Language of document : ECLI:EU:C:2022:894

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

17 novembre 2022 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 34 e 36 TFUE – Libera circolazione delle merci – Proprietà intellettuale – Marchi – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Articolo 9, paragrafo 2 – Articolo 13 – Direttiva 2008/95 – Articolo 5, paragrafo 1 – Articolo 7 – Diritto conferito dal marchio – Esaurimento del diritto conferito dal marchio – Importazione parallela di medicinali – Medicinale di riferimento e medicinale generico – Imprese economicamente collegate – Riconfezionamento del medicinale generico – Nuovo imballaggio esterno – Apposizione del marchio del medicinale di riferimento – Opposizione del titolare del marchio – Compartimentazione artificiosa dei mercati tra Stati membri»

Nelle cause riunite C‑253/20 e C‑254/20,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dallo Hof van beroep te Brussel (Corte d’appello di Bruxelles, Belgio), con decisioni del 25 maggio 2020, pervenute in cancelleria il 9 giugno 2020, nei procedimenti

Impexeco NV

contro

Novartis AG (C‑253/20),

e

PI Pharma NV

contro

Novartis AG,

Novartis Pharma NV (C‑254/20),

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, D. Gratsias, M. Ilešič (relatore), I. Jarukaitis e Z. Csehi, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Impexeco NV e la PI Pharma NV, da F. Cornette, L. Coucke, V. Pede e T. Poels-Ryckeboer, advocaten;

–        per la Novartis AG e la Novartis Pharma NV, da J. Figys, P. Maeyaert, J. Muyldermans, K. Roox, L. van Kruijsdijk e M. Van Nieuwenborgh, advocaten;

–        per la Commissione europea, da É. Gippini Fournier, P.‑J. Loewenthal e F. Thiran, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 gennaio 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione degli articoli 34 e 36 TFUE.

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie che vedono contrapposte, la prima, la Impexeco NV alla Novartis AG e, la seconda, la PI Pharma NV alla Novartis e alla Novartis Pharma NV, in merito alla commercializzazione, in Belgio, di medicinali generici importati parallelamente dai Paesi Bassi e riconfezionati in un nuovo imballaggio esterno sul quale il marchio del medicinale generico di cui la Novartis è titolare è stato sostituito dal marchio del medicinale di riferimento di cui quest’ultima è parimenti titolare.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Regolamento n. 207/2009

3        L’articolo 9 del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015 (GU 2015, L 341, pag. 21) (in prosieguo: il «regolamento n. 207/2009»), intitolato «Diritti conferiti dal marchio UE», prevedeva quanto segue:

«1.      La registrazione del marchio UE conferisce al titolare un diritto esclusivo.

2.      Fatti salvi i diritti dei titolari acquisiti prima della data di deposito o della data di priorità del marchio UE, il titolare del marchio UE ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio, in relazione a prodotti o servizi, qualsiasi segno quando:

a)      il segno è identico al marchio UE ed è usato in relazione a prodotti e servizi identici ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio UE è stato registrato;

b)      il segno è identico o simile al marchio UE ed è usato in relazione a prodotti e a servizi identici o simili ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio UE è stato registrato, se vi è rischio di confusione da parte del pubblico; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione tra segno e marchio;

c)      il segno è identico o simile al marchio UE, a prescindere dal fatto che sia usato per prodotti o servizi identici, simili o non simili a quelli per i quali il marchio UE è stato registrato, se il marchio UE gode di notorietà nell’Unione [europea] e se l’uso del segno senza giusto motivo consente di trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio UE o reca pregiudizio agli stessi.

3.      Possono essere in particolare vietati, a norma del paragrafo 2:

a)      l’apposizione del segno sui prodotti o sul loro imballaggio;

b)      l’offerta, l’immissione in commercio o lo stoccaggio dei prodotti a tali fini oppure l’offerta o la fornitura di servizi sotto la copertura del segno;

c)      l’importazione o l’esportazione dei prodotti sotto la copertura del segno;

(...)».

4        L’articolo 13 del regolamento n. 207/2009, intitolato «Esaurimento del diritto conferito dal marchio UE», così dispone:

«1.      Il diritto conferito dal marchio UE non permette al titolare di impedirne l’uso per prodotti immessi in commercio nello Spazio economico europeo [(SEE)] con tale marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.

2.      Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga alla successiva immissione in commercio dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio».

 Direttiva 2008/95/CE

5        Ai sensi dell’articolo 5 della direttiva n. 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2008, L 299, pag. 25), intitolato «Diritti conferiti dal marchio di impresa»:

«1.      Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a)      un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui è stato registrato;

b)      un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza col marchio di impresa e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, compreso il rischio che si proceda a un’associazione tra il segno e il marchio di impresa.

(...)

3.      Si può in particolare vietare, ove sussistano le condizioni menzionate ai paragrafi 1 e 2:

a)      di apporre il segno sui prodotti o sul loro condizionamento;

b)      di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, ovvero di offrire o fornire servizi contraddistinti dal segno;

c)      di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno;

(...)».

6        L’articolo 7 di tale direttiva, intitolato «Esaurimento del diritto conferito dal marchio di impresa», così disponeva:

«1.      Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare l’uso del marchio di impresa per prodotti immessi in commercio nella Comunità con detto marchio dal titolare stesso o con il suo consenso.

2.      Il paragrafo 1 non si applica quando sussistono motivi legittimi perché il titolare si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio».

