Language of document : ECLI:EU:C:2023:308

SENTENZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

20 aprile 2023 (*)

«Impugnazione – Concorrenza – Articolo 102 TFUE – Abuso di posizione dominante – Vendita online – Regolamento (CE) n. 773/2004 – Articolo 2, paragrafo 1 – Decisione della Commissione europea di aprire un’indagine – Ambito di applicazione territoriale dell’indagine – Esclusione dell’Italia – Ripartizione delle competenze tra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 11, paragrafo 6 – Privazione delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri della loro competenza – Tutela contro i procedimenti condotti parallelamente dalle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri e dalla Commissione – Ricorso di annullamento – Atto non impugnabile – Atto che non produce alcun effetto giuridico nei confronti dei terzi – Atto preparatorio – Irricevibilità»

Nella causa C‑815/21 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 21 dicembre 2021,

Amazon.com Inc., con sede in Seattle (Stati Uniti),

Amazon Services Europe Sàrl, con sede in Lussemburgo (Lussemburgo),

Amazon EU Sàrl, con sede in Lussemburgo,

Amazon Europe Core Sàrl, con sede in Lussemburgo,

rappresentate da A. Komninos, dikigoros, e G. Tantulli, abogado,

ricorrenti,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da B. Ernst, T. Franchoo, G. Meessen e C. Sjödin, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

sostenuta da:

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, con sede in Roma (Italia), rappresentata da P. Gentili, avvocato dello Stato,

interveniente in sede d’impugnazione,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da M.L. Arastey Sahún, presidente di sezione, N. Wahl (relatore) e J. Passer, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la loro impugnazione Amazon.com Inc., Amazon Services Europe Sàrl, Amazon EU Sàrl e Amazon Europe Core Sàrl (in prosieguo, congiuntamente: «Amazon») chiedono l’annullamento dell’ordinanza del Tribunale dell’Unione europea del 14 ottobre 2021, Amazon.com e a./Commissione (T‑19/21, EU:T:2021:730; in prosieguo: l’«ordinanza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha respinto in quanto irricevibile il loro ricorso diretto all’annullamento parziale della decisione C(2020) 7692 final della Commissione, del 10 novembre 2020, che avvia un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE nel caso AT.40703 – Amazon – Buy Box (in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

 Regolamento (CE) n. 1/2003

2        Ai sensi dei considerando 17 e 32 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1):

«(17)      Per assicurare un’applicazione coerente delle regole di concorrenza e al contempo una gestione ottimale della rete, è indispensabile mantenere la regola in virtù della quale le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sono automaticamente private della loro competenza qualora la Commissione [europea] avvii un procedimento. Se un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro si sta già occupando di un caso e la Commissione intende avviare un procedimento, la Commissione dovrebbe adoperarsi in tal senso il più presto possibile. Prima dell’avvio di un procedimento, la Commissione dovrebbe consultare l’autorità nazionale interessata.

(...)

(32)      Occorrerebbe sancire il diritto delle imprese interessate ad essere sentite dalla Commissione, dare ai terzi i cui interessi possono essere danneggiati da una decisione la possibilità di presentare preventivamente le loro osservazioni, nonché assicurare un’ampia pubblicità alle decisioni adottate. Pur garantendo i diritti di difesa delle imprese interessate, e in particolare il diritto di accesso al fascicolo, è al tempo stesso indispensabile tutelare il segreto aziendale. Occorrerebbe parimenti garantire la riservatezza delle informazioni scambiate in seno alla rete».

3        L’articolo 11, paragrafo 6, di tale regolamento prevede quanto segue:

«L’avvio di un procedimento da parte della Commissione per l’adozione di una decisione ai sensi del capitolo III priva le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri della competenza ad applicare gli articoli [101 e 102 TFUE]. Qualora un’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro stia già svolgendo un procedimento, la Commissione avvia il procedimento unicamente previa consultazione di quest’ultima».

