Language of document : ECLI:EU:C:2023:113

SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

16 febbraio 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica d’asilo – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale – Articolo 6, paragrafo 1 – Interesse superiore del minore – Articolo 16, paragrafo 1 – Persona a carico – Articolo 17, paragrafo 1 – Clausola discrezionale – Attuazione da parte di uno Stato membro – Cittadina di un paese terzo in stato di gravidanza al momento della presentazione della sua domanda di protezione internazionale – Matrimonio – Coniuge beneficiario di una protezione internazionale nello Stato membro interessato – Decisione di rifiuto di trattare la domanda e di trasferire la richiedente verso un altro Stato membro considerato competente per tale domanda»

Nella causa C‑745/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia, Paesi Bassi), con decisione del 29 novembre 2021, pervenuta in cancelleria il 2 dicembre 2021, nel procedimento

L.G.

contro

Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid,

LA CORTE (Decima Sezione),

composta da D. Gratsias, presidente di sezione, E. Regan (relatore), presidente della Quinta Sezione, e Z. Csehi, giudice,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per L.G., da F. van Dijk e A. Khalaf, advocaten;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e M.H.S. Gijzen, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da L. Grønfeldt e F. Wilman, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31; in prosieguo: il «regolamento Dublino III»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra una cittadina di un paese terzo e lo staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Segretario di Stato alla Giustizia e alla Sicurezza, Paesi Bassi) (in prosieguo: il «Segretario di Stato») in merito alla decisione di quest’ultimo di rifiutarsi di trattare la domanda di protezione internazionale depositata da tale cittadina e di trasferire quest’ultima verso la Repubblica di Lituania per il motivo che tale altro Stato membro è competente per l’esame di tale domanda.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Il regolamento (UE) n. 343/2003

3        L’articolo 15 del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU 2003, L 50, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento Dublino II»), contenuto nel capo IV di tale regolamento, intitolato «Clausola umanitaria», al paragrafo 2 prevedeva quanto segue:

«Nel caso in cui la persona interessata sia dipendente dall’assistenza dell’altra a motivo di una gravidanza, maternità recente, malattia grave, serio handicap o età avanzata, gli Stati membri possono lasciare insieme o ricongiungere il richiedente asilo e un altro parente che si trovi nel territorio di uno degli Stati membri, a condizione che i legami familiari esistessero nel paese d’origine».

4        Il regolamento Dublino II è stato abrogato e sostituito dal regolamento Dublino III in data 19 luglio 2013.

 Il regolamento Dublino III

5        Contenuto nel capo I del regolamento Dublino III, intitolato «Oggetto e definizioni», l’articolo 2 di quest’ultimo, intitolato «Definizioni», è così formulato:

«Ai fini del presente regolamento si intende per:

(...)

g)      “familiari”: i seguenti soggetti appartenenti alla famiglia del richiedente, purché essa sia già costituita nel paese di origine, che si trovano nel territorio degli Stati membri:

–        il coniuge del richiedente o il partner non legato da vincoli di matrimonio con cui abbia una relazione stabile, qualora il diritto o la prassi dello Stato membro interessato assimilino la situazione delle coppie di fatto a quelle sposate nel quadro della normativa sui cittadini di paesi terzi,

(...)».

6        Contenuto nel capo II di tale regolamento, intitolato «Principi generali e garanzie», l’articolo 3 di quest’ultimo, intitolato «Accesso alla procedura di esame di una domanda di protezione internazionale», al paragrafo 1 così dispone:

«Gli Stati membri esaminano qualsiasi domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro, compreso alla frontiera e nelle zone di transito. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III».

7        L’articolo 6 di detto regolamento, rubricato «Garanzie per i minori», così recita:

«1.      L’interesse superiore del minore deve costituire un criterio fondamentale nell’attuazione, da parte degli Stati membri, di tutte le procedure previste dal presente regolamento.

(...)

