbero essere riesaminati tenendo conto del modo in cui la nuova legge sarebbe stata applicata, non trova solido riscontro nella giurisprudenza della Corte. Inoltre, tale tesi è contraria alla giurisprudenza consolidata della Corte sull’intangibilità del giudicato.

107. Ho già cercato di distinguere il caso di specie e di spiegare i motivi per cui esso non rientra in nessuna delle categorie illustrate in ognuna delle precedenti sezioni. In sostanza, a mio parere, nel caso di specie il collocamento obbligatorio a riposo e la riduzione dei diritti pensionistici erano già divenuti una «situazione definitivamente acquisita» ai sensi della giurisprudenza sopra citata al paragrafo 46, prima che terminasse il periodo transitorio della direttiva 2000/78. L’erogazione in corso di una pensione al ricorrente non può essere considerata come «effetti futuri» di una situazione sorta prima di tale direttiva – nel senso di cui alla giurisprudenza della Corte – con la conseguenza che tali effetti andrebbero preclusi o modificati.

108. La decisione disciplinare era già stata impugnata infruttuosamente negli anni ’70. Le questioni giuridiche relative allo status del ricorrente come dipendente delle forze di polizia in pensione e la riduzione della sua pensione erano state decise al tempo. Il ricorrente ha iniziato a percepire la pensione nel 1976. Dopo la scadenza del termine per il recepimento della direttiva 2000/78 non è stata adottata alcuna nuova decisione, né avrebbe dovuto esserlo.

109. Inoltre, nel caso di specie tutti i fatti rilevanti su cui si è fondata la decisione disciplinare sono risalenti agli anni ’70. Pertanto, a differenza del caso di cui alla sentenza Römer, non ci sono fatti attuali relativi all’attuale situazione personale del ricorrente passibili di riesame alla luce della direttiva 2000/78.

110. Non ritengo che cause quali Brock e P. possano essere invocate a sostegno della tesi generica che ci sia un diritto alla revisione degli importi della pensione, fondato sull’applicazione retroattiva di nuove norme a una precedente decisione avente effetti sul diritto a tali importi e sul loro ammontare. Inoltre, a mio parere, i casi di cui alle sentenze Brock e P. sono molto diversi dal caso di specie. In entrambi i casi la preesistente decisione amministrativa era stata adottata in forza di una serie di condizioni alquanto specifiche e oggettive relative al diritto alla pensione e all’importo della stessa. Successive modifiche legislative hanno modificato tali condizioni. Ciò si differenzia dal caso di specie, in cui di fatto si propone di riaprire un procedimento disciplinare risalente a 40 anni prima alla luce di nuove norme antidiscriminatorie, nonché di valutare qualitativamente se e in che modo tale decisione sarebbe stata diversa.

111. Nelle sue osservazioni il ricorrente ha insistito sulla natura «perdurante» della discriminazione sotto forma di versamenti mensili di importo ridotto. Tuttavia, dall’illustrazione delle cause relative a rapporti giuridici in corso e alla necessità del loro graduale adeguamento alla luce delle nuove norme, come nelle cause Österreichischer Gewerkschaftsbund o Römer, risulta chiaramente che il mero fatto di percepire pagamenti mensili sulla base di decisioni definitive del 1975 e del 1976 non richiede una nuova valutazione di alcun fatto rilevante.

112. Ciò che in effetti è richiesto nel caso di specie è una nuova valutazione di una sottostante decisione disciplinare definitiva, che applichi nuovi criteri antidiscriminatori al fine di determinare le ripercussioni sui pagamenti mensili della pensione. La vera natura della richiesta avanzata è forse resa nella maniera più esatta dal termine tedesco usato nell’ultima frase della prima questione pregiudiziale presentata dal giudice del rinvio, che fa riferimento all’adozione di un nuovo tipo di decisione «gedachte», che, se fosse stata emanata quando la direttiva 2000/78 era già vigente, sarebbe risultata in contrasto con la stessa. Il termine «gedachte» può effettivamente essere tradotto con «ipotetica», ma il suo vero significato nel presente contesto è piuttosto (interamente) «immaginaria».

113. A mio parere, in un caso come quello di specie, il diritto dell’Unione chiaramente non attribuisce ai singoli un diritto a richiedere un riesame, alla luce di una nuova normativa, di decisioni amministrative adottate nei loro confronti durante tutta la loro vita e che hanno avuto o possono avere avuto un impatto negativo sulle loro pensioni (o altre prestazioni). Semplicemente, una proposta di così ampia portata non trova alcun fondamento nel diritto dell’Unione.

114. Infine, per dare piena considerazione agli argomenti avanzati dal ricorrente, occorre rilevare che, nelle sue osservazioni, c’è un argomento morale molto più profondo, che è in parte connesso e in parte autonomo rispetto all’argomento «tecnico» relativo all’applicazione temporale delle nuove norme. Se lo si considera separatamente, come infatti suggerito in udienza dal ricorrente, tale argomento morale diventa ampiamente indipendente da qualsivoglia riesame di una decisione disciplinare del 1975. Pertanto, quello che si contesterebbe all’Austria non è l’omesso riesame del passato, ma l’omessa proattiva compensazione in prospettiva per gli errori del passato, dopo il 2003, quando la direttiva 2000/78 era già in vigore e la Corte EDU aveva già pronunciato delle sentenze contro l’Austria (54).