 Direttiva 2001/83/CE

7        Ai sensi dell’articolo 10 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67), come modificata dalla direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004 (GU 2004, L 136, pag. 34):

«1.      In deroga all’articolo 8, paragrafo 3, lettera i), e fatto salvo il diritto sulla tutela della proprietà industriale e commerciale, il richiedente non è tenuto a fornire i risultati delle prove precliniche e delle sperimentazioni cliniche se può dimostrare che il medicinale è un medicinale generico di un medicinale di riferimento che è o è stato autorizzato a norma dell’articolo 6 per almeno otto anni in uno Stato membro o nella Comunità.

(...)

2.      Ai fini del presente articolo si intende per:

a)      “medicinale di riferimento”: un medicinale autorizzato a norma dell’articolo 6, ai sensi delle disposizioni dell’articolo 8;

b)      “medicinale generico”: un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità. I vari sali, esteri, eteri, isomeri, miscele di isomeri, complessi o derivati di una sostanza attiva sono considerati la stessa sostanza attiva se non presentano differenze significative delle proprietà relative alla sicurezza e/o efficacia. In tal caso il richiedente deve trasmettere informazioni supplementari destinate a fornire la prova della sicurezza e/o efficacia dei vari sali, esteri o derivati di una sostanza attiva autorizzata. Le varie forme farmaceutiche orali a rilascio immediato sono considerate una stessa forma farmaceutica. Non è necessario richiedere al richiedente studi di biodisponibilità se egli può provare che il medicinale generico soddisfa i criteri pertinenti definiti nelle appropriate linee direttrici dettagliate.

(...)».

 Convenzione Benelux

8        L’articolo 2.20 della Convenzione Benelux sulla proprietà intellettuale (marchi e disegni o modelli), del 25 febbraio 2005, sottoscritta all’Aia dal Regno del Belgio, dal Granducato di Lussemburgo e dal Regno dei Paesi Bassi, nella versione applicabile alle controversie oggetto dei procedimenti principali (in prosieguo: la «Convenzione Benelux»), intitolato «Ampiezza della protezione», prevedeva quanto segue:

«1.      Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. Fatta salva l’eventuale applicazione del regime giuridico ordinario in materia di responsabilità civile, il diritto esclusivo sul marchio di impresa consente al titolare di vietare a qualsiasi terzo, salvo proprio consenso:

a.      di usare nel commercio un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui tale marchio è stato registrato;

b.      di usare nel commercio un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza col marchio di impresa e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, compreso il rischio che si proceda a un’associazione tra il segno e il marchio di impresa;

(...)

2.      Ai fini dell’applicazione del comma 1, si intende per uso di un marchio o di un segno simile, in particolare:

a.      l’apposizione del segno sui prodotti o sul loro condizionamento;

b.      l’offerta, l’immissione in commercio o la detenzione dei prodotti a tali fini oppure l’offerta o la prestazione di servizi contraddistinti dal segno;

c.      l’importazione o l’esportazione dei prodotti contraddistinti dal segno;

(...)».

9        Ai sensi dell’articolo 2.23, paragrafo 3, di detta Convenzione:

«Il diritto esclusivo non conferisce il diritto di opporsi all’uso del marchio per prodotti immessi in commercio nella Comunità europea o nel [SEE] con tale marchio da parte del titolare o con il suo consenso, salvo che sussistano motivi legittimi perché il titolare si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato dei prodotti è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio».

 Diritto belga

10      Ai sensi dell’articolo 3, § 2, del regio decreto del 19 aprile 2001 sull’importazione parallela dei medicinali per uso umano e sulla distribuzione parallela dei medicinali per uso umano e veterinario (Moniteur belge del 30 maggio 2001, pag. 17954), come modificato dal regio decreto del 21 gennaio 2011 (Moniteur belge del 9 febbraio 2011, pag. 9864):

«In deroga alle disposizioni dell’articolo 4, § 1, primo comma, del regio decreto del 14 dicembre 2006 relativo ai medicinali per uso umano e veterinario, chi intenda importare parallelamente un medicinale può ottenere un’autorizzazione a tal fine, a condizione che si tratti di un medicinale:

1°      che sia oggetto di un’autorizzazione all’immissione in commercio nello Stato membro di provenienza rilasciata dalle autorità competenti di tale Stato membro;

2°      per il quale esiste un medicinale di riferimento;

3°      che, senza essere identico sotto tutti i profili al medicinale di riferimento quantomeno:

a)      abbia la medesima composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive;

b)      abbia le medesime indicazioni terapeutiche;

c)      sia equivalente sotto il profilo terapeutico;

d)      abbia la stessa forma farmaceutica.

Il medicinale è considerato conforme al primo comma, punto 3°, lettera c), se è dimostrato che il medicinale per il quale è stata chiesta un’autorizzazione all’importazione parallela e che è conforme al primo comma, punto 3°, lettere a) e d), ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa in termini di eccipienti ed è prodotto secondo lo stesso procedimento.

L’Agenzia federale, qualora constati la non conformità al criterio di cui al primo comma, punto 3°, lettera c), chiede alle autorità competenti dello Stato membro di provenienza le informazioni necessarie per poter valutare la conformità a tale criterio.

Può essere dimostrato, mediante almeno uno dei seguenti studi o sperimentazioni, che il criterio di cui al comma 1, punto 3°, lettera c), è stato soddisfatto:

1°      studi di bioequivalenza;

2°      sperimentazioni cliniche;

3°      studi farmacodinamici nell’uomo;

4°      studi sulla disponibilità locale del medicinale;

5°      studi di dissoluzione in vitro.

