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Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE NICHOLAS

EMILIOU

presentate il 18 giugno 2024 (1)

Causa C-144/23

KUBERA, trgovanje s hrano in pijačo, d.o.o.

contro

Repubblica di Slovenia

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Vrhovno sodišče Republike Slovenije (Corte suprema, Slovenia)]

(Rinvio pregiudiziale – Articolo 267, terzo comma, TFUE – Obbligo di rinvio dei giudici nazionali di ultima istanza– Eccezioni a tale obbligo – giurisprudenza CILFIT – Meccanismi di filtraggio – Corte suprema di uno Stato membro – Autorizzazione a proporre un ricorso per revisione – Decisione di rigetto dell’istanza di autorizzazione a proporre un ricorso – Articolo 47 della Carta – Diritto ad un equo processo – Motivazione)






I.      Introduzione

1.        Le difficoltà riscontrate dagli organi giurisdizionali, sia a livello nazionale che internazionale, nel gestire in modo efficiente i propri fascicoli a causa dell'elevato numero di controversie cui sono investiti, non sono certamente un fenomeno recente. Per ovvie ragioni, tale problema è sempre stato avvertito maggiormente dai giudici che siedono al vertice del sistema giudiziario, ai quali è solitamente affidato il compito di assicurare la coerenza e l'accuratezza della giurisprudenza.(2)

2.        I rischi che possono derivare da un carico di lavoro eccessivo sono evidenti e, pertanto, meritano solamente un breve cenno: segnatamente, ritardi significativi nella trattazione delle cause, minore qualità delle decisioni giudiziarie, prolungato stato di incertezza giuridica e aumento delle spese di contenzioso per le persone coinvolte e, più indirettamente, per la società in generale.

3.        Uno dei meccanismi tradizionalmente utilizzati per consentire ai giudici supremi di mantenere il controllo sui propri fascicoli e limitare, dunque, i rischi di cui sopra, consiste nel conferire loro la facoltà di selezionare, in misura variabile, i casi (o, in alcuni ordinamenti, anche le questioni giuridiche) che intendono trattare e giudicare.(3) Una nota di ricerca redatta dalla Direzione della Ricerca e Documentazione della Corte di giustizia dell’Unione europea ad aprile 2013 ha mostrato che, negli ultimi decenni, è emersa una certa tendenza, tra gli Stati membri dell’Unione, ad istituire meccanismi di filtraggio dei ricorsi dinanzi ai giudici supremi. In effetti, alcune forme di meccanismi di filtraggio esistono ormai in diversi Stati membri.(4) Inoltre, nel 2019, lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»)(5) è stato modificato al fine di introdurre un meccanismo di filtraggio per le impugnazioni relative alle decisioni di alcune agenzie e uffici dell’Unione. (6)

4.        Tuttavia, tale nota mostra anche che, in alcuni Stati membri, l'introduzione di simili meccanismi è stata ritenuta problematica (o direttamente respinta) poiché, sebbene possano essere di aiuto ai giudici nazionali per gestire i propri fascicoli in modo più efficace, tali meccanismi hanno altresì l'effetto di limitare l'accesso alla giustizia per taluni soggetti. Ciò potrebbe, di conseguenza, entrare in contrasto con il diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo, così come riconosciuto dalla normativa nazionale in materia, dall'articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (in prosieguo: la «CEDU») e, da ultimo, ma non per importanza, dall'articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: «la Carta»).

5.        La presente causa pone in primo piano un aspetto piuttosto specifico a riguardo. Infatti, si chiede alla Corte se e, in caso affermativo, a quali condizioni, l'esistenza di meccanismi di filtraggio a livello nazionale possa conciliarsi con l'obbligo in capo ai giudici nazionali di ultima istanza, ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, di effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte quando viene sollevata una questione di interpretazione del diritto dell'Unione nel procedimento pendente dinanzi agli stessi.

II.    Diritto nazionale

6.        L’articolo 367, paragrafo 1 dello Zakon o pravdnem postopku (legge recante il codice di procedura civile, in prosieguo lo «ZPP»), (7) applicabile alle controversie amministrative in forza dell’articolo 22, paragrafo 1, del Zakon o upravnem sporu (legge sul contenzioso amministrativo), (8) nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, dispone quanto segue:

«Le parti possono proporre ricorso per revisione avverso una sentenza definitiva di secondo grado entro 15 giorni dalla notifica della decisione della Corte suprema di accoglimento del ricorso».

7.        Ai sensi dell’articolo 367a dello ZPP:

«1. La giurisdizione autorizza un ricorso per revisione nel caso in cui la decisione della Corte suprema possa dirimere una questione di diritto importante per garantire la certezza del diritto, l'applicazione uniforme della legge o lo sviluppo della legge attraverso la giurisprudenza. In particolare, la giurisdizione concede l’autorizzazione a proporre un ricorso nei seguenti casi:

- se si tratta di una questione di diritto in merito alla quale la decisione del giudice di secondo grado si discosta dalla giurisprudenza della Corte suprema; oppure

- se si tratta di una questione di diritto in merito alla quale non esiste una giurisprudenza della Corte suprema, in particolare nel caso in cui la giurisprudenza degli organi giurisdizionali superiori non sia uniforme; oppure

- se si tratta di una questione di diritto in merito alla quale la giurisprudenza della Corte suprema non è uniforme.

2. La Corte suprema decide se autorizzare un ricorso sulla base dell’istanza di autorizzazione al ricorso presentata da una parte»

8.        L’articolo 376b dello ZPP così recita:

«1. L'istanza di autorizzazione al ricorso deve essere proposta da una parte entro 30 giorni dalla notifica della sentenza del giudice di secondo grado che pone fine alla causa.

2. L'istanza di autorizzazione a proporre un ricorso deve essere presentata dinanzi alla Corte suprema.

4. Nell'istanza di autorizzazione al ricorso, la parte deve esporre in modo preciso e specifico il punto di diritto controverso e la norma giuridica che si sostiene sia stata violata, le circostanze che dimostrano l’importanza della questione e una breve esposizione delle motivazioni per le quali il giudice di secondo grado si è pronunciato in modo illegittimo sulla questione; l’istanza deve descrivere in modo preciso e specifico le asserite irregolarità procedurali e, allo stesso modo, dimostrare l'esistenza di una giurisprudenza della Corte suprema dalla quale la decisione si sarebbe discostata, o l'incoerenza della giurisprudenza».

9.        L’articolo 367c dello ZPP prevede che:

«1. Un collegio di tre giudici della Corte suprema statuisce con ordinanza sull'istanza di autorizzazione al ricorso.

2. Per motivare la decisione di rigetto di un’istanza di autorizzazione al ricorso, è sufficiente che l’organo giurisdizionale dichiari in termini generali che le condizioni previste all'articolo 367a della presente legge non sono soddisfatte.

3. Nell'ordinanza di autorizzazione a proporre un ricorso, l’organo giurisdizionale deve indicare in quale parte o su quali specifiche questioni di diritto deve essere ammesso il ricorso.

4. La decisione di accogliere o di rigettare il ricorso non è impugnabile».

10.      L’articolo 370 dello ZPP recita:

«1. È possibile proporre un ricorso per violazione sostanziale delle disposizioni che disciplinano il procedimento dinanzi al giudice di primo grado, che la parte ha fatto valere dinanzi al giudice di secondo grado, per violazione sostanziale delle disposizioni che disciplinano il procedimento dinanzi al giudice di secondo grado o per errore di diritto.

2. Non può essere proposta un’istanza di controllo giurisdizionale sulla base di un accertamento dei fatti erroneo o incompleto».

11.      L'articolo 371 dello ZPP recita:

«Il giudice competente per la revisione riesamina la sentenza impugnata limitatamente alle specifiche questioni di diritto in relazione alle quali è stato autorizzato il ricorso».

III. Fatti, procedimenti e questioni pregiudiziali

12.      La KUBERA, trgovanje s hrano in pijačo d. o. o. (in prosieguo: la «Kubera»), ricorrente nel procedimento principale, ha acquistato in Turchia lattine della bevanda Red Bull prodotte in Austria e le ha trasportate via nave al porto di Capodistria (Slovenia), dove è iniziato il procedimento doganale.

13.      Il 15 settembre 2021 la Finančna uprava Republike Slovenije (amministrazione tributaria della Repubblica di Slovenia) ha emesso un avviso con il quale, in ragione del sospetto di una violazione di un diritto di proprietà intellettuale ai sensi dell’articolo 17 del regolamento (UE) n. 608/2013,(9) ha sospeso il procedimento doganale e sequestrato le merci. Successivamente, il 5 ottobre 2021, la stessa autorità pubblica ha emesso due decisioni con le quali ha deciso di sequestrare le merci della Kubera in attesa della decisione sulla controversia promossa dalla società Red Bull GmbH, (Austria), titolare dei diritti di proprietà intellettuale, ai fini della tutela di questi ultimi.

14.      La Kubera ha anzitutto presentato due reclami amministrativi contro tali decisioni, che sono stati respinti. Successivamente, ha presentato due ricorsi contro tali decisioni, che sono stati respinti dall'Upravno sodišče (Tribunale amministrativo, Slovenia) sul fondamento, segnatamente, dell'articolo 1 del regolamento n. 608/2013.

15.      La Kubera, ha proposto contro le due pronunce dell’Upravno sodišče due istanze di autorizzazione a proporre un ricorso per revisione dinanzi al Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia), avente ad oggetto, quale rilevante questione di diritto, l'interpretazione dell'articolo 1, paragrafo 5, del regolamento n. 608/2013, letto in combinato disposto con il considerando 6 dello stesso regolamento. In tali istanze, la Kubera ha chiesto altresì al Vrhovno sodišče (Corte suprema), nell’ipotesi in cui il regolamento n. 608/2013 non venisse interpretato nel senso proposto dalla stessa, di sospendere il procedimento e di sottoporre la questione alla Corte. A questo proposito, la Kubera ha sostenuto che la questione sollevata nel caso di specie non ha trovato risposta né nella giurisprudenza dell'Unione né in quella nazionale, nonostante la sua rilevanza per stabilire i limiti delle competenze delle autorità doganali.

16.      Nel procedimento principale, il Vrhovno sodišče (Corte suprema) ritiene che le disposizioni dello ZPP (di seguito «la normativa nazionale in questione») non consentirebbero di accogliere l'istanza di autorizzazione a proporre un ricorso per revisione, per il motivo che le condizioni previste a tal fine da tale legge, in linea di principio, non sarebbero soddisfatte. Tuttavia, tale giudice si pone la questione se, quando statuisce sull’istanza di autorizzazione a proporre un ricorso per revisione, esso sia tenuto anche a valutare nel merito l’istanza di parte di rinvio pregiudiziale alla Corte, nel rispetto dei requisiti di cui all’articolo 267 TFUE, nonché se, qualora una Corte Suprema abbia constatato che non sono soddisfatte le condizioni per sottoporre la questione pregiudiziale richiesta, essa sia tenuta, in forza dell’articolo 47 della Carta, a motivare tale constatazione nell’ordinanza di rigetto dell’istanza di autorizzazione a proporre un ricorso per revisione.

17.      In tale contesto, il Vrhovno sodišče (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1. Se l’articolo 267, terzo comma, TFUE osti a una disposizione del [codice di procedura civile] in base alla quale, nell’ambito di un procedimento relativo all’autorizzazione a proporre un ricorso per revisione (…), il Vrhovno sodišče (Corte suprema) non procede all’esame della questione se dall’istanza di parte affinché venga adita in via pregiudiziale la Corte di giustizia dell’Unione europea derivi l’obbligo di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale.

In caso di risposta affermativa alla prima questione:

2. Se l’articolo 47 della Carta, relativo all’obbligo di motivazione delle decisioni giudiziarie, debba essere interpretato nel senso che una decisione processuale che respinge l’istanza di parte diretta a ottenere l’autorizzazione a proporre un ricorso per revisione (…), conformemente al codice di procedura civile, costituisce una “decisione giudiziaria” che deve indicare i motivi per cui l’istanza di parte affinché venga adita in via pregiudiziale la Corte di giustizia dell’Unione europea non deve essere accolta nella causa di cui trattasi».