115. Al riguardo, mi limiterei a ribadire che non vedo alcun obbligo siffatto sulla base del diritto dell’Unione. Lo stesso articolo 17 della direttiva 2000/78, che richiede agli Stati membri di adottare sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, è logicamente collegato all’applicabilità ratione temporis della stessa direttiva.

116. Inoltre, una decisione amministrativa è adottata nel contesto specifico esistente al momento della sua adozione. Il contesto penale, disciplinare e morale in Austria, così come altrove in Europa, si è modificato significativamente dal 1975. Quindi, ad esempio, ora in Austria si irrogano sanzioni disciplinari solo a dipendenti delle forze di polizia il cui comportamento lede la fiducia pubblica nella polizia. Ciò nonostante, una condanna penale porterà a un automatico licenziamento, da quello che comprendo senza alcun diritto alla pensione. Oggi in Austria l’età del consenso è di 14 anni, sia per i rapporti omosessuali che eterosessuali. Tuttavia sono anche previste eccezioni esplicite per minori di età inferiore ai 16 anni che non sono considerati sufficientemente maturi.

117. In sintesi, il senso morale è un bersaglio mobile. Inoltre, spesso gli argomenti morali sono un’arma a doppio taglio. In casi che presentano fatti complessi e richiedono molteplici valutazioni di ordine morale, come nel caso di specie, essi possono tagliare su entrambi i lati. Pertanto, a parte situazioni estreme di disprezzo ovvio e spudorato di valori umani fondamentali, per cui si potrebbe affermare che esista l’obbligo morale di rimediare a errori del passato indipendentemente da considerazioni di ordine temporale (55), le società e le sue leggi dovrebbero potersi evolvere gradualmente, con il passato che resta tale.

6.      Conclusione sulla questione 1

118. In considerazione di quanto precede propongo alla Corte di rispondere alla prima questione pregiudiziale come segue:

L’articolo 2 della direttiva 2000/78 non osta alla conservazione degli effetti costitutivi di una decisione amministrativa divenuta definitiva ai sensi del diritto nazionale ed emanata nel settore della normativa disciplinare riguardante i dipendenti pubblici (decisione disciplinare), con la quale sia stato disposto il collocamento a riposo del dipendente con riduzione dell’importo della pensione, allorché

–        con riguardo alla menzionata decisione amministrativa, al momento della sua emanazione, non fossero ancora in vigore disposizioni di diritto dell’Unione, in particolare la direttiva, laddove

–        una (ipotetica) decisione del medesimo tenore risulterebbe in contrasto con la direttiva, qualora la sua emanazione ricadesse ratione temporis nella sfera di applicazione della medesima.

B.      Questioni 2 e 3

119. Tenuto conto della risposta proposta alla prima questione del giudice del rinvio, non è necessario rispondere alla seconda e alla terza questione. Tuttavia tratterò brevemente tali questioni qui di seguito, nell’eventualità che la Corte arrivi a una diversa conclusione.

120. Qualora la Corte decidesse che gli effetti di una decisione disciplinare discriminatoria non possono essere conservati, la domanda centrale sarebbe allora cosa comporti «non conservare tali effetti» in un caso quale quello di specie.

121. A meno che la risposta a tale domanda dovesse essere disgiunta dalle decisioni emanate negli anni ’70 e consista nell’affermare, analogamente a quanto è stato appena discusso, un obbligo di compensazione proattivo e in prospettiva (presumibilmente con somme forfettarie), il giudice nazionale dovrebbe considerare il contenuto della decisione disciplinare per vedere se fosse stata adottata in conformità alla direttiva 2000/78, e la data a partire dalla quale tale nuova decisione immaginaria sarebbe applicabile. In prosieguo farò riferimento a tale approccio chiamandolo l’approccio «e se?».

122. A mio parere, la ricostruzione di una decisione risalente a 40 anni prima e dei suoi effetti è estremamente problematica. Tuttavia, il giudice del rinvio è alquanto specifico nel delineare, nelle questioni 2 e 3, particolari «ipotesi» nell’ambito di tale operazione di finzione giuridica. Ne consegue che, salvo che la Corte decida semplicemente che «gli effetti non possono essere conservati» e lasci al giudice nazionale il compito di decidere come identificare e «neutralizzare» tali effetti, la Corte ne diventerà inevitabilmente coautrice. Qui di seguito formulerò alcune considerazione su ciò a cui tali ipotesi potrebbero condurre.