 Regolamento n. 773/2004

4        Ai sensi del considerando 10 del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), come modificato dal regolamento (CE) n. 622/2008 della Commissione, del 30 giugno 2008 (GU 2008, L 171, pag. 3) (in prosieguo: il «regolamento n. 773/2004»):

«Allo scopo di salvaguardare i diritti della difesa delle imprese, la Commissione deve attribuire alle parti interessate il diritto di essere sentite prima di prendere una decisione».

5        L’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004 così dispone:

«La Commissione può decidere di avviare il procedimento per l’adozione di una decisione ai sensi del capitolo III del regolamento [n. 1/2003] in qualsiasi momento, ma non dopo la data in cui ha espresso la valutazione preliminare di cui all’articolo 9, paragrafo 1, di detto regolamento, ha emesso la comunicazione degli addebiti o ha richiesto alle parti di manifestare il proprio interesse ad avviare discussioni in vista della transazione né, se è anteriore, dopo la data di pubblicazione della comunicazione di cui all’articolo 27, paragrafo 4, dello stesso».

 Fatti

6        I fatti all’origine della controversia sono stati esposti nei punti da 1 a 5 dell’ordinanza impugnata nei seguenti termini:

«1      Le ricorrenti (...) fanno parte dell’impresa Amazon. Amazon opera, in particolare, su Internet, effettuando segnatamente operazioni di vendita al dettaglio online e fornendo vari servizi online.

2      Il 10 novembre 2020 la Commissione europea ha adottato la decisione [controversa].

3      Secondo la Commissione, alcune pratiche commerciali di Amazon potrebbero favorire artificiosamente le sue proprie offerte di vendita al dettaglio, nonché quelle dei venditori della sua piattaforma di e-commerce che utilizzano i servizi di logistica e di consegna di Amazon.

4      La Commissione ha ritenuto che la pratica in questione, se accertata, [avrebbe potuto] essere contraria all’articolo 102 TFUE.

5      Nella decisione [controversa] la Commissione ha affermato che l’indagine avrebbe riguardato tutto lo Spazio economico europeo (SEE), ad eccezione dell’Italia, giustificando tale esclusione, nel comunicato stampa che ha accompagnato l’adozione di detta decisione, con la circostanza che l’autorità italiana garante della concorrenza aveva iniziato a indagare su problemi parzialmente simili nell’aprile del 2019, focalizzandosi sul mercato italiano».

 Procedimento dinanzi al Tribunale e ordinanza impugnata

7        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 gennaio 2021, Amazon ha proposto un ricorso diretto all’annullamento parziale della decisione controversa, nella parte in cui esclude l’Italia dall’ambito di applicazione dell’indagine e dalle conseguenze giuridiche dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003.

8        Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 marzo 2021, la Commissione ha eccepito l’irricevibilità di tale ricorso, facendo valere, in particolare, che la decisione controversa non costituiva un atto impugnabile, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, dal momento che essa non produceva alcun effetto giuridico vincolante, idoneo a incidere sugli interessi di Amazon, modificando in modo sostanziale la situazione giuridica di quest’ultima. Amazon ha depositato le sue osservazioni su tale eccezione d’irricevibilità il 14 maggio 2021.

9        Con l’ordinanza impugnata il Tribunale ha respinto il ricorso di Amazon in quanto irricevibile, con la motivazione che la decisione controversa produceva solo gli effetti propri di un atto procedurale e non incideva pertanto sulla situazione giuridica di Amazon, salvo che dal punto di vista procedurale.

10      Inoltre, in conformità all’articolo 144, paragrafo 3, del suo regolamento di procedura, il Tribunale ha deciso che non vi era luogo a statuire sulle istanze di intervento, tra cui quella proposta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Italia) (in prosieguo: l’«AGCM»).

 Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

11      Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 21 dicembre 2021, Amazon ha proposto la presente impugnazione.

12      Con atto depositato il 13 aprile 2022, l’AGCM ha chiesto, in base all’articolo 40, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, nonché agli articoli 129 e 130 del regolamento di procedura della Corte, di essere autorizzata a intervenire nel procedimento d’impugnazione in adesione alle conclusioni della Commissione.

