Language of document : ECLI:EU:C:2023:636

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

7 settembre 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione allo sviluppo – Fiscalità diretta – Imposta sul reddito – Esenzione concessa ai dipendenti assegnati a progetti di aiuto allo sviluppo finanziati mediante risorse di bilancio nazionali – Differenza di trattamento rispetto ai dipendenti assegnati a un progetto finanziato dal Fondo europeo di sviluppo – Articolo 63, paragrafo 1, TFUE – Libera circolazione dei capitali – Articolo 4, paragrafo 3, TUE – Obbligo di leale cooperazione – Agevolazione dei compiti dell’Unione europea – Articoli 208 TFUE e 210 TFUE – Cooperazione allo sviluppo – Obbligo di promuovere le politiche in materia di cooperazione allo sviluppo – Invocabilità»

Nella causa C‑15/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania), con decisione del 13 luglio 2021, pervenuta in cancelleria il 6 gennaio 2022, nel procedimento

RF

contro

Finanzamt G,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan (relatore), presidente di sezione, D. Gratsias, M. Ilešič, I. Jarukaitis e Z. Csehi, giudici,

avvocato generale: L. Medina

cancelliere: S. Beer, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 23 novembre 2022,

considerate le osservazioni presentate:

–        per RF, da B. Ellenrieder, J. Schönfeld e C. Süß, Rechtsanwälte;

–        per il governo tedesco, da J. Möller, R. Kanitz e N. Scheffel, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da C. Giolito, M. Kellerbauer, W. Roels, D. Schaffrin e V. Uher, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 9 febbraio 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 45 TFUE, 56 TFUE e 63 TFUE nonché dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE e del combinato disposto degli articoli 208 TFUE e 210 TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra una persona fisica e il Finanzamt G (Ufficio delle imposte G, Germania) in merito al rifiuto da parte di quest’ultimo di esentare dall’imposta sul reddito le retribuzioni che tale persona, soggetta illimitatamente a tale imposta in Germania, ha percepito per un’attività svolta all’estero, finanziata dal 7º e dal 9º°Fondo europeo di sviluppo (FES), sebbene la normativa tributaria nazionale preveda che tale reddito sia esentato quando, in sostanza, l’attività è finanziata mediante risorse di bilancio nazionali.

 Contesto normativo

 Normativa applicabile al 7º e al 9º°FES

 Quarta convenzione ACP-CEE

3        La quarta Convenzione ACP-CEE, firmata a Lomé il 15 dicembre 1989 (GU 1991, L 229, pag. 3), contiene una terza parte, intitolata «Gli strumenti della cooperazione ACP-CEE», la quale comprende un titolo III, recante il titolo «Cooperazione per il finanziamento dello sviluppo». Tra le disposizioni di tale titolo figura l’articolo 231 di detta convenzione, il quale prevede quanto segue:

«Ai fini del presente titolo, l’importo globale dei contributi finanziari della Comunità è indicato nel protocollo finanziario allegato alla presente convenzione».

4        L’articolo 233, paragrafo 1, della convenzione in parola è così formulato:

«I progetti o programmi possono essere finanziati mediante sovvenzione, capitali di rischio nell’ambito del fondo, prestiti della banca [europea per gli investimenti (BEI)] sulle sue risorse proprie, o combinando due o più di questi modi di finanziamento».

5        Il protocollo finanziario allegato alla quarta convenzione ACP-CEE contiene un articolo 1, il cui paragrafo 1 stabilisce che, ai fini precisati nel titolo III della terza parte di detta convenzione, relativo alla cooperazione per il finanziamento dello sviluppo, e per un periodo di cinque anni a decorrere dal 1º marzo 1990, l’importo globale dei contributi finanziari della Comunità europea è pari a 12 000 milioni di ecu.

 Accordo interno relativo al finanziamento ed alla gestione degli aiuti della Comunità nel quadro della quarta convenzione ACP-CEE

6        Il primo considerando dell’accordo interno relativo al finanziamento ed alla gestione degli aiuti della Comunità nel quadro della quarta convenzione ACP-CEE (GU 1991, L 229, pag. 288) enuncia quanto segue:

«Considerando che la quarta convenzione ACP-CEE, firmata a Lomé il 15 dicembre 1989, in appresso denominata “convenzione”, ha fissato a 12 000 milioni di ecu l’importo globale degli aiuti della Comunità agli Stati ACP per il periodo 1990-1995».

7        L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, lettera a), di tale accordo precisa quanto segue:

«1.      Gli Stati membri istituiscono un settimo Fondo europeo di sviluppo (1990), in appresso denominato “Fondo”.

2.      a) Il Fondo è dotato di un importo di 10 940 milioni di ecu finanziati dagli Stati membri [secondo un criterio di ripartizione]:

(...)».

8        L’articolo 3, primo comma, di detto accordo è così formulato:

«All’importo di cui all’articolo 1 si aggiungono, a concorrenza di 1 225 milioni di ecu, prestiti concessi dalla [BEI], sulle sue risorse proprie, alle condizioni da essa fissate in conformità delle disposizioni del suo statuto».