18.      Hanno presentato osservazioni scritte la Kubera, il governo sloveno e la Commissione europea. I governi tedesco, lettone, dei Paesi Bassi, sloveno e finlandese nonché la Commissione hanno parimenti presentato osservazioni orali all'udienza tenutasi il 6 marzo 2024.

IV.    Analisi

A.      Sulla prima questione

19.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se l’articolo 267, terzo comma, TFUE osti ad una disposizione nazionale o ad una prassi secondo la quale, nell’ambito di un procedimento relativo all’autorizzazione a proporre un ricorso per revisione, un giudice nazionale di ultima istanza non è tenuto ad esaminare se sussista o meno l’obbligo di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale, nonostante l’istanza di parte in tal senso.

20.            Per chiarezza, le problematiche sollevate da tale questione riguardano unicamente questioni d'interpretazione del diritto dell'Unione,(10) sollevate dinanzi a un giudice nazionale di ultima istanza, nel caso in cui sia applicabile un meccanismo di filtraggio che conferisce al giudice in questione un certo potere discrezionale nella selezione delle cause che saranno oggetto di esame e di decisione.

21.      In sostanza, nel presente procedimento sono state avanzate due posizioni dinanzi alla Corte. Esse, con qualche semplificazione, sono riportate di seguito.

22.      Da un lato, i governi lettone, dei Paesi Bassi, sloveno e finlandese - anche se con alcune sfumature nelle rispettive posizioni - propongono una risposta negativa alla prima questione pregiudiziale. Essi ritengono che, qualora un giudice nazionale di ultima istanza decida, alla luce dei criteri stabiliti dal diritto nazionale, che un ricorso non debba essere accolto, non sia stata effettivamente sollevata nessuna questione di diritto dell'Unione. Infatti, il giudice in questione non esamina gli argomenti di merito avanzati dal ricorrente e si limita a respingere il ricorso per motivi procedurali. In tali circostanze, non può sorgere l’obbligo di rinvio. Pertanto, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza ed effettività, meccanismi di filtraggio come quello di cui trattasi sono - sostengono i governi - di per sé compatibili con il diritto dell'Unione. A tal riguardo, i governi si basano principalmente sulla sentenza della Corte nella causa Aquino. (11)

23.      Per contro, la Kubera, il governo tedesco e la Commissione propongono una risposta positiva alla prima questione pregiudiziale. Essi ritengono che meccanismi di filtraggio come quello di cui trattasi non siano compatibili con il diritto dell'Unione a meno che, a un certo punto del procedimento (nella fase preliminare o in quella successiva), il giudice nazionale proceda all’esame della questione se, a seguito dell’istanza di parte di adire la Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE, sia sorto l’obbligo di rinvio a suo carico. Di conseguenza, quando una questione di diritto dell'Unione è stata debitamente sollevata, tale giudice è tenuto ad effettuare un rinvio pregiudiziale - sostengono tali parti - indipendentemente dal fatto che siano soddisfatti i criteri di filtraggio previsti dal diritto nazionale. Tali parti richiamano, in particolare, le sentenze della Corte nelle cause CILFIT e Consorzio. (12)

24.       Nelle presenti conclusioni illustrerò le ragioni per le quali ritengo che l'interpretazione corretta dell'articolo 267, terzo comma, TFUE si collochi in un certo senso a metà strada tra le due posizioni sopra descritte. Dopo alcune osservazioni preliminari (1), illustrerò innanzitutto le ragioni per cui non posso condividere pienamente le posizioni espresse dai governi lettone, dei Paesi Bassi, sloveno e finlandese, che propongono una lettura a mio avviso piuttosto poco rigorosa di tale disposizione (2). Successivamente, chiarirò perché l'interpretazione della disposizione proposta dalla Kubera, dal governo tedesco e dalla Commissione è in linea di principio corretta, ma in parte eccessivamente rigida (3). Sulla base di quanto precede, esporrò infine la risposta che suggerisco alla Corte di dare alla prima questione pregiudiziale (4).

1.      Osservazioni preliminari: il diritto dell’Unione è neutrale rispetto ai meccanismi di filtraggio

25.      Come indicato nell'introduzione delle presenti conclusioni, esiste un vivace dibattito - tra giuristi e decisori politici – in merito alla possibilità di disporre di meccanismi che consentano ai giudici supremi di filtrare i ricorsi di cui sono investiti. Tuttavia, si tratta di un aspetto che, in questa prima fase, non è direttamente rilevante per la presente causa, in quanto il diritto dell’Unione non può che essere «neutrale» al riguardo.

26.      Secondo una giurisprudenza costante, l'organizzazione della giustizia negli Stati membri – inclusi l'istituzione, la composizione, le competenze e il funzionamento degli organi giurisdizionali nazionali – rientra nella competenza degli Stati membri. Ciò detto, nell’esercizio di tale competenza, sono tenuti a rispettare gli obblighi per essi derivanti dal diritto dell’Unione.(13)

27.      In aggiunta, come risulta dall’articolo 4, paragrafo 2, TUE, l’Unione rispetta l’identità nazionale degli Stati membri, insita nella loro struttura fondamentale – politica e costituzionale – il che implica che tali Stati dispongono di un’ampia discrezionalità in merito a come strutturano il proprio sistema giudiziario. (14)

28.      Inoltre, conformemente al principio dell’autonomia procedurale, in assenza di armonizzazione delle procedure nazionali, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti individuali derivanti dal diritto dell’Unione.(15) Ciò, a condizione che tali norme nazionali non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività).(16)

29.      Da ultimo, ma non meno importante, aggiungo che la Corte ha chiarito che i Trattati dell'Unione non hanno inteso creare mezzi di ricorso esperibili dinanzi ai giudici nazionali al fine di salvaguardare il diritto dell’Unione in aggiunta a quelli già contemplati dal diritto nazionale. Ciò è vero, tranne nel caso in cui risulti dall’economia dell’ordinamento giuridico nazionale in questione che non esiste alcun rimedio giurisdizionale che permetta, anche in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell'Unione.(17) Di conseguenza, spetta generalmente ai giudici nazionali interpretare le modalità procedurali applicabili ai ricorsi di cui essi sono investiti in modo tale che dette modalità garantiscano, per quanto possibile, il rispetto del diritto dell’Unione.(18)

30.      Sulla base di quanto precede, concordo con i governi che sottolineano l’ampio margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri in materia. Spetta infatti a ciascuno Stato membro decidere se istituire un meccanismo di filtraggio e, se del caso, scegliere il modello appropriato, le condizioni di applicazione e le sue specifiche norme procedurali.

31.            Tuttavia, come risulta chiaramente dalla giurisprudenza sopra citata, nell'esercizio della loro competenza in questo ambito, gli Stati membri sono nondimeno tenuti a rispettare il diritto dell'Unione. Nella sezione successiva delle presenti conclusioni spiegherò perché gli argomenti relativi alla compatibilità, di per sé, dei meccanismi di filtraggio come quello di cui trattasi, con il diritto dell'Unione, non mi convincono.

2.      Meccanismi di filtraggio: discrezionalità «attraverso la porta di servizio»?

32.      Come illustrato in precedenza, alcuni dei governi sostengono, in sostanza, che i meccanismi di filtraggio siano compatibili con il diritto dell'Unione a condizione che siano rispettati i requisiti di equivalenza e di effettività. Fatta questa premessa, essi sottolineano in particolare il requisito di equivalenza: fintanto che le questioni di diritto nazionale e quelle di diritto dell'Unione sono trattate in modo equivalente, un meccanismo di filtraggio dovrebbe essere considerato, in linea di principio, compatibile con l'articolo 267, terzo comma, del TFUE.

33.      Il punto di partenza di tale ragionamento è sostanzialmente corretto: come per altre questioni relative ai procedimenti giurisdizionali nazionali, il punto cardinale di partenza è, in linea di principio, il principio dell'autonomia procedurale. Non sussiste inoltre alcun elemento all’interno fascicolo che possa mettere in dubbio il fatto, fortemente sottolineato dal governo sloveno, che il principio di equivalenza è rispettato nel suo ordinamento giuridico interno.(19) Prendo atto del fatto che, nell'applicare i criteri relativi all’autorizzazione a proporre un ricorso previsti dal diritto nazionale, il Vrhovno sodišče (Corte suprema) è tenuto a trattare allo stesso modo questioni di diritto nazionale e questioni di diritto dell'Unione.

34.      Tuttavia, è piuttosto evidente che quanto precede è necessario ma non sufficiente ai fini della presente analisi. A mio avviso, tali governi commettono un errore nel non prestare quasi alcuna attenzione al requisito di effettività che riveste, invece, importanza cruciale nel presente contesto sotto due profili: (i) per quanto riguarda l'effetto utile della disposizione e (ii) per quanto riguarda l'adeguata tutela dei diritti degli individui coinvolti nella controversia. Diversi elementi mi inducono a sostenere questa posizione: tale interpretazione è in contrasto con l'obbligo previsto da tale disposizione (a), è incoerente con la consolidata giurisprudenza CILFIT (b e c) e, più in generale, non tiene conto della natura e della finalità del procedimento pregiudiziale (d). Esaminerò questi aspetti in successione.

a)      Il tenore letterale dell’articolo 267, terzo comma, TFUE

35.      Ai sensi dell'articolo 267, secondo comma, TFUE, quando una questione relativa all'interpretazione di norme del diritto dell'Unione è sollevata dinanzi a una giurisdizione nazionale, tale giurisdizione «può, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione».(20) A sua volta, il terzo comma della medesima disposizione precisa che, «[q]uando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione [di ultima istanza], tale giurisdizione è tenuta a rivolgersi alla Corte».(21)

36.      Alla luce del tenore letterale di tale disposizione, la Corte ha ripetutamente dichiarato che l'articolo 267 TFUE conferisce ai giudici nazionali la più ampia facoltà di adire la Corte qualora ritengano che, nell'ambito di una controversia dinanzi ad essi pendente, siano sorte questioni che richiedono un'interpretazione delle disposizioni del diritto dell'Unione necessarie per definire la controversia di cui sono investiti. Tuttavia, per quanto riguarda i giudici di ultima istanza, tale facoltà si trasforma «fatte salve le eccezioni riconosciute dalla giurisprudenza della Corte, in un obbligo di adire la Corte in via pregiudiziale».(22)

37.      In tale contesto, non si deve dimenticare che i giudici nazionali derivano dal Trattato stesso il potere di proporre una domanda di pronuncia pregiudiziale. È l’articolo 267 TFUE che attribuisce ad ogni giudice in ogni Stato membro il potere – e, qualora si pronunci in ultima istanza, impone allo stesso un obbligo – di proporre questioni pregiudiziali alla Corte. Tale potere (e il correlato obbligo) non può essere limitato dal diritto nazionale.(23)

38.      Ne deriva che una norma di diritto nazionale non può impedire a un organo giurisdizionale nazionale di avvalersi della facoltà o di conformarsi all’obbligo definiti all’articolo 267 TFUE, in quanto tali prerogative sono, invero, inerenti al sistema di cooperazione instaurato da tale disposizione. Peraltro, la Corte ha altresì dichiarato che una norma nazionale che abbia l'effetto di dissuadere i giudici nazionali dal sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte, qualora leda le prerogative riconosciute ai giudici nazionali dall'articolo 267 TFUE e sia pertanto suscettibile di pregiudicare tale cooperazione, può risultare incompatibile con il diritto dell'Unione. (24)

39.      Mi sembra che meccanismi di filtraggio che consentono, in misura maggiore o minore, ai giudici nazionali di scegliere casi specifici possano, in alcune circostanze, impedire ai giudici nazionali di procedere a un rinvio pregiudiziale o, quanto meno, dissuaderli dal farlo, ogniqualvolta una causa si collochi al di fuori dei criteri di filtraggio previsti dal diritto nazionale.

