Language of document : ECLI:EU:C:2024:344

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

25 aprile 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Cittadinanza dell’Unione europea – Articolo 20 TFUE – Cittadino dell’Unione che non ha mai esercitato la sua libertà di circolazione – Soggiorno di un familiare di tale cittadino dell’Unione – Pregiudizio alla sicurezza nazionale – Presa di posizione di un’autorità nazionale specializzata – Motivazione – Accesso al fascicolo»

Nelle cause riunite C‑420/22 e C‑528/22,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Szegedi Törvényszék (Corte di Seghedino, Ungheria), con decisioni del 16 giugno e dell’8 agosto 2022, pervenute in cancelleria rispettivamente il 24 giugno e l’8 agosto 2022, nei procedimenti

NW (C‑420/22),

PQ (C‑528/22)

contro

Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság,

Miniszterelnöki Kabinetirodát vezető miniszter,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, L. Bay Larsen (relatore), vicepresidente della Corte, P.G. Xuereb, A. Kumin e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: J. Richard de la Tour

cancelliere: M. Siekierzyńska, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 5 luglio 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per NW, da B. Pohárnok, ügyvéd;

–        per PQ, da A. Németh e B. Pohárnok, ügyvédek;

–        per il governo ungherese, da M.Z. Fehér e R. Kissné Berta, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, da R. Bénard, A. Daniel e J. Illouz, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da A. Katsimerou, E. Montaguti e A. Tokár, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 23 novembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le presenti domande di pronuncia pregiudiziale riguardano l’interpretazione dell’articolo 20 TFUE, dell’articolo 9, paragrafo 3, e dell’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag. 44), nonché degli articoli 7 e 24, dell’articolo 51, paragrafo 1, e dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie tra, da un lato, due cittadini di paesi terzi, NW e PQ, e, dall’altro, l’Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság (direzione generale nazionale della polizia degli stranieri, Ungheria) (in prosieguo: la «direzione di polizia degli stranieri») e il Miniszterelnöki Kabinetirodát vezető miniszter (Ministro incaricato della gestione del gabinetto del Primo Ministro, Ungheria), in merito a decisioni aventi ad oggetto, rispettivamente, la revoca della carta di soggiorno permanente di NW e l’ordine a quest’ultimo di lasciare il territorio dell’Ungheria, nonché il rigetto della domanda di permesso di stabilimento nazionale di PQ.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/109 prevede quanto segue:

«Gli Stati membri conferiscono lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato legalmente e ininterrottamente per cinque anni nel loro territorio immediatamente prima della presentazione della pertinente domanda».

4        Ai sensi dell’articolo 5 di detta direttiva:

«1.      Gli Stati membri richiedono ai cittadini di paesi terzi di comprovare che dispongono, per sé e per i familiari a carico:

a)      di risorse stabili e regolari, sufficienti al sostentamento loro e dei loro familiari, senza fare ricorso al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato. Gli Stati membri valutano dette risorse con riferimento alla loro natura e regolarità e possono tenere conto del livello minimo di retribuzioni e pensioni prima della presentazione della richiesta dello status di soggiornante di lungo periodo;

b)      di un’assicurazione malattia contro tutti i rischi solitamente coperti per i propri cittadini nello Stato membro interessato.

2.      Gli Stati membri possono esigere che i cittadini di paesi terzi soddisfino le condizioni di integrazione, conformemente alla legislazione nazionale».

5        L’articolo 7, paragrafo 1, di detta direttiva così dispone:

«Per ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo, il cittadino di paese terzo interessato presenta domanda alle autorità competenti dello Stato membro in cui soggiorna. La domanda è corredata della documentazione comprovante conformemente alla legislazione nazionale la sussistenza delle condizioni di cui agli articoli 4 e 5, nonché, se necessario, di un documento di viaggio valido o di una copia autenticata.

La documentazione di cui al primo comma può comprendere anche la documentazione relativa all’alloggio adeguato».

6        L’articolo 9, paragrafo 3, della stessa direttiva precisa quanto segue:

«Gli Stati membri possono stabilire che il soggiornante di lungo periodo non abbia più diritto allo status di soggiornante di lungo periodo se costituisce una minaccia per l’ordine pubblico in considerazione della gravità dei reati dallo stesso perpetrati, ma non è motivo di allontanamento (...)».

7        L’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2003/109 così recita:

«Qualunque provvedimento di rifiuto o revoca dello status di soggiornante di lungo periodo è debitamente motivato. La decisione è notificata al cittadino di paese terzo interessato secondo le procedure di notifica previste nel diritto nazionale. Nella stessa si indicano i mezzi d’impugnazione di cui può valersi l’interessato ed i termini entro cui questi devono essere esperiti».

8        L’articolo 13 di tale direttiva enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri possono rilasciare permessi di soggiorno permanenti o di validità illimitata a condizioni più favorevoli rispetto a quelle previste dalla presente direttiva. Tali permessi di soggiorno non conferiscono il diritto di soggiornare negli altri Stati membri ai sensi del capo III della presente direttiva».

 Diritto ungherese

9        L’articolo 94, paragrafi da 2 a 5, dell’a szabad mozgás és tartózkodás jogával rendelkező személyek beutazásáról és tartózkodásáról szóló 2007. évi I. törvény (legge n. I del 2007, relativa all’ingresso e al soggiorno delle persone titolari di un diritto di libera circolazione e di soggiorno), del 5 gennaio 2007 (Magyar Közlöny 2007/1.), precisa quanto segue:

«2.      Ad ogni cittadino di un paese terzo in possesso di una carta di soggiorno o di una carta di soggiorno permanente rilasciatagli, in qualità di familiare di un cittadino ungherese (...) è rilasciato, su sua domanda presentata prima della scadenza della carta di soggiorno o della carta di soggiorno permanente, un permesso di stabilimento nazionale (...) salvo che:

(...)

c)      un motivo di diniego tra quelli previsti all’articolo 33, paragrafo 1, lettera c), e paragrafo 2, del[l’a harmadik országbeli állampolgárok beutazásáról és tartózkodásáról szóló 2007. évi II. törvény (la legge n. II del 2007, relativa all’ingresso e al soggiorno dei cittadini di paesi terzi), del 5 gennaio 2007 (Magyar Közlöny 2007/1.),] osti al suo stabilimento.

(...)

3.      Per quanto riguarda il paragrafo 2, lettera c), le autorità nazionali specializzate competenti devono essere consultate in conformità con le norme della legge n. II del 2007, relativa all’ingresso e al soggiorno dei cittadini di paesi terzi relative al rilascio dei permessi di stabilimento, al fine di ottenere il loro parere.

4.      La carta di soggiorno o la carta di soggiorno permanente in corso di validità di un cittadino di un paese terzo familiare di un cittadino ungherese è revocata

(...)

b)      se il soggiorno del cittadino del paese terzo costituisce una minaccia per l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sicurezza nazionale dell’Ungheria.

5.      Per qualsiasi particolare questione quale quella prevista al paragrafo 4, lettera b), le autorità nazionali specializzate competenti devono essere consultate in conformità con le norme della legge n. II del 2007, relativa all’ingresso e al soggiorno dei cittadini di paesi terzi relative al rilascio dei permessi di stabilimento, al fine di ottenere il loro parere su tale questione».

10      L’articolo 33, paragrafi 1 e 2, della legge n. II del 2007, relativa all’ingresso e al soggiorno dei cittadini di paesi terzi così dispone:

«1.      Può ottenere un permesso di stabilimento temporaneo, un permesso di stabilimento nazionale o un permesso di stabilimento comunitario ogni cittadino di un paese terzo

(...)

c)      contro cui non sussista alcun motivo di diniego tra quelli previsti dalla presente legge.

2.      Un permesso di stabilimento temporaneo, un permesso di stabilimento nazionale o un permesso di stabilimento comunitario non può essere rilasciato a un cittadino di un paese terzo:

(...)

b)      il cui stabilimento costituisca una minaccia per la sicurezza pubblica o la sicurezza nazionale dell’Ungheria».

11      L’articolo 87/B, paragrafo 4, di tale legge enuncia quanto segue:

«Il parere dell’autorità nazionale specializzata competente è vincolante, in merito alla questione particolare, per l’autorità di polizia degli stranieri adita».

12      L’articolo 11 dell’a minősített adat védelméről szóló 2009. évi CLV. törvény (legge n. CLV del 2009 sulla protezione delle informazioni classificate), del 29 dicembre 2009 (Magyar Közlöny 2009/194.), così dispone:

«1.      L’interessato ha il diritto di prendere conoscenza dei propri dati personali qualificati come informazioni classificate nazionali sulla base di un’autorizzazione alla consultazione rilasciata dall’autorità di classificazione e senza dover disporre di un nulla osta di sicurezza personale. Prima di accedere alle informazioni classificate nazionali, l’interessato deve rendere una dichiarazione scritta di riservatezza ed impegnarsi al rispetto delle norme in materia di protezione delle informazioni classificate nazionali.

