Language of document : ECLI:EU:C:2017:54

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

26 gennaio 2017 (1)

«Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercati belga, tedesco, francese, italiano, olandese e austriaco delle ceramiche sanitarie e rubinetteria – Decisione che constata un’infrazione dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo – Coordinamento dei prezzi e scambio di informazioni commerciali sensibili – Infrazione unica – Prova – Ammende – Competenza estesa al merito – Termine ragionevole – Proporzionalità»

Nella causa C‑626/13 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 29 novembre 2013,

Villeroy & Boch Austria GmbH, con sede in Mondsee (Austria), rappresentata da A. Reidlinger e J. Weichbrodt, Rechtsanwälte,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte é:

Commissione europea, rappresentata da M. Kellerbauer, L. Malferrari e F. Ronkes Agerbeek, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Tizzano, vicepresidente della Corte, facente funzione di presidente della Prima Sezione, M. Berger, E. Levits, S. Rodin (relatore) e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 settembre 2015,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, la Villeroy & Boch Austria GmbH (in prosieguo: la «Villeroy & Boch Austria») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 settembre 2013, Villeroy & Boch Austria e a./Commissione (T‑373/10, T‑374/10, T‑382/10 e T‑402/10, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2013:455), in quanto, mediante tale sentenza, quest’ultimo ha respinto il suo ricorso volto all’annullamento della decisione C (2010) 4185 definitivo della Commissione, del 23 giugno 2010, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/39092 – Ceramiche sanitarie e rubinetteria) (in prosieguo: la «decisione controversa»), nella parte in cui la riguarda.

 Contesto normativo

 Regolamento (CE) n. 1/2003

2        Il regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), all’articolo 23, paragrafi 2 e 3, prevede quanto segue:

«2.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo [101 o 102 TFUE] (…)

(…)

Per ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

(…)

3.      Per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

 Orientamenti del 2006

3        Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006») dispongono, al punto 2, che, per quanto riguarda la determinazione delle ammende, «la Commissione deve prendere in considerazione la durata e la gravità dell’infrazione» e che «l’ammenda inflitta non deve poi superare i limiti indicati all’articolo 23, paragrafo 2, secondo e terzo comma, del regolamento (CE) n. 1/2003».

4        Il punto 37 degli orientamenti del 2006 è così formulato:

«Nonostante i presenti orientamenti espongano la metodologia generale per la fissazione delle ammende, le specificità di un determinato caso o la necessità di raggiungere un livello dissuasivo possono giustificare l’allontanamento da tale metodologia o dai limiti fissati al punto 21».

 Fatti e decisione controversa

5        I prodotti interessati dall’intesa sono le ceramiche sanitarie e la rubinetteria facenti parte di uno dei tre seguenti sottogruppi di prodotti: articoli di rubinetteria, box doccia e accessori, articoli sanitari in ceramica (in prosieguo: i «tre sottogruppi di prodotti»).

6        I fatti all’origine della controversia sono stati illustrati dal Tribunale ai punti da 1 a 19 della sentenza impugnata e possono essere sintetizzati come segue.

7        Con la decisione controversa, la Commissione ha constatato l’esistenza di un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3; in prosieguo: l’«accordo SEE»), nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria. Detta infrazione, alla quale avrebbero partecipato 17 imprese, sarebbe stata realizzata nel corso di diversi periodi compresi tra il 16 ottobre 1992 e il 9 novembre 2004 e avrebbe assunto la forma di un insieme di accordi anticoncorrenziali o di pratiche concordate nei territori di Belgio, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi e Austria.

8        In particolare, nella decisione controversa, la Commissione ha dichiarato che l’infrazione accertata consisteva, in primo luogo, nel coordinamento, da parte di tali produttori di ceramiche sanitarie e rubinetteria, degli incrementi di prezzo annuali e di altri elementi di determinazione dei medesimi, nel corso di riunioni regolari delle associazioni nazionali di settore; in secondo luogo, nella fissazione o nel coordinamento dei prezzi in occasione di eventi specifici, quali l’aumento del costo delle materie prime, l’introduzione dell’euro nonché l’introduzione di pedaggi autostradali, e, in terzo luogo, nella divulgazione e nello scambio di informazioni commerciali sensibili. Inoltre, la Commissione ha constatato che la fissazione dei prezzi nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria seguiva un ciclo annuale. In tale contesto, i produttori stabilivano i loro listini prezzi, che generalmente restavano validi per un anno e costituivano la base per i rapporti commerciali con i grossisti.

9        La Villeroy & Boch Austria e le altre ricorrenti in primo grado, Villeroy & Boch AG (in prosieguo: la «Villeroy & Boch»), la Villeroy & Boch SAS (in prosieguo: la «Villeroy & Boch Francia») nonché la Villeroy & Boch Belgium SA (in prosieguo: la «Villeroy & Boch Belgio»), operano nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria. La Villeroy & Boch detiene totalmente il capitale della Villeroy & Boch Austria, della Villeroy & Boch Francia, della Villeroy & Boch Belgio, della Ucosan BV e delle sue controllate nonché della Villeroy & Boch SARL.

10      Il 15 luglio 2004 la Masco Corp. e le sue controllate, tra le quali la Hansgrohe AG, che produce articoli di rubinetteria, e la Hüppe GmbH, che produce box doccia, hanno informato la Commissione dell’esistenza di un’intesa nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria e hanno chiesto di beneficiare dell’immunità dalle ammende in forza della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese (GU 2002, C 45, pag. 3; in prosieguo: la «comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole») o, in alternativa, di una riduzione dell’importo delle ammende che avrebbero potuto essere irrogate nei loro confronti. Il 2 marzo 2005 la Commissione ha adottato una decisione di immunità condizionale dalle ammende a beneficio della Masco, ai sensi del punto 8, lettera a), e del punto 15 di tale comunicazione.

11      Il 9 e il 10 novembre 2004, la Commissione ha effettuato accertamenti senza preavviso presso i locali di diverse società e associazioni nazionali di categoria attive nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria.

12      Il 15 e il 19 novembre 2004 la Grohe Beteiligungs GmbH e le sue controllate nonché l’American Standard Inc. (in prosieguo: l’«Ideal Standard») hanno chiesto, rispettivamente, di beneficiare dell’immunità dalle ammende in forza della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole oppure, in alternativa, della riduzione del loro importo.

13      Avendo trasmesso, tra il 15 novembre 2005 e il 16 maggio 2006, richieste di informazioni a varie società e associazioni attive nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria, incluse le ricorrenti in primo grado, la Commissione, il 26 marzo 2007, ha emesso una comunicazione degli addebiti, che è stata notificata a queste ultime.

14      Il 17 e il 19 gennaio 2006, la Roca SARL nonché la Hansa Metallwerke AG e le sue controllate hanno anch’esse rispettivamente chiesto di beneficiare dell’immunità dalle ammende in forza della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole oppure, in alternativa, della riduzione del loro importo. Il 20 gennaio 2006, la Aloys F. Dornbracht GmbH & Co. KG Armaturenfabrik ha presentato una domanda analoga.

