Language of document : ECLI:EU:C:2017:48

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

26 gennaio 2017 (*)

«Impugnazione – Concorrenza – Intese – Mercati belga, tedesco, francese, italiano, olandese e austriaco delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria – Coordinamento dei prezzi di vendita e scambio di informazioni commerciali riservate – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 23, paragrafo 2 – Limite massimo del 10% del fatturato»

Nella causa C‑618/13 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 26 novembre 2013,

Zucchetti Rubinetteria SpA, con sede in Gozzano (Italia), rappresentata da M. Condinanzi, P. Ziotti e N. Vasile, avvocati,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da L. Malferrari e F. Ronkes Agerbeek, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Tizzano, vicepresidente della Corte, facente funzione di presidente della Prima Sezione, M. Berger, E. Levits, S. Rodin (relatore) e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 10 settembre 2015,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, la Zucchetti Rubinetteria SpA chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 16 settembre 2013, Zucchetti Rubinetteria/Commissione (T‑396/10; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2013:446), con cui quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione C (2010) 4185 definitivo della Commissione, del 23 giugno 2010, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (caso COMP/39092 – Ceramiche sanitarie e rubinetteria; in prosieguo: la «decisione controversa») nella parte in cui la riguarda e, in subordine, all’estinzione o alla riduzione dell’ammenda inflittale con tale decisione.

 Contesto normativo

 Il regolamento (CE) n. 1/2003

2        Il regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), all’articolo 23, paragrafi 2 e 3, prevede quanto segue:

«2.      La Commissione può, mediante decisione, infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza:

a)      commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo [101 o 102 TFUE] (...)

(...)

Per ciascuna impresa o associazione di imprese partecipanti all’infrazione, l’ammenda non deve superare il 10% del fatturato totale realizzato durante l’esercizio sociale precedente.

(...)

3.      Per determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata».

3        Tale regolamento enuncia, all’articolo 31:

«La Corte di giustizia ha competenza giurisdizionale anche di merito per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione irroga un’ammenda o una penalità di mora. Essa può estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora irrogata».

 Gli orientamenti del 2006

4        Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti del 2006») indicano, al punto 2, che, per quanto riguarda la determinazione delle ammende, «la Commissione deve prendere in considerazione la durata e la gravità dell’infrazione» e che «[l]’ammenda inflitta non deve poi superare i limiti indicati all’articolo 23, paragrafo 2, secondo e terzo comma, del regolamento (CE) n. 1/2003».

5        I punti 19, 21, 23, 29 e 37 degli orientamenti del 2006 enunciano quanto segue:

«19.      L’importo di base dell’ammenda sarà legato ad una proporzione del valore delle vendite, determinata in funzione del grado di gravità dell’infrazione, moltiplicata per il numero di anni dell’infrazione.

(...)

21.      In linea di massima, la proporzione considerata del valore delle vendite sarà fissata a un livello che può raggiungere il 30% del valore delle vendite.

(...)

23.      Per la loro stessa natura, gli accordi (...) orizzontali di fissazione dei prezzi (...), che sono generalmente segreti, costituiscono alcune delle più gravi restrizioni della concorrenza. Nell’ambito della politica di concorrenza essi saranno severamente sanzionati. In generale, pertanto, la proporzione del valore delle vendite considerata per le infrazioni di questo tipo si situerà sui valori più alti previsti.

(...)

29.      L’importo di base dell’ammenda può essere ridotto qualora la Commissione constati l’esistenza di circostanze attenuanti, quali:

(...)

–        quando l’impresa fornisce la prova che la propria partecipazione all’infrazione è sostanzialmente marginale dimostrando altresì che, nel periodo in cui ha aderito agli accordi illeciti, non ha di fatto dato loro applicazione adottando un comportamento concorrenziale sul mercato; (...)

(...)

37.      Nonostante i presenti orientamenti espongano la metodologia generale per la fissazione delle ammende, le specificità di un determinato caso o la necessità di raggiungere un livello dissuasivo possono giustificare l’allontanamento da tale metodologia o dai limiti fissati al punto 21».

 Fatti e decisione controversa

6        I fatti all’origine della controversia sono stati esposti ai punti da 1 a 11 della sentenza impugnata e possono essere sintetizzati come segue.

7        La ricorrente è un’impresa italiana che produce e vende esclusivamente articoli di rubinetteria.

8        Con la decisione controversa, la Commissione ha dichiarato l’esistenza di un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 53 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3) nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria. Quest’infrazione, alla quale avrebbero partecipato 17 imprese, sarebbe stata realizzata nel corso di diversi periodi compresi tra il 16 ottobre 1992 e il 9 novembre 2004 e avrebbe assunto la forma di un insieme di accordi anticoncorrenziali o di pratiche concordate sui territori belga, tedesco, francese, italiano, olandese e austriaco.