2.      Su richiesta dell’interessato, l’autorità di classificazione decide, entro quindici giorni, l’eventuale concessione dell’autorizzazione alla consultazione. L’autorità di classificazione nega l’autorizzazione alla consultazione se la conoscenza delle informazioni pregiudica l’interesse pubblico alla base della classificazione. L’autorità di classificazione deve motivare il diniego dell’autorizzazione alla consultazione.

3.      In caso di rifiuto di concedere l’autorizzazione alla consultazione, l’interessato può impugnare la decisione con un ricorso giurisdizionale amministrativo. (...)».

13      L’articolo 12, paragrafo 1, di tale legge precisa quanto segue:

«L’autorità responsabile del trattamento delle informazioni classificate può negare all’interessato l’esercizio del suo diritto di accesso ai propri dati personali se l’esercizio di tale diritto compromette l’interesse pubblico alla base della classificazione».

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

 Causa C420/22

14      Nel corso del 2004, NW, cittadino di un paese terzo, ha contratto matrimonio con una cittadina ungherese. Nel 2005 da tale unione è nato un figlio di cittadinanza ungherese. NW alleva il figlio insieme alla moglie.

15      Dopo che NW ha soggiornato legalmente in Ungheria per più di cinque anni, le autorità ungheresi gli hanno rilasciato una carta di soggiorno permanente valida fino al 31 ottobre 2022, tenuto conto della sua situazione familiare.

16      In un parere non motivato del 12 gennaio 2021, l’Alkotmányvédelmi Hivatal (Ufficio per la tutela della Costituzione, Ungheria) ha dichiarato che il soggiorno di NW in Ungheria arrecava pregiudizio agli interessi di sicurezza nazionale di tale Stato membro. Tale organo specializzato ha qualificato come informazioni classificate i dati sui quali si è basato per formulare tale parere. Detto parere è stato confermato, il 13 aprile 2021, dal Ministro dell’Interno, in quanto organo specializzato di secondo grado.

17      Con decisione del 22 gennaio 2021, l’autorità di polizia degli stranieri di primo grado ha revocato la carta di soggiorno permanente di NW e gli ha ordinato di lasciare il territorio dell’Ungheria, con la motivazione che il suo soggiorno in tale territorio metteva in pericolo la sicurezza nazionale di tale Stato membro.

18      Tale decisione è stata confermata, il 10 maggio 2021, dalla direzione della polizia per gli stranieri, con la motivazione che il Ministro dell’Interno aveva constatato che il soggiorno di NW nel territorio ungherese arrecava pregiudizio agli interessi dell’Ungheria in materia di sicurezza nazionale. Nella sua decisione, la direzione della polizia per gli stranieri ha sottolineato che, in applicazione della normativa ungherese, essa non poteva discostarsi dal parere emesso dal Ministro dell’Interno ed era pertanto tenuta a revocare la carta di soggiorno permanente di NW, senza tener conto della situazione personale di quest’ultimo.

19      Contro la decisione della direzione della polizia per gli stranieri del 10 maggio 2021, NW ha presentato ricorso dinanzi alla Szegedi Törvényszék (Corte di Seghedino, Ungheria), giudice del rinvio.

20      Tale giudice rileva che detta decisione si basa unicamente sui pareri vincolanti e non motivati emessi dagli organi specializzati dello Stato, vale a dire l’Ufficio per la tutela della Costituzione e il Ministro dell’Interno, pareri che sono fondati su informazioni classificate alle quali né NW né le autorità che statuiscono sul soggiorno hanno avuto accesso. Queste ultime autorità non hanno quindi esaminato la necessità e la proporzionalità di detta decisione.

21      Detto giudice sottolinea come risulti da una giurisprudenza della Kúria (Corte suprema, Ungheria) che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, i diritti procedurali della persona interessata sono garantiti dal potere di cui dispone il giudice competente, per valutare la legittimità della decisione sul soggiorno, di consultare le informazioni classificate sulle quali si basa il parere degli organi specializzati. Un simile giudice deve quindi verificare, qualora gli sia richiesto dalla parte ricorrente, se i fatti e i dati alla base del parere di cui trattasi giustifichino tale decisione, senza tuttavia poter includere nella sua sentenza le informazioni classificate di cui è venuto a conoscenza.

22      Inoltre, in applicazione della normativa ungherese, né la persona interessata né il suo rappresentante hanno una concreta possibilità di esprimersi sul parere non motivato di tali autorità. Se è vero che essi hanno certamente il diritto di presentare una domanda di accesso alle informazioni classificate riguardanti tale persona, il giudice del rinvio rileva che la tutela dell’interesse pubblico che ha giustificato la classificazione delle informazioni prevale, in linea di principio, sull’interesse privato della persona interessata, dato che l’esistenza di un motivo di classificazione è, in sostanza, una ragione sufficiente per respingere una domanda di autorizzazione alla consultazione da parte della persona interessata.

23      In ogni caso, anche supponendo che una simile domanda sia accolta, né la persona interessata né il suo rappresentante potrebbero utilizzare nell’ambito dei procedimenti amministrativo o giurisdizionale le informazioni classificate alle quali essi abbiano ottenuto l’accesso, in quanto l’autorizzazione a redigere un documento scritto in cui figura il contenuto essenziale di tali informazioni è loro rifiutata nella prassi. Il giudice investito di un ricorso relativo a una decisione sul soggiorno non dispone, ai sensi della normativa ungherese, di alcun potere al riguardo.

24      In tali circostanze, la Szegedi Törvényszék (Corte di Seghedino) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 10, paragrafo 1, della [direttiva 2003/109], in combinato disposto con l’articolo 47 della [Carta] e, nel caso in esame, con gli articoli 7 e 24 della [stessa], debba essere interpretato nel senso che impone all’autorità di uno Stato membro che ha adottato una decisione con cui, per un motivo concernente ragioni di sicurezza nazionale e/o di ordine pubblico o di sicurezza pubblica, si dispone la revoca di un titolo di soggiornante di lungo periodo rilasciato in precedenza, nonché all’autorità specializzata che ha dichiarato la natura riservata, di provvedere affinché sia garantito in ogni caso al soggetto interessato, cittadino di un paese terzo, e al suo rappresentante legale il diritto di conoscere almeno il contenuto essenziale delle informazioni e dei dati riservati o classificati su cui si basa la decisione fondata su tale motivo e di fare uso di tali informazioni o dati nel procedimento relativo a [tale] decisione, nel caso in cui l’autorità responsabile sostenga che tale comunicazione sarebbe contraria alle ragioni di sicurezza nazionale.

2)      In caso di risposta affermativa, cosa debba intendersi esattamente per “il contenuto essenziale” dei motivi di riservatezza su cui si basa tale decisione, alla luce degli articoli 41 e 47 della Carta.

3)      Se, alla luce dell’articolo 47 della Carta, l’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2003/109 debba essere interpretato nel senso che il giudice di uno Stato membro che si pronuncia sulla legittimità del parere dell’autorità specializzata, fondato su un motivo relativo a informazioni riservate o classificate, e della decisione di merito sugli stranieri, basata su tale parere, deve essere competente a esaminare la legittimità della riservatezza (in termini di necessità e proporzionalità), e, qualora ritenga che la riservatezza sia contraria alla legge, a disporre d’ufficio che l’interessato e il suo rappresentante legale possono conoscere e utilizzare tutte le informazioni su cui si basano il parere e la decisione delle autorità amministrative, oppure, nell’ipotesi in cui ritenga che la riservatezza sia conforme alla legge, che l’interessato può conoscere e utilizzare almeno il contenuto essenziale delle informazioni riservate nel procedimento sugli stranieri che lo riguarda.

4)      Se gli articoli 9, paragrafo 3, e 10, paragrafo 1, della direttiva 2003/109, in combinato disposto con gli articoli 7, 24, 51, paragrafo 1, e 52, paragrafo 1, della Carta, debbano essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro secondo cui una decisione in materia di stranieri, che dispone la revoca di un titolo di soggiornante di lungo periodo rilasciato in precedenza, consiste in una decisione non motivata che:

a)      si basa esclusivamente sul rinvio automatico a un parere vincolante e imperativo dell’autorità specializzata, anch’esso non motivato, il quale stabilisce che esiste un pericolo o una violazione per quanto riguarda la sicurezza nazionale, la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico

b)      è stata quindi adottata senza effettuare un esame approfondito dell’esistenza di ragioni di sicurezza nazionale, di sicurezza pubblica o di ordine pubblico nel caso specifico e senza tenere conto delle circostanze personali, né dei requisiti di necessità e proporzionalità».

25      Con un’ordinanza dell’8 agosto 2022, pervenuta alla Corte lo stesso giorno, il giudice del rinvio ha integrato la domanda di pronuncia pregiudiziale.