9        Ai sensi dell’articolo 5 del medesimo accordo:

«Tutte le operazioni finanziarie a favore degli Stati ACP e dei paesi e territori in conformità della convenzione e della decisione [concernente i paesi e territori] sono effettuate alle condizioni previste dal presente accordo e sono imputate al Fondo, ad eccezione dei prestiti concessi dalla [BEI] sulle sue risorse proprie».

10      L’articolo 13, paragrafo 1, dell’accordo interno relativo al finanziamento ed alla gestione degli aiuti della Comunità nel quadro della quarta convenzione ACP-CEE prevede quanto segue:

«La Commissione [europea] istruisce i progetti e programmi di azioni che, in applicazione dell’articolo 233 della convenzione e delle disposizioni corrispondenti della decisione, possono essere finanziati mediante sovvenzioni sulle risorse del Fondo».

11      Ai sensi dell’articolo 15 di tale accordo:

«1.      «La [BEI] provvede, per conto della Comunità, all’esecuzione finanziaria delle operazioni effettuate sulle risorse del Fondo sotto forma di capitali di rischio. In questo ambito la [BEI] agisce a nome ed a rischio della Comunità. Quest’ultima è titolare di tutti i diritti che ne derivano, segnatamente a titolo di creditore o proprietario.

2.      La [BEI] provvede all’esecuzione finanziaria delle operazioni effettuate mediante prestiti sulle sue risorse proprie, alle quali si applicano abbuoni di interessi sulle risorse del Fondo».

 Regolamento finanziario 91/491/CEE

12      L’articolo 33, paragrafo 1, del regolamento finanziario 91/491/CEE del Consiglio, del 29 luglio 1991, applicabile alla cooperazione per il finanziamento dello sviluppo ai sensi della quarta convenzione ACP-CEE (GU 1991, L 266, pag. 1), dispone quanto segue:

«I pagamenti vengono effettuati in linea di massima tramite istituti finanziari riconosciuti. (...)».

 Accordo di Cotonou

13      L’articolo 62, paragrafo 1, dell’accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall’altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 (GU 2000, L 317, pag. 3), e approvato a nome della Comunità con la decisione 2003/159/CE del Consiglio, del 19 dicembre 2002 (GU 2003, L 65, pag. 27), come modificato dall’accordo approvato con la decisione 2005/599/CE del Consiglio, del 21 giugno 2005 (GU 2005, L 209, pag. 26), e dall’accordo approvato con la decisione 2010/648/UE del Consiglio, del 14 maggio 2010 (GU 2010, L 287, pag. 1) (in prosieguo: l’«accordo di Cotonou»), stabilisce quanto segue:

«Ai fini del presente accordo, l’importo globale dei contributi finanziari della Comunità e i termini e le condizioni di finanziamento dettagliati sono indicati negli allegati all’accordo».

14      L’allegato I di tale accordo, intitolato «Protocollo finanziario», è così formulato:

«1.      Ai fini precisati nel presente Accordo e per un periodo di cinque anni a decorrere dal 1º marzo 2000, l’importo globale dei contributi finanziari della Comunità agli Stati ACP è pari a 15 200 milioni di [euro (EUR)].

2.      I contributi finanziari della Comunità comprendono un importo di 13 500 milioni di euro provenienti dal 9º°Fondo europeo di sviluppo (FES).

3.      Il 9º°FES viene suddiviso tra gli strumenti di cooperazione nel modo che segue:

a)      10 000 milioni di euro in forma di sovvenzioni sono destinati al sostegno dello sviluppo a lungo termine. (...)

(...)

4.      Un importo pari a 1 700 milioni di euro viene fornito dalla [BEI] in forma di prestiti concessi sulle risorse proprie. (...)

(...)

6.      La [BEI] gestisce i prestiti concessi sulle sue risorse proprie, nonché le operazioni finanziate sul Fondo investimenti. (...)

(...)».

15      L’articolo 1, paragrafo 1, dell’allegato II di detto accordo, intitolato «Modalità e condizioni di finanziamento», prevede quanto segue:

«Le modalità e le condizioni di finanziamento per quanto riguarda gli interventi del Fondo investimenti, i prestiti sulle risorse proprie della [BEI] e altre speciali operazioni sono stabilite nel presente capitolo. (...)».

16      L’articolo 37, paragrafo 1, dell’allegato IV del medesimo accordo, intitolato «Pagamenti», dispone quanto segue:

«Per i pagamenti nelle monete nazionali degli Stati ACP, negli Stati ACP possono essere aperti, da parte e a nome della Commissione, conti espressi nella moneta di uno degli Stati membri o in euro, presso un istituto finanziario nazionale pubblico o a partecipazione pubblica scelto di comune accordo dallo Stato ACP e dalla Commissione. Tale istituto svolge le funzioni di delegato nazionale ai pagamenti».