3.      Nel valutare l’interesse superiore del minore, gli Stati membri cooperano strettamente tra loro e tengono debito conto, in particolare, dei seguenti fattori:

a)      le possibilità di ricongiungimento familiare;

(...)».

8        Il capo III del regolamento Dublino III, intitolato «Criteri per determinare lo Stato membro competente», contiene gli articoli da 7 a 15.

9        Ai sensi dell’articolo 9 di tale regolamento, intitolato «Familiari beneficiari di protezione internazionale»:

«Se un familiare del richiedente, a prescindere dal fatto che la famiglia fosse già costituita nel paese di origine, è stato autorizzato a soggiornare in qualità di beneficiario di protezione internazionale in uno Stato membro, tale Stato membro è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale, purché gli interessati abbiano espresso tale desiderio per iscritto».

10      L’articolo 12 di detto regolamento, intitolato «Rilascio di titoli di soggiorno o visti», ai paragrafi 2 e 3 dispone quanto segue:

«2.      Se il richiedente è titolare di un visto in corso di validità, lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale è quello che ha rilasciato il visto (...)

3.      Se il richiedente è titolare di più titoli di soggiorno o visti in corso di validità, rilasciati da vari Stati membri, lo Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale è, nell’ordine:

a)      lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno che conferisce il diritto di soggiorno più lungo o, se la validità temporale è identica, lo Stato membro che ha rilasciato il titolo di soggiorno la cui scadenza è più lontana;

b)      lo Stato membro che ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana, quando i visti sono di analoga natura;

c)      quando si tratta di visti di natura diversa, lo Stato membro che ha rilasciato il visto di validità più lunga o, in caso di validità identica, lo Stato membro che ha rilasciato il visto la cui scadenza è più lontana».

11      Contenuto nel capo IV del regolamento Dublino III, intitolato «Persone a carico e clausole discrezionali», l’articolo 16 di quest’ultimo, intitolato «Persone a carico», al paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Laddove a motivo di una gravidanza, maternità recente, malattia grave, grave disabilità o età avanzata un richiedente sia dipendente dall’assistenza del figlio, del fratello o del genitore legalmente residente in uno degli Stati membri o laddove un figlio, un fratello o un genitore legalmente residente in uno degli Stati membri sia dipendente dall’assistenza del richiedente, gli Stati membri lasciano insieme o ricongiungono il richiedente con tale figlio, fratello o genitore, a condizione che i legami familiari esistessero nel paese d’origine, che il figlio, il fratello, il genitore o il richiedente siano in grado di fornire assistenza alla persona a carico e che gli interessati abbiano espresso tale desiderio per iscritto».

12      Nel medesimo capo, l’articolo 17 di tale regolamento, intitolato «Clausole discrezionali», al paragrafo 1, primo comma, prevede quanto segue:

«In deroga all’articolo 3, paragrafo 1, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento».

13      Contenuto nella sezione 1 del capo VI di detto regolamento, intitolato «Procedure di presa in carico e ripresa in carico», l’articolo 20 di quest’ultimo, intitolato «Avvio della procedura» al suo paragrafo 3 così dispone:

«Ai fini del presente regolamento, la situazione di un minore che accompagna il richiedente e risponde alla definizione di familiare, è indissociabile da quella del suo familiare e rientra nella competenza dello Stato membro competente per l’esame della domanda di protezione internazionale del suddetto familiare, anche se il minore non è personalmente un richiedente, purché ciò sia nell’interesse superiore del minore. Lo stesso trattamento è riservato ai figli nati dopo che i richiedenti sono giunti nel territorio degli Stati membri senza che sia necessario cominciare una nuova procedura di presa in carico degli stessi».

 Diritto dei Paesi Bassi

14      In forza dell’articolo 2 del libro primo del Burgerlijk Wetboek (codice civile dei Paesi Bassi), il figlio di cui una donna è in attesa è considerato come già nato quando lo esiga il suo interesse.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15      La ricorrente nel procedimento principale, cittadina siriana, ha ottenuto dalla rappresentanza della Repubblica di Lituania in Bielorussia un visto valido dal 10 agosto 2016 al 9 novembre 2017.

