Language of document : ECLI:EU:C:2024:64

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

LAILA MEDINA

presentate il 18 gennaio 2024 (1)

Causa C-450/22

Caixabank, S.A., subentrato nei diritti di Bankia, S.A. e di Banco Mare Nostrum, S.A.,

Caixa Ontinyent, S.A.,

Banco Santander S.A., subentrato nei diritti del Banco Popular Español S.A. e di Banco Pastor S.A.,

Targobank, S.A.,

Credifimo, S.A.U.,

Caja Rural de Teruel, S.C.C.,

Caja Rural de Navarra, S.C.C.,

Cajasiete Caja Rural, S.C.C.,

Caja Rural de Jaén, Barcelona e Madrid, S.C.C.,

Caja Laboral Popular, S.C.C. (Kutxa),

Caja Rural de Asturias, S.C.C.,

Arquia Bank S.A., già Caja de Arquitectos, S.C.C.,

Nueva Caja Rural de Aragón, S.C.C.,

Caja Rural de Granada, S.C.C.,

Caja Rural del Sur, S.C.C.,

Caja Rural de Albacete, Ciudad Real e Cuenca, S.C.C. (Globalcaja),

Caja Rural Central, S.C.C. e a.,

Unicaja Banco, S.A., subentrato nei diritti di Liberbank, S.A. e di Banco Castilla la Mancha, S.A.,

Banco de Sabadell, S.A.,

Banca March, S.A.,

Ibercaja Banco, S.A.,

Banca Pueyo, S.A.

contro

ADICAE,

M.A.G.G.,

M.R.E.M.,

A.B.C.,

Óptica Claravisión, S.L.,

A.T.M.,

F.A.C.,

A.P.O.,

P.S.C.,

J.V.M.B., subentrato nei diritti di C.M.R.

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Contratti stipulati tra professionisti e consumatori – Azione collettiva – Azione inibitoria e di rimborso – Contratti di mutuo ipotecario conclusi con un numero significativo di banche e di consumatori – Clausola di tasso minimo che limita la variazione del tasso d’interesse – Controllo astratto di trasparenza – Nozione di “consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto”»






 I. Introduzione

1.        L’obbligo di trasparenza delle clausole contrattuali svolge un ruolo importante per garantire la tutela effettiva dei consumatori ai sensi della direttiva 93/13/CEE (2). La valutazione della trasparenza delle clausole contrattuali implica non solo criteri formali, ma anche criteri sostanziali. Il consumatore deve essere messo in condizione di comprendere appieno le clausole contrattuali e le loro conseguenze economiche. L’adozione di un approccio sostanziale nella giurisprudenza della Corte in materia di obbligo di trasparenza è stata descritta in dottrina come una «progressiva evoluzione verso un approccio più “welfarista” alla questione delle clausole contrattuali abusive» (3).

2.        Il procedimento principale solleva la questione se il controllo giurisdizionale della trasparenza delle clausole contrattuali sia possibile nell’ambito di un procedimento di ricorso collettivo e, in caso affermativo, a quali condizioni e secondo quale metodo. La Corte dovrà inoltre approfondire la nozione di «consumatore medio» nel contesto di un’azione collettiva che presenta le caratteristiche di un contenzioso su larga scala, che coinvolge un numero elevato di istituti finanziari e di contratti.

 II. Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttiva 93/13

3.        L’articolo 4 della direttiva 93/13 così dispone:

«1. Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende.

2. La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile».

4.        A norma dell’articolo 5 della direttiva 93/13:

«Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono essere sempre redatte in modo chiaro e comprensibile. In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore. Questa regola di interpretazione non è applicabile nell’ambito delle procedure previste all’articolo 7, paragrafo 2».

5.        L’articolo 7 della direttiva 93/13 così dispone:

«1. Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori.

2. I mezzi di cui al paragrafo 1 comprendono disposizioni che permettano a persone o organizzazioni, che a norma del diritto nazionale abbiano un interesse legittimo a tutelare i consumatori, di adire, a seconda del diritto nazionale, le autorità giudiziarie o gli organi amministrativi competenti affinché stabiliscano se le clausole contrattuali, redatte per un impiego generalizzato, abbiano carattere abusivo ed applichino mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di siffatte clausole.

3. Nel rispetto della legislazione nazionale, i ricorsi menzionati al paragrafo 2 possono essere diretti, separatamente o in comune, contro più professionisti dello stesso settore economico o associazioni di professionisti che utilizzano o raccomandano l’inserzione delle stesse clausole contrattuali generali o di clausole simili».

 Diritto spagnolo

 Legge 7/1998

6.        L’articolo 12 della Ley 7/1998 sobre condiciones generales de la contratación (legge 7/1998, relativa alle condizioni generali di contratto), del 13 aprile 1998 (BOE n. 89, del 14 aprile 1998), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «LCGC»), stabilisce quanto segue:

«1. È possibile proporre azioni inibitorie e di restituzione contro l’utilizzo o la raccomandazione di utilizzo di condizioni generali contrarie alle disposizioni della presente normativa o ad altre norme imperative o proibitive.

2. L’azione inibitoria mira a ottenere una sentenza che ordini al convenuto di eliminare dalle proprie condizioni generali di contratto quelle ritenute nulle e di astenersi dall’utilizzarle in futuro, determinando e specificando, a seconda delle circostanze, il contenuto del contratto che deve essere considerato valido e vincolante.

A un’azione inibitoria può essere correlata, in via accessoria, un’azione di restituzione delle somme eventualmente versate in forza di tali condizioni generali, così come un’azione per danni causati dall’applicazione di tali condizioni».

7.        L’articolo 17 della LCGC è formulato come segue:

«1. L’azione inibitoria è possibile contro qualsiasi professionista che utilizzi condizioni generali ritenute nulle.

(...)

4. Le azioni previste nei paragrafi precedenti possono essere dirette congiuntamente contro più professionisti operanti nello stesso settore economico o contro le loro associazioni che utilizzano o raccomandano l’utilizzo di condizioni generali identiche che sono ritenute nulle».

 Regio decreto legislativo 1/2007

8.        Conformemente all’articolo 53, del texto refundido de la Ley General para la Defensa de los Consumidores y Usuarios y otras leyes complementarias (testo unico della legge generale sulla difesa dei consumatori e degli utenti e di altre leggi complementari), approvato dal Real Decreto Legislativo 1/2007 (regio decreto legislativo n. 1/2007) del 26 novembre 2007 (BOE n. 287 del 30 novembre 2007) nella versione applicabile al procedimento principale, l’azione inibitoria è volta a ottenere la condanna del convenuto alla cessazione del suo comportamento e ad evitare che tale comportamento si riproduca in futuro. Inoltre, l’azione può essere esercitata per inibire qualsiasi comportamento che risulti cessato al momento della proposizione dell’azione, qualora esistano indizi sufficienti secondo cui tale comportamento possa riprodursi a breve termine. Qualsiasi azione inibitoria può essere cumulata, a condizione che sia proposta domanda di nullità e di annullamento, con un’azione per inadempimento di obbligazioni, di risoluzione o di rescissione del contratto e di restituzione di somme eventualmente versate in base a prassi, clausole o condizioni generali di contratto giudicate abusive o non trasparenti.

 Legge 1/2000

9.        L’articolo 72 della Ley 1/2000 de Enjuiciamiento Civil (Legge 1/2000, recante il codice di procedura civile) del 7 gennaio 2000 (BOE n. 7 dell’8 gennaio 2000, pag. 575), nella versione applicabile al procedimento principale, prevede che possono essere cumulate, con esercizio contestuale, le azioni di un soggetto nei confronti di più soggetti o le azioni di più soggetti nei confronti di un solo soggetto, a condizione che tali azioni siano connesse per il titolo o per la causa petendi. Il titolo o la causa petendi sono considerati identici o connessi quando le azioni si fondano sui medesimi fatti.

 III. Breve illustrazione dei fatti e del procedimento principale

10.      L’Asociación de Usuarios de Bancos, Cajas de Ahorros y Seguros de España (ADICAE) [Associazione spagnola degli utenti di banche, casse di risparmio e assicurazioni (ADICAE)] ha intentato un’azione collettiva inibitoria nei confronti di 44 istituti finanziari operanti in Spagna. Nel suo ricorso, l’ADICAE ha chiesto di ingiungere a tali istituti di cessare ed astenersi dall’utilizzare, nei contratti di mutuo ipotecario a tasso variabile, la condizione generale di contratto consistente nella limitazione della variabilità del tasso d’interesse al di sotto di una certa soglia (in prosieguo: la «clausola di tasso minimo»). Inoltre, l’ADICAE ha cumulato all’azione inibitoria un’azione di restituzione diretta a ottenere la condanna alla restituzione di quanto pagato in applicazione di tale clausola. In due occasioni, l’ADICAE ha chiesto di aggiungere altri convenuti al suo ricorso, portando il numero totale di convenuti a 101.

11.      Il giudice di primo grado ha dichiarato ricevibile la domanda. In seguito alle chiamate ad intervenire effettuate tramite i mezzi di comunicazione a diffusione nazionale, 820 consumatori si sono costituiti individualmente a sostegno delle conclusioni dell’azione collettiva.

12.      La sentenza di primo grado ha parzialmente accolto la domanda, salvo che per tre istituti, e ha dichiarato la nullità delle clausole di tasso minimo («clausulas suelo») contenute nelle condizioni generali di contratto dei contratti di mutui ipotecari. In forza di tale sentenza, ai suddetti istituti è stato imposto di eliminare dette clausole dai contratti e di cessarne l’utilizzo non trasparente. È stato altresì imposto alle banche di restituire le somme indebitamente percepite in applicazione delle suddette clausole, a decorrere dalla data di pubblicazione della sentenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) del 9 maggio 2013.