Gli studi o le sperimentazioni utilizzati di cui al comma 4 sono adattati alle caratteristiche specifiche del medicinale».

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

11      La Novartis AG, società di diritto svizzero, è la società madre del gruppo Novartis, attivo nella produzione di medicinali. Di questo gruppo fanno parte, tra l’altro, le divisioni Pharmaceuticals e Sandoz, responsabili, rispettivamente, dello sviluppo dei medicinali originari (medicinali di riferimento) e della produzione dei medicinali generici.

12      La Impexeco e la PI Pharma sono due società di diritto belga attive nel commercio parallelo di medicinali.

 Causa C253/20

13      La Novartis ha elaborato un medicinale avente come sostanza attiva il letrozolo, commercializzato in Belgio e nei Paesi Bassi con il marchio dell’Unione europea «Femara», di cui la Novartis è titolare.

14      Tale medicinale è immesso in commercio in confezioni da 30 e da 100 compresse rivestite con film da 2,5 mg in Belgio e in confezioni da 30 compresse rivestite con film da 2,5 mg nei Paesi Bassi.

15      La Sandoz BV e la Sandoz NV commercializzano, rispettivamente nei Paesi Bassi e in Belgio, il medicinale generico «Letrozol Sandoz 2,5 mg», in confezioni da 30 compresse rivestite con film in tale primo Stato membro, e da 30 e 100 compresse rivestite con film in tale secondo Stato membro.

16      Secondo il giudice del rinvio, i medicinali commercializzati con le denominazioni «Femara» e «Letrozol Sandoz» sono identici.

17      Con lettera del 28 ottobre 2014 la Impexeco ha informato la Novartis della sua intenzione di importare dai Paesi Bassi e di immettere sul mercato belga, a partire dal 1° dicembre 2014, il medicinale «Femara 2,5 mg x 100 compresse (letrozolo)». Dalla decisione di rinvio risulta che, in realtà, tale medicinale era il medicinale «Letrozol Sandoz 2,5 mg», riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale la Impexeco intendeva apporre il marchio «Femara».

18      Con lettera del 17 novembre 2014, la Novartis si è opposta all’importazione parallela prospettata dalla Impexeco facendo valere che una nuova marcatura di quest’ultimo medicinale con il marchio del medicinale di riferimento prodotto dalla Novartis, ossia il marchio «Femara», costituiva una manifesta violazione del suo diritto su tale marchio ed era tale da indurre in errore il pubblico.

19      Nel luglio 2016 la Impexeco ha proceduto alla commercializzazione, in Belgio, del medicinale «Letrozol Sandoz 2,5 mg», riconfezionato in un nuovo imballaggio sul quale era apposto il marchio «Femara».

20      Secondo il giudice del rinvio, il prezzo al pubblico dei medicinali «Femara (Novartis) 2,5 mg», «Letrozol Sandoz 2,5 mg» e «Femara (Impexeco) 2,5 mg» è identico in Belgio. Per contro, il prezzo al pubblico del «Letrozol Sandoz 2,5 mg» sarebbe nettamente inferiore nei Paesi Bassi.

21      Ritenendo che la commercializzazione di cui al punto 19 della presente sentenza violasse i suoi diritti di marchio, il 16 novembre 2016 la Novartis ha proposto ricorso contro la Impexeco dinanzi allo Stakingsrechter te Brussel (Giudice cautelare di Bruxelles, Belgio).

22      Con lettera del 10 aprile 2017, la Impexeco ha informato la Novartis anche riguardo alla propria intenzione di commercializzare in Belgio il medicinale «Femara 2,5 mg» in confezioni da 30 compresse rivestite con film, importate dai Paesi Bassi e rietichettate. Dalla decisione di rinvio risulta che tale medicinale era il medicinale «Letrozol Sandoz 2,5 mg» e che la Impexeco intendeva rietichettarlo apponendovi il marchio «Femara».

 Causa C254/20

23      La Novartis ha elaborato un medicinale avente come sostanza attiva il metilfenidato. La Novartis Pharma NV commercializza tale medicinale in Belgio con il marchio Benelux denominativo «Rilatine», di cui è titolare, segnatamente in scatole da 20 compresse da 10 mg. Nei Paesi Bassi, detto medicinale è commercializzato dalla Novartis Pharma BV con il marchio «Ritalin», segnatamente in scatole da 30 compresse da 10 mg.

24      La Sandoz BV immette in commercio nei Paesi Bassi il medicinale generico «Metilfenidato HCl Sandoz 10 mg» in una confezione da 30 compresse.

25      Secondo il giudice del rinvio, i medicinali commercializzati con le denominazioni «Metilfenidato HCl Sandoz 10 mg compresse» e «Ritalin 10 mg compresse» sono identici.

26      Con lettera del 30 giugno 2015, la PI Pharma ha informato la Novartis Pharma NV della sua intenzione di importare dai Paesi Bassi e di immettere sul mercato belga il medicinale «Rilatine 10 mg x 20 compresse». Dalla decisione di rinvio risulta che, in realtà, tale medicinale era il medicinale «Metilfenidato HCl Sandoz 10 mg», riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale la PI Pharma intendeva apporre il marchio «Rilatine».

27      In una lettera del 22 luglio 2015, la Novartis ha espresso la propria opposizione all’importazione parallela prospettata dalla PI Pharma, sostenendo che una nuova marcatura del medicinale «Metilfenidato HCl Sandoz 10 mg» con il marchio del medicinale di riferimento della Novartis, ossia il marchio «Rilatine», costituiva una manifesta violazione del suo diritto su tale marchio ed era tale da indurre in errore il pubblico.