16      Nel luglio 2017, ella ha lasciato la Siria e, dopo aver attraversato, in particolare, la Turchia, la Grecia, la Lituania e la Polonia, ha raggiunto i Paesi Bassi il 27 settembre 2017.

17      Il 28 settembre 2017 la ricorrente nel procedimento principale ha presentato una domanda di asilo nei Paesi Bassi.

18      Il 10 ottobre 2017, tale ricorrente ha sposato un cittadino di un paese terzo cui era già stato accordato l’asilo da parte di tale Stato membro nel quale risiede dal 2011. Detta ricorrente e suo marito si conoscevano prima del loro matrimonio, ma all’epoca non vivevano insieme.

19      Il 12 ottobre 2017 le autorità dei Paesi Bassi hanno chiesto alle autorità lituane di prendere in carico la ricorrente nel procedimento principale, sulla base del rilievo che la Repubblica di Lituania doveva essere considerata competente per l’esame della domanda di asilo, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2 o 3, del regolamento Dublino III.

20      Il 12 dicembre 2017 le autorità lituane hanno accettato tale presa in carico.

21      Poiché il Segretario di Stato ha emesso, il 2 febbraio 2018, un progetto di decisione di trasferimento della ricorrente nel procedimento principale verso la Lituania, tale ricorrente ha presentato le sue osservazioni su tale progetto, dichiarando e provando, il 16 febbraio 2018, di essere in stato di gravidanza.

22      Con decisione del 12 marzo 2018, il Segretario di Stato ha deciso di non esaminare la domanda di permesso di soggiorno temporaneo per richiedenti asilo presentata dalla ricorrente nel procedimento principale sulla base del rilievo che la Repubblica di Lituania era competente per l’esame di tale domanda (in prosieguo: la «decisione controversa»).

23      Il 20 giugno 2018 la ricorrente nel procedimento principale ha dato alla luce una figlia nei Paesi Bassi. Una relazione del 3 agosto 2018, prodotta dalla ricorrente nel procedimento principale e redatta da due esperti, ha concluso, sulla base di un confronto di materiale genetico, che il coniuge di tale ricorrente è, con una probabilità prossima alla certezza, padre di tale minore. Lo è anche ipso iure in forza del diritto dei Paesi Bassi, dal momento che la minore è nata durante il matrimonio.

24      Il Segretario di Stato ha quindi rilasciato alla figlia della ricorrente nel procedimento principale un permesso di soggiorno regolare a tempo determinato, soggetto alla limitazione secondo la quale il soggiorno doveva avvenire «presso il [padre]».

25      La ricorrente nel procedimento principale ha adito il rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia, Paesi Bassi), giudice del rinvio, con un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa. A sostegno di tale ricorso, ella ha dedotto la violazione, rispettivamente, dell’articolo 9, dell’articolo 16, paragrafo 1, e dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, letti alla luce dell’interesse superiore del nascituro al momento della presentazione della sua domanda.

26      Per quanto riguarda, anzitutto, l’articolo 9 del regolamento Dublino III, il giudice del rinvio indica di aver respinto l’argomento vertente su una violazione di tale disposizione in una decisione interlocutoria del 4 aprile 2018. Esso sarebbe pertanto vincolato da tale valutazione in assenza di un motivo imperativo per tornare sulla medesima.