13.      Le banche resistenti hanno interposto appello contro la sentenza di primo grado dinanzi all’Audiencia Provincial de Madrid (Corte provinciale di Madrid, Spagna), la quale ha respinto la maggior parte degli appelli. Nella sua sentenza, detto giudice ha stabilito le modalità secondo le quali deve effettuarsi il controllo di trasparenza nell’ambito delle azioni collettive (controllo in astratto). In particolare, esso ha statuito che è necessario accertare se l’istituto finanziario abbia occultato o dissimulato le conseguenze economiche della clausola di cui trattasi. Esso ha ritenuto che tale occultamento o dissimulazione si verifichi quando la banca non presenta la clausola di tasso minimo sullo stesso piano di altre pattuizioni alle quali il consumatore medio presta attenzione, principalmente quelle che stabiliscono il prezzo del contratto.

14.      L’Audiencia Provincial de Madrid (Corte provinciale di Madrid) ha elencato talune pratiche che possono costituire la prova della mancanza di trasparenza della clausola controversa. Tali pratiche erano, segnatamente, le seguenti: in primo luogo, presentare la clausola di tasso minimo assieme a informazioni estranee al prezzo del contratto, o assieme a informazioni secondarie potenzialmente in grado di abbassare il prezzo, producendo l’apparenza che la clausola sia soggetta a determinate condizioni o criteri che ne renderanno difficile l’applicazione nella pratica; in secondo luogo, collocare la clausola a metà o alla fine di paragrafi lunghi, che iniziano col trattare altri elementi, di modo che l’attenzione del consumatore medio ne risulta distratta; e, in terzo luogo, presentare la clausola di tasso minimo insieme con il patto di limitazione al rialzo (cap), di modo che l’attenzione del consumatore si concentra sull’apparente sicurezza di beneficiare di un tetto massimo rispetto all’ipotetico aumento dell’indice di riferimento, sviando l’attenzione dall’importanza della soglia minima.

15.      Le banche hanno impugnato la sentenza dell’Audiencia Provincial de Madrid (Corte provinciale, Madrid) dinanzi al Tribunal Supremo (Corte suprema).

16.      Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio solleva due questioni principali. In primo luogo, se un’azione collettiva inibitoria costituisca un meccanismo procedurale appropriato per effettuare il controllo di trasparenza delle clausole contrattuali. A tale proposito, il giudice del rinvio ricorda che un’azione inibitoria richiede, per definizione, un controllo astratto della clausola di cui trattasi, mentre il controllo di trasparenza richiede un esame concreto delle specifiche relazioni contrattuali di cui fa parte la clausola controversa, specialmente per quanto riguarda le informazioni precontrattuali fornite al consumatore. Pertanto, si chiede se un’azione collettiva sia appropriata per effettuare il controllo di trasparenza di una clausola. Inoltre, detto giudice nutre dubbi sul fatto che un’azione collettiva per il controllo di trasparenza possa essere diretta contro tutti gli istituti finanziari che compongono il sistema bancario di un intero Paese (oltre un centinaio) quando l’unico denominatore comune tra questi istituti è l’utilizzo di una clausola analoga nei loro contratti di mutuo.

17.      La seconda questione sollevata dal giudice del rinvio verte sulla definizione di consumatore medio nel caso in cui esistano differenze tra i numerosi istituti finanziari coinvolti nel contenzioso, i modelli contrattuali utilizzati, i clienti interessati e nel caso in cui tali clausole siano state utilizzate per molto tempo.

18.      Il giudice del rinvio sottolinea che la giurisprudenza nazionale dimostra le difficoltà che il controllo astratto di trasparenza comporta. A tale proposito, detto giudice fa riferimento alla giurisprudenza del Tribunal Constitucional (Corte Costituzionale, Spagna). Tale giudice ha ritenuto che l’applicazione degli effetti di un’azione collettiva inibitoria a un’universalità di contratti possa comportare la lesione della libertà contrattuale di un consumatore che non intenda ottenere la nullità del contratto. Inoltre, il giudice del rinvio fa riferimento alla propria giurisprudenza. Detto giudice ha stabilito in passato che è possibile un controllo in astratto delle clausole di tasso minimo, prendendo in considerazione la definizione di consumatore medio e le caratteristiche dei modelli di contrattazione standardizzata. Tuttavia, nelle cause pertinenti, l’azione collettiva era diretta contro un solo istituto finanziario o contro un numero molto limitato di istituti finanziari. Di conseguenza, era più agevole raggruppare le pratiche e le clausole contestate in un numero limitato di situazioni standardizzate ed era altresì più agevole effettuare un accertamento dal punto di vista del consumatore medio.

19.      Secondo il giudice del rinvio, un ulteriore elemento di complessità nel condurre un controllo astratto di trasparenza si verifica quando all’azione inibitoria è cumulata un’azione di restituzione. A tale proposito, il giudice del rinvio sottolinea la determinazione delle conseguenze finanziarie concrete che la dichiarazione di nullità può comportare per ciascuno dei consumatori interessati. Una siffatta determinazione si attaglierebbe meglio alle azioni intentate da singoli consumatori.

20.      È alla luce di tali considerazioni che il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva [93/13], nel rinviare alle circostanze che accompagnano la conclusione del contratto e l’articolo 7, paragrafo 3, della medesima direttiva, nel fare riferimento a clausole simili, siano applicabili alla valutazione astratta, ai fini del controllo di trasparenza nell’ambito di un’azione collettiva, di clausole utilizzate da oltre un centinaio di istituti finanziari in milioni di contratti bancari, senza tener conto del livello dell’informazione precontrattuale fornita sull’onere giuridico ed economico della clausola, né delle altre circostanze ricorrenti in ciascun caso al momento della stipula.

2)      Se sia compatibile con gli articoli 4, paragrafo 2, e 7, paragrafo 3, della direttiva [93/13] la possibilità di effettuare un controllo astratto di trasparenza dal punto di vista del consumatore medio qualora varie offerte di contratti siano rivolte a diversi gruppi specifici di consumatori, o in presenza di numerosi enti che predispongono le clausole, operanti in settori di attività molto vari dal punto di vista economico e geografico, per un periodo molto lungo nel corso del quale la conoscenza di tali clausole da parte del pubblico si è andata evolvendo».

21.      Sono state presentate osservazioni scritte dai seguenti istituti finanziari: Caixabank, S.A., Banco Santander, S.A., Targobank, S.A., Caja Rural de Teruel, S.C.C., Caja Rural de Navarra, S.C.C., Caja Rural de Jaén, Barcelona and Madrid, S.C.C., Caja Rural de Asturias, S.C.C., Arquia Bank, S.A., formerly Caja de Arquitectos, S.C.C., Nueva Caja Rural de Aragón, S.C.C., Caja Rural de Granada, S.C.C., Caja Rural del Sur, S.C.C., Caja Rural de Albacete, Ciudad Real and Cuenca, S.C.C. (Globalcaja), Caja Rural Central, S.C.C. and Others, Unicaja Banco, S.A., Banco de Sabadell, S.A. and Ibercaja Banco S.A.. Sono state altresì presentate osservazioni scritte da ADICAE, dai governi spagnolo, polacco e portoghese, nonché dalla Commissione europea. La Corte ha posto quesiti scritti alle parti, affinché rispondessero durante l’udienza di trattazione. Fatta eccezione per i governi polacco e portoghese, dette parti sono state anche rappresentate all’udienza che si è svolta il 28 settembre 2023.

 IV. Valutazione

 Osservazioni preliminari sul controllo giurisdizionale delle clausole di tasso minimo («clausulas suelo») controverse

22.      Prima di esaminare le questioni pregiudiziali, occorre formulare alcune osservazioni preliminari sul controllo giurisdizionale delle clausole di tasso minimo in Spagna e dinanzi alla Corte.

23.      Le clausole di tasso minimo erano clausole standard contenute nelle condizioni generali dei contratti di mutui ipotecari a tasso variabile stipulati con i consumatori da un numero significativo di istituti finanziari in Spagna. Esse prevedevano un tasso minimo sotto il quale il tasso di interesse variabile non poteva scendere, indipendentemente dalla circostanza se il tasso di riferimento fosse inferiore o meno a tale tasso minimo. Il tasso di interesse minimo stabilito in tali contratti di mutuo variava solitamente tra il due e il cinque per cento (4). Allorché i tassi di riferimento utilizzati nei contratti di mutuo ipotecario (generalmente l’Euribor) sono scesi significativamente al di sotto della soglia fissata dalle clausole di tasso minimo, i consumatori che avevano stipulato contratti di mutuo contenenti tali clausole si sono resi conto di non poter beneficiare di tale diminuzione e di dover continuare a pagare il tasso di interesse minimo pur avendo un mutuo a tasso variabile (5). Singoli consumatori e associazioni di consumatori hanno intentato diverse migliaia di cause in Spagna, lamentando l’illegittimità delle clausole di tasso minimo e chiedendo la restituzione degli interessi versati in eccesso.