13      Con ordinanza del presidente della Corte del 14 luglio 2022, Amazon.com e a./Commissione (C‑815/21 P, non pubblicata, EU:C:2022:596), quest’ultimo ha accolto tale istanza. Poiché detta istanza è stata proposta dopo la scadenza del termine stabilito dall’articolo 130 di tale regolamento, ma prima della decisione di aprire la fase orale del procedimento, l’AGCM è stata autorizzata, in conformità all’articolo 129, paragrafo 4, del citato regolamento, a intervenire in adesione alle conclusioni della Commissione e a presentare le sue osservazioni durante l’udienza di discussione, qualora se ne fosse tenuta una.

14      Con la sua impugnazione, Amazon chiede che la Corte voglia:

–        annullare l’ordinanza impugnata;

–        respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione dinanzi al Tribunale e

–        rinviare la causa a quest’ultimo affinché statuisca nel merito.

15      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione e

–        condannare Amazon a farsi carico della totalità delle spese sostenute nell’ambito del presente procedimento.

 Sull’impugnazione

16      A sostegno della sua impugnazione, Amazon deduce un motivo unico suddiviso in tre parti vertenti, la prima, sulla violazione, da parte del Tribunale, dell’articolo 263 TFUE, la seconda, su un’erronea interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 e, la terza, sul fatto che la motivazione adottata dal Tribunale si basi su conclusioni in via subordinata erronee e inoperanti.

 Sulla seconda parte del motivo unico

 Argomenti delle parti

17      Con la seconda parte del motivo unico di impugnazione, che occorre esaminare per prima, Amazon sostiene che il Tribunale, nell’ordinanza impugnata, ha interpretato erroneamente l’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003.

18      A suo avviso, ai punti da 28 a 50 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale avrebbe proceduto a un’interpretazione paradossale di tale disposizione indicando, da un lato, al punto 41 di tale ordinanza, che detta disposizione mira a proteggere le imprese dai procedimenti paralleli da parte delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri e della Commissione, ammettendo al contempo, d’altro lato, che quest’ultima può discrezionalmente negare la tutela in parola.

19      Tale interpretazione erronea deriverebbe da una confusione delle nozioni di «mercato geografico», di «ambito geografico» e di «ambito geografico del procedimento» ai punti da 26 a 28 dell’ordinanza impugnata. A tal riguardo, Amazon afferma che la decisione controversa non ha delimitato alcun «mercato geografico», ma si è limitata a escludere l’Italia dall’ambito di applicazione territoriale dell’indagine della Commissione, al solo scopo di eludere gli obblighi derivanti dall’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003.

20      Infine, Amazon sostiene che, al punto 28 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale subordina la tutela fornita dall’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 al potere discrezionale della Commissione. Orbene, in linea di principio, in nessun settore del diritto dell’Unione l’amministrazione potrebbe eliminare, con una scelta discrezionale, una tutela accordata dalla legge.

21      La Commissione contesta la fondatezza di tali argomenti.

 Giudizio della Corte

22      Per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, occorre sottolineare che, al punto 23 dell’ordinanza impugnata, il Tribunale ha indicato che un atto in forza del quale la Commissione avvia un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE produce, in linea di principio, soltanto gli effetti propri degli atti di procedura e non incide, salvo che dal punto di vista procedurale, sulla situazione giuridica delle parti ricorrenti. Esso ha pertanto giudicato, al punto 38 di tale ordinanza, che, nel caso di specie, la decisione di escludere l’Italia dall’ambito del procedimento avviato dalla Commissione in seguito all’adozione della decisione controversa aveva prodotto solo gli effetti propri di un atto procedurale e non incideva sulla situazione giuridica di Amazon, salvo che dal punto di vista procedurale.

23      Il Tribunale ha aggiunto, al punto 39 della citata ordinanza, che le affermazioni di Amazon, secondo le quali la decisione controversa, benché di tipo procedurale, avrebbe avuto effetti giuridici e vincolanti, in quanto l’esclusione del territorio italiano dal suo ambito di applicazione l’avrebbe privata della protezione contro i procedimenti paralleli prevista all’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, non rimettevano in discussione tale conclusione.