27      Per quanto riguarda, poi, l’articolo 17, paragrafo 1, di tale regolamento, detto giudice segnala che, se, alla luce di tale disposizione, esso ha ritenuto, nella medesima decisione interlocutoria, che l’esame effettuato dal Segretario di Stato nella decisione controversa fosse troppo limitato, tale valutazione non potrebbe essere mantenuta. Infatti, nella sentenza del 23 gennaio 2019, M.A. e a. (C‑661/17, EU:C:2019:53, punto 71), la Corte avrebbe dichiarato, nel frattempo, che le considerazioni relative all’interesse superiore del minore non possono obbligare uno Stato membro ad avvalersi di tale articolo 17, paragrafo 1, e quindi a esaminare una domanda che non gli compete. Tale interpretazione del diritto dell’Unione da parte della Corte costituirebbe un motivo imperativo per discostarsi dalla valutazione effettuata nella decisione interlocutoria.

28      Per quanto riguarda, infine, l’articolo 16, paragrafo 1, di detto regolamento, il giudice del rinvio rileva che, secondo la ricorrente nel procedimento principale, tale disposizione dovrebbe essere oggetto di un’interpretazione estensiva, al pari dell’interpretazione della disposizione analoga, che l’ha preceduta, contenuta all’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento Dublino II, adottata dalla Corte nella sentenza del 6 novembre 2012, K (C‑245/11, EU:C:2012:685), dal momento che, alla luce dell’interesse superiore del minore, sarebbe irrilevante che il legame familiare tra il padre e il nascituro non sia esistito nel paese di origine della madre.

29      Per contro, il Segretario di Stato fa valere che l’articolo 2 del libro primo del codice civile dei Paesi Bassi riguarda solo i diritti civili e non i diritti relativi al soggiorno o alla competenza per l’esame di una domanda di protezione internazionale. Peraltro, l’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea non riguarderebbe la tutela di un nascituro. Inoltre, l’articolo 16 del regolamento Dublino III non riguarderebbe le relazioni di dipendenza tra il richiedente protezione internazionale e il suo partner. L’interpretazione fornita dalla Corte nella sentenza del 6 novembre 2012, K (C‑245/11, EU:C:2012:685), sarebbe, a tal riguardo, superata, salvo il fatto che tale sentenza sottolinea il requisito dell’esistenza di un vincolo familiare nel paese d’origine. Infine, tale regolamento non sarebbe più applicabile alla figlia della ricorrente nel procedimento principale, dal momento che tale figlia ha nel frattempo ottenuto un permesso di soggiorno temporaneo che l’autorizzava a rimanere presso il padre. Del resto, nei limiti in cui ciò serva all’interesse superiore del minore, la vita familiare potrebbe essere condotta con i due genitori in Lituania.

30      Il giudice del rinvio considera che, tenuto conto della data del parto della ricorrente nel procedimento principale, quest’ultima era in stato di gravidanza da circa la metà del settembre 2017, ossia prima della presentazione della sua domanda di protezione internazionale. Orbene, in forza dell’articolo 2 del libro primo del codice civile dei Paesi Bassi, esisterebbe un obbligo di considerare la figlia di cui la ricorrente nel procedimento principale era in attesa come se fosse già nata qualora ciò sia nell’interesse di tale figlia.

31      Si porrebbe pertanto la questione se il diritto dell’Unione osti a che gli interessi del nascituro siano presi in considerazione in maniera autonoma all’atto della determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda di asilo e quando viene adottata una decisione di trasferimento. A tal proposito, la Corte, nella sentenza del 23 gennaio 2019, M.A. e a. (C‑661/17, EU:C:2019:53), ha già dichiarato che dall’articolo 20, paragrafo 3, del regolamento Dublino III deriva che si presume che la preservazione dell’unità del gruppo familiare sia nell’interesse superiore del minore. Orbene, da un lato, tale disposizione riconoscerebbe esplicitamente lo stesso status al figlio che nasce dopo l’arrivo del richiedente asilo nel territorio di uno Stato membro e al figlio che accompagna quest’ultimo. Dall’altro lato, sarebbe errato ritenere che tale unità possa essere realizzata durante l’esame della domanda di asilo in Lituania, dal momento che il padre della minore non dispone di un diritto di soggiorno in tale Stato membro.