1.      Questione 2

123. La decisione disciplinare ha collocato il ricorrente anticipatamente a riposo e ha ridotto i suoi diritti pensionistici del 25%. Con la sua seconda questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se, per eliminare la discriminazione insita nella decisione amministrativa, sia sufficiente annullare la riduzione della pensione del 25% o se la pensione vada calcolata come se il ricorrente fosse stato in attività nel periodo successivo al suo collocamento obbligatorio a riposo. È sarebbe sufficiente neutralizzare gli effetti futuri della riduzione del 25%, o è altresì necessario neutralizzare gli effetti futuri del collocamento obbligatorio a riposo anticipato?

124. Nelle sue osservazioni il ricorrente sostiene che la riduzione del 25% andrebbe eliminata in toto e che i suoi diritti pensionistici andrebbero calcolati come se egli fosse stato in attività nelle forze di polizia nel periodo intercorso. In altre parole, così si creerebbe la situazione che sarebbe esistita se la decisione disciplinare non fosse stata affatto emanata (o se non fosse stata irrogata alcuna sanzione).

125. La Commissione sostiene un approccio «e se?» solo in relazione alla riduzione del 25%, in quanto riconosce che anche in assenza di un pregiudizio omossessuale vi sarebbe probabilmente stata una riduzione della pensione del ricorrente per sanzionare la sua condotta. Di contro, la Commissione considera inappropriato adottare un approccio «e se?» per il collocamento a riposo stesso. La riduzione della pensione derivante dal collocamento a riposo anticipato non è, di fatto, un «effetto futuro» di una situazione sorta nel passato e a cui vanno applicate nuove norme. A parere della Commissione, gli effetti giuridici del collocamento a riposo si sono esauriti al termine del rapporto di lavoro. Per tale ragione gli effetti consistenti in un’assenza di aumento dei diritti pensionistici, risultante dal pensionamento anticipato, possono essere conservati.

126. Formulo le seguenti osservazioni.

127. Se nel 1975 la decisione disciplinare fosse stata adottata in un modo che fosse compatibile con il divieto di discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale introdotto nel 2000, non è chiaro se il ricorrente sarebbe stato affatto collocato obbligatoriamente a riposo. In effetti, la natura «incomparabilmente più mite» (56) della sanzione a cui ha fatto riferimento il giudice del rinvio potrebbe anche essere intesa nel senso che il ricorrente non sarebbe stato obbligatoriamente collocato a riposo.

128. Se così fosse, allora, conformemente alla risposta data alla prima questione, gli «effetti futuri del collocamento obbligatorio a riposo anticipato» non potrebbero essere mantenuti. Tali effetti includono sicuramente il fatto che il ricorrente non prestava più servizio nelle forze di polizia, non maturava più diritti pensionistici e non beneficiava di quegli «anni persi» ai fini del calcolo della sua pensione. In tal senso, gli effetti di quella sanzione sono effettivamente «perduranti». Pertanto, per neutralizzare gli effetti futuri di un anticipato collocamento obbligatorio a riposo occorre tenere conto (in qualche modo) di quegli anni persi.

129. La Commissione è contraria a tale conclusione. Essa considera che gli effetti che danno luogo alla mancata maggiorazione dei diritti pensionistici, derivanti dal collocamento a riposo anticipato, possono essere conservati.

130. Ammetto di trovare il ragionamento della Commissione su tale punto inconciliabile con la sua posizione secondo cui la riduzione del 25% imposta dalla decisione disciplinare costituisce «effetti futuri» nel senso sopra illustrato. Entrambe le sanzioni – il collocamento obbligatorio a riposo e la riduzione del 25% – sono state irrogate sulla base della stessa serie di fatti e della stessa decisione disciplinare. In entrambi i casi la questione di principio verte su quali sarebbero stati gli effetti della decisione disciplinare se questa fosse stata emanata compatibilmente con la direttiva 2000/78.

131. In effetti, se si accogliesse la distinzione operata dalla Commissione tra i diversi effetti, ne deriverebbe implicitamente che il ricorrente avrebbe effettivamente potuto essere licenziato e non avrebbe avuto a disposizione alcun mezzo di ricorso. A differenza del collocamento a riposo, un licenziamento tout court avrebbe, in linea di principio, comportato la risoluzione del rapporto giuridico senza alcun effetto perdurante sotto forma di erogazione della pensione.

132. Alla luce di quanto sopra, se la Corte concludesse che gli effetti della decisione disciplinare discriminatoria non possono essere mantenuti e venisse adottato l’approccio «e se?», tale approccio dovrebbe contemplare una storia alternativa nella quale il ricorrente non va in pensione nonché una in cui non si applica (del tutto) il 25% di riduzione alla pensione del ricorrente.