15      In seguito a un’audizione svoltasi tra il 12 e il 14 novembre 2007, alla quale hanno preso parte le ricorrenti in primo grado, nonché all’invio, il 9 luglio 2009, di una lettera di esposizione dei fatti che richiamava l’attenzione di queste ultime su talune prove specifiche sulle quali la Commissione pensava di fare affidamento in sede di adozione di una decisione definitiva ed a talune richieste di informazioni supplementari successivamente trasmesse, fra l’altro, alle suddette ricorrenti, la Commissione ha adottato la decisione controversa in data 23 giugno 2010. In tale decisione, essa ha ritenuto che le pratiche descritte al punto 8 della presente sentenza facessero parte di un piano generale volto a limitare la concorrenza tra i destinatari di detta decisione e presentassero le caratteristiche di un’infrazione unica e continuata, la cui portata interessava i tre sottogruppi di prodotti e si estendeva ai territori di Belgio, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi e Austria. Sotto tale profilo, detta istituzione ha evidenziato, in particolare, che queste pratiche avevano seguito un modello ricorrente, che era risultato uniforme nei sei Stati membri interessati dalle sue indagini. Ha parimenti rilevato l’esistenza di associazioni nazionali di settore riguardanti l’insieme dei tre sottogruppi di prodotti, che ha denominato «associazioni generiche», di associazioni nazionali di categoria comprendenti membri la cui attività riguardava almeno due dei tre sottogruppi di prodotti, che ha denominato «associazioni interprodotto», nonché associazioni specializzate comprendenti membri la cui attività riguardava uno dei tre sottogruppi di prodotti. Infine, ha constatato la presenza di un gruppo centrale di imprese coinvolte nell’intesa in vari Stati membri e nell’ambito di associazioni generiche e di associazioni interprodotto.

16      Secondo la Commissione, le ricorrenti in primo grado hanno partecipato all’infrazione in oggetto in qualità di membri delle seguenti associazioni: l’IndustrieForum Sanitär, che ha sostituito, a partire dal 2001, il Freundeskreis der deutschen Sanitärindustrie, l’Arbeitskreis Baden und Duschen, che ha sostituito, a partire dal 2003, l’Arbeitskreis Duschabtrennungen e il Fachverband Sanitär-Keramische Industrie in Germania, l’Arbeitskreis Sanitärindustrie (in prosieguo: l’«ASI») in Austria, il Vitreous China-group in Belgio, la Sanitair Fabrikanten Platform nei Paesi Bassi e l’Association française des industries de céramique sanitaire in Francia. Per quanto riguarda l’infrazione commessa nei Paesi Bassi, al punto 1179 della decisione controversa la Commissione ha dichiarato sostanzialmente che le imprese partecipanti ad essa non potevano essere destinatarie di un’ammenda a detto titolo per motivi di prescrizione.

17      All’articolo 1 della decisione controversa, la Commissione ha elencato le imprese sanzionate per violazione dell’articolo 101 TFUE e, a partire dal 1o gennaio 1994, dell’articolo 53 dell’accordo SEE a causa della loro partecipazione a un’intesa nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria in Belgio, Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi e Austria per periodi variabili compresi tra il 16 ottobre 1992 e il 9 novembre 2004. Per quanto riguarda le ricorrenti in primo grado, all’articolo 1, paragrafo 1, di detta decisione, la Commissione ha sanzionato la Villeroy & Boch per la sua partecipazione a tale infrazione unica dal 28 settembre 1994 al 9 novembre 2004 e le sue controllate Villeroy & Boch Austria, Villeroy & Boch Belgio e Villeroy & Boch Francia per periodi compresi fra il 12 ottobre 1994 e il 9 novembre 2004.

18      All’articolo 2, paragrafo 8, della decisione controversa, la Commissione ha inflitto talune ammende, in primo luogo, alla Villeroy & Boch, per EUR 54 436 347; in secondo luogo, in solido alla Villeroy & Boch e alla Villeroy & Boch Austria, per EUR 6 083 604; in terzo luogo, in solido, alla Villeroy & Boch e alla Villeroy & Boch Belgio, per EUR 2 942 608 e, in quarto luogo, in solido, alla Villeroy & Boch e alla Villeroy & Boch Francia, per EUR 8 068 441. L’importo totale delle ammende inflitte alle ricorrenti in primo grado ammontava dunque a EUR 71 531 000.

19      Ai fini del calcolo di tali ammende, la Commissione si è basata sugli orientamenti del 2006.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

20      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale in data 8 settembre 2010, la ricorrente ha proposto un ricorso nella causa T‑373/10 volto all’annullamento della decisione controversa nella parte in cui la riguarda o, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale.

21      A sostegno delle sue richieste di annullamento, la ricorrente ha fatto valere dinanzi al Tribunale che la Commissione aveva erroneamente qualificato l’infrazione accertata come unica, complessa e continuata e, in subordine, che procedendo in tal modo essa aveva violato l’obbligo di motivazione, non delimitando in maniera sufficientemente precisa i mercati rilevanti. Inoltre, secondo la ricorrente, la Commissione aveva erroneamente ritenuto che quest’ultima avesse partecipato a un’intesa sul mercato austriaco. A tal riguardo, la ricorrente ha dedotto l’assenza di prove di un’infrazione in Austria. Infine, essa ha contestato il carattere solidale dell’ammenda inflittale e ha sostenuto che il calcolo di quest’ultima era inficiato da un errore di valutazione, che detta ammenda doveva essere ridotta in considerazione dell’eccessiva durata del procedimento amministrativo e che era sproporzionata.

22      In subordine, la ricorrente ha presentato talune richieste volte alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflittale.

23      Con la sentenza impugnata il Tribunale ha respinto il ricorso in toto.

 Conclusioni delle parti

24      La ricorrente chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata nella sua interezza, in quanto mediante tale sentenza il Tribunale ha respinto il suo ricorso;

–        in subordine, annullare parzialmente la sentenza impugnata;

–        in ulteriore subordine, ridurre l’importo dell’ammenda inflittale;

–        in estremo subordine, annullare la sentenza impugnata e rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo, e

–        condannare la Commissione alle spese.

25      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione integralmente, in quanto in parte irricevibile ed in parte manifestamente infondata, e

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Sull’impugnazione

26      A sostegno della sua impugnazione, la ricorrente deduce quattro motivi. Il primo motivo d’impugnazione verte su un errore di diritto in cui sarebbe incorso il Tribunale nella valutazione delle infrazioni asseritamente commesse in Austria; il secondo, su un errore di diritto in cui quest’ultimo sarebbe incorso nella constatazione di un’infrazione complessa e continuata; il terzo, sul fatto che il Tribunale non avrebbe esercitato la sua competenza estesa al merito ai fini del controllo dell’importo dell’ammenda inflitta; il quarto, su una violazione del principio di proporzionalità.