9        In particolare, nella suddetta decisione la Commissione ha esposto che l’infrazione accertata consisteva, in primo luogo, nel coordinamento, da parte dei suddetti produttori di ceramiche sanitarie e rubinetteria, degli aumenti di prezzo annuali e di altri elementi di determinazione dei medesimi, nell’ambito di regolari riunioni in seno alle associazioni nazionali di settore, in secondo luogo, nella fissazione o nel coordinamento dei prezzi in occasione di eventi specifici, quali l’aumento del costo delle materie prime, l’istituzione dell’euro nonché l’introduzione di pedaggi autostradali e, in terzo luogo, nella divulgazione e nello scambio di informazioni commerciali riservate. Inoltre, la Commissione ha constatato che la fissazione dei prezzi nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria seguiva un ciclo annuale. In quest’ambito, i produttori stabilivano i loro listini prezzi, che solitamente rimanevano validi per un anno e costituivano la base per i rapporti commerciali con i grossisti.

10      I prodotti oggetto della decisione controversa sono ceramiche sanitarie e rubinetteria appartenenti a uno dei tre seguenti sottogruppi di prodotti, ossia articoli di rubinetteria, box doccia e loro accessori nonché articoli sanitari in ceramica (in prosieguo: i «tre sottogruppi di prodotti»).

11      Per quanto riguarda le pratiche anticoncorrenziali che si sarebbero svolte, in particolare, in Italia, queste ultime sarebbero state attuate nell’ambito di due gruppi informali. Il primo, denominato «Euroitalia», sarebbe stato formato da imprese, tra cui la ricorrente, che si sarebbero riunite due o tre volte all’anno nel periodo compreso tra i mesi di luglio 1992 e ottobre 2004. Nell’ambito di questo gruppo, che si era formato quando i produttori tedeschi erano penetrati nel mercato italiano, gli scambi di informazioni avrebbero avuto ad oggetto non solo gli articoli di rubinetteria, ma anche le ceramiche sanitarie. Il secondo gruppo informale di imprese, denominato «Michelangelo», avrebbe anch’esso incluso la ricorrente e si sarebbe riunito in varie occasioni tra la fine del 1995 o l’inizio del 1996 e il 25 luglio 2003. Nel corso di tali riunioni, le discussioni avrebbero avuto ad oggetto un’ampia gamma di prodotti sanitari, in particolare la rubinetteria e gli articoli in ceramica.

12      Per quanto concerne la partecipazione della ricorrente alle riunioni di questi due gruppi informali, la Commissione ha rilevato che, sebbene la ricorrente critichi la qualificazione giuridica delle pratiche interessate come intesa, essa tuttavia ammette di aver partecipato a discussioni inappropriate con i suoi concorrenti. Inoltre, a prescindere dal fatto che essa abbia o meno applicato gli aumenti di prezzo in questione, la ricorrente avrebbe svolto un ruolo attivo nell’organizzazione delle riunioni e nelle discussioni svoltesi in tali occasioni.

13      Per quanto riguarda la partecipazione delle imprese in questione all’infrazione accertata, la Commissione ha rilevato che non vi erano prove sufficienti che consentissero di concludere che la ricorrente nonché altre imprese italiane che avevano partecipato alle riunioni di Euroitalia e di Michelangelo erano al corrente di un piano generale.

14      All’articolo 1, paragrafo 5, punto 18, della decisione controversa la Commissione ha quindi constatato che la ricorrente aveva partecipato a un’infrazione nel settore delle ceramiche sanitarie e della rubinetteria nel territorio italiano, tra il 16 ottobre 1992 e il 9 novembre 2004.

15      All’articolo 2, paragrafo 17, della decisione controversa, la Commissione ha inflitto alla ricorrente un’ammenda di importo pari a EUR 3 996 000.

16      Per calcolare tale ammenda, la Commissione si è basata sugli orientamenti del 2006.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

17      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale l’8 settembre 2010, la ricorrente ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa nella parte in cui la riguarda e, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammenda che le è stata inflitta.

18      A sostegno del suo ricorso, essa ha dedotto tre motivi vertenti, rispettivamente, il primo, su errori in cui la Commissione è incorsa nella determinazione del mercato rilevante, il secondo, sul fatto che la Commissione avrebbe giudicato a torto che le pratiche in questione costituivano una violazione dell’articolo 101 TFUE e, il terzo, su violazioni da parte della Commissione nel calcolo dell’importo dell’ammenda.

