Language of document : ECLI:EU:C:2022:991

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ANTHONY MICHAEL COLLINS

presentate il 15 dicembre 2022 (1)

Causa C204/21

Commissione europea

contro

Repubblica di Polonia

«Articolo 258 TFUE – Inadempimento di uno Stato membro – Regime disciplinare applicabile ai giudici – Stato di diritto – Indipendenza dei giudici – Tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione – Articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 267 TFUE – Vigilanza sul rispetto, da parte di un organo giurisdizionale, dei requisiti del diritto dell’Unione di indipendenza e imparzialità – Competenza esclusiva della Izba Kontroli Nadzwyczajnej i Spraw Publicznych (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche) del Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia) – Indipendenza della Izba Dyscyplinarna (Sezione disciplinare) del Sąd Najwyższy (Corte suprema) – Diritto al rispetto della vita privata – Diritto alla protezione dei dati personali – Regolamento (UE) 2016/679»






Indice


I. Portata del ricorso

II. Contesto normativo – Diritto polacco

A. Legge sulla Corte suprema, come modificata

B. Legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata

C. Legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata

D. Legge di modifica – Disposizioni transitorie

III. Procedimento precontenzioso

IV. Procedimento dinanzi alla Corte

V. Contesto normativo

VI. Analisi giuridica

A. Seconda censura – Competenza esclusiva della Sezione straordinaria della Corte suprema ad esaminare i ricorsi e le questioni giuridiche concernenti la mancanza di indipendenza di un organo giurisdizionale

1. Argomenti delle parti

2. Valutazione

a) Ricevibilità

b) Merito

B. Prima censura – Divieto, per gli organi giurisdizionali nazionali, di vigilare sul rispetto del requisito, previsto dal diritto dell’Unione, di un ricorso effettivo dinanzi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge

1. Argomenti delle parti

2. Valutazione

a) Ricevibilità

b) Merito

1) Osservazioni preliminari – Portata della prima e della seconda censura della Commissione

2) Diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge

C. Terza censura – Qualificazione come illecito disciplinare dell’esame del rispetto dei requisiti dell’Unione relativi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge

1. Argomenti delle parti

2. Valutazione

a) Osservazioni preliminari sulla portata della seconda e della terza censura della Commissione

b) Procedimento disciplinare

D. Quarta censura – Competenza della Sezione disciplinare a decidere cause aventi incidenza diretta sullo status e sullo svolgimento della funzione di giudice e di giudice ausiliario

1. Argomenti delle parti

2. Valutazione

E. Quinta censura – Violazione del diritto fondamentale dei giudici al rispetto della vita privata e del diritto alla protezione dei dati personali

1. Argomenti delle parti

2. Valutazione

VII. Sulle spese

VIII. Conclusione


I.      Portata del ricorso

1.        Il ricorso in esame, proposto ai sensi dell’articolo 258 TFUE, scaturisce dalla promulgazione, il 20 dicembre 2019, della ustawa o zmianie ustawy – Prawo o ustroju sądów powszechnych, ustawy o Sądzie Najwyższym oraz niektórych innych ustaw (legge recante modifica della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, della legge sulla Corte suprema nonché di altre leggi) (2) (in prosieguo: la «legge di modifica») da parte della Repubblica di Polonia. In sostanza, la Commissione europea sostiene che alcune disposizioni della legge di modifica violano l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), l’articolo 267 TFUE, il principio del primato del diritto dell’Unione, nonché il diritto al rispetto della vita privata e il diritto alla protezione dei dati personali, garantiti dall’articolo 7 e dall’articolo 8, paragrafo 1, della Carta, dall’articolo 6, paragrafo 1, lettere c) ed e), dall’articolo 6, paragrafo 3, e dall’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (3) (in prosieguo: il «RGPD»).

2.        Il ricorso della Commissione si articola in cinque censure.

3.        Ai sensi delle prime tre censure, tra loro collegate, la legge di modifica limita o esclude la facoltà, per un organo giurisdizionale nazionale, di garantire che i singoli che invocano diritti derivanti dal diritto dell’Unione abbiano accesso a un giudice indipendente, imparziale e precostituito per legge, violando così l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, e l’articolo 267 TFUE. Mediante le prime due censure si sostiene altresì che la legge di modifica viola il principio del primato. Nelle cause che concernono l’applicazione o l’interpretazione del diritto dell’Unione, gli Stati membri sono tenuti a garantire il rispetto del diritto fondamentale a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. In caso di asserita violazione di tale diritto, i singoli devono, in linea di principio, poter adire un organo giurisdizionale nazionale. Ne consegue che, nelle cause che riguardano diritti dei singoli derivanti dal diritto dell’Unione, ogni organo giurisdizionale nazionale deve poter esaminare la violazione del diritto dei singoli a che la loro causa sia esaminata da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Qualsiasi limitazione o esclusione della facoltà, per un organo giurisdizionale nazionale, di assicurarsi che i singoli che invocano diritti loro conferiti dal diritto dell’Unione abbiano accesso a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, costituisce una violazione degli obblighi derivanti dalle citate disposizioni (4).

4.        La quarta censura verte sulla competenza attribuita dalla legge di modifica alla Izba Dyscyplinarna (Sezione disciplinare, Polonia; in prosieguo: la «Sezione disciplinare») del Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia; in prosieguo: la «Corte suprema») (in prosieguo: la «Sezione disciplinare») su questioni concernenti lo status dei giudici. La Commissione sostiene che, poiché la Sezione disciplinare non soddisfa i necessari requisiti di indipendenza e di imparzialità dei giudici, la legge in questione incide sull’indipendenza dei giudici il cui status è oggetto di controllo da parte della Sezione disciplinare e viola, quindi, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

5.        La quinta censura verte sull’obbligo, che la legge di modifica pone in capo ai giudici, di fornire informazioni sulle loro attività pubbliche e sociali in associazioni e fondazioni senza scopo di lucro, ivi compresa l’appartenenza a un partito politico prima della loro nomina, nonché la pubblicazione di tali informazioni. La Commissione ritiene che tali obblighi siano sproporzionati e violino il diritto al rispetto della vita privata e il diritto alla protezione dei dati personali, garantiti dall’articolo 7 e dall’articolo 8, paragrafo 1, della Carta, nonché dall’articolo 6, paragrafo 1, lettere c) ed e), dall’articolo 6, paragrafo 3, e dall’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD.

II.    Contesto normativo – Diritto polacco

A.      Legge sulla Corte suprema, come modificata

6.        La ustawa o Sądzie Najwyższym (in prosieguo: la «legge sulla Corte suprema») dell’8 dicembre 2017 (5) ha istituito due nuove sezioni in seno alla Corte suprema: la Sezione disciplinare e la Izba Kontroli Nadzwyczajnej i Spraw Publicznych (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche; in prosieguo: la «Sezione straordinaria»).

7.        Per quanto rileva ai fini del presente procedimento, la legge di modifica ha modificato la legge sulla Corte suprema inserendo i paragrafi da 2 a 6 nell’articolo 26, il punto 1a nell’articolo 27, paragrafo 1, il paragrafo 3 nell’articolo 45, i paragrafi da 2 a 5 nell’articolo 82 e modificando l’articolo 29 e l’articolo 72, paragrafo 1.

8.        L’articolo 26, paragrafi da 2 a 6, della legge sulla Corte suprema, come modificata, prevede quanto segue:

«2.      La [Sezione straordinaria] è competente a pronunciarsi sulle domande o sulle dichiarazioni riguardanti la ricusazione di un giudice o la designazione dell’organo giurisdizionale dinanzi al quale un procedimento deve essere avviato, comprese le censure concernenti la mancanza di indipendenza dell’organo giurisdizionale o del giudice. L’organo giurisdizionale adito invia immediatamente una richiesta al presidente della [Sezione straordinaria] affinché detta richiesta sia trattata conformemente alle regole fissate mediante specifiche disposizioni. La presentazione di una richiesta al presidente della [Sezione straordinaria] non sospende il procedimento in corso.

3.      La domanda di cui al paragrafo 2 non viene esaminata qualora riguardi l’accertamento o la valutazione della legittimità della nomina di un giudice o la sua legittimazione ad esercitare le funzioni giurisdizionali.

4.      La [Sezione straordinaria] è competente a pronunciarsi sui ricorsi diretti ad ottenere l’accertamento dell’illegittimità delle decisioni o delle sentenze definitive [della Corte suprema], degli organi giurisdizionali ordinari, degli organi giurisdizionali militari e degli organi giurisdizionali amministrativi, compreso il [Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia)], laddove l’illegittimità consista nel rimettere in discussione lo status della persona nominata quale giudice pronunciatosi nella causa.

5.      Le disposizioni relative all’accertamento dell’illegittimità di una decisione definitiva si applicano, mutatis mutandis, al procedimento nelle cause di cui al paragrafo 4, e le disposizioni relative alla riassunzione di un procedimento giudiziario chiuso mediante decisione definitiva si applicano ai procedimenti penali. Non è necessario stabilire prima facie la plausibilità o l’insorgenza di un danno cagionato dalla pronuncia della decisione oggetto di ricorso.

6.      Il ricorso diretto ad ottenere l’accertamento dell’illegittimità di una decisione definitiva, come previsto al paragrafo 4, può essere proposto dinanzi alla [Sezione straordinaria] senza dover adire l’organo giurisdizionale che ha emanato la decisione impugnata, anche quando una parte non ha esaurito i mezzi di ricorso a sua disposizione, compreso il ricorso straordinario dinanzi [alla Corte suprema]».

9.        L’articolo 27, paragrafo 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, così dispone:

«Rientrano nella competenza della Sezione disciplinare:

(…)

1a)      le cause concernenti l’autorizzazione all’esercizio dell’azione penale nei confronti dei giudici, dei giudici ausiliari, dei procuratori e dei procuratori aggiunti e l’adozione nei loro confronti della misura della custodia cautelare.

2)      le cause in materia di diritto del lavoro e di previdenza sociale relative a giudici [della Corte suprema];

3)      le cause in materia di pensionamento obbligatorio dei giudici [della Corte suprema]».

10.      L’articolo 29, paragrafi 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, prevede quanto segue:

«2.      Nell’ambito delle attività [della Corte suprema] o dei suoi organi, non è consentito mettere in discussione la legittimazione dei tribunali e delle corti, degli organi costituzionali dello Stato o degli organi di controllo e di tutela del diritto.

3.      [La Corte suprema] o un altro organo di potere pubblico non può né accertare né valutare la legittimità della nomina di un giudice o del potere di esercitare le funzioni giurisdizionali che ne deriva».

11.      L’articolo 45, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, così dispone:

«La dichiarazione di cui all’articolo 88a della [legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata] è presentata dai giudici [della Corte suprema] al primo presidente [della Corte suprema], e dal primo presidente [della Corte suprema] alla [Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura, in prosieguo: la «KRS»)]».

12.      L’articolo 72, paragrafo 1, della legge sulla Corte suprema prevede quanto segue:

«I giudici [della Corte suprema] rispondono, a livello disciplinare, delle inadempienze professionali (illeciti disciplinari), compresi i casi di:

1)      violazione manifesta e flagrante delle disposizioni di legge;

2)      atti o omissioni idonei a ostacolare o compromettere seriamente il funzionamento di un’autorità giudiziaria;

3)      atti che mettono in discussione l’esistenza del rapporto di lavoro di un giudice, l’efficacia della nomina di un giudice o la legittimazione di un organo costituzionale della Repubblica di Polonia».

13.      A norma dell’articolo 73, paragrafo 1, della legge de qua, la Sezione disciplinare funge da organo giurisdizionale disciplinare di secondo (e ultimo) grado per i giudici degli organi giurisdizionali ordinari e da giudice disciplinare di primo e di secondo grado per i giudici della Corte suprema.

14.      L’articolo 82 della legge sulla Corte suprema, come modificata, prevede quanto segue:

«(…)

2.      Ove esamini una causa in cui si pone una questione di diritto vertente sull’indipendenza di un giudice o di un’autorità giudiziaria, [la Corte suprema] sospende il procedimento e rimette detta questione a un collegio composto dalla totalità dei membri della [Sezione straordinaria].

3.      Se, nell’esaminare una domanda ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, [la Corte suprema] nutre seri dubbi quanto all’interpretazione delle disposizioni giuridiche sulla cui base deve essere adottata la decisione, può sospendere il procedimento e sottoporre una questione di diritto a un collegio composto dalla totalità dei membri della [Sezione straordinaria].

4.      Nell’adottare una decisione ai sensi del paragrafo 2 o 3, la [Sezione straordinaria] non è vincolata dalla decisione di un altro collegio giudicante [della Corte suprema], salvo che detta decisione abbia acquisito forza di principio giuridico.

5.      Una decisione adottata dalla totalità dei membri della [Sezione straordinaria] sulla base del paragrafo 2 o 3 è vincolante per tutti i collegi [della Corte suprema]. Qualsiasi scostamento da una decisione che abbia acquisito forza di principio giuridico necessita di una nuova pronuncia mediante decisione del plenum [della Corte suprema], fermo restando che l’adozione di detta decisione richiede la presenza di almeno due terzi dei giudici di ciascuna Sezione. L’articolo 88 non trova applicazione».

B.      Legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata

15.      La legge di modifica ha modificato la ustawa – Prawo o ustroju sądów powszechnych (in prosieguo: la «legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari») del 27 luglio 2001 (6), in particolare introducendo l’articolo 42a, inserendo il paragrafo 4 nell’articolo 55 e modificando l’articolo 107, paragrafo 1, e l’articolo 110, paragrafo 2a.

16.      L’articolo 42a della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, è formulato come segue:

«1.      Nell’ambito delle attività delle autorità giurisdizionali e degli organi di tali autorità, non è consentito mettere in discussione la legittimazione dei tribunali e delle corti, degli organi costituzionali dello Stato o degli organi di controllo e di tutela del diritto.

2.      Un organo giurisdizionale ordinario o un altro organo di potere pubblico non può né accertare né valutare la legittimità della nomina di un giudice o del potere di esercitare le funzioni giurisdizionali che ne deriva.

(…)».

17.      L’articolo 55, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, dispone quanto segue:

«I giudici possono pronunciarsi su tutte le cause nella sede loro assegnata e, nei casi stabiliti dalla legge, nell’ambito di altri organi giurisdizionali (competenza del giudice). Le disposizioni relative all’assegnazione delle cause e alla designazione e modifica del collegio giudicante non limitano la competenza del giudice e non possono essere invocate per accertare che un collegio è in contrasto con le disposizioni di legge, che un organo giurisdizionale non dispone di adeguati poteri o che una persona che ne è parte non è autorizzata o competente a pronunciarsi».

18.      Per effetto dell’articolo 88a della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, tutti i giudici polacchi (7) devono comunicare talune informazioni ai fini della loro successiva pubblicazione nel Biuletyn informacji publicznej (Bollettino d’informazione pubblica):

«1.      Il giudice è tenuto a presentare una dichiarazione scritta che indichi:

1)      la sua appartenenza ad associazioni, con menzione della denominazione e della sede dell’associazione, delle cariche ricoperte e del periodo di affiliazione;

2)      le cariche ricoperte in seno a fondazioni senza scopo di lucro, con menzione della denominazione e della sede della fondazione, nonché del periodo durante il quale ha ricoperto dette cariche;

3)      la sua iscrizione a un partito politico prima della nomina a giudice e la sua iscrizione a un partito politico nel corso del mandato prima del 29 dicembre 1989, con menzione della denominazione di tale partito, delle cariche ricoperte e della durata dell’iscrizione.

2.      Le dichiarazioni di cui al paragrafo 1 sono presentate dai giudici al presidente della Corte d’appello competente e dai presidenti delle Corti d’appello al [Minister Sprawiedliwości (Ministro della Giustizia)].

3.      Le dichiarazioni di cui al paragrafo 1 sono presentate entro 30 giorni dall’entrata in servizio del giudice ed entro 30 giorni dalla data in cui si verificano o cessano le circostanze di cui al paragrafo 1.

4.      Le informazioni contenute nelle dichiarazioni di cui al paragrafo 1 hanno carattere pubblico e sono divulgate nel Bollettino d’informazione pubblica previsto dalla legge del 6 settembre 2001 sull’accesso alle informazioni pubbliche, entro 30 giorni dalla data in cui la dichiarazione è trasmessa all’organo autorizzato».

19.      L’articolo 107, paragrafo 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, prevede quanto segue:

«I giudici rispondono, a livello disciplinare, delle inadempienze professionali (illeciti disciplinari), compresi i casi di:

(…)

2)      atti o omissioni idonei a ostacolare o compromettere seriamente il funzionamento di un’autorità giudiziaria;

3)      atti che mettono in discussione l’esistenza del rapporto di lavoro di un giudice, l’efficacia della nomina di un giudice o la legittimazione di un organo costituzionale della Repubblica di Polonia;

(…)».

20.      L’articolo 110, paragrafo 2a, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, così dispone:

«L’organo giurisdizionale disciplinare nella cui circoscrizione il giudice oggetto del procedimento esercita le proprie funzioni è competente ratione loci a pronunciarsi nelle cause di cui all’articolo 37, paragrafo 5, e all’articolo 75, paragrafo 2, punto 3. Nelle cause di cui all’articolo 80 e all’articolo 106zd, l’organo giurisdizionale competente in primo grado è [la Corte suprema] quale giudice monocratico della Sezione disciplinare e, in secondo grado, [la Corte suprema] in formazione collegiale di tre giudici della Sezione disciplinare».

C.      Legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata

21.      La legge di modifica ha modificato la ustawa – Prawo o ustroju sądów administracyjnych (legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi) del 25 luglio 2022 (8), in particolare inserendo i paragrafi 1a e 1b nell’articolo 5, il paragrafo 2 nell’articolo 8, e modificando l’articolo 29, paragrafo 1, e l’articolo 49, paragrafo 1.

22.      L’articolo 5, paragrafi 1a e 1b, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, prevede quanto segue:

«1a.      Nell’ambito delle attività di un’autorità giurisdizionale amministrativa o dei suoi organi, non è consentito mettere in discussione la legittimazione dei tribunali e delle corti, degli organi costituzionali dello Stato o degli organi di controllo e di tutela del diritto.

1b.      Un organo giurisdizionale amministrativo o un altro organo di potere pubblico non può né accertare né valutare la legittimità della nomina di un giudice o del potere di esercitare le funzioni giurisdizionali che ne deriva».

23.      L’articolo 8, paragrafo 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, dispone quanto segue:

«La dichiarazione di cui all’articolo 88a della [legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata] è presentata dai giudici del [wojewódzki sąd administracyjny (Tribunale amministrativo del voivodato)] al presidente competente del Tribunale amministrativo del voivodato, dal presidente del Tribunale amministrativo del voivodato e dai giudici del [Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia)] al presidente del [Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa)], e dal presidente del [Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa)] alla [KRS]».

24.      Ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 1, di tale legge, gli illeciti disciplinari previsti all’articolo 107, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, si applicano anche ai giudici degli organi giurisdizionali amministrativi.

25.      Conformemente all’articolo 49, paragrafo 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, gli illeciti disciplinari di cui all’articolo 72, paragrafo 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, si applicano anche ai giudici del Naczelny Sąd Administracyjny (in prosieguo: la «Corte suprema amministrativa»).

D.      Legge di modifica – Disposizioni transitorie

26.      Conformemente all’articolo 8 della legge di modifica, l’articolo 55, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, si applica alle cause avviate o concluse prima della data di entrata in vigore della legge di modifica, vale a dire il 14 febbraio 2020.

27.      L’articolo 10 della legge di modifica così dispone:

«1.      Le disposizioni della [legge sulla Corte suprema], nella versione risultante dalla presente legge, si applicano anche alle cause sottoposte all’esame della [Sezione straordinaria] avviate e non concluse con sentenza definitiva, ivi compresa una decisione, prima dell’entrata in vigore della presente legge.

2.      L’organo giurisdizionale chiamato a pronunciarsi su una causa di cui al paragrafo 1 la rinvia immediatamente e, al più tardi, entro sette giorni dall’entrata in vigore della presente legge alla [Sezione straordinaria], che può revocare gli atti in precedenza compiuti nella misura in cui impediscono la prosecuzione dell’esame della causa in conformità alla legge.

3.      Gli atti compiuti dalle autorità giudiziarie e dalle parti o dai soggetti intervenuti nel procedimento nelle cause di cui paragrafo 1 successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge in violazione del paragrafo 2 sono privi di effetti processuali».

III. Procedimento precontenzioso

28.      Ritenendo che, con l’adozione della legge di modifica, la Repubblica di Polonia sia venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del combinato disposto delle disposizioni di cui al paragrafo 1 delle presenti conclusioni, il 29 aprile 2020 la Commissione ha inviato a tale Stato membro una lettera di diffida. La Repubblica di Polonia ha risposto con lettera del 29 giugno 2020, nella quale ha contestato tutte le censure concernenti la violazione del diritto dell’Unione.

29.      Il 30 ottobre 2020 la Commissione ha emesso un parere motivato nel quale ha ribadito di ritenere che la legge di modifica violi le disposizioni del diritto dell’Unione indicate nella lettera di diffida.

30.      Il 3 dicembre 2020 la Commissione ha inviato alla Repubblica di Polonia una lettera di diffida complementare in relazione all’attività giurisdizionale svolta dalla Sezione disciplinare in cause concernenti lo status dei giudici e dei giudici ausiliari ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, punti 1a, 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, quale introdotto dalla legge di modifica.

31.      Nella sua risposta del 30 dicembre 2020 al parere motivato della Commissione del 30 ottobre 2020, la Repubblica di Polonia ha negato gli inadempimenti contestati. Il 4 gennaio 2021 la Repubblica di Polonia ha risposto alla lettera di diffida complementare della Commissione, del 3 dicembre 2020, sostenendo l’infondatezza delle censure concernenti la mancanza di indipendenza della Sezione disciplinare.

32.      Il 27 gennaio 2021 la Commissione ha emesso un parere motivato complementare per quanto concerne l’attività giurisdizionale della Sezione disciplinare nelle cause relative allo status dei giudici e dei giudici ausiliari. Con lettera del 26 febbraio 2021, la Repubblica di Polonia ha risposto che la censura contenuta nel parere motivato complementare era infondata.

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

33.      Con atto introduttivo depositato il 1º aprile 2021, la Commissione ha investito la Corte del ricorso in esame, ai sensi dell’articolo 258 TFUE. La Commissione chiede alla Corte di pronunciare cinque dichiarazioni ai sensi delle quali:

«–      avendo adottato e mantenuto in vigore l’articolo 42a, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 55, paragrafo 4, [della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata], l’articolo 26, paragrafo 3, e l’articolo 29, paragrafi 2 e 3, [della legge sulla Corte suprema, come modificata], l’articolo 5, paragrafi 1a e 1b, [della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata], nonché l’articolo 8 della legge di modifica, che precludono a tutti gli organi giurisdizionali nazionali la verifica del rispetto dei requisiti dell’Unione europea relativi a un giudice indipendente, imparziale e precostituito per legge, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 [della Carta], alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo [in prosieguo: la «Corte EDU»] riguardante l’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 [in prosieguo: la «CEDU»], nonché dell’articolo 267 TFUE e del principio del primato del diritto dell’Unione;

–      avendo adottato e mantenuto in vigore l’articolo 26, paragrafi 2 e da 4 a 6, e l’articolo 82, paragrafi da 2 a 5, della legge sulla Corte suprema come modificata, nonché l’articolo 10 della legge di modifica, che trasferiscono alla [Sezione straordinaria] la competenza esclusiva a decidere sulle censure e sulle questioni giuridiche riguardanti la mancanza di indipendenza di un organo giurisdizionale o di un giudice, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, nonché dell’articolo 267 TFUE e del principio del primato del diritto dell’Unione;

–      avendo adottato e mantenuto in vigore l’articolo 107, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e l’articolo 72, paragrafo 1, punti da 1 a 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, che consentono di considerare quale illecito disciplinare la verifica del rispetto dei requisiti di indipendenza, imparzialità e precostituzione per legge dei giudici, requisiti posti dal diritto dell’Unione, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, nonché dell’articolo 267 TFUE;

–      avendo trasferito [alla Sezione disciplinare], la cui indipendenza e imparzialità non sono garantite, la competenza a decidere in merito a cause aventi incidenza diretta sullo status e sullo svolgimento della funzione di giudice e di giudice ausiliario, come, da un lato, le cause vertenti sull’autorizzazione all’esercizio dell’azione penale nei confronti dei giudici e dei giudici ausiliari o l’autorizzazione al loro arresto, e, dall’altro, le cause in materia di diritto del lavoro e della previdenza sociale riguardanti i giudici della Corte suprema, nonché le cause in materia di pensionamento di detti giudici, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE;

–      avendo adottato e mantenuto in vigore l’articolo 88a della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, l’articolo 45, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, e l’articolo 8, paragrafo 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, la Repubblica di Polonia ha violato il diritto al rispetto della vita privata e il diritto alla tutela dei dati personali, garantiti dall’articolo 7 e dall’articolo 8, paragrafo 1, della Carta, nonché dall’articolo 6, paragrafi 1, lettere c) ed e), e 3, e dall’articolo 9, paragrafo 1, [del RGPD]».

34.      La Commissione chiede inoltre la condanna della Repubblica di Polonia alle spese.

35.      Nel suo controricorso, depositato il 17 giugno 2021, la Repubblica di Polonia chiede alla Corte di respingere il ricorso di cui trattasi in quanto del tutto infondato e di condannare la Commissione alle spese.

36.      La Commissione e la Repubblica di Polonia hanno depositato, rispettivamente, una replica e una controreplica, il 28 luglio 2021 e il 7 settembre 2021.

37.      Con atto separato, depositato il 1º aprile 2021, la Commissione ha presentato una domanda di provvedimenti provvisori ai sensi dell’articolo 279 TFUE, chiedendo alla Corte di ingiungere alla Repubblica di Polonia, in attesa della sentenza della Corte sul merito del presente procedimento, di sospendere l’applicazione di varie disposizioni nazionali introdotte dalla legge di modifica.

38.      Con ordinanza del 14 luglio 2021 (9), la vicepresidente della Corte ha accolto la domanda di provvedimenti provvisori della Commissione in attesa della pronuncia della sentenza conclusiva del presente procedimento, riservando le spese (10).

39.      Il 16 agosto 2021 la Repubblica di Polonia, ritenendo che la sentenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale, Polonia) del 14 luglio 2021, pronunciata nella causa P 7/20 (in prosieguo: la «sentenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale), causa P 7/20»), avesse determinato un mutamento di circostanze, ha chiesto alla Corte di revocare la sua ordinanza del 14 luglio 2021, in applicazione dell’articolo 163 del regolamento di procedura della Corte. Tale Stato membro ha altresì chiesto alla Grande Sezione della Corte di esaminare la domanda (11).

40.      Con ordinanza del 6 ottobre 2021 (12), la vicepresidente della Corte ha respinto le domande della Repubblica di Polonia e ha riservato le spese. Nella sua ordinanza, la vicepresidente della Corte ha dichiarato che il principio del primato del diritto dell’Unione impone a tutte le istituzioni degli Stati membri di dare pieno effetto alle norme dell’Unione e che il diritto degli Stati membri non può sminuire l’efficacia riconosciuta a tali norme. Ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, che è una disposizione chiara, precisa e incondizionata, ogni Stato membro deve garantire che gli organi giurisdizionali che possono trovarsi a dover statuire sull’applicazione o sull’interpretazione del diritto dell’Unione soddisfino i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva. Disposizioni nazionali riguardanti l’organizzazione della giustizia negli Stati membri possono essere sottoposte a un controllo ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, nel quadro di un ricorso per inadempimento e, di conseguenza, essere oggetto di provvedimenti provvisori diretti a sospenderne l’applicazione. Il fatto che una corte costituzionale nazionale dichiari che provvedimenti provvisori di questo tipo sono contrari all’ordinamento costituzionale dello Stato membro interessato non modifica in alcun modo tale valutazione. In forza del principio del primato del diritto dell’Unione, uno Stato membro non può invocare disposizioni di diritto nazionale, quand’anche di rango costituzionale, per pregiudicare l’unità e l’efficacia del diritto dell’Unione (13).

41.      Nel frattempo, il 7 settembre 2021, la Commissione ha sostenuto che, sulla base delle informazioni fornite dalla Repubblica di Polonia nella lettera del 16 agosto 2021, non risultava che quest’ultima avesse adottato tutte le misure necessarie per eseguire i provvedimenti provvisori disposti nell’ordinanza del 14 luglio 2021. La Commissione ha sostenuto che, al fine di garantire la piena efficacia dell’ordinanza del 14 luglio 2021, l’applicazione effettiva del diritto dell’Unione nonché il rispetto dei principi dello Stato di diritto e dell’integrità dell’ordinamento giuridico dell’Unione, era necessario che la Corte ingiungesse alla Repubblica di Polonia il pagamento di una penalità giornaliera di importo tale da indurre tale Stato membro a dare effetto quanto prima alle misure provvisorie in questione. La Repubblica di Polonia ha sostenuto di aver adottato tutte le misure necessarie all’esecuzione dell’ordinanza del 14 luglio 2021.

42.      Con ordinanza del 27 ottobre 2021 (14), il vicepresidente della Corte ha ordinato alla Repubblica di Polonia di pagare alla Commissione una penalità di importo pari a EUR 1 000 000 al giorno, a decorrere dalla data di notifica di tale ordinanza e fino al giorno in cui tale Stato membro si conformerà agli obblighi derivanti dall’ordinanza del 14 luglio 2021 o, in mancanza, fino al giorno della pronuncia della sentenza che porrà fine al giudizio nella presente causa e ha riservato le spese.

43.      Con decisione del 30 settembre 2021, il presidente della Corte ha ammesso l’intervento nella presente causa del Regno del Belgio, del Regno di Danimarca, del Regno dei Paesi Bassi, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia, a sostegno delle conclusioni della Commissione. Tali Stati membri hanno presentato osservazioni scritte alla Corte.

44.      Con decisione del 7 ottobre 2021, il presidente della Corte ha concesso alla presente causa un trattamento prioritario ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura della Corte.

45.      Il 28 giugno 2022 si è tenuta un’udienza, in occasione della quale il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Polonia, la Repubblica di Finlandia, il Regno di Svezia e la Commissione hanno presentato osservazioni orali e risposto ai quesiti posti dalla Corte.

V.      Contesto normativo

46.      Al fine di risolvere le questioni dinanzi alla Corte nell’ambito del ricorso per inadempimento in esame, occorre fare riferimento ai principi di diritto consolidati esposti nel prosieguo.

47.      L’Unione europea si fonda su valori comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dalla giustizia (15). La fiducia reciproca tra gli Stati membri e, in particolare, tra i loro organi giurisdizionali, si basa sulla premessa della condivisione di una serie di valori comuni. Ne consegue che il rispetto, da parte di uno Stato membro, dei valori sanciti dall’articolo 2 TUE costituisce una condizione per il godimento di tutti i diritti derivanti dall’applicazione dei trattati a tale Stato membro (16).