40.      Ad esempio, in base ad un meccanismo come quello di cui trattasi, il giudice nazionale esaminerà il merito della questione di diritto dell'Unione sollevata da una parte e, di conseguenza, l’eventuale sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 267, terzo comma, TFUE, unicamente nel caso in cui giunga alla conclusione che le questioni sollevate sono «importanti». Negli altri casi, il giudice nazionale non esaminerà neppure se possa sussistere l’obbligo previsto da tale disposizione – e tale decisione è in gran parte il risultato di una scelta operata dal giudice nazionale stesso. In effetti, i criteri generali per l'ammissibilità dei ricorsi, come l'importanza della causa implicano inevitabilmente valutazioni che sono in una certa misura discrezionali.

41.      Forse è vero che, come ha scritto il filosofo del diritto Ronald Dworkin «la discrezionalità, come il buco di una ciambella, non esiste se non come uno spazio lasciato aperto circondato da una fascia di vincoli [e] si tratta quindi di un concetto relativo».(25) Tuttavia, il fatto che i giudici nazionali non godano di un potere discrezionale illimitato, essendo in qualche misura vincolati dai criteri previsti dalla normativa nazionale, nulla toglie al fatto che anche questo potere discrezionale relativo – di decidere se una questione sollevata sia o meno sufficientemente importante – non è consentito dal Trattato.

42.      Come illustrato, l’articolo 267 TFUE stabilisce una netta distinzione i giudici di ultima istanza e gli altri giudici. Mentre, questi ultimi godono di un (ampio) potere discrezionale in merito a se effettuare un rinvio pregiudiziale, i primi no. In sostanza, attraverso un meccanismo di filtraggio, il diritto nazionale restituisce ai giudici di ultima istanza il potere discrezionale che il Trattato dell’Unione intendeva escludere.

43.      A questo proposito, tuttavia, è stato sostenuto che l'obbligo di rinvio ai sensi dell'articolo 267, terzo comma, TFUE è limitato alle questioni per le quali – come indicato nel secondo comma della medesima disposizione – una decisione sia «necessaria [al giudice del rinvio] per emanare la sua sentenza». Se il giudice nazionale ritiene che le questioni sollevate non siano importanti, allora tale giudice – si afferma – non avrebbe bisogno di una risposta da parte della Corte di giustizia per statuire definitivamente sulla causa.

44.      Non condivido tale posizione. Secondo giurisprudenza costante della Corte, la nozione di «emanare la (…) sentenza», ai sensi dell’articolo 267, secondo comma, TFUE, «deve essere interpretata in maniera ampia per evitare che diverse questioni procedurali vengano considerate irricevibili e non possano costituire oggetto di interpretazione da parte della Corte. Detta nozione dev’essere quindi intesa nel senso che comprende tutta la procedura che conduce alla decisione del giudice del rinvio, affinché la Corte sia in grado di conoscere dell’interpretazione di tutte le disposizioni procedurali del diritto dell’Unione che il giudice del rinvio è tenuto ad applicare per emanare la sua sentenza».(26)

45.      Pertanto, il fatto che la questione sollevata da una parte possa riguardare una questione di procedura, anche da trattare in limine litis prima che il giudice del rinvio si pronunci sul merito della controversia(27) (in casu, al fine di stabilire se l’autorizzazione al ricorso debba essere concessa), e che la decisione adottata dal giudice del rinvio sul punto non assuma la forma di una «sentenza» o di una decisione nel merito,(28) non inficia il carattere «necessario» della questione.

46.      Non si potrebbe nemmeno sostenere che una decisione della Corte su una questione di interpretazione sollevata da una parte non sia necessaria nella misura in cui il giudice nazionale di ultima istanza abbia deciso che tale questione, secondo i criteri previsti dal diritto nazionale, non sia sufficientemente importante da giustificare un’impugnazione. Come spiegherò più avanti, il carattere «necessario» deve essere inteso come la capacità della questione di condizionare l'esito della causa (in parole povere: chi vince, chi perde e perché). Il contrario equivarrebbe, come esposto al paragrafo 41 supra, a conferire ai giudici nazionali il potere di decidere quali questioni debbano essere rinviate alla Corte ai sensi dell'articolo 267 TFUE e quali no, anche nel caso in cui tali questioni potrebbero essere decisive per l'esito della causa in questione.

47.      Infatti, l'interpretazione del criterio del carattere «necessario» è stata sviluppata dalla Corte nella sua giurisprudenza CILFIT, sulla quale mi soffermerò ora.

b)      La giurisprudenza CILFIT

48.      Nella sua giurisprudenza, la Corte ha riconosciuto l'esistenza di tre eccezioni all'obbligo di rinvio previsto all'articolo 267 TFUE. Tali eccezioni sono state «codificate» per la prima volta nella nota sentenza nella causa CILFIT: (i) la questione non è pertinente («carattere necessario»), (ii) la disposizione di diritto dell’Unione di cui trattasi è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte («acte éclairé»), o (iii) la sua interpretazione si impone con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi («acte clair»).(29)

49.      La portata di tali eccezioni è stata chiarita e precisata nella giurisprudenza successiva della Corte.

50.      Per quanto riguarda l'eccezione relativa al carattere necessario, la Corte ha costantemente affermato che la ratio del rinvio pregiudiziale non risiede nell’esprimere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, bensì nella necessità di dirimere concretamente una controversia. La pronuncia che il giudice del rinvio è chiamato a emettere deve, di conseguenza, tenere conto della risposta fornita dalla sentenza pregiudiziale della Corte.(30) Di conseguenza, un giudice nazionale di ultima istanza non è tenuto a procedere ad un rinvio pregiudiziale qualora ritenga che la questione non sia pertinente, «vale a dire nel caso in cui la sua soluzione, qualunque essa sia, non possa in alcun modo influire sull’esito della controversia». (31) Ciò può avvenire, ad esempio, quando la controversia può essere risolta sul fondamento del solo diritto nazionale, oppure quando le disposizioni del diritto dell'Unione fatte valere riguardano un aspetto accessorio della controversia, che non è determinante per il risultato. (32)

51.      Con riferimento all’eccezione relativa all’acte éclairé, la Corte ha ritenuto che tale situazione si verifica sia qualora la questione sollevata sia materialmente identica ad altra questione, sollevata in relazione ad analoga fattispecie che sia già stata decisa in via pregiudiziale, sia nel caso in cui sussista una giurisprudenza costante della Corte che, indipendentemente dalla natura dei procedimenti da cui sia stata prodotta, risolva il punto di diritto litigioso, anche in mancanza di una stretta identità fra le materie del contendere. (33)

52.      Infine, per quanto riguarda l'eccezione relativa all'acte clair, la Corte ha chiarito che, prima di concludere che la corretta interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione si imponga con tale evidenza da non lasciar adito ad alcun ragionevole dubbio, il giudice nazionale di ultima istanza deve assicurarsi che «la stessa evidenza si imporrebbe anche ai giudici degli altri Stati membri ed alla Corte di giustizia». (34) Nell’interpretare le disposizioni di diritto dell’Unione, i giudici nazionali dovrebbero tenere conto «delle caratteristiche del diritto [dell’Unione,] delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta» e del rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione. (35)

53.      In particolare, la Corte ha esortato i giudici nazionali a tenere presente, segnatamente, che la normativa dell'Unione (i) è redatta in diverse lingue e che le varie versioni linguistiche fanno fede nella stessa misura e dovrebbero dunque essere lette in modo uniforme in quanto una particolare versione non può costituire l’unica base interpretativa e (ii) impiega una terminologia che gli è propria e nozioni giuridiche non presentano necessariamente lo stesso contenuto delle corrispondenti nozioni che possono esistere nei vari diritti nazionali. In aggiunta, la Corte ha sottolineato che l’ermeneutica dell’Unione impone all’interprete ricollocare le disposizioni di diritto dell'Unione nel proprio contesto ed esaminarle alla luce del diritto dell'Unione pertinente, delle sue finalità e del suo stato di evoluzione al momento in cui va data applicazione a tale disposizione. (36)

54.      Inoltre, la Corte ha affermato che il fatto che esistano decisioni contradditorie emesse da altri giudici nazionali riguardo alle disposizioni di diritto dell’Unione di cui si tratta non impone, di per sé, l’obbligo di rinvio. Tuttavia, l’esistenza di correnti giurisprudenziali contraddittorie a livello nazionale e/o paneuropeo può essere indicativa di difficoltà interpretative frequenti da parte dei giudici nazionali di diversi Stati membri, che potrebbero dunque imporre un rinvio da parte del giudice di ultima istanza. (37)

55.      In tale contesto, non vedo come meccanismi di filtraggio come quello di cui trattasi possano «rientrare» a pieno titolo in una di queste eccezioni. A mio avviso, in tutte queste ipotesi, il giudice nazionale di ultima istanza deve innanzitutto esaminare la questione di diritto dell'Unione sollevata dalla parte per potere se stabilire se si applichi o meno una delle eccezioni. In sostanza, la sentenza CILFIT impone ai giudici nazionali di chiedersi: è necessario affrontare la questione sollevata per poter statuire definitivamente sulla controversia? La questione non deve essere affrontata in quanto il significato e la portata della disposizione dell'Unione fatta valere sono sufficientemente chiari o sono stati sufficientemente chiariti dalla giurisprudenza della Corte?

56.      Tuttavia, in virtù di meccanismi come quello di cui trattasi, un giudice nazionale di ultima istanza potrebbe non arrivare mai ad esaminare tali questioni. Il ragionamento seguito dal giudice nazionale di ultima istanza prevede un passaggio intermedio: verificare se la questione sollevata sia «importante» (o se soddisfa gli altri criteri di filtraggio previsti dal diritto nazionale). In caso di risposta negativa, il giudice non è tenuto a verificare se sia applicabile una delle eccezioni di cui alla sentenza CILFIT e il procedimento viene chiuso.

57.      Ciò premesso, alcuni governi ritengono che la giurisprudenza CILFIT non osti a tale risultato e invocano in tal senso la sentenza nella causa Aquino. Esaminerò di seguito tale argomento.

c)      Aquino

58.      Nella sentenza Aquino, la Corte ha dichiarato che un organo giurisdizionale di ultimo grado può, in linea di principio astenersi dal sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale, qualora un ricorso per cassazione sia respinto per motivi di irricevibilità inerenti al procedimento dinanzi a tale giudice. Infatti, in tal caso, la questione di diritto dell’Unione sollevata sarebbe priva di rilevanza poiché la risposta a tale questione non potrebbe aver alcun effetto sulla soluzione della controversia. (38)

59.      Apparentemente, la sentenza della Corte sembra confermare la posizione dei governi che chiedono un’interpretazione relativamente ampia dell’articolo 267, terzo comma, TFUE. Ad esempio, i criteri di filtraggio previsti all’interno della normativa nazionale in questione sono formulati in termini di «ricevibilità» dei ricorsi.

