Language of document : ECLI:EU:C:2015:717

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

22 ottobre 2015 (*)

«Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercati europei degli stabilizzatori a base di stagno e degli stabilizzatori termici ESBO/esteri – Articolo 81, paragrafo 1, CE – Ambito di applicazione – Impresa di consulenza che non opera nel mercato di riferimento – Nozioni di “accordo tra imprese” e di “pratica concordata” – Calcolo dell’importo delle ammende – Orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende – Competenza estesa al merito»

Nella causa C‑194/14 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 17 aprile 2014,

AC‑Treuhand AG, con sede a Zurigo (Svizzera), rappresentata da C. Steinle, I. Bodenstein e C. von Köckritz, Rechtsanwälte,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da H. Leupold, F. Ronkes Agerbeek e R. Sauer, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente della Prima Sezione, facente funzione di presidente della Seconda Sezione, J.L. da Cruz Vilaça (relatore), A. Arabadjiev, C. Lycourgos e J.‑C. Bonichot, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 marzo 2015,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 maggio 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, la AC‑Treuhand AG (in prosieguo: la «AC‑Treuhand») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 6 febbraio 2014, AC‑Treuhand/Commissione (T‑27/10, EU:T:2014:59; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), recante rigetto del suo ricorso di annullamento della decisione C (2009) 8682 definitivo della Commissione, dell’11 novembre 2009, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/38589 – Stabilizzatori termici) (in prosieguo: la «decisione controversa»), o, in subordine, la riduzione delle ammende che le sono state inflitte ai sensi di tale decisione.

 Contesto normativo

 Il regolamento (CE) n. 1/2003

2        L’articolo 23 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), intitolato «Ammende», ai suoi paragrafi 2 e 3 dispone quanto segue:

«2.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo [81 CE] o [82 CE], (...)

Per ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

(...)

3.      Per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

3        L’articolo 31 di tale regolamento, intitolato «Controllo della Corte di giustizia», è redatto nei seguenti termini:

«La Corte di giustizia ha competenza giurisdizionale anche di merito per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione irroga un’ammenda o una penalità di mora. Essa può estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora irrogata».

 Gli orientamenti del 2006 per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003

4        I punti da 4 a 6, 13, 36 e 37 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006») così prevedono:

«4.      (...) Le ammende devono avere un effetto sufficientemente dissuasivo, allo scopo non solo di sanzionare le imprese in causa (effetto dissuasivo specifico), ma anche di dissuadere altre imprese dall’assumere o dal continuare comportamenti contrari agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (effetto dissuasivo generale).

5.      Per conseguire tali obiettivi è opportuno che la Commissione si riferisca, come base per la determinazione delle ammende, al valore delle vendite dei beni o servizi oggetto dell’infrazione. Anche la durata dell’infrazione dovrebbe avere un ruolo significativo nella determinazione dell’importo appropriato dell’ammenda. (...)

6.      La combinazione della durata e del valore delle vendite a cui l’infrazione si riferisce è considerata un parametro adeguato per esprimere l’importanza economica dell’infrazione nonché il peso relativo di ciascuna impresa che vi ha partecipato. (...)

(...)

13.      Al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite dei beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce [(tale sarà il caso, ad esempio, per gli accordi orizzontali volti alla fissazione del prezzo di un determinato prodotto, dove il prezzo di tale prodotto serve poi come base per la determinazione del prezzo di prodotti di qualità inferiore o superiore)], realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno dello [Spazio economico europeo (SEE)]. (...)

(...)

36.      In alcuni casi la Commissione può imporre un’ammenda simbolica, la cui giustificazione dovrebbe figurare nel testo della decisione.

37.      Nonostante i presenti orientamenti espongano la metodologia generale per la fissazione delle ammende, le specificità di un determinato caso o la necessità di raggiungere un livello dissuasivo possono giustificare l’allontanamento da tale metodologia (...)».

 Fatti

5        Con la decisione controversa, la Commissione ha ritenuto che un certo numero di imprese avesse violato gli articoli 81 CE e 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), partecipando a un complesso di accordi e di pratiche concordate anticoncorrenziali che coprivano il territorio del SEE e riguardavano, da un lato, il settore degli stabilizzanti a base di stagno e, dall’altro, il settore dell’olio di soia epossidato e degli esteri (in prosieguo: il «settore ESBO/esteri»).

6        La decisione controversa afferma che le imprese interessate hanno partecipato alle due infrazioni in questione nel corso di vari periodi compresi tra il 24 febbraio 1987 e il 21 marzo 2000, per gli stabilizzanti a base di stagno, e tra l’11 settembre 1991 e il 26 settembre 2000, per il settore ESBO/esteri.

7        La AC‑Treuhand, la cui sede principale è a Zurigo, è una società di consulenza che offre diversi servizi alle associazioni nazionali e internazionali e ai gruppi di interesse, compresi la gestione e l’amministrazione di associazioni professionali svizzere e internazionali nonché di federazioni e di organizzazioni non a scopo di lucro, la raccolta, il trattamento e la gestione dei dati del mercato, la presentazione delle statistiche del mercato e il controllo delle cifre comunicate presso i partecipanti.