48.      Il rispetto dello Stato di diritto è uno di questi valori comuni, di cui l’articolo 19, paragrafo 1, TUE è espressione concreta. Il suo secondo comma impone agli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione. L’articolo 47, secondo comma, prima frase, della Carta, che riflette il principio generale della tutela giurisdizionale effettiva, prevede altresì che ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge (17). Inoltre, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e l’articolo 47 della Carta hanno effetto diretto e conferiscono ai singoli diritti che essi possono invocare dinanzi ai giudici nazionali (18).

49.      Spetta agli Stati membri (19) prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti inteso a garantire una tutela giurisdizionale effettiva (20) nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, nell’ambito del quale gli organi giurisdizionali che possono essere chiamati a pronunciarsi sull’applicazione o sull’interpretazione del diritto dell’Unione soddisfino i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva (21). Spetta quindi agli Stati membri designare gli organi giurisdizionali e/o le istituzioni competenti a verificare la validità di disposizioni nazionali, prevedere i mezzi di ricorso e le procedure che consentono di contestare la loro validità nonché, ove il ricorso sia fondato, di annullarle e stabilire gli effetti dell’annullamento (22). Salvo diversa disposizione, il diritto dell’Unione non impone agli Stati un determinato modello giurisdizionale (23), né esige che essi adottino un sistema specifico di rimedi giurisdizionali, purché i mezzi di ricorso disponibili rispettino i principi di equivalenza e di effettività (24). Nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri devono rispettare gli obblighi ad essi incombenti in forza del diritto dell’Unione (25). Tale approccio riflette i principi di sussidiarietà e di proporzionalità di cui all’articolo 5 TUE, nonché l’autonomia procedurale degli Stati membri (26).

50.      L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE osta a disposizioni nazionali in materia di organizzazione della giustizia che comportino una regressione della tutela del valore dello Stato di diritto, in particolare delle garanzie di indipendenza dei giudici. La Corte ha inoltre dichiarato che uno Stato membro non può modificare la propria normativa in modo da ridurre la tutela dello Stato di diritto. Gli Stati membri devono quindi astenersi dall’adottare qualsiasi misura che pregiudichi l’indipendenza dei giudici (27).

51.      Il requisito di indipendenza degli organi giurisdizionali, intrinsecamente connesso al compito di giudicare, è una componente del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, che è a sua volta parte del diritto fondamentale a un equo processo previsto all’articolo 47 della Carta. Sotto questo profilo, l’indipendenza dei giudici degli Stati membri riveste un’importanza fondamentale per l’ordinamento giuridico dell’Unione (28).

52.      Il requisito dell’indipendenza dei giudici si compone di due aspetti. Il primo aspetto, di carattere esterno, richiede che il giudice eserciti le sue funzioni in autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, con la conseguenza di essere quindi tutelato dagli interventi o dalle pressioni esterni idonei a compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e a influenzare le loro decisioni. Il secondo aspetto, di carattere interno, si ricollega alla nozione di imparzialità. Esso mira a garantire l’equidistanza del giudice dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi riguardo all’oggetto di quest’ultima. Questo aspetto dell’indipendenza impone al giudice il rispetto dell’obiettività e l’assenza di qualsivoglia interesse nella soluzione da dare alla controversia all’infuori della stretta applicazione della norma giuridica (29).

53.      Anche il requisito dell’imparzialità si compone di due aspetti. Da un lato, i membri dell’organo giurisdizionale devono essere imparziali sotto il profilo soggettivo, vale a dire che nessuno dei suoi membri può manifestare opinioni preconcette o pregiudizi personali. L’imparzialità personale si presume fino a prova contraria. Dall’altro lato, l’organo giurisdizionale deve essere oggettivamente imparziale, vale a dire che è tenuto ad offrire garanzie sufficienti per escludere al riguardo qualsiasi legittimo dubbio (30).

54.      Infine, nell’esigere che un giudice sia «precostituito per legge», l’articolo 47 della Carta è inteso ad assicurare che l’organizzazione del sistema giudiziario sia disciplinata da una legge adottata dal potere legislativo in modo conforme alle norme che disciplinano l’esercizio della sua competenza, evitando così che tale organizzazione sia lasciata alla discrezione del potere esecutivo. Tale requisito si applica non solo al fondamento normativo dell’esistenza stessa di un organo giurisdizionale, ma anche a qualsiasi altra disposizione del diritto interno la cui inosservanza renda irregolare la partecipazione di uno o più giudici all’esame di una causa, come le norme che regolano la composizione del collegio giudicante (31).

55.      Il requisito della precostituzione per legge del giudice è violato qualora un’irregolarità commessa in occasione della nomina dei giudici (32) sia di natura e gravità tali da generare un rischio reale che altri rami del potere, in particolare l’esecutivo, possano esercitare un’influenza indebita tale da mettere in pericolo l’integrità del processo di nomina. Ciò avviene qualora vengano in rilievo norme fondamentali che costituiscono parte integrante dell’istituzione e del funzionamento di detto sistema giudiziario (33). Siffatta irregolarità può far sorgere un dubbio legittimo nei singoli quanto all’indipendenza (34) e all’imparzialità del giudice o dei giudici così nominati.

56.      I requisiti di indipendenza, imparzialità e precostituzione per legge sono intrinsecamente connessi e si sovrappongono. La violazione di uno di tali requisiti può comportare la violazione di un altro, o anche di tutti (35).

57.      Gli Stati membri, in particolare il loro sistema giudiziario, devono tutelare i diritti attribuiti ai singoli ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dall’articolo 47 della Carta in due modi.

58.      In primo luogo, costituisce un corollario del diritto a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, il fatto che ogni individuo debba avere la possibilità di far valere tale diritto (36). Inoltre, quando l’indipendenza e l’imparzialità del giudice sia contestata sulla base di un motivo che non appare a prima vista manifestamente privo di serietà (37) ogni organo giurisdizionale (38) ha l’obbligo di verificare se la sua composizione gli consenta di essere un siffatto giudice. Tale competenza è necessaria nell’interesse della fiducia che in una società democratica il giudice deve ispirare ai singoli sottoposti alle sue decisioni. Un siffatto controllo costituisce una formalità di importanza sostanziale il cui rispetto è rilevante sul piano dell’ordine pubblico e dev’essere verificato su richiesta delle parti o d’ufficio (39). In casi eccezionali, gli organi giurisdizionali di uno Stato membro possono essere chiamati a valutare se il diritto fondamentale di una persona a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, sia stato violato in un altro Stato membro (40).

59.      In secondo luogo, gli organi giurisdizionali devono rispettare il principio del primato del diritto dell’Unione (41). I giudici nazionali incaricati di applicare, nell’ambito della propria competenza, il diritto dell’Unione hanno l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a garantirne la piena efficacia, disapplicando all’occorrenza qualsiasi disposizione o giurisprudenza nazionali con esso contrastanti (42). Al fine di disapplicare una disposizione di diritto nazionale, il giudice incaricato dell’applicazione del diritto dell’Unione deve trovarsi in una posizione idonea a valutare e decidere se una disposizione di diritto nazionale sia contraria al diritto dell’Unione. Conformemente al principio del primato del diritto dell’Unione (43), vi è una chiara distinzione tra l’esercizio del potere di astenersi dall’applicare, in un caso specifico, una disposizione di diritto nazionale ritenuta in contrasto con il diritto dell’Unione e il potere di annullare una disposizione siffatta, con la conseguenza di privarla di qualsivoglia validità (44).

60.      Per quanto riguarda il ruolo delle costituzioni nazionali e dei giudici costituzionali nazionali, menzionato nella controreplica (45), la Corte ha statuito che l’Unione europea deve rispettare l’identità nazionale degli Stati membri conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, TUE. Il diritto dell’Unione non impone agli Stati membri di scegliere uno specifico modello costituzionale. Tuttavia, i rispettivi ordinamenti costituzionali degli Stati membri devono garantire l’indipendenza dei loro organi giurisdizionali. A patto che il giudice costituzionale sia in grado di garantire una tutela giurisdizionale effettiva, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE non osta a norme nazionali le quali prevedano che i giudici ordinari di uno Stato membro siano vincolati a una decisione del giudice costituzionale ai sensi della quale la normativa nazionale è conforme alla Costituzione di tale Stato. Lo stesso non vale nel caso in cui l’applicazione di tali norme nazionali impedisca ai giudici ordinari di valutare la compatibilità con il diritto dell’Unione di una normativa nazionale che il giudice costituzionale di tale Stato membro abbia dichiarato conforme alla disposizione nazionale di rango costituzionale che preveda il primato del diritto dell’Unione. In forza di quest’ultimo principio, uno Stato membro non può invocare norme di diritto nazionale, quand’anche di rango costituzionale, per pregiudicare l’unità e l’efficacia del diritto dell’Unione. Il principio del primato del diritto dell’Unione vincola tutti gli organi degli Stati membri, e il diritto interno, ivi comprese le disposizioni di rango costituzionale, non può opporvisi. Spetta alla Corte precisare la portata del principio del primato del diritto dell’Unione, nell’esercizio della sua competenza esclusiva a fornire l’interpretazione definitiva del diritto dell’Unione (46).

61.      Nelle presenti conclusioni esaminerò, in primo luogo, la seconda censura della Commissione, che verte su un asserito monopolio della competenza a statuire sui ricorsi concernenti la mancanza di indipendenza di un organo giurisdizionale e, quindi, a determinare il diritto di accesso a un giudice indipendente. Tale censura ha una portata più ristretta rispetto alla prima, che verte sul diritto a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, conformemente all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e all’articolo 47 della Carta. Inoltre, la decisione richiesta per quanto attiene alla seconda censura può avere conseguenze su quella da adottare per quanto concerne la prima.

VI.    Analisi giuridica

A.      Seconda censura – Competenza esclusiva della Sezione straordinaria della Corte suprema ad esaminare i ricorsi e le questioni giuridiche concernenti la mancanza di indipendenza di un organo giurisdizionale

1.      Argomenti delle parti

62.      Con la sua seconda censura, la Commissione sostiene che, affidando l’esame dei ricorsi e delle questioni giuridiche riguardanti la mancanza di indipendenza di un organo giurisdizionale alla competenza esclusiva della Sezione straordinaria, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, nonché dell’articolo 267 TFUE e del principio del primato del diritto dell’Unione. Tale censura è fondata sull’adozione e il mantenimento in vigore dell’articolo 26, paragrafi 2 e da 4 a 6, e dell’articolo 82, paragrafi da 2 a 5, della legge sulla Corte suprema, nella versione risultante dalla legge di modifica, e altresì dell’articolo 10 della legge di modifica.

63.      In udienza, la Commissione ha confermato di ritenere che la Sezione straordinaria sia competente in via esclusiva a pronunciarsi su questioni concernenti l’indipendenza di organi giurisdizionali, collegi giudicanti e giudici. Essa ha dichiarato che tali questioni non possono essere esaminate da altri giudici in sede di impugnazione. La Commissione ha altresì osservato che il monopolio del controllo dell’indipendenza da parte della Sezione straordinaria è estremamente limitato, poiché l’articolo 26, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, stabilisce che la Sezione straordinaria non è competente a pronunciarsi su questioni di indipendenza relative alla nomina di un giudice o alla sua legittimazione a esercitare funzioni giurisdizionali. La Commissione ha altresì confermato che le prime tre censure non si contraddicono, come sostenuto dalla Repubblica di Polonia, poiché le disposizioni del diritto polacco applicabili garantiscono l’impossibilità di riesaminare la procedura di nomina di un giudice.

64.      La seconda censura si articola in quattro parti. In primo luogo, l’articolo 26, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, conferisce alla Sezione straordinaria una competenza esclusiva a statuire sulle istanze di ricusazione e di designazione del giudice competente nei casi in cui è mossa una contestazione all’indipendenza del giudice. L’organo giurisdizionale cui è presentata siffatta istanza deve trasmetterla senza indugio alla Sezione straordinaria. La decisione della Sezione straordinaria vincola detto organo giurisdizionale indipendentemente dalla questione se tale Sezione sia competente a statuire sul merito della causa.

65.      Al punto 166 della sentenza A.K., la Corte ha dichiarato che l’organo giurisdizionale investito di una controversia che, ai sensi del diritto nazionale, dovrebbe essere esaminata da un organo che non risponde ai requisiti di indipendenza o di imparzialità ha l’obbligo di disapplicare detta disposizione nazionale, al fine di garantire una tutela giurisdizionale effettiva, ai sensi dell’articolo 47 della Carta, e in modo che la controversia di cui trattasi possa essere risolta da un giudice che soddisfi tali requisiti.

66.      Attribuendo alla Sezione straordinaria la competenza esclusiva a risolvere tali questioni, l’articolo 26, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, priva gli organi giurisdizionali nazionali, ad eccezione della Sezione straordinaria, del diritto di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE sul requisito dell’indipendenza nell’accezione di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta. La Commissione ritiene che l’articolo 26, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, impedisca ai giudici nazionali di esaminare d’ufficio (47) o su richiesta delle parti del procedimento (48) se il giudice investito di una causa disciplinata dal diritto dell’Unione soddisfi il requisito dell’indipendenza nell’accezione di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta. L’indipendenza di un organo giurisdizionale è una questione orizzontale che può sorgere in qualsiasi causa, e ogni organo giurisdizionale investito di una causa concernente il diritto dell’Unione dovrebbe poterla esaminare. L’attribuzione di una competenza esclusiva a pronunciarsi su tali questioni non è giustificata neppure dalla necessità di istituire, a tal fine, organi giurisdizionali specializzati.

67.      In secondo luogo, la Commissione sostiene che, in forza dell’articolo 82, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, la Sezione straordinaria è competente in via esclusiva a statuire su questioni giuridiche in cause pendenti dinanzi alla Corte suprema riguardanti l’indipendenza di un giudice o di organo giurisdizionale. Conformemente all’articolo 82, paragrafi da 3 a 5, della legge sulla Corte suprema, come modificata, in tali casi, la Sezione straordinaria, in seduta plenaria, adotta una decisione che vincola tutte le sezioni della Corte suprema, e uno scostamento da tale decisione può essere deciso soltanto mediante una deliberazione della Corte suprema, riunita in seduta plenaria, adottata da almeno due terzi dei giudici di ciascuna delle sue sezioni. Nell’adottare la sua decisione, la Sezione straordinaria non è vincolata da alcun’altra decisione della Corte suprema, salvo che si tratti di pronunce che costituiscono «decisioni di principio». La Commissione ritiene che le summenzionate disposizioni impediscano alle altre sezioni della Corte suprema di pronunciarsi su tali questioni e, di conseguenza, violino l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e l’articolo 47 della Carta.

68.      In terzo luogo, la Commissione sostiene che l’articolo 26, paragrafi da 4 a 6, della legge sulla Corte suprema, come modificata, viola tali disposizioni del diritto dell’Unione anche in quanto attribuisce alla Sezione straordinaria la competenza esclusiva a conoscere dei ricorsi volti a far dichiarare l’illegittimità di decisioni o sentenze definitive di qualsiasi organo giurisdizionale polacco, ivi comprese le altre sezioni della Corte suprema e della Corte suprema amministrativa, qualora l’asserita illegittimità riguardi lo status del giudice che ha deciso la causa. Tali ricorsi possono essere proposti dinanzi alla Sezione straordinaria senza che di essi sia investito l’organo giurisdizionale che ha pronunciato la sentenza di cui trattasi, indipendentemente dal fatto che una parte abbia esaurito oppure no gli altri mezzi di ricorso disponibili.

69.      In quarto luogo, la Commissione sostiene che anche le disposizioni transitorie di cui all’articolo 10 della legge di modifica violano il diritto dell’Unione. In forza di tali disposizioni, gli organi giurisdizionali polacchi erano tenuti a deferire alla Sezione straordinaria, entro il 21 febbraio 2020, le cause pendenti al 14 febbraio 2020 riguardanti questioni rientranti nella competenza esclusiva della Sezione straordinaria ai sensi dell’articolo 26, paragrafi 2, e da 4 a 6, nonché dell’articolo 82, paragrafi da 2 a 4, della legge sulla Corte suprema, come modificata. A seguito del deferimento di tali cause, la Sezione straordinaria «può revocare atti anteriori qualora impediscano l’ulteriore esame della causa conformemente alla legge». La legge di modifica, inoltre, priverebbe di effetti procedurali gli atti compiuti in tali cause, in particolare dai giudici, dopo il 14 febbraio 2020.

70.      La Commissione ritiene che le summenzionate competenze della Sezione straordinaria violino l’articolo 267 TFUE e l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta. Esse contrasterebbero altresì con l’obbligo, incombente agli organi giurisdizionali nazionali, di applicare l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, conformemente al principio del primato del diritto dell’Unione.

71.      La Commissione sottolinea che, per quanto riguarda le questioni relative all’indipendenza degli organi giurisdizionali, tutti i giudici nazionali devono poter applicare l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, al fine di garantire ai singoli il diritto fondamentale a un ricorso effettivo. Nel contesto della controversia di cui è investito, il giudice di uno Stato membro che agisca nell’ambito della propria competenza ha l’obbligo di applicare l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, e di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria a una disposizione del diritto dell’Unione dotata di effetto diretto. Le disposizioni nazionali di cui trattasi privano tutti i giudici polacchi, ad eccezione della Sezione straordinaria, del diritto di statuire su questioni incidentali, quali la ricusazione di un giudice nel collegio giudicante e la determinazione della competenza di un organo giurisdizionale. Tali disposizioni impediscono altresì ai giudici nazionali di garantire una tutela giurisdizionale effettiva mediante la disapplicazione di disposizioni nazionali che attribuiscano competenza, nelle cause rientranti nel diritto dell’Unione, a organi giurisdizionali che non soddisfano i requisiti di cui all’articolo 19, paragrafo 1, TUE e all’articolo 47 della Carta.

72.      La Commissione ritiene altresì che, dal 14 febbraio 2020, le disposizioni contestate nel presente procedimento privino altri giudici nazionali del loro diritto e, per quanto riguarda i giudici di ultimo grado, del loro obbligo di sottoporre questioni pregiudiziali ai sensi dell’articolo 267 TFUE per quanto concerne l’interpretazione dei requisiti di indipendenza e di imparzialità di un organo giurisdizionale alla luce del diritto dell’Unione. In particolare, i giudici nazionali diversi dalla Sezione straordinaria sarebbero privati della possibilità di risolvere tali questioni. Inoltre, l’articolo 26, paragrafi da 4 a 6, e l’articolo 82, paragrafi da 2 a 4, della legge della Corte suprema non si applicano soltanto a questioni incidentali, poiché conferiscono alla Sezione straordinaria competenza esclusiva. Tale diritto e tale obbligo sono inerenti al sistema di cooperazione istituito dall’articolo 267 TFUE, nonché ai doveri che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE attribuisce ai giudici incaricati di applicare il diritto dell’Unione.

73.      A parere della Commissione, le disposizioni transitorie di cui all’articolo 10 della legge di modifica violano altresì l’articolo 267 TFUE, poiché impediscono ai giudici nazionali di mantenere questioni pregiudiziali proposte prima del 14 febbraio 2020. L’articolo 10, paragrafo 2, della legge di modifica consente alla Sezione straordinaria di revocare atti compiuti da un giudice nazionale e, in particolare, di ritirare questioni pregiudiziali che quest’ultimo abbia proposto. Dalla giurisprudenza della Corte emerge chiaramente che, al fine di garantire l’effettività delle competenze che l’articolo 267 TFUE attribuisce ai giudici nazionali, questi ultimi devono poter mantenere una domanda di pronuncia pregiudiziale.

74.      Nella replica si sottolinea che la Commissione non mette in discussione il diritto del legislatore nazionale di adottare leggi sulla competenza degli organi giurisdizionali. Essa si interroga, piuttosto, sul monopolio concesso alla Sezione straordinaria per quanto concerne la verifica del rispetto, da parte di un organo giurisdizionale o di un giudice, del requisito di indipendenza ai sensi del diritto dell’Unione, qualora tali questioni possano sorgere dinanzi a un qualsiasi organo giurisdizionale nazionale. La Commissione non sostiene che un organo giurisdizionale investito di una questione concernente il requisito dell’indipendenza ai sensi del diritto dell’Unione sia sempre tenuto a esaminarla. In uno Stato membro con 10 000 giudici, la competenza ad applicare l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e l’articolo 47 della Carta non potrebbe, tuttavia, essere riservata a una Sezione composta da 20 giudici. La Commissione osserva altresì che la Sezione straordinaria è stata istituita in applicazione della legge sulla Corte suprema dell’8 dicembre 2017 e che i suoi membri sono stati nominati su proposta della KRS. Poiché il ruolo della KRS nella nomina dei giudici dà sovente luogo a istanze di ricusazione, la Sezione straordinaria stessa potrebbe non essere imparziale ed obiettiva per quanto attiene a questioni in materia di indipendenza dei giudici (49).

75.      In udienza, la Commissione ha confermato, in risposta a un quesito della Corte, che la questione dell’indipendenza di un organo giurisdizionale, di un collegio o di un giudice non può essere sollevata dinanzi ad un organo giurisdizionale superiore in sede di impugnazione. La Sezione straordinaria è quindi competente in via esclusiva per tutte le questioni relative all’indipendenza di un organo giurisdizionale, di un collegio o di un giudice.

76.      La Repubblica di Polonia ritiene che la seconda censura sia infondata e debba essere integralmente respinta.

77.      Per quanto riguarda l’asserita violazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta, la Repubblica di Polonia ritiene che la Commissione interpreti erroneamente la sentenza A.K. Da tale sentenza discenderebbe che, qualora un giudice incompetente sia stato investito di una causa che concerne il diritto dell’Unione e una parte sostenga che l’esame di tale causa da parte del giudice competente violerebbe i diritti che essa trae dall’articolo 47 della Carta, il giudice incompetente può accogliere tale obiezione e rinviare la causa a un altro giudice, indipendente, che sarebbe competente in assenza delle norme che hanno riservato la competenza al giudice non indipendente. A parere della Repubblica di Polonia, nella sentenza A.K. non si afferma che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE impedisce agli Stati membri di adottare norme relative alla competenza degli organi giurisdizionali. Inoltre, le rispettive posizioni dell’organo giurisdizionale che deve rinviare una causa all’organo giurisdizionale competente a conoscerla e quella dell’organo giurisdizionale investito di un’istanza di ricusazione diretta contro il giudice, di una questione di diritto o di un dubbio sulla legittimità di una decisione definitiva, sono fondamentalmente diverse. La posizione della Commissione condurrebbe a una violazione del diritto a un giudice precostituito per legge e, nelle cause concernenti la ricusazione di un giudice, del diritto a un giudice indipendente. La ripartizione delle competenze fra gli organi giurisdizionali in tutte le cause ad essi sottoposte è una conditio sine qua non dell’accesso a un giudice precostituito per legge.

78.      La Repubblica di Polonia sottolinea che gli Stati membri dispongono di una competenza esclusiva ad adottare disposizioni sulla competenza dei loro organi giurisdizionali. Sebbene gli Stati membri debbano rispettare l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, tale disposizione non può disciplinare la ripartizione delle competenze tra i giudici nazionali. La Repubblica di Polonia osserva che la Commissione non ha contestato l’indipendenza della Sezione straordinaria. La seconda censura si basa quindi sull’affermazione secondo cui i giudici nazionali dispongono di un diritto a conoscere talune categorie di cause, diritto che, a parere della Repubblica di Polonia, pregiudicherebbe la competenza materiale conferita ad altri giudici. A tal riguardo, essa osserva che i giudici del rinvio coinvolti nella causa che ha dato luogo alla sentenza A.K. non erano competenti a statuire sul merito delle cause di cui erano investiti e le hanno rinviate al giudice competente a tal fine. Tale rinvio è disciplinato dall’articolo 200, paragrafo 1, punto 4, del codice di procedura civile, il quale prevede che ciascun giudice debba verificare se sia competente e, in caso contrario, rinviare la causa al giudice competente a statuire sulla questione.

79.      Per quanto riguarda l’articolo 26, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, in materia di ricusazione dei giudici, la Repubblica di Polonia sostiene che un giudice o un collegio investito di un’istanza di ricusazione deve rinviare tale istanza a un altro collegio o a un organo giurisdizionale di grado superiore. L’articolo 26, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, non priva quindi un giudice, un collegio o un organo giurisdizionale della competenza a statuire su tali questioni incidentali. In udienza, la Repubblica di Polonia ha confermato, in risposta a un quesito della Corte, che la questione dell’indipendenza di un organo giurisdizionale, di un collegio o di un giudice può essere sollevata in sede di impugnazione.

80.      La Repubblica di Polonia ritiene che il ricorso diretto a far dichiarare l’illegittimità di una sentenza definitiva in forza dell’articolo 26, paragrafi da 4 a 6, della legge sulla Corte suprema, come modificata, non verta su una questione preliminare o incidentale e che debba essere proposto dinanzi a un organo giurisdizionale specializzato competente a risolvere tale questione. La procedura è avviata mediante ricorso straordinario avverso una sentenza definitiva che una parte sostiene abbia violato norme sostanziali o procedurali, causandole un danno. A parere della Repubblica di Polonia, riconoscere a chiunque la possibilità di sollevare siffatta questione dinanzi a qualsiasi giudice nell’ambito di qualsiasi procedimento pregiudicherebbe, in particolare, i principi della res judicata e della certezza del diritto. È evidente che il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata non può essere investito di un siffatto ricorso. Dalla sentenza A.K. non risulterebbe neppure il motivo per cui la Commissione ritiene che, ai fini dell’esistenza di un ricorso effettivo in caso di violazione dell’articolo 47 della Carta, l’organo giurisdizionale che ha pronunciato la sentenza oggetto di impugnazione debba esaminare siffatta impugnazione. L’attribuzione a una sezione specializzata della competenza a conoscere di tali questioni rafforza le garanzie procedurali delle parti e non pregiudica il diritto a un giudice.

81.      La Repubblica di Polonia sostiene che le conclusioni della Commissione concernenti l’articolo 82, paragrafi da 2 a 5, della legge sulla Corte suprema, come modificata, e la competenza della Sezione straordinaria sulle questioni giuridiche riguardanti l’indipendenza di un giudice o di un organo giurisdizionale sono infondate. Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della legge sulla Corte suprema, la Corte suprema, come modificata, è competente ad adottare decisioni che risolvano ogni questione giuridica nei casi di sua competenza. Inoltre, l’articolo 82, paragrafi da 2 a 5, della legge sulla Corte suprema, come modificata, attribuisce alla Sezione straordinaria la competenza a interpretare il diritto. Essa non limita quindi il diritto degli altri organi giurisdizionali di valutare i fatti. Inoltre, gli organi giurisdizionali hanno il diritto, ma non l’obbligo, di sottoporre tali questioni alla Sezione straordinaria.

82.      La Repubblica di Polonia sostiene che l’articolo 26, paragrafi 2 e da 4 e 6, nonché l’articolo 82, paragrafi da 2 a 5, della legge sulla Corte suprema, come modificata, nonché l’articolo 10 della legge di modifica, non limitano la competenza degli organi giurisdizionali a investire la Corte di questioni pregiudiziali ai sensi dell’articolo 267 TFUE. In ogni caso, la Sezione straordinaria è un organo giurisdizionale di ultimo grado che, in forza dell’articolo 267 TFUE, è tenuto a sottoporre una questione pregiudiziale in caso di dubbio sull’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

83.      La Repubblica di Polonia ritiene che, poiché la Commissione non ha spiegato il modo in cui le disposizioni nazionali di cui trattasi nell’ambito della seconda censura violino il principio del primato, tale censura dovrebbe essere respinta (50).

84.      Quanto alle misure transitorie di cui all’articolo 10 della legge di modifica, la Repubblica di Polonia sostiene che tale disposizione non è più in vigore. La Commissione non ha prodotto alcun elemento, fondato sul testo di tale disposizione o sulla prassi della Sezione straordinaria, tale da dimostrare che detta Sezione abbia utilizzato o potrebbe utilizzare tale disposizione per ritirare domande di pronuncia pregiudiziale proposte da altri organi giurisdizionali polacchi oppure per pregiudicare l’efficacia delle sentenze della Corte. Inoltre, l’articolo 200, paragrafo 1, del codice di procedura civile e l’articolo 35, paragrafo 1, del codice di procedura penale, la cui legittimità non è stata contestata dalla Commissione, disciplinano la competenza degli organi giurisdizionali.

85.      Nella controreplica si sottolinea che le affermazioni della Commissione sulla mancanza di indipendenza della Sezione straordinaria, come descritte al paragrafo 74 delle presenti conclusioni, non constano nel ricorso. Trattandosi di motivi nuovi, essi devono essere respinti, in applicazione dell’articolo 127, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

2.      Valutazione

a)      Ricevibilità

86.      Le censure della Commissione riguardanti la mancanza di indipendenza della Sezione straordinaria a causa del coinvolgimento della KRS nella nomina dei giudici che siedono in tale Sezione e delle sue limitate risorse umane, essendo composta soltanto da 20 giudici (51), sono state sollevate per la prima volta nella replica (52).

87.      È sufficiente ricordare che, conformemente all’articolo 127, paragrafo 1, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

88.      Nel corso della fase precontenziosa del presente procedimento, e nel momento in cui ha proposto il ricorso in esame, la Commissione era a conoscenza (53) dell’istituzione della Sezione straordinaria, in applicazione della legge sulla Corte suprema dell’8 dicembre 2017. La Commissione era quindi al corrente del numero di giudici che siedono in tale Sezione nonché delle modalità della loro nomina, in particolare del ruolo della KRS. Nei limiti in cui le censure della Commissione vertono su tali elementi, esse devono essere respinte, in quanto irricevibili.

89.      Nella sentenza Regime disciplinare dei giudici (54) è stata constatata l’esistenza di dubbi legittimi quanto all’indipendenza della KRS e al suo ruolo nella nomina dei membri della Sezione disciplinare della Corte suprema. Secondo la Corte ciò, unitamente ad altri elementi, ha suscitato nei singoli dubbi legittimi in merito all’indipendenza e all’imparzialità della Sezione disciplinare. La Corte ha dunque statuito che, non garantendo l’indipendenza e l’imparzialità della Sezione disciplinare, la Repubblica di Polonia era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

90.      Benché l’omessa formulazione di una censura analoga, nel corso del presente procedimento, per quanto concerne la Sezione straordinaria sia un problema della Commissione, tale omissione appare alquanto sorprendente. In tale contesto, si può osservare che la sentenza della Corte vertente sull’inadempimento, da parte della Repubblica di Polonia, dell’obbligo di garantire l’indipendenza e l’imparzialità della Sezione disciplinare si basava su una serie di fattori che non si limitavano a dubbi in merito all’indipendenza della KRS (55). Pertanto, sebbene la Corte possa fondarsi sulle conclusioni in materia di indipendenza della KRS contenute nella sentenza Regime disciplinare dei giudici (56), ciò non basterebbe, di per sé, a giustificare, nell’ambito del presente procedimento, la constatazione della mancanza di indipendenza della Sezione straordinaria (57).