60.      A mio avviso, tuttavia, questa sarebbe una lettura errata della sentenza nella causa Aquino.

61.      La controversia che ha dato origine al rinvio nella causa Aquino riguardava una situazione in cui la domanda di un ricorrente di adire la Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE era stata formulata, in primo grado, in un atto processuale che il giudice nazionale non aveva potuto tenere in considerazione in quanto presentato tardivamente. Inoltre, la domanda del ricorrente era stata successivamente reiterata in sede di impugnazione, ma l’atto di impugnazione non era stato esaminato nel merito (né per quanto riguarda la ricevibilità dello stesso) in quanto, in linea con le norme di procedura pertinenti, era stata ritenuta applicabile l’esistenza di una presunzione legale di rinuncia agli atti in capo al ricorrente. (39)

62.      I motivi di irricevibilità esaminati dalla Corte nella causa Aquino erano dunque di natura formale e, in linea di principio, impedivano al giudice nazionale di procedere a qualsiasi esame degli argomenti di merito dedotti dalle parti. La sentenza della Corte si inserisce in una giurisprudenza consolidata nella quale è stato precisato che le normative nazionali che stabiliscono requisiti formali per la ricevibilità di azioni in giudizio – come quelli relativi ai termini, alla rappresentanza da parte di avvocati, ad adempimenti procedurali preliminari, spese di giustizia, ecc. – sono generalmente compatibili con il diritto dell’Unione, purché siamo conformi ai sopra menzionati requisiti di equivalenza e di effettività.(40)

63.      La situazione in questione nella causa Aquino era, dunque, diversa da quella di cui trattasi nel presente procedimento, che, come illustrato, implica una decisione discrezionale in merito a se una causa debba o meno essere trattata, alla luce dell’«importanza» della questione giuridica fatta valere da una parte nel proprio ricorso per revisione. Di conseguenza, a mio avviso, sussiste una differenza qualitativa tra i criteri formali di ricevibilità che, se non rispettati, impediscono del tutto al giudice nazionale interessato di esaminare la questione di diritto dell'Unione sollevata dal ricorrente, e i criteri sostanziali di ricevibilità (come l'importanza della causa) che – al contrario – implicano un determinato esame di tale questione al fine di stabilire se il giudice in questione intenda pronunciarsi al riguardo.

64.      Nel primo caso, il fatto che la questione di diritto dell'Unione sollevata non sarà esaminata dal giudice nazionale è di solito dovuto alla mancanza di diligenza del ricorrente, che non ha rispettato le norme procedurali pertinenti. Al contrario, nel secondo caso il ricorrente ha, per così dire, fatto tutto ciò che poteva fare affinché la questione sollevata venisse esaminata dal giudice nazionale, in modo tale che, qualora fossero soddisfatte le condizioni di cui all'articolo 267, terzo comma, TFUE, tale questione potesse essere rinviata alla Corte di giustizia. È quindi il giudice nazionale che si assume la responsabilità di decidere – sul fondamento dei criteri stabiliti dal diritto nazionale (meccanismo di filtraggio) e non su quelli basati sul diritto dell'Unione (giurisprudenza CILFIT) – se effettuare un rinvio.

65.      Aggiungo, incidentalmente, che trovo altrettanto difficile condividere l’argomento secondo il quale, quando il giudice nazionale valuta se una causa rispetti i criteri per concedere l’autorizzare un ricorso, egli può esimersi da qualsiasi esame di merito della questione di diritto dell’Unione sollevata dal ricorrente.

66.      È vero che, in una simile fase preliminare del procedimento, il giudice nazionale sia unicamente tenuto ad identificare la questione giuridica sollevata dal caso, e non a trovare la risposta alla stessa. Tuttavia, ritengo che spesso risulterebbe difficile stabilire l’importanza della questione senza considerare, almeno in maniera preliminare, la risposta data a tale questione da parte del giudice di grado inferiore.

67.            Ad esempio, in base al meccanismo di filtraggio di cui trattasi, il Vrhovno sodišče (Corte suprema), potrebbe stabilire se una questione di diritto dell'Unione sollevata da un ricorrente sia (i) «importante per garantire la certezza del diritto, l'applicazione uniforme della legge o lo sviluppo della legge attraverso la giurisprudenza» o una in merito alla quale (ii) «la decisione del giudice di grado inferiore si è discostata dalla giurisprudenza della Corte suprema», e se (iii) «non esist[a] una giurisprudenza della Corte suprema»; o (iv) «la giurisprudenza della Corte suprema non [sia] uniforme», prescindendo dal fare una qualche considerazione sul merito di tale questione? Devo dire che nutro alcuni dubbi al riguardo.

68.      Quanto precede chiarisce che il principio derivante dalla sentenza Aquino non può essere applicato nelle circostanze del caso di specie. Nella causa Aquino, diversamente dalla situazione di cui trattasi nella presente causa, non era in discussione l’effettività dell’articolo 267, terzo comma, TFUE.

69.      Tale differenza risulta evidente anche dal testo della sentenza nella causa Aquino. La Corte aveva rilevato che «la formulazione di una questione pregiudiziale alla Corte era priva di rilevanza, poiché la risposta a tale questione non poteva aver alcun effetto sulla soluzione della controversia».(41) Ciò chiaramente non sarebbe vero nel caso di una controversia decisa sulla base di una determinata interpretazione del diritto dell'Unione e per la quale un ricorso è di fatto possibile, ma si ritiene semplicemente che non sollevi questioni abbastanza importanti da essere esaminate. In siffatta ipotesi, la risposta della Corte alla questione sollevata dal ricorrente, a differenza che nella causa Aquino, potrebbe essere potenzialmente decisiva per l'esito della controversia.

70.            Inoltre, nella sentenza Aquino la Corte ha anche precisato la portata circoscritta della propria pronuncia in modo chiaro e inequivocabile, dichiarando che «le norme di procedura nazionali [come quelle sui motivi di irricevibilità dei ricorsi] non possono né pregiudicare la competenza che l’articolo 267 TFUE conferisce a un giudice nazionale né sollevarlo dagli obblighi ad esso incombenti in forza di tale medesima disposizione». (42)

71.      Non si deve scordare che la sentenza nella causa Aquino è stata pronunciata senza conclusioni di un avvocato generale, il che significa che la Corte ha ritenuto, conformemente all’articolo 20, quinto comma, dello Statuto, che «la causa non solleva[va] nuove questioni di diritto». A mio avviso, se l’interpretazione nella sentenza Aquino fosse stata quella suggerita da alcuni dei governi, sarebbero risultate necessarie delle conclusioni, in quanto la causa avrebbe comportato un’importante estensione dell’ambito di applicazione di una delle eccezioni di cui alla sentenza CILFIT.

72.      La mia interpretazione della giurisprudenza appare inoltre corroborata da altri due elementi. L'avvocato generale Jacobs, nelle sue conclusioni nella causa Wiener SI, ha proposto alla Corte di limitare la portata della sentenza CILFIT,(43) imponendo ai giudici nazionali di ultima istanza di effettuare un rinvio unicamente nel caso in cui fossero sollevate «question[i] general[i]» di interpretazione o «question[i] di rilevanza generale».(44) Tale criterio – che in una certa misura assomiglia a quello relativo all’importanza della causa nell’ambito del meccanismo di filtraggio di cui trattasi – non è stato tuttavia approvato dalla Corte.

73.      Più recentemente, nella causa Consorzio, la Corte ha richiamato e confermato il punto 61 della sentenza nella causa Aquino, a proposito di una norma processuale nazionale in forza della quale l’oggetto della controversia era determinato dai motivi di ricorso sollevati al momento della sua proposizione.(45) Ancora una volta, la norma processuale nazionale riguardava un motivo formale di ricevibilità del ricorso e non era una norma che lasciava un margine di discrezionalità al giudice nazionale nella scelta delle cause.

74.      Alla luce di quanto precede, non sono persuaso dagli argomenti dei governi fondati sulla sentenza Aquino. Esaminata tale questione, spiegherò ora perché, a mio avviso, la loro interpretazione dell'articolo 267, terzo comma, TFUE mal si concilierebbe anche con la costante giurisprudenza della Corte relativa alla natura e alla finalità del procedimento pregiudiziale.

d)      La natura e la finalità del procedimento pregiudiziale

75.      Come costantemente affermato dalla Corte, la chiave di volta del sistema giurisdizionale dell’Unione, come concepito dai redattori dei Trattati, è costituita dal procedimento di rinvio pregiudiziale previsto dall’articolo 267 TFUE. Instaurando un dialogo da giudice a giudice proprio tra la Corte di giustizia e i giudici degli Stati membri, tale procedura mira ad assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione, permettendo così di garantire la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto nonché, in ultima istanza, il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai Trattati. (46) Come affermato dalla Corte, il procedimento mira a garantire in ogni circostanza al diritto dell’Unione la stessa efficacia in tutti gli Stati membri e a prevenire così divergenze nell’interpretazione di quest’ultimo, che i giudici nazionali devono applicare.(47)

76.      Il sistema introdotto prevede, pertanto, una cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali, nell’ambito della quale questi ultimi partecipano strettamente alla corretta applicazione e all’interpretazione uniforme del diritto dell’Unione, nonché alla tutela dei diritti attribuiti da quest’ultimo ai singoli.(48) Per quanto riguarda questo secondo aspetto, vorrei sottolineare che il procedimento di rinvio pregiudiziale è parte integrante del sistema di mezzi di ricorso istituito dai redattori dei Trattati per assicurare che, come previsto dall'articolo 19, paragrafo 1, del TUE e dall'articolo 47 della Carta, ogni persona i cui diritti garantiti dal diritto dell'Unione siano violati da un'azione (o da un'inazione) delle istituzioni dell'Unione o delle autorità nazionali, possa ottenere una tutela giurisdizionale effettiva.(49)

77.      Ciò detto, sono ovviamente consapevole del fatto che il procedimento di rinvio pregiudiziale è una forma di dialogo giurisdizionale e non può essere considerato come «un rimedio giuridico esperibile dalle parti di una controversia pendente dinanzi ad un giudice nazionale».(50) Le parti del procedimento nazionale, non godono infatti del diritto soggettivo di effettuare un rinvio pregiudiziale alla Corte. Non basta quindi che una parte sostenga che la controversia pone una questione di interpretazione del diritto dell’Unione perché il giudice interessato sia obbligato a ritenere che una tale questione sia «sollevata» ai sensi dell’articolo 267 TFUE.(51)

78.      Ciò nonostante, ritengo che dall'articolo 267, terzo comma, TFUE, letto alla luce dell'articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell'articolo 47 della Carta, risulti che, in ogni caso, «un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui decisioni non può proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno» dovrebbe essere a priori identificabile. Ciò in quanto tutte le parti di una controversia dovrebbero avere la possibilità, laddove siano soddisfatte le opportune condizioni, che le questioni di interpretazione del diritto dell'Unione che hanno debitamente sollevato nei procedimenti nazionali e che possono incidere sul risultato degli stessi, siano esaminate dall'interprete autorevole del diritto dell'Unione: la Corte di giustizia dell'Unione europea. Per tale ragione, deve sempre esistere un organo giurisdizionale, nell'ambito del sistema giurisdizionale nazionale, che agisce in qualità di giudice di ultima istanza ed è quindi responsabile per verificare, in una determinata controversia, se le condizioni previste all'articolo 267, terzo comma, TFUE siano soddisfatte.

79.      A questo proposito, è importante sottolineare che elementi quali il valore monetario della controversia, l’esiguità della presunta violazione del diritto o l'importanza delle questioni giuridiche sollevate dalla causa sono irrilevanti ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE. L'unico elemento rilevante è se, in relazione alla questione di diritto dell'Unione sollevata, si applichino o meno le eccezioni CILFIT.

80.      In tale contesto, tengo a sottolineare ancora una volta che, quando effettuano un rinvio pregiudiziale, i giudici nazionali agiscono non solo in qualità di giudici nazionali, ma anche in qualità di «giudici del diritto dell'Unione», sulla base dei poteri derivanti (e, se del caso, dall'obbligo previsto) dall'articolo 267 TFUE. Il procedimento avviato da tali giudici ha, come illustrato, una doppia finalità: (i) una finalità di ampio respiro, di natura spiccatamente pubblica, volta ad assicurare l'unità, la coerenza e l'autonomia del diritti dell’Unione e (ii) una finalità limitata, di natura prettamente privata, strettamente correlata alla prima, volta a garantire la tutela giurisdizionale effettiva dei singoli nell’ambito del diritto dell’Unione.(52)

81.      In questo quadro, mi sembra piuttosto chiaro che meccanismi di filtraggio che lascino ai giudici nazionali di ultima istanza un margine di discrezionalità, per quanto riguarda le cause e/o le questioni giuridiche che saranno trattate in sede di impugnazione, possano ostacolare la realizzazione dei due obiettivi «in ogni circostanza».(53) Le decisioni dei giudici di grado inferiore vengono confermate dai giudici di grado superiore senza alcuna verifica in merito alla correttezza della loro interpretazione delle disposizioni pertinenti di diritto dell'Unione, nonostante il fatto che un ricorrente possa avere debitamente sostenuto e dimostrato che esistono altre interpretazioni plausibili di tali disposizioni.