133. Rilevo che una siffatta conclusione solleverebbe inevitabilmente una serie di ulteriori questioni spinose. Al fine di neutralizzare gli «effetti futuri» del collocamento obbligatorio a riposo avvenuto nel 1976, si dovrebbe presumere che il ricorrente abbia prestato servizio per tutti gli anni intercorsi a partire dal 1976 o per tutti gli anni a partire dal termine per il recepimento della direttiva 2000/78? Un aumento corrispondente della pensione andrebbe compensato con la pensione derivante da altre prestazioni di lavoro svolte del ricorrente in quegli anni? (57) Ogni aumento della pensione corrispondente dovrebbe essere compensato con la pensione già percepita dal ricorrente da parte delle forze di polizia a partire dalla data del suo collocamento obbligatorio a riposo (che non avrebbe ovviamente percepito se avesse continuato a prestare servizio)? (58)

134. Infine, per quanto riguarda specificamente la riduzione del 25%, la seconda questione sollevata dal giudice del rinvio premette implicitamente che tale riduzione sia interamente una conseguenza della natura discriminatoria della decisione.

135. Tuttavia, «e se?» dovrebbe davvero significare «e se?». Quindi, occorre prendere in considerazione la possibilità che, anche in assenza di una condanna penale, il ricorrente sarebbe stato comunque sanzionato in ambito disciplinare sulla base della stessa serie di fatti (59) e che la pensione del ricorrente sarebbe stata comunque ridotta, ma di meno del 25%. Questo è di fatto l’approccio adottato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte. Quindi, se in assenza di discriminazione la pensione del ricorrente sarebbe stata comunque ridotta, ma, ad esempio, del 5 o del 10%, allora gli effetti di detta riduzione del 5 o del 10% dovrebbero essere mantenuti.

136. Pertanto, se si accogliesse l’approccio «e se?» relativamente alla riduzione del 25%, concordo con la Commissione sul fatto che la finzione debba essere portata alla sue logiche conseguenze. Ancora una volta, in che modo esattamente la decisione disciplinare sarebbe stata diversa se fosse stata adottata evitando alcuna discriminazione, sarebbe effettivamente una questione (decisamente piuttosto ardua) di competenza del giudice nazionale.

2.      Questione 3

137. Con la sua terza questione il giudice del rinvio chiede se la risposta alla seconda questione dipenda dal fatto che la persona abbia attivamente cercato o meno di lavorare nel pubblico impiego federale prima di raggiungere l’età pensionabile.

138. Devo ammettere che, alla luce dei fatti di cui alla controversia principale, la rilevanza di una questione del genere mi lascia perplesso. Tuttavia, poiché ci stiamo già occupando degli scenari «e se?», è piuttosto difficile affermare che una siffatta questione sia ipotetica.

139. Nella fattispecie i fatti non dicono se il ricorrente abbia effettivamente cercato o meno di (ri)assumere una funzione nel pubblico impiego federale. Forse è ragionevole presumere che se una persona è stata licenziata da tale servizio in circostanze quali quelle di cui alla controversia principale, il tentativo di rientrare nello stesso servizio sarebbe alquanto vano (ammesso che ciò sia giuridicamente possibile). Se questo è vero e il ricorrente non ha cercato in seguito di riassumere una funzione nel pubblico impiego federale, quali conclusioni si possono trarre? Il ricorrente potrebbe essere rimproverato per non averlo fatto? Potrebbe per questo subire in seguito un potenziale svantaggio?

140. Tuttavia, per ciò che vale, come già rilevato al paragrafo 133, per quanto occorra neutralizzare gli effetti di un anticipato collocamento obbligatorio a riposo, ciò solleva una serie di questioni relative a come trattare il periodo intermedio. A mio parere andrebbe lasciato al giudice nazionale, che provvederà ad una ricostruzione alternativa, il compito di stabilire quali particolari dettagli tenere in considerazione, al fine di trovare un equilibrio tra, da un lato, l’ignorare completamente tali anni intermedi e, dall’altro, tenerne conto per intero come se il ricorrente avesse prestato servizio nel settore pubblico durante quel periodo.

C.      Questioni 4 e 5

141. Tenuto conto della risposta proposta alla prima questione del giudice del rinvio, non è necessario rispondere alla quarta e alla quinta questione. Tuttavia aggiungerò alcune proposte, nell’eventualità che la Corte arrivi a una diversa conclusione.

142. Con la sua quarta e quinta questione, il giudice del rinvio chiede da quale momento debba avere effetto un’eventuale eliminazione (parziale) della riduzione del 25%. Tali questioni si limitano al momento a partire dal quale gli effetti della riduzione del 25% devono essere neutralizzati e non riguardano gli effetti del collocamento obbligatorio a riposo anticipato. Ciò nonostante, come già menzionato al paragrafo 133, ritengo che applicare un approccio diverso agli effetti futuri della riduzione del 25% e agli effetti futuri del collocamento obbligatorio a riposo sollevi problemi d’incoerenza.

143. A mio parere, la risposta a tale domanda discende dalla giurisprudenza riassunta sopra ai paragrafi 44 e seguenti. Nonostante il già discusso possibile approccio di ampia portata applicato all’eliminazione di effetti futuri, si spera che l’applicazione della direttiva 2000/78 sarebbe ancora soggetta al principio d’irretroattività. Pertanto, indipendentemente dalla risposta alla prima questione del giudice del rinvio, si può comunque usare come base per sostenere che gli effetti della riduzione del 25% devono essere neutralizzati a partire dalla scadenza del termine per il recepimento della direttiva, e non prima.