24      Così il Tribunale, dopo aver sottolineato, al punto 41 dell’ordinanza impugnata, che la privazione della competenza in capo alle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri derivante da quest’ultima disposizione permetteva di proteggere le imprese da procedimenti paralleli da parte di tali autorità e della Commissione, ha dichiarato, ai punti da 45 a 48 dell’ordinanza in parola, che tale tutela non implicava alcun diritto per l’impresa a che il caso fosse integralmente trattato dalla Commissione. Di conseguenza, il Tribunale ha giudicato, al punto 49 di detta ordinanza, che Amazon non poteva legittimamente sostenere di essere stata privata, attraverso la parte in questione della decisione controversa, della tutela prevista all’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, in quanto tale effetto protettivo non implica che la Commissione sia obbligata ad avviare un procedimento al fine di privare le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri della loro competenza ad applicare gli articoli 101 e 102 TFUE.

25      Contrariamente a quanto sostiene Amazon, una siffatta interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 non è viziata da errore.

26      Infatti, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, prima frase, del regolamento n. 1/2003, le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri perdono la competenza ad applicare gli articoli 101 e 102 TFUE non appena la Commissione avvii un procedimento per l’adozione di una delle decisioni previste dalle disposizioni del capitolo III di tale regolamento, le quali mirano a constatare un’infrazione agli articoli 101 e 102 TFUE, a obbligare le imprese interessate a porre fine a dette infrazioni, a adottare mediante decisione misure cautelari in seguito alla constatazione prima facie della sussistenza di siffatte infrazioni, a rendere obbligatori taluni impegni assunti da imprese o a constatare l’inapplicabilità degli articoli 101 e 102 TFUE.

27      Ne consegue che, qualora, in applicazione dell’articolo 11, paragrafo 6, prima frase, del regolamento n. 1/2003, la Commissione avvii un procedimento contro una o più imprese per una presunta violazione degli articoli 101 o 102 TFUE, le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri sono private della loro competenza a perseguire (questa stessa o) queste stesse imprese per le stesse presunte condotte anticoncorrenziali, intervenute sullo stesso o sugli stessi mercati di prodotto e geografici nel corso dello stesso o degli stessi periodi (sentenza del 25 febbraio 2021, Slovak Telekom, C‑857/19, EU:C:2021:139, punto 30).

28      Un tale esautoramento è giustificato dal fatto che le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri hanno il potere di applicare le regole di concorrenza del diritto dell’Unione parallelamente alla Commissione, sicché, come emerge dal considerando 17 del regolamento n. 1/2003, quest’ultimo persegue segnatamente l’obiettivo di garantire l’applicazione coerente delle regole di concorrenza del diritto dell’Unione e di garantire una gestione ottimale della rete delle autorità pubbliche responsabili della loro attuazione. Peraltro, poiché l’applicazione parallela di dette regole non può andare a scapito delle imprese, l’esautoramento delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri permette anche di proteggere tali imprese da procedimenti paralleli da parte di tali autorità e della Commissione (v., in tal senso, sentenza del 25 febbraio 2021, Slovak Telekom, C‑857/19, EU:C:2021:139, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

29      A tal riguardo, occorre ricordare che una decisione di avvio del procedimento, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004, non produce l’effetto di privare i destinatari della stessa dei loro diritti procedurali. Al contrario, tale procedimento è stato concepito proprio in modo da consentire alle imprese interessate di far conoscere il loro punto di vista e di informare la Commissione il più compiutamente possibile prima che essa adotti una decisione che incida sui loro interessi. Esso mira quindi a creare, a favore di queste ultime, garanzie procedurali e, come risulta dal considerando 32 del regolamento n. 1/2003 e dal considerando 10 del regolamento n. 773/2004, a sancire il diritto delle imprese di essere sentite dalla Commissione (ordinanza del 29 gennaio 2020, Silgan Closures e Silgan Holdings/Commissione, C‑418/19 P, non pubblicata, EU:C:2020:43, punto 48).