26      Il giudice del rinvio ha precisato di essersi basato, in tale domanda, sulla premessa che NW rientrasse nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/109. Tuttavia, dato che tra NW e il figlio minorenne esiste un rapporto di dipendenza, se la Corte dovesse ritenere che tale premessa sia errata, sarebbe necessario stabilire se NW debba beneficiare di un diritto di soggiorno derivato ai sensi dell’articolo 20 TFUE.

27      Di conseguenza, il giudice del rinvio ha aggiunto alle questioni già sottoposte alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«a)      Se l’articolo 20 [TFUE], in combinato disposto con gli articoli 7 e 24 della [Carta], debba essere interpretato nel senso che esso osta alla prassi di uno Stato membro consistente nell’adottare una decisione con cui si dispone la revoca di un permesso di soggiorno rilasciato in precedenza a un cittadino di un paese terzo il cui figlio minorenne e il cui coniuge siano cittadini di uno Stato membro dell’Unione e vi abitino, senza prima esaminare se il familiare interessato, cittadino di un paese terzo, possa beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza dell’articolo 20 TFUE.

b)      Se l’articolo 20 TFUE, in combinato disposto con gli articoli 7, 24, 51, paragrafo 1, e 52, paragrafo 1, della Carta, debba essere interpretato nel senso che, ove risulti applicabile un diritto di soggiorno derivato in forza dell’articolo 20 TFUE, il diritto dell’Unione comporta che le autorità amministrative e giudiziarie nazionali debbano applicare il diritto dell’Unione anche quando adottino una decisione in materia di stranieri che dispone la revoca di un permesso di soggiorno permanente e quando applichino le eccezioni di sicurezza nazionale, di ordine pubblico o di sicurezza pubblica sulle quali si basa detta decisione, nonché, qualora sia comprovato che ricorrono tali motivi, quando procedono all’esame della necessità e della proporzionalità che giustificano la limitazione del diritto di soggiorno.

c)      Nel caso in cui il ricorrente [nel procedimento principale] rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 20 TFUE, il giudice del rinvio chiede alla [Corte] di rispondere anche alla luce di tale articolo alle questioni pregiudiziali dalla prima alla quarta sollevate nella domanda [di rinvio pregiudiziale]».

 Causa C528/22

28      PQ, cittadino di un paese terzo, è entrato legalmente in Ungheria nel giugno 2005 come giocatore di calcio professionista e da allora risiede legalmente in tale Stato membro. Dal 2011 vive con la sua compagna di cittadinanza ungherese. Da tale unione nel corso del 2012 e del 2021 sono nati due figli di cittadinanza ungherese.

29      Insieme alla sua compagna, PQ esercita la responsabilità genitoriale sui loro figli. Egli vive stabilmente con questi ultimi e ne ha la custodia effettiva per la maggior parte del tempo. I suoi figli hanno uno stretto legame affettivo e un rapporto di dipendenza con PQ, che se ne occupa costantemente fin dalla loro nascita.

30      Con un parere non motivato del 9 settembre 2020, l’Ufficio per la tutela della Costituzione ha ritenuto che il soggiorno di PQ in Ungheria arrecasse pregiudizio agli interessi di sicurezza nazionale di tale Stato membro. Tale organo specializzato ha qualificato come informazioni classificate i dati sui quali si è basato per formulare tale parere. Detto parere è stato confermato, il 12 febbraio 2021, dal Ministro dell’Interno, in quanto organo specializzato di secondo grado.

31      Con decisione del 27 ottobre 2020, l’autorità di polizia degli stranieri di primo grado ha respinto una domanda di permesso di stabilimento nazionale presentata da PQ.

32      Tale decisione è stata confermata, il 25 marzo 2021, dalla direzione della polizia per gli stranieri, con la motivazione che il Ministro dell’Interno aveva constatato che il soggiorno di PQ nel territorio ungherese arrecava pregiudizio agli interessi dell’Ungheria in materia di sicurezza nazionale. Nella sua decisione, la direzione della polizia per gli stranieri ha sottolineato che, in applicazione della normativa ungherese, essa non poteva discostarsi dal parere emesso dal Ministro dell’Interno ed era pertanto tenuta a rifiutare la domanda di PQ, senza tener conto della sua situazione personale.

33      Contro la decisione della direzione della polizia per gli stranieri del 25 marzo 2021, PQ ha presentato ricorso dinanzi alla Szegedi Törvényszék (Corte di Seghedino), giudice del rinvio.

34      Tale giudice sviluppa considerazioni analoghe a quelle esposte ai punti da 20 a 23 della presente sentenza.

35      In tali circostanze, la Szegedi Törvényszék (Corte di Seghedino) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)      Se l’articolo 20 [TFUE], in combinato disposto con gli articoli 7 e 24 della [Carta], debba essere interpretato nel senso che esso osta alla prassi di uno Stato membro consistente nell’adottare una decisione con cui si dispone la revoca di un permesso di soggiorno rilasciato in precedenza a un cittadino di un paese terzo – oppure si respinge la sua domanda di proroga del diritto di soggiorno (nel caso di specie, una domanda di permesso di soggiorno permanente nazionale) – il cui figlio minorenne e il cui partner sono cittadini di uno Stato membro dell’Unione e abitano in tale Stato, senza prima esaminare se il familiare interessato, cittadino di un paese terzo, possa beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza dell’articolo 20 TFUE.

b)      Se l’articolo 20 TFUE, in combinato disposto con gli articoli 7, 24, 51, paragrafo 1, e 52, paragrafo 1, della Carta, debba essere interpretato nel senso che, ove risulti applicabile un diritto di soggiorno derivato in forza dell’articolo 20 TFUE, il diritto dell’Unione comporta che le autorità amministrative e giudiziarie nazionali debbano applicare il diritto dell’Unione anche quando adottino una decisione in materia di stranieri relativa ad una domanda di proroga del diritto di soggiorno (nel caso di specie, una domanda di permesso di soggiorno permanente nazionale) e quando applichino le eccezioni di sicurezza nazionale, di ordine pubblico o di sicurezza pubblica sulle quali si basa detta decisione, nonché, qualora sia comprovato che ricorrono tali motivi, quando procedano all’esame della necessità e della proporzionalità che giustificano la limitazione del diritto di soggiorno.

2)      Se l’articolo 20 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta – e, se nel caso in esame, con gli articoli 7 e 24 della Carta – debba essere interpretato nel senso che esso impone all’autorità di uno Stato membro che ha adottato una decisione con cui, per un motivo concernente ragioni di sicurezza nazionale e/o di ordine pubblico o di sicurezza pubblica, si dispone la revoca di un titolo di soggiornante di lungo periodo rilasciato in precedenza o si decide in merito a una domanda di proroga del diritto di soggiorno, nonché all’autorità specializzata dello Stato che ha dichiarato la natura riservata, di provvedere affinché sia garantito in ogni caso al soggetto interessato, cittadino di un paese terzo, e al suo rappresentante legale il diritto di conoscere almeno il contenuto essenziale delle informazioni e dei dati riservati o classificati su cui si basa la decisione fondata su tale motivo e di fare uso di tali informazioni o dati nel procedimento relativo alla decisione, nel caso in cui l’autorità responsabile sostenga che tale comunicazione sarebbe contraria alle ragioni di sicurezza nazionale.

3)      In caso di risposta affermativa, cosa debba intendersi esattamente per “il contenuto essenziale” dei motivi di riservatezza su cui si basa tale decisione, alla luce degli articoli 41 e 47 della Carta.

4)      Se, alla luce dell’articolo 47 della Carta, l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che il giudice di uno Stato membro che si pronuncia sulla legittimità del parere dell’autorità specializzata, e della decisione di merito sugli stranieri, basata su tale parere, deve essere competente a esaminare la legittimità della riservatezza (in termini di necessità e proporzionalità) e, qualora ritenga l’interessato e il suo rappresentante legale possano conoscere e utilizzare tutte le informazioni su cui si basano il parere e la decisione delle autorità amministrative e, in caso di legittimità della classificazione, di conoscere e utilizzare tutti i dati su cui si basa la decisione delle autorità amministrative, oppure, nell’ipotesi in cui ritenga che la riservatezza sia conforme alla legge, che l’interessato può conoscere e utilizzare almeno il contenuto essenziale delle informazioni riservate nel procedimento sugli stranieri che lo riguarda.

5)      Se l’articolo 20 TFUE, in combinato disposto con gli articoli 7, 24, 51, paragrafo 1, e 52, paragrafo 1, della Carta, debba essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro secondo cui una decisione in materia di stranieri, che dispone la revoca un titolo di soggiornante di lungo periodo rilasciato in precedenza, o decide in merito a una domanda di proroga del diritto di soggiorno, consiste in una decisione non motivata che

a)      si basa esclusivamente sul rinvio automatico a un parere vincolante e imperativo dell’autorità specializzata, anch’esso non motivato, il quale stabilisce che esiste un pericolo o una violazione per quanto riguarda la sicurezza nazionale, la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico, e

b)      è stata quindi adottata senza effettuare un esame approfondito dell’esistenza di ragioni di sicurezza nazionale, di sicurezza pubblica o di ordine pubblico nel caso specifico e senza tenere conto delle circostanze personali, né dei requisiti di necessità e proporzionalità».