28      Nell’ottobre 2016 la PI Pharma ha proceduto alla commercializzazione, in Belgio, di tale medicinale riconfezionato in un nuovo imballaggio sul quale era apposto il marchio «Rilatine».

29      Il giudice del rinvio afferma che, in Belgio, il prezzo al pubblico del medicinale «Rilatine 10 mg x 20 compresse Novartis» è di EUR 8,10 (ossia EUR 0,405 per compressa) e quello del medicinale «Rilatine 10 mg x 20 compresse PI Pharma» di EUR 7,95 (ossia EUR 0,398 per compressa), mentre, nei Paesi Bassi, il prezzo al pubblico del medicinale «Metilfenidato HCl Sandoz 10 mg» è di EUR 0,055 per compressa.

30      Ritenendo che la commercializzazione di cui al punto 28 della presente sentenza violasse i propri diritti di marchio, il 28 luglio 2017 la Novartis ha proposto un ricorso contro la PI Pharma dinanzi allo Stakingsrechter te Brussel (Giudice cautelare di Bruxelles, Belgio).

 Elementi comuni alle controversie principali

31      Con due sentenze del 12 aprile 2018, lo Stakingsrechter te Brussel (Giudice cautelare di Bruxelles, Belgio) ha considerato fondati i due ricorsi di cui ai punti 21 e 30 della presente sentenza sulla base del rilievo, in particolare, che la pratica consistente nell’apporre i marchi «Femara» e «Rilatine» rispettivamente sui medicinali generici riconfezionati «Letrozol Sandoz 2,5 mg» e «Metilfenidato HCl Sandoz 10 mg», importati dai Paesi Bassi, violava il diritto di marchio della Novartis, ai sensi rispettivamente dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 207/2009 e dell’articolo 2.20, paragrafo 1, lettera a), della Convenzione Benelux. Di conseguenza, lo Stakingsrechter te Brussel (Giudice cautelare di Bruxelles, Belgio) ha ordinato la cessazione di tale pratica.

32      La Impexeco e la PI Pharma hanno rispettivamente impugnato tali due sentenze dinanzi al giudice del rinvio.

33      Dinanzi a quest’ultimo, esse fanno valere che le pratiche consistenti nell’utilizzare confezioni diverse e marchi diversi per uno stesso prodotto contribuiscono entrambe a una compartimentazione dei mercati degli Stati membri e, pertanto, arrecano lo stesso pregiudizio al commercio all’interno dell’Unione.

34      Sulla base dei punti da 38 a 40 della sentenza del 12 ottobre 1999, Upjohn (C‑379/97, EU:C:1999:494), la Impexeco e la PI Pharma sostengono che l’opposizione del titolare di un marchio alla riapposizione di un marchio da parte di un importatore parallelo costituisce un ostacolo al commercio intracomunitario che genera compartimentazioni artificiose dei mercati tra Stati membri, qualora tale riapposizione sia necessaria affinché i prodotti interessati possano essere commercializzati da tale importatore nello Stato membro di importazione. Tale giurisprudenza sarebbe applicabile alla situazione in cui si procede a una nuova marcatura di un medicinale generico mediante l’apposizione del marchio del medicinale di riferimento, quando tali medicinali sono stati immessi in commercio nel SEE da imprese collegate economicamente.

35      La Novartis sostiene che, in forza dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 e dell’articolo 2.23, paragrafo 3, della Convenzione Benelux, può esservi esaurimento del diritto conferito dal marchio solo per i prodotti immessi sul mercato nel SEE «con tale marchio» dal titolare stesso o con il suo consenso, e non nel caso in cui un importatore parallelo proceda a una nuova marcatura dei prodotti di cui trattasi.

36      In tale contesto, ritenendo che le controversie dinanzi ad esso pendenti sollevino questioni interpretative del diritto dell’Unione, lo Hof van beroep te Brussel (Corte d’appello di Bruxelles, Belgio) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, formulate in termini identici nelle cause C‑253/20 e C‑254/20:

«1)      Se gli articoli da 34 a 36 TFUE debbano essere interpretati nel senso che, qualora un medicinale originario (medicinale di riferimento) e un medicinale generico siano stati immessi in commercio nel SEE da imprese collegate economicamente, l’opposizione di un titolare di marchio all’ulteriore commercializzazione del medicinale generico ad opera di un importatore parallelo dopo il riconfezionamento di detto medicinale generico apponendo il marchio del medicinale originario (medicinale di riferimento) nel paese di importazione può determinare una compartimentazione artificiosa dei mercati degli Stati membri.

2)      In caso di risposta affermativa a tale questione, se l’opposizione del titolare del marchio a tale [nuova marcatura] debba essere esaminata alla luce delle condizioni [di cui al punto 79 della sentenza dell’11 luglio 1996, Bristol-Myers Squibb e a. (C‑427/93, C‑429/93 e C‑436/93, EU:C:1996:282)].

3)      Se per rispondere a tali questioni sia rilevante che il medicinale generico e il medicinale originario (medicinale di riferimento) siano identici o abbiano lo stesso effetto terapeutico, ai sensi dell’articolo 3, § 2, del regio decreto del 19 aprile 2001 sull’importazione parallela [dei medicinali per uso umano e sulla distribuzione parallela dei medicinali per uso umano e veterinario, come modificato dal regio decreto del 21 gennaio 2011]».