24.      Il Tribunal Supremo (Corte Suprema), in una sentenza fondamentale del 9 maggio 2013 (confermata dalla sentenza del 25 marzo 2015), ha esaminato la legittimità delle clausole di tasso minimo nel contesto di un’azione collettiva intentata da un’associazione di consumatori nei confronti di vari istituti di credito. Detto giudice ha statuito che tali clausole, che riguardavano la definizione dell’oggetto principale del contratto, erano grammaticalmente intelligibili per i consumatori e soddisfacevano, di conseguenza, il requisito di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, attinente alla formulazione «in modo chiaro e comprensibile». Pur ritenendo che le clausole di tasso minimo in tale causa fossero di per sé legittime, il suddetto giudice ha ritenuto che non rispettassero il requisito di trasparenza sostanziale (6). Tale constatazione si basava sul fatto che i consumatori non avevano ricevuto sufficienti informazioni all’atto della stipula del contratto in merito alle conseguenze giuridiche ed economiche della clausola controversa. Il Tribunal Supremo (Corte Suprema), dopo aver proceduto alla valutazione di tali clausole alla luce dei criteri generali della buona fede, dell’equilibrio dei diritti e degli obblighi contrattuali e della trasparenza, enunciati all’articolo 3, paragrafo 1, all’articolo 4, paragrafo 1, e all’articolo 5 della direttiva 93/13, le ha dichiarate nulle.

25.      Nella sentenza del 9 maggio 2013, il Tribunal Supremo (Corte Suprema) ha limitato l’effetto restitutorio della dichiarazione di nullità ai pagamenti in eccesso effettuati dopo la pronuncia della sua sentenza, in considerazione delle gravi ripercussioni economiche che l’effetto restitutorio retroattivo avrebbe avuto sul settore bancario. Detta limitazione temporale dell’effetto restitutorio è stata dichiarata incompatibile con l’articolo 6 della direttiva 93/13, nella sentenza della Corte nella causa Gutiérrez Naranjo e a. (7).

26.      È in siffatto contesto che mi accingo a esaminare le due questioni pregiudiziali.

 Sulla prima questione

27.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, e l’articolo 7, paragrafo 3, della medesima debbano essere interpretati nel senso che consentono al giudice nazionale di effettuare una valutazione astratta della trasparenza delle clausole contrattuali nell’ambito di un’azione collettiva, nel caso in cui il procedimento di cui trattasi è avviato nei confronti di un numero significativo di istituti finanziari e riguarda un elevato numero di contratti.

28.      I dubbi del giudice del rinvio sull’idoneità di un’azione collettiva per la valutazione astratta di clausole contrattuali derivano, in primo luogo, dalla formulazione dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13. Secondo tale disposizione, il carattere abusivo di una clausola contrattuale deve essere valutato facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione. In secondo luogo, il giudice del rinvio rileva la diversa natura dell’azione individuale e dell’azione collettiva: la prima implica un esame concreto della relazione contrattuale in cui è inserita la clausola controversa, mentre la seconda implica un controllo astratto della clausola di cui trattasi. In terzo luogo, il giudice del rinvio sottolinea la complessità delle circostanze nel procedimento principale, a causa del numero molto elevato di convenuti e di contratti coinvolti e a causa delle numerose formulazioni diverse della clausola di tasso minimo.

29.      Per rispondere a tali problemi è importante, innanzi tutto, ricordare la giurisprudenza della Corte sulla natura del controllo giurisdizionale nelle azioni collettive e individuali, nonché sull’esame del requisito di trasparenza delle clausole contrattuali. Sulla base di tale giurisprudenza, esaminerò se e a quali condizioni sia possibile effettuare un controllo di trasparenza nell’ambito di un’azione collettiva avente una portata pari a quella di cui al procedimento principale.

 a) Natura del controllo giurisdizionale nell’azione collettiva e nell’azione individuale

30.      Il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 si basa su due tipi di azione: individuale e collettiva. I due tipi di azione sono in rapporto di complementarità (8). Parallelamente al diritto soggettivo del consumatore di adire un giudice per l’esame dell’abusività di una clausola di un contratto di cui è parte, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 93/13 consente agli Stati membri di promuovere un controllo sulle clausole abusive contenute in contratti tipo mediante azioni inibitorie avviate nell’interesse pubblico da parte di associazioni per la tutela dei consumatori (9).

31.      L’obiettivo consistente nel far cessare l’inserzione di clausole abusive viene parimenti perseguito dalla direttiva 2009/22/CE (10), che completa, nell’ambito della messa a disposizione di mezzi procedurali adeguati relativi alle azioni inibitorie, la tutela dei consumatori di cui alla direttiva 93/13 (11).

32.      La Corte ha stabilito che le azioni individuali e collettive, nell’ambito della direttiva 93/13, hanno obiettivi ed effetti giuridici diversi e la loro natura differisce (12). Pertanto, nel contesto di un’azione che coinvolge un singolo consumatore, i giudici sono chiamati a effettuare una valutazione in concreto sul carattere abusivo di una clausola contenuta in un contratto già concluso. Il giudice nazionale è tenuto a prendere in considerazione, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, tutte le circostanze che accompagnano la conclusione del contratto. Nel caso di un’azione inibitoria, il compito dei giudici è quello di valutare in astratto il carattere abusivo delle clausole inserite nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori. Inoltre, la natura preventiva e la finalità dissuasiva delle azioni inibitorie, nonché la loro indipendenza nei confronti di qualsiasi conflitto individuale concreto, implicano che dette azioni possano essere esercitate anche quando le clausole delle quali si chiede l’inibitoria non siano state inserite in contratti determinati (13).

33.      Occorre rilevare che il controllo astratto delle clausole abusive è proprio dei meccanismi di ricorso collettivo di cui all’articolo 7 della direttiva 93/13 (14). La presa in considerazione di tutte le singole circostanze del contratto è adeguata solo nell’ambito di un’azione individuale (15). Ciò discende dall’articolo 4, paragrafo 1, di detta direttiva che stabilisce che la valutazione fa riferimento a tutte le circostanze relative alla conclusione del contratto, «[f]atto salvo l’articolo 7». Pertanto, il controllo giurisdizionale nell’azione collettiva è sempre astratto, indipendentemente dalla circostanza che le clausole oggetto di controllo siano state utilizzate o meno in contratti specifici.

34.      Per quanto riguarda gli effetti delle azioni individuali e delle azioni collettive, l’accertamento del carattere abusivo nell’ambito di un’azione individuale vincola solo il consumatore che è parte del procedimento. Nell’azione collettiva, l’accertamento del carattere abusivo può avere un’applicazione più ampia. Dalla giurisprudenza della Corte si evince che la legislazione nazionale può prevedere un effetto ultra partes dell’accertamento del carattere abusivo in un’azione inibitoria promossa avverso un professionista (16).

35.      I meccanismi di controllo astratto nell’ambito di un’azione collettiva integrano il diritto soggettivo del consumatore di proporre un’azione individuale e di vedere prese in considerazione tutte le circostanze del suo contratto. Dal momento che l’azione individuale e l’azione collettiva si trovano in un rapporto di complementarità, la possibilità di ricorrere a entrambi i tipi di azione deve essere salvaguardata nell’ambito del sistema di tutela giurisdizionale istituito dalla direttiva 93/13. Pertanto, i requisiti applicabili nell’ambito di un’azione individuale, in particolare la necessità di prendere in considerazione tutte le singole circostanze del contratto, non impediscono la proposizione di un’azione collettiva indipendente da qualsiasi controversia specifica e dalle singole circostanze.

36.      Le azioni individuali e collettive sono componenti del sistema globale di tutela dei consumatori istituito dalla direttiva 93/13.

 b) Controllo di trasparenza delle clausole contrattuali

37.      L’obbligo di trasparenza trova espressione nella norma secondo cui le clausole contrattuali devono essere formulate in modo chiaro e comprensibile (articolo 4, paragrafo 2, e articolo 5 della direttiva 93/13) (17). Inoltre, risulta dal ventesimo considerando della direttiva 93/13 e dal punto 1, lettera i), dell’allegato di quest’ultima che il consumatore deve poter prendere previamente conoscenza di tutte le clausole di un contratto al fine di poter decidere, con cognizione di causa, se desidera vincolarsi a tali clausole (18).

38.      In particolare, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, la valutazione del carattere abusivo non deve riguardare né la definizione dell’«oggetto principale del contratto» né la «perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile». Ne consegue che l’applicazione dell’eccezione al meccanismo di controllo del carattere abusivo delle clausole contrattuali in relazione alle clausole essenziali (in prosieguo: l’«esenzione delle clausole essenziali») è subordinata alla trasparenza di tali clausole.

39.      L’articolo 5 della direttiva 93/13 stabilisce una regola più generale sulla trasparenza, prescrivendo che le clausole contrattuali siano «sempre redatte in modo chiaro e comprensibile». Si potrebbe ritenere, come suggerito in dottrina, che detta disposizione sancisca un «principio generale» di trasparenza (19).

40.      La Corte ha stabilito che il requisito di trasparenza che figura nell’articolo 4 della direttiva 93/13 ha la stessa portata di quello previsto dall’articolo 5 della medesima direttiva (20).

41.      Secondo la Corte, siffatto obbligo di trasparenza deve essere inteso in maniera estensiva (21), coinvolgendo criteri sia formali che sostanziali (22). In generale, la trasparenza formale si riferisce alla formulazione e al metodo di presentazione delle informazioni pertinenti al consumatore. A titolo illustrativo, gli Orientamenti della Commissione sulle clausole abusive elencano i seguenti aspetti della presentazione delle clausole contrattuali quali fattori rilevanti per valutare la trasparenza: la chiarezza della presentazione visiva, se un contratto è strutturato in modo logico e se le condizioni importanti sono messe in evidenza nel modo che meritano e non nascoste tra le altre disposizioni, o se le clausole sono contenute in un contratto o contesto in cui è ragionevolmente prevedibile trovarle, incluso unitamente ad altre relative clausole contrattuali (23).