36      Data la connessione tra le cause C‑420/22 e C‑528/22, occorre riunirle ai fini della sentenza.

 Sulla competenza della Corte e sulla ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale

37      Il governo ungherese, senza mettere formalmente in dubbio la competenza della Corte o la ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale, sostiene che la direttiva 2003/109 non è applicabile al procedimento principale nella causa C‑420/22 e che l’articolo 20 TFUE non è applicabile a nessuno dei procedimenti principali, il che implicherebbe che neppure la Carta è applicabile a tali procedimenti.

38      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’applicabilità della direttiva 2003/109 al procedimento principale nella causa C‑420/22, tale governo sostiene che NW beneficiava di un permesso di soggiorno sulla base di una normativa nazionale che non ha lo scopo di trasporre detta direttiva e che prevede la concessione di un simile permesso senza che siano soddisfatte tutte le condizioni enunciate nella suddetta direttiva.

39      Al riguardo, occorre rilevare che il giudice del rinvio si è certamente basato, nella decisione di rinvio di cui trattasi, sulla premessa secondo cui la stessa direttiva è applicabile a tale procedimento. Tuttavia, nell’ordinanza dell’8 agosto 2022 menzionata al punto 25 della presente sentenza, il giudice del rinvio ha considerato che tale premessa potrebbe essere errata e ha invitato la Corte, nell’ipotesi in cui ritenesse che sia così, a rispondere alle questioni sollevate basandosi sull’articolo 20 TFUE.

40      In tale contesto, occorre ricordare che la Corte ha dichiarato che il sistema istituito dalla direttiva 2003/109 indica chiaramente che l’ottenimento dello status di soggiornante di lungo periodo conferito ai sensi di detta direttiva è subordinato a una procedura particolare e all’obbligo di soddisfare le condizioni precisate nel capo II della direttiva medesima (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2014, Tahir, C‑469/13, EU:C:2014:2094, punto 27 e giurisprudenza citata).

41      Pertanto, in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2003/109, gli Stati membri conferiscono lo status di soggiornante di lungo periodo ai cittadini di paesi terzi che hanno soggiornato legalmente e ininterrottamente per gli ultimi cinque anni nel loro territorio. L’acquisizione di tale status non è tuttavia automatica. Infatti, conformemente all’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva, il cittadino di un paese terzo deve, a tal fine, presentare domanda alle autorità competenti dello Stato membro in cui soggiorna, domanda che deve essere corredata della documentazione comprovante la sussistenza delle condizioni di cui agli articoli 4 e 5 della suddetta direttiva [sentenza del 20 gennaio 2022, Landeshauptmann von Wien (Perdita dello status di soggiornante di lungo periodo), C‑432/20, EU:C:2022:39, punto 24 e giurisprudenza citata].

42      Pertanto, le prescrizioni relative alla revoca dello status di soggiornante di lungo periodo enunciate agli articoli 9 e 10 della direttiva 2003/109 sono applicabili a una decisione che revoca un permesso di soggiorno permanente solo nei limiti in cui tale status sia stato acquisito dal cittadino interessato di un paese terzo sul fondamento di tale direttiva.

43      Di conseguenza, qualora a un cittadino di un paese terzo sia stato rilasciato un permesso di soggiorno permanente o di validità illimitata a condizioni più favorevoli di quelle stabilite in detta direttiva, come consentito dall’articolo 13 di quest’ultima, la revoca di tale permesso di soggiorno non è disciplinata dalle disposizioni della medesima direttiva.

44      Nel caso di specie, dalla risposta fornita dal giudice nazionale a una richiesta di chiarimenti della Corte risulta, da un lato, che il permesso di soggiorno permanente a cui si riferisce il procedimento principale nella causa C‑420/22 è stato concesso a NW non sulla base della normativa ungherese che traspone la direttiva 2003/109, ma sulla base di un’altra normativa ungherese e, dall’altro, che NW non ha chiesto il rilascio di un permesso di soggiorno sulla base di questa prima normativa.

45      Occorre pertanto considerare che la revoca del permesso di soggiorno che costituisce l’oggetto del procedimento principale nella causa C‑420/22 non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/109.

46      Tale constatazione è del resto corroborata dall’affermazione di NW in udienza secondo cui egli ha presentato, il 22 giugno 2023, una domanda di permesso di soggiorno fondato su tale direttiva, domanda sulla quale l’autorità competente non ha ancora statuito.

47      Di conseguenza, la domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑420/22 è irricevibile nella parte in cui verte sulla direttiva 2003/109.

48      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’applicabilità dell’articolo 20 TFUE ai procedimenti principali, il governo ungherese sostiene, anzitutto, che, nella causa C‑420/22, il giudice del rinvio ha ecceduto i propri poteri sollevando d’ufficio un argomento vertente sulla violazione di tale articolo. Esso fa poi valere che, nella causa C‑528/22, non esiste un legame di dipendenza tra PQ e i suoi familiari ungheresi, mentre l’applicabilità di detto articolo sarebbe subordinata all’esistenza di un simile legame. Infine, nelle due cause, tale governo sostiene che l’applicazione dell’articolo 20 TFUE dovrebbe essere esclusa in quanto, da un lato, sono in discussione decisioni che non comportano l’obbligo di lasciare il territorio ungherese e, dall’altro, né NW né PQ si sono avvalsi di tale articolo dinanzi alle autorità ungheresi competenti.

49      Al riguardo, anzitutto, posto che non spetta alla Corte verificare se la decisione di rinvio sia stata adottata conformemente alle norme nazionali disciplinanti l’organizzazione giudiziaria e le procedure giurisdizionali (v., in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 30 e giurisprudenza ivi citata), la circostanza che il giudice del rinvio abbia ecceduto i poteri conferitigli dalla normativa ungherese sollevando d’ufficio un argomento vertente sulla violazione dell’articolo 20 TFUE, quand’anche fosse dimostrata, non sarebbe idonea a dimostrare l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa C‑420/22 nella parte in cui essa verte sull’interpretazione di tale articolo.

50      Inoltre, l’affermazione secondo cui non esiste un legame di dipendenza tra PQ e i suoi familiari ungheresi contraddice direttamente le constatazioni effettuate dal giudice del rinvio, da cui la Corte non può discostarsi.

51      Infatti, nell’ambito di un procedimento ai sensi dell’articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, l’accertamento e la valutazione dei fatti di cui al procedimento principale rientra nella competenza esclusiva del giudice nazionale (sentenza del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C‑158/21, EU:C:2023:57, punto 61 nonché giurisprudenza citata).

52      Infine, gli altri argomenti dedotti dal governo ungherese sono indissolubilmente connessi alle risposte che occorre dare alla questione supplementare nella causa C‑420/22 nonché alla prima questione nella causa C‑528/22.

53      Orbene, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 24 luglio 2023, Lin, C‑107/23 PPU, EU:C:2023:606, punto 61 e giurisprudenza citata).

54      Ne consegue che le questioni relative al diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il diniego della Corte di statuire su una questione pregiudiziale posta da un giudice nazionale è possibile solo quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 24 luglio 2023, Lin, C‑107/23 PPU, EU:C:2023:606, punto 62 e giurisprudenza citata).

55      Tenuto conto di tale presunzione di rilevanza, occorre considerare che, qualora, come nel caso di specie, non sia evidente che l’interpretazione o la valutazione della validità di una disposizione del diritto dell’Unione non abbia alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, l’obiezione vertente sull’inapplicabilità di tale disposizione al procedimento principale non riguarda la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, ma rientra nel merito della questione sollevata (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2023, BMW Bank e a., C‑38/21, C‑47/21 e C‑232/21, EU:C:2023:1014, punto 114 nonché giurisprudenza citata).

56      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la Corte è competente a rispondere alle domande di pronuncia pregiudiziale e queste ultime sono ricevibili nella parte in cui vertono sull’articolo 20 TFUE.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima parte della questione supplementare nella causa C420/22 e sulla prima parte della prima questione nella causa C528/22

57      Con la prima parte della questione supplementare nella causa C‑420/22 e con la prima parte della prima questione nella causa C‑528/22, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a che le autorità di uno Stato membro revochino o rifiutino di rilasciare un permesso di soggiorno a un cittadino di un paese terzo familiare di cittadini dell’Unione, cittadini di tale Stato membro che non hanno mai esercitato la loro libertà di circolazione, senza aver previamente esaminato se esista tra tale cittadino di un paese terzo e tali cittadini dell’Unione un rapporto di dipendenza che costringerebbe, di fatto, detti cittadini dell’Unione a lasciare il territorio dell’Unione europea, considerato nel suo insieme, per accompagnare detto familiare.

58      Dalla giurisprudenza costante della Corte risulta che l’articolo 20 TFUE osta a provvedimenti nazionali che abbiano l’effetto di privare i cittadini dell’Unione del godimento reale ed effettivo dei diritti conferiti dal loro status di cittadini dell’Unione [sentenza del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto d’ingresso in Ungheria), C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 57 e giurisprudenza citata].