19      Il Tribunale, nel pronunciarsi, in primo luogo, sulle conclusioni dirette all’annullamento della decisione controversa nella parte in cui questa riguarda la ricorrente, ha respinto detti motivi, ad eccezione di una parte del terzo motivo vertente sul ragionamento della Commissione relativo all’applicazione dei coefficienti «gravità dell’infrazione» e «importo supplementare». A tale riguardo, il Tribunale ha rilevato, al punto 119 della sentenza impugnata, che la Commissione era incorsa in due errori di valutazione basando l’applicazione dei moltiplicatori «gravità dell’infrazione» e «importo supplementare» del 15% sul fatto che la ricorrente avesse partecipato a un’infrazione unica riguardante il territorio di sei Stati membri e i tre sottogruppi di prodotti.

20      Il Tribunale ha tuttavia ritenuto, ai punti da 138 a 140 della sentenza impugnata, che questi errori di valutazione non comportassero l’annullamento degli articoli della decisione controversa indicati nelle conclusioni dirette all’annullamento parziale di tale decisione.

21      Di conseguenza, al punto 141 della sentenza impugnata, esso ha respinto tali conclusioni.

22      Quanto, in secondo luogo, alle conclusioni presentate in via subordinata, dirette all’estinzione o alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente, il Tribunale, al punto 152 della sentenza impugnata, le ha parimenti respinte.

23      A tale riguardo, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, esso ha ritenuto che, nonostante gli errori in cui la Commissione era incorsa, quali rilevati al punto 119 della suddetta sentenza, i coefficienti «gravità dell’infrazione» e «importo supplementare» del 15% risultassero pienamente giustificati alla luce di tutti gli elementi pertinenti della fattispecie.

24      Il Tribunale ha pertanto respinto integralmente il ricorso.

 Conclusioni delle parti

25      La ricorrente chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha respinto il ricorso;

–        statuendo definitivamente sulla controversia, annullare o ridurre l’ammenda nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, e

–        condannare la Commissione alle spese.

26      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione e

–        condannare la ricorrente alle spese.

 Sull’impugnazione

27      A sostegno della sua impugnazione, la ricorrente deduce due motivi. Il primo motivo verte su una violazione del diritto dell’Unione per quanto riguarda il calcolo dell’ammenda che le è stata inflitta. Il secondo motivo ha ad oggetto la mancata considerazione di circostanze attenuanti da parte del Tribunale nel calcolo di tale ammenda.

 Sul primo motivo

 Argomenti delle parti

28      Con il suo primo motivo, diretto contro i punti 118, da 120 a 124, 127 e 128 della sentenza impugnata, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha violato il diritto dell’Unione nel calcolare l’ammenda che le è stata inflitta, valutando in modo errato la gravità dell’infrazione considerata, da un lato, e violando la natura contraddittoria del procedimento nonché l’obbligo di motivazione, dall’altro. In particolare, il Tribunale avrebbe violato l’articolo 23, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1/2003 nonché i principi di responsabilità personale, di proporzionalità e di parità di trattamento nell’applicazione delle sanzioni in materia antitrust.

29      La ricorrente deduce che il Tribunale, al punto 118 della sentenza impugnata, ha affermato la tesi secondo cui l’infrazione di cui trattasi, che interessava il territorio di sei Stati membri e i tre sottogruppi di prodotti, non può essere considerata di gravità identica a quella commessa nel territorio di un solo Stato membro e riguardante due sottogruppi di prodotti. Parimenti, il Tribunale avrebbe ricordato, correttamente, la portata del principio di proporzionalità nonché quella del principio di parità di trattamento, ai punti 120, 127 e 128 della sentenza impugnata. Sulla base di tali affermazioni, il Tribunale, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, avrebbe dovuto ridurre l’ammenda inflitta per tenere conto del minor grado di gravità della partecipazione della ricorrente all’infrazione contestatale. Orbene, il Tribunale, dopo aver rilevato, al punto 119 della sentenza impugnata, che la Commissione era incorsa in due errori di valutazione nell’esame dei coefficienti «gravità dell’infrazione» e «importo supplementare», ha confermato l’importo dell’ammenda, il che sarebbe quindi del tutto illogico e in contraddizione con la motivazione di tale sentenza.

30      Inoltre, un simile ragionamento violerebbe i principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di personalità delle pene, in particolare rispetto al comportamento delle imprese stabilite al di fuori dell’Italia, alle quali è stato applicato lo stesso moltiplicatore del 15%, ma che hanno violato le norme in materia di concorrenza nel territorio dei sei Stati membri interessati e per i tre sottogruppi di prodotti.