 Procedimento dinanzi alla Corte

37      Con decisione del presidente della Corte del 14 luglio 2020, le cause C‑253/20 e C‑254/20 sono state riunite ai fini delle fasi scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

38      Il regolamento n. 207/2009 è stato abrogato e sostituito, a decorrere dal 1° ottobre 2017, dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1), mentre la direttiva 2008/95 è stata abrogata e sostituita, a decorrere dal 15 gennaio 2019, dalla direttiva (UE) 2015/2436 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2015, L 336, pag. 1).

39      Tuttavia, tenuto conto delle date dei fatti oggetto dei procedimenti principali, a questi ultimi continuano ad applicarsi ratione temporis il regolamento n. 207/2009 e la direttiva 2008/95.

 Nel merito

40      Secondo costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte [sentenza del 26 aprile 2022, Landespolizeidirektion Steiermark (Durata massima del controllo di frontiera alle frontiere interne), C‑368/20 e C‑369/20, EU:C:2022:298, punto 50 e giurisprudenza ivi citata]. Inoltre, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la sua questione (sentenza dell’8 settembre 2022, RTL Television, C‑716/20, EU:C:2022:643, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).

41      Nel caso di specie, per rispondere alle questioni sollevate, occorre prendere in considerazione le disposizioni del diritto derivato dell’Unione previste all’articolo 9, paragrafo 2, e all’articolo 13 del regolamento n. 207/2009, nonché all’articolo 5, paragrafo 1, e all’articolo 7 della direttiva 2008/95, dal momento che esse riguardano i diritti dei titolari di un marchio e la questione dell’esaurimento dei diritti conferiti da questi ultimi.

42      Pertanto, con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 13 del regolamento n. 207/2009, nonché l’articolo 5, paragrafo 1, e l’articolo 7 della direttiva 2008/95, letti alla luce degli articoli 34 e 36 TFUE, debbano essere interpretati nel senso che il titolare del marchio di un medicinale di riferimento e del marchio di un medicinale generico può opporsi all’immissione in commercio in uno Stato membro, da parte di un importatore parallelo, di tale medicinale generico, importato da un altro Stato membro, qualora detto medicinale sia stato riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale è stato apposto il marchio del corrispondente medicinale di riferimento.

43      In limine occorre ricordare che, in forza dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, e dell’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, la registrazione di un marchio conferisce al suo titolare un diritto esclusivo, in virtù del quale, ai sensi di tale articolo 9, paragrafo 2, lettera a), e di detto articolo 5, paragrafo 1, lettera a), tale titolare è legittimato a vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio un segno identico a tale marchio per prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio è stato registrato.

44      L’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 e l’articolo 5, paragrafo 3, della direttiva 2008/95 elencano, in modo non esaustivo, diversi tipi di usi che il titolare del marchio può vietare (sentenza del 25 luglio 2018, Mitsubishi Shoji Kaisha e Mitsubishi Caterpillar Forklift Europe, C‑129/17, EU:C:2018:594, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

45      In particolare, da detto articolo 9, paragrafo 3, e da detto articolo 5, paragrafo 3, risulta che il titolare può in particolare vietare ai terzi l’apposizione del segno in questione sui prodotti o sul loro imballaggio nonché l’importazione e la commercializzazione dei prodotti sotto la copertura di tale segno.

46      Il diritto esclusivo del titolare del marchio è stato concesso al fine di consentire a quest’ultimo di tutelare i propri interessi specifici in quanto titolare di tale marchio, ossia al fine di garantire che il marchio possa adempiere le funzioni che gli sono proprie. L’esercizio di tale diritto dev’essere pertanto riservato ai casi in cui l’uso del segno da parte di un terzo pregiudichi o possa pregiudicare le funzioni del marchio. Fra dette funzioni è da annoverare non solo la funzione essenziale del marchio, consistente nel garantire al consumatore l’identità di origine del prodotto o del servizio, ma anche le altre funzioni del marchio, segnatamente quella di garantire la qualità del prodotto o del servizio di cui si tratti, o quelle di comunicazione, investimento o pubblicità (v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, Mitsubishi Shoji Kaisha e Mitsubishi Caterpillar Forklift Europe, C‑129/17, EU:C:2018:594, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

47      Secondo costante giurisprudenza, il riconfezionamento di un prodotto munito di marchio operato da un terzo senza l’autorizzazione del suo titolare può creare rischi reali per la garanzia di provenienza di detto prodotto (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2018, Junek Europ-Vertrieb, C‑642/16, EU:C:2018:322, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

48      Ciò posto, in forza dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 2007/2009 e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2008/95, il diritto conferito dal marchio non permette al suo titolare di impedirne l’uso per prodotti immessi in commercio nell’Unione con detto marchio dal titolare o con il suo consenso. Tali disposizioni mirano a conciliare gli interessi fondamentali attinenti alla tutela dei diritti del marchio, da un lato, e quelli relativi alla libera circolazione delle merci nel mercato interno, dall’altro lato (v., in tal senso, sentenza del 20 dicembre 2017, Schweppes, C‑291/16, EU:C:2017:990, punto 35).