30      Pertanto, l’argomento dedotto da Amazon a sostegno della presente parte del motivo unico di impugnazione, secondo cui l’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 conferisce alle imprese una tutela contro i procedimenti paralleli da parte delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri e della Commissione, tutela di cui tale istituzione l’avrebbe privata escludendo illegittimamente l’Italia dall’ambito di applicazione territoriale dell’indagine avviata dalla decisione controversa, si basa su un’interpretazione manifestamente erronea di tale disposizione.

31      Infatti, la tutela fornita dall’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 si applica solo nell’ipotesi di procedimenti paralleli da parte delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri e della Commissione riguardanti le stesse imprese per le medesime condotte asseritamente anticoncorrenziali, intervenute sullo stesso o sugli stessi mercati di prodotto e geografici nel corso dello stesso o degli stessi periodi.

32      Come correttamente sostenuto dalla Commissione nella sua comparsa di risposta, tale protezione dipende dall’ambito di applicazione della decisione di avvio del procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE o dell’articolo 102 TFUE.

33      Di conseguenza, le imprese non possono avvalersi di detta protezione qualora la Commissione non abbia avviato alcun procedimento o non abbia avviato alcun procedimento relativamente a un determinato territorio.

34      Nel caso di specie, poiché l’ambito di applicazione territoriale del procedimento avviato in conformità alla decisione controversa non includeva l’Italia, la protezione contro i procedimenti paralleli di cui all’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003 non poteva trovare applicazione.

35      Inoltre, come correttamente rilevato dal Tribunale al punto 45 dell’ordinanza impugnata, tale tutela contro i procedimenti paralleli non implica alcun diritto per l’impresa a che il caso sia integralmente trattato dalla Commissione.

36      Sostenere, infatti, al pari di Amazon, che una decisione della Commissione che avvia un procedimento per l’adozione di una decisione ai sensi delle disposizioni del capitolo III del regolamento n. 1/2003 debba necessariamente riguardare l’intero SEE, equivarrebbe a privare tale istituzione dell’ampio potere discrezionale di cui essa dispone quando adotta una siffatta decisione, in conformità all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004.

37      Dai punti della motivazione che precedono risulta che il Tribunale non ha commesso alcun errore d’interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003. Di conseguenza, è inoperante l’argomento di Amazon secondo cui esso avrebbe confuso le nozioni di «mercato geografico», di «ambito geografico» e di «ambito geografico del procedimento».

38      La seconda parte del motivo unico di impugnazione deve pertanto essere respinta in quanto infondata.

 Sulla prima parte del motivo unico

 Argomenti delle parti

39      Amazon sostiene che il Tribunale ha violato l’articolo 263, primo e quarto comma, TFUE concludendo, erroneamente, che il ricorso di annullamento era irricevibile sulla base del rilievo che la decisione controversa non produceva alcun effetto giuridico nei confronti di Amazon.

40      Gli effetti e la natura giuridica della decisione controversa avrebbero dovuto essere valutati alla luce della funzione di quest’ultima. Amazon contesta al Tribunale di essersi limitato a dichiarare che, in conformità alla giurisprudenza, un atto di avvio di un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE produce, in linea generale, soltanto gli effetti propri degli atti di procedura e non incide, salvo che dal punto di vista procedurale, sulla situazione giuridica delle imprese destinatarie, senza effettuare un’analisi concreta di tale decisione.

41      Secondo Amazon, se il Tribunale avesse effettuato un’analisi nel merito di detta decisione, avrebbe constatato che quest’ultima non si limitava ad avviare un procedimento, ma produceva un effetto giuridico autonomo, privandola illegittimamente della protezione contro ogni procedimento parallelo condotto da due autorità garanti della concorrenza nei confronti della medesima impresa, prevista all’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003.

42      La Commissione contesta l’argomento di Amazon, considerando, in via principale, che la prima parte del motivo unico di impugnazione sia irricevibile, in quanto non vengono precisati gli elementi censurati dell’ordinanza impugnata, e, in subordine, che tale parte sia priva di fondamento.