 Accordo interno relativo al finanziamento ed alla gestione degli aiuti della Comunità nel quadro dell’accordo di Cotonou

17      L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, dell’accordo interno tra i rappresentanti dei governi degli Stati membri, riuniti in sede di Consiglio, relativo al finanziamento ed alla gestione degli aiuti della Comunità nel quadro del protocollo finanziario dell’accordo di partenariato tra gli Stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, da un lato, e la Comunità Europea e i suoi Stati membri, dall’altro, firmato a Cotonou (Benin) il 23 giugno 2000, nonché alla concessione di un’assistenza finanziaria ai paesi e territori d’oltremare cui si applicano le disposizioni della parte quarta del trattato CE (GU 2000, L 317, pag. 355; in prosieguo: l’«accordo interno relativo al finanziamento ed alla gestione degli aiuti della Comunità nel quadro dell’accordo di Cotonou»), prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri istituiscono un nono Fondo europeo di sviluppo (2000), in seguito denominato “9º°FES”.

2.      Il 9º°FES consiste in:

a)      Un importo massimo di 13 800 milioni di EUR finanziati dagli Stati membri [secondo un criterio di ripartizione]

(...)».

18      L’articolo 5, paragrafo 1, di tale accordo prevede quanto segue:

«All’importo indicato all’articolo 1, paragrafo 2 si aggiungono, fino ad un importo massimo di 1 720 milioni di EUR, i prestiti concessi dalla [BEI] sulle sue risorse proprie. (...)».

 Regolamento finanziario del 27 marzo 2003 per il 9º°Fondo europeo di sviluppo

19      L’articolo 28 del regolamento finanziario, del 27 marzo 2003, per il 9º°Fondo europeo di sviluppo (GU 2003, L 83, pag. 1) stabilisce quanto segue:

«Per effettuare i pagamenti di cui all’articolo 37, paragrafi 1 e 4, dell’allegato IV dell’accordo ACP-CE o alle misure d’attuazione della decisione sull’associazione d’oltremare, il contabile apre conti presso istituti finanziari degli Stati ACP paesi e territori d’oltremare (in prosieguo: i “PTOM”), per i pagamenti nella valuta nazionale degli Stati ACP o nella valuta locale dei PTOM, e presso istituti finanziari degli Stati membri, per i pagamenti in euro ed in altre valute. Conformemente all’articolo 37, paragrafo 2, di detto allegato, i fondi depositati su conti presso istituti finanziari degli Stati ACP e dei PTOM sono infruttiferi e i servizi resi da quest[i] ultim[i] non sono retribuiti. Conformemente all’articolo 1, paragrafo 3, dell’accordo interno [relativo al finanziamento ed alla gestione degli aiuti della Comunità nel quadro dell’accordo di Cotonou] i fondi depositati su conti presso istituti finanziari degli Stati membri producono interessi che sono accreditati ad uno dei conti di cui al medesimo articolo».

 Direttiva 88/361/CEE

20      La parte introduttiva dell’allegato I della direttiva 88/361/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1988, per l’attuazione dell’articolo [63] del Trattato (GU 1988, L 178, pag. 5), enuncia quanto segue:

«Nella presente nomenclatura i movimenti di capitali sono classificati secondo la natura economica delle attività e passività, espresse in moneta nazionale o in divisa estera, sulle quali essi vertono.

I movimenti di capitali elencati nella presente nomenclatura comprendono:

–        l’insieme delle operazioni necessarie alla realizzazione dei movimenti di capitali: conclusione ed esecuzione della transazione e trasferimenti relativi. La transazione avviene di solito fra residenti di Stati membri diversi; può succedere tuttavia che taluni movimenti di capitali vengono effettuati da una sola persona per proprio conto (come nel caso, ad esempio, di trasferimenti di capitali da parte di emigranti);

(...)».

21      Tra i movimenti di capitali elencati in detto allegato I figurano, nella rubrica VIII di quest’ultimo, i «prestiti e [i] crediti finanziari (non compresi nelle categorie I, VII e XI)» e, nella rubrica XI di tale allegato, i «movimenti di capitali a carattere personale» tra cui le «donazioni e [le] dotazioni».

 Diritto tedesco

 EStG

22      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, prima frase, dell’Einkommensteuergesetz (legge relativa all’imposta sul reddito), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: l’«EStG»), le persone fisiche aventi il domicilio o la residenza abituale nel territorio tedesco sono illimitatamente assoggettate all’imposta sul reddito.

23      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, dell’EStG, sono soggetti a imposta sul reddito i redditi da attività lavorative dipendenti percepiti da un soggetto passivo tenuto a corrispondere illimitatamente l’imposta.

24      L’articolo 34c, paragrafo 5, dell’EStG dispone quanto segue:

«Le amministrazioni tributarie superiori dei Länder ovvero le amministrazioni tributarie da esse designate possono, di concerto con il Ministero federale delle Finanze, concedere una riduzione, parziale o totale, dell’imposta sui redditi gravante sui redditi esteri, oppure procedere a tassazione forfetaria, qualora ciò risulti opportuno per motivi economici oppure qualora l’applicazione del paragrafo 1 del presente articolo si riveli particolarmente ardua».