 Sul primo motivo d’impugnazione, vertente su un’erronea valutazione per quanto riguarda le infrazioni asseritamente commesse in Austria

 Argomenti delle parti

27      Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente fa valere che le affermazioni del Tribunale sono erronee in diritto per quanto riguarda le infrazioni materiali asseritamente commesse in Austria, nel periodo compreso tra il 12 ottobre 1994 e il 9 novembre 2004, e devono quindi essere censurate.

28      Per quanto concerne più in dettaglio l’anno 1994, il Tribunale, ai punti 175 e 176 della sentenza impugnata, ha operato un’interpretazione estensiva delle dichiarazioni della Commissione, così modificando la motivazione della decisione controversa in violazione dell’articolo 296, secondo comma, TFUE. Infatti, contrariamente a quanto giudicato dal Tribunale, la Commissione non avrebbe rilevato, ai punti da 299 a 301 di tale decisione, che durante le riunioni dell’ASI tenutesi nel 1994 si discutesse non soltanto di box doccia e di articoli di rubinetteria, ma anche di articoli sanitari in ceramica.

29      Per quanto riguarda gli anni dal 1995 al 1997, ai punti 185, 190 e 196 della sentenza impugnata il Tribunale ha osservato che la ricorrente ha partecipato a discussioni illecite nel corso delle riunioni tenutesi il 16 novembre 1995, il 23 aprile 1996 e il 15 ottobre 1997.

30      Tuttavia, riguardo alla riunione del 16 novembre 1995, la ricorrente sostiene, in sostanza, che tale conclusione è inficiata da errori di diritto, quanto meno poiché il Tribunale non ha risposto a tutti i suoi argomenti. Le considerazioni del Tribunale, ai punti 189 e seguenti della sentenza impugnata, sulla riunione del 23 aprile 1996, secondo le quali aveva poca importanza il fatto che la discussione in causa fosse stata organizzata dietro richiesta dei grossisti, sarebbero altresì inficiate da errori di diritto in quanto esiste una spiegazione alternativa del tutto lecita delle pratiche censurate, secondo la quale i grossisti nel settore degli articoli sanitari esigevano espressamente l’introduzione di listini prezzi annuali a determinate scadenze al fine di poter pubblicare i loro cataloghi. Relativamente alla riunione del 15 ottobre 1997, inoltre, al punto 194 della sentenza impugnata il Tribunale avrebbe oltrepassato i limiti del controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE, fondandosi su motivazioni che non apparivano nella comunicazione degli addebiti della Commissione.

31      Relativamente al 1998, le osservazioni del Tribunale, ai punti 197 e seguenti della sentenza impugnata, in merito all’asserita partecipazione della ricorrente a un’infrazione al diritto delle intese, sarebbero anch’esse inficiate da errori di diritto in quanto contraddittorie. Infatti, il Tribunale ha osservato, ai punti da 197 a 202 di tale sentenza, che la Commissione non ha fornito la prova della partecipazione della ricorrente a discussioni contrarie al diritto della concorrenza nel corso del 1998. In particolare, la testimonianza della Masco non ha consentito di dimostrare una simile partecipazione. È illogico che il Tribunale si fondi poi sulla stessa testimonianza della Masco, al punto 203 della stessa sentenza, per dimostrare che la ricorrente non si è dissociata dalle pratiche illecite nel corso del 1998. Inoltre, né detta testimonianza né gli altri indizi citati al predetto punto 203 consentirebbero di dimostrare la mancata dissociazione da parte della ricorrente. Il Tribunale avrebbe dunque violato anche i principi giuridici fissati dalla giurisprudenza, secondo i quali un insieme di indizi può essere idoneo a dimostrare il carattere contrario al diritto della concorrenza di una riunione soltanto qualora attesti il carattere sistematico delle riunioni nonché il loro contenuto anticoncorrenziale e qualora ciò sia suffragato dalla dichiarazione di un’impresa caratterizzata da una significativa valenza probatoria. Nessuna di queste due condizione risulterebbe soddisfatta nella presente causa.

32      Per quanto riguarda il 1999, le conclusioni del Tribunale, al punto 208 della sentenza impugnata, secondo cui la prova fornita dalla Commissione, segnatamente il verbale manoscritto della riunione dell’ASI del 6 settembre 1999 redatto dalla Ideal Standard, dimostra in modo giuridicamente corretto la partecipazione della ricorrente a discussioni illecite, esse sarebbero inficiate da errori di diritto. Infatti, la testimonianza di un’impresa che ha chiesto una riduzione dell’ammenda ai sensi della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole, la cui correttezza sia contestata da diverse altre imprese accusate, non può costituire una prova sufficiente dell’esistenza di un’infrazione.

33      Per quanto riguarda il 2000, al punto 214 della sentenza impugnata il Tribunale ha dichiarato, fondandosi sul verbale della riunione dell’ASI del 12 e 13 ottobre 2000, che, malgrado l’assenza di prove dirette della partecipazione della ricorrente alle pratiche anticoncorrenziali nel corso di tale anno, «occorre rilevare che gli effetti delle discussioni illecite che si sono tenute nel 1999 si sono spiegati nel 2000». Orbene, tale verbale, di cui il Tribunale opera del resto un’interpretazione errata, non costituirebbe una prova sufficiente sul punto.

34      Per quanto riguarda il 2001, il Tribunale, ai punti da 214 a 218 della sentenza impugnata, ha constatato la partecipazione della ricorrente alle discussioni illecite sulla base dell’unico motivo per cui le asserite discussioni illecite tenutesi nell’anno 2000 avrebbero continuato a produrre i loro effetti. Per motivare le sue osservazioni, il Tribunale si è limitato a rinviare ai punti da 652 a 658 della decisione controversa, senza spiegare dove le osservazioni a cui esso rinviava fossero convincenti.

35      Per quanto riguarda gli anni 2002 e 2003, il Tribunale non ha tenuto conto degli argomenti della ricorrente.

36      Per quanto riguarda, infine, l’anno 2004, le osservazioni del Tribunale al punto 228 della sentenza impugnata sarebbero contraddittorie ed erronee in diritto. Infatti, in tale punto il Tribunale ha affermato che la ricorrente, che non ha partecipato alla riunione dell’ASI del 22 gennaio 2004, è stata informata, mediante il verbale di tale riunione, delle decisioni adottate dai suoi concorrenti nel corso della stessa, mentre, al punto 212 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che la circostanza per cui taluni verbali delle riunioni dell’ASI dovevano, in via di principio, essere trasmessi a tutti i membri di tale associazione non consentiva di dimostrare, di per sé, che la ricorrente ne avesse effettivamente preso conoscenza.

37      La Commissione chiede il rigetto del primo motivo d’impugnazione.

 Giudizio della Corte

38      Mediante il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente deduce vari errori nelle costatazioni del Tribunale riguardanti alcune infrazioni asseritamente commesse in Austria tra il 12 ottobre 1994 e il 9 novembre 2004.