42.      L’esame della trasparenza sostanziale delle clausole contrattuali (24) va oltre la valutazione del carattere chiaro e comprensibile della redazione di una clausola e si estende alla circostanza che una clausola consenta al consumatore di comprenderne le reali conseguenze.

43.      A tale riguardo, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, le informazioni, prima della conclusione di un contratto, in merito alle condizioni contrattuali e alle conseguenze di detta conclusione sono, per un consumatore, di fondamentale importanza. È segnatamente sulla base di tali informazioni che quest’ultimo decide se desidera vincolarsi contrattualmente a un professionista aderendo alle condizioni preventivamente redatte da quest’ultimo (25). Di conseguenza, suddetto requisito deve essere inteso nel senso che impone non solo che la clausola di cui trattasi sia intellegibile per il consumatore sui piani formale e grammaticale, ma anche che un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, sia posto in grado di comprendere il funzionamento concreto di tale clausola e di valutare così, sulla base di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una siffatta clausola sui suoi obblighi finanziari (26).

44.      Finora, il requisito della trasparenza è stato esaminato dalla Corte nell’ambito di procedimenti individuali, alla luce dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, e principalmente in relazione ai contratti di mutuo. In siffatto contesto, la questione se il requisito di trasparenza sia stato rispettato deve essere esaminata alla luce di tutti gli elementi di fatto pertinenti, nel cui novero vi sono la pubblicità e l’informazione fornite, nell’ambito della negoziazione dei contratti di mutuo di cui trattasi, non soltanto dal mutuante stesso, ma anche da qualsiasi altra persona che abbia partecipato, a nome di tale professionista, alla commercializzazione dei mutui in discussione (27). Più nello specifico, spetta al giudice nazionale, quando valuta le circostanze ricorrenti al momento della conclusione del contratto di mutuo, verificare che, nella causa in discussione, sia stato comunicato al consumatore il complesso degli elementi idonei a incidere sulla portata del suo impegno e che gli consentono di valutare, segnatamente, il costo totale del suo mutuo (28). Tra gli elementi pertinenti, ai fini di tale valutazione, figura il linguaggio utilizzato dall’istituto finanziario nei documenti precontrattuali e contrattuali (29).

45.      Ne consegue che, nel contesto di un procedimento individuale per il controllo di trasparenza, il giudice nazionale deve considerare tutte le circostanze relative alla conclusione del contratto di mutuo. Ciò posto, si deve osservare che la maggior parte degli elementi che costituiscono la valutazione giurisdizionale della trasparenza si basano su una valutazione oggettiva. Il giudice nazionale valuta una clausola contrattuale standard inserita nella documentazione contrattuale e precontrattuale standard preformulata redatta in anticipo dal mutuante con riferimento a mutui proposti a un numero indefinito di consumatori. Inoltre, il parametro di riferimento utilizzato per il controllo di trasparenza non è lo specifico consumatore singolo, bensì un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (30).

46.      La nozione di consumatore medio è una fictio juris che tende a ridurre a denominatore comune una realtà molto variegata (31). In quanto tale, si tratta di un parametro di riferimento oggettivo. Al riguardo, la Corte ha stabilito che il rispetto del requisito di trasparenza deve essere verificato in relazione allo standard oggettivo del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (32). A suddetto standard non è riconducibile, segnatamente, né il consumatore meno avveduto di tale consumatore medio, né il consumatore più avveduto di quest’ultimo. (33).

47.      Considerando tutti gli elementi costitutivi del controllo di trasparenza sviluppati nella giurisprudenza della Corte, è stato giustamente osservato in dottrina che l’«asticella per il superamento del controllo di trasparenza» è stata considerevolmente alzata (34), rendendo il modello del consumatore medio «consono alle realtà del comportamento dei consumatori in caso di uso di contratti standard» (35).

48.      Come ulteriore esempio, in un caso relativo a contratti espressi in valuta estera, anche se il consumatore interessato aveva ricevuto un numero considerevole di informazioni, la Corte ha stabilito che il requisito della trasparenza non può essere soddisfatto dalla semplice comunicazione di informazioni – ancorché numerose – al consumatore. Il consumatore deve inoltre essere avvertito del contesto economico che può avere ripercussioni sulle variazioni dei tassi di cambio ed essere messo in grado di comprendere concretamente le conseguenze potenzialmente gravi sulla sua situazione finanziaria (36).

49.      Quanto più elevata è la soglia per soddisfare il requisito di trasparenza, tanto minori sono le aspettative relativamente al consumatore medio (37). Inoltre, il professionista è tenuto a dimostrare dinanzi al giudice la corretta esecuzione dei suoi obblighi precontrattuali e contrattuali connessi in particolare al requisito di trasparenza delle clausole contrattuali, quale risulta segnatamente dall’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 (38).

50.      A fronte di un criterio oggettivo per il modello del consumatore medio e della fissazione di una soglia elevata che deve essere rispettata per il requisito di trasparenza, il controllo giurisdizionale di trasparenza delle clausole contrattuali è diventato più oggettivo, basandosi sull’uso di contratti standard.

51.      Alla luce di tali considerazioni, esaminerò di seguito se un’azione collettiva sia un meccanismo giurisdizionale adeguato per il controllo di trasparenza.

 c) Adeguatezza di un’azione collettiva per il controllo di trasparenza delle clausole contrattuali

52.      Nel sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13, il controllo giurisdizionale del carattere abusivo delle clausole contrattuali e della loro trasparenza non dipende dal tipo di azione utilizzata, individuale o collettiva. L’incipit dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, che prevede la valutazione individuale del carattere abusivo di una clausola, stabilisce che tale valutazione si effettua «[f]atto salvo l’articolo 7». In linea con l’approccio di complementarità di cui sopra, la valutazione individuale dell’eventuale carattere abusivo di una clausola inserita in un determinato contratto specifico non preclude una valutazione in astratto di tale clausola nel contesto di un’azione collettiva.

53.      Per quanto riguarda il requisito di trasparenza, nulla nella direttiva 93/13 indica che il suo controllo sia precluso nel contesto di un’azione collettiva. In primo luogo, la trasparenza è un prerequisito per l’applicazione dell’«esenzione per le clausole essenziali», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13. Se un esame della trasparenza delle clausole contrattuali non fosse possibile nei procedimenti collettivi, ciò significherebbe che le «clausole essenziali» sarebbero sempre escluse dal controllo in tali procedimenti. In effetti, non sarebbe possibile esaminare altrimenti se sia rispettato l’obbligo di redigere le clausole contrattuali in modo chiaro e comprensibile.

54.      In secondo luogo, l’articolo 5 della direttiva 93/13 (39) non distingue tra azioni individuali e collettive, con l’eccezione della regola di interpretazione applicabile. Da tale disposizione si evince che la prevalenza della regola dell’interpretazione più favorevole al consumatore non si applica nell’ambito delle procedure di ricorso collettivo previste dagli Stati membri ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2 (40).

55.      L’eccezione rigorosa stabilita nell’articolo 5 indica che l’obbligo di trasparenza riguarda la clausola standard e non il tipo di azione esperita dinanzi agli organi giurisdizionali per il controllo di tale clausola. Come ho osservato in precedenza (41), l’articolo 5 è una disposizione centrale che sancisce un «principio generale» che non può essere limitato ai soli procedimenti individuali. Data la sua importanza nel sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13, l’obbligo di trasparenza deve quindi avere la stessa validità per il meccanismo di cui all’articolo 7, paragrafo 2, della medesima direttiva (42).

56.      Piuttosto che precludere l’esame della trasparenza in un’azione collettiva, il controllo giurisdizionale deve invece adattarsi allo scopo e agli effetti giuridici delle azioni collettive.

57.      Un’interpretazione diversa, come ha sostanzialmente affermato la Commissione nelle sue osservazioni scritte, vanificherebbe lo scopo delle azioni collettive escludendo l’obbligo di trasparenza dal controllo giurisdizionale, benché l’azione collettiva sia una componente essenziale del sistema di tutela previsto dalla direttiva 93/13.

58.      Inoltre, tale esclusione sarebbe incompatibile con la tutela giurisdizionale prevista dalla direttiva 2009/22, che, come già sottolineato, completa la tutela dei consumatori prevista dalla direttiva 93/13. La direttiva 2009/22 ha armonizzato le azioni inibitorie finalizzate alla tutela degli interessi collettivi dei consumatori contemplate dalle direttive elencate nell’allegato I della stessa, tra le quali figura la direttiva 93/13. Le azioni inibitorie possono essere utilizzate per contestare una violazione di una qualsiasi delle disposizioni della direttiva 93/13, comprese quelle relative alla trasparenza.

59.      L’esclusione dell’esame della trasparenza delle clausole contrattuali nel contesto dei procedimenti collettivi sarebbe inoltre incoerente con i recenti sviluppi legislativi rilevanti per il rafforzamento dei meccanismi procedurali per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori, in particolare l’adozione della direttiva (UE) 2020/1828 sulle azioni rappresentative (43). La direttiva 2020/1828 si applica alle azioni rappresentative (44) contro le violazioni delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui all’allegato I di tale direttiva, inclusa la direttiva 93/13 (45). Non tenere conto di questi sviluppi e interpretare la direttiva 93/13 nel senso che il controllo di trasparenza non sarebbe adeguato nei procedimenti collettivi significherebbe frammentare gravemente, minandone l’efficacia, il sistema di protezione dei consumatori ora integrato dalla direttiva 2020/1828. Ciò comporterebbe un grave arretramento nella tutela degli interessi collettivi dei consumatori.