 ATE

25      Il 31 ottobre 1983 il Ministero tedesco delle Finanze ha pubblicato, in forza dell’articolo 34c, paragrafo 5, dell’EStG e d’intesa con le amministrazioni tributarie superiori dei Länder, l’Auslandstätigkeitserlass (circolare relativa al trattamento fiscale dei redditi da attività lavorative dipendenti derivanti da attività svolte all’estero) (BStBl. 1983 I, pag. 470; in prosieguo: l’«ATE»), che contiene i seguenti passaggi:

«Il reddito da lavoro che i dipendenti di un datore di lavoro stabilito nel territorio nazionale (…) percepiscono per un’attività che beneficia del regime svolta in base ad un contratto di lavoro in corso in un altro Stato è esente dall’imposta sul reddito.

I.      Attività che beneficia del regime

L’attività che beneficia del regime è quella svolta all’estero per conto di un fornitore, di un produttore, di un appaltatore o di un titolare di diritti di prospezione e di estrazione di minerali, stabiliti nel territorio nazionale, afferente a:

1.      la progettazione, costruzione, allestimento, messa in funzione, ampliamento, riparazione, ammodernamento, supervisione o manutenzione di fabbriche, edifici, macchine di grandi dimensioni fissate al suolo o di impianti simili, nonché il montaggio, l’installazione o la riparazione di altre attrezzature; inoltre, la gestione dell’impianto fino alla consegna al cliente beneficia di un’agevolazione fiscale.

2.      la prospezione e lo sfruttamento di minerali.

3.      la consulenza a clienti o ad organizzazioni estere per quanto concerne le operazioni di cui ai punti 1 e 2, o

4.      l’aiuto pubblico tedesco allo sviluppo nell’ambito della cooperazione tecnica o finanziaria.

(…)

II.      Durata dell’attività che beneficia del regime

L’attività all’estero deve essere esercitata ininterrottamente per almeno tre mesi negli Stati con i quali non sia stata conclusa alcuna convenzione contro la doppia imposizione riguardante anch’essa i redditi da attività lavorative dipendenti.

(...)

V.      Non applicazione

Il presente regime non si applica qualora:

1.      la retribuzione sia versata da casse pubbliche nazionali, incluse le casse della Deutsche Bundesbahn [Ferrovie federali tedesche] o della Deutsche Bundesbank [Banca federale tedesca],

2.      l’attività all’estero sia esercitata in uno Stato con cui è stata sottoscritta una convenzione contro la doppia imposizione, applicabile ai redditi da attività lavorative dipendenti; se una convenzione è applicabile prima della sua entrata in vigore, allora le norme precedenti rimangono applicabili fino a tale entrata in vigore nella misura in cui esse siano più favorevoli per il dipendente (...)».

 Prassi fiscale

26      In base alle informazioni fornite dal governo tedesco, la nozione di «aiuto pubblico tedesco allo sviluppo nell’ambito della cooperazione tecnica o finanziaria» di cui al titolo I, punto 4, dell’ATE è, a sua volta, interpretata dall’amministrazione tributaria nel senso che implica che la misura di aiuto allo sviluppo debba essere finanziata almeno per il 75% dal Ministero federale responsabile della cooperazione allo sviluppo o da una società privata di aiuto allo sviluppo appartenente allo Stato.

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

27      Dal 12 aprile 2009 al 31 ottobre 2012 la ricorrente nel procedimento principale è stata impiegata in qualità di responsabile di progetto alle dipendenze di una società di aiuto allo sviluppo avente sede in Germania. Ella lavorava nell’ambito di un contratto di lavoro la cui durata era pari a quella di un progetto di cooperazione allo sviluppo in corso in Africa, al quale era stata assegnata. Tale progetto era finanziato dal 7º e dal 9º°FES. Tuttavia, in detto periodo, essa ha mantenuto la propria residenza e il centro dei suoi interessi in Germania, in cui, di conseguenza, era assoggettata illimitatamente all’imposta sul reddito.

28      Il Finanzamt Z (Ufficio delle imposte Z, Germania) ha accolto una domanda del datore di lavoro della ricorrente nel procedimento principale diretta ad ottenere l’esenzione della retribuzione di quest’ultima, in applicazione dell’ATE, e ha emesso, di conseguenza, un certificato di esenzione. Successivamente, detto datore di lavoro non ha trattenuto alla fonte né versato all’amministrazione tributaria l’imposta sulle retribuzioni, né le retribuzioni della ricorrente sono state tassate in un paese terzo.

29      A seguito di un controllo fiscale della società in cui era impiegata la ricorrente nel procedimento principale, l’Ufficio delle imposte competente ha constatato che il progetto di cooperazione allo sviluppo di cui trattasi era stato finanziato non già dal governo federale o dalla Deutsche Gesellschaft für Internationale Zusammenarbeit (società tedesca per la cooperazione internazionale, Germania), bensì dal 7º e dal 9º°FES. Di conseguenza, è stato chiesto all’Ufficio delle imposte G di assoggettare le retribuzioni di tale ricorrente all’imposta sul reddito.

30      Con decisione del 13 febbraio 2014, l’Ufficio delle imposte G ha fissato l’importo dell’imposta dovuta dalla ricorrente nel procedimento principale per gli esercizi 2011 e 2012.