8        L’articolo 1 della decisione controversa dichiara la AC‑Treuhand responsabile di aver partecipato, dal 1° dicembre 1993 al 21 marzo 2000, nel settore degli stabilizzanti a base di stagno, e dal 1° dicembre 1993 al 26 settembre 2000, nel settore ESBO/esteri, a un insieme di accordi e di pratiche concordate all’interno del SEE, consistenti nella fissazione dei prezzi, nella ripartizione dei mercati per mezzo di quote di vendita, nella ripartizione dei clienti e nello scambio di informazioni commerciali sensibili, in particolare sui clienti, sulla produzione e sulle vendite.

9        La Commissione ritiene la AC‑Treuhand responsabile di avere svolto un ruolo essenziale e analogo nelle due infrazioni in questione, organizzando diverse riunioni alle quali quest’ultima ha assistito e partecipato attivamente, raccogliendo e fornendo ai produttori coinvolti dati sulle vendite dei mercati in questione, proponendo di agire in qualità di moderatore in caso di tensioni tra i suddetti produttori e incoraggiando i medesimi a raggiungere compromessi, tutto ciò dietro retribuzione.

10      Conformemente all’articolo 2 della decisione controversa, alla AC‑Treuhand sono state inflitte due ammende, ciascuna di EUR 174 000.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

11      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 27 gennaio 2010, la AC‑Treuhand ha chiesto l’annullamento della decisione controversa o, in subordine, la riduzione dell’importo delle ammende inflitte.

12      A sostegno del suo ricorso la AC‑Treuhand ha dedotto nove motivi, di cui solo quelli dal terzo al quinto rilevano ai fini della presente impugnazione. Il Tribunale li ha esposti come segue, ai punti 36 e 268 della sentenza impugnata:

«36      Ai fini dell’annullamento della decisione [controversa], la ricorrente deduce (...) una violazione dell’articolo 81 CE nonché del principio di legalità dei reati e delle pene (terzo motivo); (...).

(...)

268      A sostegno delle sue conclusioni subordinate volte alla riforma della decisione [controversa] nella parte relativa all’importo delle ammende che le sono state irrogate, la ricorrente deduce (...) [in particolare la violazione di un] obbligo gravante sulla Commissione di irrogare soltanto un’ammenda simbolica nelle circostanze della presente causa (quarto motivo), (...) [e una] violazione degli Orientamenti del 2006 in relazione al calcolo dell’importo di base dell’ammenda (quinto motivo) (...)».

13      Con la sentenza impugnata il Tribunale ha interamente respinto il ricorso.

 Conclusioni delle parti

14      La AC‑Treuhand chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata e la decisione controversa;

–        in subordine, ridurre l’importo delle ammende inflitte o rinviare la causa al Tribunale, e

–        condannare la Commissione alle spese.

15      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso e

–        condannare la AC‑Treuhand alle spese.

 Sull’impugnazione

16      La AC‑Treuhand deduce quattro motivi a sostegno del suo ricorso.

 Sul primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 81 CE e del principio di legalità

 Argomenti delle parti

17      Con il suo primo motivo, la AC‑Treuhand sostiene che il Tribunale ha violato l’articolo 81, paragrafo 1, CE nonché il principio di legalità dei reati e delle pene (nullum crimen, nulla poena sine lege), sancito all’articolo 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), statuendo, ai punti 43 e 44 della sentenza impugnata, in riferimento alla sua sentenza AC‑Treuhand/Commissione (T‑99/04, EU:T:2008:256; in prosieguo: la «sentenza AC‑Treuhand I»), da un lato, che il comportamento di un’impresa di consulenza che fornisce aiuto ad un’intesa mediante la prestazione di servizi rientra nel campo di applicazione dell’articolo 81, paragrafo 1, CE e, dall’altro, che tale interpretazione era ragionevolmente prevedibile al momento della commissione delle infrazioni.

18      A tale riguardo, la AC‑Treuhand fa valere che i requisiti di determinatezza derivanti dal principio di legalità dei reati e delle pene ostano alla conclusione secondo cui essa avrebbe partecipato a un «accordo tra imprese» o a una «pratica concordata» restrittivi della concorrenza, ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE. Infatti dal tenore letterale di tale disposizione risulterebbe che il divieto ivi previsto riguarda solamente le parti di siffatti accordi o pratiche concordate in se stesse e non i comportamenti che rientrano nella mera complicità.

19      Tuttavia, il comportamento della AC‑Treuhand non può essere qualificato come partecipazione alle intese di cui trattasi, le quali avrebbero coinvolto solo i produttori di stabilizzatori termici. Essa fa valere a tale proposito che, ai sensi della giurisprudenza della Corte, la nozione di «accordo tra imprese» presuppone la volontà concordante di almeno due parti di comportarsi nel mercato in un determinato modo.

20      Tale nozione presupporrebbe pertanto un certo nesso con i mercati interessati dalle restrizioni della concorrenza in capo alle parti. Un nesso siffatto non sussisterebbe per quanto riguarda la AC‑Treuhand, in quanto la volontà di quest’ultima sarebbe stata incentrata sulla mera prestazione di servizi al fine di agevolare le intese, sulla base di contratti non direttamente connessi con le restrizioni della concorrenza identificate dalla Commissione. Inoltre la AC‑Treuhand sostiene di non essere stata attiva in mercati posizionati a monte o a valle o nei pressi dei mercati interessati dalle intese e di non avere ristretto il suo comportamento nel mercato, aspetto che rientrerebbe nell’essenza stessa delle intese.