60.      Per quanto riguarda gli elementi di cui si compone il controllo giurisdizionale dell’obbligo di trasparenza nelle azioni collettive, è possibile trasporre la giurisprudenza presentata nella sezione precedente con gli adattamenti necessari alla luce del meccanismo procedurale utilizzato. Gli elementi peculiari di un’azione individuale, ossia la considerazione di tutte le circostanze che accompagnano la conclusione di ciascun contratto, non sono applicabili. Per contro, gli elementi oggettivi del controllo di trasparenza sono applicabili all’esame astratto della trasparenza. In tale contesto, come la Commissione ha sostanzialmente affermato in udienza, deve essere possibile valutare la clausola contrattuale a prescindere dalle circostanze concrete e individuali di ciascun contratto. Ciò è dovuto alla standardizzazione dei contratti che si riflette nell’interpretazione oggettiva dello standard del consumatore medio, indipendentemente dal meccanismo procedurale utilizzato per il controllo di trasparenza.

61.      In particolare, per valutare la trasparenza formale e sostanziale di una clausola nei contratti di mutuo, un controllo giurisdizionale dovrebbe concentrarsi sui documenti standard e sulle pratiche contrattuali e precontrattuali standard adottate dal professionista interessato nei confronti del consumatore medio, quando promuove e offre il contratto. L’esame riguarda le pratiche contrattuali del professionista di cui trattasi, e parimenti le sue pratiche precontrattuali, vale a dire il materiale promozionale indirizzato a ciascun consumatore e le informazioni precontrattuali o le linee guida standard fornite da qualsiasi altra persona che, per conto di tale professionista, partecipa alla commercializzazione del mutuo di cui trattasi. Tutti i suddetti elementi formano quello che il giudice d’appello nazionale ha giustamente descritto come un «modello standard» di contrattazione (46). A seconda del tipo di clausola contrattuale, il giudice nazionale deve individuare i criteri pertinenti perché sia rispettato l’obbligo di trasparenza. A fronte di tali criteri, il giudice dovrà verificare se il consumatore medio sia in grado di comprendere il funzionamento concreto di tale clausola e, quindi, di valutare, sulla base di criteri chiari e intelligibili, le conseguenze economiche potenzialmente significative di una siffatta clausola sui suoi obblighi finanziari.

62.      Per quanto riguarda, più specificamente, l’esame delle clausole di tasso minimo nel procedimento principale, occorre verificare se l’inserimento di tali clausole costituisca una prassi generale nella documentazione bancaria standard. Successivamente, il controllo giurisdizionale si concentra sulle pratiche contrattuali e precontrattuali standard dei professionisti interessati per individuare i criteri che rendono trasparente o meno una specifica clausola.

63.      Come affermato dal giudice del rinvio, il giudice d’appello nazionale ha individuato talune pratiche rilevanti per il controllo della trasparenza delle clausole di tasso minimo. Tra dette pratiche figurano l’occultamento o la dissimulazione degli effetti della clausola, la loro posizione nel contratto o la presentazione di tali clausole insieme alla clausola che limita l’adeguamento al rialzo (47). Quando il controllo giurisdizionale coinvolge più di un convenuto, è importante individuare per ciascuna banca se, nella sua prassi contrattuale, abbia soddisfatto o meno i criteri di trasparenza (48).

64.      Inoltre, un criterio pertinente per la valutazione della trasparenza della clausola di tasso minimo nei contratti standard può consistere nel verificare se la durata del contratto fosse riportata nelle informazioni fornite al consumatore. Un contratto di mutuo è un contratto a lungo termine, o addirittura, come suggerito in dottrina, un contratto «a vita» (49). Il consumatore deve essere posto in grado di comprendere la relazione tra la clausola di cui trattasi, gli sviluppi futuri dell’economia e le conseguenze economiche sulla sua situazione finanziaria, mediante simulazioni. Pertanto, l’obbligo di trasparenza non può essere soddisfatto comunicando al consumatore un qualsiasi tipo di informazione sulla clausola di tasso minimo se tale informazione si basa sul presupposto che il contesto economico rimarrà invariato per tutta la durata del contratto (50). Il consumatore deve essere informato circa il fatto che il cambiamento dello scenario economico potrebbe avere conseguenze potenzialmente gravi sulla sua situazione finanziaria a seguito dell’attivazione della clausola di tasso minimo.

65.      In sintesi, il controllo giurisdizionale di trasparenza nell’azione collettiva è adeguato e possibile. Il metodo seguito dal giudice d’appello nazionale, come descritto dal giudice del rinvio, è un esempio concreto in tal senso. Il controllo giurisdizionale deve essere adattato al livello di astrazione proprio dell’azione collettiva e concentrarsi sulla prassi contrattuale standard del professionista nei confronti del consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.

 d) Controllo di trasparenza nell’ambito di un’azione collettiva diretta contro un numero elevato di professionisti

66.      La successiva questione sollevata dal giudice del rinvio è se le peculiarità «quantitative» del procedimento principale debbano portare a concludere che il controllo di trasparenza astratto non sia adeguato. Il giudice del rinvio spiega che, a differenza di un’azione collettiva promossa contro un singolo istituto finanziario o un numero molto ridotto di istituti finanziari, il procedimento principale coinvolge un numero elevato di istituti finanziari convenuti e un numero elevato di contratti con varie formule e molteplici formulazioni, utilizzati per un lungo periodo di tempo.

67.      Al riguardo, in via preliminare, occorre sottolineare che l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13 prevede che, nel rispetto della legislazione nazionale, i ricorsi (collettivi) possono essere diretti, «separatamente o in comune», contro «più» professionisti dello stesso settore economico o associazioni di professionisti che utilizzano o raccomandano l’inserzione delle stesse clausole contrattuali generali o di clausole «simili». Da tale disposizione si evince che il criterio pertinente con riferimento alle parti convenute in un’azione collettiva non è il loro numero esatto, ma la loro appartenenza allo stesso settore economico. Per quanto riguarda l’oggetto dell’azione, il controllo giurisdizionale riguarda clausole simili.

68.      Gli istituti finanziari convenuti che hanno presentato osservazioni scritte, così come il governo spagnolo, hanno affermato che l’«omogeneità» delle circostanze è una condizione necessaria per proporre un’azione collettiva. Dalle loro osservazioni si evince, in sostanza, che tale obbligo è soddisfatto quando le diverse situazioni individuali possono essere decise collettivamente in quanto presentano analogie in fatto e in diritto tali da consentire una valutazione comune. Esse hanno sostenuto che l’azione collettiva nel procedimento principale non avrebbe dovuto essere ammessa in quanto non era stato rispettato il requisito dell’omogeneità.

69.      A tale proposito, va sottolineato che né la direttiva 93/13 né la direttiva 2009/22 prevedono l’«omogeneità» delle circostanze come condizione per avvalersi dei meccanismi di ricorso collettivo. L’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13 fa riferimento ai requisiti sostanziali dell’identità del settore economico e della somiglianza delle clausole contrattuali. Detto articolo non contiene requisiti procedurali in merito al grado di somiglianza richiesto tra le singole domande affinché possa essere intentata un’azione collettiva dinanzi agli organi giurisdizionali, aspetto di pertinenza del diritto processuale nazionale. Se è vero che la Corte ha pertanto già inquadrato, in più occasioni e tenendo conto dei requisiti di cui all’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il modo in cui il giudice nazionale deve assicurare la tutela dei diritti che i consumatori traggono dalla direttiva in parola, ciò non toglie che, in linea di principio, il diritto dell’Unione non armonizza le procedure applicabili all’esame del carattere asseritamente abusivo di una clausola contrattuale, e che tali procedure rientrano dunque nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, in forza del principio dell’autonomia processuale di questi ultimi, a condizione, tuttavia, che esse non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (principio di effettività) (51).

70.      Pertanto, il diritto processuale nazionale può prevedere che l’«omogeneità» delle azioni coinvolte sia una condizione necessaria per l’ammissione di un’azione collettiva tesa al controllo delle clausole abusive. Tuttavia, poiché l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13 prevede il controllo giurisdizionale in procedimenti collettivi di clausole simili, il requisito dell’omogeneità non può essere interpretato nel senso di imporre che tutte le circostanze della specifica azione debbano essere identiche. Quando un’azione collettiva coinvolge la stessa categoria di convenuti, lo stesso tipo di clausola con gli stessi effetti e lo stesso tipo di rapporti giuridici, tutti questi elementi potrebbero essere un forte indizio del fatto che la causa petendi è sufficientemente simile perché detta azione collettiva possa procedere. Se fosse possibile effettuare una valutazione giuridica obiettiva delle clausole contrattuali standardizzate, non dovrebbe essere richiesto di prendere in considerazione gli aspetti di fatto e di diritto che sono specifici per ciascuno dei contratti e dei consumatori interessati da tali clausole.

71.      In definitiva, spetta al giudice nazionale stabilire se nel procedimento principale vi sia un grado di somiglianza sufficiente per consentire la prosecuzione dell’azione collettiva. A tal proposito, si può tenere conto del fatto che le parti convenute sono tutti istituti bancari, le clausole contestate sono tutte clausole di tasso minimo standard, i rapporti giuridici di cui fanno parte le clausole di tasso minimo sono contratti di mutuo ipotecario e l’effetto di tali clausole è quello di escludere la variazione del tasso di interesse al di sotto di una certa soglia.