31      Quest’ultima, dopo aver invano presentato un reclamo avverso tale decisione, ha proposto ricorso dinanzi al Finanzgericht Köln (Tribunale tributario di Colonia, Germania), che lo ha respinto in quanto infondato con sentenza del 22 marzo 2018. Detta ricorrente ha successivamente proposto un ricorso per cassazione («Revision») contro tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, vale a dire il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania).

32      Al riguardo, il giudice del rinvio ritiene che, sulla base della normativa nazionale, il ricorso per cassazione («Revision») sia infondato. Per contro, l’ATE e la relativa prassi fiscale potrebbero essere contrari al principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE nonché all’obbligo per gli Stati membri di coordinare le loro politiche di sviluppo in forza degli articoli 208 TFUE e 210 TFUE, letti in combinato disposto.

33      In tale contesto, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 4, paragrafo 3, [TUE] e l’articolo 208 [TFUE] in combinato disposto con l’articolo 210 [TFUE] debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una prassi amministrativa nazionale per cui non ha luogo una rinuncia all’imposizione nei casi in cui un progetto della cooperazione allo sviluppo sia finanziato da [due dei FES], mentre, a determinate condizioni, si rinuncia all’imposizione della retribuzione percepita da un lavoratore sulla base di un rapporto di lavoro in corso relativo ad un’attività connessa agli aiuti pubblici tedeschi allo sviluppo nel settore della cooperazione tecnica o finanziaria, purché finanziata per almeno il 75% dal Ministero federale responsabile della cooperazione allo sviluppo o da una agenzia privata di proprietà statale attiva nell’ambito degli aiuti allo sviluppo».

 Sulla questione pregiudiziale

 Sulla ricevibilità

34      Nelle sue osservazioni scritte, il governo tedesco ha espresso dubbi sulla ricevibilità della presente domanda di pronuncia pregiudiziale in quanto la presentazione del relativo contesto giuridico operata dal giudice del rinvio sarebbe fuorviante, poiché esso tacerebbe il fatto che l’esenzione di cui all’articolo 34c, paragrafo 5, dell’EStG sarebbe proporzionale non già alla quota del progetto finanziata dal Ministero federale responsabile della cooperazione allo sviluppo o da una società privata di aiuto allo sviluppo appartenente allo Stato, bensì, al contrario, alla quota che non è finanziata in tal modo. La ricorrente nel procedimento principale ha contestato in udienza tale regola di calcolo dell’esenzione, adducendo che detta regola era applicabile solamente a partire dal 2014, ovvero successivamente alla data dei fatti controversi.

35      Al riguardo occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che esso individua sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia principale, qualora il problema sia di natura ipotetica o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a., C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punto 139).

36      Orbene, nel caso di specie, dalla domanda presentata dal giudice del rinvio emerge che i dubbi che hanno giustificato la questione da esso sollevata riguardano non già l’esenzione che può essere concessa ad un dipendente a seconda che l’attività alla quale è assegnato sia finanziata mediante risorse pubbliche nazionali o dal FES, ma la possibilità che una normativa nazionale tratti diversamente un dipendente per tale motivo. Pertanto, non risulta manifestamente che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta dal giudice del rinvio non abbia alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale.

37      Di conseguenza, quand’anche si ritenesse che il governo tedesco abbia inteso sollevare un’eccezione di irricevibilità fondata su imprecisioni nel fascicolo riguardo al contesto giuridico applicabile, tale eccezione deve essere respinta.

 Nel merito

38      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in combinato disposto con quelle degli articoli 208 TFUE e 210 TFUE, debbano essere interpretate nel senso che ostano ad una prassi fiscale nazionale che rifiuti di esentare dall’imposta sul reddito la retribuzione percepita da un lavoratore assegnato ad un’attività connessa all’aiuto pubblico allo sviluppo qualora tale attività sia finanziata da un FES, mentre detta esenzione è concessa qualora un’attività del genere sia finanziata almeno per il 75% da un ministero responsabile della cooperazione allo sviluppo o da una società privata di aiuto allo sviluppo appartenente allo Stato membro interessato.

39      Ciò premesso, occorre rilevare in via preliminare che, sebbene, nel formulare la propria questione il giudice del rinvio menzioni unicamente il combinato disposto dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE con gli articoli 208 TFUE e 210 TFUE, si deve osservare che, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, tale giudice fa altresì riferimento alle libertà di circolazione. Orbene, interrogate al riguardo in udienza, la ricorrente nel procedimento principale e la Commissione hanno dedotto che una prassi fiscale come quella oggetto del procedimento principale rientra, in particolare, nell’ambito di applicazione della libertà di circolazione dei capitali, prevista all’articolo 63, paragrafo 1, TFUE, mentre il governo tedesco ha sostenuto che tali libertà non si applicano in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

40      In tali circostanze, occorre esaminare anzitutto se l’articolo 63, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una prassi fiscale come quella oggetto del procedimento principale.

