Language of document : ECLI:EU:T:2009:417

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

28 ottobre 2009 (*)

«Marchio comunitario – Procedimento di nullità – Marchio comunitario consistente nella combinazione dei colori verde e giallo – Impedimento assoluto alla registrazione – Carattere distintivo acquisito in seguito all’uso – Art. 7, n. 3, e art. 51, n. 1, lett. a), del regolamento (CE) n. 40/94 [divenuti art. 7, n. 3, e art. 52, n. 1, lett. a), del regolamento (CE) n. 207/2009] – Impedimento relativo alla registrazione – Marchio nazionale anteriore non registrato consistente nella combinazione dei colori verde e giallo – Art. 8, n. 4, e art. 52, n. 1, lett. c), del regolamento n. 40/94 [divenuti art. 8, n. 4, e art. 53, n. 1, lett. c), del regolamento n. 207/2009] – Obbligo di motivazione – Art. 73 del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 75 del regolamento n. 207/2009)»

Nella causa T‑137/08,

BCS SpA, con sede in Milano, rappresentata dagli avv.ti M. Franzosi, V. Jandoli e F. Santonocito,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato dal sig. D. Botis, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione dell’UAMI e interveniente dinanzi al Tribunale:

Deere & Company, con sede in Wilmington, Delaware (Stati Uniti), rappresentata dalla sig.ra J. Gray, solicitor, e dall’avv. A. Tornato,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione della seconda commissione di ricorso dell’UAMI 16 gennaio 2008 (procedimento R 222/2007‑2), relativa ad un procedimento di nullità tra la BCS SpA e la Deere & Company,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Ottava Sezione),

composto dalla sig.ra M. E. Martins Ribeiro, presidente, dai sigg. N. Wahl (relatore) e A. Dittrich, giudici,

cancelliere: sig. N. Rosner, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 aprile 2008,

visto il controricorso dell’UAMI depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 luglio 2008,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 luglio 2008,

in seguito all’udienza dell’11 marzo 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        In data 1° aprile 1996 l’interveniente, Deere & Company, ha presentato all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) del Consiglio 20 dicembre 1993, n. 40/94, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) del Consiglio 26 febbraio 2009, n. 207, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)], una domanda di registrazione, come marchio comunitario, del segno seguente:

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2        I prodotti per i quali veniva chiesta la registrazione rientrano nelle classi 7 e 12 ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla descrizione seguente:

–        classe 7: «Macchine da lavoro destinate all’agricoltura e alla silvicoltura trainate, rimorchiate o a motore»;

–        classe 12: «Macchine da lavoro a motore destinate all’agricoltura e alla silvicoltura, in particolare trattori, trattorini, motocoltivatori e rimorchi».

3        I colori oggetto della domanda di registrazione sono stati scelti seguendo il sistema di Munsell: 9.47 GY3.57/7.45 (verde) e 5.06 Y7.63/10.66 (giallo). La descrizione precisa che «il corpo del veicolo è verde [e che] le ruote sono gialle», come illustra un’immagine allegata alla domanda e qui di seguito riprodotta:

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4        Il 20 novembre 2001 l’interveniente ha ottenuto la registrazione di tale marchio (in prosieguo: il «marchio contestato»).

5        Il 5 gennaio 2004 la ricorrente, BCS SpA, ha presentato una domanda di dichiarazione di nullità riguardante l’insieme dei prodotti tutelati dalla registrazione del marchio contestato, sulla base del combinato disposto dell’art. 51, n. 1, lett. a), e dell’art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 40/94 [divenuti art. 52, n. 1, lett. a), e art. 7, n. 1, lett. b), del regolamento n. 207/2009] nonché del combinato disposto dell’art. 52, n. 1, lett. c), e dell’art. 8, n. 4, del detto regolamento [divenuti art. 53, n. 1, lett. c), e art. 8, n. 4, del regolamento n. 207/2009].

6        A sostegno della sua domanda di nullità, la ricorrente ha fatto valere, in primo luogo, che il marchio contestato era sprovvisto di carattere distintivo alla data della domanda di registrazione e che la prova del carattere distintivo in seguito all’uso, ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 7, n. 3, del regolamento n. 207/2009), era insufficiente.