59      Per contro, le disposizioni del Trattato FUE relative alla cittadinanza dell’Unione non conferiscono alcun diritto autonomo ai cittadini di paesi terzi. Infatti, gli eventuali diritti conferiti a tali cittadini non sono diritti propri di questi ultimi, bensì diritti derivati da quelli di cui gode il cittadino dell’Unione. La finalità e la ratio di tali diritti derivati si basano sulla constatazione che negarne il riconoscimento pregiudica, in particolare, la libertà di circolazione e di soggiorno del cittadino dell’Unione nel territorio di quest’ultima [sentenza del 7 settembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Natura del diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE), C‑624/20, EU:C:2022:639, punto 51 e giurisprudenza ivi citata].

60      Al riguardo, la Corte ha dichiarato che esistono situazioni molto particolari in cui, malgrado il fatto che il diritto derivato dell’Unione relativo al diritto di soggiorno dei cittadini di paesi terzi non sia applicabile e che il cittadino dell’Unione interessato non si sia avvalso della propria libertà di circolazione, un diritto di soggiorno deve nondimeno essere accordato al cittadino di un paese terzo, familiare di tale cittadino dell’Unione, a pena di pregiudicare l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione, qualora, in conseguenza del negato riconoscimento di un siffatto diritto, tale cittadino dell’Unione si vedesse di fatto obbligato a lasciare il territorio dell’Unione globalmente inteso, venendo così privato del godimento effettivo del contenuto essenziale dei diritti conferiti da tale status [sentenze del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto d’ingresso in Ungheria), C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 58, e del 22 giugno 2023, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Madre thailandese di un minore cittadino dei Paesi Bassi), C‑459/20, EU:C:2023:499, punto 24 nonché giurisprudenza citata].

61      Tuttavia, il rifiuto di concedere un diritto di soggiorno al cittadino di un paese terzo può rimettere in discussione l’effetto utile della cittadinanza dell’Unione solo se tra tale cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione di cui trattasi, suo familiare, sussiste un rapporto di dipendenza tale da far sì che quest’ultimo sia costretto a seguire detto cittadino del paese terzo e a lasciare il territorio dell’Unione, considerato nel suo insieme [sentenze del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto d’ingresso in Ungheria), C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 59, e del 22 giugno 2023, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Madre thailandese di un minore cittadino dei Paesi Bassi), C‑459/20, EU:C:2023:499, punto 26 nonché giurisprudenza citata].

62      Il diritto di soggiorno riconosciuto, ai sensi dell’articolo 20 TFUE, al cittadino di un paese terzo, in qualità di familiare di un cittadino dell’Unione, è pertanto giustificato sulla base del rilievo che un siffatto soggiorno è necessario affinché tale cittadino dell’Unione possa godere, in maniera effettiva, del contenuto essenziale dei diritti conferiti da tale status fintantoché perdura la relazione di dipendenza con detto cittadino di un paese terzo [sentenza del 22 giugno 2023, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Madre thailandese di un minore cittadino dei Paesi Bassi), C‑459/20, EU:C:2023:499, punto 33 nonché giurisprudenza citata].

63      Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, è alla luce dell’intensità della relazione di dipendenza tra il cittadino interessato di un paese terzo e il cittadino dell’Unione, suo familiare, che si deve giudicare in merito al riconoscimento del diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE, giudizio, questo, che deve prendere in considerazione l’insieme delle circostanze del caso di specie [sentenza del 7 settembre 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Natura del diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE), C‑624/20, EU:C:2022:639, punto 38 e giurisprudenza citata].

64      In tale contesto, occorre, in primo luogo, sottolineare che da quanto precede risulta che, nelle situazioni molto particolari di cui al punto 60 della presente sentenza, l’articolo 20 TFUE non osta semplicemente all’allontanamento di un cittadino di un paese terzo, ma impone di concedergli un diritto di soggiorno.

65      Ne consegue che tale articolo può essere invocato non solo contro decisioni che impongono a un cittadino di un paese terzo un obbligo di lasciare il territorio dello Stato membro interessato, ma anche contro decisioni di revoca o di diniego del rilascio di un permesso di soggiorno a un cittadino di un paese terzo [v., in tal senso, sentenze del 13 settembre 2016, Rendón Marín, C‑165/14, EU:C:2016:675, punto 78; del 10 maggio 2017, Chavez-Vilchez e a., C‑133/15, EU:C:2017:354, punto 65, nonché del 22 giugno 2023, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Madre thailandese di un minore cittadino dei Paesi Bassi), C‑459/20, EU:C:2023:499, punto 22].

66      Tuttavia, dal momento che un cittadino di un paese terzo può pretendere la concessione di un diritto di soggiorno derivato, ai sensi dell’articolo 20 TFUE, solo se, in assenza di un simile diritto di soggiorno, tanto quest’ultimo quanto il cittadino dell’Unione suo familiare si vedrebbero costretti, a causa del rapporto di dipendenza esistente tra loro, a lasciare il territorio dell’Unione, la concessione di tale diritto di soggiorno deve essere presa in considerazione solo qualora un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione, non soddisfa i requisiti richiesti per ottenere, sul fondamento di altre disposizioni, in particolare di quelle della normativa nazionale applicabile, un diritto di soggiorno nello Stato membro di quest’ultimo cittadino [v., in tal senso, sentenza del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti), C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punto 47 nonché giurisprudenza citata].

67      Di conseguenza, sebbene il fatto che una causa si riferisca a una decisione che non ha direttamente l’effetto di imporre al cittadino di un paese terzo in questione un obbligo di lasciare il territorio dello Stato membro di cui trattasi non sia sufficiente per escludere l’applicazione dell’articolo 20 TFUE, tale articolo non può tuttavia essere validamente invocato qualora a tale cittadino di un paese terzo possa essere concesso un diritto di soggiorno in applicazione di un’altra disposizione applicabile in tale Stato membro.

68      In secondo luogo, per quanto riguarda l’istruttoria che deve essere condotta dalle autorità nazionali competenti prima dell’adozione di decisioni come quelle di cui al procedimento principale, sebbene spetti certamente agli Stati membri determinare le modalità di attuazione del diritto di soggiorno derivato che, nelle situazioni molto particolari di cui al punto 60 della presente sentenza, deve essere riconosciuto a un cittadino di un paese terzo in forza dell’articolo 20 TFUE, resta il fatto che tali modalità procedurali non devono tuttavia compromettere l’effetto utile di tale articolo [v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2020, Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real (Coniuge di un cittadino dell’Unione), C‑836/18, EU:C:2020:119, punto 51 e giurisprudenza citata].

69      La Corte ha considerato, al riguardo, che le autorità nazionali non hanno l’obbligo di esaminare sistematicamente e di loro iniziativa l’esistenza di un rapporto di dipendenza, ai sensi dell’articolo 20 TFUE, dato che la persona interessata deve fornire gli elementi che consentono di valutare se sono soddisfatti i requisiti per l’applicazione di tale articolo [v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2020, Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real (Coniuge di un cittadino dell’Unione), C‑836/18, EU:C:2020:119, punto 52 e giurisprudenza citata].

70      Tuttavia, al fine di garantire l’effetto utile dell’articolo 20 TFUE, spetta alle autorità nazionali chiamate a pronunciarsi sul diritto di soggiorno di un cittadino di un paese terzo familiare di un cittadino dell’Unione valutare, in particolare sulla base degli elementi che il cittadino di un paese terzo e il cittadino dell’Unione interessati devono potergli liberamente fornire e procedendo, se ve ne è l’esigenza, alle ricerche necessarie, se esista, tra queste due persone, un rapporto di dipendenza quale descritto al punto 60 della presente sentenza [v., in tal senso, sentenze del 27 febbraio 2020, Subdelegación del Gobierno en Ciudad Real (Coniuge di un cittadino dell’Unione), C‑836/18, EU:C:2020:119, punto 53, e del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto di ingresso in Ungheria), C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 65].

71      Pertanto, si deve constatare che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 77 delle sue conclusioni, le autorità nazionali, quando intendono, sulla base della normativa nazionale applicabile, revocare o negare il rilascio di un permesso di soggiorno a un cittadino di un paese terzo di cui conoscono i legami familiari con un cittadino dell’Unione, devono assicurarsi, se del caso raccogliendo le informazioni necessarie a tal fine, che la decisione che esse adotteranno non abbia l’effetto che tale cittadino dell’Unione si veda obbligato, di fatto, a lasciare il territorio dell’Unione considerato nel suo insieme.

72      A tal fine, dette autorità devono, in particolare, verificare l’eventuale esistenza, tra gli interessati, di un rapporto di dipendenza quale descritto al punto 60 della presente sentenza.