 Giudizio della Corte

43      Per quanto riguarda la ricevibilità della presente parte, è sufficiente constatare che, contrariamente a quanto afferma la Commissione, Amazon ha identificato in modo sufficientemente preciso gli elementi censurati dell’ordinanza impugnata ai quali si riferiscono i suoi argomenti. Infatti, si evince chiaramente dall’impugnazione che Amazon contesta al Tribunale di aver dichiarato che la decisione controversa era un atto di avvio di un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE che produceva soltanto gli effetti propri degli atti di procedura e non incideva, salvo che dal punto di vista procedurale, sulla situazione giuridica delle imprese destinatarie, senza tuttavia effettuare un’analisi concreta di tale decisione.

44      Ne consegue che la presente parte del motivo unico di impugnazione è ricevibile.

45      Per quanto riguarda il merito, ai punti 27 e 28 dell’impugnazione di Amazon viene espressamente indicato che, secondo quest’ultima, nel caso di specie il Tribunale ha violato l’articolo 263 TFUE limitandosi alla presentazione formale della decisione controversa, senza effettuare un’analisi nel merito che (sola) avrebbe consentito di constatare che tale decisione non si riduceva all’avvio di un procedimento per l’adozione di una decisione ai sensi delle disposizioni del capitolo III del regolamento n. 1/2003, in conformità all’articolo 2, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004, bensì produceva un effetto giuridico distinto, ponendo fine alla tutela prevista all’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003.

46      Tale argomento si basa sulla premessa che Amazon possa fondatamente avvalersi della tutela prevista dalla disposizione in parola. Orbene, dall’esame della seconda parte del motivo unico di impugnazione risulta che una siffatta premessa è erronea.

47      Pertanto, la prima parte del motivo unico di impugnazione, che si basa interamente su tale premessa erronea, dev’essere respinta in quanto infondata.

 Sulla terza parte del motivo unico

 Argomenti delle parti

48      Con la terza parte del suo motivo unico di impugnazione, diretta contro i punti da 32 a 50 dell’ordinanza impugnata, Amazon deduce che tale ordinanza si basa su «conclusioni in via subordinata erronee e inoperanti». Anzitutto, sarebbe erroneo che il Tribunale faccia riferimento, nella sua motivazione, agli argomenti di Amazon vertenti sulla circostanza che essa rischi di doversi difendere dinanzi a due autorità garanti della concorrenza distinte, nella misura in cui il Tribunale non terrebbe conto della violazione dei diritti di Amazon. La natura provvisoria della decisione controversa sarebbe, poi, priva d’interesse ai fini del presente ricorso. Infine, sarebbe erroneo equiparare il ricorso a una domanda di avvio, da parte della Commissione, di un procedimento nel mercato italiano.

49      La Commissione contesta tale argomento.

 Giudizio della Corte

50      A tal riguardo, occorre rilevare che, poiché le prime due parti del motivo unico di impugnazione sono state respinte, la conclusione del Tribunale secondo la quale il ricorso di Amazon era irricevibile non può essere rimessa in discussione dalla terza parte di tale motivo, con cui Amazon si limita a contestare le «conclusioni in via subordinata» del Tribunale come erronee e inoperanti, sicché la terza parte di detto motivo dev’essere respinta in quanto inoperante.

51      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre respingere il motivo unico di impugnazione in ogni sua parte e, pertanto, l’impugnazione nel suo complesso.

 Sulle spese

52      Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. L’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, che si applica al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, prevede che la parte soccombente sia condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

53      Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, Amazon, rimasta soccombente in sede di impugnazione, dev’essere condannata alle spese.

54      In conformità all’articolo 140, paragrafo 3, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di tale regolamento, la Corte può decidere che una parte interveniente, diversa da quelle indicate all’articolo 140, paragrafi 1 e 2, di detto regolamento, si faccia carico delle proprie spese. Nel caso di specie, si deve dichiarare che l’AGCM si farà carico delle proprie spese relative all’impugnazione.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Amazon.com, Inc., Amazon Services Europe Sàrl, Amazon EU Sàrl e Amazon Europe Core Sàrl si fanno carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione europea.

3)      L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Italia) si fa carico delle proprie spese relative al procedimento di impugnazione.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.