7        In secondo luogo, la ricorrente ha affermato che il marchio contestato era stato registrato nonostante l’esistenza di un marchio italiano non registrato, anch’esso consistente in una combinazione di colori verde e giallo. Essa ha sostenuto che l’uso di tale marchio prima del 1996 per «macchine di lavoro destinate all’agricoltura, in particolare trattori, trattorini, motocoltivatori e rimorchi» in Belgio, in Danimarca, in Grecia, in Spagna, in Francia, in Italia, nei Paesi Bassi, in Austria, in Portogallo e nel Regno Unito, le conferirebbe il diritto di vietare l’uso di un marchio più recente.

8        Con decisione 30 novembre 2006 la divisione di annullamento dell’UAMI ha respinto la domanda di nullità nei suoi due motivi, ritenendo, da un lato, che la ricorrente non fosse giunta a contestare utilmente la validità degli elementi di prova relativi al carattere distintivo acquisito in seguito all’uso prodotti dall’interveniente conformemente all’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94 e, dall’altro, che, benché la ricorrente avesse dimostrato di aver utilizzato i colori verde e giallo su varie macchine agricole prima del deposito del marchio contestato, tuttavia essa non aveva dimostrato che tale segno, prima di tale data, fosse percepito dal pubblico di riferimento dei territori interessati come indicazione dell’origine commerciale.

9        Il 2 febbraio 2007 la ricorrente ha proposto un ricorso diretto ad ottenere l’annullamento della decisione della divisione di annullamento, sulla base del rilievo che il carattere distintivo acquisito in seguito all’uso del marchio contestato non era stato valutato con riferimento a tutti i territori interessati e che la divisione di annullamento, pur avendo ammesso che il segno del quale la ricorrente è titolare era stato utilizzato sul mercato, aveva erroneamente concluso che non era percepito dal pubblico di riferimento come indicazione d’origine.

10      Con decisione della seconda commissione di ricorso dell’UAMI 16 gennaio 2008 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), il ricorso è stato integralmente respinto.

 Procedimento e conclusioni delle parti

11      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’UAMI alle spese.

12      L’UAMI e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere integralmente il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

13      Con decisione 5 marzo 2009 il Tribunale ha invitato le parti a presentare nel corso dell’udienza le loro eventuali osservazioni su alcuni documenti.

 In diritto

14      A sostegno del suo ricorso la ricorrente deduce tre motivi, relativi alla violazione, rispettivamente, dell’art. 7, n. 3, dell’art. 8, n. 4, e dell’art. 73 del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 75 del regolamento n. 207/2009).

 Sul primo motivo, relativo alla violazione dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

15      La ricorrente sostiene, in primo luogo, che la commissione di ricorso ha commesso un errore di diritto omettendo di verificare se il marchio contestato (combinazione di colori verde e giallo) fosse stato utilizzato come marchio, conformemente alle condizioni elaborate dalla giurisprudenza. A sostegno di tale argomento, la ricorrente afferma che la commissione di ricorso ha omesso di effettuare una valutazione complessiva degli elementi di prova e si è limitata ad esaminarli singolarmente, senza coordinamento ovvero senza considerarli nel loro complesso.

16      In secondo luogo, la ricorrente afferma che la commissione di ricorso non ha valutato correttamente le prove contenute nel fascicolo, da un lato, perché i documenti presentati non riguardavano tutta l’Unione europea o in ogni caso una parte sostanziale della stessa e, dall’altro, perché il valore probatorio di tali elementi era debole in quanto essi dimostravano soltanto che i colori erano utilizzati con un marchio denominativo ovvero che essi provenivano da partners commerciali dell’interveniente e non da fonti indipendenti rappresentative dei consumatori interessati.

17      Secondo la ricorrente, occorre applicare un livello di prova particolarmente elevato nell’esaminare se il marchio contestato abbia acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso, dal momento che i colori non hanno un carattere distintivo intrinseco, essendo utilizzati sui prodotti principalmente a fini decorativi e non a scopo di indicazione d’origine. Ciò vale, a fortiori, quando, come nel caso di specie, essi sono utilizzati principalmente con un’altra indicazione distintiva a cui i consumatori interessati possono prestare maggiormente attenzione.

18      Inoltre, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha omesso di verificare se il pubblico interessato avesse effettivamente percepito la combinazione di colori verde e giallo, non associata a un altro marchio figurativo o denominativo, come indicazione dell’origine commerciale dei prodotti in questione. Infatti, il fascicolo amministrativo conterrebbe unicamente uno studio di mercato, riguardante la percezione del pubblico interessato in Germania, nel quale si valuta il carattere distintivo del marchio contestato.