21      Non avendo rinunciato alla propria autonomia per quanto riguarda il suo comportamento commerciale a vantaggio di un coordinamento con altre imprese, il comportamento censurato alla AC‑Treuhand non soddisfarebbe i criteri che integrano la nozione di «pratica concordata», come intesa dalla giurisprudenza della Corte.

22      Peraltro la AC‑Treuhand fa valere che il suo comportamento avrebbe potuto essere sanzionato conformemente ai requisiti di prevedibilità risultanti dal principio di legalità dei reati e delle pene se, nel momento in cui le infrazioni sono state commesse, fosse esistita una giurisprudenza costante dalla quale si fosse potuta dedurre un’incriminazione in modo sufficientemente chiaro. Tuttavia, non sussisterebbe alcuna giurisprudenza anteriore alla sentenza AC‑Treuhand I che condanni il comportamento di cui trattasi nel caso di specie.

23      Inoltre, prima della decisione 2005/349/CE della Commissione, del 10 dicembre 2003, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/E-2/37.857 – Perossidi organici) (GU 2005, L 110, pag. 44; in prosieguo: la «decisione Perossidi organici»), che ha dato origine alla sentenza AC‑Treuhand I, nessuna impresa di consulenza che avesse fornito servizi a un’intesa avrebbe potuto essere ritenuta responsabile a titolo dell’articolo 81, paragrafo 1, CE. La Commissione vi avrebbe peraltro ammesso che indirizzare una decisione a un’impresa che ha avuto un ruolo così specifico costituiva, in una certa misura, una novità.

24      In simili circostanze, il Tribunale non può basarsi su considerazioni di opportunità in materia di politica della concorrenza per giustificare l’interpretazione accolta nella sentenza impugnata.

25      La Commissione contesta l’argomento della AC‑Treuhand.

 Giudizio della Corte

26      Occorre determinare, nella presente causa, se un’impresa di consulenza possa essere ritenuta responsabile di un’infrazione all’articolo 81, paragrafo 1, CE qualora contribuisca attivamente e con piena cognizione di causa ad attuare o a monitorare un’intesa tra produttori attivi in un mercato distinto da quello su cui essa stessa opera.

27      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’articolo 81, paragrafo 1, CE, ai sensi del quale sono incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che presentino determinate caratteristiche, si deve constatare anzitutto che nulla nel tenore letterale di tale disposizione indica che il divieto ivi enunciato riguardi solamente le parti di tali accordi o pratiche concordate attive nei mercati interessati dai medesimi.

28      Occorre anche ricordare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, l’esistenza di un «accordo» è basata sull’espressione della comune volontà di almeno due parti, non essendo di per sé determinante il modo con cui tale comune volontà si manifesta (v., in tal senso, sentenza Commissione/Volkswagen, C‑74/04 P, EU:C:2006:460, punto 37).

29      Per quanto concerne la nozione di «pratica concordata», dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’articolo 81, paragrafo 1, CE distingue tale nozione, in particolare, da quella di «accordo» e da quella di «decisione di associazione di imprese» al solo scopo di ricomprendere diverse forme di collusione tra imprese che, dal punto di vista soggettivo, hanno la medesima natura e che si distinguono unicamente per la loro intensità e per le forme in cui si manifestano (v., in tal senso, sentenze Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 112, e T‑Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 23).

30      Qualora si tratti, come nel caso di specie, di accordi e di pratiche concordate aventi un oggetto anticoncorrenziale, dalla giurisprudenza della Corte risulta che la Commissione, al fine di poter concludere nel senso della partecipazione di un’impresa all’infrazione e della sua responsabilità per tutti i diversi elementi che include, deve dimostrare che l’impresa interessata aveva inteso contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti ed era a conoscenza dei comportamenti materiali progettati o adottati da altre imprese per conseguire tali obiettivi, o poteva ragionevolmente prevederli ed era disposta ad accettarne il rischio (v., in tal senso, sentenze Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punti 86 e 87, nonché Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 83).

31      A tale riguardo, la Corte ha in particolare statuito che le modalità passive di partecipazione all’infrazione, quale la presenza di un’impresa a riunioni durante le quali sono stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale senza esservisi manifestamente opposta, rappresentano una complicità idonea a far sorgere la sua responsabilità nell’ambito dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, dal momento che il fatto di approvare tacitamente un’iniziativa illecita, senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto o denunciarla agli organi amministrativi, ha l’effetto di incoraggiare la continuazione dell’infrazione e pregiudica la sua scoperta (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti 142 e 143 nonché giurisprudenza ivi citata).