73      Alla luce del principio ricordato al punto 70 della presente sentenza, quando dette autorità dispongono di informazioni sull’esistenza di legami familiari tra il cittadino interessato di un paese terzo e un cittadino dell’Unione, il fatto che tale cittadino di un paese terzo non abbia presentato una domanda di permesso di soggiorno fondata esplicitamente sull’articolo 20 TFUE e non si sia specificamente avvalso di tale articolo dinanzi alle stesse autorità non è tale da dispensare queste ultime dal procedere a una simile verifica.

74      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima parte della questione supplementare nella causa C‑420/22 e alla prima parte della prima questione nella causa C‑528/22 dichiarando che l’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a che le autorità di uno Stato membro revochino o rifiutino di rilasciare un permesso di soggiorno a un cittadino di un paese terzo familiare di cittadini dell’Unione, cittadini di tale Stato membro che non hanno mai esercitato la loro libertà di circolazione, senza aver preliminarmente esaminato se esista tra tale cittadino di un paese terzo e tali cittadini dell’Unione un rapporto di dipendenza che costringerebbe, di fatto, detti cittadini dell’Unione a lasciare il territorio dell’Unione, considerato nel suo insieme, per accompagnare tale familiare, qualora, da un lato, a detto cittadino di un paese terzo non possa essere concesso un diritto di soggiorno in applicazione di un’altra disposizione applicabile in detto Stato membro e, dall’altro, tali autorità dispongano di informazioni sull’esistenza di legami familiari tra il medesimo cittadino di un paese terzo e gli stessi cittadini dell’Unione.

 Sulla seconda parte della questione supplementare e sulla quarta questione nella causa C420/22, nonché sulla seconda parte della prima questione e sulla quinta questione nella causa C528/22

75      Con la seconda parte della questione complementare e con la quarta questione nella causa C‑420/22, nonché con la seconda parte della prima questione e con la quinta questione nella causa C‑528/22, che devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che impone alle autorità nazionali di revocare o di rifiutare il rilascio di un permesso di soggiorno, per un motivo di sicurezza nazionale, a un cittadino di un paese terzo che può beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza di tale articolo, sulla sola base di un parere vincolante non motivato adottato da un organo incaricato di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale, senza un esame rigoroso di tutte le circostanze individuali e della proporzionalità di tale decisione di revoca o di diniego.

76      In primo luogo, dalla giurisprudenza costante della Corte risulta che gli Stati membri possono derogare, a determinate condizioni, al diritto di soggiorno derivato, risultante dall’articolo 20 TFUE, per un familiare di un cittadino dell’Unione come quello di cui al punto 60 della presente sentenza, al fine di garantire il mantenimento dell’ordine pubblico o la salvaguardia della sicurezza pubblica. Ciò può avvenire qualora tale cittadino di un paese terzo costituisca una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave per l’ordine pubblico o la sicurezza pubblica o nazionale [sentenza del 27 aprile 2023, M.D. (Divieto d’ingresso in Ungheria), C‑528/21, EU:C:2023:341, punto 67 e giurisprudenza ivi citata].

77      Tuttavia, un diniego del diritto di soggiorno fondato su tale motivo può derivare solamente da una valutazione in concreto di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie, alla luce del principio di proporzionalità, dei diritti fondamentali di cui la Corte garantisce il rispetto e, se del caso, dall’interesse superiore del figlio del cittadino interessato di un paese terzo [v., in tal senso, sentenze del 5 maggio 2022, Subdelegación del Gobierno en Toledo (Soggiorno di un familiare – Risorse insufficienti), C‑451/19 e C‑532/19, EU:C:2022:354, punto 53 nonché giurisprudenza citata].

78      Sebbene il diritto dell’Unione non determini quale autorità debba condurre a buon fine tale valutazione, che costituisce parte integrante dell’esame che deve essere condotto in applicazione dell’articolo 20 TFUE, resta il fatto che una decisione di revoca o di diniego di rilascio di un permesso di soggiorno a un cittadino di un paese terzo che può beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza di tale articolo può essere adottata solo al termine di una simile valutazione.

79      In secondo luogo, dato che il diritto dell’Unione non contiene norme che definiscano con precisione le modalità concrete dell’esame da svolgere in applicazione dell’articolo 20 TFUE, esse rientrano nell’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, in forza del principio di autonomia procedurale dei singoli Stati membri, a condizione, tuttavia, che esse non siano meno favorevoli di quelle disciplinanti situazioni simili di natura interna (principio di equivalenza) e che non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (v., per analogia, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 43 nonché giurisprudenza citata).

80      Al riguardo, occorre altresì ricordare che gli Stati membri, quando attuano il diritto dell’Unione, sono tenuti a garantire il rispetto sia delle prescrizioni scaturenti dal diritto ad una buona amministrazione, sia del diritto ad un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47, primo comma, della Carta (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punti 35 e 44 nonché giurisprudenza citata).

81      Orbene, dalla giurisprudenza costante della Corte emerge che l’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47, primo comma, della Carta presuppone che l’interessato possa conoscere la motivazione di una decisione adottata nei suoi confronti o in base alla lettura della decisione stessa o a seguito di comunicazione della motivazione effettuata su sua richiesta, fermo restando il potere del giudice competente di richiedere all’autorità di cui trattasi la comunicazione della motivazione medesima, al fine di consentire all’interessato di difendere i suoi diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se gli sia utile adire il giudice competente, e per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo sulla legittimità della decisione nazionale in questione (sentenza del 24 novembre 2020, Minister van Buitenlandse Zaken, C‑225/19 e C‑226/19, EU:C:2020:951, punto 43 nonché giurisprudenza citata).

82      Dalle considerazioni che precedono, in particolare da quelle relative alla necessità di prendere in considerazione tutte le circostanze rilevanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 20 TFUE nonché all’obbligo di motivazione delle decisioni relative a tale applicazione, risulta che un’autorità nazionale competente in materia di soggiorno non può validamente limitarsi ad attuare una decisione non motivata adottata da un’altra autorità nazionale, che non si è conformata a tale necessità, e adottare, su questa sola base, la decisione di revocare o negare il rilascio, per un motivo di sicurezza nazionale, di un permesso di soggiorno a un cittadino di un paese terzo che può beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza di tale articolo (v., per analogia, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 79).

83      Tale constatazione non esclude assolutamente che una parte delle informazioni utilizzate dall’autorità competente per compiere la valutazione di cui al punto 77 della presente sentenza possa essere fornita da organi incaricati di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale, di propria iniziativa o su domanda di detta autorità (v., per analogia, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 82).

84      Del pari, detta constatazione non vieta a uno Stato membro di investire un organo incaricato di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale del potere di emettere un parere che imponga, in modo vincolante, la revoca o il diniego di rilascio di un simile permesso di soggiorno, purché tale organo si conformi all’obbligo di motivazione e possa adottare un simile parere solo dopo aver debitamente preso in considerazione tutte le circostanze pertinenti di cui al punto 77 della presente sentenza.

85      Pertanto, occorre rispondere alla seconda parte della questione complementare e alla quarta questione nella causa C‑420/22, nonché alla seconda parte della prima questione e alla quinta questione nella causa C‑528/22 dichiarando che l’articolo 20 TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che impone alle autorità nazionali di revocare o di rifiutare il rilascio di un permesso di soggiorno, per un motivo di sicurezza nazionale, a un cittadino di un paese terzo che può beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza di tale articolo, sulla sola base di un parere vincolante non motivato adottato da un organo incaricato di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale, senza un esame rigoroso di tutte le circostanze individuali e della proporzionalità di tale decisione di revoca o di diniego.

 Sulle questioni prima e seconda nella causa C420/22 nonché sulle questioni seconda e terza nella causa C528/22

86      Con le questioni prima e seconda nella causa C‑420/22 nonché con le questioni seconda e terza nella causa C‑528/22, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se il principio generale di buona amministrazione e l’articolo 47 della Carta, letti in combinato disposto con l’articolo 20 TFUE, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede che, qualora una decisione di revoca o di diniego di un permesso di soggiorno, adottata nei confronti di un cittadino di un paese terzo che può beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza di tale articolo 20, si basi su informazioni la cui divulgazione comprometterebbe la sicurezza nazionale dello Stato membro in questione, tale cittadino di un paese terzo o il suo rappresentante possono accedere a tali informazioni solo dopo aver ottenuto un’autorizzazione a tal fine, non viene loro comunicato nemmeno il contenuto essenziale dei motivi sui quali simili decisioni sono fondate e non possono, in ogni caso, utilizzare, ai fini dei procedimenti amministrativo o giurisdizionale, le informazioni alle quali avrebbero potuto avere accesso.

87      Occorre anzitutto constatare che, nella misura in cui il diritto dell’Unione non contiene alcuna norma specifica che definisca le modalità di accesso al fascicolo relativo a una procedura attinente al diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE, le modalità concrete delle procedure stabilite a tal fine rientrano nell’ordinamento giuridico dei singoli Stati membri, nei limiti risultanti dai principi e dal diritto ricordati ai punti 79 e 80 della presente sentenza.