39      Per quanto riguarda, in primo luogo, gli argomenti della ricorrente relativi al 1994, si deve constatare che, nel caso di specie, essa si limita a riprodurre l’argomento dedotto in prima istanza dinanzi al Tribunale. Lo stesso vale per gli argomenti relativi alla riunione del 23 aprile 1996.

40      Orbene, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, un’impugnazione deve indicare in modo preciso gli elementi contestati della sentenza di cui si chiede l’annullamento nonché gli argomenti di diritto su cui si fonda in maniera specifica tale domanda. Non risponde a questo requisito il ricorso d’impugnazione che, senza neppure contenere un argomento specificamente inteso ad individuare l’errore di diritto che vizierebbe la sentenza impugnata, si limiti a riprodurre i motivi e gli argomenti già dedotti dinanzi al Tribunale. Infatti, un ricorso di tal genere costituisce, in realtà, una domanda diretta ad ottenere un semplice riesame dell’atto introduttivo presentato dinanzi al Tribunale, il che esula dalla competenza della Corte (v., in particolare, sentenze del 30 giugno 2005, Eurocermex/UAMI, C‑286/04 P, EU:C:2005:422, punti 49 e 50, nonché del 12 settembre 2006, Reynolds Tobacco e a./Commissione C‑131/03 P, EU:C:2006:541, punti 49 e 50).

41      Di conseguenza, gli argomenti della ricorrente relativi all’anno 1994 e alla riunione del 23 aprile 1996 devono essere respinti in quanto irricevibili.

42      Per quanto riguarda, in secondo luogo, gli argomenti della ricorrente relativi alle riunioni tenutesi il 16 novembre 1995 e il 15 ottobre 1997, vertenti in sostanza su un difetto di motivazione della sentenza impugnata, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’obbligo di motivazione non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che ripercorra, esaustivamente e singolarmente, tutti i ragionamenti svolti dalle parti della controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale non ha accolto i loro argomenti e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo giurisdizionale (v., in particolare, sentenze del 2 aprile 2009, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione, C‑431/07 P, EU:C:2009:223, punto 42, nonché del 22 maggio 2014, Armando Álvarez/Commissione, C‑36/12 P, EU:C:2014:349, punto 31).

43      Orbene, nel caso di specie, ai punti da 180 a 185 e da 192 a 196 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato e respinto gli argomenti della ricorrente relativi alle infrazioni commesse in Austria con riferimento a tali diverse riunioni. Per ciascuna di esse, il Tribunale si è riferito alle prove pertinenti e alla decisione controversa prima di respingere l’argomentazione della ricorrente in quanto infondata. In tal modo, il Tribunale ha motivato la sentenza impugnata.

44      Pertanto, gli argomenti della ricorrente menzionati al punto 42 della presente sentenza devono essere respinti.

45      Per quanto riguarda la riunione del 15 ottobre 1997, occorre altresì respingere l’argomento della ricorrente secondo cui il Tribunale si è fondato su motivi che non sarebbero inclusi nella comunicazione degli addebiti della Commissione. Infatti, si deve constatare che il Tribunale, al punto 194 della sentenza impugnata, si è fondato sui motivi esposti ai punti 295 e 307 della decisione controversa. Ora, la ricorrente non ha dedotto, dinanzi al Tribunale, alcuna discordanza tra tale decisione e la comunicazione degli addebiti sotto tale profilo. Di conseguenza, essa non può, conformemente a una giurisprudenza costante (v., in particolare, sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punto 54), fare valere un simile argomento in sede di impugnazione dinanzi alla Corte.

46      Per quanto riguarda, in terzo luogo, le riunioni del 30 aprile e del 18 giugno 1998, occorre rilevare che il Tribunale ha constatato, al punto 199 della sentenza impugnata, che nessuna delle prove apportate dalla Commissione consentiva di dimostrare la partecipazione della ricorrente all’infrazione. Tuttavia, al punto 203 di tale sentenza, il Tribunale ha chiaramente considerato che, in assenza di una dissociazione pubblica della ricorrente e dato che gli effetti anticoncorrenziali dell’accordo del 15 ottobre 1997 continuavano a spiegare i propri effetti nel corso dell’anno successivo, la Commissione poteva ritenere che la ricorrente non avesse cessato di partecipare all’infrazione nel corso del 1998. In tal modo, il Tribunale non solo ha rispettato il suo obbligo di motivazione, permettendo così alle parti di contestare il suo ragionamento e alla Corte di esercitare il suo controllo nell’ambito di un’impugnazione, ma non ha commesso alcun errore di diritto nell’amministrazione della prova.

47      A quest’ultimo riguardo, occorre infatti sottolineare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale deve, nella maggior parte dei casi, essere inferita da un certo numero di coincidenze e di indizi, i quali, considerati nel loro insieme, possono costituire, in assenza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole di concorrenza. Quindi, per quanto riguarda, in particolare, un’infrazione estesa su più anni, la circostanza che non sia stata fornita la prova diretta della partecipazione di una società a tale infrazione durante un periodo di tempo determinato non impedisce l’accertamento di detta partecipazione durante tale periodo, purché tale accertamento si fondi su indizi obiettivi e concordanti, e l’assenza di dissociazione pubblica di tale società può essere presa in considerazione al riguardo (v., in tal senso, sentenza del 17 settembre 2015, Total Marketing Services/Commissione, C‑634/13 P, EU:C:2015:614, punti da 26 a 28 e la giurisprudenza ivi citata).

48      Tantomeno il Tribunale si è contraddetto o ha violato il suo obbligo di motivazione quando ha considerato che la dichiarazione della Masco, sebbene di per sé non consentisse di dimostrare la partecipazione della ricorrente agli scambi di informazioni nel corso del 1998, poteva legittimamente essere presa in considerazione, accanto ad altri elementi, nel quadro dell’insieme di indizi concordanti descritti al punto 203 della sentenza impugnata al fine di dimostrare che la ricorrente non aveva interrotto la sua partecipazione alle pratiche anticoncorrenziali illecite nell’anno 1998.

49      Infine, gli argomenti della ricorrente devono essere respinti in quanto irricevibili nella parte in cui rimettono in discussione la valutazione dei fatti e degli elementi di prova operata dal Tribunale. Infatti, conformemente a una giurisprudenza costante della Corte, la valutazione degli elementi di fatto operata dal Tribunale non può, in via di principio, essere soggetta al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione. In tal senso, come risulta dall’articolo 256 TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione è limitata alle questioni di diritto. Pertanto, solo il Tribunale è competente ad accertare e valutare i fatti pertinenti nonché a valutare gli elementi di prova, salvo il caso di snaturamento di tali fatti ed elementi di prova (v., in tal senso, sentenza del 2 ottobre 2003, Salzgitter/Commissione, C‑182/99 P, EU:C:2003:526, punto 43 e la giurisprudenza ivi citata).