19      In terzo luogo, la ricorrente deduce, da un lato, che i dati riguardanti i volumi delle vendite, le spese pubblicitarie e le quote di mercato non si riferiscono a tutti i territori ovvero per tanti di loro sono particolarmente deboli e, dall’altro, che le dichiarazioni delle varie associazioni non si riferiscono all’uso esclusivo del marchio contestato dall’interveniente, sono successive al deposito della domanda di registrazione del marchio contestato e non sono state rese alla presenza di un notaio.

20      Nel corso dell’udienza, la ricorrente ha fatto valere anche che la rappresentazione grafica del marchio contestato è a «geometria variabile», nel senso che essa non è né chiara né precisa, disattendendo i requisiti individuati dalla giurisprudenza.

21      L’UAMI e l’interveniente concludono per il rigetto del presente motivo. Inoltre, l’UAMI ha rilevato in udienza che il motivo della ricorrente relativo alla rappresentazione grafica del marchio contestato costituiva un motivo nuovo ed era, pertanto, irricevibile.

 Giudizio del Tribunale

–       Sulla ricevibilità della censura sollevata in udienza

22      Occorre rilevare che la censura relativa alla rappresentazione grafica ambigua del marchio contestato attiene all’applicazione dell’art. 4 (divenuto art. 4 del regolamento n. 207/2009) e dell’art. 7, n. 1, lett. a), del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 7, n. 1, lett. a), del regolamento n. 207/2009). Ebbene, nel ricorso, la ricorrente si è limitata a contestare alla commissione di ricorso di aver violato l’art. 7, n. 3 – che permette di derogare all’art. 7, n. 1, lett. b), c) e d) [l’art. 7, n. 1, lett. c) e d), è divenuto art. 7, n. 1, lett. c) e d), del regolamento n. 207/2009] –, l’art. 8, n. 4, e l’art. 73 del regolamento n. 40/94.

23      Ne deriva che tale censura dedotta dalla ricorrente in udienza relativa alla conformità del marchio contestato ai requisiti della rappresentazione grafica non costituisce l’ampliamento di un motivo sollevato nel ricorso, ma costituisce un motivo nuovo dedotto in corso di causa. Pertanto, tale motivo è irricevibile in virtù dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale.

–       Sulla fondatezza del motivo relativo alla violazione dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94

24      Occorre ricordare, in via preliminare, i principi enunciati dalla giurisprudenza concernenti l’applicazione dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94.

25      Per quanto attiene all’acquisizione di un carattere distintivo in seguito all’uso, risulta dalla giurisprudenza che l’identificazione da parte degli ambienti interessati del prodotto o del servizio come proveniente da un’impresa determinata dev’essere effettuata grazie all’uso del marchio in quanto marchio e, quindi, grazie alla natura e all’effetto di quest’ultimo che lo rendono adatto a distinguere il prodotto in questione da quelli di altre imprese (v., per analogia, sentenza della Corte 18 giugno 2002, causa C‑299/99, Philips, Racc. pag. I‑5475, punto 64).

26      A questo proposito l’espressione «uso del marchio in quanto marchio» deve essere intesa come riferentesi esclusivamente ad un uso del marchio finalizzato all’identificazione, da parte degli ambienti interessati, del prodotto o del servizio come proveniente da una determinata impresa (v., per analogia, sentenza della Corte 7 luglio 2005, causa C‑353/03, Nestlé, Racc. pag. I‑6135, punto 29).

27      D’altronde, l’acquisizione del carattere distintivo di un marchio può derivare dal suo uso in combinazione con un altro marchio registrato ovvero come parte dello stesso (v., in tal senso, sentenza della Corte 17 luglio 2008, causa C‑488/06 P, L & D/UAMI e Sämann, Racc. pag. I‑5725, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

28      È importante altresì ricordare che l’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94 non stabilisce una distinzione in funzione della natura dei segni in questione. Pertanto, i colori o le combinazioni di colori possono in quanto tali acquisire, per i prodotti o i servizi in relazione ai quali viene chiesta la registrazione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto, a norma dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94 (v., in tal senso, sentenza della Corte 21 ottobre 2004, causa C‑447/02 P, KWS Saat/UAMI, Racc. pag. I‑10107, punti 78 e 79 nonché giurisprudenza ivi citata).