91.      Inoltre, nella sua sentenza dell’8 novembre 2021, Dolińska-Ficek e Ozimek c. Polonia (58), la Corte EDU ha unanimemente statuito che la Repubblica di Polonia aveva violato l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, poiché la Sezione straordinaria non era un «tribunale costituito per legge» (59). Nel giungere a tale conclusione, la Corte EDU si è ampiamente fondata sulla giurisprudenza della Corte concernente le recenti riforme del sistema giudiziario in Polonia. La decisione della Corte EDU si è basata sull’accertamento di violazioni manifeste del diritto interno che avevano inciso negativamente sul funzionamento delle norme procedurali fondamentali per la nomina dei giudici della Sezione straordinaria. Le irregolarità di cui trattasi nel processo di nomina avevano compromesso la legittimazione della Sezione straordinaria al punto tale da privarla delle caratteristiche di un «tribunale» «legittimo» ai fini dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. A tal riguardo, la Corte EDU ha dichiarato, in termini inequivocabili, che «la raccomandazione di candidati ai fini della nomina quali giudici della [Sezione straordinaria], una conditio sine qua non della nomina da parte del presidente della Repubblica di Polonia (60), è stata affidata alla [KRS], organo che non offre sufficienti garanzie di indipendenza rispetto al potere legislativo ed esecutivo» (61).

92.      La sentenza della Corte EDU non vincola la Corte, poiché l’Unione non ha aderito alla CEDU. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, la Corte deve garantire che l’interpretazione dell’articolo 47, secondo comma, della Carta assicuri un livello di protezione che non conculchi quello garantito all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, come interpretato dalla Corte EDU (62). Il livello stabilito dalla sentenza definitiva nella causa Dolińska-Ficek e Ozimek c. Polonia (63) può quindi essere pertinente nell’ambito di qualsiasi procedimento futuro dinanzi alla Corte. Si può altresì osservare, incidentalmente, che, conformemente all’articolo 46 della CEDU, la Repubblica di Polonia deve conformarsi alla sentenza definitiva pronunciata nella causa Dolińska-Ficek e Ozimek c. Polonia (64) e adottare celermente i provvedimenti a tal fine necessari (65).

b)      Merito

93.      A sostegno della sua seconda censura, la Commissione si basa ampiamente sulla sentenza A.K. In tale causa, la competenza esclusiva della Sezione disciplinare a pronunciarsi su ricorsi proposti da giudici nazionali sulla base del diritto dell’Unione (66) è stata messa in discussione a causa dell’asserita mancanza di indipendenza e di imparzialità di tale Sezione, alla luce dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE e dell’articolo 47 della Carta. Poiché vi è un notevole disaccordo tra la Commissione e la Repubblica di Polonia in merito all’interpretazione di tale sentenza, ritengo opportuno citare i punti 165 e 166 di quest’ultima:

«165      Orbene, una disposizione nazionale che conferisca una competenza esclusiva a conoscere di una controversia in cui un singolo lamenta, come nel caso di specie, una violazione di diritti derivanti da norme del diritto dell’Unione a un organo determinato che non soddisfa i requisiti di indipendenza e di imparzialità derivanti dall’articolo 47 della Carta priverebbe l’interessato di qualsiasi ricorso effettivo, ai sensi di tale articolo e dell’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, e violerebbe il contenuto essenziale del diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47 della Carta (...).

166      Ne consegue che, qualora risulti che una disposizione nazionale riserva la competenza a conoscere di una controversia come quelle di cui ai procedimenti principali a un organo che non risponde ai requisiti di indipendenza o di imparzialità richiesti ai sensi del diritto dell’Unione, in particolare dell’articolo 47 della Carta, un altro organo investito di una controversia del genere ha l’obbligo – al fine di garantire una tutela giurisdizionale effettiva, ai sensi di detto articolo 47, e conformemente al principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE – di disapplicare detta disposizione nazionale, di modo che tale controversia possa essere risolta da un giudice che risponda ai medesimi requisiti e che sarebbe competente nel settore interessato se detta disposizione non vi ostasse, vale a dire, in linea generale, il giudice che competente, conformemente alla legislazione in vigore, prima che intervenisse la modifica legislativa che ha attribuito tale competenza all’organo che non soddisfa i requisiti di cui sopra (…)» (67).

94.      Da quanto precede risulta che la sentenza A.K. non ha messo in discussione la competenza esclusiva della Sezione disciplinare, attribuita dal diritto nazionale, a statuire sulle cause promosse da giudici e concernenti diritti riconosciuti dalla direttiva 2000/78. Piuttosto, la Corte ha statuito che il diritto nazionale non può riservare la competenza esclusiva a un organo giurisdizionale che non risponde ai requisiti di indipendenza o di imparzialità richiesti dall’articolo 47 della Carta (68). Dai passaggi summenzionati emerge altresì che la Corte non ha affermato che qualsiasi altro organo giurisdizionale nazionale conforme a tali requisiti sia competente o debba essere competente a statuire su tali questioni. La Corte si è limitata a dichiarare che il giudice competente a pronunciarsi su tali questioni ai sensi del previgente diritto nazionale era competente a conoscere della causa (69).

95.      La sentenza A.K. conferma il diritto di ciascuno Stato membro, conformemente al principio dell’autonomia procedurale, di definire la propria struttura giurisdizionale e di stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione. Oltre al requisito assodato ai sensi del quale i giudici nazionali devono essere indipendenti, imparziali e precostituiti per legge (70), le modalità di siffatti ricorsi devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività. I dettami che discendono da questi principi valgono sia sul piano della designazione dei giudici competenti a trattare le azioni fondate su tale diritto, sia per quanto riguarda la definizione delle modalità procedurali che reggono tali azioni. L’osservanza di tali dettami deve essere valutata dalle varie autorità nazionali tenendo conto del ruolo delle norme di cui trattasi nel procedimento complessivamente inteso, dello svolgimento del medesimo e delle specificità di tali norme (71).

96.      La Commissione non ha sostenuto che l’articolo 26, paragrafi 2 e da 4 a 6, e l’articolo 82, paragrafi da 2 a 5, della legge sulla Corte suprema, come modificata, nonché l’articolo 10 della legge di modifica non rispettino il principio di equivalenza. La censura della Commissione si concentra, invece, sul principio di effettività e, in particolare, sul diritto a un ricorso effettivo. Essa sostiene che, in linea di principio, le questioni relative all’indipendenza di un organo giurisdizionale o di un giudice sono questioni orizzontali che possono sorgere in qualsiasi causa, e che ogni organo giurisdizionale investito di una causa concernente il diritto dell’Unione dovrebbe poterle esaminare. La competenza a risolvere tali questioni non dovrebbe quindi essere riservata a organi giurisdizionali specializzati.

97.      Un esame dell’articolo 26, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, rivela che esso conferisce alla Sezione straordinaria la competenza esclusiva a statuire su ricorsi vertenti, in particolare, sulla mancanza di indipendenza di un giudice o di un organo giurisdizionale e a porre rimedio a tale situazione. Tutti gli organi giurisdizionali, compresi quelli investiti di una causa vertente sul diritto dell’Unione, devono quindi rinviare i ricorsi (72) concernenti la mancanza di indipendenza di un organo giurisdizionale o di un giudice al presidente della Sezione straordinaria. Tale rinvio non sospende il procedimento dinanzi al giudice adito (73).

98.      L’espressione «è competente», di cui all’articolo 26, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, è inequivocabile e, a mio avviso, è sufficiente a garantire che la questione dell’indipendenza di un organo giurisdizionale, di un collegio o di un giudice rientri nella competenza esclusiva della Sezione straordinaria (74). Il testo di tale disposizione non sembra quindi suffragare la tesi della Repubblica di Polonia secondo la quale le questioni di indipendenza possono essere sollevate in sede di impugnazione. Inoltre, quando la Corte ha sollevato tale questione in udienza, la Repubblica di Polonia ha omesso di fornire prove persuasive del fatto che tali aspetti possano essere validamente dedotti in sede di impugnazione. Ciò precisato, la Commissione non ha sostenuto che la questione dell’indipendenza di un giudice o di un organo giurisdizionale debba essere dedotta dinanzi alla Sezione straordinaria mediante un ricorso distinto e autonomo, né ciò risulta dall’articolo 26, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata. Piuttosto, una questione ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, è trattata come un incidente processuale o una istanza dinanzi alla Sezione straordinaria. La Commissione non ha sostenuto che l’obbligo di rinviare l’incidente processuale o l’istanza alla Sezione straordinaria sia talmente gravoso da pregiudicare la piena efficacia dei diritti riconosciuti ai singoli dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dall’articolo 47 della Carta. Inoltre, non vi sono elementi tali da indicare che il trasferimento di tali questioni alla Sezione straordinaria determini svantaggi procedurali idonei a rendere eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti che l’articolo 19, paragrafo 1, TUE e l’articolo 47 della Carta conferiscono ai singoli. Se è vero che le questioni relative all’indipendenza di un organo giurisdizionale, di un collegio o di un giudice costituiscono questioni orizzontali che non devono necessariamente essere esaminate da organi giurisdizionali specializzati, non vi è nulla di illegittimo nel fatto che siano decise da un altro organo giurisdizionale o collegio. Una prassi del genere potrebbe persino favorire un’applicazione migliore e uniforme delle norme applicabili, garantendo in tal modo una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, nel pieno rispetto del principio del primato.

99.      Qualora la norma nazionale di cui trattasi pregiudichi l’effetto utile dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta (75), ad esempio attribuendo il monopolio a statuire sull’indipendenza di un organo giurisdizionale a un altro organo giurisdizionale a sua volta privo di indipendenza, il principio del primato del diritto dell’Unione imporrebbe al giudice investito di un siffatto ricorso (76) di adottare tutte le misure necessarie al fine di garantire la piena efficacia di tali disposizioni del diritto dell’Unione, disapplicando all’occorrenza qualsiasi disposizione o giurisprudenza nazionali contrarie (77).

100. In assenza di una violazione del principio di equivalenza o di effettività, ritengo quindi che le norme nazionali in materia di competenza che limitano o circoscrivono gli organi giurisdizionali o i collegi che possono pronunciarsi su questioni concernenti l’indipendenza di un organo giurisdizionale, di un collegio o di un giudice non violino l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, l’articolo 47 della Carta o il principio del primato del diritto dell’Unione.

101. Ne consegue che l’articolo 26, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, non impedisce ai giudici nazionali di esaminare se essi soddisfino il requisito dell’indipendenza ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta (78). Esso si limita ad attribuire alla Sezione straordinaria una competenza esclusiva a statuire sull’indipendenza di un organo giurisdizionale, di un collegio o di un giudice in sede di rinvio di una siffatta questione a quest’ultima.

102. Gli argomenti della Commissione, riassunti ai paragrafi 67 e 68 delle presenti conclusioni, in merito all’articolo 26, paragrafi da 4 a 6, e all’articolo 82, paragrafi da 2 a 5, della legge sulla Corte suprema, come modificata, si limitano a descrivere il contenuto di tali disposizioni (79). Come risulta dal paragrafo 66 delle presenti conclusioni, la Commissione afferma che, in linea di principio, le questioni relative all’indipendenza dei giudici e degli organi giurisdizionali hanno natura orizzontale. Di conseguenza, tali disposizioni del diritto nazionale violerebbero l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e l’articolo 47 della Carta, poiché priverebbero tutti i giudici polacchi, ad eccezione della Sezione straordinaria, del diritto di statuire su questioni relative all’indipendenza degli organi giurisdizionali o dei giudici sorte nei procedimenti ai quali tali disposizioni del diritto nazionale si riferiscono. Tuttavia, la Commissione non ha dimostrato che dette disposizioni del diritto nazionale, nonché le procedure e le norme sulla competenza ivi previste, pregiudichino la piena efficacia dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, dell’articolo 47 della Carta o del principio del primato del diritto dell’Unione. Al contrario, essa non ha confutato gli argomenti della Repubblica di Polonia secondo cui il trattamento di siffatti procedimenti ad opera di un organo giurisdizionale specializzato sarebbe conforme all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e all’articolo 47 della Carta.

103. Quanto all’affermazione della Commissione secondo cui l’articolo 26, paragrafi 2, e da 4 a 6, e l’articolo 82, paragrafi da 2 a 5, della legge sulla Corte suprema, come modificata, violerebbero l’articolo 267 TFUE, a parte il fatto che tali disposizioni non contengono alcun riferimento a tale articolo, essa non ha dimostrato che impediscano o ostacolino, in diritto o in fatto (80), la presentazione di una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE da parte di un organo giurisdizionale nazionale, diverso dalla Sezione straordinaria, investito di una controversia in cui è sollevata la questione dell’indipendenza di un giudice, di un collegio o di un organo giurisdizionale (81).

104. A tale riguardo, sia dal dettato sia dal sistema dell’articolo 267 TFUE emerge che il procedimento pregiudiziale presuppone l’effettiva pendenza dinanzi ai giudici nazionali di una controversia, nell’ambito della quale essi dovranno emettere una pronuncia che possa tener conto della sentenza pregiudiziale (82).

105. Ne consegue che, al di là dell’esercizio della competenza esclusiva che l’articolo 26, paragrafi 2 e da 4 a 6 (83), e l’articolo 82, paragrafi da 2 a 5, della legge sulla Corte suprema, come modificata, attribuiscono alla Sezione disciplinare, la questione dell’indipendenza degli organi giurisdizionali, dei collegi e dei giudici è una questione orizzontale che può porsi dinanzi a qualsiasi organo giurisdizionale, come correttamente sostenuto dalla Commissione. Un organo giurisdizionale investito di questioni concernenti l’indipendenza di un organo giurisdizionale, di un collegio o di un giudice in un procedimento dinanzi ad esso pendente può, ove necessario, adire la Corte in via pregiudiziale.

106. L’articolo 267 TFUE conferisce ai giudici nazionali la più ampia facoltà di adire la Corte qualora ritengano che, nell’ambito di una controversia dinanzi ad essi pendente, siano sorte questioni che implichino un’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione necessarie per definire la controversia di cui sono investiti. I giudici nazionali sono liberi di esercitare tale facoltà in qualsiasi momento da essi ritenuto opportuno (84). Inoltre, secondo costante giurisprudenza, anche quando il diritto nazionale impone a un giudice di conformarsi alle decisioni di un altro organo giurisdizionale, tale circostanza non priva di per sé detto giudice della facoltà di sottoporre questioni pregiudiziali relative all’interpretazione e alla validità del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 267 TFUE. Il primo giudice è libero, segnatamente se ritiene che la valutazione formulata da un altro organo giurisdizionale potrebbe obbligarlo a pronunciare una sentenza contraria al diritto dell’Unione, di sottoporre questioni alla Corte (85). Inoltre, una pronuncia pregiudiziale della Corte vincola il giudice nazionale quanto all’interpretazione delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui trattasi ai fini della soluzione della controversia principale (86).

107. Da quanto precede risulta che i giudici della Repubblica di Polonia possono sottoporre alla Corte ogni questione pregiudiziale che essi considerino necessaria, in qualsiasi fase del procedimento ritenuta opportuna, anche al termine di una procedura quale quella prevista dall’articolo 26, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata. Essi possono altresì adottare ogni misura necessaria per garantire la tutela giurisdizionale provvisoria dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione e disapplicare, al termine della procedura, la disposizione legislativa nazionale di cui trattasi o la sentenza della Sezione straordinaria, qualora le ritengano contrarie al diritto dell’Unione. In quanto giudice di ultimo grado, la Sezione straordinaria è, in linea di principio, tenuta a rivolgersi alla Corte ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE qualora dinanzi ad essa sorga una questione relativa all’interpretazione del TFUE.

108. Per quanto riguarda le affermazioni della Commissione concernenti le misure transitorie di cui all’articolo 10 della legge di modifica, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine per l’adempimento stabilito nel parere motivato (87). L’articolo 10 della legge di modifica è entrato in vigore il 14 febbraio 2020. La Commissione, in risposta a un quesito della Corte in udienza, ha confermato di non disporre di alcun elemento tale da dimostrare che tale disposizione avesse continuato a produrre effetti dopo la scadenza del periodo fissato nel parere motivato, vale a dire il 30 dicembre 2020. Essa ha quindi ammesso che, in tale data, l’articolo 10 della legge di modifica era già «decaduto». Ne consegue che la censura della Commissione relativa all’articolo 10 della legge di modifica è irricevibile.

109. In ogni caso, in assenza di qualsiasi elemento idoneo a mettere in discussione la legittimità del trasferimento alla Sezione straordinaria della competenza esclusiva a pronunciarsi sulla questione dell’indipendenza di un organo giurisdizionale, di un collegio o di un giudice ai sensi dell’articolo 26, paragrafi 2 e da 4 a 6, e dell’articolo 82, paragrafi da 2 a 5, della legge sulla Corte suprema, le censure della Commissione concernenti le misure transitorie contenute nell’articolo 10 della legge di modifica, che si limitano a disciplinare l’applicazione nel tempo delle disposizioni summenzionate, non possono essere accolte.

110. La Commissione chiede altresì di constatare che, avendo applicato le disposizioni nazionali contestate nella censura di cui trattasi, la Repubblica di Polonia ha violato il primato del diritto dell’Unione. È sufficiente osservare che la doglianza concernente il primato riguarda l’attuazione, da parte della Repubblica di Polonia, dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, dell’articolo 47 della Carta e dell’articolo 267 TFUE. Non si tratta quindi di una censura distinta e non è necessario statuire su di essa (88).

111. Propongo quindi alla Corte di respingere la seconda censura.

B.      Prima censura – Divieto, per gli organi giurisdizionali nazionali, di vigilare sul rispetto del requisito, previsto dal diritto dell’Unione, di un ricorso effettivo dinanzi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge

1.      Argomenti delle parti

112. La Commissione sostiene che, vietando agli organi giurisdizionali nazionali di vigilare sul rispetto del requisito, previsto dal diritto dell’Unione, di un ricorso effettivo dinanzi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, alla luce della giurisprudenza della Corte EDU riguardante l’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, nonché dell’articolo 267 TFUE e del principio del primato del diritto dell’Unione.

113. La Commissione sostiene, in primo luogo, che l’articolo 42a, paragrafi 1 e 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, l’articolo 29, paragrafi 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, nonché l’articolo 5, paragrafi 1a e 1b, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, vietano a detti giudici nazionali di controllare la legittimità della nomina di giudici o la legittimazione di organi giudiziari nella Repubblica di Polonia e, quindi, di esaminare se un organo giurisdizionale nel quale siede un giudice sia precostituito per legge ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, alla luce della sentenza della Corte EDU nella causa Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (89) Nella sua replica, la Commissione sostiene che il testo delle citate disposizioni del diritto polacco non sembra distinguere tra il controllo giurisdizionale dell’atto di nomina di un giudice da parte del presidente della Repubblica e il controllo giurisdizionale diretto ad assicurare il rispetto delle garanzie previste all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. La regolarità della procedura che sfocia nella nomina di un giudice incide non soltanto sulla validità dell’atto di nomina, ma anche sull’applicazione del requisito del diritto dell’Unione concernente l’accesso a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta. Al punto 134 della sentenza A.K. si dichiara che è necessario garantire che sia i requisiti sostanziali sia le modalità procedurali della nomina di giudici siano tali da non suscitare nei singoli dubbi legittimi in merito all’impermeabilità dei giudici interessati rispetto a elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti.

114. In secondo luogo, la Commissione sostiene che l’articolo 55, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, impedisce ai giudici polacchi di valutare se i membri di un collegio possano esercitare legittimamente funzioni giurisdizionali. Esso vieta ai giudici di decidere, tanto d’ufficio, quanto su domanda delle parti, sulla base delle «disposizioni relative all’assegnazione delle cause e alla designazione e modifica del collegio giudicante», che un collegio giudicante non è conforme alla legge, che dispone di un organico insufficiente o che una persona non è autorizzata o competente a statuire. Tale disposizione impedisce quindi ai giudici di verificare, nel controllare la legittimità di una sentenza, se un organo giurisdizionale sia un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, e, pertanto, se fosse competente a conoscere della causa. Inoltre, in forza dell’articolo 8 della legge di modifica, l’articolo 55, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari si applica anche alle cause pendenti. Nella replica si precisa che, ai sensi dell’articolo 55, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, qualora un giudice sia designato conformemente alle norme sulla ripartizione delle cause, tale giudice è considerato competente a decidere legittimamente una controversia. Ciò impedisce che il requisito concernente l’indipendenza, l’imparzialità e la precostituzione per legge di un giudice possa essere esaminato in sede di impugnazione di una sentenza.

115. La Commissione ritiene che le summenzionate disposizioni nazionali impediscano a qualsiasi giudice polacco di conformarsi al suo obbligo di verificare, d’ufficio o su domanda di una parte, se, a causa della sua composizione, esso sia un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Inoltre, tali disposizioni impediscono ai giudici di verificare, ove tale questione sia importante ai fini della sentenza (ad esempio, nell’ambito di un ricorso di annullamento di una decisione a causa della composizione irregolare di un organo giurisdizionale), se un altro organo giurisdizionale rispetti i requisiti dell’Unione concernenti l’indipendenza, l’imparzialità e la precostituzione per legge del giudice, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta, alla luce della giurisprudenza della Corte EDU relativa all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, tenuto conto delle circostanze che caratterizzano la nomina di un giudice o la legittimità di un’autorità giurisdizionale.

116. Secondo la Commissione, il controllo giurisdizionale del requisito di un giudice indipendente precostituito per legge, conformemente all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e all’articolo 47 della Carta, non esige l’introduzione di un meccanismo specifico a tal fine. Né esso impone necessariamente al giudice nazionale di annullare l’atto di nomina di un giudice o di rimuovere dalle funzioni la persona nominata. È quindi irrilevante il fatto che, in forza della Costituzione della Repubblica di Polonia, l’atto di nomina di un giudice non possa essere messo in discussione. Spetta al giudice nazionale adito determinare le conseguenze di un’eventuale violazione del requisito di un giudice indipendente precostituito per legge, sulla base del diritto nazionale applicabile, tenendo debitamente conto dell’efficacia del diritto dell’Unione e di elementi quali il principio della certezza del diritto.

117. La Repubblica di Polonia sostiene che la Commissione non ha articolato la sua censura relativa all’asserita violazione dell’articolo 267 TFUE e del principio del primato. Inoltre, essa sostiene che la Commissione non ha fatto riferimento all’articolo 26, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema e non ha spiegato in che modo tale disposizione violerebbe il diritto dell’Unione.

118. La Repubblica di Polonia opera una chiara distinzione tra il controllo giurisdizionale dell’atto di nomina di un giudice e i suoi effetti e il controllo giurisdizionale delle garanzie che un organo giurisdizionale deve offrire in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Il diritto polacco non autorizza il primo tipo di controllo giurisdizionale e la Corte non si è opposta a ciò nella sua sentenza A.K. (90). Ai sensi della Costituzione della Repubblica di Polonia e della giurisprudenza costante dei giudici polacchi, il potere di nomina dei giudici è una prerogativa del presidente della Repubblica. Tale prerogativa non è, e non è mai stata, soggetta a un controllo giurisdizionale, poiché consentire siffatte contestazioni lederebbe il principio dell’inamovibilità dei giudici. Ciò è conforme alla giurisprudenza della Corte, ai sensi della quale le condizioni per la rimozione di un giudice devono essere previste dalla legge, giustificate e proporzionate. Essa è altresì conforme alla giurisprudenza della Corte EDU, ai sensi della quale l’organizzazione della giustizia non dovrebbe essere lasciata alla discrezionalità del potere giudiziario. Di converso, il diritto polacco prevede un controllo giurisdizionale del diritto a un giudice indipendente e dell’esistenza delle garanzie previste dal diritto dell’Unione. La Repubblica di Polonia aggiunge che l’interpretazione delle disposizioni controverse adottata dalla Commissione non è suffragata dalla giurisprudenza.

119. La Repubblica di Polonia ritiene che l’articolo 42a, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 55, paragrafo 4, della legge sugli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, l’articolo 29, paragrafi 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, e l’articolo 5, paragrafi 1a e 1b, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, non limitino il potere dei giudici nazionali di controllare la disponibilità della garanzia attribuita ai singoli dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta.

120. A tal riguardo, la Repubblica di Polonia osserva, da un lato, che in caso di dubbio sull’imparzialità di un giudice la sua ricusazione può essere richiesta ai sensi degli articoli da 48 a 54 del codice di procedura civile (91), degli articoli da 40 a 44 del codice di procedura penale (92) o degli articoli da 18 a 24 della legge sul processo amministrativo (93).

121. In secondo luogo, una causa in cui la competenza di un determinato giudice sia messa in discussione o siano sollevati dubbi quanto al diritto di un singolo a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge può essere deferita a un altro giudice competente ai sensi del diritto nazionale (94), che sia conforme all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

122. In terzo luogo, qualora la composizione dell’organo adito sia in contrasto con la legge o un giudice ricusato abbia partecipato all’esame della causa, il giudice dell’impugnazione è tenuto ad annullare d’ufficio il procedimento e la relativa sentenza, in conformità, rispettivamente, all’articolo 379, paragrafo 4, del codice di procedura civile, all’articolo 349, paragrafo 1, punto 1, del codice di procedura penale e all’articolo 183, paragrafo 2, punto 4, della legge che disciplina il procedimento dinanzi ai giudici amministrativi. L’accertamento di una violazione dell’articolo 47 della Carta può condurre un giudice dell’impugnazione ad annullare il procedimento e la sentenza, a motivo del fatto che essa non è stata pronunciata da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Il giudice dell’impugnazione non può, tuttavia, mettere in discussione il mandato o la competenza del giudice che ha pronunciato la sentenza annullata.

123. Nella sua controreplica, la Repubblica di Polonia ha indicato che l’obiettivo dell’articolo 42a, paragrafi 1 e 2, della legge sugli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, dell’articolo 29, paragrafi 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, e dell’articolo 5, paragrafi 1a e 1b, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, è evitare che il mandato o il rapporto di lavoro dei giudici siano oggetto di contestazione in procedimenti diversi da quelli previsti dalla Costituzione della Repubblica di Polonia e dalle leggi che la attuano. L’articolo 45 della Costituzione della Repubblica di Polonia, i trattati internazionali e la Carta garantiscono inoltre il diritto a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. È alla luce di tutte queste disposizioni che occorre interpretare la normativa nazionale. Irregolarità nella nomina di un giudice o la violazione del diritto a un giudice precostituito per legge non comportano l’annullamento dell’atto di nomina del giudice o dei procedimenti ai quali quest’ultimo ha partecipato (95).

124. La Repubblica di Polonia ritiene che la Commissione abbia interpretato erroneamente l’articolo 55, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata. La stessa sostiene che tale disposizione non impedisce di verificare la corretta composizione di un organo giurisdizionale. Essa si limita a codificare la giurisprudenza della Corte suprema, ai sensi della quale, quando una causa è trattata in violazione delle disposizioni relative alla ripartizione delle cause tra i giudici di un organo giurisdizionale competente, ciò non costituisce un motivo di riesame straordinario ai sensi dell’articolo 387 del codice di procedura civile e dell’articolo 439, paragrafo 1, punto 2, del codice di procedura penale, poiché porterebbe all’annullamento del procedimento e della sentenza oggetto di riesame. Una violazione di tale natura può tuttavia costituire motivo di riesame ordinario. Una parte può quindi chiedere l’annullamento di una sentenza a motivo del fatto che una violazione del codice di procedura applicabile ha inciso negativamente, dal suo punto di vista, sulla soluzione della controversia. Inoltre, una parte può chiedere la ricusazione di un giudice qualora la sua partecipazione alla causa leda il diritto a un giudice imparziale.

125. La Repubblica di Polonia sostiene che, contrariamente all’affermazione della Commissione di cui al paragrafo 114 delle presenti conclusioni, l’articolo 55, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, non si riferisce al controllo, ad opera degli organi giurisdizionali, in merito a se il giudice che ha reso una sentenza fosse un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge. Tale disposizione riguarda soltanto le conseguenze di una violazione delle norme in materia di attribuzione delle cause e di composizione degli organi giurisdizionali. Ne conseguirebbe che anche la censura della Commissione relativa all’articolo 8 della legge di modifica, ai sensi del quale l’articolo 55, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, si applica altresì alle cause pendenti, dovrebbe essere respinta.

2.      Valutazione

a)      Ricevibilità

126. La Repubblica di Polonia sostiene che le asserite violazioni dell’articolo 267 TFUE e del principio del primato del diritto dell’Unione nell’ambito della prima censura della Commissione non sono state articolate. Inoltre, essa sostiene che la Commissione non ha fornito alcuna giustificazione o prova che l’articolo 26, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, violi il diritto dell’Unione. La Repubblica di Polonia ritiene altresì che la Commissione abbia dedotto tardivamente le sue spiegazioni o elementi di prova a sostegno di tali affermazioni, e che la Corte non dovrebbe tenerne conto.

127. Nell’ambito di un procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE incombe alla Commissione provare la sussistenza dell’asserito inadempimento, fornendo alla Corte tutti gli elementi necessari affinché quest’ultima accerti l’esistenza dell’inadempimento, senza potersi basare su alcuna presunzione (96). In forza dell’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 120, lettera c), del regolamento di procedura di quest’ultima, ogni ricorso depositato ai sensi dell’articolo 258 TFUE deve indicare le esatte censure sulle quali la Corte è chiamata a pronunciarsi nonché, quanto meno sommariamente, gli elementi di diritto e di fatto sui quali tali censure si fondano (97). La fondatezza di un ricorso ai sensi dell’articolo 258 TFUE deve quindi essere esaminata esclusivamente alla luce delle censure formulate nel ricorso.

128. Nell’ambito della sua prima censura, la Commissione si è limitata a richiamare l’articolo 267 TFUE senza spiegare, neppure sommariamente, in che modo le disposizioni del diritto polacco da essa individuate violerebbero tale disposizione. Il fatto che la Commissione, nel suo parere motivato del 30 ottobre 2020, abbia chiarito la pertinenza dell’articolo 267 TFUE nell’ambito della censura di cui trattasi non è sufficiente ai fini dell’articolo 21 dello Statuto della Corte e dell’articolo 120, lettera c), del suo regolamento di procedura. Inoltre, a differenza di quanto affermato nella replica, la Corte non può presumere l’esistenza di un «nesso funzionale» tra l’asserita violazione dell’articolo 267 TFUE e le disposizioni del diritto polacco in questione. Se la Commissione può aver spiegato tale «nesso funzionale» nell’ambito della sua seconda censura, la censura di cui trattasi verte su differenti disposizioni del diritto polacco.

129. Di converso, ritengo che il punto 75 del ricorso esponga sommariamente il motivo per cui la Commissione ha ritenuto che le disposizioni del diritto polacco individuate nella sua prima censura violino il principio del primato del diritto dell’Unione. Inoltre, dato che l’articolo 26, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata riprende, in sostanza, l’articolo 29, paragrafo 3, della stessa (98), era sufficiente che la Commissione facesse riferimento all’articolo 26, paragrafo 3, nella sua prima censura, dal momento che si può chiaramente dedurre dai termini in cui è stata espressa, considerati nel loro insieme, il motivo per cui la Commissione riteneva che quest’ultima disposizione violasse il diritto dell’Unione.

130. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di respingere, in quanto irricevibile, l’argomento della Commissione concernente l’articolo 267 TFUE nell’ambito della prima censura.

b)      Merito

1)      Osservazioni preliminari – Portata della prima e della seconda censura della Commissione

131. La Repubblica di Polonia sostiene che gli argomenti sollevati nell’ambito della seconda censura della Commissione sono incoerenti e contraddicono la sua prima censura. La Commissione ritiene che tale argomento sia privo di fondamento.

132. La seconda censura riguarda la competenza esclusiva a statuire su questioni relative all’indipendenza degli organi giurisdizionali, dei collegi e dei giudici che il diritto nazionale attribuisce alla Sezione straordinaria. Nella prima censura si critica, in particolare, il fatto che talune disposizioni del diritto polacco vietano a qualsiasi giudice nazionale, compresa la Sezione straordinaria (99), di sindacare la legittimità della nomina dei giudici in Polonia. La prima censura verte dunque sul fatto che nessun giudice polacco è competente a controllare la legittimità della nomina dei giudici in Polonia alla luce del diritto dell’Unione. Ritengo quindi che le prime due censure della Commissione siano coerenti e non si contraddicano.

2)      Diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge

133. La Repubblica di Polonia non contesta che gli organi giurisdizionali ordinari, la Corte suprema e gli organi giurisdizionali amministrativi debbano rispettare l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, alla luce della giurisprudenza della Corte EDU relativa all’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU e del principio del primato del diritto dell’Unione. Essa non contesta neppure che i giudici di cui trattasi debbano verificare il rispetto del diritto a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, conformemente alla sentenza Simpson. La Repubblica di Polonia sostiene che le disposizioni nazionali individuate dalla Commissione si limitano a evitare che l’atto di nomina di un giudice da parte del presidente della Repubblica sia oggetto di contestazione. In tale contesto, essa evidenzia una serie di altre disposizioni del diritto polacco che offrono ai giudici la possibilità di controllare il rispetto del diritto di accesso a un giudice imparziale precostituito per legge.

134. A differenza di quanto sostiene la Repubblica di Polonia, nell’ambito del presente procedimento la Commissione non contesta la prerogativa del presidente della Repubblica di nominare i giudici, né il fatto che l’atto di nomina di un giudice non possa essere oggetto di controllo ai sensi del diritto polacco (100).

135. Al punto 133 della sentenza A.K., la Corte ha osservato che il fatto che i giudici siano nominati dal presidente della Repubblica non è idoneo a creare una dipendenza di questi ultimi nei suoi confronti, né a generare dubbi quanto alla loro imparzialità, se, una volta nominati, gli interessati non sono soggetti ad alcuna pressione. Inoltre, ai punti da 129 a 136 della sentenza nella causa A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi) (101) si afferma che, anche qualora non sia possibile esercitare il diritto a proporre un ricorso giurisdizionale nel contesto di un processo di nomina a posti di giudice di una corte suprema nazionale, tale fatto potrebbe non rivelarsi problematico, ai fini dell’applicazione dei requisiti derivanti dal diritto dell’Unione, purché siano disponibili altri rimedi giurisdizionali effettivi. La situazione può essere diversa qualora rimedi giurisdizionali precedentemente esistenti siano stati aboliti e altri elementi pertinenti che caratterizzano un processo di nomina in un dato contesto giuridico-fattuale nazionale suscitino, nei singoli, dubbi di natura sistemica per quanto riguarda l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici nominati al termine di tale processo (102).

136. Nella prima censura, quindi, la Commissione si limita a sostenere che a tutti gli organi giurisdizionali, ordinari e amministrativi, nonché alla Corte suprema, ivi compresa la Sezione straordinaria (103), è fatto divieto di controllare, d’ufficio o su richiesta di una parte, se un organo giurisdizionale garantisca il diritto dei singoli a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione (104). Secondo la Commissione, le disposizioni controverse hanno almeno due effetti perniciosi. Da un lato, esse impediscono ai giudici di verificare tali questioni, indipendentemente dalla natura e dalla portata del ricorso eventualmente esperibile ai sensi del diritto nazionale. Dall’altro, le stesse impediscono altresì ai giudici di disapplicare disposizioni nazionali contrarie all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e all’articolo 47 della Carta.

137. La Commissione e la Repubblica di Polonia sono in disaccordo quanto alla portata delle disposizioni nazionali oggetto della prima censura.

138. Il testo dell’articolo 42a, paragrafo 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, degli articoli 26, paragrafo 3, e 29, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, e dell’articolo 5, paragrafo 1b, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, vieta esplicitamente agli organi giurisdizionali in questione di accertare o valutare la «legittimità della nomina di un giudice». Queste stesse disposizioni vietano altresì a detti giudici di accertare o valutare il potere di esercitare le funzioni giurisdizionali che ne deriva.

139. L’articolo 42a, paragrafo 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, l’articolo 29, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, e l’articolo 5, paragrafo 1a, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, prevedono altresì che tali organi giurisdizionali non possono «mettere in discussione la legittimazione dei tribunali e delle corti (...) o degli organi di controllo e di tutela del diritto». L’articolo 55, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e l’articolo 8 della legge di modifica (105) impediscono di invocare disposizioni relative all’assegnazione delle cause e alla designazione e modifica del collegio giudicante per limitare la competenza del giudice e per accertare che un collegio non è conforme alle disposizioni di legge, che un organo giurisdizionale è costituito in modo irregolare o che una persona che ne è parte non è autorizzata o competente a pronunciarsi.

140. A prima vista, il testo di tali disposizioni non si limita ad impedire che un organo giurisdizionale sia competente ad annullare, erga omnes, l’atto di nomina di un giudice da parte del presidente della Repubblica. Esso vieta invece chiaramente a qualsiasi giudice polacco di dedurre o esaminare, d’ufficio o su richiesta di una parte, in qualsiasi circostanza e per qualsiasi ragione, se un giudice sia stato legittimamente designato o possa esercitare funzioni giurisdizionali, indipendentemente dalla natura dell’asserita illegittimità, dell’atto o del procedimento contestato o del mezzo di ricorso disponibile. Il testo di tali disposizioni è quindi talmente ampio da eliminare la possibilità, per i giudici nazionali, di esaminare questioni relative all’indipendenza del collegio giudicante, come invece richiesto dalla sentenza Simpson (106).

141. Nonostante il fatto che gli organi giurisdizionali nazionali siano tenuti a investire di questioni sull’indipendenza di un giudice o di un organo giurisdizionale la Sezione straordinaria ai sensi dell’articolo 26, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, l’articolo 26, paragrafo 3, di tale legge esclude espressamente la possibilità che la Sezione straordinaria valuti la legittimità della nomina di un giudice o la sua legittimazione ad esercitare le funzioni giurisdizionali. Inoltre, conformemente all’articolo 42a, paragrafo 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, all’articolo 29, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, e all’articolo 5, paragrafo 1a, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, nessun giudice polacco può mettere in discussione la legittimità di un organo giurisdizionale. L’applicazione dei corrispondenti rimedi giurisdizionali ai sensi del diritto nazionale è quindi parimenti circoscritta.

142. Inoltre, sebbene, come sostenuto dalla Repubblica di Polonia, i divieti previsti all’articolo 55, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e all’articolo 8 della legge di modifica possano riguardare, in molti casi, questioni puramente organizzative e la gestione delle cause e del carico di lavoro, non si può escludere che siffatti elementi diano adito a dubbi quanto alla questione se un giudice sia precostituito per legge o imparziale. Un divieto generale che si estende persino a dedurre o esaminare tali questioni nelle circostanze descritte nella normativa controversa va al di là di ciò che la Repubblica di Polonia dichiara essere gli obiettivi di tali disposizioni e ostacola la disponibilità di rimedi giuridici per porre rimedio a siffatta violazione. Ne consegue che le disposizioni nazionali in questione sono talmente ampie da disciplinare tutti gli aspetti del controllo del diritto a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, garantito dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dall’articolo 47 della Carta.

143. La Repubblica di Polonia ha prodotto come elementi di prova, su richiesta della Corte, numerose altre disposizioni del diritto nazionale che disciplinano, in particolare, la ricusazione dei giudici, il rinvio di una causa a un altro organo giurisdizionale e l’annullamento di un procedimento da parte di giudici dell’impugnazione a causa della non conformità di un procedimento ai requisiti di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e all’articolo 47 della Carta. Ad esempio, l’articolo 48 del codice di procedura civile e l’articolo 40 del codice di procedura penale prevedono la ricusazione automatica dei giudici in talune circostanze specifiche. Ai sensi dell’articolo 49 del codice di procedura civile e degli articoli 41 e 42 del codice di procedura penale, un giudice può chiedere di essere ricusato e una parte può chiedere la ricusazione di un giudice. Conformemente all’articolo 379, paragrafo 4, del codice di procedura civile e all’articolo 439 del codice di procedura penale, la partecipazione di un giudice oggetto di ricusazione automatica determina l’annullamento del procedimento di cui trattasi.

144. In tale contesto, si può rilevare che, secondo quanto osservato dalla Repubblica di Polonia, il Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) ha limitato, in una serie di occasioni, la portata delle norme nazionali sulla ricusazione dei giudici. Così, l’articolo 49 del codice di procedura civile è stato parzialmente abrogato, il 9 giugno 2020, nella parte in cui permetteva la ricusazione di un giudice sulla base dell’irregolarità della sua nomina da parte del presidente della Repubblica, su proposta della KRS (107). La stessa disposizione è stata altresì abrogata, il 28 febbraio 2022, nella parte in cui riconosceva la procedura di nomina di un giudice da parte del presidente della Repubblica, su proposta della KRS, in quanto circostanza idonea a far sorgere un dubbio legittimo quanto all’imparzialità di un giudice in una determinata causa (108). Gli articoli 41, paragrafo 1, e 42, paragrafo 1, del codice di procedura penale sono stati parzialmente abrogati il 12 marzo 2020 nella parte in cui permettevano l’esame dell’istanza di ricusazione di un giudice a causa di un’irregolarità nella sua nomina da parte del presidente della Repubblica, su proposta della KRS (109). Tale giurisprudenza pone evidenti limiti alla possibilità che un giudice sia ricusato a causa di un’irregolarità nella sua nomina, e la distingue da un ricorso contro l’atto di nomina di un giudice da parte del presidente della Repubblica.

145. Le varie disposizioni del diritto polacco in materia di ricusazione dei giudici nulla tolgono al fatto che la formulazione dell’articolo 42a, paragrafi 1 e 2, e dell’articolo 55, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, dell’articolo 26, paragrafo 3, e dell’articolo 29, paragrafi 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, dell’articolo 5, paragrafi 1a e 1b, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, e dell’articolo 8 della legge di modifica è estremamente ampia e non si limita ai procedimenti diretti a contestare l’atto di nomina di un giudice. Tali disposizioni mirano invece a evitare che un organo giurisdizionale effettui un controllo della composizione dei collegi giudicanti e di ogni atto che conduce alla nomina di un giudice, eliminando così la disponibilità di qualsiasi rimedio giuridico in caso di violazione dei requisiti di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e all’articolo 47 della Carta.

146. Anche ammettendo l’esistenza di altre disposizioni di diritto nazionale che sembrano consentire ai giudici di controllare, almeno in una certa misura, il rispetto delle garanzie previste all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e all’articolo 47 della Carta (110), la loro coesistenza con le disposizioni di diritto nazionale contestate dalla Commissione nell’ambito della sua prima censura e le limitazioni apportate alla loro applicazione dalla giurisprudenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) creano una notevole incertezza giuridica, pregiudicando così la possibilità, per i giudici e per le parti, di accedere a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, in contrasto con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma e con l’articolo 47 della Carta. La Commissione chiede altresì di constatare che, applicando le disposizioni nazionali alle quali fa riferimento nell’ambito della censura di cui trattasi, la Repubblica di Polonia ha violato il primato del diritto dell’Unione. Come ho già indicato nella mia risposta alla seconda censura (111), la doglianza concernente il primato non costituisce una censura distinta e non è necessario statuire su di essa in quanto tale.

147. Propongo quindi alla Corte di dichiarare che le disposizioni nazionali oggetto della prima censura sono idonee a pregiudicare la competenza dei giudici polacchi a controllare il rispetto dei requisiti concernenti un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, in violazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, e violano pertanto tali disposizioni del diritto dell’Unione.

C.      Terza censura – Qualificazione come illecito disciplinare dell’esame del rispetto dei requisiti dell’Unione relativi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge

1.      Argomenti delle parti

148. Tale censura verte sull’aggiunta di due illeciti disciplinari all’articolo 107, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata (112), e all’articolo 72, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata (113), nonché sulla legge di modifica, che inserisce nell’articolo 72, paragrafo 1, punto 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, un illecito disciplinare consistente nella «violazione manifesta e flagrante delle disposizioni di legge». Secondo la Commissione, l’articolo 107, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e l’articolo 72, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, qualificano come illecito disciplinare la valutazione, da parte di un giudice nazionale, dell’indipendenza di un altro giudice o autorità giurisdizionale, nonché del loro status di «giudice precostituito per legge». Ciò equivarrebbe a un inadempimento, da parte della Repubblica di Polonia, degli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, e dell’articolo 267 TFUE.

149. La Commissione parte dal presupposto che un giudice nazionale non possa essere ritenuto colpevole di aver commesso un illecito disciplinare e rischiare di subire sanzioni disciplinari qualora adempia agli obblighi previsti all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e all’articolo 47 della Carta.

150. Secondo la Commissione, il primo illecito disciplinare contenuto nelle disposizioni citate al paragrafo 148 delle presenti conclusioni riguarda atti o omissioni idonei a ostacolare o compromettere seriamente il funzionamento di un’autorità giudiziaria. Il secondo concerne atti che mettono in discussione l’esistenza del rapporto di lavoro di un giudice, l’efficacia della nomina di un giudice o la legittimazione di un organo costituzionale della Repubblica di Polonia.

151. I giudici ordinari e amministrativi che commettano tali illeciti corrono il rischio di essere rimossi o trasferiti a un altro organo giurisdizionale. Un giudice può essere condannato a sanzioni pecuniarie o essere rimosso dalle sue funzioni a causa di altri illeciti descritti come illeciti minori (114). I giudici della Corte suprema e della Corte suprema amministrativa sono soggetti a rimozione incondizionata per tali illeciti (115). La Commissione osserva che, secondo la Repubblica di Polonia, gli illeciti disciplinari di cui trattasi hanno lo scopo di assicurare l’«effetto utile» dell’articolo 42a e dell’articolo 55, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e dell’articolo 29, paragrafi 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata (116), nonché di garantire che i giudici nazionali rispettino le nuove competenze attribuite in via esclusiva alla Sezione straordinaria (117).

152. La Commissione sostiene che l’esame, da parte di un giudice, della regolarità della procedura di nomina dei giudici ai sensi della sentenza Simpson (118) può essere annoverato fra gli atti «che mettono in discussione l’esistenza del rapporto di lavoro di un giudice [o] l’efficacia della nomina di un giudice» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, punto 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e dell’articolo 72, paragrafo 1, punto 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, dando così luogo a un procedimento disciplinare.

153. Inoltre, come indicato nell’ambito della sua seconda censura, la Commissione ritiene necessario che tutti i giudici nazionali possano valutare l’indipendenza di un giudice o di un organo giurisdizionale investito di una determinata causa. Tale valutazione rientra attualmente nella competenza esclusiva della Sezione straordinaria. Ogni giudice nazionale che violi le disposizioni di diritto nazionale indicate nella seconda censura, invocando il principio del primato del diritto dell’Unione, è passibile di procedimento disciplinare ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, punto 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e dell’articolo 72, paragrafo 1, punto 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, vale a dire per un atto o un’omissione idonei a ostacolare o compromettere seriamente il funzionamento di un’autorità giudiziaria.

154. La constatazione, da parte di un organo giurisdizionale, che un giudice non è precostituito per legge, a causa di irregolarità nella procedura che ha condotto alla sua nomina, può costituire un atto che mette in discussione «l’efficacia della nomina di un giudice» ed essere quindi qualificato come illecito ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, o dell’articolo 72, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata.

155. Gli illeciti disciplinari introdotti dall’articolo 107, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e dall’articolo 72, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, incidono altresì sul contenuto delle decisioni giudiziarie in cui si valutano l’indipendenza e l’imparzialità di un altro giudice o organo giurisdizionale o lo status di «giudice precostituito per legge». Tale situazione è in contrasto con la sentenza nella causa Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (119), in cui la Corte ha statuito che l’indipendenza dei giudici esige che il regime disciplinare non sia utilizzato come sistema di controllo politico del contenuto delle decisioni giudiziarie.

156. Le stesse disposizioni di diritto nazionale agevolano inoltre la qualificazione come illecito disciplinare delle domande di pronuncia pregiudiziale, proposte da un organo giurisdizionale ai sensi dell’articolo 267 TFUE, in materia di interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta, originate da dubbi quanto alla legittimità della competenza di un organo giurisdizionale (120).

157. La Commissione ritiene che tali illeciti disciplinari non siano conformi alla sentenza A.K., come invece sostenuto dalla Repubblica di Polonia. Qualora l’applicazione dei criteri enunciati ai punti da 132 a 154 di tale sentenza induca a concludere che un organo giurisdizionale non è indipendente e imparziale ai sensi dell’articolo 47 della Carta, un giudice nazionale è tenuto ad astenersi dall’applicare le disposizioni nazionali che attribuiscono competenza a tale organo giurisdizionale. Una condotta del genere potrebbe essere considerata un illecito disciplinare ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, punto 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e dell’articolo 72, paragrafo 1, punto 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, in quanto potrebbe trattarsi di un atto o un’omissione tale da ostacolare o compromettere seriamente il funzionamento di un’autorità giudiziaria. Inoltre, a differenza di quanto sostenuto dalla Repubblica di Polonia, la Corte non ha dichiarato, al punto 133 della sentenza A.K., che la nomina dei giudici da parte del presidente della Repubblica non può essere oggetto di controllo giurisdizionale. La Corte ha affermato che il solo fatto che i giudici siano nominati dal presidente della Repubblica non è idoneo a generare dubbi quanto alla loro imparzialità, se, una volta nominati, gli interessati non sono soggetti ad alcuna pressione e non ricevono istruzioni nell’esercizio delle loro funzioni.

158. La legge di modifica ha inserito nell’articolo 72, paragrafo 1, punto 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, un illecito disciplinare consistente nella «violazione manifesta e flagrante delle disposizioni di legge». Tale illecito disciplinare si applicava già ai giudici degli organi giurisdizionali ordinari in forza dell’articolo 107, paragrafo 1, punto 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari. Nella sentenza «Regime disciplinare dei giudici» è stata esaminata la compatibilità di quest’ultima disposizione con l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. L’illecito disciplinare consistente nella «violazione manifesta e flagrante delle disposizioni di legge» è una nozione vaga, idonea a incidere sul contenuto delle decisioni giudiziarie. Non si può escludere che l’articolo 72, paragrafo 1, punto 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, letto nel contesto dell’accresciuta attività dei delegati alla disciplina e delle pressioni esercitate dal potere esecutivo sull’attività degli organi disciplinari a seguito delle modifiche introdotte dalla legge sulla Corte suprema dell’8 dicembre 2017 (121), possa essere utilizzato per esercitare un controllo politico sull’attività giudiziaria dei giudici della Corte suprema.

159. Nella sua replica, la Commissione sottolinea che la terza censura verte sul contenuto e sui termini delle disposizioni legislative di cui trattasi, piuttosto che sulla loro valutazione da parte dei giudici o sulla loro applicazione. Nella sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (122), la Corte ha dichiarato che è essenziale che siano previste norme che definiscano in modo sufficientemente chiaro e preciso i comportamenti idonei a far sorgere la responsabilità disciplinare dei giudici, al fine di garantire la loro indipendenza e di evitare che essi siano esposti al rischio che la loro responsabilità disciplinare sorga per il solo fatto della loro decisione. I termini «atti che mettono in discussione», di cui all’articolo 107, paragrafo 1, punto 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e all’articolo 72, paragrafo 1, punto 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, non si limitano alla contestazione dell’atto di nomina di un giudice da parte del presidente della Repubblica.

160. La Commissione sostiene altresì che la Repubblica di Polonia non contesta le analogie fra l’articolo 72, paragrafo 1, punto 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, e l’articolo 107, paragrafo 1, punto 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata. Il ragionamento di cui alla sentenza «Regime disciplinare dei giudici» si applicherebbe a fortiori all’articolo 72, paragrafo 1, punto 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata.

161. La Repubblica di Polonia sostiene che la terza censura è infondata, poiché la Commissione non avrebbe soddisfatto l’onere della prova ad essa incombente ai sensi dell’articolo 258 TFUE. Essa rileva, in particolare, che la Commissione si fonda sul testo delle disposizioni nazionali di cui trattasi e non ha prodotto alcun elemento di prova né quanto alla loro attuazione né quanto alla giurisprudenza che le interpreta.

162. L’articolo 107, paragrafo 1, punto 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e l’articolo 72, paragrafo 1, punto 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, derivano dal diritto francese (123). La Commissione non ha mai contestato la compatibilità di tali disposizioni con il diritto dell’Unione. Inoltre, secondo la Repubblica di Polonia, da queste disposizioni di diritto nazionale non si potrebbe dedurre che esse si applichino a cause nelle quali trova applicazione il diritto dell’Unione, ivi compreso l’articolo 19, paragrafo 1, TUE. L’applicazione del diritto dell’Unione non costituisce un atto o un’omissione tale da ostacolare o compromettere seriamente il funzionamento di un’autorità giudiziaria.

163. La Repubblica di Polonia sostiene che l’interpretazione, da parte della Commissione, dell’articolo 107, paragrafo 1, punto 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e dell’articolo 72, paragrafo 1, punto 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, è contraddetta anche dall’obiettivo perseguito da tali disposizioni, vale a dire assicurare che i giudici, esponenti di una professione che si fonda sulla fiducia del pubblico, non si comportino in modo incompatibile con la dignità delle loro funzioni. Poiché il giudice ha il dovere di applicare la legge e sottoporre questioni pregiudiziali, la censura della Commissione ai sensi della quale tali atti potrebbero costituire un illecito disciplinare è errata. Inoltre, tali disposizioni non permettono di controllare decisioni giudiziarie né di accertare la responsabilità disciplinare di un giudice per il motivo che lo stesso ha esaminato se il diritto a un giudice sia garantito. La posizione della Commissione sarebbe quindi infondata sotto un profilo linguistico, logico ed empirico e non troverebbe sostegno nella giurisprudenza nazionale.

164. Per quanto riguarda l’articolo 107, paragrafo 1, punto 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e l’articolo 72, paragrafo 1, punto 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata (124), la Repubblica di Polonia ritiene che la Commissione confonda il controllo, da parte di un giudice nazionale, del rispetto dei requisiti di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, con l’effetto di siffatto controllo, che consiste nel mettere in discussione l’esercizio, da parte del presidente della Repubblica, della sua prerogativa di nominare un determinato giudice.

165. Gli illeciti disciplinari di cui trattasi non consistono nell’esame in merito a se il diritto di un singolo a un giudice, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, sia stato rispettato. Tali disposizioni di diritto nazionale ostano, invece, a che un organo giurisdizionale metta in discussione la validità di una nomina giudiziaria nell’ambito di un procedimento diverso da quello previsto dalla Costituzione della Repubblica di Polonia o da disposizioni adottate sul suo fondamento.

166. Le disposizioni di diritto nazionale in questione non ostano alla disponibilità di mezzi per porre rimedio a una violazione dei diritti di una parte ai sensi dell’articolo 47 della Carta, quali l’annullamento di una sentenza, la ricusazione di un giudice o il rinvio di una causa dinanzi a un altro giudice che sia conforme a tale disposizione della Carta, conformemente alla sentenza A.K. Tali disposizioni non impediscono neppure la proposizione di domande di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE. A seguito dell’adozione di tali disposizioni, i giudici polacchi hanno presentato una serie di domande di pronuncia pregiudiziale vertenti sull’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. La Commissione non sostiene che i giudici che hanno proposto tali domande siano stati sottoposti a procedimenti disciplinari e la Repubblica di Polonia conferma che ciò non è avvenuto.

167. La Repubblica di Polonia conferma altresì che l’articolo 72, paragrafo 1, punto 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, corrisponde all’articolo 107, paragrafo 1, punto 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, ai sensi del quale la responsabilità disciplinare del giudice sorge per effetto di una «violazione manifesta e flagrante delle disposizioni di legge». Quest’ultima disposizione è in vigore, invariata, sin dal 1º ottobre 2001. Ad oggi, essa non è stata oggetto di contestazioni. L’articolo 72, paragrafo 1, punto 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, si limita quindi a uniformare la definizione di illecito disciplinare già applicabile ai giudici degli organi giurisdizionali ordinari. Secondo la Repubblica di Polonia, sarebbe inaccettabile che il legislatore esonerasse i giudici della Corte suprema, i quali devono soddisfare i più elevati criteri di condotta e conoscenza giuridica, dal rispondere in sede disciplinare di illeciti consistenti in violazioni manifeste e flagranti delle disposizioni di legge.

168. Conformemente alla giurisprudenza della Corte suprema, una violazione delle disposizioni di legge è «manifesta» quando «l’errore del giudice è agevolmente accertabile ed è stato commesso in relazione alla disposizione di cui trattasi, nonostante il significato di tale disposizione non susciti dubbi neppure nelle persone in possesso di competenze giuridiche di medio livello e la sua applicazione non richieda un’analisi più dettagliata» (125) oppure «quando, nella mente di qualsiasi giurista, senza ulteriori riflessioni, non sussistono dubbi quanto al fatto che vi sia stata la violazione di una norma giuridica» (126). Risulta quindi tanto dalla formulazione dell’articolo 72, paragrafo 1, punto 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, quanto dalla relativa giurisprudenza, che il rispetto dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, dell’articolo 47 della Carta e dell’articolo 267 TFUE non costituisce una violazione manifesta e flagrante delle disposizioni di legge.

169. Nella controreplica si sottolinea che, contrariamente alle affermazioni della Commissione di cui al paragrafo 159 delle presenti conclusioni, la giurisprudenza della Corte (127) esige che la valutazione di una normativa nazionale tenga conto della sua applicazione pratica, ivi compresa la giurisprudenza nazionale relativa alla sua interpretazione.

2.      Valutazione

a)      Osservazioni preliminari sulla portata della seconda e della terza censura della Commissione

170. La Repubblica di Polonia sostiene che i motivi dedotti dalla Commissione nella sua seconda censura sono incoerenti e contraddicono la sua terza censura. La Commissione chiede alla Corte di respingere tale argomento. La seconda censura riguarda la competenza esclusiva a statuire su questioni relative all’indipendenza degli organi giurisdizionali, dei collegi e dei giudici che talune disposizioni del diritto nazionale attribuiscono alla Sezione straordinaria. La terza censura verte sul fatto che l’esame, da parte di un giudice, del rispetto dei requisiti dell’Unione relativi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, è qualificato come illecito disciplinare. Queste due censure sono evidentemente diverse. Non concordo, quindi, sul fatto che vi sia un’evidente contraddizione tra le stesse e propongo alla Corte di respingere l’obiezione della Repubblica di Polonia a tal riguardo.

b)      Procedimento disciplinare

171. Per effetto dei requisiti relativi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta, il regime disciplinare applicabile ai giudici deve presentare le garanzie necessarie per evitare qualsiasi rischio di utilizzo di un siffatto regime quale sistema di controllo politico del contenuto delle decisioni giudiziarie. L’emanazione di norme che definiscano, segnatamente, i comportamenti che integrano illeciti disciplinari e le sanzioni concretamente applicabili, che prevedano l’intervento di un organo indipendente conformemente a una procedura che garantisca appieno i diritti consacrati agli articoli 47 e 48 della Carta, in particolare i diritti della difesa, e che sanciscano la possibilità di contestare in sede giurisdizionale le decisioni degli organi disciplinari costituisce un insieme di garanzie essenziali ai fini della salvaguardia dell’indipendenza del potere giudiziario (128).

172. Il regime disciplinare applicabile ai giudici rientra certamente nell’organizzazione della giustizia e, quindi, nella competenza degli Stati membri. La responsabilità disciplinare dei giudici può, a seconda del modo in cui è disciplinata dagli Stati membri, contribuire alla responsabilizzazione e all’efficienza del sistema giudiziario. Nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione, garantendo in particolare l’indipendenza degli organi giurisdizionali chiamati a pronunciarsi sulle questioni connesse all’applicazione o all’interpretazione di tale diritto, al fine di garantire ai singoli la tutela giurisdizionale effettiva richiesta dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (129).

173. La tutela di tale indipendenza non esclude totalmente che la responsabilità disciplinare di un giudice possa, in casi molto rari e del tutto eccezionali, sorgere a causa di decisioni giudiziarie adottate da quest’ultimo. Il requisito dell’indipendenza non mira a tutelare condotte totalmente inescusabili imputabili ai giudici, consistenti nel violare deliberatamente e con dolo o colpa particolarmente grave e grossolana le norme del diritto nazionale e dell’Unione di cui essi dovrebbero garantire l’applicazione, o nel commettere arbitrio o diniego di giustizia quando chiamati a pronunciarsi sulle controversie loro sottoposte (130).

174. Al fine di preservare l’indipendenza dei giudici ed evitare in tal modo che il regime disciplinare possa essere sviato dalle sue finalità legittime, è necessario che il fatto che una decisione giudiziaria contenga un eventuale errore nell’interpretazione e/o nell’applicazione delle norme del diritto nazionale e/o dell’Unione, o nella valutazione dei fatti e nella valutazione delle prove, non sia idoneo, di per sé, a far sorgere la responsabilità disciplinare (131).

175. Di conseguenza, l’affermazione della responsabilità disciplinare deve essere inquadrata da criteri oggettivi e verificabili, fondati su esigenze essenziali relative alla buona amministrazione della giustizia, nonché da garanzie dirette a evitare qualsiasi rischio di pressioni esterne sul contenuto delle decisioni giudiziarie e a escludere così qualsiasi legittimo dubbio nei singoli quanto all’impermeabilità dei giudici interessati e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti (132). A tal fine, è essenziale che siano previste norme che definiscano in modo sufficientemente chiaro e preciso i comportamenti idonei a far sorgere la responsabilità disciplinare dei giudici, al fine di garantire la loro indipendenza e di evitare che essi siano esposti al rischio che la loro responsabilità disciplinare sorga per il solo fatto della loro decisione (133). La Corte ha altresì dichiarato che il fatto che i giudici non siano esposti a procedimenti o a sanzioni disciplinari per aver esercitato la facoltà di adire la Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE costituisce una garanzia inerente alla loro indipendenza (134).

176. Conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, la portata delle disposizioni legislative nazionali che sono oggetto di una procedura d’infrazione deve essere valutata, in generale, tenendo conto dell’interpretazione che ne danno i giudici nazionali (135). Nell’articolare la sua terza censura, la Commissione sostiene che i termini delle stesse disposizioni nazionali violano chiaramente disposizioni identificabili del diritto dell’Unione e che non è quindi necessario esaminare il modo in cui tali disposizioni sono applicate nella pratica (136). Poiché la Commissione ha scelto di esporre in questi termini la propria posizione, non vedo alcuna ragione logica per la quale la Corte non possa accoglierla e decidere su tale fondamento, con il rischio, per la Commissione, di risultare soccombente su detta questione.

177. La Repubblica di Polonia sostiene che il testo dell’articolo 107, paragrafo 1, punto 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e l’articolo 72, paragrafo 1, punto 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, sono simili a disposizioni equivalenti del diritto francese e osserva che la Commissione non ha mai contestato la validità di queste ultime. Inoltre, la Repubblica di Polonia sostiene che l’articolo 72, paragrafo 1, punto 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, non attribuisce all’organo incaricato di dirimere una controversia un margine di discrezionalità più ampio rispetto alle disposizioni equivalenti del diritto belga, danese e olandese.

178. A tal riguardo, è sufficiente rilevare che il ricorso per inadempimento in esame è diretto contro la Repubblica di Polonia. Poiché, nell’ambito del presente procedimento per inadempimento, la Corte non è investita del vaglio di legittimità delle norme in vigore in altri Stati membri, detto Stato membro non può invocarle per dimostrare di non aver violato il diritto dell’Unione (137).

179. Per quanto riguarda l’articolo 107, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e l’articolo 72, paragrafo, punti 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, la terza censura della Commissione è strettamente connessa alla seconda. La Commissione ritiene che tutti gli organi giurisdizionali nazionali debbano poter valutare se i requisiti di indipendenza, imparzialità e precostituzione per legge siano soddisfatti. Secondo l’interpretazione delle summenzionate disposizioni da parte della Commissione, siffatta valutazione può essere considerata un atto idoneo a compromettere seriamente il funzionamento di un’autorità giudiziaria o che mette in discussione l’esistenza del rapporto di lavoro di un giudice o l’efficacia della sua nomina.

180. Come ho indicato nella mia proposta di risposta alla seconda censura, ritengo che, in assenza di una violazione dei principi di equivalenza o di effettività, le norme nazionali in materia di competenza dei giudici che limitano o circoscrivono gli organi giurisdizionali o i collegi che possono pronunciarsi su questioni concernenti l’indipendenza di un organo giurisdizionale, di un collegio o di un giudice non violino, in linea di principio, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e l’articolo 47 della Carta. Purché le norme in materia di competenza dei giudici siano chiare e precise, un organo giurisdizionale, un collegio o un giudice non dovrebbero, nel normale corso di un procedimento, usurpare le competenze attribuite a un altro organo giurisdizionale.

181. A mio avviso, la formulazione dell’articolo 107, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e dell’articolo 72, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, è talmente ampia e vaga da poter ragionevolmente essere interpretata nel senso che l’esame, da parte di un giudice, del rispetto di uno dei requisiti di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e all’articolo 47 della Carta relativi all’indipendenza, all’imparzialità e alla precostituzione per legge di un giudice (138) potrebbe integrare un illecito disciplinare. Si può plausibilmente sostenere che a un organo giurisdizionale che esamini, nell’ambito delle sue competenze, se esso stesso o un altro organo giurisdizionale soddisfino i requisiti di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e all’articolo 47 della Carta o che sottoponga alla Corte domande di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE (139) potrebbe essere contestato di aver ostacolato o compromesso seriamente il funzionamento di un’autorità giudiziaria o messo in discussione l’efficacia della nomina di un giudice.

182. L’articolo 107, paragrafo 1, punto 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e l’articolo 72, paragrafo 1, punto 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, si riferiscono atti od omissioni idonei a ostacolare o compromettere seriamente il funzionamento di un’autorità giudiziaria. Essi non precisano che tali atti o omissioni debbano essere illegittimi alla luce del diritto nazionale o dell’Unione. Pertanto, l’affermazione della Repubblica di Polonia secondo cui un atto compiuto entro i limiti e in applicazione della legge non potrebbe costituire un illecito disciplinare ai sensi di tali disposizioni risulta insostenibile. Inoltre, le disposizioni di cui trattasi non permettono all’interprete di accertare l’esistenza di un illecito disciplinare o, nel caso di specie, l’asserita assenza dello stesso, con la chiarezza e la precisione richieste dalla legge.

183. L’articolo 107, paragrafo 1, punto 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e l’articolo 72, paragrafo 1, punto 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, menzionano anche atti che mettono in discussione l’esistenza del rapporto di lavoro di un giudice, l’efficacia della nomina di un giudice o la legittimazione di un organo costituzionale della Repubblica di Polonia. Tali disposizioni sono concepite in modo così ampio da far ricadere in esse questioni che vanno al di là della contestazione dell’atto di nomina di un giudice da parte del presidente della Repubblica. Il testo ingloba, secondo la mia interpretazione, tutti i tentativi di contestare qualsiasi aspetto della procedura che sfocia nella nomina di un giudice (140), compresa, ad esempio, la questione del rispetto del requisito relativo alla precostituzione per legge di un organo giurisdizionale, in conformità all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta. Tenuto conto dell’ampia portata dell’articolo 107, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e dell’articolo 72, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, vi è un rischio evidente che la proposizione di un rinvio pregiudiziale vertente su tali disposizioni del diritto dell’Unione possa essere considerata un illecito disciplinare.

184. Le stesse considerazioni valgono per l’esame dell’imparzialità di un organo giurisdizionale. Sebbene il diritto polacco preveda numerose disposizioni in materia di ricusazione dei giudici, le sentenze del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) hanno notevolmente limitato la portata di tali disposizioni (141). L’esame di un’istanza di ricusazione di un giudice fondata su un’irregolarità nella procedura che ha condotto alla sua nomina sembra quindi idoneo a integrare un illecito disciplinare.

185. Per quanto concerne l’articolo 72, paragrafo 1, punto 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, è pacifico che il testo, la portata e la finalità di tale disposizione sono uguali a quelli dell’articolo 107, paragrafo 1, punto 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata. Ai punti 140 e 141 della sentenza «Regime disciplinare dei giudici», la Corte ha dichiarato che l’articolo 107, paragrafo 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari non soddisfaceva i requisiti di chiarezza e precisione. Dopo aver esaminato l’applicazione di tale disposizione alla luce, in particolare, della giurisprudenza nazionale richiamata dalla Repubblica di Polonia, la Corte ha statuito che l’espressione «violazione manifesta e flagrante delle disposizioni di legge» non è idonea a escludere che la responsabilità disciplinare dei giudici possa sorgere unicamente sul fondamento del contenuto asseritamente erroneo delle loro decisioni e a limitare tale responsabilità a ipotesi del tutto eccezionali.

186. Nel caso di specie, la Repubblica di Polonia si basa sulla giurisprudenza della Corte suprema relativa all’articolo 107, paragrafo 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari per dimostrare che l’articolo 72, paragrafo 1, punto 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, non può essere interpretato nel senso che impone sanzioni disciplinari per il fatto di aver rispettato i requisiti imposti dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dall’articolo 47 della Carta.

187. Le sentenze vertenti sull’articolo 107, paragrafo 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari citate dalla Repubblica di Polonia, di cui l’ultima risale al 2015 (142), sono state pronunciate dalla sezione della Corte suprema che godeva di competenza prima della riforma di tale organo operata dalla legge sulla Corte suprema dell’8 dicembre 2017 (143), e non dalla Sezione disciplinare nella sua composizione attuale.

188. Inoltre, come indicato nella replica, nella sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (144) la Corte ha constatato che, in una decisione recente (145), l’attuale Sezione disciplinare ha adottato un’interpretazione estensiva dell’articolo 107, paragrafo 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari che si discostava dalla giurisprudenza pregressa della Corte suprema e determinava una regressione della tutela dello Stato di diritto (146). Secondo costante giurisprudenza, quando una normativa nazionale forma oggetto di divergenti interpretazioni giurisprudenziali, alcune delle quali applicano detta normativa in modo compatibile con il diritto dell’Unione e altre in modo incompatibile, tale normativa non è, per lo meno, sufficientemente chiara e precisa per garantire un’applicazione compatibile con il diritto dell’Unione (147).

189. Conformemente all’articolo 73, paragrafo 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, la Sezione disciplinare è l’organo disciplinare di secondo (e ultimo) grado per i giudici degli organi giurisdizionali ordinari e il giudice disciplinare di primo e secondo grado per i giudici della Corte suprema. Poiché la Sezione disciplinare non soddisfa i requisiti di indipendenza e di imparzialità di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (148), vi è un maggior rischio che l’articolo 72, paragrafo 1, punto 1, della legge sulla Corte suprema (149), come modificata, sia interpretato in modo da facilitare l’utilizzo del regime disciplinare per influenzare le decisioni giudiziarie (150).

190. Poiché suggerisco alla Corte di dichiarare che, avendo adottato l’articolo 72, paragrafo 1, punto 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dell’articolo 47 della Carta, propongo alla Corte di accogliere la terza censura.

D.      Quarta censura – Competenza della Sezione disciplinare a decidere cause aventi incidenza diretta sullo status e sullo svolgimento della funzione di giudice e di giudice ausiliario

1.      Argomenti delle parti

191. Con la sua quarta censura, che riguarda una serie di disposizioni dell’articolo 27, paragrafo 1, della legge sulla Corte suprema, come modificata, la Commissione sostiene che la Repubblica di Polonia ha violato l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE avendo trasferito alla Sezione disciplinare, la cui indipendenza e imparzialità, secondo la giurisprudenza della Corte, non sono garantite (151), la competenza a decidere cause aventi incidenza diretta sullo status di giudice e di giudice ausiliario e sullo svolgimento delle funzioni.

192. La Commissione ritiene che una valutazione complessiva di una serie di elementi concernenti la composizione e la competenza della Sezione disciplinare, le condizioni nelle quali i suoi membri sono stati nominati, in particolare il ruolo della KRS, organo costituzionale incaricato di garantire l’indipendenza degli organi giurisdizionali, nonché il fatto che le misure siano state adottate simultaneamente, ai sensi del diritto polacco, indichi una «rottura sistemica» rispetto al regime anteriore. Ciò susciterebbe non soltanto dubbi legittimi quanto all’indipendenza della Sezione disciplinare, alla sua impermeabilità rispetto a elementi esterni e alla sua imparzialità rispetto agli interessi in gioco nelle cause per le quali essa è competente, ma pregiudicherebbe altresì direttamente l’indipendenza dei giudici sottoposti alla sua competenza.

193. La Commissione osserva che alla nuova Sezione disciplinare sono state attribuite talune categorie di cause riguardanti lo status dei giudici che, in precedenza, rientravano nella competenza degli organi giurisdizionali ordinari o di altri giudici. Inoltre, tutti i membri della Sezione disciplinare sono stati nominati secondo una procedura cui ha partecipato la KRS nella sua nuova composizione. A tal riguardo, il mandato di quattro anni di 15 membri della KRS è stato ridotto e la procedura per la selezione dei futuri membri è stata modificata al fine di accrescere l’influenza del Sejm sulla sua composizione. La Commissione sottolinea altresì che l’inserimento dei paragrafi 1b e 4 nell’articolo 44 della legge sulla KRS (152) ha limitato l’efficacia del controllo giurisdizionale delle delibere della KRS concernenti la proposta al presidente della Repubblica di candidati al posto di giudice presso la Corte suprema (153). Infine, la Commissione richiama anche l’accresciuta autonomia organizzativa, funzionale e finanziaria della Sezione disciplinare rispetto alle altre quattro sezioni della Corte suprema.

194. La quarta censura è diretta contro tre disposizioni: in primo luogo, l’articolo 27, paragrafo 1, punto 1a, della legge sulla Corte suprema, come modificata, concernente le istanze di autorizzazione all’esercizio dell’azione penale nei confronti dei giudici e dei giudici ausiliari e al loro arresto; in secondo luogo, l’articolo 27, paragrafo 1, punto 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, relativo alle norme in materia di lavoro e previdenza sociale applicabili ai giudici della Corte suprema; in terzo luogo, l’articolo 27, paragrafo 1, punto 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, in materia di pensionamento obbligatorio.

195. Secondo la Commissione, la Corte ha dichiarato che l’indipendenza dei giudici impone che le regole relative al regime disciplinare di coloro che svolgono una funzione giurisdizionale offrano le garanzie necessarie per evitare qualsiasi rischio di utilizzo di un regime siffatto come sistema di controllo politico del contenuto delle decisioni giudiziarie. L’emanazione di norme che definiscano i comportamenti che integrano illeciti disciplinari e le sanzioni applicabili, che prevedano l’intervento di un organo indipendente conformemente a una procedura che garantisca appieno i diritti consacrati agli articoli 47 e 48 della Carta, in particolare i diritti della difesa, e che sanciscano la possibilità di contestare in sede giurisdizionale le decisioni degli organi disciplinari costituisce un insieme di garanzie essenziali ai fini della salvaguardia dell’indipendenza del potere giudiziario (154).

196. La Commissione sostiene che, quando la Sezione disciplinare decide in primo e secondo grado di revocare l’immunità giurisdizionale di un giudice prima dell’avvio di un procedimento penale a suo carico, essa deve esaminare se sussistano motivi plausibili per sospettare che il reato contestato sia stato commesso. La Sezione disciplinare deve altresì pronunciarsi sui provvedimenti accessori, compresa la sospensione del giudice in tale contesto. Così facendo, la Sezione disciplinare interferirebbe direttamente con l’esercizio dell’attività giurisdizionale da parte di tale giudice. Poiché la sospensione di un giudice può durare per un periodo di tempo indeterminato, durante il quale la sua retribuzione è ridotta tra il 25% e il 50%, la prospettiva che tali provvedimenti accessori possano essere adottati può essere considerata un mezzo di pressione sui giudici, incidendo in tal modo sul contenuto delle loro sentenze.

197. La Commissione aggiunge che la competenza esclusiva della Sezione disciplinare in materia di diritto del lavoro, previdenza sociale e pensionamento, ivi comprese le questioni in materia di retribuzione, congedi e assenze, malattia, indennità e pensionamento per malattia o disabilità fisica o mentale, incide direttamente sulle condizioni alle quali i giudici della Corte suprema esercitano le loro attività giudiziarie.

198. Secondo la Commissione, la Sezione disciplinare si reputa competente a conoscere delle cause concernenti il rapporto di lavoro dei giudici della Corte suprema nell’ambito di procedimenti promossi ai sensi dell’articolo 189 del codice di procedura civile. Come nel caso dei procedimenti disciplinari e delle decisioni di revoca dell’immunità dei giudici, la Commissione considera importante che un organo giurisdizionale indipendente adotti o riesamini siffatte decisioni al fine di tutelare i giudici da pressioni e incertezze ingiustificate idonee a incidere sulla loro indipendenza.

199. Nella replica è ripreso il ragionamento esposto ai punti da 88 a 110 della sentenza «Regime disciplinare dei giudici», nella quale la Corte ha dichiarato che, non garantendo l’indipendenza e l’imparzialità della Sezione disciplinare, la Repubblica di Polonia aveva pregiudicato l’indipendenza dei giudici degli organi giurisdizionali ordinari e della Corte suprema, ed era in tal modo venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Sebbene gli Stati membri possano stabilire norme relative all’immunità giurisdizionale, tali norme non possono avere l’effetto di pregiudicare l’indipendenza dei giudici. La Commissione aggiunge che, nella causa Reczkowicz c. Polonia (155), la Corte EDU ha dichiarato che la Sezione disciplinare non era un tribunale precostituito per legge.

200. La Repubblica di Polonia chiede alla Corte il rigetto della quarta censura. Il fatto che un’autorità dell’esecutivo nomini giudici non implica una dipendenza di questi ultimi nei suoi confronti, né genera dubbi quanto alla loro imparzialità, se, una volta nominati, essi non sono soggetti ad alcuna pressione e non ricevono istruzioni nell’esercizio delle loro funzioni (156). Una valutazione complessiva della procedura per la nomina dei giudici della Sezione disciplinare e del sistema di garanzie che li tutelano dopo la loro nomina dimostrerebbe l’assenza di qualsiasi possibilità di esercizio di pressioni esterne su questi ultimi.

201. Secondo la Repubblica di Polonia, la sua Costituzione fissa la procedura per la nomina di tutti i giudici, compresi quelli della Sezione disciplinare. Ai sensi dell’articolo 179, in combinato disposto con l’articolo 144, paragrafo 3, punto 17, della Costituzione della Repubblica di Polonia, il presidente della Repubblica nomina i giudici, su proposta della KRS, a tempo indeterminato. La nomina dei giudici costituisce una prerogativa consolidata del presidente della Repubblica, che è esercitata, conformemente all’articolo 31 della legge sulla Corte suprema, dopo aver ottenuto il parere del primo presidente della Corte suprema. Il presidente della Repubblica pubblica un avviso nel Monitor Polski, la gazzetta ufficiale polacca, per annunciare il numero di posti vacanti di giudice da assegnare a ciascuna sezione della Corte suprema. L’articolo 30 della legge sulla Corte suprema stabilisce un elenco tassativo delle condizioni che i candidati al posto di giudice presso la Corte suprema devono soddisfare (157). Entro un mese dalla data di pubblicazione dell’avviso, chiunque soddisfi i requisiti per diventare giudice della Corte suprema può presentare alla KRS la sua candidatura al posto di giudice nella sezione individuata nell’avviso. Dopo aver verificato che i candidati soddisfino le condizioni e i requisiti formali, il presidente della KRS, ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 1, della legge del 12 maggio 2011 sulla KRS, designa un gruppo di almeno tre membri dell’organo incaricato di emettere un parere sulle candidature presentate. Dopo aver esaminato le candidature presentate nell’ambito di tale procedura, la KRS sottopone al presidente della Repubblica una proposta di nomina di giudici ai posti vacanti della Corte suprema. Sebbene la proposta della KRS non vincoli il presidente della Repubblica, quest’ultimo non può nominare una persona che non sia stata proposta come giudice dalla KRS. In tal modo, il ruolo della KRS non è diverso da quello dei consigli della magistratura di altri Stati membri.

202. La Repubblica di Polonia sottolinea che l’indipendenza dei giudici della Sezione disciplinare discende non soltanto dalla procedura di nomina di questi ultimi, ma soprattutto dal vasto sistema di garanzie il quale assicura che tutti i giudici della Sezione disciplinare possano adottare le loro decisioni totalmente liberi da pressioni esterne. Ai sensi dell’articolo 179 della Costituzione della Repubblica di Polonia, i giudici sono nominati a tempo indeterminato. L’articolo 180 della Costituzione della Repubblica di Polonia prevede che i giudici siano inamovibili. Un giudice non può essere rimosso o sospeso dalle sue funzioni, trasferito a un altro organo giurisdizionale o a un’altra funzione contro la sua volontà, salvo che in applicazione di una decisione giudiziaria, e unicamente nei casi previsti dalla legge. Un giudice è collocato a riposo dopo aver raggiunto l’età pensionabile e, secondo le modalità previste dalla legge, può essere collocato a riposo a causa di una malattia o di un’infermità che gli impedisca di esercitare le sue funzioni. Ai sensi dell’articolo 181 della Costituzione della Repubblica di Polonia, i giudici godono di immunità giurisdizionale e non possono quindi essere perseguiti penalmente o privati della loro libertà senza il previo consenso di un organo giurisdizionale indicato dalla legge. I giudici sono inoltre tenuti a rimanere apolitici ai sensi dell’articolo 178, paragrafo 3, della Costituzione della Repubblica di Polonia. Conformemente all’articolo 44 della legge sulla Corte suprema, i giudici di tale organo giurisdizionale (compresi quelli della Sezione disciplinare) non possono, in linea di principio, occupare un altro posto. Al contempo, i giudici della Corte suprema beneficiano di condizioni economiche adeguate, destinate a compensare i divieti e le restrizioni loro imposti. I giudici della Sezione disciplinare hanno diritto a una retribuzione aggiuntiva pari al 40% dello stipendio base totale e a un’indennità per l’esercizio delle funzioni (salvo quando occupano posti di professore o studioso, per il periodo compreso tra la data della loro entrata in servizio sino al termine di tale impiego) in ragione delle norme in materia di incompatibilità con l’esercizio di altre funzioni.

203. Secondo la Repubblica di Polonia, la Commissione non ha spiegato in che modo l’autonomia della Sezione disciplinare determinerebbe la possibilità che siano esercitate pressioni sui giudici che la compongono. L’istituzione della Sezione disciplinare è stata giustificata dall’inefficienza dei procedimenti disciplinari e dall’incapacità dei giudici della Corte suprema di imporre sanzioni disciplinari per gli illeciti compiuti dai giudici. L’indipendenza della Sezione disciplinare in seno alla Corte suprema, accompagnata dall’assenza di qualsiasi vincolo di subordinazione rispetto ad altri poteri, dimostrerebbe l’infondatezza delle affermazioni della Commissione. Inoltre, la Repubblica di Polonia sottolinea che il trasferimento di competenze alla Sezione disciplinare è legato all’organizzazione del potere giudiziario, che rientra nella competenza esclusiva degli Stati membri. Infatti, in taluni Stati membri (158), i giudici non beneficiano di immunità. Qualora la Commissione ritenga che l’immunità giurisdizionale sia un requisito del diritto dell’Unione, essa dovrebbe esigerla da tutti gli Stati membri.

204. La Repubblica di Polonia sostiene che la procedura di nomina dei giudici della Sezione disciplinare offre garanzie di indipendenza molto più elevate rispetto alle procedure che la Corte ha ritenuto conformi ai criteri previsti all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (159). Essa insiste sul fatto che non vi è stata alcuna «rottura sistemica» e che la Commissione ha adottato, palesemente, due pesi e due misure. La Commissione non avrebbe spiegato la nozione di «rottura sistemica», che non costituisce una nozione giuridica e non si rinviene nella giurisprudenza internazionale. Neppure la riforma del sistema giudiziario è collegata a una qualsivoglia «rottura». Di converso, la Sezione disciplinare esercita le funzioni di giudice disciplinare in primo o in secondo grado.

2.      Valutazione

205. Sebbene l’organizzazione della giustizia, ivi comprese le norme che disciplinano i procedimenti penali a carico dei giudici, rientri nella competenza degli Stati membri, l’esercizio di tale competenza deve rispettare il diritto dell’Unione. Qualora uno Stato membro stabilisca norme specifiche che disciplinano i procedimenti penali a carico dei giudici, il requisito di indipendenza richiede, al fine di fugare qualsiasi dubbio legittimo nei singoli quanto all’impermeabilità dei giudici rispetto ad elementi esterni, in particolare rispetto a influenze dirette o indirette dei poteri legislativo ed esecutivo che possano orientare le loro decisioni, che queste norme specifiche siano giustificate da esigenze oggettive e verificabili relative alla buona amministrazione della giustizia. Al pari delle norme sulla responsabilità disciplinare dei giudici, tali norme devono fornire le garanzie necessarie per assicurare che i procedimenti penali non possano essere utilizzati come sistema di controllo politico dell’attività dei suddetti giudici e garantire pienamente i diritti sanciti dagli articoli 47 e 48 della Carta (160).

206. A norma dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, gli Stati membri devono garantire che gli organi giurisdizionali che possono trovarsi a dover statuire sull’applicazione o sull’interpretazione del diritto dell’Unione soddisfino i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva (161). Dalla natura stessa delle cause che rientrano nella competenza della Sezione disciplinare ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, punti 1a, 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, emerge chiaramente che esse possono avere un’incidenza immediata, diretta e profonda sullo status e sullo svolgimento delle funzioni dei giudici (162). Tenuto conto del grave impatto che tali provvedimenti possono avere sulla vita e sulla carriera dei giudici, è imperativo che le misure adottate in forza dell’articolo 27, paragrafo 1, punti 1a, 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, nei confronti dei giudici che possono pronunciarsi sull’applicazione o sull’interpretazione del diritto dell’Unione siano controllate da un organo che soddisfi a sua volta le garanzie inerenti a una tutela giurisdizionale effettiva, conformemente all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (163).

207. Ne consegue che la Sezione disciplinare, la quale è competente ad applicare l’articolo 27, paragrafo 1, punti 1a, 2, e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, deve offrire tutte le garanzie necessarie per quanto attiene alla sua indipendenza e imparzialità, al fine di evitare qualsiasi rischio che misure adottate ai sensi di tali disposizioni possano essere utilizzate come un mezzo di controllo politico del contenuto delle decisioni giudiziarie. È irrilevante, in tale contesto, che altri Stati membri dispongano di un regime diverso di immunità dei giudici dall’esercizio dell’azione penale (164).

208. Nella sua sentenza «Regime disciplinare dei giudici» la Corte ha categoricamente statuito, con riferimento a una serie di elementi, che la Sezione disciplinare non soddisfa i requisiti di indipendenza e di imparzialità previsti dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. A tal riguardo, la Corte si è ampiamente basata sui fattori da essa già esposti nella sentenza A.K., richiamata nel ricorso. Il controricorso è stato depositato presso la cancelleria della Corte il 17 giugno 2021, ossia circa un mese prima della pronuncia della sentenza «Regime disciplinare dei giudici». Sebbene la replica del 28 luglio 2021 si sia basata su tale sentenza al fine di corroborare la quarta censura, la controreplica depositata il 7 settembre 2021 non contiene osservazioni su tale censura.

209. L’importanza della sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (165) ai fini della valutazione della quarta censura è tale da rendere opportuno riassumere succintamente i suoi punti pertinenti (166). Richiamando le varie considerazioni di cui ai punti da 89 a 110 di tale sentenza, anziché un singolo fattore, la Corte ha statuito che la Repubblica di Polonia aveva violato l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE poiché la Sezione disciplinare non soddisfaceva i requisiti di indipendenza e di imparzialità (167). Essa si è fondata, in particolare, sul fatto che la creazione ex nihilo della Sezione disciplinare, dotata della competenza esclusiva a conoscere di talune cause disciplinari, aveva coinciso con l’adozione di una normativa nazionale che aveva leso l’inamovibilità e l’indipendenza dei giudici della Corte suprema. Essa ha osservato che la Sezione disciplinare godeva, all’interno della Corte suprema, di un grado di autonomia organizzativa, funzionale e finanziaria particolarmente elevato rispetto alle altre sezioni di tale organo giurisdizionale. La retribuzione dei giudici della Sezione disciplinare è superiore di circa il 40% rispetto a quella percepita dai giudici assegnati alle altre sezioni della Corte suprema, senza alcuna giustificazione obiettiva. Al momento del suo insediamento, la Sezione disciplinare doveva essere composta unicamente da nuovi giudici nominati dal Presidente della Repubblica su proposta della KRS (168).

210. Prima dell’effettuazione di tali nomine, la KRS è stata oggetto di una profonda ristrutturazione (169). Secondo la Corte, siffatte modifiche erano tali da generare un rischio, assente nel contesto delle precedenti modalità di elezione, di un maggiore controllo dei poteri legislativo ed esecutivo sulla KRS e di lesione dell’indipendenza di tale organo. Inoltre, la KRS, nella nuova composizione, era stata istituita mediante l’abbreviazione del mandato in corso, della durata di quattro anni, dei membri che componevano fino a quel momento tale organo. La Corte ha altresì constatato che la riforma legislativa della KRS era intervenuta contemporaneamente all’adozione della nuova legge sulla Corte suprema (170), che aveva operato una vasta riforma di tale organo (171).

211. Secondo la Corte, l’insieme di tali elementi era idoneo a suscitare dubbi legittimi nei singoli quanto all’impermeabilità della Sezione disciplinare rispetto a elementi esterni e, in particolare, rispetto a influenze dirette o indirette dei poteri legislativo ed esecutivo polacchi, e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti. La Corte ha dichiarato che tali elementi potevano condurre a una mancanza di apparenza d’indipendenza o di imparzialità della Sezione disciplinare, tale da ledere la fiducia che la giustizia deve ispirare a detti singoli in una società democratica e in uno Stato di diritto (172).

212. A differenza di quanto sostenuto dalla Repubblica di Polonia, una valutazione globale della procedura per la nomina dei giudici della Sezione disciplinare e delle condizioni di funzionamento di tale Sezione non escludono l’esistenza di dubbi legittimi quanto alla possibilità che siano esercitate su di essi pressioni esterne. Al momento della redazione delle presenti conclusioni, i dubbi legittimi quanto all’indipendenza e all’imparzialità della Sezione disciplinare descritti nella sentenza nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (173) e nella sentenza A.K. persistono.

213. Suggerisco quindi alla Corte di dichiarare che, avendo trasferito alla Sezione disciplinare, la cui indipendenza e imparzialità non sono garantite, la competenza a decidere in merito a cause aventi un’incidenza diretta sullo status e sullo svolgimento della funzione di giudice e di giudice ausiliario, come le cause vertenti sulle domande di autorizzazione all’esercizio dell’azione penale nei confronti dei giudici e dei giudici ausiliari o l’autorizzazione al loro arresto, le cause in materia di diritto del lavoro e della previdenza sociale riguardanti i giudici della Corte suprema, nonché le cause in materia di pensionamento obbligatorio dei medesimi, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

E.      Quinta censura – Violazione del diritto fondamentale dei giudici al rispetto della vita privata e del diritto alla protezione dei dati personali

1.      Argomenti delle parti

214. La Commissione sostiene che, obbligando ogni giudice a fornire, entro 30 giorni dalla data di notifica della sua nomina, informazioni relative alla sua appartenenza a organismi o associazioni professionali, alle funzioni da esso svolte in seno a fondazioni senza scopo di lucro, nonché alla sua iscrizione a un partito politico, e pubblicando tali informazioni nel Bollettino d’informazione pubblica prima dell’entrata in servizio del giudice interessato, la Repubblica di Polonia ha violato il diritto fondamentale dei giudici al rispetto della loro vita privata e il loro diritto alla protezione dei dati personali, garantiti dall’articolo 7 e dall’articolo 8, paragrafo 1, della Carta, nonché dall’articolo 6, paragrafo 1, lettere c) ed e), dall’articolo 6, paragrafo 3, e dall’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD.

215. L’articolo 88a della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, l’articolo 45, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, e l’articolo 8, paragrafo 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, impongono ai giudici di presentare una dichiarazione scritta concernente la loro appartenenza agli organismi di cui all’articolo 88a, paragrafo 1, punti da 1 a 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata. Tali informazioni sono pubblicate nel Bollettino d’informazione pubblica entro 30 giorni dalla data di presentazione di detta dichiarazione (174). La Commissione ritiene che tali disposizioni riguardino il trattamento di dati personali, quali definiti all’articolo 4, punto 1, del RGPD, vale a dire informazioni riguardanti una persona fisica identificata o identificabile. Poiché le informazioni di cui all’articolo 88a, punti da 1 a 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, riguardano le opinioni politiche di un giudice prima della sua nomina a giudice (175) o le convinzioni filosofiche legate all’appartenenza a un’associazione o a una fondazione (176), esse rientrano nelle categorie particolari di dati personali ai fini dell’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD.