50      Per quanto riguarda, in quarto luogo, le riunioni che si sono tenute nel 1999, si deve constatare che, come risulta dal punto 206 della sentenza impugnata, la Commissione non si è fondata semplicemente sulla domanda di clemenza dell’Ideal Standard, ma su un verbale manoscritto della riunione del 6 settembre 1999, redatto da un rappresentante dell’Ideal Standard lo stesso giorno della riunione illecita. Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, una simile prova, che non risale alla presentazione da parte di quest’ultima società della domanda di clemenza ai sensi della comunicazione del 2002 sul trattamento favorevole, ma è contestuale ai fatti, come il Tribunale ha indicato al punto 207 della sentenza impugnata, non necessita di altre prove concordanti. Questo argomento deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

51      Per quanto riguarda, in quinto luogo, la riunione dell’ASI del 12 e del 13 ottobre 2000, è necessario constatare che gli argomenti della ricorrente si basano su una lettura erronea del punto 214 della sentenza impugnata. Infatti, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, il Tribunale non si è fondato sul verbale di tale riunione al fine di dichiarare che gli effetti delle discussioni illecite tenutesi nel 1999 si sono spiegati nel corso del 2000. Inoltre, tali argomenti mirano essenzialmente a rimettere in discussione la valutazione degli elementi di prova da parte del Tribunale, senza tuttavia dimostrare uno snaturamento di questi ultimi. Pertanto, alla luce della giurisprudenza citata al punto 49 della presente sentenza, sono irricevibili.

52      Per quanto riguarda, in sesto luogo, l’anno 2001, l’argomento della ricorrente si basa anch’esso su una lettura erronea della sentenza impugnata e deve quindi essere respinto. Infatti, dai punti da 215 a 218 di detta sentenza risulta chiaramente che il Tribunale non ha dichiarato la partecipazione della ricorrente alle discussioni illecite tenutesi nel 2001 in base alla motivazione che quelle tenutesi nel 2000 avevano continuato a spiegare i propri effetti nell’anno seguente. Infatti, ai punti da 215 a 217 di tale sentenza, il Tribunale si è basato sulla partecipazione di detta società a varie riunioni nell’anno 2001, durante le quali i partecipanti si sono accordati sulla data in cui i listini prezzi sarebbero stati trasmessi ai grossisti e sulla data dell’aumento dei prezzi nonché sulla continuità di tali riunioni con altre che avevano avuto luogo nel 2000 e nel 2001, alle quali detta società non aveva partecipato, ma durante le quali i membri dell’ASI avevano menzionato le quantità di incrementi di prezzi a partire dal 1o gennaio 2002.

53      Per quanto riguarda, in settimo luogo, gli argomenti della ricorrente vertenti su un’insufficienza di motivazione della sentenza impugnata, nella misura in cui il Tribunale non ha tenuto conto delle sue deduzioni relative agli anni 2002 e 2003, è sufficiente constatare che, per ciascuna delle riunioni pertinenti, il Tribunale, ai punti da 219 a 226 della sentenza impugnata, si è riferito alle prove pertinenti e alla decisione controversa prima di respingere l’argomento della ricorrente in quanto infondato. Alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 42 della presente sentenza, esso non era tenuto a rispondere a tutte le deduzioni della ricorrente. Pertanto, siffatti argomenti della ricorrente devono essere respinti.

54      Per quanto riguarda, infine, gli argomenti della ricorrente riguardanti la riunione del 22 gennaio 2004, è necessario constatare che la ricorrente mira a rimettere in discussione la valutazione degli elementi di prova da parte del Tribunale, senza tuttavia dedurre uno snaturamento di questi ultimi. Pertanto, tali argomenti sono, alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 49 della presente sentenza, irricevibili.

55      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre respingere il primo motivo d’impugnazione in quanto in parte irricevibile e in parte infondato.

 Sul secondo motivo di impugnazione, relativo all’esistenza di un’infrazione unica e continuata

 Argomenti delle parti

56      Con il secondo motivo, la ricorrente ritiene, in primo luogo, che la nozione giuridica di infrazione unica, complessa e continuata sia, in quanto tale, incompatibile con l’articolo 101 TFUE e l’articolo 53 dell’accordo SEE e non debba quindi trovare applicazione. Infatti, questa nozione sarebbe priva di qualsiasi fondamento giuridico nel diritto dell’Unione. La ricorrente ritiene inoltre che la sentenza impugnata sia viziata da un’insufficienza di motivazione in quanto il Tribunale non ha risposto ai suoi argomenti su detto punto.

57      In secondo luogo, la ricorrente afferma, in subordine, che le condizioni per il riconoscimento di un’infrazione unica non erano soddisfatte nel caso di specie, non avendo la Commissione definito il mercato rilevante e non essendo stata dimostrata la sussistenza di un rapporto di complementarità tra le diverse azioni contestate.

58      In terzo luogo, la ricorrente osserva che, in ogni caso, a motivo della circostanza di annullamenti parziali della decisione controversa per quanto riguarda taluni Stati membri nelle sentenze del 16 settembre 2013, Wabco Europe e a./Commissione (T‑380/10, EU:T:2013:449), del 16 settembre 2013, Keramag Keramische Werke e a./Commissione (T‑379/10 e T‑381/10, non pubblicata, EU:T:2013:457) nonché del 16 settembre 2013, Duravit e a./Commissione (T‑364/10, non pubblicata, EU:T:2013:477), e del fatto che talune imprese possono non essere state a conoscenza dell’insieme dell’infrazione, non potrebbe sussistere un’infrazione globale come quella definita in detta decisione.

59      Secondo la Commissione, il secondo motivo d’impugnazione deve essere respinto.

 Giudizio della Corte

60      Secondo una giurisprudenza costante, una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1,TFUE può risultare non soltanto da un atto isolato, ma anche da una serie di atti o persino da un comportamento continuato, anche qualora uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato possano altresì costituire, di per sé e considerati isolatamente, una violazione di detta disposizione. Quindi, laddove le diverse azioni facciano parte di un «piano d’insieme», a causa del loro identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza nel mercato interno, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2015, Fresh Del Monte Produce/Commissione e Commissione/Fresh Del Monte Produce, C‑293/13 P e C‑294/13 P, EU:C:2015:416, punto 156 e la giurisprudenza ivi citata).

61      Un’impresa che abbia partecipato a una tale infrazione unica e complessa con comportamenti suoi propri, rientranti nella nozione di accordo o di pratica concordata a scopo anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e miranti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, può essere quindi responsabile anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione per tutto il periodo della sua partecipazione alla stessa. Questa ipotesi ricorre quando è dimostrato che detta impresa intendeva contribuire con il proprio comportamento agli obiettivi comuni perseguiti da tutti i partecipanti e che era al corrente dei comportamenti illeciti previsti o attuati da altre imprese nel perseguire i medesimi obiettivi, oppure che poteva ragionevolmente prevederli ed era pronta ad accettarne il rischio (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2015, Fresh Del Monte Produce/Commissione e Commissione/Fresh Del Monte Produce, C‑293/13 P e C‑294/13 P, EU:C:2015:416, punto 157 e la giurisprudenza ivi citata).