32      Un’altra questione da risolvere sarebbe quella se sia esclusa l’applicazione dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento Dublino III. Infatti, ai sensi del suo tenore letterale, tale disposizione riguarderebbe solo i figli, i fratelli e i genitori del richiedente, ma non il coniuge di quest’ultimo. Tuttavia, nella sentenza del 6 novembre 2012, K (C‑245/11, EU:C:2012:685), la Corte avrebbe fornito un’interpretazione ampia della disposizione analoga che ha preceduto tale articolo 16, paragrafo 1, vale a dire l’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento Dublino II.

33      Nel caso in cui detto articolo 16, paragrafo 1, fosse applicabile, si porrebbe altresì la questione se la gravidanza della ricorrente nel procedimento principale abbia creato una situazione di dipendenza nei confronti del marito, ai sensi di tale disposizione. A tal riguardo, occorrerebbe prendere in considerazione il fatto che tale ricorrente non ha famiglia o altri rapporti in Lituania, che non conosce la lingua di tale Stato membro e che non dispone di mezzi di sussistenza. Orbene, esisterebbe, in linea di principio, un rapporto di dipendenza tra un figlio molto giovane e ciascuno dei suoi genitori.

34      Infine, anche supponendo che il diritto dell’Unione non osti alla presa in considerazione degli interessi del nascituro, il giudice del rinvio si chiede se gli interessi di tale minore implichino che le autorità dei Paesi Bassi fossero tenute, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, a garantire, salvo circostanze eccezionali, che tale minore potesse restare con il padre durante l’esame della domanda di protezione internazionale.

35      In tali circostanze, il rechtbank Den Haag (Tribunale dell’Aia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il diritto dell’Unione osti a che, nella determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo, in forza di una disposizione di diritto nazionale venga attribuita una portata autonoma all’interesse di un figlio di cui la ricorrente era in attesa al momento della presentazione della domanda.

2)      a.      Se l’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento di Dublino III osti a che tale disposizione si applichi nel caso del coniuge della richiedente asilo, legalmente residente nello Stato membro al quale è presentata la domanda.

b.      In caso contrario, se lo stato di gravidanza della richiedente asilo comporti una dipendenza ai sensi della summenzionata disposizione rispetto al coniuge padre del nascituro.

3)      Qualora il diritto dell’Unione non osti a che, nella determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo, in forza di una disposizione di diritto nazionale venga attribuita una portata autonoma all’interesse superiore di un nascituro, se l’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento di Dublino III possa applicarsi alla relazione tra il nascituro e il padre legalmente residente nello Stato membro al quale è presentata la domanda».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulle questioni seconda e terza

36      Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente e in primo luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che esso si applica quando esiste un rapporto di dipendenza o tra un richiedente protezione internazionale e il coniuge legalmente residente nello Stato membro in cui è stata presentata la domanda di una siffatta protezione, o tra il nascituro di tale richiedente e tale coniuge che è anche il padre di detto minore.

37      A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi di questa disposizione, gli Stati membri lasciano generalmente insieme o ricongiungono il richiedente con, rispettivamente, il «figlio, fratello o genitore» legalmente residenti nello Stato membro, quando esiste una relazione di dipendenza tra i medesimi, a condizione che i legami familiari esistessero nel paese d’origine, che il figlio, il fratello, il genitore o il richiedente, secondo i casi, siano in grado di fornire assistenza alla persona a carico e che gli interessati abbiano espresso tale desiderio per iscritto.

38      Si deve constatare che da tale formulazione risulta chiaramente che l’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento Dublino III non si applica nel caso di un rapporto di dipendenza tra un richiedente protezione internazionale e il suo coniuge, poiché tale disposizione non riguarda un siffatto rapporto di dipendenza.