D.      Discriminazione fondata sul sesso

1.      Ambito di applicazione delle questioni pregiudiziali

144. Infine, nelle sue osservazioni scritte, il ricorrente ha sostenuto che (anche) la sanzione irrogata dalla decisione disciplinare costituiva una discriminazione fondata sul sesso, contraria all’articolo 157 TFUE (già articolo 119 CEE e poi articolo 141 CE). Secondo il ricorrente, tale disposizione, entrata in vigore per la prima volta nel 1979, può quindi essere invocata per precludere gli effetti futuri della decisione disciplinare in maniera simile a quella prevista dal giudice nazionale nella sua prima questione pregiudiziale in relazione alla direttiva 2000/78. Tuttavia, ciò avverrebbe a partire da una data di molto anteriore.

145. A tal riguardo formulerei le seguenti osservazioni.

146. Il giudice nazionale non fa riferimento all’articolo 157 TFUE (o alle disposizioni che lo hanno preceduto). Di fatto, il ricorrente è il solo a sollevare tale argomento nelle sue osservazioni scritte. Si potrebbe sostenere che trattare l’applicabilità dell’articolo 157 TFUE risulterebbe utile al giudice nazionale. Tuttavia a mio parere la Corte non dovrebbe farlo, in particolare per le seguenti ragioni.

147. Innanzi tutto, manca del tutto qualsiasi riferimento a tale disposizione sia nelle questioni del giudice del rinvio che più in generale nella decisione di rinvio. A mio parere il giudice del rinvio l’avrebbe quanto meno menzionata se l’avesse considerata rilevante. Ci potrebbero essere varie ragioni per una tale omissione e sarebbe sbagliato supporre che una tale assenza di riferimento sia una «svista». La questione qui non è di sapere se la Corte debba illustrare i dettagli e la rilevanza di un’oscura normativa tecnica che potrebbe essere stata trascurata. L’articolo 157 TFUE è un’importante disposizione del Trattato. Piuttosto, poiché gli argomenti relativi all’articolo 157 TFUE sono di fatto centrali nelle osservazioni scritte del ricorrente, è ugualmente plausibile che il ricorrente abbia chiesto al giudice nazionale di sottoporre alla Corte questioni relative a detta disposizione, ma che tale richiesta non sia stata accolta.

148. In secondo luogo, l’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte di giustizia richiede che la domanda di pronuncia pregiudiziale includa, inter alia, i fatti rilevanti, il diritto nazionale e i motivi che hanno indotto il giudice nazionale a sottoporre le questione di cui trattasi alla Corte. Nel caso di specie, il giudice nazionale ha redatto la decisione di rinvio senza menzionare l’articolo 157 TFUE (o le disposizioni che lo hanno preceduto) né ha indicato fatti o disposizioni nazionali potenzialmente rilevanti in relazione a tale articolo. In tali circostanze, a mio parere, ignorare tali omissioni e, su istanza di una delle parti, fornire proattivamente indicazioni su una questione che non è stata sollevata non sarebbe conforme alla giurisprudenza (60) relativa all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte.

149. Ciò nonostante formulerò alcune brevi osservazioni nella sezione che segue, nell’eventualità che la Corte decida di trattare gli argomenti sollevati dal ricorrente in relazione all’articolo 157 TFUE.

2.      Articolo 157 TFUE

150. Nella risposta da me suggerita alla prima questione ho spiegato perché la direttiva 2000/78 non osta alla conservazione degli effetti della decisione disciplinare. Tale decisione non rientrava nell’ambito di applicazione temporale della direttiva. La direttiva non può essere usata per tornare sopra tale decisione per neutralizzarne alcuni effetti. Tali argomenti si applicano mutatis mutandis all’articolo 157 TFUE.

151. Qualora la Corte giungesse a una diversa conclusione, spetterebbe al giudice nazionale il compito di stabilire l’esistenza potenziale di una siffatta discriminazione. Tuttavia, a mio parere, l’argomento principale consiste nel fatto che gli omosessuali di sesso maschile erano trattati in maniera più sfavorevole rispetto agli omosessuali di sesso femminile (61). Il ricorrente ha suggerito che una dipendente delle forze di polizia di sesso femminile che compieva atti omosessuali con una persona minorenne di età superiore ai 14 anni non era soggetta ad alcuna sanzione disciplinare (o ne avrebbe ricevuta una più mite) rispetto a un dipendente delle forze di polizia di sesso maschile coinvolto in atti paragonabili.