82.      Di conseguenza, è possibile che nella giurisprudenza nazionale si consolidi un'interpretazione errata del diritto dell'Unione, dando luogo a divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione europea. Inoltre, una parte della controversia viene privata della possibilità che gli argomenti relativi alla corretta interpretazione delle disposizioni pertinenti del diritto dell'Unione su cui si fonda la sua argomentazione siano esaminati dalla Corte.

83.      Le mie conclusioni al riguardo non sono messe in discussione dall'argomento, dedotto da alcune parti in udienza, secondo il quale tali problematiche potrebbero essere evitate considerando che, nel caso in cui l'autorizzazione al ricorso non venga concessa, il giudice di grado inferiore dovrebbe essere considerato giudice di ultima istanza ai fini dell'articolo 267 TFUE. Tali parti richiamano la giurisprudenza della Corte secondo la quale si può ritenere che un giudice di grado inferiore agisca in tale veste quando, in una data controversia, la sua decisione è definitiva poiché non esiste alcun rimedio giurisdizionale contro la stessa.(54)

84.      Tuttavia, tale giurisprudenza non è applicabile nelle circostanze in esame. Come ritenuto dalla Corte nella sentenza Lyckeskog, non si può ritenere che un giudice di grado inferiore agisca in qualità di «giudice di ultima istanza» nel caso in cui un ricorso contro tale decisione sia possibile, ma l’esame di merito di tale ricorso sia subordinato ad una previa declaratoria di ricevibilità da parte del giudice di grado superiore.(55) Si tratta di un approccio ragionevole: dopo tutto, come può il giudice di grado inferiore sapere, quando esamina il merito di una causa, se il giudice di grado superiore autorizzerà o meno un futuro ricorso?

e)      Conclusione intermedia

85.            Alla luce delle considerazioni che precedono, concordo con i governi lettone, dei Paesi Bassi, sloveno e finlandese sul fatto che gli Stati membri godono di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda l'introduzione e la progettazione di meccanismi di filtraggio che consentano ai loro giudici di ultima istanza di selezionare le cause che intendono trattare e giudicare in sede di impugnazione. Concordo inoltre con tali governi sul fatto che, in base al principio dell'autonomia procedurale, la compatibilità di tali meccanismi con il diritto dell'Unione dipende principalmente dal rispetto dei principi di equivalenza ed effettività. È infine ragionevole sostenere che, in tale contesto, il principio di equivalenza riveste un'importanza fondamentale: nel decidere se concedere l'autorizzazione al ricorso, i giudici nazionali dovrebbero trattare allo stesso modo le questioni di diritto nazionale e quelle di diritto dell'Unione.

86.      Tuttavia, per le ragioni sopra esposte, dubito che il principio di effettività sia sempre rispettato quando i meccanismi di filtraggio consentono ai giudici nazionali di ultima istanza un certo grado di discrezionalità nello scegliere le cause. Siffatti meccanismi possono consentire a detti giudici di sottrarsi alla verifica della sussistenza delle condizioni previste all'articolo 267, terzo comma, TFUE. Conseguentemente, tali meccanismi hanno, de facto, l’effetto di sostituire l’obbligo di rinvio pregiudiziale previsto da tale disposizione con una mera discrezionalità. (56)

87.      Detto questo, ciò significa che i meccanismi di filtraggio come quello di cui trattasi sono necessariamente incompatibili con il diritto dell’Unione?

3.      Meccanismi di filtraggio: interpretazione e applicazione della disciplina nazionale in conformità con le sentenze CILFIT e Consorzio  

88.      Illustrerò ora le ragioni per le quali non credo, in linea generale, che sia così. Ritengo infatti che, nella maggior parte dei casi, l’interpretazione e applicazione della normativa nazionale pertinente, conformemente ai principi stabiliti dalla giurisprudenza della Corte, garantisca la compatibilità di tali meccanismi con il diritto dell’Unione. Nel fare questo, i giudici dovrebbero, in sostanza, applicare i criteri di filtraggio previsti dal diritto nazionale tenendo allo stesso tempo in considerazione le specificità del diritto dell’Unione.

89.      A mio avviso, ciò discende in particolare dalla recente sentenza della Corte nella causa Consorzio. Alla luce dell’importanza di tale sentenza, ritengo appropriato ricordarne i principi fondamentali (a), prima di illustrare perché appare particolarmente rilevante nella presente causa (b).

a)      Consorzio

90.      Il processo di elaborazione chiarificatrice delle eccezioni all’obbligo di rinvio pregiudiziale stabilito all’articolo 267 TFUE è culminato nella recente sentenza della Grande Sezione della Corte nella causa Consorzio. Tale sentenza è particolarmente degna di nota per diverse ragioni.

91.      Innanzitutto, dopo un'approfondita riflessione e nonostante i suggerimenti di diversi avvocati generali di rivedere in tutto o in parte il proprio approccio,(57) la Corte ha deciso sostanzialmente di confermare la giurisprudenza CILFIT.

92.      Inoltre, la Corte ha ritenuto – probabilmente ispirandosi alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») (58) – che dal sistema istituito dall’articolo 267 TFUE letto alla luce dell’articolo 47 della Carta discende che, se un giudice nazionale di ultima istanza ritiene, alla luce di una delle eccezioni CILFIT, di essere esonerato dall’obbligo di effettuare un rinvio pregiudiziale «la motivazione della sua decisione deve far emergere o che la questione di diritto dell’Unione sollevata non è rilevante ai fini della soluzione della controversia, o che l’interpretazione della disposizione considerata del diritto dell’Unione è fondata sulla giurisprudenza della Corte, o, in mancanza di tale giurisprudenza, che l’interpretazione del diritto dell’Unione si è imposta (…) con un’evidenza tale da non lasciar adito a ragionevoli dubbi».(59)

93.      Infine, la Corte ha colto l'occasione per sviluppare alcuni aspetti dell'eccezione di acte clair. Sebbene tali sviluppi siano generalmente coerenti con i principi chiave sottesi alle sue precedenti decisioni, non sono affatto di minore importanza. Vorrei richiamare l'attenzione su cinque aspetti della sentenza in questione.

94.      In primo luogo, la Corte ha, in una certa misura, limitato la portata dell’obbligo in capo ai giudici di ultima istanza di garantire che la risposta alla questione di diritto dell’Unione, che essi ritengono evidente, si imponga con la stessa evidenza agli altri giudici dell’Unione europea. Il punto 40 della sentenza nella causa Consorzio fa riferimento ai «giudici di ultima istanza degli altri Stati membri e alla Corte». (60)

95.            In secondo luogo, la Corte ha anche chiarito la portata dell'obbligo dei giudici nazionali di tenere conto del fatto che le disposizioni dell'Unione sono redatte in diverse lingue e che tutte le versioni linguistiche fanno fede. Come illustrato dalla Corte, non ci si può aspettare che un giudice di ultima istanza esamini «ciascuna delle versioni linguistiche della disposizione dell’Unione di cui trattasi». Egli dovrebbe tuttavia «tener conto delle divergenze tra le versioni linguistiche di tale disposizione di cui è a conoscenza, segnatamente quando tali divergenze sono esposte dalle parti e sono comprovate». (61)

96.      In terzo luogo, la Corte ha inoltre tentato di precisare il grado di incertezza necessario a fare sorgere l’obbligo di rinvio. La Corte ha affermato che «la mera possibilità di effettuare una o diverse altre letture di una disposizione del diritto dell’Unione, nei limiti in cui nessuna di queste altre letture appaia sufficientemente plausibile al giudice nazionale interessato (…) non può essere sufficiente per considerare che sussista un dubbio ragionevole quanto all’interpretazione corretta di tale disposizione». (62)

97.      In quarto luogo, la Corte ha fatto luce sull'importanza che deve essere attribuita all'esistenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti sulla questione interpretativa di cui si discute. A tale proposito, ha affermato che: «quando l’esistenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti – in seno agli organi giurisdizionali di un medesimo Stato membro o tra organi giurisdizionali di Stati membri diversi – relativi all’interpretazione di una disposizione del diritto dell’Unione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale è portata a conoscenza del giudice nazionale di ultima istanza, esso deve prestare particolare attenzione nella sua valutazione riguardo a un’eventuale assenza di ragionevole dubbio quanto all’interpretazione corretta della disposizione dell’Unione di cui trattasi (…)». (63)

98.            In quinto luogo, sebbene in alcune decisioni precedenti la Corte avesse richiesto ai giudici nazionali di accertarsi che «la corretta applicazione del diritto dell’Unione si imponga con un’evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio»,(64) la sentenza nella causa Consorzio ha fatto riferimento alla necessità di stabilire che «la corretta interpretazione del diritto dell’Unione s’impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi». (65) Probabilmente in ragione delle considerazioni dell’avvocato generale Bobek,(66) il termine «applicazione» appare raramente nel testo della sentenza,(67) che ha inoltre espressamente distinto tra le attività di applicazione e di interpretazione del diritto. (68)

99.      Illustrerò ora le ragioni per cui alcuni aspetti di tale sentenza sono di particolare rilevanza per la questione giuridica in discussione.

b)      Il ruolo delle parti, il carattere necessario del criterio e la nozione di «acte clair»

100. Mi sembra che, soprattutto alla luce delle precisazioni fornite dalla Corte nella sentenza Consorzio, la giurisprudenza relativa alle eccezioni all'obbligo previsto all’articolo 267, terzo comma, TFUE possa ampiamente «accogliere» meccanismi di filtraggio come quello di cui trattasi.

101. In primo luogo, diversamente da alcuni commentatori, (69) non credo che la riformulazione di alcuni passaggi della giurisprudenza esistente, operata dalla Corte nella causa Consorzio – spostando l’attenzione dall’applicazione all’interpretazione del diritto dell’Unione – sia frutto di un esercizio di stile. A mio avviso, è invece indicativa di una progressiva riconcettualizzazione dell’oggetto e della finalità del procedimento pregiudiziale e, conseguentemente, della portata dell’obbligo stabilito all’art. 267 TFEU.

102. Sono ben consapevole del fatto che la distinzione tra interpretazione e applicazione non sia sempre facile e che le due attività sono spesso intrecciate. (70) Tuttavia, sono convinto che esiste una differenza concettuale tra le due. Non mi spingerò a fornire una definizione scientificamente precisa di queste due nozioni. Ai fini della presente causa, è sufficiente puntualizzare che l’ «interpretazione» è una forma di attività intellettuale,(71) che consiste essenzialmente nel determinare, ad un certo livello di astrazione, il significato e la portata di una norma giuridica.(72) Per contro, l'«applicazione» è l'attività di rendere operativa una norma giuridica, di cui sono stati determinati il significato e la portata, in una data controversia, traendo le conseguenze specifiche in relazione a un particolare insieme di fatti. (73)

103. Non si deve dimenticare che la stessa Corte ha operato una distinzione tra le due nozioni proprio in questo contesto. Secondo una giurisprudenza costante, i giudici nazionali e la Corte hanno un ruolo distinto ma complementare nell'ambito del sistema istituito dall'articolo 267 TFUE: i primi sono tenuti ad applicare il diritto dell’Unione alla controversia, mentre alla seconda spetta interpretare il diritto dell’Unione al fine di aiutare i primi. Entrambi i ruoli sono – ha sottolineato la Corte – essenziali alla salvaguardia della natura stessa dell’ordinamento istituito dai Trattati. (74)

104. La formulazione dell’articolo 267 TFUE è, dopo tutto, piuttosto chiara in merito al fatto che l’oggetto del procedimento pregiudiziale (tralasciando le questioni di validità) sia pronunciarsi «sull'interpretazione dei trattati». Estendere oltre a ciò l’ambito di applicazione del procedimento non è neppure necessario affinché il procedimento possa conseguire il suo duplice obiettivo. Da un lato, i casi di potenziale errata applicazione delle norme dell'Unione non pregiudicano l'unità, la coerenza e l'autonomia del diritto dell'Unione. Dall’altro, sarebbe eccessivo ritenere che, per garantire un'efficace tutela giurisdizionale dei singoli, la Corte debba effettuare, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, una sorta di micro-sorveglianza dell'applicazione quotidiana del diritto dell'Unione da parte di migliaia di giudici nazionali.