32      Certamente la Corte ha già rilevato, quando è stata chiamata a valutare se sussistesse un «accordo» ai sensi dell’articolo 81, paragrafo 1, CE, che si trattava dell’espressione della volontà concordante delle parti di comportarsi nel mercato in un determinato modo (v. in tal senso, in particolare, sentenza ACF Chemiefarma/Commissione, 41/69, EU:C:1970:71, punto 112). Inoltre la Corte ha considerato che i criteri del coordinamento e della collaborazione costitutivi di una «pratica concordata», ai sensi della stessa disposizione, devono essere intesi alla luce della concezione inerente alle norme del Trattato in materia di concorrenza, secondo la quale ogni operatore economico deve determinare autonomamente la condotta che intende seguire nel mercato comune (v., in particolare, sentenza Commissione/Anic Partecipazioni, C‑49/92 P, EU:C:1999:356, punto 116).

33      Tuttavia da tali considerazioni non risulta che le nozioni di «accordo» e di «pratica concordata» presuppongano una limitazione reciproca della libertà d’azione in uno stesso mercato in cui sarebbero presenti tutte le parti.

34      Inoltre dalla giurisprudenza della Corte non si può dedurre che l’articolo 81, paragrafo 1, CE riguardi solo le imprese attive nel mercato interessato dalle restrizioni della concorrenza, o in mercati posizionati a monte, a valle o nei pressi del medesimo, o le imprese che limitano la loro autonomia di comportamento in un determinato mercato in forza di un accordo o di una pratica concordata.

35      Da una giurisprudenza consolidata della Corte risulta infatti che il testo dell’articolo 81, paragrafo 1, CE si riferisce in generale a tutti gli accordi e le pratiche concordate che, in rapporti orizzontali o verticali, falsano la concorrenza nel mercato comune, indipendentemente dal mercato in cui le parti sono attive, così come dal fatto che solo il comportamento commerciale di una di esse sia interessato dai termini degli accordi in questione (v., in tal senso, sentenze STM, 56/65, EU:C:1966:38, pag. 264; Consten e Grundig/Commissione, 56/64 e 58/64, EU:C:1966:41, pag. 461; Musique Diffusion française e a./Commissione, da 100/80 a 103/80, EU:C:1983:158, punti da 72 a 80; Binon, 243/83, EU:C:1985:284, punti da 39 a 47, nonché Javico, C‑306/96, EU:C:1998:173, punti da 10 a 14).

36      Occorre anche rilevare che il principale obiettivo dell’articolo 81, paragrafo 1, CE è di assicurare il mantenimento di una concorrenza non falsata nel mercato comune. Orbene, l’interpretazione di tale disposizione sostenuta dalla AC‑Treuhand potrebbe ridurre la piena efficacia del divieto sancito da detta disposizione, in quanto un’interpretazione siffatta non consentirebbe che si negasse il contributo attivo di un’impresa ad una restrizione della concorrenza per il solo fatto che il suo contributo non riguarda un’attività economica relativa al mercato rilevante sul quale tale restrizione si materializza o ha per obiettivo di materializzarsi.

37      Nel caso di specie, secondo le constatazioni di fatto svolte dal Tribunale al punto 10 della sentenza impugnata, la AC‑Treuhand ha svolto un ruolo essenziale e analogo nelle due infrazioni in questione, organizzando diverse riunioni alle quali essa ha assistito e partecipato attivamente, raccogliendo e fornendo ai produttori di stabilizzatori termici dati sulle vendite nei mercati in questione, proponendo di agire in qualità di moderatore in caso di tensioni tra tali produttori e incoraggiando i medesimi a raggiungere compromessi, tutto ciò dietro retribuzione.

38      Ne risulta che il comportamento tenuto dalla AC‑Treuhand si inserisce direttamente negli sforzi dei produttori di stabilizzatori termici relativi tanto alla negoziazione quanto al controllo dell’applicazione degli obblighi sottoscritti dai medesimi nell’ambito delle intese, dato che lo scopo stesso dei servizi forniti dalla AC‑Treuhand sulla base dei contratti di prestazione di servizi conclusi con i suddetti produttori era la realizzazione, con piena cognizione di causa, degli obiettivi anticoncorrenziali di cui trattasi, vale a dire, come risulta dal punto 4 della sentenza impugnata, la fissazione dei prezzi, la ripartizione dei mercati e dei clienti nonché lo scambio di informazioni commerciali sensibili.

39      In simili circostanze, contrariamente a quanto sostenuto dalla AC‑Treuhand, anche se i suddetti contratti di prestazione di servizi sono stati formalmente conclusi separatamente dagli impegni assunti dai produttori di stabilizzatori termici stessi, e malgrado il fatto che la AC‑Treuhand è un’impresa di consulenza, non si può ritenere che gli interventi di quest’ultima, in tale qualità, costituissero meri servizi periferici, senza un nesso con gli obblighi assunti dai produttori e le conseguenti restrizioni della concorrenza.

40      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’asserita violazione, da parte del Tribunale, del principio di legalità dei reati e delle pene, si deve osservare che, secondo la giurisprudenza della Corte, tale principio esige che la legge definisca chiaramente le infrazioni e le pene che le reprimono. Tale condizione si rivela soddisfatta qualora il soggetto sia in grado di sapere, sulla base del dettato della disposizione pertinente e con l’aiuto dell’interpretazione che ne è data dai Tribunali, quali atti e omissioni implicano la sua responsabilità penale (sentenza Evonik Degussa/Commissione, C‑266/06 P, EU:C:2008:295, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).