31      La Commissione afferma, in limine, che il primo motivo è irricevibile a causa del fatto che la ricorrente non censura la parte della sentenza impugnata in cui il Tribunale, esercitando la propria competenza estesa al merito, ha ricalcolato l’ammenda. Orbene, tale parte sarebbe tuttavia l’unica pertinente ai fini della presente impugnazione. La ricorrente si sarebbe quindi unicamente riferita ai punti di detta sentenza che riguardano soltanto il controllo di legalità. Inoltre, rimarrebbe oscuro quale sia l’errore di diritto commesso dal Tribunale nell’esercizio della propria competenza estesa al merito. La ricorrente invocherebbe i principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di personalità delle pene in maniera astratta e generale. Sennonché, per essere ricevibile, un’impugnazione dovrebbe indicare in modo preciso anche gli argomenti giuridici a sostegno della domanda di annullamento. Inoltre, dalla giurisprudenza emergerebbe che non spetta alla Corte sostituirsi al Tribunale e pronunciarsi, nell’esercizio della propria competenza estesa al merito, sull’importo dell’ammenda, salvo il caso in cui tale importo sia non solo incongruo, ma anche eccessivo al punto da essere sproporzionato.

32      Quanto al merito di tale motivo, la Commissione fa valere, in subordine, che il Tribunale ha analizzato dettagliatamente, ai punti da 146 a 150 della sentenza impugnata, tutte le ragioni che l’hanno indotto a fissare al 15% il moltiplicatore per la gravità dell’infrazione e l’importo supplementare nella fattispecie.

33      La Commissione sottolinea, in particolare, che il moltiplicatore del 15% è un moltiplicatore minimo per il tipo di infrazione considerato. A tale riguardo, essa aggiunge tuttavia, in sostanza, che, contrariamente a quanto il Tribunale sembra affermare, la gravità di una simile infrazione non è necessariamente diversa se oggetto del cartello sono due oppure tre tipi di prodotti o se essa riguarda sei anziché un solo Stato membro, dato che si tratta di una grave violazione alla luce dell’oggetto dell’articolo 101 TFUE, destinato anche a tutelare la concorrenza in quanto tale. Inoltre, la Commissione rileva che le differenze cui il Tribunale fa riferimento, al punto 114 della sentenza impugnata, tra, da un lato, la ricorrente, che ha partecipato all’infrazione solamente in Italia e solamente con riferimento a due dei tre sottogruppi di prodotti e, dall’altro, gli altri membri del cartello, che hanno partecipato a detta infrazione nel territorio di sei Stati membri e con riferimento ai tre sottogruppi di prodotti, sarebbero già riflesse nei diversi valori di fatturato, i quali costituiscono la base del calcolo delle ammende. Peraltro, il ruolo della ricorrente non sarebbe stato secondario. A tale riguardo, la sua partecipazione all’infrazione di cui trattasi sarebbe durata dodici anni, e nel calcolo dell’ammenda sarebbero stati presi in debita considerazione fattori quali il numero di abitanti e il prodotto interno lordo (PIL) dell’Italia. Non sussisterebbe, pertanto, alcuna violazione del principio di parità di trattamento.

34      Ad ogni modo, la ricorrente non può invocare a proprio vantaggio un potenziale illecito commesso, in sede di calcolo dell’ammenda, a favore di altri partecipanti al cartello di cui trattasi.

 Giudizio della Corte

35      In limine, occorre respingere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione.

36      Infatti, emerge dagli atti che la Zucchetti Rubinetteria sostiene, in sostanza, che il Tribunale ha violato i principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di personalità delle pene, per non aver proceduto a una rivalutazione dell’ammenda dopo aver rilevato, al punto 119 della sentenza impugnata, due errori di valutazione nei quali la Commissione era incorsa in sede di calcolo dell’ammenda. L’impugnazione consente quindi di identificare con chiarezza e precisione sufficienti l’errore di diritto da cui sarebbe viziata la sentenza impugnata.