72.      Va osservato che persino la direttiva 2020/1828 – che rappresenta il più importante esempio di armonizzazione nel campo dei ricorsi collettivi – non ha armonizzato tutti gli aspetti dei procedimenti rappresentativi che essa disciplina. Conformemente al considerando 12 di tale direttiva, in linea con il principio dell’autonomia procedurale, dovrebbe spettare agli Stati membri decidere in merito al «grado richiesto di similarità delle pretese individuali (...) affinché il caso sia ammesso al trattamento come un’azione rappresentativa». Tuttavia, tale considerando richiama la limitazione del principio di effettività in quanto «[t]ali norme nazionali non dovrebbero ostacolare l’efficace funzionamento del meccanismo procedurale per le azioni rappresentative richieste dalla [direttiva 2020/1828]».

73.      Sebbene la direttiva 2020/1828 non sia applicabile al procedimento principale, nel corso dell’udienza taluni istituti finanziari hanno fatto riferimento ad esempi di recepimento nazionale di tale direttiva e, più in particolare, alla normativa tedesca e italiana, che prevedono entrambe il requisito dell’«omogeneità» nell’ambito delle azioni rappresentative.

74.      Tuttavia, il fatto che vi sia una normativa nazionale che prevede il requisito dell’«omogeneità» non porta a concludere che, a causa di questo requisito, il ricorso collettivo non sia adeguato in un caso in cui l’azione collettiva è diretta contro molteplici istituti finanziari e riguarda una moltitudine di contratti. Si tratta di verificare se l’applicazione del requisito dell’omogeneità raggiunga il giusto equilibrio tra la similarità delle situazioni oggetto dell’azione collettiva, l’economia procedurale e l’efficacia del ricorso collettivo (52).

75.      Taluni istituti finanziari hanno sostenuto nelle loro memorie che il contenzioso era ingestibile. Tuttavia, non spetta alla Corte esaminare gli aspetti empirici del contenzioso. Se il giudice nazionale ritiene che le situazioni di fatto e di diritto in esame rendano possibile una valutazione standardizzata delle clausole contrattuali interessate, spetta allora a tale giudice adottare le misure di gestione giudiziaria necessarie per consentire lo svolgimento dell’azione.

76.      Ciò detto, va sottolineato che l’entità del contenzioso non deve pregiudicare il diritto di ciascun istituto finanziario a un’effettiva tutela giurisdizionale. Mancando, nelle direttive 93/13 e 2009/22, una disposizione che preveda esplicitamente un regime di tutela giurisdizionale effettiva per il professionista, dette direttive devono essere interpretate alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (53). Ciascun istituto finanziario deve avere la possibilità di dimostrare che la propria prassi standardizzata soddisfa i criteri di trasparenza.

77.      Un’ultima questione sollevata dal giudice del rinvio è l’ulteriore complessità che sorge nel caso di specie a causa del cumulo dell’azione di restituzione delle somme versate in virtù della constatazione del carattere abusivo della clausola controversa con l’azione inibitoria. A tal proposito, va sottolineato che stabilire le modalità di esecuzione della sentenza nell’azione collettiva è una questione di diritto processuale nazionale. Le possibili difficoltà nella fase esecutiva non costituiscono un criterio giuridico per escludere i procedimenti di ricorso collettivo.

78.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, ritengo che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nel rinviare alla considerazione di tutte le circostanze che accompagnano la conclusione del contratto, e l’articolo 7, paragrafo 3, di tale direttiva, nel fare riferimento a clausole contrattuali simili, devono essere interpretati nel senso che consentono al giudice nazionale di effettuare una valutazione astratta della trasparenza delle clausole contrattuali nell’ambito di un’azione collettiva, in circostanze in cui l’azione pertinente è proposta nei confronti di un numero significativo di istituti finanziari e riguarda un elevato numero di contratti. Al fine di effettuare detta valutazione, spetta al giudice nazionale esaminare le pratiche contrattuali e precontrattuali standard di ciascuno degli istituti finanziari interessati alla luce del criterio oggettivo del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.

 Sulla seconda questione

79.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il controllo astratto della trasparenza dal punto di vista del consumatore medio sia compatibile con l’articolo 4, paragrafo 2, e l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13, nelle circostanze di un’azione collettiva che coinvolge un numero significativo di istituti finanziari, un numero elevato di contratti diversi e di consumatori e in cui le clausole di cui trattasi sono state inserite nei contratti per un lungo periodo di tempo.

80.      Dalla seconda questione pregiudiziale nonché dalla decisione di rinvio si evince che il giudice del rinvio solleva dubbi sulla possibilità di determinare la nozione di consumatore «medio» nell’ambito di un’azione collettiva che presenta le caratteristiche «quantitative» della fattispecie di cui al procedimento principale. Più in particolare, il giudice del rinvio ha indicato che l’azione collettiva coinvolge: in primo luogo, numerosi istituti finanziari di diverse dimensioni e con diverse strutture, e operanti in diverse aree geografiche (dalle piccole casse di risparmio locali ad alcune grandi banche europee che operano a livello multinazionale); in secondo luogo, diversi modelli contrattuali utilizzati da ciascun istituto finanziario; in terzo luogo, un lungo periodo di tempo di utilizzo delle clausole pertinenti; e, in quarto luogo, diversi gruppi di consumatori difficilmente standardizzabili, come i consumatori che si surrogano nei mutui negoziati dalle imprese edili, i consumatori che si avvalgono di programmi di finanziamento per l’acquisto di alloggi tutelati o per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica secondo determinate fasce d’età o i consumatori che accedono al mutuo in base alla loro professione (funzionari, dipendenti di una determinata azienda, ad esempio).

81.      Per quanto riguarda la nozione di consumatore medio, si è già sottolineato in precedenza, nell’ambito dell’analisi della prima questione (54), che l’osservanza dell’obbligo di trasparenza deve essere accertata in relazione allo standard oggettivo del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (55). A suddetto standard non è riconducibile, segnatamente, né il consumatore meno avveduto di tale consumatore medio, né il consumatore più avveduto di quest’ultimo (56).

82.      La premessa del parametro oggettivo del consumatore medio nel contesto della direttiva 93/13 si basa sulla nozione di «consumatore» di cui all’articolo 2, lettera b), della medesima. Da tale nozione risulta che la protezione accordata da tale direttiva dipende dai fini per i quali una persona fisica agisce, ossia quelli che non rientrano nel quadro della sua attività professionale, e non dalle conoscenze particolari di cui tale persona dispone (57). Sulla base di tale premessa, la Corte ha affermato che il fatto che una persona fisica che conclude un contratto con la banca sia un dipendente di quest’ultima non osta, di per sé, a che essa sia qualificata come «consumatore», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13 (58).

83.      Dal momento che la conoscenza specifica che si ritiene abbia un consumatore nell’ambito di un’azione individuale non è in grado di giustificare una deviazione dallo standard del consumatore medio, lo stesso dovrebbe valere per le caratteristiche individuali dei diversi consumatori nell’ambito di un’azione collettiva. La nozione oggettiva di consumatore medio corrisponde all’uso di contratti standard, indipendentemente dalle caratteristiche o dal numero di consumatori coinvolti.

84.      Come osservato, in sostanza, dall’ADICAE nelle sue osservazioni orali, le differenze di età dei consumatori, il loro livello di istruzione o la loro occupazione non possono essere considerati criteri dirimenti per raggruppare detti consumatori e in gruppi diversi. Tale osservazione è corretta a condizione che le persone fisiche interessate agiscano al di fuori della loro attività commerciale o professionale (59).

85.      Per quanto riguarda le differenze tra le istituzioni finanziarie interessate e i diversi modelli contrattuali utilizzati da tali istituzioni, non ritengo che tali differenze siano in grado di incidere sulla nozione di consumatore medio. Come sottolineato nell’analisi della prima questione, nell’ambito dell’esame astratto del requisito di trasparenza, il controllo giurisdizionale non si concentra sul singolo contratto e sul singolo consumatore. Il controllo giurisdizionale si concentra sulle pratiche contrattuali e precontrattuali standard adottate da ciascun professionista nei confronti del consumatore medio, quando promuove e offre il contratto (60). Spetta quindi a ciascun professionista (nella fattispecie di cui al procedimento principale, a ciascun istituto finanziario) dimostrare che le proprie pratiche adempiono l’obbligo di trasparenza.

86.      Il governo polacco ha suggerito nelle sue osservazioni che è possibile basarsi su diversi tipi di consumatore medio per valutare diversi gruppi di contratti. Tale governo ha suggerito che, quando un contratto di credito è stipulato secondo un modello particolare destinato a un gruppo particolare di consumatori, la nozione di consumatore medio corrisponde al membro medio del gruppo con cui i contratti sono stati stipulati.