62      Così, un’impresa può avere partecipato direttamente all’insieme dei comportamenti anticoncorrenziali che compongono l’infrazione unica e continuata, nel qual caso la Commissione può imputarle la responsabilità di tutti questi comportamenti e, pertanto, di tale infrazione nel suo insieme. Un’impresa può anche avere partecipato direttamente solo ad alcuni dei comportamenti anticoncorrenziali che compongono l’infrazione unica e continuata, ma essere stata al corrente di tutti gli altri comportamenti illeciti previsti o attuati dagli altri partecipanti all’intesa nel perseguimento dei medesimi obiettivi, o aver potuto ragionevolmente prevederli ed essere stata pronta ad accettarne il rischio. Anche in un caso del genere, la Commissione può imputare a tale impresa la responsabilità di tutti i comportamenti anticoncorrenziali che compongono una simile infrazione e, di conseguenza, dell’infrazione nel suo insieme (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2015, Fresh Del Monte Produce/Commissione e Commissione/Fresh Del Monte Produce, C‑293/13 P e C‑294/13 P, EU:C:2015:416, punto 158 e la giurisprudenza ivi citata).

63      Inoltre, ai fini della qualificazione di comportamenti diversi come infrazione unica e continuata, non occorre verificare se essi presentino un nesso di complementarietà, nel senso che ciascuno di essi sia destinato a far fronte ad una o più conseguenze del gioco normale della concorrenza, e se essi contribuiscano, interagendo reciprocamente, alla realizzazione di tutti gli effetti anticoncorrenziali voluti dai rispettivi autori nell’ambito di un piano complessivo diretto ad ottenere un unico obiettivo. Invece, la condizione relativa alla nozione di obiettivo unico implica che occorre verificare se non sussistano elementi atti a caratterizzare i vari comportamenti facenti parte dell’infrazione che siano tali da indicare che i comportamenti in concreto attuati da altre imprese partecipanti non condividano lo stesso scopo o lo stesso effetto anticoncorrenziale e non s’iscrivano, di conseguenza, in un «piano d’insieme» a causa del loro identico scopo che falsa il gioco della concorrenza nel mercato interno (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punti 247 e 248).

64      Dalla giurisprudenza della Corte non si può altresì dedurre che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE riguardi solo le imprese attive nel mercato interessato dalle restrizioni alla concorrenza o, ancora, in mercati posizionati a monte o a valle o che sono nei pressi del medesimo, oppure le imprese che limitino la propria autonomia di comportamento in un determinato mercato in forza di un accordo o di una pratica concordata. Risulta, infatti, da una giurisprudenza consolidata della Corte che il testo dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE si riferisce in generale a tutti gli accordi e a tutte le pratiche concordate che, in rapporti orizzontali o verticali, falsino la concorrenza nel mercato interno, indipendentemente dal mercato in cui le parti sono attive, così come dal fatto che solo il comportamento commerciale di una di esse sia interessato dai termini degli accordi in questione (v., in tal senso, sentenza del 22 ottobre 2015, AC-Treuhand/Commissione, C‑194/14 P, EU:C:2015:717, punti 34 e 35 nonché la giurisprudenza ivi citata).

65      Alla luce di tale giurisprudenza, occorre, in primo luogo, respingere gli argomenti della ricorrente secondo i quali la nozione giuridica di infrazione unica, complessa e continuata sarebbe incompatibile con l’articolo 101 TFUE e con l’articolo 53 dell’accordo SEE.

66      In secondo luogo, occorre constatare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, il Tribunale, richiamando tale giurisprudenza ai punti da 32 a 34, 41, 42 e da 46 a 48 della sentenza impugnata, ha motivato tale sentenza in modo giuridicamente corretto.

67      In terzo luogo, riguardo all’argomento della ricorrente secondo cui le condizioni per il riconoscimento di un’infrazione unica non sussisterebbero nella fattispecie, in quanto la Commissione non avrebbe definito il mercato rilevante, si deve constatare che, come giustamente rilevato dal Tribunale al punto 54 della sentenza impugnata e come riconosciuto dalla ricorrente, la circostanza per cui il mercato dei prodotti e il mercato geografico interessati dall’infrazione siano distinti non osta, in ogni caso, all’accertamento di un’infrazione unica. Pertanto, tale argomento è comunque inoperante.

68      In quarto luogo, il Tribunale non è incorso in errori di diritto, ai punti da 63 a 71 della sentenza impugnata, quando ha considerato che la Commissione poteva, nel caso di specie, dichiarare l’esistenza di un obiettivo unico tale da determinare un’infrazione unica. Infatti, sulla base degli accertamenti di fatto effettuati ai punti 66, 69 e 71 della sentenza impugnata, esso ha dichiarato, in modo giuridicamente corretto, che i vari comportamenti addebitati miravano ad un unico scopo, segnatamente, per tutti i produttori di ceramiche sanitarie e rubinetteria, quello di coordinare i loro comportamenti nei confronti dei grossisti. A tal riguardo, occorre sottolineare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la nozione di obiettivo comune, come risulta dai suddetti punti 66, 69 e 71, è stata determinata non già mediante un riferimento generale all’esistenza di una distorsione della concorrenza sui mercati interessati dall’infrazione, bensì mediante il riferimento a vari elementi obiettivi, quali il ruolo avuto dai grossisti nel circuito della distribuzione, le caratteristiche di tale circuito, l’esistenza di organismi di coordinamento e di associazioni multiprodotto, la somiglianza dell’attuazione degli accordi collusivi e le sovrapposizioni materiali, geografiche e temporali tra le pratiche in esame.

69      Ciò posto, senza che occorra accertare un nesso di complementarità tra le pratiche addebitate, dato che un’infrazione unica e continuata può essere imputata ad imprese non concorrenti e non necessita di una definizione sistematica dei mercati pertinenti, e considerando che la ricorrente è, da un lato, responsabile della sua partecipazione diretta all’infrazione addebitata e, dall’altro, responsabile della sua partecipazione indiretta a tale infrazione, in quanto è venuta a conoscenza dell’insieme dei comportamenti illeciti previsti o attuati dagli altri partecipanti all’intesa in esame nel perseguimento degli stessi obiettivi o avrebbe potuto ragionevolmente prevederli ed è stata pronta ad accettarne il rischio, non può essere rimproverato al Tribunale di aver dichiarato che la Commissione non ha commesso alcun errore quando ha concluso nel senso dell’esistenza di un’infrazione unica e continuata nel caso di specie.