49      In tale contesto, occorre ricordare che, è pur vero che l’articolo 13 del regolamento n. 207/2009 e l’articolo 7 della direttiva 2008/95, formulati in termini generali, disciplinano in modo completo la materia dell’esaurimento del diritto conferito dal marchio e che, qualora sia prevista un’armonizzazione delle misure necessarie per garantire la tutela degli interessi di cui all’articolo 36 TFUE, ogni misura nazionale relativa a tale materia deve essere valutata con riguardo alle disposizioni di tale regolamento o di tale direttiva e non alla luce degli articoli da 34 a 36 TFUE. Tuttavia, detto regolamento e detta direttiva, come tutta la normativa di diritto derivato dell’Unione, devono essere interpretati alla luce delle norme del Trattato FUE relative alla libera circolazione delle merci e, segnatamente, dell’articolo 36 TFUE (v, in tal senso, sentenza del 20 dicembre 2017, Schweppes, C‑291/16, EU:C:2017:990, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

50      Più in particolare, dall’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009 e dall’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2008/95 si evince che l’opposizione del titolare del marchio al riconfezionamento, costituendo una deroga alla libera circolazione delle merci, non è ammissibile qualora l’esercizio, da parte del titolare, del diritto conferito dal marchio costituisca una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri ai sensi dell’articolo 36, seconda frase, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2018, Junek Europ-Vertrieb, C‑642/16, EU:C:2018:322, punto 25 e giurisprudenza ivi citata). Infatti, l’oggetto del diritto dei marchi non consiste nel consentire ai titolari di compartimentare i mercati nazionali e di favorire in tal modo la conservazione delle differenze di prezzo che possono esistere tra gli Stati membri (sentenza dell’11 luglio 1996, Bristol-Myers Squibb e a., C‑427/93, C‑429/93 e C‑436/93, EU:C:1996:282, punto 46).

51      Costituisce una siffatta restrizione dissimulata, ai sensi dell’articolo 36, seconda frase, TFUE, l’esercizio, da parte del titolare di un marchio, del suo diritto di opporsi al riconfezionamento se tale esercizio contribuisce a isolare artificiosamente i mercati tra gli Stati membri e se, peraltro, il riconfezionamento avviene in modo tale che i legittimi interessi del titolare vengano rispettati, il che implica in particolare che il riconfezionamento non alteri lo stato originario del medicinale o non sia tale da nuocere alla reputazione del marchio (v., in tal senso, sentenze del 10 novembre 2016, Ferring Lægemidler, C‑297/15, EU:C:2016:857, punto 16 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 maggio 2018, Junek Europ-Vertrieb, C‑642/16, EU:C:2018:322, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

52      Inoltre, la Corte ha dichiarato che, poiché l’impossibilità per il titolare di far valere il suo diritto di marchio per opporsi alla commercializzazione, con il suo marchio, dei prodotti riconfezionati da un importatore equivale a riconoscere a quest’ultimo una certa facoltà che, di regola, è riservata allo stesso titolare, occorre ammettere tale facoltà nell’interesse del titolare, in quanto proprietario del marchio e per proteggerlo contro qualsiasi abuso, solo se l’importatore rispetta talune altre condizioni (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2011, Orifarm e a., C‑400/09 e C‑207/10, EU:C:2011:519, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).

53      Così, secondo costante giurisprudenza, il titolare di un marchio può legittimamente opporsi all’ulteriore commercializzazione in uno Stato membro di un prodotto farmaceutico contrassegnato dal suo marchio e importato da un altro Stato membro, qualora l’importatore di tale prodotto abbia riconfezionato il prodotto medesimo riapponendovi tale marchio, salvo che:

–        sia provato che l’esercizio del diritto di marchio da parte del titolare per opporsi alla commercializzazione del prodotto riconfezionato con detto marchio contribuisca a compartimentare artificiosamente i mercati tra gli Stati membri;

–        sia provato che il riconfezionamento non possa alterare lo stato originario del prodotto contenuto nella confezione;

–        siano indicati chiaramente sulla nuova confezione l’autore del riconfezionamento del prodotto e il nome del fabbricante;

–        la presentazione del prodotto riconfezionato non sia atta a nuocere alla reputazione del marchio e a quella del suo titolare, e

–        l’importatore, prima di mettere in vendita il prodotto riconfezionato, ne abbia informato il titolare del marchio fornendogli, su sua richiesta, un campione del prodotto riconfezionato (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 1996, Bristol‑Myers Squibb e a., C‑427/93, C‑429/93 e C‑436/93, EU:C:1996:282, punto 79; del 26 aprile 2007, Boehringer Ingelheim e a., C‑348/04, EU:C:2007:249, punto 32, nonché del 17 maggio 2018, Junek Europ-Vertrieb, C‑642/16, EU:C:2018:322, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

54      Per quanto riguarda, in particolare, la prima delle condizioni elencate al punto precedente della presente sentenza, la Corte ha dichiarato che contribuisce a una compartimentazione artificiosa dei mercati tra gli Stati membri l’opposizione del titolare del marchio al riconfezionamento di medicinali qualora quest’ultimo sia necessario affinché il prodotto importato parallelamente possa essere commercializzato nello Stato membro di importazione (sentenza del 26 aprile 2007, Boehringer Ingelheim e a., C‑348/04, EU:C:2007:249, punto 18).

55      Tale condizione relativa alla necessità è soddisfatta, in particolare, quando le circostanze sussistenti al momento della commercializzazione nello Stato membro d’importazione ostacolano l’immissione in commercio del medicinale nella stessa confezione in cui quest’ultimo è commercializzato nello Stato membro di esportazione, rendendo così oggettivamente necessario il riconfezionamento perché il medicinale interessato possa essere commercializzato in tale Stato dall’importatore parallelo (v., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2016, Ferring Lægemidler, C‑297/15, EU:C:2016:857, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

56      Per contro, tale condizione non è soddisfatta se il riconfezionamento del prodotto si spiega esclusivamente col desiderio da parte dell’importatore parallelo di conseguire un vantaggio commerciale (sentenza del 26 aprile 2007, Boehringer Ingelheim e a., C‑348/04, EU:C:2007:249, punto 37).