37      Di conseguenza, il primo motivo è ricevibile.

38      Quanto al merito del primo motivo, vertente sul fatto che il Tribunale avrebbe violato i principi di responsabilità personale, di proporzionalità e di parità di trattamento nel calcolo dell’ammenda, si deve anzitutto ricordare, in primo luogo, che il principio di parità di trattamento costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, sancito agli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Secondo costante giurisprudenza, tale principio impone che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che un simile trattamento non sia obiettivamente giustificato. In secondo luogo, risulta parimenti da giurisprudenza costante che, per quanto riguarda la determinazione dell’importo dell’ammenda, l’applicazione di diversi metodi di calcolo non può condurre ad una discriminazione tra le imprese che hanno partecipato ad un accordo o ad una pratica concordata contraria all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. In terzo luogo, la Corte, tuttavia, ha più volte dichiarato che la precedente prassi decisionale della Commissione non funge da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza e che decisioni relative ad altri casi presentano carattere meramente indicativo dell’esistenza di discriminazioni (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2013, Ziegler/Commissione, C‑439/11 P, EU:C:2013:513, punti da 132 a 134).

39      Inoltre, secondo costante giurisprudenza, in primo luogo, il compito di sorveglianza assegnato alla Commissione dall’articolo 105, paragrafo 1, e dall’articolo 106 TFUE comprende non solo la funzione di indagare e reprimere le singole infrazioni, ma implica pure il dovere di seguire una politica generale mirante ad applicare, in fatto di concorrenza, i principi fissati dai Trattati e ad orientare in questo senso il comportamento delle imprese. La suddetta politica della concorrenza è caratterizzata da un ampio potere discrezionale della Commissione, in particolare per quanto riguarda la determinazione dell’importo delle ammende (v., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti 170 e 172).

40      In secondo luogo, ai fini della fissazione dell’ammenda, occorre prendere in considerazione la gravità e la durata dell’infrazione, il che obbliga a tener conto del contesto normativo ed economico della condotta incriminata, della natura delle restrizioni apportate alla concorrenza nonché del numero e dell’importanza delle imprese interessate (v., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 1975, Suiker Unie e a./Commissione, da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, EU:C:1975:174, punto 612).

41      In terzo luogo, occorre prendere in considerazione tutti i fattori che possono incidere ai fini della valutazione della gravità delle infrazioni nonché del comportamento dell’impresa nel corso del procedimento amministrativo (sentenza dell’11 gennaio 1990, Sandoz prodotti farmaceutici/Commissione, C‑277/87, EU:C:1990:6, punto 27).

42      In quarto luogo, per determinare la gravità dell’infrazione, si deve tener conto di un gran numero di fattori il cui carattere e la cui importanza variano a seconda del tipo di infrazione e delle circostanze particolari della stessa. Tra questi elementi possono, a seconda dei casi, rientrare il comportamento di ciascuna impresa, il ruolo svolto da ciascuna di esse nella costituzione del cartello, il volume e il valore delle merci oggetto dell’infrazione nonché le dimensioni e la potenza economica dell’impresa e, pertanto, l’influenza che questa ha potuto esercitare sul mercato (v., in tal senso, sentenze del 7 giugno 1983, Musique Diffusion française e a./Commissione, da 100/80 a 103/80, EU:C:1983:158, punto 120; del 9 novembre 1983, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, 322/81, EU:C:1983:313, punto 111, nonché dell’11 luglio 2013, Gosselin Group/Commissione, C‑429/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:463, punti 89 e 90).

43      Infine, soltanto nei limiti in cui la Corte ritenesse che il livello della sanzione sia non soltanto incongruo, ma anche eccessivo, al punto da essere sproporzionato, occorrerebbe constatare un errore di diritto commesso dal Tribunale a causa del carattere incongruo dell’importo di un’ammenda (sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione, C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 126).

44      Nella fattispecie, il Tribunale ha analizzato, ai punti da 145 a 150 della sentenza impugnata, le conseguenze da trarre dal suo rilievo, espresso al punto 119 di detta sentenza, secondo cui la Commissione ha erroneamente considerato, in sede di calcolo dell’ammenda, che la ricorrente aveva partecipato all’infrazione contestatale nel territorio di sei Stati membri e per i tre sottogruppi di prodotti e secondo cui ha commesso due errori di valutazione basando l’applicazione dei moltiplicatori «gravità dell’infrazione» e «importo supplementare» del 15% su una partecipazione siffatta.

45      Così, al punto 145 della sentenza impugnata, il Tribunale ha, anzitutto, dichiarato che si sarebbe ispirato agli orientamenti del 2006 nell’esercizio della propria competenza estesa al merito. Successivamente, esso ha ricordato, al punto 146 di detta sentenza, che i moltiplicatori applicabili al tipo di infrazione considerato sono conformi al principio di proporzionalità, su una scala dallo 0% al 30% per quanto concerne il moltiplicatore «gravità dell’infrazione», e su una scala dal 15% al 25% per quanto concerne il moltiplicatore «importo supplementare». Infine, il Tribunale ha ritenuto, al punto 147 della sentenza impugnata, che riprende in sostanza i rilievi dei punti 118 e 128 di detta sentenza, che un’infrazione riguardante tre sottogruppi di prodotti in sei Stati membri è più grave, a causa della sua estensione geografica e del numero di sottogruppi di prodotti, rispetto a quella cui ha partecipato la ricorrente.