152. Ammesso che tale argomento sia conforme ai fatti (alla luce della prassi disciplinare vigente nelle forze di polizia austriache negli anni ’70) – il che andrebbe accertato dal giudice nazionale –, l’articolo 157 TFUE vieta discriminazioni fondate sul sesso in relazione alla «retribuzione». Secondo una giurisprudenza consolidata, la «retribuzione» in tal senso non include i versamenti fatti sulla base di regimi di previdenza sociale previsti per legge, piuttosto classificati come prestazioni previdenziali (62). In udienza il governo austriaco ha dichiarato che nel caso di specie il regime pensionistico è previsto per legge. Anche la verifica di tale aspetto (nel senso di cui alla giurisprudenza della Corte (63)) sarebbe di competenza del giudice nazionale. Tuttavia, sulla base della dichiarazione del governo austriaco su tale punto, in linea di principio tali tipi di erogazioni non rientrerebbero nell’ambito di applicazione dell’articolo 157 TFUE, con ciò rendendo tale disposizione inapplicabile al caso di specie.

153. Tuttavia, se così non fosse, l’applicazione ratione temporis dell’articolo 157 TFUE (e delle disposizioni che lo hanno preceduto) andrebbe presa in considerazione. Al riguardo richiamo le mie osservazioni sulle questioni 4 e 5 che si applicano mutatis mutandis. Inoltre, conformemente alle sentenze Barber (64) e Ten Oever (65), «la diretta efficacia dell’art. 119 del Trattato può essere fatta valere, per esigere la parità di trattamento in materia di pensioni erogate da regimi convenzionali privati, soltanto con riferimento alle prestazioni dovute per i periodi lavorativi successivi al 17 maggio 1990 [data della sentenza Barber], fatta salva l’eccezione prevista per i lavoratori o per i loro aventi causa che abbiano, prima di tale data, esperito un’azione in giudizio o proposto un reclamo equivalente a norma del diritto nazionale» (66).

154. Dai fatti illustrati nella domanda pregiudiziale emerge tuttavia che nessuno dei rilevanti periodi lavorativi è successivo al 17 maggio 1990.

V.      Conclusione

155. Propongo che la Corte risponda alla prima questione sottoposta dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria) come segue:

L’articolo 2 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro non osta alla conservazione degli effetti costitutivi di una decisione amministrativa divenuta definitiva ai sensi del diritto nazionale ed emanata nel settore della normativa disciplinare riguardante i dipendenti pubblici (decisione disciplinare), con la quale sia stato disposto il collocamento obbligatorio a riposo del dipendente con riduzione dell’importo della pensione, allorché

–        la menzionata decisione amministrativa, al momento della sua emanazione, non era ancora soggetta alle disposizioni di diritto dell’Unione, in particolare alla direttiva 2000/78, laddove

–        una (ipotetica) decisione del medesimo tenore risulterebbe in contrasto con la direttiva 2000/78, qualora la sua emanazione ricadesse ratione temporis nella sfera di applicazione della medesima.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16).


3      Sentenza del VfGH del 21 giugno 2002, G 6/02 ECLI:AT:VFGH:2002:G6.2002.


4      Corte EDU, sentenza del 9 gennaio 2003, L. e V. c. Austria, CE:ECHR:2003:0109JUD003939298; v. anche sentenze del 9 gennaio 2003, S.L. c. Austria, CE:ECHR:2003:0109JUD004533099; e del 21 ottobre 2004, Woditschka e Wilfling c. Austria, CE:ECHR:2004:1021JUD006975601.


5      Articolo 24 DP, citato supra al paragrafo 16 delle presenti conclusioni.


6      Aggiungendo che, ai sensi della normativa nazionale vigente, una condanna penale definitiva nei confronti di un dipendente pubblico ha come effetto automatico il licenziamento ex lege, senza che occorra adottare una decisione disciplinare al riguardo.


7      Come già implicitamente inteso nella formulazione dell’articolo 87 DP allora vigente (v. supra al paragrafo 16).


8      V. ad esempio sentenze del 16 maggio 1979, Tomadini, 84/78, EU:C:1979:129, punto 21, e del 6 ottobre 2015, Commissione/Andersen, C‑303/13 P, EU:C:2015:647, punto 49.


9      Sentenza del 6 ottobre 2015, Commissione/Andersen, C‑303/13 P, EU:C:2015:647, punto 50.


10      Sentenza del 26 marzo 2015, Commissione/Moravia Gas Storage, C‑596/13 P, EU:C:2015:203, punto 32.


11      Si tratta di un caso diverso solo in ordine di scala, non di principio (in quanto riguarda l’intero ordinamento giuridico se effettivamente «modificato»).


12      V., ad esempio, sentenze del 14 giugno 2007, Telefónica O2 Czech, C‑64/06, EU:C:2007:348 (procedimento dinanzi all’autorità in corso alla data dell’adesione, decisione successiva all’adesione); del 22 dicembre 2010, Bezpečnostní softwarová asociace, C‑393/09, EU:C:2010:816, punti 22 e 27 (richiesta di autorizzazione anteriore all’adesione, nuova decisione adottata dopo l’adesione); del 24 novembre 2011, Circul Globus Bucureşti, C‑283/10, EU:C:2011:772, punto 29 (contratto di licenza anteriore all’adesione, asserita violazione di diritti di proprietà intellettuale successiva all’adesione); del 12 settembre 2013, Kuso, C‑614/11, EU:C:2013:544, punto 30 (contratto di lavoro anteriore all’adesione, pensionamento dopo l’adesione); e del 3 settembre 2014, X, C‑318/13, EU:C:2014:2133, punti 21 e 24 (incidente di lavoro anteriore all’adesione, impugnazione del relativo atto giuridico successivamente all’adesione).