88      Ne risulta, in particolare, che il rispetto dei diritti della difesa della persona di cui trattasi deve essere garantito sia nel corso del procedimento amministrativo sia nel corso di un eventuale procedimento giurisdizionale (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 44 nonché giurisprudenza citata).

89      Al riguardo, per quanto concerne, in primo luogo, il procedimento amministrativo, dalla giurisprudenza costante della Corte risulta che il rispetto dei diritti della difesa implica che il destinatario di una decisione che pregiudica in maniera sensibile i suoi interessi deve essere messo in condizione, dalle amministrazioni degli Stati membri allorché adottano misure rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, di far conoscere utilmente il proprio punto di vista riguardo agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la propria decisione (sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 45 nonché giurisprudenza citata).

90      Tale precetto mira segnatamente, nell’ambito di un procedimento relativo all’applicazione dell’articolo 20 TFUE, a permettere all’autorità competente di conformarsi all’obbligo di tale autorità ricordato al punto 85 della presente sentenza, procedendo con piena cognizione di causa alla valutazione individuale dell’insieme delle circostanze pertinenti, il che impone che il destinatario della decisione possa correggere un errore o far valere determinati elementi relativi alla sua situazione personale che possono portare al risultato che la decisione venga presa, non venga presa, oppure abbia questo o quel contenuto (v., per analogia, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 46 nonché giurisprudenza citata).

91      Poiché il precetto di cui sopra presuppone necessariamente che a tale destinatario sia offerta, eventualmente per il tramite di un consulente, una possibilità concreta di avere conoscenza degli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la propria decisione, il rispetto dei diritti della difesa ha come corollario il diritto di accesso a tutti gli elementi del fascicolo nel corso del procedimento amministrativo (v., per analogia, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 47 nonché giurisprudenza citata).

92      Per quanto concerne, in secondo luogo, il procedimento giurisdizionale, il rispetto dei diritti della difesa implica che il ricorrente possa accedere non soltanto ai motivi della decisione adottata nei suoi confronti, ma anche a tutti gli elementi del fascicolo sui quali l’amministrazione si è fondata, al fine di poter effettivamente prendere posizione in merito a tali elementi (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 48 nonché giurisprudenza citata).

93      Inoltre, il principio del contraddittorio, che fa parte dei diritti della difesa, contemplati dall’articolo 47 della Carta, implica che le parti di un processo devono avere il diritto di prendere conoscenza di tutti i documenti o le osservazioni presentati al giudice al fine di influire sulla sua decisione, nonché quello di discuterli, il che presuppone che la persona interessata da una decisione relativa al soggiorno rientrante nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione deve poter prendere conoscenza degli elementi del suo fascicolo che sono messi a disposizione del giudice chiamato a statuire sul ricorso proposto contro tale decisione (v., per analogia, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 49 nonché giurisprudenza citata).

94      Ciò posto, si deve ricordare che i diritti della difesa non sono assoluti e che il diritto di accesso al fascicolo che ne costituisce il corollario può essere limitato, sulla base di una ponderazione tra, da un lato, il principio generale di buona amministrazione nonché il diritto a un ricorso effettivo della persona interessata e, dall’altro, gli interessi invocati per giustificare la mancata divulgazione di un elemento del fascicolo a tale persona, in particolare qualora tali interessi si riferiscano alla sicurezza nazionale (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 50 nonché giurisprudenza citata).

95      Tale ponderazione non può tuttavia portare, tenuto conto del necessario rispetto dell’articolo 47 della Carta, a privare di qualsiasi effettività i diritti della difesa della persona interessata e a svuotare del suo contenuto il suo diritto di ricorso risultante da detto articolo 47, segnatamente non comunicando alla suddetta persona, o eventualmente al suo rappresentante, almeno il contenuto essenziale della motivazione su cui si fonda la decisione presa nei suoi confronti (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 51 nonché giurisprudenza citata).

96      La ponderazione suddetta può, invece, portare a far sì che alcuni elementi del fascicolo non vengano comunicati alla persona interessata, qualora la divulgazione di tali elementi sia suscettibile di compromettere in maniera diretta e particolare la sicurezza nazionale dello Stato membro di cui trattasi, in quanto essa possa segnatamente mettere in pericolo la vita, la salute o la libertà di persone o svelare i metodi di indagine specificamente utilizzati da organi incaricati di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale e in tal modo ostacolare seriamente, o addirittura impedire, il futuro espletamento dei compiti di tali organi (sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 52 nonché giurisprudenza citata).

97      Pertanto, sebbene gli Stati membri possano, segnatamente quando lo esiga la sicurezza nazionale, non concedere alla persona interessata un accesso diretto alla totalità del suo fascicolo nell’ambito di un procedimento relativo all’articolo 20 TFUE, essi non possono, senza violare il principio di effettività, il principio generale di buona amministrazione e il diritto a un ricorso effettivo, porre tale persona in una situazione nella quale né essa né il suo rappresentante siano in grado di prendere utilmente conoscenza, eventualmente nell’ambito di uno specifico procedimento destinato a salvaguardare la sicurezza nazionale, del contenuto essenziale degli elementi determinanti inseriti in tale fascicolo (v., per analogia, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 53).

98      In tale contesto, occorre constatare, da un lato, che, qualora la divulgazione di informazioni inserite nel fascicolo sia stata limitata per un motivo di sicurezza nazionale, il rispetto dei diritti della difesa della persona interessata non è garantito in maniera sufficiente dalla possibilità per tale persona di ottenere, a determinate condizioni, un’autorizzazione ad accedere a tali informazioni accompagnata da un divieto assoluto di utilizzare le informazioni così ottenute ai fini del procedimento amministrativo o dell’eventuale procedimento giurisdizionale (v., per analogia, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 54).

99      Dall’altro lato, poiché dalle decisioni di rinvio risulta che la normativa in questione nel procedimento principale è fondata sulla considerazione secondo cui i diritti della difesa della persona interessata sono sufficientemente garantiti dalla facoltà del giudice competente di accedere al fascicolo, occorre sottolineare come tale facoltà non possa sostituirsi all’accesso alle informazioni contenute nel fascicolo da parte della persona interessata o del suo rappresentante (v., per analogia, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 57).

100    Infatti, il rispetto dei diritti della difesa nel procedimento giudiziario implica che la persona in questione, eventualmente tramite un consulente, possa far valere i propri interessi esprimendo il proprio punto di vista su tali elementi (v., per analogia, sentenza del 22 settembre 2022, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság e a., C‑159/21, EU:C:2022:708, punto 58).

101    Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alle questioni prima e seconda nella causa C‑420/22 nonché alle questioni seconda e terza nella causa C‑528/22 dichiarando che il principio generale di buona amministrazione e l’articolo 47 della Carta, letti in combinato disposto con l’articolo 20 TFUE, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede che, qualora una decisione di revoca o di diniego di un permesso di soggiorno, adottata nei confronti di un cittadino di un paese terzo che può beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza di tale articolo 20, si basi su informazioni la cui divulgazione comprometterebbe la sicurezza nazionale dello Stato membro in questione, tale cittadino di un paese terzo o il suo rappresentante possono accedere a tali informazioni solo dopo aver ottenuto un’autorizzazione a tal fine, non viene loro comunicato nemmeno il contenuto essenziale dei motivi sui quali simili decisioni sono fondate e non possono, in ogni caso, utilizzare, ai fini dei procedimenti amministrativo o giurisdizionale, le informazioni alle quali avrebbero potuto avere accesso.

 Sulla terza questione nella causa C420/22 e sulla quarta questione nella causa C528/22

102    Con la terza questione nella causa C‑420/22 e con la quarta questione nella causa C‑528/22, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se l’articolo 47 della Carta, letto in combinato disposto con l’articolo 20 TFUE, debba essere interpretato nel senso che esso impone che un giudice, al quale spetta controllare la legittimità di una decisione relativa al soggiorno ai sensi di tale articolo 20, fondata su informazioni classificate, disponga della competenza a verificare la liceità della classificazione di tali informazioni nonché ad autorizzare l’accesso della persona interessata all’insieme di dette informazioni, nell’ipotesi in cui ritenga che tale classificazione sia illecita, o al contenuto essenziale delle stesse informazioni, nell’ipotesi in cui ritenga che detta classificazione sia lecita.

103    Si deve necessariamente constatare che le regole relative alla classificazione e alla declassificazione delle informazioni ai sensi di normative nazionali non sono oggetto di regole armonizzate da un atto dell’Unione.

104    Analogamente, il diritto dell’Unione non contiene disposizioni che definiscano con precisione i poteri di cui deve disporre il giudice nazionale competente a esaminare un ricorso proposto avverso una decisione che statuisce sul diritto di soggiorno ai sensi dell’articolo 20 TFUE.

105    Ciò non toglie che, come risulta dai punti 79 e 80 della presente sentenza, tali poteri devono essere definiti dalla normativa nazionale nel rispetto, in particolare, dell’articolo 47 della Carta.