87.      In definitiva, spetta al giudice nazionale gestire il contenzioso e determinare in ciascun caso gli strumenti appropriati a tal fine. Se detto giudice ritiene che le circostanze di fatto e di diritto del ricorso riflettano una prassi corrente e che la qualificazione di consumatori in diverse categorie contribuisca a tale valutazione, esso deve allora essere autorizzato a farlo. Tuttavia, occorre ricordare che la nozione di consumatore medio è distinta dalle conoscenze o dalle capacità di ciascun consumatore. Pertanto, qualsiasi classificazione dei consumatori coinvolti nell’azione collettiva non può essere effettuata sulla base di criteri che contraddicono lo standard oggettivo del consumatore medio. Non è quindi possibile creare sottogruppi sulla base del diverso grado di conoscenza dei consumatori o della loro età o della loro professione (nella misura in cui essi agiscono per scopi che esulano dalla loro attività commerciale o professionale). Inoltre, i modelli contrattuali utilizzati possono costituire un elemento distintivo solo se tale elemento ha un’incidenza reale sulla nozione di consumatore medio che stipula un determinato tipo di contratto. Se la capacità del consumatore di comprendere le conseguenze concrete dell’uso della clausola di tasso minimo non è influenzata dal tipo di contratto utilizzato, allora il tipo di contratto non può essere un criterio per distinguere alcuni gruppi di consumatori da tutti gli altri.

88.      L’ultima questione sollevata dal giudice del rinvio riguarda la pertinenza del tempo trascorso ai fini dell’applicazione della nozione di consumatore medio.

89.      È vero che le percezioni evolvono nel tempo. Durante l’udienza, ci è stata ricordata l’antica dottrina greca del costante cambiamento, di Eraclito, secondo la quale «tutto cambia e nulla resta immobile» (61).

90.      Ciò premesso, la nozione di consumatore medio, come sottolineato dalla Commissione in udienza, richiede una certa stabilità per garantire la certezza del diritto. L’evoluzione generale delle percezioni nel corso del tempo non è di per sé sufficiente a dimostrare che sia cambiata la comprensione, da parte del consumatore medio, della clausola contrattuale di cui trattasi. È necessario stabilire se si è verificato un evento particolare che ha modificato in modo significativo la percezione delle clausole di tasso minimo da parte del consumatore medio. Al riguardo, potrebbero avere particolare rilievo una modifica del quadro legislativo o una sentenza fondamentale riguardante la clausola in questione.

91.      Nel procedimento principale, il lasso di tempo intercorso tra il momento in cui sono stati stipulati i contratti di cui trattasi e il calo dei tassi d’interesse non sembra rilevante o sufficiente per incidere sulla nozione di consumatore medio. Come ha affermato il governo spagnolo nel corso dell’udienza, nel 2010 (prima del crollo dei tassi di interesse), il consumatore medio non aveva una maggiore conoscenza delle clausole di tasso minimo rispetto al 2000. Prima che l’effetto delle clausole di tasso minimo venisse attivato dal forte calo dei tassi di interesse, infatti, la semplice esistenza di tali clausole nei contratti non aveva alcun effetto pratico.

92.      Pertanto, mi sembra che la questione da affrontare non sia tanto quella del trascorrere del tempo, quanto piuttosto quella di stabilire se il consumatore medio che ha contratto un mutuo dopo il 2009 o il 2010 debba essere trattato diversamente rispetto al consumatore medio che ha contratto un mutuo prima di tali anni. A tale proposito, spetta al giudice nazionale stabilire se il calo dei tassi di interesse abbia portato ad aumentare la consapevolezza riguardo alle clausole di tasso minimo e se gli istituti finanziari abbiano modificato le loro pratiche e adempiuto gli obblighi di trasparenza. Spetta altresì al giudice nazionale valutare se vi fosse una confusione nella percezione che i consumatori avevano della legittimità di tali clausole prima della valutazione giurisdizionale delle stesse. Detto giudice può anche valutare se la sua sentenza del 9 maggio 2013, in cui ha stabilito che le clausole di tasso minimo erano legittime in linea di principio, ma che mancavano di trasparenza ed erano abusive, abbia inciso, all’epoca, su un eventuale cambiamento di percezione. Spetta al giudice nazionale, in definitiva, procedere a tali necessarie verifiche.

93.      Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che il controllo astratto della trasparenza dal punto di vista del consumatore medio sia compatibile con l’articolo 4, paragrafo 2, e l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13. Il consumatore medio è un criterio di valutazione oggettivo con riferimento alla valutazione delle clausole contrattuali standard, indipendentemente dalle caratteristiche o dal numero di consumatori coinvolti. Il fatto che l’azione collettiva promossa nel procedimento principale coinvolge un numero significativo di istituti finanziari, un numero elevato di contratti e di consumatori diversi e che le clausole di cui trattasi sono state inserite nei contratti per un lungo periodo di tempo non incide, in quanto tale, sulla nozione di consumatore medio.

 V. Conclusione

94.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) come segue:

1)      L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, nel rinviare alla considerazione di tutte le circostanze che accompagnano la conclusione del contratto, e l’articolo 7, paragrafo 3, di tale direttiva, nel fare riferimento a clausole contrattuali simili,

devono essere interpretati nel senso che consentono al giudice nazionale di effettuare una valutazione astratta della trasparenza delle clausole contrattuali nell’ambito di un’azione collettiva, in circostanze in cui tale azione è proposta nei confronti di un numero significativo di istituti finanziari e riguarda un elevato numero di contratti. Al fine di effettuare tale valutazione, spetta al giudice nazionale esaminare le pratiche contrattuali e precontrattuali standard di ciascuno degli istituti finanziari interessati alla luce del criterio oggettivo del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.

2)      L’articolo 4, paragrafo 2, e l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 93/13

devono essere interpretati nel senso che sono compatibili con un controllo astratto della trasparenza dal punto di vista del consumatore medio. Il consumatore medio è un criterio oggettivo con riferimento alla valutazione delle clausole contrattuali standard, indipendentemente dalle caratteristiche o dal numero di consumatori coinvolti. Il fatto che l’azione collettiva promossa nel procedimento principale coinvolge un numero significativo di istituti finanziari, un numero elevato di contratti e di consumatori diversi e che le clausole di cui trattasi sono state inserite nei contratti per un lungo periodo di tempo non incide, in quanto tale, sulla nozione di consumatore medio.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Direttiva del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).


3      Howells, G., Twigg‑Flesner, C. e Wilhelmsson, T., Rethinking EU Consumer Law, Londra, Routledge, 2017, pag. 153.


4      V. de Elizalde, F., «The Rain does not Stay in the Plain – Or How the Spanish Supreme Court Ruling of 25 March 2015, on Minimum Interest Rate Clauses, affects European Consumers», Journal of European Consumer and Market Law (EuCML), Vol. 4(5), 2015, pag. 184.


5      V. de Elizalde, F. e Leskinen, C., «The control of terms that define the essential obligations of the parties under the Unfair Contract Terms Directive: Gutiérrez Naranjo», Common Market Law Review, Vol. 55(5), (2018), pagg. da 1595 a 1617.


6      Un’esposizione sintetica del ragionamento della decisione del Tribunal Supremo (Corte Suprema) del 9 maggio 2013 è contenuta nella sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e altri (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 18 e seguenti).


7      Sentenza del 21 dicembre 2016 (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980).


8      V. conclusioni presentate dall’avvocato generale Szpunar nelle cause riunite Sales Sinués e Drame Ba (C‑381/14 e C‑385/14, EU:C:2016:15, paragrafo 53 e seguenti) e conclusioni presentate dall’avvocato generale Trstenjak nella causa Invitel (C‑472/10, EU:C:2011:806, paragrafo 37).


9      Sentenza del 14 aprile 2016, Sales Sinués e Drame Ba (C‑381/14 e C‑385/14, EU:C:2016:252, punto 21).


10      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori (GU 2009, L 110, pag. 30).


11      Sentenza del 21 dicembre 2016, Biuro podróży «Partner» (C‑119/15, EU:C:2016:987, punto 31). Occorre evidenziare che all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale non esisteva ancora un atto giuridico vincolante dell’Unione sui mezzi procedurali per ottenere un risarcimento. La legge spagnola prevedeva la possibilità di cumulare a un’azione inibitoria un’azione accessoria per il recupero delle somme versate in base alle condizioni generali ritenute abusive. Nel procedimento principale, l’associazione di consumatori ricorrente si è avvalsa di tale possibilità.


12      Sentenza del 14 aprile 2016, Sales Sinués e Drame Ba (C‑381/14 e C‑385/14, EU:C:2016:252, punto 30).


13      Sentenze del 14 aprile 2016, Sales Sinués e Drame Ba (C‑381/14 e C‑385/14, EU:C:2016:252, punto 29), e del 26 aprile 2012, Invitel (C‑472/10, EU:C:2012:242, punto 37).


14      V. conclusioni presentate dall’avvocato generale Trstenjak nella causa Invitel (C‑472/10, EU:C:2011:806, paragrafo 37).


15      V., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2016, Sales Sinués e Drame Ba (C‑381/14 e C‑385/14, EU:C:2016:252, punti 37 e 40).


16      Sentenza del 26 aprile 2012, Invitel (C‑472/10, EU:C:2012:242), in cui la Corte ha stabilito che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta al fatto che l’accertamento della nullità di una clausola abusiva che fa parte delle condizioni generali dei contratti stipulati con consumatori nell’ambito di un’azione inibitoria, di cui all’articolo 7 della medesima direttiva, promossa avverso un professionista a tutela della collettività e a nome dei consumatori, da un ente individuato dalla legislazione nazionale, produca, ai sensi di tale legislazione, effetti nei riguardi di tutti i consumatori che abbiano stipulato con il professionista di cui trattasi un contratto al quale si applicano le stesse condizioni generali, ivi inclusi quei consumatori che non siano stati parte del procedimento inibitorio.