46      Inoltre, il Tribunale ha osservato, al punto 148 della sentenza impugnata, che il fatto che alle imprese che hanno partecipato all’infrazione unica concernente il territorio di sei Stati membri e i tre sottogruppi di prodotti si sarebbe dovuta infliggere un’ammenda calcolata in base a moltiplicatori «gravità dell’infrazione» e «importo supplementare» superiori a quelli adottati per punire la ricorrente non può giustificare che il Tribunale imponga a quest’ultima, in sede di esercizio della sua competenza estesa al merito, un’ammenda il cui importo non sia sufficientemente dissuasivo in considerazione della gravità dell’infrazione cui essa ha partecipato. Esso ha dunque dichiarato, al punto 149 di tale sentenza, che i moltiplicatori «gravità dell’infrazione» e «importo supplementare» del 15% sono adeguati alla luce delle valutazioni esposte al punto 148 della medesima sentenza nonché degli orientamenti del 2006.

47      A tale riguardo, occorre rilevare che, come in sostanza affermato dalla Commissione, la motivazione esposta, in particolare, ai punti 118 e 128 nonché ai punti 147 e 148 della sentenza impugnata – secondo la quale, da un lato, un’infrazione che interessa i tre sottogruppi di prodotti in sei Stati membri è più grave di quella alla quale la ricorrente ha partecipato, commessa nel territorio di un solo Stato membro e riguardante unicamente due sottogruppi di prodotti, e, dall’altro, alle imprese che hanno partecipato a questa prima infrazione si sarebbe dovuto, per questa sola ragione, infliggere un’ammenda calcolata in base a moltiplicatori «gravità dell’infrazione» e «importo supplementare» superiori a quelli applicati alla ricorrente – è viziata da un errore.

48      Infatti, sebbene, per valutare la gravità di un’infrazione e, successivamente, fissare l’importo dell’ammenda da infliggere sia possibile tenere conto, segnatamente, dell’estensione geografica di tale infrazione e del numero di prodotti interessati dalla stessa, la circostanza che un’infrazione sia di portata geografica più ampia e riguardi un maggior numero di prodotti rispetto a un’altra non può, di per sé, necessariamente implicare che questa prima infrazione, considerata complessivamente, e in particolare alla luce della sua natura, debba essere qualificata come più grave della seconda e come tale da giustificare, quindi, la fissazione di moltiplicatori «gravità dell’infrazione» e «importo supplementare» superiori a quelli utilizzati per il calcolo dell’ammenda che ha sanzionato tale seconda infrazione (v., in tal senso, sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione, C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 178).

49      Occorre tuttavia ricordare che se dalla motivazione di una pronuncia del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della stessa appare fondato per altri motivi di diritto, una violazione di questo tipo non è idonea a determinare l’annullamento di tale decisione e si deve procedere a una sostituzione della motivazione (v., in tal senso, sentenze del 9 giugno 1992, Lestelle/Commissione, C‑30/91 P, EU:C:1992:252, punto 28, nonché del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 187 e giurisprudenza citata).

50      Occorre pertanto determinare se l’errore di diritto commesso dal Tribunale sia idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata.

51      A tale riguardo, occorre ricordare che l’importo di base dell’ammenda comprende l’importo a titolo di gravità dell’infrazione e l’importo supplementare.

52      L’importo a titolo di gravità dell’infrazione è determinato secondo una percentuale che si situa tra lo 0% e il 30% del valore delle vendite pertinenti dell’impresa interessata nell’ultimo anno della sua partecipazione all’intesa. Tale valore, pertanto, è specifico per ogni impresa che ha partecipato all’infrazione addebitata.

53      Come correttamente affermato dalla Commissione al punto 1220 della decisione controversa, ai fini della determinazione del coefficiente «gravità dell’infrazione», occorre prendere in considerazione, in particolare, la natura dell’infrazione addebitata.

54      Orbene, come sottolineato dal Tribunale al punto 104 della sentenza impugnata, un cartello avente ad oggetto un coordinamento di prezzi costituisce, per sua stessa natura, una delle restrizioni più gravi della concorrenza. Di conseguenza, la Commissione e il Tribunale non possono essere censurati per aver commesso errori di diritto stabilendo, per un’infrazione siffatta, un’aliquota a titolo del moltiplicatore «gravità dell’infrazione» del 15% e dichiarando che tale aliquota era conforme al principio di proporzionalità.