57      Secondo la giurisprudenza della Corte, contribuisce altresì a una compartimentazione artificiosa dei mercati tra Stati membri il fatto che il titolare di un marchio, che commercializza in vari Stati membri un medicinale identico con marchi diversi a seconda dello Stato membro in cui tale medicinale è commercializzato, si opponga alla sostituzione del marchio utilizzato nello Stato membro di esportazione con quello utilizzato da tale titolare nello Stato membro d’importazione, qualora tale sostituzione sia obiettivamente necessaria affinché detto medicinale possa essere commercializzato in quest’ultimo Stato membro dall’importatore parallelo (v., in tal senso, sentenza del 12 ottobre 1999, Upjohn, C‑379/97, EU:C:1999:494, punti 19 e da 38 a 40).

58      Nel caso di specie, tuttavia, le controversie oggetto dei procedimenti principali sono caratterizzate dalla circostanza che i medicinali oggetto del commercio parallelo sono medicinali generici, mentre i marchi apposti sulle nuove confezioni esterne di tali medicinali da parte degli importatori paralleli interessati sono quelli dei corrispondenti medicinali di riferimento.

59      In tali circostanze, occorre, in primo luogo, esaminare se tali medicinali possano essere considerati identici, ai sensi della giurisprudenza relativa all’esaurimento del diritto conferito dal marchio, menzionata al punto 57 della presente sentenza.

60      A tal riguardo occorre osservare, anzitutto, che ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/83, come modificata dalla direttiva 2004/27, per medicinale generico si intende «un medicinale che ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità».

61      Occorre poi rilevare, come ha fatto l’avvocato generale al paragrafo 65 delle sue conclusioni, che, come risulta dalla formulazione di tale articolo 10, paragrafo 2, lettera b), seconda e terza frase, la composizione del medicinale generico può essere diversa da quella del medicinale di riferimento per quanto riguarda la forma farmaceutica, la forma chimica del principio attivo e i suoi eccipienti.

62      Infine, al pari dell’avvocato generale al paragrafo 66 delle sue conclusioni, occorre sottolineare che, per motivi medici può essere controindicato sostituire durante il trattamento un medicinale con un medicinale equivalente, sia esso un medicinale di riferimento o un medicinale generico. Ciò vale, in particolare, per i medicinali cosiddetti «con un basso margine terapeutico».

63      In tali circostanze, considerare che, essendo equivalenti da un punto di vista terapeutico, un medicinale di riferimento e il suo omologo generico costituiscono prodotti identici, ai sensi della giurisprudenza richiamata al punto 57 della presente sentenza, rischierebbe di indurre in errore gli operatori sanitari e i pazienti quanto alla composizione esatta del medicinale interessato, con conseguenze potenzialmente gravi per la salute di questi ultimi.

64      Pertanto, solo un medicinale identico sotto tutti gli aspetti ad un altro medicinale può formare oggetto di riconfezionamento in una nuova confezione esterna sulla quale è stato apposto il marchio di tale altro medicinale.

65      Ciò può verificarsi, in particolare, nel caso di un medicinale di riferimento e di un medicinale generico fabbricati dalla stessa entità o da entità economicamente collegate e che, in realtà, costituiscono un unico prodotto commercializzato con due regimi diversi.

66      In un caso del genere, né la differenza del regime giuridico applicabile a tali medicinali, né il diverso modo in cui essi sono percepiti dagli operatori sanitari o dai pazienti possono giustificare il fatto che il titolare dei marchi interessati possa opporsi alla sostituzione del marchio che egli utilizza nello Stato membro di esportazione con quello che appone sui medicinali che commercializza nello Stato membro di importazione, se è dimostrato che tale sostituzione è obiettivamente necessaria per consentire a tali medicinali di essere commercializzati in quest’ultimo Stato membro. In caso contrario, infatti, il titolare sarebbe in grado di contribuire a una compartimentazione artificiosa dei mercati tra gli Stati membri commercializzando un medicinale identico talvolta come medicinale di riferimento, talvolta come medicinale generico.

67      Nel caso di specie, come esposto ai punti 16 e 25 della presente sentenza, il giudice del rinvio ritiene che il medicinale generico di cui trattasi in ciascuna delle controversie oggetto dei procedimenti principali sia identico al corrispondente medicinale di riferimento.

68      Pertanto, occorre esaminare, in secondo luogo, se, in circostanze come quelle di cui ai procedimenti principali, l’opposizione del titolare del marchio alla sostituzione del marchio di un medicinale generico immesso in commercio nello Stato membro di esportazione con quello del corrispondente medicinale di riferimento commercializzato nello Stato membro di importazione costituisca un ostacolo all’accesso effettivo del medicinale interessato al mercato di quest’ultimo Stato membro.

69      Come risulta dai punti 55 e 57 della presente sentenza, ciò avverrebbe se il medicinale di cui trattasi non potesse essere commercializzato nello Stato membro di importazione con il suo marchio originario, rendendo così oggettivamente necessaria la sostituzione di quest’ultimo al fine di garantire la libera circolazione di tale medicinale nel mercato interno.