216. Secondo la Commissione, poiché il trattamento dei dati personali dei giudici è soggetto al RGPD, l’eccezione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), di quest’ultimo, invocata dalla Repubblica di Polonia, è inapplicabile. A tal riguardo, sarebbe sufficiente richiamare il considerando 20 (177) e l’articolo 37, paragrafo 1, lettera a), del RGPD che, al fine di garantire l’indipendenza del potere giudiziario, prevedono una deroga al RGPD soltanto per quanto riguarda la competenza delle autorità di controllo sugli organi giurisdizionali che esercitano le loro funzioni giudiziarie.

217. La Commissione sostiene, inoltre, che gli obblighi di comunicare e pubblicare informazioni relative all’appartenenza a un partito politico prima della nomina a giudice e alle attività pubbliche e sociali di un giudice in un’associazione o fondazione sono incompatibili con il principio generale di proporzionalità, in quanto non sono appropriati né necessari per raggiungere l’obiettivo dichiarato della Repubblica di Polonia di accrescere l’imparzialità dei giudici. Essi sono quindi incompatibili con gli articoli 7 e 8 della Carta, con l’articolo 6, paragrafo 1, lettere c) ed e), con l’articolo 6, paragrafo 3, e con l’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD. Gli obblighi in questione limitano il diritto dei giudici al rispetto della vita privata (178) e il loro diritto alla protezione dei dati personali che li riguardano (179). Le limitazioni consentite a tali diritti devono, conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale dei diritti sanciti agli articoli 7 e 8 della stessa. Nel rispetto del principio di proporzionalità, esse devono essere necessarie e rispondere effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

218. La Commissione sostiene che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, del RGPD, il diritto dello Stato membro che fornisce la base giuridica per un trattamento di dati personali necessario al fine di adempiere un obbligo legale o per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento deve perseguire un obiettivo di interesse pubblico ed essere proporzionato all’obiettivo legittimo perseguito (180). Inoltre, il trattamento di dati sensibili che rivelino le opinioni politiche di un giudice prima della sua nomina, così come le convinzioni filosofiche connesse alla sua appartenenza a un’associazione o a una fondazione deve essere giustificato da una delle eccezioni previste all’articolo 9, paragrafo 2, del RGPD.

219. Secondo la Commissione, non si può quindi escludere che gli organi incaricati di vigilare sul rispetto, da parte dei giudici, delle norme deontologiche e professionali o di designare i collegi giudicanti possano essere a conoscenza di attività da essi esercitate al di fuori delle loro funzioni, idonee a far sorgere un conflitto di interessi in un determinato caso. Tuttavia, il trattamento di siffatte informazioni dovrebbe essere strettamente limitato a tale finalità e, in particolare, non dovrebbe essere utilizzato per altri fini che possano avere l’effetto di esporre un giudice a discriminazione o a pressioni esterne oppure a un’influenza sulla sua carriera giudiziaria.

220. La Commissione ritiene che le disposizioni di diritto nazionale di cui trattasi siano sproporzionate, poiché non si limitano a quanto necessario per raggiungere gli obiettivi perseguiti, anche nel caso in cui fossero destinate ad applicarsi unicamente al controllo interno di eventuali conflitti di interessi. In particolare, la pregressa appartenenza a un partito politico concerne la vita di un giudice prima della sua nomina e non incide quindi direttamente sull’esercizio delle sue funzioni. Per quanto riguarda l’appartenenza a un partito politico e la posizione occupata in tale partito prima del 29 dicembre 1989, non si può sostenere che siffatte informazioni possano essere utilizzate per valutare l’imparzialità di un giudice in cause di cui è investito a distanza di oltre 30 anni. Non vi sarebbe neppure alcun nesso tra l’accesso a tali dati e la procedura di nomina poiché essi devono essere presentati a seguito dell’entrata in servizio del giudice.

221. In ogni caso, l’obiettivo di garantire che le cause siano decise da un giudice imparziale può essere raggiunto ricorrendo a mezzi meno restrittivi, quali la ricusazione di un giudice nelle cause in cui sono sollevati dubbi quanto alla sua imparzialità. Nella replica si afferma che i giudici prestano giuramento al momento della loro nomina, impegnandosi ad amministrare la giustizia in modo imparziale e coscienzioso. Inoltre, ai sensi dell’articolo 82, paragrafo 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, i giudici sono tenuti a tutelare la dignità della loro funzione.

222. Nella replica si rileva altresì che la Costituzione della Repubblica di Polonia esige che i giudici siano apolitici e imparziali. La Repubblica di Polonia non ha giustificato la necessità di adottare l’articolo 88a della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, alla luce di tale requisito. Le informazioni relative all’appartenenza a un’associazione, alle funzioni esercitate in seno a una fondazione senza scopo di lucro e all’appartenenza a un partito politico sono indicative delle opinioni politiche o delle convinzioni religiose o filosofiche di un giudice, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD. Inoltre, poiché la nozione di «associazione», ai sensi dell’articolo 88a della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, non è oggetto di definizione, essa si applicherebbe all’appartenenza ad associazioni religiose, obbligando così i giudici a rivelare le loro convinzioni in tale contesto. Secondo la Commissione, tale disposizione è stata introdotta al fine di garantire che le informazioni così raccolte e trattate siano utilizzate per altri fini, quali l’esercizio di pressioni sui giudici o l’instillazione di sospetti nelle persone che non condividono il loro punto di vista.

223. La Repubblica di Polonia ritiene che la quinta censura debba essere respinta, poiché le disposizioni controverse non rientrano nell’ambito di applicazione del RGPD. Essa invoca l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del RGPD per sostenere che il RGPD non si applica al trattamento di dati personali effettuato nell’ambito di un’attività che non rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione. Inoltre, poiché l’organizzazione della giustizia rientra nella competenza esclusiva degli Stati membri, il RGPD non si applicherebbe a tale attività.

224. In ogni caso, la Repubblica di Polonia ritiene che le disposizioni di diritto nazionale in questione siano conformi al RGPD. Le informazioni concernenti talune attività dei giudici al di fuori della sfera giudiziaria potrebbero incidere sull’esercizio delle loro funzioni e sull’esistenza di motivi di ricusazione in una determinata causa. A differenza di quanto affermato dalla Commissione, la pregressa appartenenza a un partito politico potrebbe avere ripercussioni sulle attività giudiziarie correnti di un giudice e sull’esistenza di motivi di ricusazione in una determinata causa. Lo scopo di tali obblighi sarebbe fornire informazioni a una parte e consentirle di presentare un’istanza motivata di ricusazione. Il loro scopo non sarebbe impedire a un giudice di esercitare attività incompatibili con il principio di indipendenza dei giudici (181), bensì permettere la verifica ad casum che un giudice coinvolto in una causa non abbia esercitato attività tali da suscitare l’impressione che esso non sia totalmente obiettivo. Le disposizioni nazionali sarebbero quindi proporzionate all’obiettivo di rafforzare l’imparzialità e la neutralità politica dei giudici, che la Commissione stessa riconosce come obiettivo delle disposizioni controverse.

225. Secondo la Repubblica di Polonia, l’obiettivo di ottenere informazioni sull’appartenenza a un partito politico prima del 29 dicembre 1989, al fine di valutare l’imparzialità di un giudice che decide cause a oltre 30 anni di distanza, è del tutto legittimo, dato che la politicizzazione del potere giudiziario era una caratteristica tipica dei precedenti regimi comunisti nell’Europa centrale e orientale.

226. La Repubblica di Polonia osserva che la Commissione non esclude il fatto che la partecipazione alle attività di una fondazione o di un’organizzazione senza scopo di lucro possa avere un effetto diretto sulle attività correnti di un giudice, che non possono essere equiparate alle attività di privati. A differenza di quanto sostenuto dalla Commissione, il trattamento delle informazioni richieste si limiterebbe esclusivamente a rafforzare la fiducia del pubblico nell’imparzialità e nella neutralità politica dei giudici. Tali dati non potrebbero essere utilizzati per scopi diversi, compresi quelli idonei a condurre a discriminazioni, pressioni esterne o a un’influenza sulla carriera professionale di un giudice. La Commissione non fornirebbe alcun elemento di prova a sostegno del suo argomento e le sue affermazioni sarebbero quindi puramente ipotetiche.

227. La Repubblica di Polonia respinge altresì l’affermazione della Commissione secondo cui gli obiettivi perseguiti dalle disposizioni nazionali potrebbero essere conseguiti con mezzi meno restrittivi. Lo scopo di tali obblighi sarebbe consentire alle parti di un procedimento di disporre di informazioni sufficienti per chiedere la ricusazione di un giudice nel momento opportuno. Tale obiettivo non potrebbe essere conseguito tramite i mezzi descritti dalla Commissione. Dovrebbe quindi essere respinto l’argomento della Commissione secondo cui le informazioni di cui trattasi dovrebbero essere utilizzate esclusivamente nell’ambito di un controllo interno di eventuali conflitti di interessi, ed essere comunicate soltanto alle persone incaricate di garantire che i giudici rispettino le norme deontologiche e professionali, nonché alle persone responsabili della determinazione della composizione dei collegi giudicanti.

228. Il trattamento dei dati relativi all’appartenenza dei giudici a fondazioni, associazioni o partiti politici risponderebbe quindi al criterio di proporzionalità necessario ai fini dell’esecuzione di un compito di interesse pubblico. Di conseguenza, la Repubblica di Polonia ritiene che, fatta salva la sua posizione quanto all’applicazione dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del RGPD, le disposizioni contestate soddisfino anche i criteri di cui all’articolo 6, paragrafo 3, ultima frase, in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, lettera b), e con l’articolo 6, paragrafo 1, lettere c), ed e), del RGPD. Inoltre, i dati in questione non rientrerebbero nelle categorie particolari di dati personali di cui all’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD. Non occorrerebbe quindi procedere alla verifica della proporzionalità proposta dalla Commissione. Gli obblighi in questione non mirerebbero a imporre al giudice di presentare una dichiarazione contenente informazioni relative alle sue opinioni politiche o religiose o alle sue convinzioni filosofiche. Ai sensi della Costituzione della Repubblica di Polonia, i giudici, al pari degli altri cittadini, hanno diritto alla libertà di parola, di opinione, di associazione e di riunione (182) purché, nel godimento di tali diritti, essi agiscano nel debito rispetto della dignità delle loro funzioni nonché dell’imparzialità e dell’indipendenza del potere giudiziario.

2.      Valutazione

229. Sebbene la censura della Commissione relativa all’articolo 7 e all’articolo 8, paragrafo 1, della Carta sia succinta e si basi sugli stessi argomenti da essa dedotti per quanto concerne l’asserita violazione del RGPD, ritengo che essa verta su una violazione distinta della Carta da parte della Repubblica di Polonia (183).

230. L’articolo 51, paragrafo 1, della Carta prevede che le disposizioni di quest’ultima si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. L’articolo 6, paragrafo 1, TUE e l’articolo 51, paragrafo 2, della Carta precisano che le disposizioni di quest’ultima non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei Trattati. La Corte non può, di conseguenza, valutare alla luce della Carta una normativa nazionale che non rientri nell’ambito del diritto dell’Unione (184).

231. Al punto 21 della sentenza nella causa Åkerberg Fransson (185), la Corte ha dichiarato che, poiché i diritti fondamentali garantiti dalla Carta devono essere rispettati quando una normativa nazionale rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, non possono esistere casi rientranti nel diritto dell’Unione senza che tali diritti fondamentali trovino applicazione. L’applicazione del diritto dell’Unione implica quindi quella dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta. Ne consegue che i diritti fondamentali garantiti dalla Carta sono applicabili a tutte le situazioni regolate dal diritto dell’Unione e che, quindi, essi devono essere rispettati allorché una normativa nazionale rientra nell’ambito di applicazione di tale diritto. Ai fini dell’applicazione della Carta, occorre inoltre che, nel settore interessato, il diritto dell’Unione imponga obblighi specifici agli Stati membri in relazione alla situazione oggetto del procedimento principale (186).

232. Il RGPD impone obblighi specifici in capo agli Stati membri quando trattano dati personali. Le informazioni di cui all’articolo 88a della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, all’articolo 45, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, e all’articolo 8, paragrafo 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, riguardano una persona fisica identificata o identificabile (187) ai sensi dell’articolo 4, punto 1, del RGPD. La loro raccolta e successiva pubblicazione costituiscono trattamenti ai sensi dell’articolo 4, punto 2, del RGPD (188). Partendo dal presupposto che il trattamento dei dati personali dei giudici, oggetto della censura in questione, rientra nell’ambito di applicazione del RGPD, ed è quindi disciplinato dal diritto dell’Unione, la Corte è competente a valutare se l’adozione, da parte della Repubblica di Polonia, della normativa nazionale di cui trattasi violi l’articolo 7 e l’articolo 8, paragrafo 1, della Carta. Quanto all’affermazione della Repubblica di Polonia secondo cui il RGPD non si applicherebbe all’organizzazione e/o all’amministrazione della giustizia in uno Stato membro, poiché tale attività esula dall’ambito di applicazione materiale del diritto dell’Unione in forza dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del RGPD, la Corte ha dichiarato che, se è vero che l’organizzazione della giustizia negli Stati membri rientra nella competenza di questi ultimi, nell’esercizio di tale competenza gli Stati membri sono tenuti a rispettare i loro obblighi di diritto dell’Unione (189). L’ambito di applicazione materiale del RGPD è molto ampio. Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del RGPD quest’ultimo «si applica al trattamento interamente o parzialmente automatizzato di dati personali e al trattamento non automatizzato di dati personali contenuti in un archivio o destinati a figurarvi». L’articolo 2, paragrafo 2, lettere da a) a d), del RGPD esclude, in taluni casi, il trattamento di dati dall’ambito di applicazione materiale del regolamento. Tra tali esclusioni figura l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del RGPD, che concerne i trattamenti effettuati per attività che non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione (190).

233. Nella sua sentenza nella causa Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità) (191), la Corte (192) ha dichiarato che l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del RGPD, letto alla luce del considerando 16 di tale regolamento (193), esclude dall’ambito di applicazione di quest’ultimo i trattamenti di dati personali effettuati dalle autorità statali nell’ambito di un’attività volta a salvaguardare la sicurezza nazionale o di un’attività che può essere ascritta soltanto alla medesima categoria. Il fatto che un’attività sia propria dello Stato o di un’autorità pubblica non è quindi sufficiente affinché tale eccezione sia ad essa automaticamente applicabile. A differenza di quanto sostenuto dalla Repubblica di Polonia, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del RGPD non esclude l’organizzazione e/o l’amministrazione della giustizia negli Stati membri dall’ambito di applicazione materiale di tale regolamento (194).

234. Inoltre, si può osservare che una serie di deroghe specifiche previste nel RGPD limitano la sua applicazione alle «autorità giurisdizionali quando esercitano le loro funzioni giurisdizionali» (195). Il RGPD non esclude quindi l’organizzazione della giustizia o dell’attività giurisdizionale, di per sé, dal suo ambito di applicazione, bensì limita l’applicazione di talune sue disposizioni in una serie di casi specifici.

235. Di conseguenza, l’organizzazione e/o l’amministrazione della giustizia in uno Stato membro non costituiscono attività che esulano dall’ambito di applicazione materiale del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del RGPD (196). Le disposizioni nazionali che prevedono trattamenti di dati personali rientranti nell’ambito di applicazione del RGPD devono essere ad esso conformi e, di conseguenza, rispettare i diritti fondamentali sanciti dalla Carta. Alla luce dell’obiettivo enunciato all’articolo 1, paragrafo 2, del RGPD, di proteggere i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche, in particolare il diritto alla protezione dei dati personali, se sono soddisfatte le condizioni del trattamento legale dei dati personali imposte da tale regolamento, detto trattamento risponde ai requisiti di cui agli articoli 7 e 8 della Carta (197).

236. Come risulta dal suo considerando 10, uno degli obiettivi del RGPD è assicurare un livello elevato di protezione delle persone fisiche all’interno dell’Unione. A tal fine, esso mira ad assicurare un’applicazione coerente e omogenea delle norme a protezione dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei loro dati personali in tutta l’Unione. Come indicato nel considerando 4 del RGPD, il diritto alla protezione dei dati di carattere personale non è una prerogativa assoluta, ma va considerato alla luce della sua funzione sociale e va contemperato con altri diritti fondamentali, in ossequio al principio di proporzionalità.

237. Fatte salve le deroghe ex articolo 23 del RGPD, qualsiasi trattamento di dati personali deve rispettare i principi che lo disciplinano nonché i diritti dell’interessato enunciati rispettivamente nei capi II e III di detto regolamento. In particolare, qualsiasi trattamento di dati personali deve essere conforme, da un lato, ai principi enunciati all’articolo 5 del RGPD e, dall’altro, soddisfare le condizioni elencate all’articolo 6 dello stesso (198).

238. A norma dell’articolo 5, paragrafo 1, lettere a), b), c) e d), del RGPD, i dati personali devono essere trattati in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti dell’interessato; essere raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime; essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto a tali finalità; essere esatti e, se necessario, aggiornati.

239. La Commissione non contesta alla Repubblica di Polonia di aver violato uno dei principi relativi al trattamento dei dati personali previsti all’articolo 5 del RGPD (199). Per quanto riguarda l’articolo 6 del RGPD, nella sentenza nella causa Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità) (200) è stato dichiarato che tale disposizione contiene un elenco esaustivo e tassativo dei casi nei quali un trattamento dei dati personali può essere considerato lecito. Il trattamento di dati deve quindi rientrare in uno dei casi previsti da tale disposizione (201).

240. Il trattamento dei dati è lecito ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), del RGPD soltanto se è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento (202). Detto trattamento è lecito ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), del RGPD soltanto se è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento (203). Poiché il trattamento dei dati nell’ambito del presente procedimento è previsto dalla legge, la sua liceità deve essere esaminata alla luce dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), del RGPD. Conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, del RGPD, la base giuridica del trattamento cui rinvia l’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), dello stesso deve essere stabilita dal diritto dell’Unione o dal diritto dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento (204), base giuridica che determina la finalità di detto trattamento. Inoltre, l’articolo 6, paragrafo 3, del RGPD stabilisce che il diritto dell’Unione o nazionale deve perseguire un obiettivo di interesse pubblico ed essere proporzionato all’obiettivo legittimo perseguito Ai sensi del considerando 39 del RGPD, i dati personali dovrebbero essere trattati solo se la finalità del trattamento non è ragionevolmente conseguibile con altri mezzi.

241. Inoltre, i diritti sanciti agli articoli 7 e 8 della Carta non appaiono come prerogative assolute e si applicano alla luce della loro funzione sociale (205). Conformemente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, eventuali limitazioni all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla stessa, quali il diritto al rispetto della vita privata e familiare e il diritto alla protezione dei dati personali, devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, le limitazioni sono giustificate soltanto laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. La Corte ha altresì dichiarato che una normativa che comporti un’ingerenza nei diritti fondamentali al rispetto della vita privata e familiare e alla protezione dei dati personali deve prevedere norme chiare e precise che disciplinano la sua portata e applicazione (206).

242. La quinta censura della Commissione è incentrata sulla proporzionalità delle disposizioni nazionali di cui trattasi. La Commissione non sostiene che l’obiettivo di garantire l’accesso a un giudice imparziale non sia un obiettivo di interesse pubblico (207) o che il trattamento non sia conforme all’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), all’articolo 6, paragrafo 3, del RGPD e all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta su tale base (208). È sufficiente ricordare che, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, gli Stati membri devono garantire l’accesso a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE (209). La Commissione sostiene, in sostanza, che le disposizioni nazionali sono illegittime in quanto non sono appropriate né necessarie per raggiungere l’obiettivo dichiarato della Repubblica di Polonia, vale a dire garantire l’imparzialità del potere giudiziario.

243. L’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD vieta espressamente il trattamento di determinati dati personali considerati particolarmente sensibili (210). L’articolo 88a della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata (211), mira all’ottenimento di informazioni relative i) all’appartenenza dei giudici ad associazioni (212), con menzione delle cariche ricoperte e del periodo di affiliazione; ii) alle cariche ricoperte in seno a fondazioni senza scopo di lucro e al relativo periodo, e iii) all’iscrizione a un partito politico prima della nomina a giudice o nel corso del mandato prima del 29 dicembre 1989. L’appartenenza a un’associazione o la carica ricoperta in seno a una fondazione senza scopo di lucro può riferirsi all’appartenenza a un organo sindacale, a un’organizzazione sportiva, a una comunità filosofica o a un circolo ricreativo, oppure alla carica ricoperta all’interno di tali organismi. I termini «appartenenza» o «carica ricoperta» sono indeterminati, e possono essere riferiti a una situazione di appartenenza o assunzione di una carica formale o informale. La terminologia impiegata nelle disposizioni nazionali esaminate è talmente ampia e imprecisa da poter potenzialmente inglobare praticamente ogni forma di associazione tra persone. Inoltre, fatta eccezione per l’articolo 88a, punto 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, le disposizioni nazionali di cui trattasi non impongono alcun limite temporale ai dati richiesti. Un giudice potrebbe potenzialmente essere tenuto a dichiarare la sua appartenenza a un’associazione sportiva dilettantistica durante la sua infanzia.

244. La portata delle disposizioni controverse è quindi molto ampia. L’obbligo di presentare una dichiarazione scritta concernente l’appartenenza a un partito politico, a un’associazione o la carica ricoperta all’interno di un organo di una fondazione senza scopo di lucro durante un periodo illimitato, nonché la pubblicazione di tali dati, è idoneo a costituire un trattamento di dati personali che rivela le opinioni politiche, le convinzioni filosofiche o l’appartenenza sindacale di un giudice.

245. L’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD vieta il trattamento e la raccolta di dati personali che rivelino, in particolare, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche o l’appartenenza sindacale. L’articolo 9, paragrafo 2, del RGPD prevede talune eccezioni e deroghe a tale divieto. Tra queste figura l’articolo 9, paragrafo 2, lettera g), del RGPD, a norma dei quale il trattamento è permesso quando «è necessario per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell’Unione o degli Stati membri, che deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l’essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell’interessato» (213).

246. Si può altresì osservare che la Repubblica di Polonia non ha indicato le misure da essa adottate per tutelare i diritti fondamentali dei giudici, ai sensi dell’articolo 7 e dell’articolo 8, paragrafo 1, della Carta, o ai sensi del RGPD, in particolare dei suoi articoli 6 e 9, come richiesto dall’articolo 9, paragrafo 2, lettera g), di tale regolamento, al fine di attenuare l’impatto delle disposizioni da essa adottate.

247. Su questa sola base, la Repubblica di Polonia risulta aver violato il diritto fondamentale dei giudici al rispetto della loro vita privata e il loro diritto alla protezione dei dati personali, garantiti dall’articolo 7 e dall’articolo 8, paragrafo 1, della Carta nonché dall’articolo 6, paragrafo 1, lettere c) ed e), dall’articolo 6, paragrafo 3, e dall’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD.

248. A fini di completezza, esaminerò se le disposizioni nazionali di cui trattasi siano adeguate o necessarie per conseguire l’obiettivo dichiarato della Repubblica di Polonia di garantire l’imparzialità dei giudici. Garantire l’accesso a un giudice indipendente e imparziale è un motivo di interesse pubblico rilevante (214) ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera g), del RGPD. Una maggiore trasparenza per quanto riguarda la pregressa appartenenza dei giudici a fondazioni, associazioni e così via è, in linea di principio, idonea a rafforzare la fiducia del pubblico nell’indipendenza e nell’imparzialità del potere giudiziario.

249. Non è stato dimostrato che l’adozione delle disposizioni nazionali di cui trattasi fosse necessaria al raggiungimento dell’obiettivo da esse perseguito. In primo luogo, tali disposizioni non indicano le ragioni della loro adozione. In secondo luogo, la Repubblica di Polonia non ha dimostrato una necessità siffatta nel corso del presente procedimento. Essa non ha affermato che, prima dell’adozione di tali disposizioni, le disposizioni nazionali esistenti in materia di imparzialità e di ricusazione dei giudici fossero insufficienti o che vi fosse una mancanza di fiducia del pubblico nell’imparzialità dei giudici in Polonia. Le disposizioni nazionali in questione sembrano fondarsi sul presupposto che il pubblico percepisca i giudici come parziali. Ciò è ancor più evidente per quanto riguarda il requisito previsto all’articolo 88a, punto 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, relativo all’appartenenza dei giudici a un partito politico nel corso del loro mandato prima del 29 dicembre 1989. Nella sua sentenza nella causa Getin Noble Bank (215), la Corte ha dichiarato che la nomina di un giudice all’epoca in cui la Repubblica popolare di Polonia era uno Stato comunista non può di per sé far sorgere, trent’anni più tardi, dubbi legittimi e seri, negli amministrati, in merito all’indipendenza e all’imparzialità di tale giudice, nell’esercizio delle sue funzioni giurisdizionali.

250. Quanto alla questione se la finalità del trattamento non potesse essere ragionevolmente ottenuta con altri mezzi, se è vero che, come sostiene la Repubblica di Polonia, le disposizioni nazionali di cui trattasi rendono possibile verificare ad casum che un giudice investito di una causa non sia stato coinvolto in attività idonee a suscitare l’impressione che esso non sia completamente obiettivo, esse consentono al pubblico ampio accesso ai dati personali sensibili (216). L’obiettivo dichiarato delle disposizioni nazionali avrebbe potuto essere raggiunto con mezzi molto meno invasivi, ad esempio permettendo agli avvocati delle parti in causa l’accesso ai dati di cui trattasi e limitando ogni ulteriore divulgazione, da parte loro, di dati estranei alla finalità specifica e circoscritta di garantire l’imparzialità dei giudici.

251. Il trattamento dei dati personali sensibili in questione costituisce una grave limitazione del diritto dei giudici al rispetto della vita privata e del loro diritto alla protezione dei dati personali ai sensi dell’articolo 7 e dell’articolo 8, paragrafo 1, della Carta, nonché del RGPD. Ciò eccede quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito.

252. Suggerisco pertanto alla Corte di dichiarare che l’articolo 88a della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, l’articolo 45, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, nonché l’articolo 8, paragrafo 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, violano l’articolo 7 e l’articolo 8, paragrafo 1, della Carta, nonché l’articolo 6, paragrafo 1, lettere c) ed e), l’articolo 6, paragrafo 3, e l’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD.

VII. Sulle spese

253. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

254. Nella presente causa, la Commissione e la Repubblica di Polonia hanno chiesto, rispettivamente, la condanna della controparte alle spese.

255. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica di Polonia, rimasta soccombente salvo che in relazione alla seconda censura, deve essere condannata a sopportare quattro quinti delle spese, compresi quattro quinti delle spese relative ai procedimenti sommari.

256. Ai sensi dell’articolo 140, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le spese sostenute dagli Stati membri intervenuti nella causa restano a loro carico. Il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia dovrebbero pertanto sopportare le proprie spese.

VIII. Conclusione

257. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di:

–        dichiarare che, avendo adottato e mantenuto in vigore l’articolo 42a, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 55, paragrafo 4, della ustawa – Prawo o ustroju sądów powszechnych (legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari), del 27 luglio 2001 (Dz. U. del 2001, n. 98, posizione 1070), come modificata dalla ustawa o zmianie ustawy – Prawo o ustroju sądów powszechnych, ustawy o Sądzie Najwyższym oraz niektórych innych ustaw (legge recante modifica della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, della legge sulla Corte suprema nonché di altre leggi), del 20 dicembre 2019 (Dz. U. del 2020, posizione 190; in prosieguo: la «legge di modifica») (in prosieguo: la «legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata»), l’articolo 26, paragrafo 3, e l’articolo 29, paragrafi 2 e 3, della ustawa o Sądzie Najwyższym (legge sulla Corte suprema), dell’8 dicembre 2017 (Dz. U. del 2018, posizione 5), come modificata dalla legge di modifica (in prosieguo: la «legge sulla Corte suprema, come modificata»), l’articolo 5, paragrafi 1a e 1b, della ustawa – Prawo o ustroju sądów administracyjnych (legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi), del 25 luglio 2002 (Dz. U. del 2002, posizione 1269), come modificata dalla legge di modifica (in prosieguo: la «legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata»), nonché l’articolo 8 della legge di modifica, che impediscono a tutti gli organi giurisdizionali nazionali di verificare il rispetto dei requisiti dell’Unione relativi a un giudice indipendente, imparziale e precostituito per legge, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo riguardante l’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950;

–        dichiarare che, avendo adottato e mantenuto in vigore l’articolo 107, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e l’articolo 72, paragrafo 1, punti da 1 a 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, che consentono di considerare quale illecito disciplinare la verifica del rispetto dei requisiti di indipendenza, imparzialità e precostituzione per legge dei giudici, requisiti posti dal diritto dell’Unione, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta, nonché dell’articolo 267 TFUE;

–        dichiarare che, avendo trasferito alla Izba Dyscyplinarna (Sezione disciplinare) del Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia), la cui indipendenza e imparzialità non sono garantite, la competenza a decidere in merito a cause aventi incidenza diretta sullo status e sullo svolgimento della funzione di giudice e di giudice ausiliario, come, da un lato, le cause vertenti sulle domande di autorizzazione all’esercizio dell’azione penale nei confronti dei giudici e dei giudici ausiliari o l’autorizzazione al loro arresto, e, dall’altro, le cause in materia di diritto del lavoro e della previdenza sociale riguardanti i giudici del Sąd Najwyższy (Corte suprema), nonché le cause in materia di pensionamento obbligatorio di detti giudici, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE;

–        dichiarare che, avendo adottato e mantenuto in vigore l’articolo 88a della legge sugli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, l’articolo 45, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, e l’articolo 8, paragrafo 2, della legge sugli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, la Repubblica di Polonia ha violato il diritto al rispetto della vita privata e il diritto alla tutela dei dati personali, garantiti dall’articolo 7 e dall’articolo 8, paragrafo 1, della Carta, nonché dall’articolo 6, paragrafo 1, lettere c) ed e), dall’articolo 6, paragrafo 3, e dall’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati);

–        condannare la Repubblica di Polonia a quattro quinti delle spese, compresi quattro quinti delle spese relative ai procedimenti sommari;

–        condannare il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia a sopportare le proprie spese.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Dz. U. del 2020, posizione 190. La legge di modifica è entrata in vigore il 14 febbraio 2020.


3      GU 2016, L 119, pag. 1.


4      Sentenze del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982) (in prosieguo anche: la «sentenza A.K.»), e del 26 marzo 2020, Riesame Simpson/Consiglio e HG/Commissione (C‑542/18 RX‑II e C‑543/18 RX‑II, EU:C:2020:232) (in prosieguo anche: la «sentenza Simpson»).