55      Inoltre, con riferimento al moltiplicatore «importo supplementare», come rilevato dalla Commissione ai punti 1224 e 1225 della decisione controversa, il moltiplicatore del 15% è il moltiplicatore minimo previsto negli orientamenti del 2006. Di conseguenza, l’aliquota fissata è la più favorevole possibile per la ricorrente alla luce della forcella prevista da tali orientamenti.

56      Peraltro, dalla giurisprudenza della Corte emerge che la necessaria differenziazione degli importi dell’ammenda in base al principio di parità di trattamento tra le imprese, tenuto conto dell’ampio margine discrezionale riconosciuto per il calcolo dell’importo dell’ammenda alla Commissione, non deve necessariamente essere effettuato nell’ambito della fissazione dei moltiplicatori «gravità dell’infrazione» e «importo supplementare», ma le differenze e le circostanze proprie delle imprese interessate possono, se del caso, essere prese in considerazione in un’altra fase del calcolo dell’ammenda, come nell’ambito dell’adeguamento dell’importo di base in funzione di circostanze aggravanti e attenuanti, ai sensi dei punti 28 e 29 degli orientamenti del 2006 (v., in tal senso, sentenze dell’11 luglio 2013, Gosselin Group/Commissione, C‑429/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:463, punti da 96 a 100, nonché dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punti 104 e 105), oppure nell’ambito del valore delle vendite considerato per calcolare l’importo di base dell’ammenda, in quanto detto valore riflette, per ciascuna impresa partecipante, l’importanza della sua partecipazione all’infrazione considerata, conformemente al punto 13 degli orientamenti del 2006.

57      Infatti, come già dichiarato dalla Corte, quest’ultimo punto mira ad assumere come base iniziale ai fini del calcolo dell’ammenda inflitta ad un’impresa un importo che rifletta l’importanza economica dell’infrazione ed il peso relativo dell’impresa interessata nell’infrazione medesima (v. sentenza dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 76).

58      Di conseguenza, essendo pacifico che l’importo di base dell’ammenda inflitta alla ricorrente è stato determinato, come emerge dal punto 1219 della decisione controversa, in funzione del valore delle vendite realizzate dalla ricorrente nel territorio italiano, il Tribunale ha potuto, al punto 149 della sentenza impugnata, senza violare il principio di parità di trattamento, fissare, per il calcolo dell’ammenda da infliggere alla ricorrente, moltiplicatori «gravità dell’infrazione» e «importo supplementare» di percentuale pari al 15%, identica a quella utilizzata per le imprese che hanno partecipato all’infrazione unica che interessava i tre sottogruppi di prodotti e sei Stati membri.

59      Occorre pertanto, attraverso una sostituzione della motivazione, respingere l’argomento vertente sul fatto che il Tribunale non avrebbe tratto alcuna conseguenza dai rilievi espressi al punto 119 della sentenza impugnata e avrebbe violato i principi di proporzionalità e di parità di trattamento.

60      Da quanto precede deriva che il primo motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo

 Argomenti delle parti

61      Con il secondo motivo, la ricorrente fa valere, in sostanza, che la motivazione con cui il Tribunale ha respinto, al punto 150 della sentenza impugnata, i suoi argomenti dedotti contro il rifiuto della Commissione di concederle, conformemente al punto 29 degli orientamenti del 2006, una riduzione dell’ammenda per aver essa svolto un ruolo solamente secondario nell’infrazione considerata è errata.

62      A tale riguardo, il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato che la ricorrente non aveva dimostrato che il suo ruolo nell’infrazione considerata è stato secondario, dato che la Commissione stessa avrebbe riconosciuto, nella decisione controversa, il ruolo centrale svolto da talune altre imprese nell’ambito delle pratiche illecite accertate. Contrariamente alle affermazioni della Commissione e del Tribunale, il ruolo diverso o secondario svolto dalla ricorrente nonché il diverso livello di gravità della partecipazione all’infrazione considerata non si rifletterebbero nel valore delle vendite dei prodotti interessati assunto quale base del calcolo dell’ammenda inflittale, dato che tale valore costituisce la mera espressione di un parametro quantitativo che nulla ha a che vedere con la valenza qualitativa dei comportamenti delle imprese coinvolte.