70      In una situazione del genere, il titolare di un marchio non può opporsi alla sostituzione di tale marchio da parte di un importatore parallelo qualora quest’ultimo riesca a dimostrare che le circostanze esistenti al momento della commercializzazione del prodotto di cui trattasi rendono oggettivamente necessaria la sostituzione del marchio originario con quella dello Stato membro d’importazione ai fini dell’immissione in commercio di detto prodotto in tale Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 12 ottobre 1999, Upjohn, C‑379/97, EU:C:1999:494, punti 42 e 43) e qualora, d’altro canto, il riconfezionamento avvenga in modo tale che i legittimi interessi del titolare vengano rispettati (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2011, Orifarm e a., C‑400/09 e C‑207/10, EU:C:2011:519, punto 24 e giurisprudenza ivi citata), vale a dire conformemente alle condizioni enunciate nelle sentenze dell’11 luglio 1996, Bristol-Myers Squibb e a. (C‑427/93, C‑429/93 e C‑436/93, EU:C:1996:282); del 26 aprile 2007, Boehringer Ingelheim e a. (C‑348/04, EU:C:2007:249), nonché del 17 maggio 2018, Junek Europ-Vertrieb (C‑642/16, EU:C:2018:322).

71      Viceversa, quando l’importatore parallelo è in grado di commercializzare detto prodotto con il suo marchio originario adattando, se del caso, l’imballaggio al fine di soddisfare le esigenze del mercato dello Stato membro d’importazione, la condizione relativa alla necessità di cui al punto 55 della presente sentenza non è soddisfatta. In un caso del genere non vi è infatti una minaccia sostanziale alla libera circolazione delle merci, che, come risulta dai punti 48 e 50 della presente sentenza, è alla base del principio dell’esaurimento del diritto di marchio nel commercio tra gli Stati membri, e pertanto la stessa non può prevalere sui legittimi interessi del titolare del marchio.

72      Inoltre, occorre ricordare, al pari dell’avvocato generale al paragrafo 73 delle sue conclusioni, che uno Stato membro, in linea di principio, non può rifiutare il rilascio di un’autorizzazione all’importazione parallela di un medicinale generico qualora il corrispondente medicinale di riferimento disponga di un’autorizzazione all’immissione in commercio in tale Stato membro, a meno che tale diniego non sia giustificato da motivi di tutela della salute e della vita delle persone (v., in tal senso, sentenza del 3 luglio 2019, Delfarma, C‑387/18, EU:C:2019:556, punti 26, 29 e 41). Di conseguenza, la condizione relativa alla necessità di cui al punto 55 della presente sentenza non può essere soddisfatta quando un medicinale generico corrisponde sotto tutti gli aspetti al medicinale di riferimento che beneficia di una siffatta autorizzazione, dato che, in tal caso, si deve ritenere che l’importatore parallelo possa commercializzare il medicinale generico con il suo marchio originario.

73      Infine, come risulta dal punto 56 della presente sentenza, il diritto del titolare di un marchio di opporsi alla commercializzazione, con tale marchio, di prodotti riconfezionati da un importatore parallelo non può essere limitato quando la sostituzione del marchio originario con un altro marchio del titolare è esclusivamente motivata dal perseguimento di un vantaggio economico, come avviene, in particolare, nel caso in cui un operatore economico cerchi di trarre profitto dalla notorietà del marchio di un medicinale di riferimento o di posizionare un prodotto in una categoria più remunerativa.

74      Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 13 del regolamento n. 207/2009, nonché l’articolo 5, paragrafo 1, e l’articolo 7 della direttiva 2008/95, letti alla luce degli articoli 34 e 36 TFUE, devono essere interpretati nel senso che il titolare del marchio di un medicinale di riferimento e del marchio di un medicinale generico può opporsi all’immissione in commercio in uno Stato membro, da parte di un importatore parallelo, di tale medicinale generico, importato da un altro Stato membro, qualora detto medicinale sia stato riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale è stato apposto il marchio del corrispondente medicinale di riferimento, a meno che, da un lato, i due medicinali siano identici sotto tutti gli aspetti e, dall’altro, la sostituzione del marchio soddisfi le condizioni di cui al punto 79 della sentenza dell’11 luglio 1996, Bristol-Myers Squibb e a. (C‑427/93, C‑429/93 e C‑436/93, EU:C:1996:282), al punto 32 della sentenza del 26 aprile 2007, Boehringer Ingelheim e a. (C‑348/04, EU:C:2007:249), nonché al punto 28 della sentenza del 17 maggio 2018, Junek Europ-Vertrieb (C‑642/16, EU:C:2018:322).

 Sulle spese

75      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

L’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 13 del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea, come modificato dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, nonché l’articolo 5, paragrafo 1, e l’articolo 7 della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, letti alla luce degli articoli 34 e 36 TFUE,

devono essere interpretati nel senso che:

il titolare del marchio di un medicinale di riferimento e del marchio di un medicinale generico può opporsi all’immissione in commercio in uno Stato membro, da parte di un importatore parallelo, di tale medicinale generico, importato da un altro Stato membro, qualora detto medicinale sia stato riconfezionato in un nuovo imballaggio esterno sul quale è stato apposto il marchio del corrispondente medicinale di riferimento, a meno che, da un lato, i due medicinali siano identici sotto tutti gli aspetti e, dall’altro, la sostituzione del marchio soddisfi le condizioni di cui al punto 79 della sentenza dell’11 luglio 1996, Bristol-Myers Squibb e a. (C 427/93, C 429/93 e C436/93, EU:C:1996:282), al punto 32 della sentenza del 26 aprile 2007, Boehringer Ingelheim e a. (C348/04, EU:C:2007:249), nonché al punto 28 della sentenza del 17 maggio 2018, Junek Europ-Vertrieb (C642/16, EU:C:2018:322).

Firme


*      Lingua processuale: il neerlandese.