39      Come hanno giustamente sottolineato il governo dei Paesi Bassi e la Commissione europea, l’interpretazione effettuata dalla Corte, ai punti da 38 a 43 della sentenza del 6 novembre 2012, K (C‑245/11, EU:C:2012:685), dell’espressione «altro parente», utilizzata nell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento Dublino II, che ha preceduto l’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, è irrilevante a tale riguardo, poiché quest’ultima disposizione ha sostituito a tale espressione un elenco esaustivo di persone in cui il coniuge o il partner stabile non sono inclusi, e ciò anche se fanno parte dei «familiari» quali definiti nell’articolo 2, lettera g), del regolamento Dublino III.

40      Inoltre, risulta altrettanto chiaramente dalla formulazione dell’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento Dublino III che tale disposizione si applica unicamente nel caso di un rapporto di dipendenza che coinvolge il richiedente protezione internazionale nel caso in cui quest’ultimo dipende dalle persone elencate in tale disposizione oppure in cui, al contrario, queste ultime dipendono da tale richiedente.

41      Ne consegue che tale disposizione non si applica nel caso di un rapporto di dipendenza tra il figlio di un siffatto richiedente e una di tali persone, come, nel caso di specie, il padre di tale minore che è anche il coniuge della richiedente protezione internazionale di cui trattasi nel procedimento principale.

42      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda e alla terza questione dichiarando che l’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che esso non si applica quando esiste un rapporto di dipendenza o tra un richiedente protezione internazionale e il suo coniuge legalmente residente nello Stato membro in cui è stata presentata la domanda di tale protezione, o tra il nascituro di tale richiedente e tale coniuge che è anche il padre di detto minore.

 Sulla prima questione

43      Poiché il giudice del rinvio non si riferisce, con la sua prima questione, ad alcuna disposizione specifica del diritto dell’Unione, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare la questione ad essa sottoposta. A tale proposito, la Corte può trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice del rinvio e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi del suddetto diritto che richiedano un’interpretazione tenuto conto dell’oggetto del procedimento principale (v., in tal senso, sentenza del 20 ottobre 2022, Koalitsia «Demokratichna Bulgaria – Obedinenie», C‑306/21, EU:C:2022:813, punti 43 e 44 e giurisprudenza ivi citata).

44      Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, come rilevato al punto 27 della presente sentenza, il giudice del rinvio ha inizialmente ritenuto, in una decisione interlocutoria emessa nel contesto del procedimento principale, che, nella decisione controversa, il Segretario di Stato non avesse esaminato in modo giuridicamente sufficiente l’incidenza dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III. Tale giudice sembra tuttavia essere successivamente tornato su detta valutazione a seguito della pronuncia della sentenza del 23 gennaio 2019, M.A. e a. (C‑661/17, EU:C:2019:53).

45      In tali circostanze, si deve ritenere che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che esso osta a che la normativa di uno Stato membro imponga alle autorità nazionali competenti, per il solo motivo attinente all’interesse superiore del minore, di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da una cittadina di un paese terzo qualora quest’ultima fosse in stato di gravidanza al momento della presentazione della sua domanda, anche quando i criteri enunciati agli articoli da 7 a 15 di tale regolamento designano un altro Stato membro come competente per detta domanda.

46      A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, una domanda di protezione internazionale è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III di tale regolamento, il quale comprende gli articoli da 7 a 15.

47      Tuttavia, in deroga a tale articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, prevede che ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base a tali criteri.

48      Certo, come il governo dei Paesi Bassi ha rilevato, la Corte, al punto 72 della sentenza del 23 gennaio 2019, M.A. e a. (C‑661/17, EU:C:2019:53), ha dichiarato, in sostanza, che l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento Dublino III non impone a uno Stato membro che non è competente, in virtù dei criteri enunciati dal capo III di detto regolamento, per l’esame di una domanda di protezione internazionale di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore e di esaminare direttamente esso stesso tale domanda, in applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento medesimo.