41      In proposito, dalla nomenclatura dei movimenti di capitali di cui all’allegato I della direttiva 88/361, che ha mantenuto il valore indicativo che le era proprio per definire la nozione di movimenti di capitali (sentenza del 16 dicembre 2021, UBS Real Estate, C‑478/19 e C‑479/19, EU:C:2021:1015, punto 31), emerge che detta libertà si applica ratione materiae alle operazioni relative ad attività o a passività espresse in moneta nazionale o in valuta estera, tra cui quelle di prestito e di donazione di somme di denaro.

42      Dato che tra i contributi che possono essere concessi dal 7º o dal 9º°FES figurano, in particolare, sia gli aiuti non rimborsabili sia i prestiti, è giocoforza constatare che una prassi fiscale come quella di cui trattasi nel procedimento principale può, in linea di principio, incidere sulla libertà di circolazione dei capitali.

43      Ciò posto, dalla formulazione dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE emerge che la libertà di circolazione dei capitali, per applicarsi, richiede che vi sia un movimento tra Stati membri o tra uno Stato membro e un paese terzo.

44      Occorre rammentare, in proposito, che la Corte ha in effetti dichiarato, al punto 38 della sentenza del 2 marzo 1994, Parlamento/Consiglio (C‑316/91, EU:C:1994:76), che le spese necessarie per i contributi finanziari previsti all’articolo 231 della quarta convenzione ACP-CEE e all’articolo 1 del protocollo finanziario allegato a tale convenzione sono impegnate direttamente dagli Stati.

45      Tuttavia, nel medesimo punto, la Corte ha operato una distinzione tra l’impegno di dette spese da parte degli Stati membri e la distribuzione dei contributi che tale impegno mira a consentire, poiché essa ha sottolineato che quest’ultima operazione era effettuata non già da detti Stati, bensì dal 7º°FES. La Corte ha rilevato inoltre, al punto 29 della stessa sentenza, che, dal momento che la quarta convenzione ACP-CEE era stata conclusa sia dalla Comunità economica europea sia dagli Stati membri, essi, salvo deroghe espressamente previste, erano responsabili congiuntamente nei confronti degli Stati ACP dell’esecuzione di qualsiasi obbligo risultante dagli impegni assunti, ivi compresi quelli relativi ai contributi finanziari. Pertanto, come risulta dai punti da 30 a 32 di detta sentenza, sebbene la quarta convenzione ACP-CEE utilizzi l’espressione «contributi finanziari della Comunità», quest’ultima deve essere intesa, nel contesto di tale convenzione, come riferita alla Comunità economica europea e ai suoi Stati membri considerati congiuntamente.

46      Di conseguenza, la Corte ne ha dedotto, ai punti da 33 a 37 della medesima sentenza, che i contributi distribuiti dal 7º°FES erano finalizzati a soddisfare l’obbligo di assistenza finanziaria di cui all’articolo 231 della quarta convenzione ACP-CEE, gravante sulla Comunità nonché sugli Stati membri, considerati congiuntamente, ma di cui questi ultimi avevano scelto volontariamente di assumersi da soli la responsabilità, ragion per cui avevano istituito il 7º°FES.

47      Alla luce di tali elementi, si deve quindi ritenere che, sebbene le spese necessarie per i contributi finanziari e, più in generale, la dotazione del 7º°FES in capitali siano sostenute direttamente dagli Stati membri, la distribuzione di tali contributi da parte di detto fondo debba, da parte sua, essere considerata effettuata non già da detti Stati membri, bensì da un ente che è stato istituito mediante un accordo intergovernativo e allo scopo di assumere, in luogo dell’Unione e degli Stati membri, obblighi che questi ultimi hanno sottoscritto collettivamente in occasione della ratifica di un accordo internazionale misto.

48      Pertanto, si deve constatare che il movimento di capitali risultante dalla distribuzione da parte del 7º°FES di contributi finanziari costituisce un movimento di capitali che interviene non già tra Stati membri o tra uno Stato membro e un paese terzo, bensì tra detto ente e, in linea di principio, un paese terzo e non può quindi rientrare nell’ambito della libera circolazione dei capitali.

49      Lo stesso vale per la distribuzione di contributi finanziari da parte del 9º°FES, poiché le disposizioni dell’accordo di Cotonou nonché dell’accordo interno relativo al finanziamento ed alla gestione degli aiuti della Comunità nel quadro dell’accordo di Cotonou sono, su tale punto, analoghe alle disposizioni summenzionate.

50      Inoltre, quand’anche la prassi fiscale di cui trattasi rientrasse nell’ambito di applicazione della libera circolazione dei capitali, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, qualora gli effetti restrittivi che una misura nazionale potrebbe produrre siano troppo aleatori e troppo indiretti, effetti del genere non possono essere considerati idonei ad ostacolare una delle libertà di circolazione (v., per analogia, sentenza del 27 ottobre 2022, Instituto do Cinema e do Audiovisual, C‑411/21, EU:C:2022:836, punto 29). Orbene, una prassi fiscale come quella oggetto del procedimento principale non è idonea a incidere in modo certo e diretto sui finanziamenti concessi dal 7º o dal 9º°FES.