17      V. sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione — Orientamenti sull’interpretazione e all’applicazione della direttiva 93/13/CEE del Consiglio concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 2019, C 323, pag. 4, in prosieguo: gli «Orientamenti della Commissione sulle clausole abusive»).


18      V., in tal senso, sentenza del 20 aprile 2023, Ocidental – Companhia Portuguesa de Seguros de Vida (C‑263/22, EU:C:2023:311, punto 31).


19      Grundmann, S. «A Modern Standard Contract Terms Law from Reasonable Assent to Enhanced Fairness Control». European Review of Contract Law,Vol. 15(2), 2019, pagg. da 148 a 176, a pag. 157.


20      Sentenza del 16 marzo 2023, Caixabank (commissioni di apertura del mutuo) (C‑565/21, EU:C:2023:212).


21      Sentenza del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai (C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 72).


22      V., in generale, Ebers, M., «Unfair Contract Terms Directive (93/13)» in Schulte‑Nölke, H., Twigg‑Flesner, C. and Ebers, M., EC Consumer Law Compendium: the Consumer Acquis and Its Transposition in the Member States, Sellier European Law Publishers, Monaco di Baviera, 2008. Nel contesto del credito al consumo, v. Luzak J., e Junuzović, M. «Blurred Lines: Between Formal and Substantive Transparency in Consumer Credit Contracts», EuCML, Vol. 8(3), 2019, pagg. da 97 a 107.


23      Orientamenti della Commissione sulle clausole abusive, sezione 3.3.1., pag. 25.


24      Sull’uso dell’espressione «trasparenza sostanziale» nella giurisprudenza della Corte, v. sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 49).


25      Sentenze del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance (C‑609/19, EU:C:2021:469, punto [41]), e del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance (da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).


26      Sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance (da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).


27      V., in tal senso, sentenze del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance (C‑609/19, EU:C:2021:469, punto 45) e del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance (da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 66); e del 16 marzo 2023, Caixabank (commissione di apertura del mutuo) (C‑565/21, EU:C:2023:212, punto 33).


28      Sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance (da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 67).


29      Ibidem, punto 75.


30      V. supra, paragrafo 43 delle presenti conclusioni.


31      V. conclusioni presentate dall’avvocato generale Pitruzzella nella causa Fundación Consejo Regulador de la Denominación de Origen Protegida Queso Manchego (C‑614/17, EU:C:2019:11, paragrafo 49).


32      Sentenza del 21 settembre 2023, mBank (registro polacco delle clausole illecite) (C‑139/22, EU:C:2023:692, punti 61 e 66).


33      Ibidem, punto 66.


34      Howells, G., Twigg‑Flesner, C. e Wilhelmsson, T., op. cit., nota 3, pag. 152.


35      Gardiner, C., «Unfair Contract Terms in the Digital Age: The Challenge of Protecting European Consumers in the Online Marketplace», Edward Elgar Publishing, 2022, pag. 96.


36      V., in tal senso, sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance (C‑609/19, EU:C:2021:469, punto 53).


37      V., in tal senso, Howells, G., Twigg‑Flesner, C. e Wilhelmsson, T., op.cit. nota 3, pag. 151, in cui si suggerisce che la Corte «non sembra essere particolarmente esigente» nel cercare di definire cosa ci si possa aspettare più precisamente dal consumatore medio.


38      Sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance (da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 86).


39      Come sottolineato in precedenza, l’obbligo di trasparenza quale risulta dall’articolo 4 della direttiva 93/13 ha la stessa portata di quello di cui all’articolo 5 della stessa direttiva (v. paragrafo 40 delle presenti conclusioni).


40      Nella sentenza del 9 settembre 2004, Commissione/Spagna (C‑70/03, EU:C:2004:505, punto 16), la Corte ha stabilito che un’interpretazione oggettiva (nell’ambito di un’azione collettiva) consente di vietare più spesso l’utilizzo di una clausola oscura o ambigua, dal che deriva una tutela più estesa dei consumatori.


41      Paragrafo 39 delle presenti conclusioni.


42      V., con riferimento all’applicabilità dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nelle azioni tanto individuali che collettive, le conclusioni presentate dall’avvocato generale Trstenjak nella causa Invitel (C‑472/10, EU:C:2011:806, paragrafo 50).


43      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2020 relativa alle azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e che abroga la direttiva 2009/22 (GU 2020, L 409, pag. 1).


44      Secondo la definizione di cui all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2020/1828, per «azione rappresentativa» si intende «un’azione per la tutela degli interessi collettivi dei consumatori intentata da un ente legittimato in quanto parte ricorrente per conto dei consumatori e finalizzata a ottenere un provvedimento inibitorio o un provvedimento risarcitorio, o entrambi».


45      Articolo 2 della direttiva 2020/1828.


46      Al punto 83 della sua sentenza n. 603/2018, del 12 novembre, che fa parte del fascicolo nazionale del caso, l’Audiencia Provincial de Madrid (Corte Provinciale, Madrid) fa riferimento al «modello standard di contrattazione» («patrón estándar de contratación») nei confronti del consumatore medio.


47      V. supra, paragrafo 14 delle presenti conclusioni.


48      Il giudice nazionale di appello ha esaminato il «diverso grado di impegno» esercitato da ciascuna delle banche convenute per garantire l’effettiva trasparenza dell’inserimento della clausola di tasso minimo [sentenza dell’Audiencia Provincial de Madrid (Corte Provinciale, Madrid), punto 28].


49      V. Nogler, L. e Reifner, U., «The Contractual Concept of Life-Time Contracts under Scrutiny» in Ratti, L., Embedding the Principles of Life Time Contracts, Eleven International Publishing, L’Aia, 2018, pag. 3, che sottolinea l’aspetto «umano o esistenziale» dei contratti a lungo termine che servono a soddisfare bisogni fondamentali.


50      V., in tal senso, sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance (C‑609/19, EU:C:2021:469, punto 53).


51      Sentenza del 17 maggio 2022, SPV Project 1503 e a. (C‑693/19 e C‑831/19, EU:C:2022:395, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).


52      Più in particolare, per quanto riguarda la normativa tedesca, il legislatore tedesco si è avvalso della possibilità offerta dal considerando 12 della direttiva 2020/1828 e ha previsto una specifica condizione di ricevibilità per quanto riguarda l’analogia delle situazioni coperte dall’azione rappresentativa per il risarcimento ai sensi dell’articolo 15 del Gesetz zur gebundelten Durchsetzung von Verbraucherrechten (legge relativa all’applicazione congiunta dei diritti dei consumatori – VuDuG) dell’8 ottobre 2023 (BGB1.2023 I n. 272). Tale condizione richiede che i diritti dei consumatori oggetto del ricorso siano «sostanzialmente omogenei» (l’esatta espressione in tedesco è «im Wesentlichen gleichartig»). Secondo i lavori preparatori della VuDuG (Gesetzentwurf der Bundesregierung, BT – Drs. 20/6520, pagg. 77 e 78), le domande dei consumatori interessati devono essere sufficientemente simili in fatto e in diritto per consentire al giudice di cognizione di decidere su una pluralità di domande nello stesso procedimento. Ciò presuppone che il giudice non debba effettuare lunghi accertamenti di fatto in casi fattualmente diversi o affrontare numerose questioni giuridiche diverse che sollevano situazioni individuali. Il grado di somiglianza tra le domande pertinenti deve essere tale da consentire ai giudici di effettuare un esame schematico delle condizioni di spettanza del diritto da un punto di vista fattuale e giuridico, senza richiedere un esame individuale caso per caso. Secondo tali lavori preparatori, l’omogeneità non richiede che i contratti interessati siano identici o conclusi nello stesso periodo. Si precisa che i fatti sono simili, ad esempio, «quando più consumatori hanno concluso contratti di risparmio individuali in date diverse, ma i diversi contratti o tipi di contratto contengono tutti la stessa clausola standard». In tale contesto, mi sembra importante rilevare che il legislatore tedesco ha «attenuato» il requisito dell’«omogeneità» nel corso dell’iter legislativo aggiungendo il termine «sostanzialmente». Tale attenuazione è stata introdotta per evitare possibili obiezioni da parte dai professionisti in relazione alle caratteristiche individuali o al comportamento individuale di alcuni dei consumatori interessati, al fine di ostacolare la proposizione di un’azione rappresentativa per il risarcimento [v. raccomandazioni formulate, nel corso dell’iter legislativo, dal Bundesrat (Consiglio federale, Germania) BR-Drs. 145/1/23, pagg. 4 e 5]. Di conseguenza, il legislatore tedesco ha ritenuto che l’espressione «sostanzialmente omogeneo» sia sufficientemente aperta da comportare risultati adeguati in ciascun caso.


53      Sentenza del 21 dicembre 2016, Biuro podróży «Partner» (C‑119/15, EU:C:2016:987, punto 26).


54      Paragrafo 46 delle presenti conclusioni.


55      Sentenza del 21 settembre 2023, mBank (registro polacco delle clausole illecite) (C‑139/22, EU:C:2023:692, punti 61 e 66).


56      Ibidem, punto 66.


57      Ibidem, punto 67.


58      Ibidem, punto 69.


59      Se così non fosse, le persone fisiche interessate non beneficerebbero della tutela di cui alla direttiva 93/13 (v. paragrafo 82 delle presenti conclusioni).


60      V. supra, paragrafo 61 delle presenti conclusioni.


61      In greco antico «τα πάντα ῥεῖ, μηδέποτε κατά τ’αυτό μένειν”» il cui significato letterale è «tutto scorre e nulla rimane uguale».