49      Tuttavia, occorre constatare che da tale sentenza risulta ugualmente che nulla impedisce ad uno Stato membro di esaminare una siffatta domanda per il motivo che un siffatto esame rientra nell’interesse superiore del minore.

50      Infatti, la Corte ha altresì dichiarato in detta sentenza che risulta chiaramente dalla formulazione stessa dell’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III che tale disposizione, che mira a preservare le prerogative degli Stati membri nell’esercizio del diritto di concedere una protezione internazionale consentendo a ciascuno Stato membro di decidere in piena sovranità, sulla base di considerazioni di ordine politico, umanitario o pratico, di accettare di esaminare una domanda di protezione internazionale anche se non è competente in applicazione dei criteri definiti da tale regolamento, lascia alla loro discrezionalità la decisione di procedere a un siffatto esame, posto che l’esercizio della facoltà prevista da tale disposizione non è, peraltro, assoggettato ad alcuna condizione particolare. Spetta, quindi, allo Stato membro interessato, alla luce dell’ampiezza del potere discrezionale così concesso da tale regolamento, determinare le circostanze in cui intende avvalersi della facoltà conferita da tale articolo 17, paragrafo 1, e decidere di esaminare esso stesso una domanda di protezione internazionale per la quale non è competente in forza dei criteri definiti da detto regolamento (v., in tal senso, sentenza del 23 gennaio 2019, M.A. e a., C‑661/17, EU:C:2019:53, punti da 58 a 60 nonché 71).

51      Orbene, nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che, secondo il giudice del rinvio, la disposizione del codice civile dei Paesi Bassi secondo cui un nascituro deve essere considerato come già nato quando ciò sia nel suo interesse, obbliga, in ragione della particolare importanza che tale disposizione accorda all’interesse superiore del minore, le autorità nazionali a esaminare, per questo solo motivo, una domanda di protezione internazionale presentata da una cittadina di un paese terzo qualora quest’ultima fosse in stato di gravidanza al momento della presentazione di tale domanda, anche se i criteri di cui al capo III del regolamento Dublino III designano un altro Stato membro come competente per tale domanda.

52      Pertanto, secondo tale giudice, questa disposizione di diritto nazionale impone alle autorità dei Paesi Bassi, in siffatte circostanze, di avvalersi della facoltà offerta dalla clausola discrezionale prevista all’articolo 17, paragrafo 1, di tale regolamento.

53      Ciò premesso, spetta al giudice del rinvio esaminare se, nel procedimento principale, le autorità nazionali competenti abbiano violato il diritto nazionale respingendo la domanda di protezione internazionale presentata dalla ricorrente nel procedimento principale, benché quest’ultima fosse in stato di gravidanza al momento della presentazione di tale domanda.

54      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che la normativa di uno Stato membro imponga alle autorità nazionali competenti, per il solo motivo attinente all’interesse superiore del minore, di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da una cittadina di un paese terzo qualora quest’ultima fosse in stato di gravidanza al momento della presentazione della sua domanda, sebbene i criteri enunciati agli articoli da 7 a 15 di tale regolamento designino un altro Stato membro come competente.

 Sulle spese

55      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide,

deve essere interpretato nel senso che:

esso non si applica quando esiste un rapporto di dipendenza o tra un richiedente protezione internazionale e il suo coniuge legalmente residente nello Stato membro in cui è stata presentata la domanda di una siffatta protezione, o tra il nascituro di tale richiedente e tale coniuge che è anche il padre di detto minore.

2)      L’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 604/2013

deve essere interpretato nel senso che:

esso non osta a che la normativa di uno Stato membro imponga alle autorità nazionali competenti, per il solo motivo attinente all’interesse superiore del minore, di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da una cittadina di un paese terzo qualora quest’ultima fosse in stato di gravidanza al momento della presentazione della sua domanda, sebbene i criteri enunciati agli articoli da 7 a 15 di tale regolamento designino un altro Stato membro come competente per detta domanda.

Firme


*      Lingua processuale: il neerlandese.