106    Orbene, la Corte ha statuito che sarebbe incompatibile con il diritto fondamentale a una tutela giurisdizionale effettiva che si ponessero alla base di una decisione giudiziaria circostanze e documenti di cui le parti stesse, o una di esse, non abbiano avuto conoscenza e sui quali non abbiano, conseguentemente, potuto esprimersi (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 56).

107    Tuttavia, gli Stati membri possono, al fine di evitare, per ragioni attinenti alla sicurezza dello Stato, in casi eccezionali, di comunicare all’interessato motivi precisi e completi che costituiscono il fondamento di una decisione relativa al soggiorno, prevedere tecniche e norme di diritto processuale che consentano di conciliare, da un lato, le legittime preoccupazioni di sicurezza dello Stato, quanto alla natura e alle fonti di informazione prese in considerazione nell’adottare una simile decisione e, dall’altro, la necessità di garantire adeguatamente al singolo il rispetto dei suoi diritti processuali, quali il diritto di essere ascoltato nonché il principio del contraddittorio (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 57).

108    La Corte ha considerato compatibile con l’articolo 47 della Carta un sistema nel quale il giudice competente può prendere conoscenza sia dell’insieme dei motivi sia degli elementi di prova pertinenti sulla cui base la decisione di cui trattasi è stata adottata, ma altresì verificare se le ragioni connesse alla sicurezza dello Stato invocate dall’autorità nazionale effettivamente ostino o meno alla comunicazione completa di tali motivi e di tali elementi di prova (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punti 58 e 59).

109    Per quanto riguarda il controllo giurisdizionale di tali ragioni, la Corte ha ritenuto sufficiente, al fine di garantire il rispetto dell’articolo 47 della Carta, che il giudice competente potesse, nell’ipotesi in cui ritenga che dette ragioni non siano valide, offrire all’autorità nazionale la possibilità di rivelare all’interessato la motivazione e gli elementi probatori mancanti (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 63).

110    In un’ipotesi del genere, se l’autorità nazionale decide di non procedere alla comunicazione di tutti i motivi e gli elementi di prova pertinenti, il giudice competente, al fine di conformarsi all’articolo 47 della Carta, deve procedere all’esame della legittimità della decisione di cui trattasi sulla base dei soli motivi ed elementi di prova che sono stati comunicati (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 63).

111    Al contrario, nell’ipotesi in cui il giudice competente decida che le ragioni addotte dall’autorità nazionale ostano alla comunicazione completa di tali motivi e di tali elementi di prova, la Corte ha ritenuto che il giudice competente possa tener conto di tali motivi e di tali elementi di prova bilanciando adeguatamente le esigenze pertinenti e ha rilevato che, qualora detto giudice intenda procedere in tal senso, esso deve garantire che il contenuto essenziale dei motivi che costituiscono il fondamento della decisione di cui trattasi sia rivelato all’interessato in una maniera che tenga debito conto della necessaria segretezza degli elementi di prova (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punti da 64 a 68).

112    Tuttavia, la Corte ha anche precisato che, qualora si trasgredisca a tale obbligo di comunicazione, detto giudice è tenuto a trarne le conseguenze in forza del diritto nazionale (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2013, ZZ, C‑300/11, EU:C:2013:363, punto 68).

113    Da quanto precede risulta, da un lato, che la comunicazione totale o parziale dei motivi e degli elementi di prova deve, se del caso, essere presa in considerazione dal giudice competente indipendentemente dalla loro eventuale classificazione e, dall’altro, che gli Stati membri possono riservare alle autorità in questione il potere di comunicare o meno tali motivi o tali elementi di prova, purché il giudice competente abbia il potere di trarre le conseguenze della decisione infine adottata al riguardo da dette autorità.

114    In ogni caso, una simile soluzione è idonea, qualora l’autorità nazionale osti ingiustificatamente alla comunicazione, in tutto o in parte, degli elementi su cui si basa la decisione di cui trattasi, ad assicurare il rispetto integrale dell’articolo 47 della Carta, in quanto garantisce che la violazione, da parte di tale autorità, degli obblighi procedurali ad essa incombenti non comporterà che la decisione giurisdizionale sia fondata su fatti e documenti di cui il richiedente non ha potuto prendere conoscenza e sui quali non è stato quindi in grado di prendere posizione.

115    Pertanto, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 130 delle sue conclusioni, non si può ritenere che tale articolo implichi che il giudice competente a controllare una decisione relativa all’applicazione dell’articolo 20 TFUE debba necessariamente disporre del potere di declassificare talune informazioni e di comunicarle esso stesso al richiedente, dato che una simile declassificazione e una simile comunicazione non sono indispensabili per garantire una tutela giurisdizionale effettiva in sede di valutazione della legittimità della decisione contestata.

116    Di conseguenza, occorre rispondere alla terza questione nella causa C‑420/22 e alla quarta questione nella causa C‑528/22 dichiarando che l’articolo 47 della Carta, letto in combinato disposto con l’articolo 20 TFUE, deve essere interpretato nel senso che esso non impone che un giudice, al quale spetta controllare la legittimità di una decisione relativa al soggiorno ai sensi di tale articolo 20, fondata su informazioni classificate, disponga della competenza a verificare la liceità della classificazione di tali informazioni nonché ad autorizzare l’accesso della persona interessata all’insieme di dette informazioni, nell’ipotesi in cui ritenga che tale classificazione sia illecita, o al contenuto essenziale delle stesse informazioni, nell’ipotesi in cui ritenga che detta classificazione sia lecita. Per contro, tale giudice deve, al fine di garantire il rispetto dei diritti della difesa di tale persona, trarre, se del caso, le conseguenze di un’eventuale decisione delle autorità competenti di non comunicare in tutto o in parte i motivi di tale decisione e gli elementi di prova pertinenti.

 Sulle spese

117    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      Le cause C420/22 e C528/22 sono riunite ai fini della sentenza.

2)      L’articolo 20 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a che le autorità di uno Stato membro revochino o rifiutino di rilasciare un permesso di soggiorno a un cittadino di un paese terzo familiare di cittadini dell’Unione, cittadini di tale Stato membro che non hanno mai esercitato la loro libertà di circolazione, senza aver preliminarmente esaminato se esista tra tale cittadino di un paese terzo e tali cittadini dell’Unione un rapporto di dipendenza che costringerebbe, di fatto, detti cittadini dell’Unione a lasciare il territorio dell’Unione europea, considerato nel suo insieme, per accompagnare tale familiare, qualora, da un lato, a detto cittadino di un paese terzo non possa essere concesso un diritto di soggiorno in applicazione di un’altra disposizione applicabile in detto Stato membro e, dall’altro, tali autorità dispongano di informazioni sull’esistenza di legami familiari tra il medesimo cittadino di un paese terzo e gli stessi cittadini dell’Unione.

3)      L’articolo 20 TFUE, letto in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che impone alle autorità nazionali di revocare o di rifiutare il rilascio di un permesso di soggiorno, per un motivo di sicurezza nazionale, a un cittadino di un paese terzo che può beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza di tale articolo, sulla sola base di un parere vincolante non motivato adottato da un organo incaricato di funzioni specializzate connesse alla sicurezza nazionale, senza un esame rigoroso di tutte le circostanze individuali e della proporzionalità di tale decisione di revoca o di diniego.

4)      Il principio generale di buona amministrazione e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, letti in combinato disposto con l’articolo 20 TFUE, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che prevede che, qualora una decisione di revoca o di diniego di un permesso di soggiorno, adottata nei confronti di un cittadino di un paese terzo che può beneficiare di un diritto di soggiorno derivato in forza di tale articolo 20, si basi su informazioni la cui divulgazione comprometterebbe la sicurezza nazionale dello Stato membro in questione, tale cittadino di un paese terzo o il suo rappresentante possono accedere a tali informazioni solo dopo aver ottenuto un’autorizzazione a tal fine, non viene loro comunicato nemmeno il contenuto essenziale dei motivi sui quali simili decisioni sono fondate e non possono, in ogni caso, utilizzare, ai fini dei procedimenti amministrativo o giurisdizionale, le informazioni alle quali avrebbero potuto avere accesso.

5)      L’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, letto in combinato disposto con l’articolo 20 TFUE, deve essere interpretato nel senso che esso non impone che un giudice, al quale spetta controllare la legittimità di una decisione relativa al soggiorno ai sensi di tale articolo 20, fondata su informazioni classificate, disponga della competenza a verificare la liceità della classificazione di tali informazioni nonché ad autorizzare l’accesso della persona interessata all’insieme di dette informazioni, nell’ipotesi in cui ritenga che tale classificazione sia illecita, o al contenuto essenziale delle stesse informazioni, nell’ipotesi in cui ritenga che detta classificazione sia lecita. Per contro, tale giudice deve, al fine di garantire il rispetto dei diritti della difesa di tale persona, trarre, se del caso, le conseguenze di un’eventuale decisione delle autorità competenti di non comunicare in tutto o in parte i motivi di tale decisione e gli elementi di prova pertinenti.

Firme


*      Lingua processuale: l’ungherese.