13      Sentenza del 10 gennaio 2006, Ynos, C‑302/04, EU:C:2006:9.


14      Sentenza del 15 dicembre 2016, Nemec, C‑256/15, EU:C:2016:954.


15      Sentenza del 29 aprile 1999, Ciola, C‑224/97, EU:C:1999:212.


16      Sentenza del 29 aprile 1999, Ciola, C‑224/97, EU:C:1999:212, punti 3 e 4.


17      Conclusioni dell’avvocato generale Mischo nella causa Ciola, C‑224/97, EU:C:1998:598, paragrafo 5.


18      Sentenza del 29 aprile 1999, Ciola, C‑224/97, EU:C:1999:212, punto 8; conclusioni dell’avvocato generale Mischo nella causa Ciola, C‑224/97, EU:C:1998:598, paragrafo 6.


19      Sentenza del 29 aprile 1999, Ciola, C‑224/97, EU:C:1999:212, punti 25 e 34, il corsivo è mio. V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Mischo nella causa Ciola, C‑224/97, EU:C:1998:598, paragrafi da 40 a 43.


20      Sentenze del 1o aprile 2008, Maruko, C‑267/06, EU:C:2008:179, e del 10 maggio 2011, Römer, C‑147/08, EU:C:2011:286. Alcuni regimi pensionistici sono però esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva 2000/78 dall’articolo 3, paragrafo 3, della stessa.


21      Sentenze del 10 giugno 2010, Bruno e a., C‑395/08 e C‑396/08, EU:C:2010:329, e del 1o marzo 2012, O’Brien, C‑393/10, EU:C:2012:110.


22      Direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES – Allegato: Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale (GU 1998, L 14, pag. 9).


23      Sentenza del 10 giugno 2010, Bruno e a., C‑395/08 e C‑396/08, EU:C:2010:329, punto 55, e del 1o marzo 2012, O’Brien, C‑393/10, EU:C:2012:110, punti 24 e 25.


24      Nel caso di cui alla sentenza O’Brien, nel 2005. Per quanto riguarda la causa Bruno, la Corte non lo conferma in maniera esplicita, ma il fatto che nessuno tra i ricorrenti fosse andato in pensione risulta implicitamente dal punto 12 della sentenza. Nelle sue conclusioni nella causa Bruno, l’avvocato generale Sharpston ha affermato che: «La direttiva 97/81 disciplina pertanto il calcolo delle settimane utili ai fini dell’accesso al regime pensionistico di cui trattasi nella controversia principale, nella misura in cui nessuno dei ricorrenti sia andato definitivamente in pensione prima dell’entrata in vigore della direttiva. Spetta al giudice del rinvio verificare tale circostanza». Conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nelle cause riunite Bruno e a., C‑395/08 e C‑396/08, EU:C:2010:28, paragrafo 40. Il corsivo è mio.


25      Sentenza del 17 maggio 1990, Barber, C‑262/88, EU:C:1990:209.


26      Sentenza del 6 ottobre 1993, Ten Oever, C‑109/91, EU:C:1993:833.


27      Nella sentenze Ten Oever, l’asserito diritto alla pensione di reversibilità era sorto in seguito alla morte del coniuge nel 1988. Il sig. Barber era stato licenziato nel 1980.


28      Sentenza del 1o aprile 2008, Maruko, C‑267/06, EU:C:2008:179.


29      Sentenza del 6 ottobre 1993, Ten Oever, C‑109/91, EU:C:1993:833.


30      Sentenza del 1o aprile 2008, Maruko, C‑267/06, EU:C:2008:179, punto 21.


31      Sentenze del 7 febbraio 2002, Kauer, C‑28/00, EU:C:2002:82, e del 18 aprile 2002, Duchon, C‑290/00, EU:C:2002:234.


32      Il dispositivo di tale decisione è riprodotto supra al paragrafo 19.


33      V. supra paragrafi 21 e 22.


34      Sentenza del 10 maggio 2011, Römer, causa C‑147/08, EU:C:2011:286.


35      Ossia, nello specifico, la categoria tributaria della remunerazione figurativa netta usata per il calcolo della pensione.


36      Sentenza del 10 maggio 2011, Römer, causa C‑147/08, EU:C:2011:286, punto 19.


37      Sentenza del 5 febbraio 1981, P./Commissione, 40/79, EU:C:1981:32.


38      Essenzialmente era stata rimossa la condizione che il defunto fosse il solo colpevole per sostituirla con la nuova condizione che il superstite non fosse il solo colpevole.