51      Tenuto conto di quanto precede, è giocoforza rilevare che una prassi fiscale come quella di cui trattasi nel procedimento principale non rientra nell’ambito della libertà di circolazione dei capitali di cui all’articolo 63, paragrafo 1, TFUE.

52      Per quanto concerne, poi, l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in combinato disposto con gli articoli 208 TFUE e 210 TFUE, si può osservare che, come constatato, in sostanza, al punto 46 della presente sentenza, il 7º e il 9º°FES non sono organi dell’Unione. Orbene, benché l’articolo 4, paragrafo 3, TUE sancisca un principio di leale cooperazione, resta cionondimeno il fatto che quest’ultimo, anche in combinato disposto con gli articoli 208 TFUE e 210 TFUE, ha un ambito di applicazione limitato all’adempimento da parte dell’Unione e degli Stati membri dei compiti derivanti dai Trattati.

53      Tuttavia, occorre rammentare che il 7º e il 9º°FES sono stati istituiti dagli Stati membri per eseguire gli obblighi di assistenza finanziaria che essi hanno assunto collettivamente con l’Unione nel contesto della quarta convenzione ACP-CEE e dell’accordo di Cotonou.

54      Dato che le disposizioni dei Trattati sono vincolanti per gli Stati membri, questi ultimi non possono esimersi dall’obbligo di rispettare il proprio dovere di leale cooperazione ai fini, segnatamente, dell’adempimento da parte dell’Unione dei suoi compiti, tra i quali figurano, in forza dell’articolo 3 TUE, la rigorosa osservanza del diritto internazionale e quindi degli impegni che essa ha assunto collettivamente con gli Stati membri in sede di ratifica di accordi internazionali misti, nonché, conformemente all’articolo 21 TUE, lo sviluppo sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale dei paesi in via di sviluppo. Pertanto, i rapporti tra, da un lato, gli Stati membri e, dall’altro, il 7º e il 9º°FES devono essere considerati disciplinati dagli stessi principi che sarebbero stati applicabili se gli Stati membri non avessero scelto di istituire detti FES allo scopo di eseguire gli obblighi finanziari che essi hanno assunto collettivamente con l’Unione in occasione della ratifica della quarta convenzione ACP-CEE e di quella dell’accordo di Cotonou, tra i quali figura il principio di leale cooperazione, enunciato all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, se del caso, in combinato disposto con gli articoli 208 TFUE e 210 TFUE.

55      Inoltre, tale dovere di leale cooperazione è di applicazione generale e non dipende dal carattere esclusivo o meno della competenza dell’Unione di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 20 aprile 2010, Commissione/Svezia, C‑246/07, EU:C:2010:203, punto 71), né quindi, a maggior ragione, dalla circostanza che tale competenza rientri in un ambito di competenze parallele, come avviene, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, TFUE, nel caso della cooperazione allo sviluppo, per il quale l’esercizio da parte dell’Unione della sua competenza non impedisce agli Stati membri di esercitare la propria.

56      Per contro, occorre ricordare che solo le disposizioni, ivi comprese quelle previste dai Trattati, che impongono obblighi precisi e incondizionati e non richiedono, per la loro applicazione, alcun intervento ulteriore delle autorità dell’Unione o nazionali possono essere fatte valere dai singoli (v., in tal senso, sentenze del 10 novembre 1992, Hansa Fleisch Ernst Mundt, C‑156/91, EU:C:1992:423, punto 13, nonché del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a., C‑537/16, EU:C:2018:193, punto 65).

57      Orbene, per quanto concerne il principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, quest’ultimo comporta, come emerge dalla formulazione di tale disposizione, due obblighi positivi a carico degli Stati membri, consistenti, da un lato, nel rispettare, agevolare e assistere l’Unione nell’adempimento dei compiti derivanti dai Trattati, ricordato al punto 54 della presente sentenza, e, dall’altro, nell’adottare tutte le misure necessarie ai fini dell’esecuzione degli obblighi derivanti dai Trattati o risultanti dagli atti delle istituzioni, nonché un obbligo negativo, vale a dire quello di astenersi da qualsiasi misura che possa mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione.

58      Per quanto riguarda il primo dei suddetti obblighi positivi, sebbene quest’ultimo richieda agli Stati membri di rispettare le strategie e le azioni adottate dall’Unione (v., in tal senso, sentenza del 20 aprile 2010, Commissione/Svezia, C‑246/07, EU:C:2010:203, punti 75 e 76) e, a tale titolo, possa esigere, qualora una normativa nazionale subordini l’applicazione di un vantaggio giuridico o fiscale alla condizione che la sua concessione sia opportuna per ragioni economiche, che lo Stato membro interessato ritenga che una condizione del genere sia soddisfatta quando l’applicazione di tale vantaggio è in linea con gli interessi economici dell’Unione che dette strategie e azioni mirano a promuovere o a difendere, resta cionondimeno il fatto che un tale obbligo è troppo impreciso per poter far sorgere diritti in capo ai singoli (v., in tal senso, sentenza del 15 gennaio 1986, Hurd, 44/84, EU:C:1986:2, punti da 47 a 49).