41      Il principio di legalità dei reati e delle pene non può pertanto essere interpretato come un divieto di graduale chiarimento, da una causa all’altra, delle norme sulla responsabilità penale da parte di un’interpretazione giurisprudenziale, a condizione che il risultato sia ragionevolmente prevedibile al momento della commissione dell’infrazione, alla luce in particolare dell’interpretazione vigente a quell’epoca nella giurisprudenza relativa alla disposizione legale in questione (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti 217 e 218).

42      La portata della nozione di prevedibilità dipende in larga parte dal contenuto del testo di cui si tratta, dal settore interessato, nonché dal numero e dalla qualità dei suoi destinatari. La prevedibilità della legge non impedisce che l’interessato sia portato a ricorrere a un illuminato parere legale al fine di valutare, in una misura ragionevole in base alle circostanze della causa, le conseguenze che possono risultare da un atto determinato. Ciò vale in particolare per i professionisti, abituati a dover dare prova di grande prudenza nello svolgimento del loro lavoro. Da questi ultimi ci si può inoltre attendere una cura particolare nel valutare i rischi che esso comporta (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 219 e giurisprudenza ivi citata).

43      In tale contesto, anche se, nel momento della commissione delle infrazioni che hanno dato origine alla decisione controversa, i giudici dell’Unione europea non avevano ancora avuto l’occasione di pronunciarsi specificamente sul comportamento di un’impresa di consulenza come quello che ha caratterizzato l’agire della AC‑Treuhand, quest’ultima avrebbe dovuto attendersi, se del caso dopo aver fatto ricorso a un illuminato parere legale, che il suo comportamento potesse essere dichiarato incompatibile con le norme in materia di concorrenza del diritto dell’Unione, tenuto conto, in particolare, della portata ampia delle nozioni di «accordo» e di «pratica concordata» risultanti dalla giurisprudenza della Corte.

44      Tale conclusione è del resto corroborata dalla prassi amministrativa della Commissione. Infatti già nella decisione 80/1334/CEE della Commissione, del 17 dicembre 1980, relativa ad una procedura d’applicazione dell’articolo 85 del Trattato CEE (caso IV/29.869 – Vetro greggio in Italia) (GU L 383, pag. 19), tale istituzione ha considerato che un’impresa di consulenza che abbia partecipato all’attuazione di un’intesa aveva violato l’articolo 81, paragrafo 1, CE. Nessuna decisione successiva consente di affermare che vi sia stata un’inversione di tendenza nell’interpretazione che la Commissione fornisce, in tal senso, dell’ambito di applicazione di detta disposizione.

45      I requisiti necessari per poter validamente ritenere responsabile la AC‑Treuhand per aver partecipato agli accordi e alle pratiche concordate di cui trattasi sono pertanto soddisfatti nel caso di specie.

46      Dall’insieme delle suesposte considerazioni risulta che il Tribunale ha considerato a buon diritto, ai punti 43 e 44 della sentenza impugnata, che il comportamento tenuto dalla AC‑Treuhand rientrava nel divieto sancito all’articolo 81, paragrafo 1, CE e che un’interpretazione siffatta era ragionevolmente prevedibile al momento della commissione delle infrazioni.

47      Conseguentemente si deve concludere che il primo motivo è infondato.

 Sul secondo motivo, vertente su una violazione del principio di legalità, nonché del principio della parità di trattamento e dell’obbligo di motivazione

 Argomenti delle parti

48      Con il suo secondo motivo, la AC‑Treuhand fa valere che il Tribunale ha violato il principio di legalità dei reati e delle pene, sancito all’articolo 49, paragrafo 1, della Carta, in quanto ha respinto il quarto motivo del ricorso di annullamento della decisione controversa, relativo all’importo delle ammende, limitandosi a fare rinvio alle considerazioni contenute nella sentenza impugnata circa la prevedibilità dell’applicazione dell’articolo 81 CE al comportamento tenuto dalla AC‑Treuhand. Secondo quest’ultima, tale principio di legalità esige che tanto il divieto di una determinata azione quanto il relativo rischio di sanzione siano ragionevolmente prevedibili nel momento in cui i fatti sono commessi. Pertanto questi due aspetti avrebbero dovuto essere distinti e valutati separatamente dal Tribunale.

49      Peraltro la AC‑Treuhand sostiene che il Tribunale ha violato il principio della parità di trattamento, avendo statuito, tenuto conto della facoltà della Commissione di derogare alla sua prassi decisionale anteriore per quanto concerne la determinazione dell’importo delle ammende, che tale istituzione non era tenuta a imporre ammende simboliche nelle circostanze della presente causa. La AC‑Treuhand, a tale proposito, sostiene che il comportamento che le viene addebitato nel caso di specie non si distingue fondamentalmente da quello che è stato oggetto della decisione Perossidi organici, nella quale la AC‑Treuhand è stata sanzionata dalla Commissione con un’ammenda simbolica.

50      Inoltre la AC‑Treuhand fa valere che il Tribunale è venuto meno al suo obbligo di motivazione, in quanto la sentenza impugnata non enuncia ragioni obiettive che consentano di giustificare una disparità di trattamento tra le due cause suddette.