39      Sentenza del 14 aprile 1970, Brock, 68/69, EU:C:1970:24.


40      Direttiva del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6, pag. 24).


41      Sentenza del 24 giugno 1987, Borrie Clarke, 384/85, EU:C:1987:309.


42      Sentenza del 24 giugno 1987, Borrie Clarke, 384/85, EU:C:1987:309, punto 12.


43      V., ad esempio, sentenza dell’8 marzo 1988, Dik e a.,80/87, EU:C:1988:133.


44      Sentenza del 30 novembre 2000, Österreichischer Gewerkschaftsbund, C‑195/98, EU:C:2000:655.


45      Sentenza del 30 novembre 2000, Österreichischer Gewerkschaftsbund, C‑195/98, EU:C:2000:655.


46      V., ad esempio, sentenze del 30 settembre 2003, Köbler, C‑224/01, EU:C:2003:513; del 26 ottobre 2006, Commissione/Italia, C‑371/04, EU:C:2006:668; e del 18 giugno 2009, Hütter, C‑88/08, EU:C:2009:381.


47      Sentenze del 18 giugno 2009, Hütter, C‑88/08, EU:C:2009:381; del 28 gennaio 2015, Starjakob, C‑417/13, EU:C:2015:38; e del 14 marzo 2018, Stollwitzer, C‑482/16, EU:C:2018:180.


48      Sempre in base alle regole generali secondo le quali, nell’ambito di rapporti giuridici in corso, come ad esempio di contratti conclusi sotto il regime giuridico precedente, il contenuto specifico di diritti e obblighi reciproci andrà modificato in prospettiva per essere conforme alla nuova legge; v., ad esempio, anche le mie conclusioni in Nemec, C‑256/15, EU:C:2016:619, paragrafo 41.


49      Supra, ai paragrafi da 67 a 74.


50      La decisione di rinvio spiega che tecnicamente il rapporto d’impiego di dipendente in servizio si è trasformato in rapporto d’impiego di dipendente in pensione. Il punto è che il pubblico dipendente non è più in servizio.


51      V., ad esempio, sentenza dell’11 novembre 2015, Klausner Holz Niedersachsen, C‑505/14, EU:C:2015:742, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata.


52      Sentenze del 1o giugno 1999, Eco Swiss, C‑126/97, EU:C:1999:269, punti 46 e 47, e del 16 marzo 2006, Kapferer, C‑234/04, EU:C:2006:178, punto 21.


53      Siffatte circostanze eccezionali sono prese in considerazione nelle sentenze del 13 gennaio 2004, Kühne & Heitz, C‑453/00, EU:C:2004:17, punto 28, e del 18 luglio 2007, Lucchini, C‑119/05, EU:C:2007:434, punto 63.


54      Citate supra nella nota 4.


55      Che raggiungano un tale livello di tensione tra il senso di giustizia e la certezza del diritto, che quest’ultima deve lasciare il passo al primo e la legge (erronea) in questione dev’essere dichiarata ex post come non esistente – Gustav Radbruch, Gesetzliches Unrecht und übergesetzliches Recht. Süddeutsche Juristen-Zeitung, 1946, volume 1, n. 5, pagg. da 105 a 108.


56      Discussa supra al paragrafo 41.


57      Nelle osservazioni scritte e in udienza è stato confermato che il ricorrente, dopo aver lasciato le forze di polizia, è stato impiegato nel settore privato, per cui percepisce una pensione.


58      Come confermato in udienza, il ricorrente riceve una pensione dalle forze di polizia a partire dal suo collocamento obbligatorio a riposo nel 1976.


59      V. supra al paragrafo 42 e le osservazioni del governo austriaco secondo cui un dipendente delle forze di polizia che istighi minorenni ad avere rapporti sessuali sarebbe punibile nell’ambito di un procedimento disciplinare indipendentemente dall’orientamento sessuale dei soggetti coinvolti.


60      Da ultimo, v., ad esempio, ordinanze del 31 maggio 2018, Bán, C‑24/18, non pubblicata, EU:C:2018:376, punti 18 e segg.; del 7 giugno 2018, easyJet Airline, C‑241/18, non pubblicata, EU:C:2018:421, punti 12 e segg.; e del 7 giugno 2018, Filippi e a.,C‑589/16, EU:C:2018:417, punti 25 e segg..


61      V., a contrario, sentenza del 17 febbraio 1998, Grant, C‑249/96, EU:C:1998:63.


62      V. sentenza del 28 settembre 1994, Beune, C‑7/93, EU:C:1994:350, punti da 20 a 24 e la giurisprudenza ivi citata.


63      V., ad esempio, sentenze del 28 settembre 1994, Beune, C‑7/93, EU:C:1994:350, punti da 20 a 24 e la giurisprudenza ivi citata; e del 24 novembre 2016, Parris, C‑443/15, EU:C:2016:897, punti 34 e 35.


64      Sentenza del 17 maggio 1990, Barber, C‑262/88, EU:C:1990:209.


65      Sentenza del 6 ottobre 1993, Ten Oever, C‑109/91, EU:C:1993:833.


66      V. il dispositivo della sentenza del 6 ottobre 1993, Ten Oever, C‑109/91, EU:C:1993:833. Il corsivo è mio.