59      Per quanto concerne il secondo dei suddetti obblighi positivi e ai sensi del quale gli Stati membri devono adottare tutte le misure necessarie ai fini dell’esecuzione degli obblighi derivanti dai Trattati o risultanti dagli atti delle istituzioni, dalla formulazione stessa dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, TUE si evince che tale obbligo non conferisce di per sé diritti soggettivi, ma esiste solo in combinazione con un obbligo particolare gravante sugli Stati membri in forza dei Trattati o di un atto delle istituzioni dell’Unione, come quello relativo alle regole di competenza.

60      Orbene, contrariamente alla situazione alla base della causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 dicembre 2004, My (C‑293/03, EU:C:2004:821, punti 35, 41, 42, 45 e 47), dal fascicolo di cui dispone la Corte non risulta che, nella presente causa, esista a carico dello Stato membro interessato un obbligo che possa essere letto in connessione con il principio di leale cooperazione e che abbia l’effetto di far sorgere diritti soggettivi in capo ai singoli. Invero, gli obblighi di cui all’articolo 208, paragrafo 1, TFUE, e all’articolo 210, paragrafo 1, TFUE sono a loro volta troppo generali per poter far sorgere diritti del genere.

61      È vero che tali disposizioni, che perseguono gli obiettivi generali dell’azione esterna dell’Unione previsti all’articolo 21 TUE, quali la promozione dello sviluppo sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale dei paesi in via di sviluppo [v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2021, Commissione/Consiglio (Accordo con l’Armenia), C‑180/20, EU:C:2021:658, punto 49], prevedono che gli Stati membri e l’Unione debbano cooperare e consultarsi vicendevolmente affinché le loro politiche rispettive di aiuto allo sviluppo si completino e si rafforzino reciprocamente. Tuttavia, le modalità precise di una siffatta cooperazione dipendono da un insieme di parametri che spetta esclusivamente agli Stati membri e all’Unione prevedere. Di conseguenza, sebbene gli Stati membri o l’Unione possano far valere detti obblighi, per contro, in mancanza di una concretizzazione più precisa degli obblighi che esse enunciano, dette disposizioni non possono essere eccepite dai singoli contro uno Stato membro o l’Unione (v., per analogia, sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a., C‑366/10, EU:C:2011:864, punti da 75 a 78).

62      Nel caso di specie, la decisione con cui la Commissione, agendo a nome del FES, concede un contributo finanziario non può costituire una concretizzazione di dette disposizioni idonea a consentire ai singoli di opporsi alla prassi fiscale di cui trattasi nel procedimento principale, in quanto, da un lato, il destinatario di questo tipo di decisione è l’organismo di aiuto allo sviluppo, e non i suoi dipendenti, e, dall’altro, detta decisione non prevede l’obbligo per lo Stato membro interessato di non tassare i redditi dei dipendenti assegnati al progetto di aiuto allo sviluppo così sovvenzionato.

63      Infine, per quanto concerne l’obbligo negativo di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, occorre rilevare che, per definire quest’ultimo, gli autori del Trattato hanno scelto di ricorrere a termini che implicano una certa gravità, vale a dire «mettere in pericolo» la realizzazione degli obiettivi dell’Unione, una scelta che riflette la volontà deliberata di tali autori di limitare l’ambito di applicazione di detto obbligo alle situazioni di particolare gravità. Orbene, non si può ritenere che una prassi fiscale come quella oggetto del procedimento principale metta in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione, in quanto ai FES non viene precluso finanziare azioni di aiuto allo sviluppo, né essi vengono dissuasi dal farlo.

64      Alla luce di quanto precede, si deve rispondere alla questione pregiudiziale dichiarando che le disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in combinato disposto con quelle degli articoli 208 TFUE e 210 TFUE, devono essere interpretate nel senso che non ostano ad una prassi fiscale nazionale che rifiuti di esentare dall’imposta sul reddito la retribuzione percepita da un lavoratore assegnato ad un’attività connessa all’aiuto pubblico allo sviluppo qualora tale attività sia finanziata da un FES, mentre detta esenzione è concessa qualora un’attività del genere sia finanziata almeno per il 75% da un ministero responsabile della cooperazione allo sviluppo o da una società privata di aiuto allo sviluppo appartenente allo Stato membro interessato.

 Sulle spese

65      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

Le disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, in combinato disposto con quelle degli articoli 208 TFUE e 210 TFUE, devono essere interpretate nel senso che non ostano ad una prassi fiscale nazionale che rifiuti di esentare dall’imposta sul reddito la retribuzione percepita da un lavoratore assegnato ad un’attività connessa all’aiuto pubblico allo sviluppo qualora tale attività sia finanziata da un Fondo europeo di sviluppo, mentre detta esenzione è concessa qualora un’attività del genere sia finanziata almeno per il 75% da un ministero responsabile della cooperazione allo sviluppo o da una società privata di aiuto allo sviluppo appartenente allo Stato membro interessato.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.