105. Il fatto che la Corte sia disposta, in alcuni casi, ad esercitare il ruolo ad essa attribuito ai sensi dell'articolo 267 TFUE in maniera estensiva, al fine di assistere i giudici del rinvio al meglio possibile e accettando quindi di fornire una risposta commisurata ai fatti del caso di specie, non può essere considerato come indicativo del reale oggetto e finalità del procedimento.(75) La Corte può, anche se non necessariamente, fornire risposte sull'esito di specifiche cause. Di conseguenza, anche i giudici nazionali di ultima istanza possono, anche se non necessariamente, effettuare un rinvio in tali cause.(76)

106. In secondo luogo, è evidente che la sentenza nella causa Consorzio abbia rafforzato il ruolo delle parti rispetto al procedimento pregiudiziale.(77) Spetta a loro in primo luogo sollevare una questione di diritto dell'Unione e fornire al giudice nazionale competente informazioni sufficienti (e, se del caso, elementi di prova) sulla sussistenza di un ragionevole dubbio quanto all'interpretazione delle norme dell'Unione in merito alle quali il giudice nazionale è chiamato a effettuare un rinvio pregiudiziale.(78) A questo proposito, il ricorrente non è semplicemente tenuto a mostrare che la disposizione pertinente di diritto dell’Unione può essere verosimilmente interpretata in modi diversi da parte, se così si può dire, di un giudice ragionevolmente informato e che opera con ordinaria diligenza. Nella sentenza Consorzio il requisito è più stringente: deve sussistere più di un’interpretazione che appaia «sufficientemente plausibile» ad un giudice particolarmente esperto (visto che al riguardo viene fatto riferimento ai «giudici di ultima istanza degli altri Stati membri e alla Corte»).

107. Le parti di una controversia non possono attendersi che i giudici nazionali di ultima istanza sollevino regolarmente ex officio le questioni di diritto dell’Unione che loro non hanno sollevato. Né, possono aspettarsi che tali giudici si occupino di richieste di adire la Corte che sono vaghe, confuse o prive di fondamento. Il principio vigilantibus non dormientibus iura succurrunt (il diritto viene in soccorso a coloro che sono vigili, non a coloro che dormono) risulta senz’altro applicabile in questo contesto. Inoltre, i giudici nazionali non possono essere obbligati ad occuparsi di argomenti e richieste di rinvio che non siano autentici, che costituiscano un abuso del processo o che abbiano uno scopo puramente dilatorio.(79)

108. Pertanto, l'ambito in cui possono potenzialmente esistere attriti tra meccanismi di filtraggio nazionali come quello di cui trattasi e l'articolo 267 TFUE, è limitato a quei ricorsi in cui una parte ha correttamente sollevato un'autentica questione di interpretazione del diritto dell'Unione, motivando i propri argomenti circa l’esistenza di diverse plausibili interpretazioni delle disposizioni pertinenti di diritto dell'Unione ed ha espressamente invitato il giudice nazionale di ultima istanza ad effettuare un rinvio.

4.      Conclusione sulla prima questione

109. Alla luce di quanto precede, ritengo che l’articolo 267, terzo comma, TFUE preveda un obbligo chiaro ed incondizionato per i giudici nazionali di ultima istanza, con la sola riserva delle eccezioni enunciate nella giurisprudenza CILFIT.

110. Di conseguenza, qualora il ricorrente abbia correttamente sollevato un'autentica questione di diritto dell'Unione, motivando i propri argomenti circa l’esistenza di diverse plausibili interpretazioni delle disposizioni pertinenti dell'Unione ed abbia espressamente invitato il giudice nazionale di ultima istanza ad effettuare un rinvio, quest'ultimo non dispone di alcun potere discrezionale nel verificare se siano soddisfatte le condizioni che fanno sorgere il suo obbligo di rinvio. Un meccanismo nazionale che introduca un certo margine di discrezionalità al riguardo è, a mio avviso, incompatibile con il diritto dell'Unione.

111. Ciò nonostante, devo sottolineare che quanto precede non significa che ogni volta che sorge tale obbligo il giudice nazionale sia tenuto ad autorizzare un ricorso e a valutare il merito della causa. Come affermato dalla Corte nella sentenza Lyckeskog, nel caso in cui sorga una questione d'interpretazione di diritto dell’Unione dinanzi a un giudice nazionale di ultima istanza che applichi un meccanismo di filtraggio come quello di cui trattasi, tale giudice «sarà tenut[o] (…) ad adire in via pregiudiziale la Corte di giustizia sia nella fase dell'esame dell'ammissibilità sia in una fase successiva».(80)

112. Infatti, secondo una giurisprudenza costante, spetta in linea di principio al giudice del rinvio decidere in quale fase del procedimento sia necessario sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte.(81) Come ha affermato la Corte: «sebbene possa risultare necessario, nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia, che una questione pregiudiziale venga sollevata solo a seguito di un contraddittorio fra le parti, occorre nondimeno ammettere che l’esistenza di un previo contraddittorio non figura tra i presupposti prescritti per l’instaurazione del procedimento previsto dall’articolo 267 TFUE». (82)

113. Ciò premesso, la giurisprudenza riconosce un margine di manovra ai giudici nazionali di ultima istanza quando procedono a tale verifica. L'applicazione dei criteri CILFIT a una determinata controversia non è affatto un esercizio meccanico. Comporta la valutazione di una serie di elementi che – sia se considerati singolarmente, sia, a maggior ragione, se considerati congiuntamente – lasciano necessariamente un certo margine di manovra ai giudici nazionali.

114. In passato vi sono state opinioni divergenti in merito a se tale margine di discrezionalità fosse sufficientemente ampio da consentire ai giudici nazionali di ultima istanza di svolgere i loro compiti giudiziari in modo ragionevole ed efficace.(83) Al riguardo, mi limito ad indicare che, a seguito della sentenza Consorzio, tale margine di manovra è stato certamente ampliato e, con specifico riferimento alla questione centrale della presente causa, su aspetti piuttosto importanti.

115. Quanto sopra mi induce alle seguenti conclusioni.

116. Ritengo che, da un lato, i meccanismi di filtraggio come quello di cui trattasi, quando applicati automaticamente alle cause che sollevano autentiche questioni di diritto dell'Unione, siano incompatibili con l'articolo 267, terzo comma, TFUE. Il semplice fatto che una causa non rientri nei criteri di filtraggio previsti dal diritto nazionale non può consentire ai giudici nazionali di ultima istanza di evitare di valutare, come indicato dal giudice del rinvio «se dall’istanza di parte affinché venga adita in via pregiudiziale la Corte (…) derivi l’obbligo (…) di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale».

117.       Per contro, tuttavia, ritengo anche che i giudici nazionali debbano potere interpretare e applicare le pertinenti norme procedurali nazionali affinché le stesse risultino conformi all'articolo 267, terzo comma, TFUE, così come interpretato dalla Corte nelle cause CILFIT e Consorzio.

118. Ciò è senz’altro vero nel caso di sistemi nazionali – come quello di cui trattasi – che prevedono nel diritto nazionale meccanismi di filtraggio che sembrano rispecchiare ampiamente le circostanze previste dalle eccezioni di cui alla sentenza CILFIT. Infatti, i tre scenari specifici elencati all’articolo 367a dello ZPP – le questioni di diritto in merito alle quali (i) «la decisione del giudice di secondo grado si discosta dalla giurisprudenza della Corte suprema», (ii) «non esiste una giurisprudenza della Corte suprema, in particolare nel caso in cui la giurisprudenza delle corti superiori non sia uniforme» e (iii) «la giurisprudenza della Corte suprema non è uniforme», corrispondono in sostanza alle eccezioni dell’ acte clair and acte éclairé.

119. Di conseguenza, applicando tali criteri di filtraggio con un solido apporto del principio di equivalenza, il giudice del rinvio si conformerebbe de facto alla giurisprudenza CILFIT. Dopo tutto, è evidente che l’articolo 267 TFUE non può avere l’effetto di scoraggiare i giudici nazionali di ultima istanza dal soffermarsi, soprattutto, su questioni che, come indicato all’articolo 367a dello ZPP, sono «important[i] per garantire la certezza del diritto, l'applicazione uniforme della legge o lo sviluppo della legge attraverso la giurisprudenza».

120. Come indicato nella parte introduttiva delle presenti conclusioni, i meccanismi di filtraggio perseguono obiettivi legittimi di interesse generale. Interpretare il diritto dell'Unione imponendo ai giudici nazionali di disapplicare le norme nazionali che prevedono un simile meccanismo ogniqualvolta che una questione di diritto dell'Unione venga correttamente sollevata dinanzi agli stessi va, a mio avviso, al di là di ciò che, nella maggior parte dei casi, è necessario e sufficiente a salvaguardare l'effettività dell'articolo 267 TFUE.

121. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alla prima questione dichiarando che l'articolo 267, terzo comma, TFUE osta a una disposizione o ad una prassi nazionale secondo la quale, nell’ambito di un procedimento relativo all’autorizzazione a proporre un ricorso per revisione, un giudice nazionale di ultima istanza non è obbligato a valutare se sia tenuto a effettuare un rinvio pregiudiziale, qualora una parte abbia sollevato un'autentica questione di diritto dell'Unione, motivando i propri argomenti circa l’esistenza di diverse plausibili interpretazioni delle disposizioni pertinenti di diritto dell'Unione ed abbia espressamente invitato il giudice nazionale di ultima istanza ad effettuare un rinvio. Spetta ai giudici nazionali interpretare le pertinenti norme procedurali nazionali affinché le stesse risultino conformi, qualora possibile, al diritto dell’Unione.

B.      Sulla seconda questione

122. Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede se l'articolo 267 TFUE, letto alla luce dell'articolo 47, secondo comma, della Carta, debba essere interpretato nel senso che una decisione che respinge l’istanza di parte diretta a ottenere l’autorizzazione a proporre un ricorso dinanzi a un giudice di ultimo grado costituisce una decisione giudiziaria che deve indicare i motivi per cui l’istanza di parte affinché venga adita in via pregiudiziale la Corte non è stata accolta.

123. Come ho illustrato, quando una questione di interpretazione del diritto dell’Unione viene debitamente sollevata dinnanzi a un giudice nazionale di ultima istanza, l’articolo 267, terzo comma, TFUE, impone che tale giudice verifichi se sussista l’obbligo di rinvio a suo carico. Ciò significa che, una decisione da parte di tale giudice che, rifiutando di autorizzare il ricorso, pone fine al procedimento di ricorso senza che sia stato effettuato un rinvio ai sensi dell'articolo 267 TFUE, è una decisione di natura giurisdizionale che richiede — come indicato dalla Corte al punto 51 della sentenza Consorzio — un'esposizione della motivazione per la quale il giudice ha considerato che «la questione di diritto dell’Unione sollevata non è rilevante ai fini della soluzione della controversia, o che l’interpretazione della disposizione considerata del diritto dell’Unione è fondata sulla giurisprudenza della Corte, o, in mancanza di tale giurisprudenza, che l’interpretazione del diritto dell’Unione si è imposta (…) con un’evidenza tale da non lasciar adito a ragionevoli dubbi».