5      Dz. U. del 2018, posizione 5; è entrata in vigore il 3 aprile 2018.


6      Dz. U. del 2001, n. 98, posizione 1070.


7      L’articolo 45, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema rende applicabile l’articolo 88 della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, ai giudici della Corte suprema, mentre l’articolo 8, paragrafo 2, della ustawa – Prawo o ustroju sądów administracyjnych (legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi) rende applicabile questa stessa disposizione ai giudici degli organi giurisdizionali amministrativi e della Corte suprema amministrativa.


8      Dz. U. del 2002, posizione 1269.


9      Ordinanza del 14 luglio 2021, Commissione/Polonia (C‑204/21 R, EU:C:2021:593) (in prosieguo: l’«ordinanza del 14 luglio 2021»).


10      Alla Repubblica di Polonia è stato ingiunto, in particolare, di sospendere:


      –      l’applicazione delle disposizioni in forza delle quali la Sezione disciplinare è competente a pronunciarsi sulle domande dirette a ottenere l’autorizzazione ad avviare un procedimento penale a carico di giudici o giudici ausiliari;


      –      gli effetti delle decisioni già adottate dalla Sezione disciplinare che autorizzano l’avvio di un procedimento penale a carico di un giudice o il suo arresto, e di astenersi dal rinviare cause dinanzi a un organo giurisdizionale che non soddisfi i requisiti di indipendenza;


      –      l’applicazione delle disposizioni in forza delle quali la Sezione disciplinare è competente a pronunciarsi sulle cause riguardanti lo status e l’esercizio delle funzioni di giudice della Corte suprema e di astenersi dal rinviare dette cause a un giudice che non soddisfi i requisiti di indipendenza;


      –      l’applicazione delle disposizioni che rendono i giudici passibili di sanzioni disciplinari ove esaminino il rispetto dei requisiti di indipendenza, imparzialità e precostituzione per legge di un organo giurisdizionale;


      –      l’applicazione delle disposizioni nazionali che vietano ai giudici nazionali di verificare il rispetto dei requisiti del diritto dell’Unione europea relativi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge,


      -      l’applicazione delle disposizioni che stabiliscono la competenza esclusiva della Sezione di controllo straordinario ad esaminare le censure concernenti la mancanza di indipendenza di un giudice o di un organo giurisdizionale.


11      In tale sentenza, il Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) ha dichiarato, in particolare, che l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 279 TFUE, è incompatibile con gli articoli 2 e 7, con l’articolo 8, paragrafo 1, e con l’articolo 90, paragrafo 1, della Costituzione della Repubblica di Polonia, letti congiuntamente all’articolo 4, paragrafo 1, della medesima. Il Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) ha ritenuto che la Corte avesse travalicato le proprie competenze, e quindi statuito ultra vires, avendo ordinato alla Repubblica di Polonia provvedimenti provvisori relativi all’organizzazione e alla competenza degli organi giurisdizionali polacchi, nonché alla procedura da seguire dinanzi a tali organi giurisdizionali. Ordinanza del 6 ottobre 2021, Polonia/Commissione (C‑204/21 R-RAP, EU:C:2021:834, punti 10 e 11).


12      Polonia/Commissione (C‑204/21 R-RAP, EU:C:2021:834).


13      Ordinanza del 6 ottobre 2021, Polonia/Commissione (C‑204/21 R-RAP, EU:C:2021:834, punti da 18 a 24).


14      Polonia/Commissione (C‑204/21 R, non pubblicata, EU:C:2021:878).


15      Articolo 2 TUE.


16      L’articolo 49 TUE prevede che ogni Stato europeo che rispetti i valori di cui all’articolo 2 TUE e si impegni a promuoverli può domandare di diventare membro dell’Unione europea. Sentenza del 20 aprile 2021, Repubblika (C‑896/19, EU:C:2021:311, punti da 61 a 63).


17      Sentenza del 6 ottobre 2021, W.Ż.  (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina) (C‑487/19, EU:C:2021:798, punto 122). Mentre l’articolo 47 della Carta contribuisce al rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva di ogni singolo che si avvalga, in una determinata fattispecie, di un diritto che gli deriva dal diritto dell’Unione, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE mira a garantire che il sistema dei rimedi giurisdizionali in ciascuno Stato membro garantisca una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, indipendentemente dalla situazione in cui gli Stati membri attuano tale diritto, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta: sentenza del 20 aprile 2021, Repubblika (C‑896/19, EU:C:2021:311, punti 36, 45 e 52).


18      Sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi) (C‑824/18, EU:C:2021:153, punti 145 e 146).


19      Nella sua controreplica, la Repubblica di Polonia sostiene che, conformemente alla sentenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale), causa P 7/20, la Corte, adottando provvedimenti provvisori in applicazione della sua ordinanza del 14 luglio 2021, Commissione/Polonia (C‑204/21 R, EU:C:2021:593), ha agito ultra vires, poiché l’organizzazione della giustizia negli Stati membri rientra nella competenza esclusiva di questi ultimi. La Repubblica di Polonia ritiene che, alla luce della giurisprudenza costante del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) e del Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale, Belgio), dell’Ústavní soud (Corte costituzionale, Repubblica ceca), dello Højesteret (Corte suprema, Danimarca), del Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale, Germania), del Tribunal Constitucional (Corte costituzionale, Spagna), del Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), della Corte costituzionale (Italia) e della Curtea Constituțională (Corte costituzionale, Romania), relativa al principio dell’identità costituzionale, i giudici costituzionali degli Stati membri abbiano «l’ultima parola» in merito alle competenze trasferite sulla base dei trattati. Le competenze dell’Unione europea sono limitate dal principio di attribuzione, che costituisce un principio del diritto dell’Unione che comprende sia i principi costituzionali degli Stati membri, sia l’obbligo dell’Unione di rispettare la loro rispettiva identità nazionale.


20      La tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, ai quali fa riferimento l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione derivante dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, sancito dagli articoli 6 e 13 della CEDU e affermato all’articolo 47 della Carta. Quest’ultima disposizione deve pertanto essere presa in considerazione in sede di interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Sentenza del 6 ottobre 2021, W.Ż.  (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina) (C‑487/19, EU:C:2021:798, punto 102 e giurisprudenza ivi citata).


21      Nell’ambito del presente procedimento, è pacifico che la Corte suprema, gli organi giurisdizionali ordinari e gli organi giurisdizionali amministrativi in Polonia possono essere chiamati a pronunciarsi su questioni legate all’applicazione o all’interpretazione del diritto dell’Unione nelle cause di cui sono investiti e, quindi, in cause che rientrano nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. Sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi) (C‑824/18, EU:C:2021:153, punti da 111 a 114).


22      V., in tal senso, sentenza del 4 dicembre 2018, Minister for Justice and Equality e Commissioner of An Garda Síochána (C‑378/17, EU:C:2018:979, punto 34).


23      V., per analogia, sentenza A.K. (punto 130).


24      Gli Stati membri sono quindi tenuti ad assicurare il rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti che i singoli traggono dal diritto dell’Unione, quale garantito dall’articolo 47 della Carta: sentenza A.K. (punto 115 e giurisprudenza ivi citata). V. anche sentenza del 22 ottobre 1998, IN. CO. GE.’90 e a. (da C‑10/06 a C‑22/97, EU:C:1998:498, punto 14). Vi è un certo grado di sovrapposizione tra il principio di effettività e il diritto a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 47. V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Bobek nella causa An tAire Talmhaíochta Bia agus Mara, Éire agus an tArd-Aighne (C‑64/20, EU:C:2021:14, paragrafo 42). V. anche, per analogia, sentenza del 15 aprile 2008, Impact (C‑268/06, EU:C:2008:223, punti da 46 a 48).


25      V. in tal senso, sentenza A.K. (punto 115 e giurisprudenza ivi citata). Nella sentenza del 16 novembre 2021 nella causa Prokuratura Rejonowa w Mińsku Mazowieckim e a. (da C‑748/19 a C‑754/19, EU:C:2021:931, punto 36), si afferma che ciò può verificarsi per quanto concerne le norme nazionali che disciplinano la nomina dei membri del potere giudiziario e il controllo giurisdizionale di tale procedura. V. anche sentenza del 20 aprile 2021, Repubblika (C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 48).


26      Sentenza del 2 marzo 2021, Prokuratuur (Condizioni di accesso ai dati relativi alle comunicazioni elettroniche) (C‑746/18, EU:C:2021:152, punto 42).


27      Sentenza del 20 aprile 2021, Repubblika (C‑896/19, EU:C:2021:311, punti da 63 a 65). V. anche parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 168.


28      Ciò riveste un’importanza cardinale quale garanzia della tutela dell’insieme dei diritti derivanti al singolo dal diritto dell’Unione e della salvaguardia dei valori comuni agli Stati membri enunciati all’articolo 2 TUE e, segnatamente del valore dello Stato di diritto. Sentenza del 20 aprile 2021, Repubblika (C‑896/19, EU:C:2021:311, punti da 48 a 51 e giurisprudenza ivi citata).


29      Sentenza A.K. (punti da 120 a 122).


30      Sentenza del 24 marzo 2022, Wagenknecht/Commissione (C‑130/21 P, EU:C:2022:226). La Corte ha dichiarato che, secondo la giurisprudenza della Corte EDU, nel valutare il criterio soggettivo di imparzialità occorre tener conto delle convinzioni personali e del comportamento del giudice, vale a dire esaminando se quest’ultimo abbia dato prova di parzialità o di pregiudizi personali nel caso di specie. Per quanto riguarda la valutazione oggettiva dell’imparzialità, occorre determinare se l’organo giurisdizionale offrisse, segnatamente attraverso la sua composizione, garanzie sufficienti per escludere qualsiasi legittimo dubbio sulla sua imparzialità. Occorre quindi verificare se, indipendentemente dalla condotta personale del giudice, taluni fatti verificabili autorizzino a sospettare l’imparzialità di quest’ultimo. Sotto questo profilo, anche le apparenze possono avere importanza. Sentenza A.K. (punto 128 e la giurisprudenza della Corte EDU ivi citata).


31      Sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a. (C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punto 205 e giurisprudenza ivi citata). Le garanzie di indipendenza e di imparzialità richieste ai sensi del diritto dell’Unione presuppongono l’esistenza di regole, relative in particolare alla composizione dell’organo, alla nomina, alla durata delle funzioni nonché alle cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo nei confronti di elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti. Sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi) (C‑824/18, EU:C:2021:153, punto 117).


32      La Corte EDU ha dichiarato, nella sua sentenza del 1º dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (CE:ECHR:2020:1201JUD002637418, §§ 227 e 232), che il processo di nomina dei giudici costituisce necessariamente un elemento inerente alla nozione di «tribunale costituito per legge», ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU. L’indipendenza di un tribunale, ai sensi di tale disposizione, è commisurata in particolare al modo in cui i suoi membri sono stati nominati. V. anche sentenza del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie (Tribunale costituito per legge nello Stato membro emittente) (C‑562/21 PPU e C‑563/21 PPU, EU:C:2022:100, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).


33      V. sentenza Simpson e sentenza del 6 ottobre 2021,W.Ż.  (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina) (C‑487/19, EU:C:2021:798, punto 130). V., per analogia, sentenza del 16 novembre 2021, Prokuratura Rejonowa w Mińsku Mazowieckim e a. (da C‑748/19 a C‑754/19, EU:C:2021:931, punti da 71 a 73), sul distacco dei giudici. Non qualsiasi errore che incide sulla procedura di nomina di un giudice è idoneo a far sorgere un dubbio in merito all’indipendenza e all’imparzialità di tale giudice e, di conseguenza, in merito alla qualità di «organo giurisdizionale indipendente e imparziale, precostituito per legge», ai sensi del diritto dell’Unione, di una formazione giudicante nella quale detto giudice siede: sentenza del 29 marzo 2022, Getin Noble Bank (C‑132/20, EU:C:2022:235, punto 123). V. anche sentenza del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie (Tribunale costituito per legge nello Stato membro emittente) (C‑562/21 PPU e C‑563/21 PPU, EU:C:2022:100, punti da 71 a 74).


34      L’espressione «costituito per legge» riflette, in particolare, il principio dello Stato di diritto. Essa riguarda non soltanto il fondamento normativo dell’esistenza stessa del tribunale, ma anche la composizione dell’organo in ciascuna causa nonché qualsiasi altra disposizione del diritto interno la cui inosservanza renda irregolare la partecipazione di uno o più giudici all’esame della causa, il che include, in particolare, disposizioni riguardanti l’indipendenza e l’imparzialità dei membri dell’organo giurisdizionale interessato. Sentenza del 29 marzo 2022, Getin Noble Bank (C‑132/20, EU:C:2022:235, punti 118, 119, 121 e giurisprudenza ivi citata).


35      V., ad esempio, sentenza del 29 marzo 2022, Getin Noble Bank (C‑132/20, EU:C:2022:235, punti da 117 a 122 e giurisprudenza ivi citata).


36      Sentenza Simpson (punto 55).


37      Sentenza del 1º luglio 2008, Chronopost/UFEX e a. (C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 46).


38      Ivi compresi la Corte di giustizia, il Tribunale e i giudici degli Stati membri. V. sentenza Simpson (punto 57) e sentenza del 24 marzo 2022, Wagenknecht/Commissione (C‑130/21 P, EU:C:2022:226, punto 15) per quanto riguarda la Corte di giustizia e il Tribunale. V. sentenza del 6 ottobre 2021, W.Ż.  (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina) (C‑487/19, EU:C:2021:798, punti da 126 a 131), per quanto riguarda gli organi giurisdizionali degli Stati membri.


39      V. sentenza Simpson (punti 55 e 57) e sentenza del 1º luglio 2008, Chronopost/UFEX e a. (C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 46).


40      V., per analogia, sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 73). V. anche sentenza del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie (Tribunale costituito per legge nello Stato membro emittente) (C‑562/21 PPU e C‑563/21 PPU, EU:C:2022:100).


41      Sentenza A.K. (punto 157).


42      Sentenze del 9 marzo 1978, Simmenthal (106/77, EU:C:1978:49, punto 22) e del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a. (C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punto 252 e giurisprudenza ivi citata).


43      V., in tal senso, sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi) (C‑824/18, EU:C:2021:153, punto 166). Nella sentenza del 24 giugno 2019, Popławski (C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 61), si precisa che il giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi nell’ambito delle proprie competenze, ha, in quanto organo di uno Stato membro, l’obbligo di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria a una disposizione del diritto dell’Unione che abbia effetto diretto nella controversia di cui è investito.


44      Sentenza del 4 dicembre 2018, Minister for Justice and Equality e Commissioner of An Garda Síochána (C‑378/17, EU:C:2018:979, punto 33). V. anche, per analogia, sentenza del 22 marzo 2022, Prokurator Generalny e a. (Sezione disciplinare della Corte suprema – Nomina) (C‑508/19, EU:C:2022:201, punto 81), in cui è stata dichiarata irricevibile una domanda di pronuncia pregiudiziale nell’ambito di un procedimento diretto all’accertamento del fatto che una persona non era titolare di un rapporto di servizio quale giudice e che, di conseguenza, tale persona non avrebbe potuto legittimamente designare l’organo giurisdizionale disciplinare competente a conoscere di un procedimento disciplinare avviato nei confronti di un altro giudice, poiché siffatta azione mirava, in sostanza, a ottenere una forma di annullamento erga omnes della nomina del giudice in questione, sebbene il diritto polacco non autorizzasse e non avesse mai autorizzato contestazioni della nomina di giudici attraverso un’azione diretta di nullità o di annullamento di una siffatta nomina.


45      In risposta a un quesito posto dalla Corte ai fini della discussione in udienza, la Commissione sostiene che gli argomenti sollevati nella controreplica sono interamente confutati dalla sentenza del 22 febbraio 2022, RS (Effetti delle decisioni di un giudice costituzionale) (C‑430/21, EU:C:2022:99, in particolare punti 19, 39, 40, 53 e 58). I giudici polacchi sono quindi tenuti a disapplicare la giurisprudenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) che pregiudica il primato del diritto dell’Unione. Il Regno del Belgio ritiene che la sentenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale), nella causa P 7/20, sia fondata su una premessa errata. Nell’esercizio delle loro competenze in materia di organizzazione della giustizia, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE. La Corte, e non i giudici costituzionali nazionali, è competente in via esclusiva ad interpretare il diritto dell’Unione, compreso il principio del primato. L’articolo 4, paragrafo 2, TUE non consente ai giudici costituzionali nazionali di verificare se il diritto dell’Unione pregiudichi l’identità nazionale. Inoltre, un giudice costituzionale nazionale non può dichiarare che la Corte ha agito ultra vires e rifiutare di dare applicazione alle sue sentenze. Il rispetto di tutte le norme costituzionali nazionali pregiudicherebbe l’obbligo dell’Unione europea di rispettare l’uguaglianza degli Stati membri e l’applicazione uniforme ed effettiva del diritto dell’Unione. Il Regno di Danimarca respinge l’analogia operata dalla Repubblica di Polonia tra la giurisprudenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) e quella dello Højesteret (Corte suprema) o dei giudici costituzionali di altri Stati membri, poiché soltanto la Repubblica di Polonia contesta il principio stesso dello Stato di diritto. Il Regno dei Paesi Bassi osserva che, nella sua sentenza del 7 maggio 2021, Xero Flor w Polsce sp. z o.o. c. Polonia (CE:ECHR:2021:0507JUD000490718), la Corte EDU ha dichiarato che il Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) non è un tribunale costituito per legge, bensì un organo politico le cui decisioni non sono vincolanti. V. anche sentenza del 22 febbraio 2022, RS (Effetti delle decisioni di un giudice costituzionale) (C‑430/21, EU:C:2022:99, punto 44). Conformemente al principio del primato, il Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) non può disapplicare il diritto dell’Unione o le sentenze della Corte. Inoltre, uno Stato membro non può invocare la propria identità costituzionale qualora essa contrasti con i valori centrali dell’Unione di cui all’articolo 2 TUE: sentenza del 16 febbraio 2022, Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑157/21, EU:C:2022:98, punti da 264 a 266). Infine, l’omesso rispetto dell’indipendenza dei giudici da parte di uno Stato membro pregiudica su larga scala la cooperazione all’interno dell’Unione. Il Regno di Svezia ritiene che gli Stati membri debbano dare piena attuazione al principio dell’indipendenza dei giudici ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, che è una norma chiara, precisa e incondizionata. L’applicazione di tale principio è indipendente da qualsiasi questione concernente l’identità costituzionale nazionale.


46      Sentenza del 22 febbraio 2022, RS (Effetti delle decisioni di un giudice costituzionale) (C‑430/21, EU:C:2022:99, punti da 43 a 46, 51 e 52). Al punto 55 di tale sentenza si sottolinea che l’osservanza del principio del primato è necessaria per garantire il rispetto dell’uguaglianza degli Stati membri dinanzi ai Trattati, che esclude la possibilità di far prevalere, contro l’ordinamento giuridico dell’Unione, un qualsiasi provvedimento unilaterale. Esso inoltre costituisce espressione del principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, che impone di disapplicare le disposizioni della normativa nazionale eventualmente contrastanti con il diritto dell’Unione, indipendentemente dal momento in cui sono state adottate.


47      Sentenza A.K. (punto 166). V. anche sentenza Simpson (punto 57).


48      Sentenza del 16 novembre 2021, Prokuratura Rejonowa w Mińsku Mazowieckim e a. (da C‑748/19 a C‑754/19, EU:C:2021:931).


49      Sentenza A.K. (punto 122). Il Regno di Danimarca ritiene che la Sezione straordinaria, così come la Sezione disciplinare, non sia indipendente. Entrambe le sezioni sono state istituite dalla medesima legge, in forza della quale i loro membri sono nominati in esito a una procedura cui partecipa la KRS, anch’essa non indipendente. V. sentenza del 6 ottobre 2021, W.Ż.  (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina) (C‑487/19, EU:C:2021:798, punti 150, 152 e 153). V. anche sentenza della Corte EDU dell’8 novembre 2021, Dolińska-Ficek e Ozimek c. Polonia (CE:ECHR:2021:1108JUD004986819, §§ da 353 a 355), la quale ha statuito che, ai sensi dell’articolo 6 della CEDU, la Sezione straordinaria non è un tribunale costituito per legge.


50      Sentenza del 26 aprile 2005, Commissione/Irlanda (C‑494/01, EU:C:2005:250, punto 41).


51      A tal riguardo, la Commissione sembra interrogarsi sulla questione se il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti derivanti dal diritto dell’Unione possa essere garantito in tutti i casi attribuiti alla Sezione straordinaria ai sensi delle disposizioni nazionali controverse. V. per analogia, sentenza A.K. (punto 115 e giurisprudenza ivi citata).


52      Tali questioni non sono state dedotte nel ricorso né nella fase precontenziosa del procedimento.


53      A tal riguardo, v. sentenza A.K. e sentenze del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici) (C‑791/19, EU:C:2021:596) (in prosieguo: la «sentenza “Regime disciplinare dei giudici”»); del 6 ottobre 2021, W.Ż.  (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina) (C‑487/19, EU:C:2021:798); e del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi) (C‑824/18, EU:C:2021:153). Inoltre, la Commissione è intervenuta in numerosi procedimenti pregiudiziali che sollevavano tali questioni e questioni analoghe.


54      V. punti da 104 a 108.


55      I dubbi concernenti l’indipendenza della KRS erano basati su una serie di fattori, tra i quali il fatto che 23 dei suoi 25 componenti erano stati nominati dal potere esecutivo o legislativo polacco o erano membri di tali poteri. La Corte ha dichiarato che la circostanza che un organo, quale un consiglio nazionale della magistratura, composto in maniera preponderante da membri scelti dal potere legislativo, sia coinvolto nel processo di designazione dei giudici non può, di per sé sola, indurre a dubitare dell’indipendenza dei giudici così nominati. L’indipendenza di un giudice o di un organo giurisdizionale nazionale dev’essere valutata alla luce dell’insieme dei fattori pertinenti, ivi comprese le condizioni in cui interviene la nomina dei suoi membri. Sentenza del 9 luglio 2020, Land Hessen (C‑272/19, EU:C:2020:535, punti 55 e 56).


56      V. punti da 104 a 108).


57      V. anche sentenza del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie (Tribunale costituito per legge nello Stato membro emittente) (C‑562/21 PPU e C‑563/21 PPU, EU:C:2022:100, punto 75).


58      Corte EDU, 8 novembre 2021, Dolińska-Ficek e Ozimek c. Polonia (CE:ECHR:2021:1108JUD004986819). Tale sentenza si fondava su due ricorsi depositati presso la Corte EDU, rispettivamente, il 12 settembre 2019 e il 22 ottobre 2019, e quindi ben prima del deposito del ricorso. La sentenza è divenuta definitiva, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 2, della CEDU, l’8 febbraio 2022.


59      La Corte EDU ha applicato il triplice criterio elaborato nella sua sentenza del 1º dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (CE:ECHR:2020:1201JUD002637418).


60      In prosieguo: il «presidente della Repubblica».


61      Corte EDU, 8 novembre 2021, Dolińska-Ficek e Ozimek c. Polonia (CE:ECHR:2021:1108JUD004986819, § 349). V. anche sentenza della Corte EDU del 22 luglio 2021, Reczkowicz c. Polonia (CE:ECHR:2021:0722JUD004344719, § 276) in cui la Corte EDU ha dichiarato che il processo di nomina dei giudici della Sezione disciplinare era intrinsecamente viziato, a causa del coinvolgimento della KRS. Tale sentenza è divenuta definitiva, ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 2, della CEDU, il 22 novembre 2021.


62      V. sentenza del 6 ottobre 2021 W.Ż.  (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina) (C‑487/19, EU:C:2021:798, punto 123 e giurisprudenza ivi citata).


63      Corte EDU, 8 novembre 2021, Dolińska-Ficek e Ozimek c. Polonia (CE:ECHR:2021:1108JUD004986819).


64      Corte EDU, 8 novembre 2021, Dolińska-Ficek e Ozimek c. Polonia (CE:ECHR:2021:1108JUD004986819).


65      Al paragrafo 368 della sentenza della Corte EDU si dichiara che è intrinseco nelle sue conclusioni il fatto che la violazione dei diritti dei ricorrenti tragga origine dalle modifiche della normativa polacca che hanno privato il potere giudiziario polacco del diritto di eleggere i membri togati della KRS e che hanno consentito al potere esecutivo e legislativo di interferire direttamente o indirettamente nella procedura di nomina dei giudici, compromettendo così in modo sistematico la legittimità di un organo giurisdizionale composto da giudici così nominati.


66      I giudici nazionali contestavano il loro collocamento a riposo anticipato a seguito dell’entrata in vigore di una normativa nazionale che essi ritenevano in contrasto con la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16).


67      Qualora la Corte statuisca che la Sezione straordinaria non è indipendente, dal punto 165 della sentenza A.K. risulta che, avendo adottato e mantenuto in vigore l’articolo 26, paragrafi 2 e da 4 a 6, e l’articolo 82, paragrafi da 2 a 5, della legge sulla Corte suprema, come modificata, nonché l’articolo 10 della legge di modifica, che attribuisce alla Sezione straordinaria la competenza esclusiva a decidere sui ricorsi e sulle questioni giuridiche riguardanti, in particolare, la mancanza di indipendenza di un organo giurisdizionale o di un giudice, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta.


68      Tutti gli organi giurisdizionali nazionali che statuiscono su cause rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione devono rispettare i requisiti di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e all’articolo 47 della Carta. V., in tal senso, sentenza del 16 novembre 2021, Prokuratura Rejonowa w Mińsku Mazowieckim e a. (da C‑748/19 a C‑754/19, EU:C:2021:931, punti 63 e 64).


69      V., per analogia, sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi) (C‑824/18, EU:C:2021:153, punto 149).


70      Argomento che la Commissione non ha dedotto tempestivamente nell’ambito del presente procedimento.


71      Sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a. (C‑234/17, EU:C:2018:853, punti da 22 a 24 e giurisprudenza ivi citata). Gli Stati membri, quando attuano il diritto dell’Unione, sono tenuti ad assicurare il rispetto del diritto a un ricorso effettivo sancito dall’articolo 47, primo comma, della Carta, che costituisce una riaffermazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva: sentenza del 19 dicembre 2019, Deutsche Umwelthilfe (C‑752/18, EU:C:2019:1114, punto 34).


72      Nulla nell’articolo 26, paragrafo 2, della legge sulla Corte suprema, come modificata, indica – né la Commissione lo ha sostenuto – che al giudice adito sia preclusa la facoltà di sollevare una censura vertente sulla mancanza di indipendenza, e quindi di deferire una richiesta al presidente della Sezione straordinaria.


73      Sebbene la Sezione straordinaria debba essere investita della questione immediatamente, dal fascicolo della Corte non risulta che la legge stabilisca un termine entro il quale la Sezione straordinaria è tenuta a pronunciarsi. Sebbene tali questioni debbano essere affrontate celermente, la censura della Commissione tace a tal riguardo.


74      V. anche, per analogia, la formulazione di tale disposizione, ai sensi della quale «[l]’organo giurisdizionale adito invia immediatamente una richiesta al presidente della [Sezione straordinaria]».


75      E, quindi, il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva. V. paragrafo 48 delle presenti conclusioni.


76      In un settore disciplinato dal diritto dell’Unione.


77      V., in tal senso, sentenza del 4 dicembre 2018, Minister for Justice and Equality e Commissioner of An Garda Síochána (C‑378/17, EU:C:2018:979, punti da 48 a 50). V. anche sentenza A.K. (punto 164) e sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi) (C‑824/18, EU:C:2021:153, punti 148 e 149).


78      Conformemente alla sentenza Simpson.


79      In udienza, la Repubblica di Polonia ha confermato, in risposta a un quesito della Corte, che la Sezione straordinaria è competente in via esclusiva a statuire su questioni di indipendenza nel contesto di detti procedimenti.


80      Nella sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punti da 222 a 234) è stato dichiarato che la Repubblica di Polonia era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 267, secondo e terzo comma, TFUE avendo limitato il diritto degli organi giurisdizionali di sottoporre alla Corte domande di pronuncia pregiudiziale a causa del fatto che tali domande potevano determinare l’avvio di un procedimento disciplinare. V. anche sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punti da 56 a 59).


81      Sentenza del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli (C‑188/10 e C‑189/10, EU:C:2010:363, punto 42 e giurisprudenza ivi citata). Nella sentenza A.K. (punti da 110 a 113), la Corte ha dichiarato ricevibile una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Izba Pracy i Ubezpieczeń Społecznych (Sezione per il lavoro e la previdenza sociale) della Corte suprema, nonostante la Repubblica di Polonia avesse sostenuto che tale Sezione aveva usurpato la competenza esclusiva della Sezione disciplinare.


82      Sentenza del 27 febbraio 2014, Pohotovosť (C‑470/12, EU:C:2014:101, punto 28).


83      Ad esempio, un ricorso di annullamento di una decisione definitiva ai sensi dell’articolo 26, paragrafi da 4 a 6, della legge sulla Corte suprema, come modificata, basato sull’asserita illegittimità dello status di un giudice, costituisce un ricorso straordinario dinanzi alla Sezione straordinaria. È sufficiente rilevare che, qualora siffatto problema sia stato sollevato dinanzi all’organo giurisdizionale che ha pronunciato la sentenza definitiva, quest’ultimo è tenuto, in caso di dubbi sull’interpretazione del diritto dell’Unione, a sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE.


84      Sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punto 56). L’articolo 267 TFUE osta a qualsiasi normativa o prassi nazionale idonea a impedire ai giudici nazionali, a seconda del caso, di avvalersi della facoltà o di conformarsi all’obbligo, di cui a tale articolo 267, di rivolgersi in via pregiudiziale alla Corte. Sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a. (C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punto 260).


85      Sentenza del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli (C‑188/10 e C‑189/10, EU:C:2010:363, punto 42).


86      In tal senso, al giudice nazionale che ha sottoposto alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE non può impedirsi di applicare immediatamente il diritto dell’Unione in modo conforme ad una pronunzia o alla giurisprudenza della Corte, altrimenti ne verrebbe ridotto l’effetto utile di tale disposizione: sentenza del 21 dicembre 2021, Euro Box Promotion e a. (C‑357/19, C‑379/19, C‑547/19, C‑811/19 e C‑840/19, EU:C:2021:1034, punto 257). Il giudice nazionale deve quindi eventualmente discostarsi dalle valutazioni di un organo giurisdizionale nazionale di grado superiore qualora esso ritenga, in considerazione dell’interpretazione fornita dalla Corte, che queste ultime non siano conformi al diritto dell’Unione, disapplicando all’occorrenza la norma nazionale che gli impone di rispettare le decisioni di tale organo giurisdizionale di grado superiore. Sentenza del 22 febbraio 2022, RS (Effetti delle decisioni di un giudice costituzionale) (C‑430/21, EU:C:2022:99, punto 75).