51      La Commissione contesta l’argomento della AC‑Treuhand.

 Giudizio della Corte

52      L’esame del fascicolo a disposizione della Corte consente di constatare che la AC‑Treuhand si è limitata a sostenere dinanzi al Tribunale, ai sensi del quarto motivo dedotto in primo grado, che la Commissione era tenuta a infliggerle ammende di importo simbolico, dal momento che l’applicazione dell’articolo 81 CE al suo comportamento non era prevedibile al momento della commissione delle infrazioni. A tale riguardo, da un lato, la AC‑Treuhand si è limitata a rinviare ai suoi argomenti relativi al carattere inedito dell’interpretazione secondo cui il comportamento di un’impresa di consulenza rientra nell’ambito di applicazione di detto articolo. Dall’altro, la AC‑Treuhand ha sostenuto che la decisione della Commissione di imporre un’ammenda non simbolica sarebbe contraria al principio di legalità, dal momento che le infrazioni di cui trattasi in tale decisione erano cessate al momento dell’adozione della decisione Perossidi organici con la quale tale istituzione le ha inflitto solo un’ammenda simbolica. Per contro, la AC‑Treuhand non ha fatto valere che tale approccio sarebbe altresì contrario al principio della parità di trattamento.

53      Ne risulta che, nell’ambito del presente motivo a sostegno del suo ricorso, la AC‑Treuhand deduce censure nuove, vertenti sul carattere non prevedibile dell’importo elevato delle ammende inflittele nel caso di specie, indipendentemente dalla questione di stabilire se l’applicazione dell’articolo 81 CE al suo comportamento abbia un siffatto carattere, nonché su una violazione del principio della parità di trattamento.

54      A tale riguardo, da una costante giurisprudenza risulta che il fatto di consentire ad una parte di sollevare per la prima volta dinanzi alla Corte motivi e argomenti che essa non aveva dedotto dinanzi al Tribunale equivarrebbe a consentirle di sottoporre alla Corte, la cui competenza in materia di ricorsi avverso decisioni è limitata, una controversia più ampia di quella di cui era stato investito il Tribunale. Nell’ambito di un’impugnazione, la competenza della Corte è pertanto limitata all’esame della valutazione del Tribunale dei motivi e degli argomenti discussi dinanzi ad esso. Le suddette censure devono pertanto essere respinte in quanto irricevibili.

55      Relativamente alla censura della AC‑Treuhand vertente sulla mancanza di motivazione per quanto concerne i requisiti imposti dal principio della parità di trattamento, è sufficiente rilevare che non si può addebitare al Tribunale di non aver statuito su un motivo non sottopostogli (v. in tal senso, in particolare, sentenza Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 70). Si deve pertanto dichiarare tale censura infondata.

56      Di conseguenza, il secondo motivo dev’essere respinto in quanto in parte irricevibile e in parte infondato.

 Sul terzo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003, degli orientamenti del 2006, nonché dei principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di proporzionalità

 Argomenti delle parti

57      Con il suo terzo motivo, la AC‑Treuhand sostiene che il Tribunale ha violato l’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003 nonché gli orientamenti del 2006, ritenendo, nell’esaminare il quinto motivo a sostegno del suo ricorso, da un lato, che la AC‑Treuhand non possa far valere una violazione dei suddetti orientamenti e, dall’altro, che la Commissione potesse fissare le ammende in modo forfettario, sulla base del punto 37 degli orientamenti di cui sopra, invece di basarsi a tal fine sul valore degli onorari ricevuti per i servizi forniti ai produttori. Secondo la AC‑Treuhand, dato che essa è stata ritenuta responsabile a motivo della sua partecipazione alle intese contestate, tali onorari costituiscono un fatturato connesso direttamente o indirettamente alle infrazioni e potevano pertanto, conformemente al punto 13 degli orientamenti del 2006, fungere da base di calcolo per l’importo delle ammende. Essa allega ancora, a tale riguardo, che la fissazione forfettaria delle ammende comminate viola i principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di proporzionalità.

58      Inoltre la AC‑Treuhand sostiene che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che la Commissione avesse motivato la sua decisione in modo sufficiente per quanto concerne i criteri accolti al fine di fissare le ammende inflitte.

59      La Commissione contesta l’argomento della AC‑Treuhand.

 Giudizio della Corte

60      Occorre considerare, in via preliminare, che le censure della AC‑Treuhand vertenti sulla violazione della certezza del diritto, della parità di trattamento e di proporzionalità devono essere dichiarate irricevibili per la ragione esposta al punto 54 della presente sentenza. Dall’esame del fascicolo a disposizione della Corte risulta infatti che tali censure sono state sollevate per la prima volta nell’ambito della presente impugnazione, dal momento che la AC‑Treuhand si era limitata a far valere, con il suo quinto motivo nel primo grado di giudizio, che la presente causa non presentava alcuna particolarità tale da giustificare il calcolo delle ammende in modo forfettario.