124. Nel presente procedimento, le parti che hanno presentato osservazioni hanno ampiamente discusso riguardo al tenore e al livello di dettaglio della motivazione. Benché tale questione non sia stata espressamente sollevata dal giudice del rinvio, ritengo che il caso di specie fornisca un’ottima occasione per esporre alcune riflessioni al riguardo.

125. Appare importante, innanzi tutto, sottolineare che la Corte ha dedotto l’obbligo di motivazione dall’articolo 267 TFUE letto alla luce dell’articolo 47, secondo comma, della Carta. Tale disposizione garantisce il diritto a un equo processo, un diritto risultante altresì dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e corrispondente all’articolo 6, paragrafo 1, CEDU.(84)

126. Secondo una giurisprudenza costante della Corte, il rispetto del diritto a un equo processo esige che tutte le decisioni definitive siano motivate al fine di consentire a una parte di comprendere le ragioni per le quali una decisione è stata adottata nei suoi confronti, di modo che tale parte possa prevedere di avvalersi dei mezzi di ricorso esperibili. (85) In aggiunta, in modo più indiretto, il diritto ad una decisione motivata «è funzionale al principio generale (…) che tutela l'individuo dall'arbitrio dimostrando alle parti che sono state ascoltate ed impone ai giudici di fondare le proprie decisioni su motivazioni obiettive». (86)

127. Conformemente a tali obiettivi, la Corte ha affermato che «la portata dell’obbligo di motivazione può variare a seconda della natura della decisione giudiziaria di cui trattasi, e dev’essere analizzata in relazione al procedimento considerato nel suo complesso e sulla base dell’insieme delle circostanze pertinenti, tenendo conto delle garanzie procedurali da cui tale decisione è contornata». (87)

128. Capisco che la decisione di rifiuto dell'autorizzazione a proporre un ricorso sia un atto che, nell'interesse dell'economia giudiziaria e dell'efficienza procedurale, possa trattare una causa in maniera piuttosto sommaria e standardizzata. Di conseguenza, non ritengo che essa debba contenere una motivazione contenente riferimenti ai fatti, al quadro giuridico e ai diversi motivi di ricorso. A mio avviso, ai sensi dell'articolo 267 TFUE, dovrebbe essere di norma sufficiente che il giudice nazionale (i) indichi espressamente l'eccezione CILFIT invocata e (ii) fornisca una spiegazione concisa del motivo per cui tale eccezione è stata ritenuta applicabile.(88) Ad esempio, ove esista una giurisprudenza consolidata, un semplice riferimento a tale giurisprudenza dovrebbe di norma essere sufficiente, soprattutto nel caso in cui una parte non spieghi dettagliatamente perché sarebbe giustificato discostarsene.

129. Chiaramente, non è possibile imporre ai giudici nazionali di trattare esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalla parte che ha sollevato la questione di diritto dell’Unione.(89) Infatti, il ragionamento seguito da tali giudici può, in talune circostanze, essere implicito.(90) Ciò può avvenire, ad esempio, quando il ricorso della parte è irricevibile o manifestamente infondato,(91) i motivi addotti per giustificare un rinvio sono vaghi o generici,(92) oppure quando i motivi del rifiuto possono essere chiaramente dedotti dalle ragioni fornite nel resto della decisione o dalle decisioni dei tribunali di grado inferiore.(93)

130. Per contro, non si può escludere che, in talune specifiche circostanze, possa essere necessario un livello di dettaglio maggiore.(94) Ad esempio, quando la parte ha evidenziato l'esistenza di orientamenti giurisprudenziali divergenti nell'Unione o di differenze significative nelle varie versioni linguistiche delle disposizioni in questione.

131. A questo proposito, è fondamentale stabilire se i ricorrenti abbiano la possibilità di conoscere i motivi per i quali la loro richiesta di adire la Corte è stata rifiutata, e se i giudici che possono essere aditi da tali ricorrenti possano pronunciarsi utilmente sulle loro censure. Non si deve dimenticare che, anche se le decisioni di un giudice di ultima istanza non possono, in linea di principio, essere oggetto di un ricorso, possono esistere altri mezzi di impugnazione che potrebbero eventualmente essere utilizzati contro un'eventuale violazione dell'articolo 267, terzo comma, TFUE.

132. Da un lato, il ricorrente può, qualora siano rispettati i presupposti necessari, proporre un'azione di responsabilità dello Stato dinanzi ai giudici nazionali.(95) Per contro, la Commissione (o un altro Stato membro) potrebbe proporre un ricorso per inadempimento ai sensi degli articoli da 258 a 260 TFUE, dinanzi alla Corte, contro lo Stato membro considerato inadempiente. (96)

133. Alla luce di quanto precede, ritengo che l'articolo 267 TFUE, letto alla luce dell'articolo 47, secondo comma, della Carta, debba essere interpretato nel senso che una decisione di un giudice di ultima istanza che respinge l'autorizzazione al ricorso e pone fine al procedimento, nonostante il ricorrente abbia correttamente sollevato una questione di interpretazione del diritto dell'Unione, è una decisione di natura giurisdizionale che richiede l’esposizione dei motivi per i quali tale giudice ha ritenuto che non fosse sorto l'obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'articolo 267 TFUE. La portata dell'obbligo di motivazione varia a seconda delle circostanze.

V.      Conclusioni

134. In conclusione, propongo alla Corte di rispondere come segue alla questione pregiudiziale sollevata dal Vrhovno sodišče (Corte suprema, Slovenia) nei seguenti termini:

1)      l'articolo 267, terzo comma, TFUE osta a una disposizione o ad una prassi nazionale secondo la quale, nell’ambito di un procedimento relativo all’autorizzazione a proporre un ricorso per revisione, un giudice nazionale di ultima istanza non sia obbligato a valutare se sia tenuto a effettuare un rinvio pregiudiziale, qualora una parte abbia sollevato un'autentica questione di diritto dell'Unione, motivando i propri argomenti circa l’esistenza di diverse plausibili interpretazioni delle disposizioni pertinenti di diritto dell'Unione ed abbia espressamente invitato il giudice nazionale di ultima istanza ad effettuare un rinvio pregiudiziale. Spetta ai giudici nazionali interpretare le pertinenti norme procedurali nazionali affinché le stesse risultino conformi, qualora possibile, al diritto dell’Unione; e

2)      conformemente all'articolo 267 TFUE, letto alla luce dell'articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, una decisione di un giudice di ultima istanza che respinge l'autorizzazione al ricorso e pone fine al procedimento, nonostante il ricorrente abbia correttamente sollevato una questione di interpretazione del diritto dell'Unione, è una decisione di natura giurisdizionale che richiede l’esposizione dei motivi per i quali tale giudice ha ritenuto che non fosse sorto l'obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'articolo 267 TFUE. La portata dell'obbligo di motivazione varia a seconda delle circostanze.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      V., ad esempio, R. Norkus, "The Filtering of Appeals to the Supreme Courts", Network of the President of the Supreme Judicial Courts of the European Union, Dublino, 2015, pag. 2, che fa riferimento a un esempio del secolo XVI.


3      Uno dei meccanismi di questo tipo più noti è quello basato sul writ of certiorari per i ricorsi davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti (introdotto dalla legge sul sistema giudiziario del 1891).


4      Nota di ricerca 13/006.


5      V. articolo 58 bis dello Statuto, come modificato dal regolamento (UE, Euratom) 2019/629 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, che modifica il protocollo n. 3 sullo Statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea (GU 2019, L 111, pag. 1). Per completezza, aggiungo che l'ambito di applicazione di tale disposizione sarà ampliato con l'adozione da parte del legislatore dell'Unione, nell'aprile 2024, di un nuovo regolamento che modifica lo Statuto, conformemente alla proposta in tal senso presentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nel dicembre 2022.


6      In sostanza, in forza di tale meccanismo, le impugnazioni proposte in cause che sono già state oggetto di un duplice esame, prima da parte di una commissione di ricorso indipendente, poi da parte del Tribunale, sono ammesse dinanzi alla Corte solo se è dimostrato che sollevano una questione importante per l'unità, la coerenza o lo sviluppo del diritto dell'Unione.


7      Uradni list RS, n. 73/07.


8      Uradni list RS, n. 105/06.


9      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 giugno 2013 relativo alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali e che abroga il regolamento (CE) n. 1383/2003 del Consiglio (GU 2013 L 181 pag.15).


10      Nelle presenti conclusioni, non affronterò i riferimenti relativi alla validità di atti dell'Unione, poiché tale questione è irrilevante nel caso di specie. È sufficiente ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, i giudici nazionali — compresi quelli che non sono di ultima istanza — non dispongono di alcun margine di discrezionalità quando nutrono dubbi sulla validità di un atto dell'Unione. I giudici nazionali non hanno il potere di annullare l'atto in questione e, di conseguenza, sono tenuti ad adire la Corte ai sensi dell'articolo 267 TFUE.V., in particolare, sentenza del 22 ottobre 1987, Foto-Frost (314/85, EU:C:1987:452, punto 20).


11      Sentenza del 15 marzo 2017 (C-3/16; in prosieguo: la «sentenza Aquino», EU:C:2017:209)


12      Sentenze del 6 ottobre 1982, Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:335) (in prosieguo: la «sentenza CILFIT»), e del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi (C-561/19, EU:C:2021:799; in prosieguo: la «sentenza Consorzio»)


13      V., in tal senso, sentenze del 22 febbraio 2022, RS (Efficacia delle sentenze di una Corte costituzionale) (C-430/21, EU:C:2022:99, punto 38), e del 5 giugno 2023, Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici) (C-204/21, EU:C:2023:442, punto 63).


14      V., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2023, Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici) (C-204/21, EU:C:2023:442, punto 73).


15      V., ad esempio, sentenza del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság (C-924/19 PPU e C-925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 142 e giurisprudenza ivi citata).


16      V., in particolare, sentenza del 15 aprile 2021, État belge (Elementi successivi alla decisione di trasferimento) (C-194/19, EU:C:2021:270, punto 42 e giurisprudenza ivi citata)


17      V., in particolare, sentenza del 13 marzo 2007, Unibet (C-432/05, EU:C:2007:163, punti 40 e 41 e giurisprudenza ivi citata).


18      In tal senso, ibidem, punto 44.


19      Tornerò su tale questione infra, paragrafi da 117 a 120 delle presenti conclusioni.


20      Il corsivo è mio.


21      Il corsivo è mio.


22      V., recentemente, sentenza del 5 giugno 2023, Commissione/Polonia (Indipendenza e vita privata dei giudici) (C-204/21, EU:C:2023:442, punti 155 e 156 nonché giurisprudenza ivi citata). Il corsivo è mio.


23      V., in tal senso, conclusioni dell'avvocato generale Poiares Maduro nella causa Cartesio (C-210/06, EU:C:2008:294, paragrafi 15 e 21).


24      V., ad esempio, sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici alla corte suprema – ricorso) (C-824/18, EU:C:2021:153, punti 93 e 94 e giurisprudenza ivi citata).


25      Dworkin, R., Taking rights seriously, Harvard University Press, Cambridge, 1978, pag. 31. Traduzione libera.


26      V., ad esempio, sentenza dell'11 giugno 2015, Fahnenbrock e a. (C-226/13, C-245/13 e C-247/13, EU:C:2015:383, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).


27      V., ad esempio, sentenza del 16 novembre 2021, Prokuratura Rejonowa w Mińsku Mazowieckim e a. (da C-748/19 a C-754/19, EU:C:2021:931, punto 49).


28      V., in particolare, sentenze del 3 luglio Eurobolt (C-644/17, EU:C:2019:555, punto 32), e del 4 settembre 2019, Salvoni (C-347/18, EU:C:2019:661, punto 46).