63      Di conseguenza, secondo la ricorrente, dal momento che la Commissione e il Tribunale hanno trattato in modo identico situazioni, di fatto, assolutamente diverse, poiché il suo ruolo nella collusione non poteva essere assimilato a quello svolto dalle altre imprese all’origine delle pratiche interessate, i principi di parità di trattamento e del carattere personale della responsabilità sono chiaramente stati violati.

64      Secondo la Commissione, il secondo motivo dev’essere respinto in quanto irricevibile o ininfluente. Tale motivo riguarderebbe soltanto punti meramente fattuali e sarebbe volto unicamente a ottenere un riesame di una valutazione dei fatti. La ricorrente non avrebbe in alcun punto spiegato in che modo il Tribunale avrebbe, come essa sembra dedurre, snaturato i fatti. Ad ogni modo, tale motivo sarebbe troppo vago e impreciso per essere ricevibile.

65      Quanto, in subordine, al merito del secondo motivo, la Commissione osserva che il Tribunale ha constatato, ai punti da 133 a 140 e 150 della sentenza impugnata, dopo aver analizzato la decisione controversa, che la ricorrente non poteva beneficiare di alcuna circostanza attenuante. Inoltre, la presa in considerazione di simili circostanze non sarebbe automatica e la ricorrente non avrebbe fornito prova della propria tesi secondo cui essa avrebbe svolto un ruolo passivo ed emulativo nel cartello in questione. In ogni caso, non si può sostenere che il ruolo della ricorrente è stato passivo, dato che essa ha partecipato alle pratiche anticoncorrenziali in modo continuativo e molto assiduo e che, come dimostrato dal Tribunale ai punti 52 e seguenti della sentenza impugnata, la ricorrente ha approfittato delle informazioni ricevute da altri partecipanti al cartello.

66      La Commissione osserva, inoltre, che l’argomentazione della ricorrente, ove anche fosse fondata, sarebbe ad ogni modo ininfluente, dal momento che, anche se si fosse applicato alla ricorrente un moltiplicatore del 14%, l’ammenda inflitta a quest’ultima non sarebbe stata diminuita, poiché l’importo dell’ammenda calcolato applicando tale coefficiente sarebbe stato comunque al di sopra della soglia del 10% del fatturato della ricorrente.

 Giudizio della Corte

67      Con il secondo motivo, la ricorrente censura, in sostanza, la motivazione con cui il Tribunale ha respinto, al punto 150 della sentenza impugnata, gli argomenti da essa dedotti contro il rifiuto della Commissione di concederle una riduzione dell’ammenda per aver essa svolto un ruolo secondario nell’infrazione.

68      A questo proposito, è sufficiente ricordare che, ai sensi degli articoli 256, paragrafo 1, TFUE e 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, l’impugnazione deve limitarsi ai motivi di diritto. Il Tribunale è dunque competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti pertinenti nonché gli elementi di prova allegati. La valutazione di tali fatti ed elementi di prova non costituisce quindi, fatta salva l’ipotesi di loro snaturamento, un motivo di diritto soggetto, in quanto tale, al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (v., in particolare, ordinanza dell’11 giugno 2015, Faci/Commissione, C‑291/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:398, punto 31 e giurisprudenza citata, nonché, in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione, C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 46 e giurisprudenza citata). Uno snaturamento siffatto deve risultare manifestamente dai documenti del fascicolo, senza che sia necessario procedere a una nuova valutazione dei fatti e delle prove (v., segnatamente, ordinanza dell’11 giugno 2015, Faci/Commissione, C‑291/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:398, punto 32 e giurisprudenza citata).

69      Nella fattispecie, sotto il pretesto di un’asserita violazione, da parte del Tribunale, dei principi di parità di trattamento e del carattere personale della responsabilità, l’impugnazione mira in realtà a chiedere alla Corte un nuovo esame degli elementi del fascicolo, in particolare della questione riguardante la partecipazione attiva della ricorrente, come rilevata dal Tribunale al punto 150 della sentenza impugnata, all’attuazione delle pratiche censurate.

70      Dal momento che la ricorrente non ha invocato né dimostrato uno snaturamento manifesto dei fatti o degli elementi di prova, il secondo motivo è manifestamente irricevibile.

71      Poiché nessuno dei motivi dedotti dalla ricorrente è stato accolto, si deve respingere integralmente l’impugnazione.

 Sulle spese

72      A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, quest’ultima statuisce sulle spese.

73      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La Zucchetti Rubinetteria SpA è condannata alle spese.


Tizzano

Berger

Levits

Rodin

 

      Biltgen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 26 gennaio 2017.

Il cancelliere

 

      Il presidente

A. Calot Escobar

 

      K. Lenaerts


** Lingua processuale: l’italiano.