61      Per quanto riguarda l’argomento secondo cui il Tribunale avrebbe a torto ritenuto che la AC‑Treuhand non potesse far valere una violazione degli orientamenti del 2006, è sufficiente notare che, ai punti 298 e 299 della sentenza impugnata, conformemente alla giurisprudenza della Corte relativa agli effetti giuridici degli orientamenti per il calcolo delle ammende adottati dalla Commissione (v., in particolare, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione,C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti da 209 a 213), il Tribunale ha verificato, tenuto conto delle censure sollevate dalla AC‑Treuhand a tale proposito, se la Commissione potesse prescindere dagli orientamenti del 2006 nel caso di specie.

62      Quanto al fatto che la AC‑Treuhand fa valere che il Tribunale ha commesso un errore di diritto ritenendo che la Commissione non fosse tenuta a fissare sulla base degli onorari percepiti dalla AC‑Treuhand le ammende comminate, occorre ricordare che è possibile, ai fini della commisurazione dell’ammenda, tener conto tanto del fatturato complessivo dell’impresa, che costituisce un’indicazione, ancorché approssimativa ed imperfetta, delle dimensioni della stessa e della sua potenza economica, quanto della parte di tale fatturato corrispondente alle merci coinvolte nell’infrazione e che può quindi fornire un’indicazione dell’entità della medesima (v., in particolare, sentenza LG Display e LG Display Taiwan/Commissione, C‑227/14 P, EU:C:2015:258, punto 50).

63      In tal senso, il punto 13 degli orientamenti del 2006 prevede che, «al fine di determinare l’importo di base dell’ammenda da infliggere, la Commissione utilizzerà il valore delle vendite di beni o servizi, ai quali l’infrazione direttamente o indirettamente si riferisce, realizzate dall’impresa nell’area geografica interessata all’interno del SEE». Tali orientamenti precisano, al punto 6, che «la combinazione della durata [dell’infrazione] e del valore delle vendite a cui l’infrazione si riferisce è considerata un parametro adeguato per esprimere l’importanza economica dell’infrazione nonché il peso relativo di ciascuna impresa che vi ha partecipato».

64      Ne consegue che il punto 13 dei suddetti orientamenti mira ad assumere, in linea di principio, come base iniziale ai fini del calcolo dell’ammenda inflitta ad un’impresa un importo che rifletta l’importanza economica dell’infrazione ed il peso relativo dell’impresa interessata nell’infrazione medesima (sentenza LG Display e LG Display Taiwan/Commissione, C‑227/14 P, EU:C:2015:258, punto 53).

65      Tuttavia, il punto 37 degli orientamenti del 2006 enuncia che, «[n]onostante [detti] orientamenti espongano la metodologia generale per la fissazione delle ammende, le specificità di un determinato caso o la necessità di raggiungere un livello dissuasivo possono giustificare l’allontanamento da tale metodologia».

66      Nel caso di specie, è pacifico che i soli mercati interessati dalle infrazioni constatate sono quelli degli stabilizzanti a base di stagno e degli ESBO/esteri, in cui la AC‑Treuhand, in quanto impresa di consulenza, non era presente. Di conseguenza, nessuna parte del fatturato realizzato da tale impresa può derivare da prodotti oggetto di tali infrazioni. In simili circostanze, determinare sulla base degli onorari percepiti dalla AC‑Treuhand per i servizi forniti ai produttori le ammende inflitte equivarrebbe a tener conto di un valore che, pur fornendo un’indicazione sull’importo dei benefici tratti dall’infrazione, non rifletterebbe in modo adeguato né la rilevanza economica delle infrazioni in questione né il peso della partecipazione individuale della AC‑Treuhand nelle infrazioni, contrariamente all’obiettivo perseguito dal punto 13 degli orientamenti del 2006.

67      Di conseguenza, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto nel ritenere, ai punti da 302 a 305 della sentenza impugnata, che la Commissione si fosse legittimamente scostata dalla metodologia di calcolo delle ammende prevista dagli orientamenti del 2006 fissando in modo forfettario, sulla base del punto 37 di tali orientamenti, l’importo di base delle ammende inflitte. Occorre pertanto dichiarare infondata la censura della AC‑Treuhand vertente su una violazione, a tale titolo, degli orientamenti del 2006.

68      Quanto al fatto che la AC‑Treuhand critica il Tribunale poiché avrebbe a torto considerato che la Commissione aveva motivato la sua decisione in modo sufficiente per quanto riguarda i criteri accolti per fissare le ammende inflitte, si deve osservare che, nella determinazione dell’ammenda in caso di infrazione alle regole di concorrenza, l’obbligo di motivazione risulta osservato qualora la Commissione indichi, nella sua decisione, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione, senza essere tenuta ad indicare i dati in forma numerica relativi al metodo di calcolo dell’ammenda (v. in tal senso, in particolare, sentenza Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 181).

69      Nel caso di specie, occorre constatare, in particolare, che i punti da 747 a 750 della decisione controversa enunciano i fattori relativi alla gravità e alla durata delle infrazioni commesse dalla AC‑Treuhand di cui la Commissione ha tenuto conto al fine di calcolare l’importo delle ammende inflitte a tale impresa. Ne risulta che non può essere addebitato al Tribunale di avere statuito, ai punti 306 e 307 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva soddisfatto i requisiti che derivano dall’obbligo di motivazione cui è tenuto. Ne consegue che tale censura è infondata.