87      V., per analogia, sentenza del 18 maggio 2006, Commissione/Spagna (C‑221/04, EU:C:2006:329, punti da 24 a 26).


88      V., per analogia, sentenza del 4 dicembre 1986, Commissione/Francia (220/83, EU:C:1986:461, punti 30 e 31).


89      Corte EDU, 1º dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (CE:ECHR:2020:1201JUD002637418). V. anche sentenza Simpson (punto 75).


90      V. punto 145. V. anche sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi) (C‑824/18, EU:C:2021:153, punto 128).


91      Ustawa – Kodeks postępowania cywilnego (legge recante il codice di procedura civile) del 17 novembre 1964 (Dz. U 2020, posizione 1575, come modificata).


92      Ustawa – Kodeks postępowania karnego (legge recante il codice di procedura penale) del 6 giugno 1997 (Dz. U 2021, posizione 534, come modificata).


93      Ustawa – Prawo o postępoaniu przed sądami administracyjnymi (legge che disciplina il procedimento dinanzi ai giudici amministrativi) del 30 agosto 2002 (Dz. U 2019, posizione 2325, come modificata).


94      V. articolo 200, paragrafo 1, del codice di procedura civile e articolo 35, paragrafo 1, del codice di procedura penale.


95      V. sentenza Simpson. V. altresì sentenza della Corte EDU, 1º dicembre 2020, Guðmundur Andri Ástráðsson c. Islanda (CE:ECHR:2020:1201JUD002637418).


96      Sentenza del 28 gennaio 2016, Commissione/Portogallo (C‑398/14, EU:C:2016:61, punto 47).


97      V., in tal senso, sentenza dell’11 novembre 2010, Commissione/Portogallo (C‑543/08, EU:C:2010:669, punti 20 e 21 e giurisprudenza ivi citata).


98      Che riprende a sua volta il testo dell’articolo 42a, paragrafo 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, e dell’articolo 5, paragrafo 1b, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata.


99      V., in particolare, articolo 26, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata.


100      V. articolo 179 della Costituzione della Repubblica di Polonia, il quale prevede che il presidente della Repubblica nomini i giudici, su proposta della KRS, a tempo indeterminato. L’articolo 180 della Costituzione della Repubblica di Polonia prevede che i giudici siano inamovibili. Ai sensi dell’articolo 186 della Costituzione della Repubblica di Polonia, la KRS è competente a garantire l’indipendenza degli organi giurisdizionali e del potere giudiziario.


101      Sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi) (C‑824/18, EU:C:2021:153).


102      Sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi) (C‑824/18, EU:C:2021:153, punto 156).


103      V. articolo 26, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata.


104      V. punto 62 del ricorso della Commissione.


105      Che sembra applicare retroattivamente l’articolo 55, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata.


106      V. punto 55.


107      Sentenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) del 2 giugno 2020 (causa P 13/19) (Dz. U. del 2020, posizione 1017).


108      Sentenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) del 23 febbraio 2022 (causa P 10/19) (Dz. U. del 2022, posizione 480).


109      Nella quale siedono giudici selezionati sulla base dell’articolo 9a della ustawa o Krajowej Radzie Sądownictwa (legge sulla KRS) del 12 maggio 2011 (Dz. U. del 2011, n. 126, posizione 714), come modificata, inter alia, dalla ustawa o zmianie ustawy o Krajowej Radzie Sądownictwa oraz niektórych innych ustaw (legge recante modifiche della legge sul Consiglio nazionale della magistratura e di talune altre leggi) dell’8 dicembre 2017 (Dz. U. del 2018, posizione 3), e dalla ustawa o zmianie ustawy – Prawo o ustroju sądów powszechnych oraz niektórych innych ustaw (legge recante modifiche della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari e di talune altre leggi) del 20 luglio 2018 (Dz. U. del 2018, posizione 1443). V. sentenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) del 4 marzo 2020 (causa P 22/19) (Dz. U. del 2020, posizione 413).


110      Nella fattispecie, le disposizioni nazionali concernenti l’imparzialità e la ricusazione dei giudici.


111      V. il paragrafo 110 delle presenti conclusioni.


112      L’articolo 29, paragrafo 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, estende ai giudici amministrativi l’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata.


113      L’articolo 49, paragrafo 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, estende ai giudici della Corte suprema amministrativa l’applicazione dell’articolo 72, paragrafo 1, punti 2 e 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata.


114      V. articolo 109, paragrafo 1a, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata.


115      Vale a dire atti o omissioni idonei a ostacolare o compromettere seriamente il funzionamento di un’autorità giudiziaria o atti che mettono in discussione l’esistenza del rapporto di lavoro di un giudice, l’efficacia della nomina di un giudice o la legittimazione di un organo costituzionale della Repubblica di Polonia. Tali giudici sono oggetto di una sanzione pecuniaria o della rimozione dalle funzioni qualora si accerti che abbiano commesso illeciti minori: articolo 75, paragrafo 1, lettera a), della legge sulla Corte suprema, come modificata.


116      V. la prima censura della Commissione.


117      V. la seconda censura della Commissione.


118      V. punto 55. V. la prima censura della Commissione.


119      Sentenza del 25 luglio 2018 (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 67).


120      V. sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punti da 55 a 59).


121      Come descritto nella causa che ha dato luogo alla sentenza «Regime disciplinare dei giudici».


122      V. punto 140.


123      In particolare, l’articolo 10 dell’ordinanza n. 58‑1270 del 22 dicembre 1958 recante la legge organica sullo status della magistratura.


124      I quali riguardano gli «atti che mettono in discussione il rapporto di lavoro di un giudice, l’efficacia della nomina di un giudice o la legittimazione di un organo costituzionale della Repubblica di Polonia».


125      Sentenze della Corte suprema dell’8 marzo 2012 (causa SNO 4/12) e dell’11 dicembre 2014 (causa SNO 61/14).


126      Sentenza della Corte suprema del 22 giugno 2015 (causa SNO 36/15).


127      V., ad esempio, sentenza del 19 marzo 2020, Sánchez Ruiz e a. (C‑103/18 e C‑429/18, EU:C:2020:219).


128      Sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punti 61 e 134 e giurisprudenza ivi citata).


129      Sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punto 136).


130      V., per analogia, sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punto 137).


131      V., per analogia, sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punto 138).


132      V., per analogia «Regime disciplinare dei giudici» (punto 139).


133      Sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punto 140).


134      Sentenza del 22 febbraio 2022, RS (Effetti delle decisioni di un giudice costituzionale) (C‑430/21, EU:C:2022:99, punto 85 e giurisprudenza ivi citata).


135      Sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punto 142 e giurisprudenza ivi citata).


136      Al fine di confutare taluni argomenti dedotti nel controricorso, la replica conteneva un succinto riferimento, in generale, al regime disciplinare in Polonia, nonché alla mancanza di indipendenza della Sezione disciplinare. Nella replica si conferma che il ricorso non era fondato su tali elementi.


137      V., per analogia, sentenza del 15 luglio 2004, Commissione/Germania (C‑139/03, non pubblicata, EU:C:2004:461).


138      La sentenza Simpson richiede l’effettuazione di siffatto esame.


139      Inoltre, a un giudice nazionale non può incorrere in responsabilità disciplinare per aver disapplicato il diritto nazionale al fine di ottemperare a una sentenza pronunciata in via pregiudiziale della Corte. V., per analogia, sentenza del 22 febbraio 2022, RS (Effetti delle decisioni di un giudice costituzionale) (C‑430/21, EU:C:2022:99, punto 88).


140      V. sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi) (C‑824/18, EU:C:2021:153, punto 128 e segg. nonché giurisprudenza ivi citata). Ad esempio, si potrebbe affermare che l’esame del ruolo della KRS nella procedura che conduce alla nomina di un giudice integra un illecito disciplinare.


141      V. sentenze del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) del 4 marzo 2020, (causa P 22/19) (Dz. U. del 2020, posizione 413); del 2 giugno 2020 (causa P 13/20) (Dz. U. del 2020, posizione 1017), e del 23 febbraio 2022 (causa P 10/19) (Dz. U. del 2022, posizione 480), discusse al paragrafo 144 delle presenti conclusioni.


142      Sentenza della Corte suprema del 22 giugno 2015 (causa SNO 36/15).


143      Dz. U. del 2018, posizione 5. V., in tal senso, sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punto 145).


144      Sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punti 126, 127 e 149 e segg.).


145      V. decisione del 4 febbraio 2020, II DO 1/20, nella quale la Sezione disciplinare ha statuito che, in linea di principio, a un giudice può essere imputato un illecito disciplinare sulla base dell’articolo 107, paragrafo 1, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari per aver ingiunto al Sejm, asseritamente in violazione manifesta e flagrante delle disposizioni di legge, di produrre documenti relativi alla procedura di nomina dei membri della KRS nella sua nuova composizione. Sentenza «Regime disciplinare dei giudici») (punti 150 e 151).


146      Sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punto 152).


147      Sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punto 153 e giurisprudenza ivi citata).


148      Sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punti 113 e 147).


149      Il quale definisce gli illeciti disciplinari in termini che non soddisfano i requisiti di chiarezza e di precisione enunciati al paragrafo 175 delle presenti conclusioni, né garantisce che la responsabilità disciplinare dei giudici a causa delle loro decisioni sia strettamente limitata a circostanze del tutto eccezionali, come esposto al paragrafo 173 delle presenti conclusioni.


150      V., in tal senso, sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punto 145).


151      Al punto 171 della sentenza A.K. si dichiara che i requisiti di un giudice indipendente e imparziale non sono soddisfatti quando le condizioni oggettive nelle quali è stato creato l’organo di cui trattasi e le caratteristiche del medesimo nonché il modo in cui i suoi membri sono stati nominati siano idonei a generare dubbi legittimi, nei singoli, quanto all’impermeabilità di detto organo rispetto a elementi esterni, in particolare rispetto a influenze dirette o indirette dei poteri legislativo ed esecutivo, e quanto alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti. Ciò può portare a una mancanza di apparenza di indipendenza o di imparzialità di detto organo, tale da ledere la fiducia che la giustizia deve ispirare a detti singoli in una società democratica.


152      La KRS è disciplinata dalla legge sulla KRS del 12 maggio 2011, come modificata, V. nota 109 delle presenti conclusioni.


153      V. sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi) (C‑824/18, EU:C:2021:153, punti da 160 a 164).


154      Ordinanza dell’8 aprile 2020, Commissione/Polonia (C‑791/19 R, EU:C:2020:277, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


155      Corte EDU, 22 luglio 2021, Reczkowicz c. Polonia, CE:ECHR:2021:0722JUD004344719.


156      V. sentenza A.K. (punto 133).


157      Le candidature devono essere conformi all’articolo 31, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema.


158      Belgio, Germania, Irlanda, Francia, Cipro e Finlandia.


159      V. sentenze del 9 luglio 2020, Land Hessen (C‑272/19, EU:C:2020:535); del 16 luglio 2020, Governo della Repubblica italiana (Status dei giudici di pace italiani) (C‑658/18, EU:C:2020:572), e del 20 aprile 2021, Repubblika (C‑896/19, EU:C:2021:311). V. anche ordinanza del vicepresidente della Corte del 10 settembre 2020, Consiglio/Sharpston [C‑424/20 P (R), non pubblicata, EU:C:2020:705].


160      Sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a. (C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punti da 210 a 213).


161      V., in tal senso, sentenza del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorsi) (C‑824/18, EU:C:2021:153, punto 112 e giurisprudenza ivi citata).


162      V. anche ordinanza del 14 luglio 2021 (punto 81).


163      V., per analogia, sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punti 80 e 83).


164      Condivido l’osservazione della Repubblica di Finlandia in udienza secondo cui la Repubblica di Polonia non può utilmente invocare singoli aspetti del regime disciplinare dei giudici in altri Stati membri. Oltre al fatto che tali regimi non sono oggetto del presente procedimento, essi devono essere esaminati nel loro complesso tenendo conto, in particolare, delle caratteristiche dell’organo o degli organi giurisdizionali di cui trattasi, del contesto nel quale sono stati istituiti e della procedura di nomina dei loro membri.


165      Sentenza del 15 luglio 2021 (C‑791/19, EU:C:2021:59). Conformemente a una giurisprudenza costante, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, nella fattispecie il 17 luglio 2019. V. sentenza del 18 ottobre 2018, Commissione/Regno Unito (C‑669/16, EU:C:2018:844, punto 40 e giurisprudenza ivi citata). Nella presente causa, i pareri motivati sono chiaramente successivi a tale data. Le statuizioni della Corte di cui alla sentenza «Regime disciplinare dei giudici» per quanto attiene alla Sezione disciplinare sono applicabili alla presente causa. È quindi particolarmente degno di nota il fatto che la Repubblica di Polonia non abbia confutato gli argomenti della Commissione fondati su tale sentenza.


166      Nelle sue sentenze del 5 dicembre 2019 e nelle sue ordinanze del 15 gennaio 2020, la Sezione per il lavoro e la previdenza sociale della Corte suprema, pronunciandosi nelle controversie che hanno dato luogo alla sentenza A.K., ha dichiarato, da un lato, che la KRS, nella sua composizione attuale, non costituisce un organo imparziale e indipendente dai poteri legislativo ed esecutivo e, dall’altro, che la Sezione disciplinare non è un giudice indipendente e imparziale, tenuto conto delle circostanze della sua creazione, della portata delle sue competenze, della sua composizione e del coinvolgimento della KRS nella sua istituzione.


167      Con ordinanza dell’8 aprile 2020, Commissione/Polonia (C‑791/19 R, EU:C:2020:277), la Corte ha ingiunto alla Repubblica di Polonia, in particolare, di sospendere immediatamente, e sino alla pronuncia della sentenza che avrebbe posto fine al giudizio nella causa C‑791/19, l’applicazione delle disposizioni della legge sulla Corte suprema del 2017 che attribuiscono alla Sezione disciplinare la competenza a statuire sulle cause disciplinari concernenti i giudici e di astenersi dal rimettere tali cause a detta sezione. V. anche ordinanza del 14 luglio 2021; ordinanza della vicepresidente della Corte del 6 ottobre 2021, Polonia/Commissione (C‑204/21 R-RAP, EU:C:2021:834); e ordinanza del vicepresidente della Corte del 27 ottobre 2021, Commissione/Polonia (C‑204/21 R, non pubblicata, EU:C:2021:878).


168      Escludendo così qualsiasi possibilità di trasferire a tale sezione giudici della Corte suprema in carica, sebbene siffatti trasferimenti fossero, in linea di principio, consentiti.


169      23 dei 25 membri della KRS nella sua nuova composizione sono stati nominati dal potere esecutivo o legislativo polacco o ne sono membri. In precedenza, i giudici nominavano 15 membri della KRS tra i propri ranghi.


170      Legge sulla Corte suprema dell’8 dicembre 2017 (Dz. U. del 2018, posizione 5), nella versione consolidata pubblicata nel Dziennik Ustaw Rzeczypospolitej Polskiej del 2019 (posizione 825), (in prosieguo: la «legge sulla Corte suprema del 2017»).


171      Consistente, fra l’altro, nella creazione di due nuove sezioni all’interno di tale Corte, tra cui la Sezione disciplinare, oltre che nell’introduzione di un meccanismo per l’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici della Corte suprema e la sua applicazione ai giudici in carica presso tale organo. La cessazione anticipata dei mandati di taluni membri della KRS e la ricostituzione di tale organo hanno avuto luogo in un contesto nel quale ci si attendeva che numerosi posti sarebbero stati da coprire a breve all’interno della Corte suprema e, in particolare, nella Sezione disciplinare.


172      La Corte ha altresì dichiarato che un tale sviluppo costituisce una regressione nella tutela del valore dello Stato di diritto. Sentenza «Regime disciplinare dei giudici» (punto 112).


173      Sentenza del 24 giugno 2019 (C‑619/18, EU:C:2019:531).


174      V. articolo 88a, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata.


175      L’articolo 178, paragrafo 3, della Costituzione della Repubblica di Polonia vieta ai giudici di appartenere a un partito politico.


176      V. articolo 88a, paragrafo 1, punti 1 e 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata.


177      Esso prevede che «[s]ebbene il presente regolamento si applichi, tra l’altro, anche alle attività delle autorità giurisdizionali e di altre autorità giudiziarie, il diritto dell’Unione o degli Stati membri potrebbe specificare le operazioni e le procedure di trattamento relativamente al trattamento dei dati personali effettuato da autorità giurisdizionali e da altre autorità giudiziarie. Non è opportuno che rientri nella competenza delle autorità di controllo il trattamento di dati personali effettuato dalle autorità giurisdizionali nell’adempimento delle loro funzioni giurisdizionali, al fine di salvaguardare l’indipendenza della magistratura nell’adempimento dei suoi compiti giurisdizionali, compreso il processo decisionale. Si dovrebbe poter affidare il controllo su tali trattamenti di dati ad organismi specifici all’interno del sistema giudiziario dello Stato membro, che dovrebbero in particolare assicurare la conformità alle norme del presente regolamento, rafforzare la consapevolezza della magistratura con riguardo agli obblighi che alla stessa derivano dal presente regolamento ed esaminare i reclami in relazione a tali operazioni di trattamento dei dati».


178      Articolo 7 della Carta.


179      Articolo 8 della Carta.


180      V. articolo 6, paragrafo 3, ultima frase, in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, lettera b), e con l’articolo 6, paragrafo 1, lettere c) ed e), del RGPD.


181      L’articolo 178, paragrafo 3, della Costituzione della Repubblica di Polonia prevede siffatto requisito.


182      Articoli 53, 54, 57 e 58.


183      Nella sentenza del 21 maggio 2019, Commissione/Ungheria (Usufrutto su terreni agricoli) (C‑235/17, EU:C:2019:432), è stato statuito che l’Ungheria era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’articolo 63 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 17 della Carta. Al punto 65 di tale sentenza si è dichiarato che il ricorso, da parte di uno Stato membro, a eccezioni previste dal diritto dell’Unione per giustificare un ostacolo a una libertà fondamentale garantita dal Trattato deve essere considerato come «attuazione del diritto dell’Unione» ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. V. anche sentenze del 18 giugno 2020, Commissione/Ungheria (Trasparenza associativa) (C‑78/18, EU:C:2020:476, punti da 101 a 104) e del 6 ottobre 2020, Commissione/Ungheria (Istruzione superiore) (C‑66/18, EU:C:2020:792, punti da 212 a 216).


184      V., per analogia, sentenza del 10 giugno 2021, Land Oberösterreich (Indennità di alloggio) (C‑94/20, EU:C:2021:477, punto 59 e giurisprudenza ivi citata).


185      Sentenza del 26 febbraio 2013 (C‑617/10, EU:C:2013:105).


186      V., in tal senso, sentenza del 24 settembre 2020, NK (Pensioni aziendali del personale dirigente) (C‑223/19, EU:C:2020:753, punti 78 e 79).


187      Secondo costante giurisprudenza, la circostanza per cui informazioni si inseriscono nel contesto di un’attività professionale non è idonea a privarle della loro qualificazione come dati personali. Sentenza del 9 marzo 2017, Manni (C‑398/15, EU:C:2017:197, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


188      V. per analogia, sentenza del 27 settembre 2017, Puškár (C‑73/16, EU:C:2017:725, punti 33 e 34). V. anche sentenza del 24 febbraio 2022, Valsts ieņēmumu dienests (Trattamento dei dati personali a fini fiscali) (C‑175/20, EU:C:2022:124, punti da 33 a 35). L’ambito di applicazione dell’articolo 4, punto 2, del RGPD, che si riferisce a «qualsiasi operazione», è formulato in termini molto ampi.


189      Sentenza del 29 marzo 2022, Getin Noble Bank (C‑132/20, EU:C:2022:235, punto 88 e giurisprudenza ivi citata).


190      Le eccezioni previste all’articolo 2, paragrafo 2, del RGPD devono essere interpretate restrittivamente. Sentenza del 24 febbraio 2022, Valsts ieņēmumu dienests (Trattamento dei dati personali a fini fiscali) (C‑175/20, EU:C:2022:124, punto 40 e giurisprudenza ivi citata).


191      Sentenza del 22 giugno 2021 (C‑439/19, EU:C:2021:504, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).


192      Facendo riferimento all’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del RGPD e all’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, l’avvocato generale Szpunar ha ritenuto che la logica della Carta sia diversa da quella del RGPD. La Carta ha lo scopo di regolare l’esercizio dei poteri da parte delle istituzioni dell’Unione e degli Stati membri quando essi operano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e, viceversa, forniscono ai singoli uno scudo per far valere i loro diritti. La protezione dei dati personali è tuttavia più di un diritto fondamentale. Per quanto concerne l’articolo 16 TFUE, la protezione dei dati costituisce di per sé un settore della politica dell’Unione. L’obiettivo del RGPD consiste nell’applicarsi a qualsiasi forma di trattamento di dati personali, indipendentemente dal relativo oggetto o dai soggetti che lo effettuano. V. conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità) C‑439/19, EU:C:2020:1054, paragrafi da 50 a 52).


193      Il quale fa riferimento alle attività riguardanti la sicurezza nazionale e la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione.


194      Desidero aggiungere, per ragioni di completezza, che l’articolo 2, paragrafo 2, lettere b), e c), del RGPD non esclude l’organizzazione della giustizia o l’attività giurisdizionale dall’ambito di applicazione di tale regolamento. La Repubblica di Polonia non si fonda sull’esclusione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), del RGPD, che riguarda i trattamenti di dati personali effettuati dalle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento o perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali. Nulla nel fascicolo indica che le disposizioni nazionali di cui trattasi abbiano ad oggetto una qualsiasi di tali finalità. La Repubblica di Polonia afferma che l’imposizione di tali obblighi ha lo scopo di fornire informazioni a una parte al fine di facilitare la presentazione di un’istanza motivata di ricusazione di un giudice.


195      V. articolo 9, paragrafo 2, lettera f), articolo 37, paragrafo 1, lettera a), e articolo 55, paragrafo 3, del RGPD. V. anche la deroga di cui all’articolo 23, paragrafo 1, lettera f), del RGPD per quanto riguarda la salvaguardia dell’indipendenza della magistratura e dei procedimenti giudiziari.


196      Come osservato dalla Repubblica di Finlandia in udienza.


197      V., per analogia, sentenza del 27 settembre 2017, Puškár (C‑73/16, EU:C:2017:725, punto 102).


198      Sentenza del 6 ottobre 2020, La Quadrature du Net e a. (C‑511/18, C‑512/18 e C‑520/18, EU:C:2020:791, punto 208 e giurisprudenza ivi citata). Conformemente all’articolo 23 del RGPD, l’Unione e gli Stati membri possono adottare «misure legislative» che limitino la portata degli obblighi e dei diritti di cui, in particolare, al suo articolo 5, nella misura in cui le disposizioni ivi contenute corrispondano ai diritti e agli obblighi di cui agli articoli da 12 a 22, qualora tale limitazione rispetti l’essenza dei diritti e delle libertà fondamentali e sia necessaria e proporzionata in una società democratica. L’articolo 23, paragrafo 1, lettera f), del RGPD prevede che possano essere adottate restrizioni ai fini della «salvaguardia dell’indipendenza della magistratura e dei procedimenti giudiziari». La Repubblica di Polonia non invoca tale disposizione e afferma specificamente che gli obiettivi delle disposizioni nazionali in questione non riguardano l’indipendenza della magistratura.


199      Non vi è una chiara distinzione tra i principi enunciati all’articolo 5 del RGPD e la liceità del trattamento di cui all’articolo 6 di quest’ultimo, e le due disposizioni si sovrappongono in una certa misura. La Commissione non ha sostenuto che le misure nazionali di cui trattasi violano l’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), del RGPD sulla minimizzazione dei dati, poiché essa ritiene che il trattamento dei dati personali di cui trattasi, nelle modalità previste dalle disposizioni nazionali, sia illecito nel suo complesso.


200      Sentenza del 22 giugno 2021 (C‑439/19, EU:C:2021:504, punto 99).


201      Gli Stati membri non possono aggiungere all’articolo 6 del RGPD nuovi principi relativi alla legittimità dei trattamenti di dati personali, né prevedere requisiti supplementari che modifichino la portata di uno dei sei principi previsti da tale articolo. Ne consegue che, per poter essere considerato legittimo, un trattamento di dati personali deve rientrare in uno dei sei casi previsti dall’articolo 6, paragrafo 1, del RGPD.V., per analogia, sentenza dell’11 dicembre 2019, Asociaţia de Proprietari bloc M5A-ScaraA (C‑708/18, EU:C:2019:1064, punti 37 e 38).


202      La Repubblica di Polonia ha confermato in udienza che le dichiarazioni di tutti i giudici, ad eccezione di quelle dei presidenti delle Corti d’appello ordinarie, sono trasmesse al presidente della Corte d’appello ordinaria competente e sono pubblicamente accessibili sul sito Internet di tali organi giurisdizionali. I presidenti delle Corti d’appello ordinarie trasmettono le loro dichiarazioni al Ministro della Giustizia: articolo 88a, paragrafo 4, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata. L’articolo 45, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, e l’articolo 8, paragrafo 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata, prevedono, in particolare, che i giudici della Corte suprema e della Corte suprema amministrativa trasmettono le loro dichiarazioni, rispettivamente, al primo presidente della Corte suprema e al primo presidente della Corte suprema amministrativa, e che questi ultimi trasmettono le proprie dichiarazioni alla KRS. Secondo la Repubblica di Polonia, i dati personali dei presidenti delle Corti d’appello sono pubblicati dal Ministro della Giustizia, che agisce quindi in qualità di titolare del trattamento ai sensi dell’articolo 4, punto 7, del RGPD, poiché determina «i mezzi del trattamento di dati personali». I presidenti delle Corti d’appello ordinarie agiscono in qualità di titolari del trattamento dei dati personali dei giudici ordinari. Il primo presidente della Corte suprema e il primo presidente della Corte suprema amministrativa agiscono in qualità di titolari del trattamento dei dati personali dei giudici dei rispettivi organi giurisdizionali. La KRS agisce in qualità di titolare del trattamento dei dati personali dei primi presidenti della Corte suprema e della Corte suprema amministrativa. I trattamenti in questione sarebbero necessari ai fini dell’adempimento, da parte del Ministro della Giustizia, dei presidenti delle Corti d’appello, dei primi presidenti della Corte suprema e della Corte suprema amministrativa, nonché della KRS, dei loro obblighi derivanti dall’articolo 88a della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, dell’articolo 45, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, e dell’articolo 8, paragrafo 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata. V. articolo 6, paragrafo 1, lettera c), del RGPD.


203      Faccio riferimento a tali disposizioni in quanto invocate dalla Commissione.


204      V. anche articolo 52, paragrafo 1, della Carta.


205      Sentenza del 16 luglio 2020, Facebook Ireland e Schrems (C‑311/18, EU:C:2020:559, punto 172 e giurisprudenza ivi citata).


206      Sentenza del 22 giugno 2021, Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità) (C‑439/19, EU:C:2021:504, punto 105).


207      L’obiettivo di rafforzare l’imparzialità e la neutralità politica dei giudici, nonché la fiducia nella loro imparzialità, può rientrare nella nozione della garanzia dell’accesso a un giudice imparziale.


208      Inoltre, la Commissione non sostiene che le disposizioni nazionali in questione non siano sufficientemente precise e chiare, o che non facciano riferimento all’obiettivo da esse perseguito, come richiesto dall’articolo 6, paragrafo 3, del RGPD. Pertanto, sebbene la finalità delle disposizioni nazionali in questione non emerga in modo evidente dalla loro formulazione, non è su tale aspetto che la Commissione si fonda per affermare che la Repubblica di Polonia non si è conformata all’articolo 6, paragrafo 3, del RGPD.


209      V. anche l’articolo 45, paragrafo 1, della Costituzione della Repubblica di Polonia.


210      Ai sensi del considerando 51 del RGPD meritano una specifica protezione i dati personali che, per loro natura, sono particolarmente sensibili sotto il profilo dei diritti e delle libertà fondamentali, dal momento che il contesto del loro trattamento potrebbe creare rischi significativi per i diritti e le libertà fondamentali.


211      Che, è per la maggior parte delle applicazioni pratiche, identico all’articolo 45, paragrafo 3, della legge sulla Corte suprema, come modificata, e all’articolo 8, paragrafo 2, della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali amministrativi, come modificata.


212      L’articolo 88a della legge sull’organizzazione degli organi giurisdizionali ordinari, come modificata, utilizza i termini «zrzeszenie» and «stowarzyszenie», i quali possono essere entrambi tradotti in inglese con il termine «association» (associazione). Mentre il termine «stowarzyszenie» è definito nella legge polacca del 7 aprile 1989 sulle associazioni, non vi è alcuna definizione del termine «zrzeszenie», che è più ampio e include il termine «stowarzyszenie». «Zrzeszenie» indica tutti i raggruppamenti di persone che perseguono un obiettivo comune.


213      Il divieto di cui all’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD, fatte salve le eccezioni ivi previste, si applica a qualsiasi tipo di trattamento delle categorie particolari di dati di cui alle suddette disposizioni e a tutti i responsabili del trattamento che effettuano siffatti trattamenti. Sentenza del 24 settembre 2019, GC e a. (Deindicizzazione di dati sensibili) (C‑136/17, EU:C:2019:773, punto 42). Inoltre, la tutela del diritto fondamentale al rispetto della vita privata garantito dall’articolo 7 e dall’articolo 8, paragrafo 1, della Carta, impone che le deroghe alla tutela dei dati personali e le limitazioni della stessa debbano avvenire nei limiti dello stretto necessario. V., per analogia, sentenze dell’11 dicembre 2014, Ryneš (C‑212/13, EU:C:2014:2428, punto 28) e del 5 aprile 2022, Commissioner of the Garda Síochána e a. (C‑140/20, EU:C:2022:258, punto 52). V. anche sentenza del 3 ottobre 2019, A e a. (C‑70/18, EU:C:2019:823, punto 29) sull’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU 1995, L 281, pag. 31), che corrisponde all’articolo 9, paragrafo 1, del RGPD.


214      V., in tal senso, sentenza del 29 marzo 2022, Getin Noble Bank (C‑132/20, EU:C:2022:235, punto 95). Le garanzie di indipendenza e di imparzialità impongono l’adozione di norme che permettano di fugare qualsiasi dubbio legittimo nei singoli quanto all’impermeabilità dei giudici rispetto ad elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti (punto 119). Poiché l’accesso a un giudice imparziale è fondamentale per lo Stato di diritto, l’obiettivo di cui trattasi non è semplicemente di interesse generale o di interesse pubblico, ma risponde, a mio avviso, al requisito più elevato previsto all’articolo 9, paragrafo 2, lettera g), del RGPD, ossia costituisce un motivo «di interesse pubblico rilevante».


215      Sentenza del 29 marzo 2022, Getin Noble Bank (C‑132/20, EU:C:2022:235, punto 107).


216      Tali persone potrebbero avere accesso a dati personali sensibili per ragioni totalmente estranee all’obiettivo di interesse generale invocato dalla Repubblica di Polonia. V., in tal senso, sentenza del 22 giugno 2021, Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità) (C‑439/19, EU:C:2021:504, punto 118).