29      Sentenza CILFIT, punto 21.


30      V., recentemente, sentenza del 23 novembre 2023, Commissioner-General for Refugees and Stateless Persons (unità del nucleo familiare) (C-614/22, EU:C:2023:903, punti 15 e 16 nonché giurisprudenza ivi citata).


31      V., ad esempio, sentenza del 18 luglio 2013, Consiglio Nazionale dei Geologi (C‑136/12, EU:C:2013:489, punto 26).


32      In generale sull'eccezione della «carattere necessario» con ulteriori riferimenti, si veda Broberg, M., e Fenger, N., Broberg and Fenger on Preliminary References to the European Court of Justice, 3° edizione, Oxford University Press, 2021, pagg. 208 e 209


33      V. sentenza nella causa CILFIT, punti 13 e 14.


34      V., in particolare, sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement (C-379/15, EU:C:2016:603, punto 48).


35      V. punto 17 della sentenza nella causa CILFIT,.


36      V. punti da 18 a 20 della sentenza nella causa CILFIT.


37      V., ad esempio, sentenze del 9 settembre 2015, Ferreira da Silva e Brito e a. (C-160/14, EU:C:2015:565, punto 45), nonché del 9 settembre 2015, X e van Dijk (C-72/14 e C-197/14, EU:C:2015:564, punto 55).


38      V. in particolare, punto 56 della sentenza Aquino.


39      V., in particolare, punti 20, 23, 24, 27 e 54 della sentenza.


40      V., in particolare, sentenze del 18 marzo 2010, Alassini e a. (da C-317/08 a C-320/08, EU:C:2010:146, punti da 61 a 66); del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horațiu-Vasile Cruduleci (C-205/15, EU:C:2016:499, punto 44); e del 9 settembre 2020, Commissaire général aux réfugiés e aux apatrides (rigetto di una domanda ulteriore – termine di ricorso) (C-651/19, EU:C:2020:681, punto 53).


41      Punto 46 della sentenza. Il corsivo è mio..


42      Punto 47 della sentenza. Il corsivo è mio.


43      V., in particolare, paragrafi 58, 59 e 64 di tali conclusioni (C-338/95, EU:C:1997:352).


44      Per tali espressioni, v. ibidem, rispettivamente, paragrafi 38, 55 e 64 e paragrafi 20, 58 e 62.


45      V. punti da 60 a 65 della sentenza nella causa Consorzio.


46      V., in tal senso, parere 2/13 (Adesione dell'Unione europea alla CEDU), del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454, punto 176 e giurisprudenza ivi citata).


47      V., ad esempio, sentenza del 22 febbraio 2022, RS (Efficacia delle sentenze di una corte costituzionale) (C-430/21, EU:C:2022:99, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).


48      V. sentenza nella causa Consorzio, punto 29 e giurisprudenza ivi citata.


49      V., in tal senso, sentenze del 3 dicembre 1992, Oleificio Borelli/Commissione (C-97/91, EU:C:1992:491, punti 13 e 14), e del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C-583/11 P, EU:C:2013:625, punto 93).


50      V. sentenza del 10 gennaio 2006, IATA e ELFAA (C-344/04, EU:C:2006:10, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).


51      V., recentemente, conclusioni dell'avvocato generale Szpunar nella causa Airbnb Ireland e Airbnb Payments UK (C-83/21, EU:C:2022:545, paragrafo 86 e giurisprudenza ivi citata).


52      V. le mie conclusioni nella causa Profi Credit Polska (riapertura di un procedimento concluso con una sentenza definitiva) (C-582/21, EU:C:2023:674, paragrafo 83) con riferimento alle conclusioni dell'avvocato generale Bobek nella causa Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi (C-561/19, EU:C:2021:291, paragrafo 55) (in prosieguo: le «conclusioni nella causa Consorzio").


53      V. supra, paragrafo 75 delle presenti conclusioni.


54      V. in tal senso, sentenze del 15 luglio 1964, Costa (6/64, EU:C:1964:66, p. 592); del 15 settembre 2005, Intermodal Transports (C-495/03, EU:C:2005:552, punto 30), e sentenza Aquino, punto 34.


55      Sentenza del 4 giugno 2002 (C-99/00, EU:C:2002:329, punti da 16 a 19).


56      V., mutatis mutandis, conclusioni dell'avvocato generale Tizzano nella causa Lyckeskog (C-99/00, EU:C:2002:108, paragrafo 63) e dell'avvocato generale Poiares Maduro nella causa Cartesio (C-210/06, EU:C:2008:294, paragrafo 20)


57      V., in particolare, conclusioni dell'avvocato generale Jacobs nella causa Wiener SI (C-338/95, EU:C:1997:352); dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Gaston Schul Douane-expediteur (C-461/03, EU:C:2005:415); dell'avvocato generale Wahl nelle cause riunite X e van Dijk (C-72/14 e C-197/14, EU:C:2015:319); e — infine, ma non meno — dell'avvocato generale Bobek nella causa Consorzio.


58      V. infra, paragrafi da 122 a 133 delle presenti conclusioni.


59      Punto 51 della sentenza nella causa Consorzio.


60      Il corsivo è mio.


61      Punto 44 della sentenza nella causa Consorzio. Il corsivo è mio.


62      Punto 48 della sentenza nella causa Consorzio. Il corsivo è mio. Su questo punto, v. anche le conclusioni dell'avvocato generale Bobek nella causa Consorzio, cit. paragrafi 150-157.


63      Punto 49 della sentenza nella causa Consorzio. Il corsivo è mio.


64      Si vedano, ad esempio, le sentenze del 9 settembre 2015, Ferreira da Silva e Brito e altri (C-160/14, EU:C:2015:565, punti 38 e 40), e del 9 settembre 2015, X e van Dijk (C-72/14 e C-197/14, EU:C:2015:564, punto 55). Il corsivo è mio.


65      Punto 33 della sentenza nella causa Consorzio. Il corsivo è mio.


66      V. le sue conclusioni nella causa Consorzio, paragrafi 139-159.


67      Cfr. riferimenti ai punti 28 e 29 della stessa.


68      Cfr. paragrafo 30. Tornerò su questo punto in seguito.


69      V., ad esempio, Cecchetti, L. e Gallo, D., ‘The unwritten exceptions to the duty to refer after Consorzio Italian Management II: «CILFITStrategy» 2.0 and its Loopholes’, 15, Review of European Administrative Law, 2022, pagg. da 29 a 61.


70      V., ad esempio, conclusioni dell'avvocato generale Stix-Hackl nella causa Intermodal Transports (C-495/03, EU:C:2005:215, paragrafi da 86 a 88).


71      Kelsen, H., Pure Theory of Law, 2a edizione, 1967, pag. 348.


72      V. conclusioni dell'avvocato generale Capotorti nella causa Cilfit e a. (283/81, EU:C:1982:267, pag. 3436), nonché dell'avvocato generale Bobek nella causa Consorzio, paragrafo 145.


73      V., in tal senso, Corte permanente di giustizia internazionale, Causa relativa alla fabbrica di Chorzów (domanda di risarcimento - giurisdizione) (Parere dissenziente del giudice Ehrilich) PCIJ Rep Series A n. 9 (1927), 39.


74      V., in tal senso, sentenza Consorzio, punti 30 e 31 nonché giurisprudenza ivi citata.


75      V., ad esempio, sentenza del 9 marzo 2021, Radiotelevizija slovenija (periodo di reperibilità in un luogo isolato) (C-344/19, EU:C:2021:182, punto 23).


76      Naturalmente, se la Corte dovesse ritenere di non essere competente a rispondere alle questioni così come formulate dal giudice del rinvio, in quanto troppo attinenti al caso di specie, può riformulare queste ultime al fine di estrapolare talune questioni di diritto o dichiararle in tutto o in parte irricevibili.


77      Analogamente, Millet, F-X, «Cilfit still fits», Vol. 18, Issue 3, European Constitutional Law Review, 2022, pagg. da 533 a 555.


78      V., in particolare, punti 44, 49 e 51 della sentenza nella causa Consorzio.


79      V. punti 24 e 64 della sentenza nella causa Consorzio. Più in generale, sul divieto dell'abuso di diritto nel diritto dell'Unione, v. recentemente sentenza del 21 dicembre 2023, BMW Bank e a. (C-38/21, C-47/21 e C-232/21, EU:C:2023:1014, punti da 281 a 283).


80      Sentenza del 4 giugno 2002 (C-99/00, EU:C:2002:329, punto 18). V., altresì, conclusioni dell'avvocato generale Tizzano nella causa Lyckeskog (C-99/00, EU:C:2002:108, paragrafo 46).


81      V., recentemente, sentenza del 4 maggio 2023, Bundesrepublik Deutschland (Casella di posta elettronica degli uffici giudiziari) (C-60/22, EU:C:2023:373, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).


82      Sentenza del 1º febbraio 2017, Tolley (C-430/15, EU:C:2017:74, punto 32)


83      V., ad esempio, le conclusioni dell'avvocato generale Jacobs nella causa Wiener SI (C-338/95, EU:C:1997:352, paragrafo 58) e dell'avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Gaston Schul Douane-expediteur (C-461/03, EU:C:2005:415, paragrafo 58), nonché quelle dell'avvocato generale Tizzano nella causa Lyckeskog (C-99/00, EU:C:2002:108, paragrafo 63).


84      V., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2012, Trade Agency (C-619/10, EU:C:2012:531, punto 52).


85      V., in tal senso, sentenza del 23 ottobre 2014, flyLAL-Lithuanian Airlines (C-302/13, EU:C:2014:2319, punto 51).


86      V. Corte EDU, sentenza del 15 dicembre 2022, Rutar e Rutar Marketing d.o.o. c. Slovenia (CE:ECHR:2022:1215JUD002116420, § 62). V., nello stesso senso, conclusioni dell'avvocato generale Kokott nella causa Trade Agency (C-619/10, EU:C:2012:247, paragrafo 34 e giurisprudenza ivi citata).


87      V., ad esempio, sentenza del 23 ottobre 2014, flyLAL-Lithuanian Airlines (C-302/13, EU:C:2014:2319, punto 52).


88      Nello stesso senso, conclusioni dell'avvocato generale Bobek in Consorzio, paragrafo 168.


89      V., in tal senso, Corte EDU, sentenza del 30 giugno 2022, Rusishvili c. Georgia (CE:ECHR:2022:0630JUD001526913, § 75).


90      V., per analogia, sentenza del 4 luglio 2019, FTI Touristik/EUIPO (C-99/18 P, EU:C:2019:565, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).


91      V., in tal senso, Corte EDU, sentenza del 24 aprile 2018, Baydar c. Paesi Bassi (CE:ECHR:2018:0424JUD005538514, §§ 42 e 43), e decisione del 20 gennaio 2005, Astikos Oikodomikos Synetairismos Nea Konstantinopolis c. Grecia (CE:ECHR:2005:0120DEC003780602).


92      V., in tal senso, Corte EDU, decisione del 13 febbraio 2007, John c. Germania (CE:ECHR:2007:0213DEC001507303).


93      V., in tal senso, Corte EDU, decisione del 26 novembre 2013, Krikorian c. Francia (CE:ECHR:2013:1126DEC000645907), e sentenza dell'11 aprile 2019, Harisch c. Germania (CE:ECHR:2019:0411JUD005005316, § § da 37 a 42).


94      V., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement (C-379/15, EU:C:2016:603, punto 52).


95      V., in particolare, sentenze del 30 settembre 2003, Köbler (C-224/01, EU:C:2003:513, punti da 51 a 55); del 13 giugno 2006, Traghetti del Mediterraneo (C-173/03, EU:C:2006:391, punto 32); e del 28 luglio 2016, Tomášová (C-168/15, EU:C:2016:602, punti 25 e 36).


96      V. sentenze del 4 ottobre 2018, Commissione/Francia (Anticipo d'imposta) (C-416/17, EU:C:2018:811), e del 14 marzo 2024, Commissione/Regno Unito (sentenza della Supreme Court) (C-516/22, EU:C:2024:231).