70      Di conseguenza, il terzo motivo dev’essere respinto in quanto in parte irricevibile e in parte infondato.

 Sul quarto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 261 TFUE, del principio della tutela giurisdizionale effettiva, nonché degli articoli 23, paragrafo 3, e 31 del regolamento n. 1/2003

71      Con il suo quarto motivo, la AC‑Treuhand fa valere che la sentenza impugnata è viziata da un errore di diritto, in quanto il Tribunale non ha esercitato la sua competenza estesa al merito, in modo da garantire una tutela giurisdizionale effettiva, ai sensi dell’articolo 47, paragrafo 1, della Carta.

72      A tale riguardo, la AC‑Treuhand sostiene che dal punto 308 di tale sentenza risulta che il Tribunale si è limitato a tener conto della gravità delle infrazioni constatate, al fine di esaminare se l’importo delle ammende fosse appropriato. Orbene, il Tribunale avrebbe dovuto prendere in considerazione anche i principi di legalità, di proporzionalità e della parità di trattamento, in quanto detti principi osterebbero, nel caso di specie, all’imposizione di ammende di un importo che non sia simbolico o calcolate su una base diversa dagli onorari percepiti per i servizi forniti ai produttori. Spetterebbe in ogni caso al Tribunale esporre le ragioni che giustifichino la disparità di trattamento tra la presente causa e quella che ha dato origine alla decisione Perossidi organici nonché alla sentenza AC‑Treuhand I. Il Tribunale avrebbe dovuto tener conto anche della durata delle infrazioni di cui trattasi.

73      La Commissione contesta l’argomento della AC‑Treuhand.

 Giudizio della Corte

74      Per quanto concerne il sindacato giurisdizionale delle decisioni della Commissione, ove essa decida di infliggere un’ammenda o una penalità di mora per violazione delle norme sulla concorrenza, oltre al controllo di legittimità previsto all’articolo 263 TFUE, il giudice dell’Unione dispone di una competenza estesa al merito conferitagli dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE, che lo autorizza a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità inflitta (v., in tal senso, sentenza Schindler Holding e a./Commissione, C‑501/11 P, EU:C:2013:522, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).

75      Tuttavia, occorre ricordare che l’esercizio della competenza estesa al merito prevista agli articoli 261 TFUE e 31 del regolamento n. 1/2003 non equivale a un controllo d’ufficio e che il procedimento dinanzi ai giudici dell’Unione è di tipo contraddittorio. Ad eccezione dei motivi di ordine pubblico che il giudice è tenuto a sollevare d’ufficio, spetta al ricorrente sollevare i motivi diretti avverso la decisione controversa e produrre elementi di prova a sostegno di detti motivi (v. sentenza Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 213 e giurisprudenza ivi citata).

76      Per contro, per soddisfare i requisiti del principio della tutela giurisdizionale effettiva sancito all’articolo 47 della Carta, e tenuto conto del fatto che l’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 dispone che l’importo dell’ammenda dev’essere determinato in funzione della gravità e della durata dell’infrazione, il giudice dell’Unione è tenuto, nell’esercizio delle competenze previste agli articoli 261 TFUE e 263 TFUE, ad esaminare ogni censura, di fatto o di diritto, diretta a dimostrare che l’importo dell’ammenda non è adeguato alla gravità e alla durata dell’infrazione (v., in tal senso, sentenza Commissione/Parker Hannifin Manufacturing e Parker-Hannifin, C‑434/13 P, EU:C:2014:2456, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

77      Per quanto riguarda la presente causa, dai punti 52, 53 e 60 della presente sentenza risulta che le censure della AC‑Treuhand relative alla violazione dei principi di legalità, di proporzionalità nonché della parità di trattamento non sono state sollevate in primo grado. Orbene, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 75 della presente sentenza, non può essere addebitato al Tribunale di non aver esaminato d’ufficio dette censure nell’esercizio della sua competenza estesa al merito.

78      Si deve peraltro constatare che, ai punti da 268 a 314 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato tutte le censure sollevate dalla AC‑Treuhand riferite alla determinazione dell’importo delle ammende inflitte, compresa la censura vertente su un errore di valutazione della durata delle infrazioni in questione, e ha risposto in maniera sufficiente agli argomenti dedotti. In tal modo, il Tribunale ha esercitato il suo sindacato giurisdizionale nei confronti della decisione controversa in modo conforme ai requisiti del principio della tutela giurisdizionale effettiva sancito all’articolo 47, paragrafo 1, della Carta.

79      Dalle suesposte considerazioni risulta che il quarto motivo è infondato.

80      Dal momento che i motivi dedotti dalla AC‑Treuhand a sostegno della sua impugnazione sono in parte irricevibili e in parte infondati, occorre respingere in toto l’impugnazione.

 Sulle spese

81      Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è infondata, la Corte statuisce sulle spese.

82      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento di procedura, reso applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Atteso che la Commissione ha chiesto la condanna della AC‑Treuhand e che quest’ultima è risultata soccombente, essa dev’essere condannata alle spese inerenti al presente giudizio di impugnazione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La AC‑Treuhand AG è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.