70      Infine, per quanto riguarda l’argomento relativo agli annullamenti parziali della decisione controversa dichiarati con sentenze del Tribunale aventi ad oggetto la stessa infrazione di quella su cui verte la presente causa, si deve ricordare che la valutazione delle prove relative ai vari mercati nazionali rientra nella competenza esclusiva del Tribunale. Nella parte in cui tale argomento mira a porre in dubbio l’esistenza di un’infrazione unica, complessa e continuata, si deve evidenziare che la circostanza che il Tribunale abbia parzialmente annullato la decisione controversa per quanto riguarda la partecipazione all’infrazione addebitata di alcune delle imprese interessate su alcuni mercati geografici per determinati periodi non è sufficiente a rimettere in discussione la dichiarazione del Tribunale relativa all’esistenza di un piano d’insieme che comprende i tre sottogruppi di prodotti e i sei Stati membri interessati e di un identico obiettivo che falsa il gioco della concorrenza. Eventualmente, simili annullamenti parziali possono comportare soltanto una riduzione dell’ammenda inflitta a ciascuna delle imprese interessate, a condizione che i mercati geografici in esame siano stati presi in considerazione nel calcolo dell’ammenda inflitta a queste ultime.

71      Di conseguenza, occorre respingere il secondo motivo d’impugnazione in quanto parzialmente inoperante e parzialmente infondato.

 Sul terzo e sul quarto motivo d’impugnazione, vertenti sulla competenza estesa al merito e sulla proporzionalità dell’ammenda

 Argomenti delle parti

72      Con il terzo motivo d’impugnazione, la ricorrente fa valere che, per ragioni di certezza del diritto e al fine di garantire il diritto a un processo equo, il Tribunale e la Corte sono tenuti, in ciascuna causa relativa all’irrogazione di un’ammenda o di una penalità da parte della Commissione della quale siano investiti, ad esercitare effettivamente la competenza estesa al merito conferita loro dal legislatore dell’Unione in forza dell’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, in particolare nell’ambito di un contesto in cui nessuna norma giuridica prevede un’armonizzazione delle sanzioni e in cui la Commissione ha applicato tre metodi diversi di calcolo delle ammende per gli anni dal 1998 al 2006.

73      Orbene, nella sentenza impugnata, il Tribunale si sarebbe limitato ad esercitare un controllo di legittimità sulla determinazione dell’importo dell’ammenda, contrariamente a quanto richiesto dalla ricorrente.

74      Inoltre, la ricorrente ritiene che, nel caso di specie, il Tribunale avrebbe dovuto ridurre l’importo dell’ammenda tenendo conto della gravità dell’infrazione, che riguarda solo un numero limitato di Stati membri, per la maggioranza di piccole dimensioni. A tal riguardo, non sarebbe possibile comprendere per quale ragione la Commissione ha sanzionato le azioni addebitate nel caso di specie in modo più severo rispetto ad intese della stessa natura che riguardavano tutto il territorio dello Spazio economico europeo.

75      Inoltre, la ricorrente censura il fatto di non aver ottenuto una riduzione dell’importo dell’ammenda in ragione della durata eccessiva del procedimento amministrativo, complessivamente di quasi sei anni.

76      Con il quarto motivo d’impugnazione, la ricorrente afferma che la sentenza impugnata viola il principio di proporzionalità, sancito all’articolo 49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ai sensi del quale la sanzione dovrebbe riflettere la gravità dell’infrazione. A tal riguardo, la ricorrente sostiene che, al fine di determinare tale gravità, il Tribunale è tenuto a prendere in considerazione gli effetti dell’infrazione in esame sul mercato nonché i fatturati realizzati sui mercati rilevanti, il che non è stato fatto.

77      Il Tribunale avrebbe anche dovuto assicurarsi che l’importo dell’ammenda inflitta dalla decisione controversa fosse proporzionata in assoluto, circostanza che non si verifica quando un ammenda di EUR 6,08 milioni viene inflitta per un fatturato interessato dall’accordo pari a circa EUR 3,88 milioni.

78      Pertanto, la ricorrente chiede alla Corte di rettificare tali illecite omissioni da parte del Tribunale e di ridurre essa stessa l’importo dell’ammenda inflitta.

79      La Commissione chiede il rigetto del terzo e del quarto motivo.

 Giudizio della Corte

80      Secondo una giurisprudenza costante, il controllo di legittimità istituito all’articolo 263 TFUE implica che il giudice dell’Unione eserciti un controllo, tanto in diritto quanto in fatto, della decisione impugnata alla luce degli argomenti dedotti dalla parte ricorrente e che disponga del potere di valutare le prove, di annullare tale decisione e di modificare l’importo delle ammende (v. sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata).

81      Il controllo di legittimità è completato dalla competenza estesa al merito riconosciuta al giudice dell’Unione all’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE. Tale competenza autorizza il giudice, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità irrogata (v. sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 63 e la giurisprudenza ivi citata).

82      Per soddisfare i requisiti di una competenza estesa al merito ai sensi dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea per quanto riguarda l’ammenda, il giudice dell’Unione è tenuto, nell’esercizio delle competenze previste agli articoli 261 e 263 TFUE, ad esaminare ogni censura, di fatto o di diritto, diretta a dimostrare che l’importo dell’ammenda non è adeguato alla gravità e alla durata dell’infrazione (v. sentenza del 18 dicembre 2014, Commissione/Parker Hannifin Manufacturing e Parker-Hannifin, C‑434/13 P, EU:C:2014:2456, punto 75 e la giurisprudenza ivi citata).

83      Orbene, l’esercizio di tale competenza estesa al merito non equivale, tuttavia, a un controllo d’ufficio e il procedimento è di tipo contraddittorio. Spetta al ricorrente, in linea di principio, dedurre i motivi per i quali contesta la decisione impugnata e fornire elementi di prova a sostegno di tali motivi (v. sentenza del 18 dicembre 2014, Commissione/Parker Hannifin Manufacturing e Parker-Hannifin, C‑434/13 P, EU:C:2014:2456, punto 76 e la giurisprudenza ivi citata).

84      A tal riguardo, si deve sottolineare che la mancanza di un controllo d’ufficio di tutta la decisione impugnata non viola il principio della tutela giurisdizionale effettiva. Infatti, non è indispensabile alla luce di tale principio il fatto che il Tribunale, che è senza dubbio tenuto a rispondere ai motivi sollevati e ad esercitare un controllo tanto in diritto quanto in fatto, abbia l’obbligo di procedere d’ufficio ad una nuova istruzione completa del fascicolo (v. sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione, C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 66).

85      Inoltre, secondo una giurisprudenza costante della Corte, il Tribunale è il solo competente a controllare il modo in cui la Commissione ha valutato, in ciascun caso di specie, la gravità di comportamenti illeciti. Nell’ambito dell’impugnazione, il controllo della Corte è volto, da un lato, a verificare se il Tribunale abbia preso in considerazione in maniera giuridicamente corretta tutti i fattori essenziali per valutare la gravità di un comportamento alla luce dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003 e, dall’altro, ad accertare se il Tribunale abbia risposto in modo giuridicamente corretto a tutti gli argomenti dedotti a sostegno della domanda di riduzione dell’ammenda. La gravità delle infrazioni del diritto della concorrenza dell’Unione dev’essere accertata in funzione di un gran numero di elementi quali, segnatamente, la portata dissuasiva delle ammende, le particolari circostanze del procedimento e il suo contesto, incluso il comportamento di ciascuna impresa, il ruolo giocato da ciascuna di esse nel porre in essere l’intesa, il vantaggio che esse hanno potuto trarne, le loro dimensioni e il valore delle merci interessate nonché il rischio che infrazioni di questo tipo costituiscono per gli obiettivi dell’Unione (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punti 95, 99 e 100).

86      Inoltre, non spetta alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nell’ambito di un’impugnazione, sostituire, per motivi di equità, la propria valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, sull’ammontare delle ammende inflitte a determinate imprese per una violazione del diritto dell’Unione da esse operata. Quindi, soltanto nei limiti in cui la Corte ritenesse che il livello della sanzione sia non soltanto inadeguato, ma anche eccessivo, al punto da essere sproporzionato, occorrerebbe ravvisare un errore di diritto commesso dal Tribunale per incongruenza dell’importo dell’ammenda (v., in particolare, sentenza del 30 maggio 2013, Quinn Barlo e a./Commissione, C‑70/12 P, EU:C:2013:351, punto 57 e la giurisprudenza ivi citata).

87      È alla luce di tale giurisprudenza che devono essere valutati il terzo e il quarto motivo d’impugnazione.

88      Orbene, risulta chiaramente da tale giurisprudenza, in primo luogo, che la competenza estesa al merito riguarda unicamente la sanzione inflitta e non l’intera decisione impugnata e, in secondo luogo, che né la competenza estesa al merito né il controllo di legittimità equivalgono al controllo d’ufficio e che, pertanto, essi non impongono al Tribunale di procedere d’ufficio a una nuova istruzione completa del caso, a prescindere dalle censure formulate dalla parte ricorrente.

89      Nel caso di specie, si deve constatare che il Tribunale ha esercitato, a partire dal punto 335 della sentenza impugnata, un controllo effettivo dell’importo dell’ammenda, che ha risposto ai vari argomenti della ricorrente e che, ai punti da 397 a 402 di tale sentenza, ha statuito sulle richieste conclusive volte alla riduzione dell’importo dell’ammenda, non limitandosi quindi a controllare la legittimità di tale importo, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente. A tal riguardo, il Tribunale ha in particolare rilevato, al punto 384 di tale sentenza, che il moltiplicatore del 15% a titolo dei moltiplicatori «gravità dell’infrazione» e «importo supplementare» era il minimo, considerata la natura particolarmente grave dell’infrazione in oggetto, poi ha affermato, ai punti da 397 a 401 della stessa sentenza, che nessuno degli elementi dedotti dalle ricorrenti in primo grado era tale da giustificare una riduzione dell’importo dell’ammenda.

90      Per quanto riguarda più in particolare l’esame della gravità dell’infrazione addebitata, si deve constatare che il Tribunale ha fra l’altro ricordato, al punto 381 della sentenza impugnata, il punto 23 degli orientamenti del 2006, a termini del quale «[p]er loro stessa natura, gli accordi orizzontali di fissazione dei prezzi, di ripartizione dei mercati e di limitazione della produzione, che sono generalmente segreti, costituiscono alcune delle più gravi restrizioni della concorrenza. Nell’ambito della politica di concorrenza essi saranno severamente sanzionati. In generale, pertanto, la proporzione del valore delle vendite considerata per le infrazioni di questo tipo si situerà sui valori più alti previsti». Il Tribunale ha richiamato, al punto 383 di detta sentenza, la motivazione accolta dalla Commissione al punto 1211 della decisione impugnata, in base al quale il coordinamento orizzontale dei prezzi costituiva, per sua stessa natura, una delle più gravi restrizioni della concorrenza e che l’infrazione aveva il carattere di un’infrazione unica, continuata e complessa che interessava sei Stati membri e i tre sottogruppi di prodotti, prima di constatare, al punto 384 della stessa sentenza, la natura particolarmente grave dell’infrazione in oggetto, che giustificava l’applicazione di un moltiplicatore basato sulla gravità del 15% e, al punto 385 della sentenza impugnata, la partecipazione della ricorrente al «gruppo centrale di imprese» che ha attuato l’infrazione accertata.

91      Avendo in tal modo tenuto conto di tutti i parametri pertinenti ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione addebitata, ed essendo inoltre dimostrati il coordinamento orizzontale dei prezzi e la partecipazione della ricorrente a quest’ultimo, ed avendo risposto agli argomenti della ricorrente su tale punto, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto e ha soddisfatto il suo obbligo di controllo giurisdizionale effettivo della decisione controversa.

92      Per quanto riguarda la valutazione della durata eccessiva del procedimento amministrativo, si deve ricordare che, anche se la violazione del principio del rispetto del termine ragionevole da parte della Commissione può giustificare l’annullamento di una decisione adottata in esito a un procedimento amministrativo ai sensi degli articoli 101 e 102 TFUE qualora essa comporti altresì una violazione dei diritti della difesa dell’impresa interessata, una simile violazione del principio del rispetto del termine ragionevole, quand’anche dimostrata, non può condurre a una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta (v., in particolare, sentenze del 9 giugno 2016, CEPSA/Commissione, C‑608/13 P, EU:C:2016:414, punto 61, e del 9 giugno 2016, PROAS/Commissione, C‑616/13 P, EU:C:2016:415, punto 74 e la giurisprudenza ivi citata). Orbene, nel caso di specie, come risulta dal punto 75 della presente sentenza, è pacifico che, mediante il suo argomento relativo alla valutazione non corretta della durata eccessiva del procedimento amministrativo da parte del Tribunale, la ricorrente mira soltanto ad ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda che le è stata inflitta.

93      Pertanto, a prescindere dalla sua fondatezza, detto argomento dev’essere respinto in quanto inoperante.

94      Infine, per quanto riguarda la proporzionalità dell’importo dell’ammenda inflitta in sé, la ricorrente non deduce alcun argomento atto a dimostrare che il livello della sanzione inflitta sia inappropriato o eccessivo. A tal proposito, dev’essere respinto l’argomento secondo cui l’importo di un’ammenda di EUR 6,08 milioni è sproporzionato rispetto al fatturato interessato dall’intesa, pari a EUR 3,88 milioni. Infatti, è pacifico che, nel caso di specie, l’importo dell’ammenda inflitta alla Villeroy & Boch e alle sue controllate è stato ridotto in modo da non superare il 10% del fatturato totale delle stesse realizzato nel corso dell’esercizio sociale precedente, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. Orbene, tale limite garantisce già che il livello di tale ammenda non sia sproporzionato rispetto alle dimensioni dell’impresa, quali determinate dal suo fatturato globale (v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti da 280 a 282).

95      Di conseguenza, il terzo e il quarto motivo devono essere respinti essendo in parte inoperanti ed in parte infondati.

96      Poiché nessuno dei motivi dedotti dalla ricorrente può trovare accoglimento, il ricorso dev’essere respinto integralmente.

 Sulle spese

97      A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, quest’ultima statuisce sulle spese. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La Villeroy & Boch Austria GmbH è condannata alle spese.

Firme


1* Lingua processuale: il tedesco.