29      Il carattere distintivo di un segno, ivi compreso quello acquisito attraverso l’uso che ne è stato fatto, deve essere valutato in rapporto, da un lato, ai prodotti o servizi per i quali viene chiesta la registrazione del marchio e, dall’altro, prendendo in considerazione l’aspettativa presunta di un consumatore medio della categoria dei prodotti o servizi in questione, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (v., per analogia, sentenza Philips, cit., punti 59 e 63).

30      In tale contesto, l’autorità competente deve valutare globalmente i fattori che possono dimostrare che il segno rivendicato è divenuto idoneo a identificare il prodotto di cui trattasi come proveniente da un’impresa determinata (v., per analogia, sentenza della Corte 4 maggio 1999, cause riunite C‑108/97 e C‑109/97, Windsurfing Chiemsee, Racc. pag. I‑2779, punto 49).

31      Inoltre, è costante giurisprudenza che, per valutare l’acquisizione da parte di un marchio del carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto, possono essere presi in considerazione, in particolare, la quota di mercato detenuta dal marchio, l’intensità, l’estensione geografica e la durata dell’uso di tale marchio, l’entità degli investimenti effettuati dall’impresa per promuoverlo, la percentuale degli ambienti interessati che identifica il prodotto come proveniente da un’impresa determinata grazie al marchio, nonché le dichiarazioni delle camere di commercio e dell’industria o di altre associazioni professionali (v., per analogia, sentenze Windsurfing Chiemsee, cit., punto 51; Philips, cit., punto 60, nonché Nestlé, cit., punto 31).

32      Il presente motivo deve essere esaminato alla luce delle considerazioni che precedono.

33      Per quanto attiene all’affermazione secondo cui la commissione di ricorso avrebbe omesso di effettuare una valutazione complessiva degli elementi di prova e si sarebbe limitata ad esaminarli singolarmente senza prenderli in considerazione nel loro complesso, occorre constatare che dalla decisione impugnata emerge che, benché la commissione di ricorso abbia esaminato ogni elemento di prova, essa ha altresì ritenuto che tutti gli elementi di prova prodotti dall’interveniente fossero «coerenti e si corrobor[assero] reciprocamente» (punto 33 della decisione impugnata).

34      Dai punti 32, 36-38 e 41 della decisione impugnata deriva parimenti che la conclusione della commissione di ricorso relativa all’acquisizione del carattere distintivo è fondata, da un lato, sulla considerazione di un insieme di elementi che provano l’uso prolungato e intensivo del marchio contestato e, dall’altro, sul fatto che tale uso ha consentito al pubblico di riferimento di identificare l’origine commerciale dei prodotti recanti il detto segno.

35      Per quanto attiene alla censura secondo cui la commissione di ricorso ha commesso un errore nell’omettere di verificare se il marchio contestato fosse stato utilizzato in quanto marchio, occorre ricordare che è pur vero che non ogni uso di un segno, in particolare l’utilizzo di una combinazione di due colori, costituisce necessariamente un uso in quanto marchio (v. supra, punti 25 e 26).

36      Tuttavia, nella fattispecie, nell’ambito della sua valutazione in merito alla fondatezza della registrazione del marchio contestato, ai punti 32 e 38 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha preso in considerazione, in particolare, le dichiarazioni di associazioni professionali secondo le quali la combinazione dei colori verde e giallo rinviava alle macchine agricole prodotte dall’interveniente e il fatto che l’interveniente aveva utilizzato in modo coerente, nell’Unione europea, la stessa combinazione di colori sulle proprie macchine per un lasso di tempo considerevole prima del 1996.

37      Tali due elementi sarebbero sufficienti per concludere che l’uso della combinazione dei colori verde e giallo non era puramente stilistica, ma ha permesso al pubblico interessato di identificare l’origine commerciale dei prodotti aventi la detta combinazione di colori. Pertanto, non può essere accolta la censura della ricorrente secondo la quale la commissione di ricorso ha violato l’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94, omettendo di verificare se la combinazione di colori verde e giallo fosse stata utilizzata in quanto marchio.

38      Per quanto riguarda la censura secondo la quale le prove contenute nel fascicolo della commissione di ricorso non riguardavano tutti gli Stati membri dell’Unione europea alla data del 1° aprile 1996, occorre rilevare quanto segue.

39      Anzitutto, occorre sottolineare che, benché occorra dimostrare che il marchio contestato ha acquisito carattere distintivo in tutta la Comunità (v., in tal senso, sentenza della Corte 22 giugno 2006, causa C‑25/05 P, Storck/UAMI, Racc. pag. I‑5719, punto 83), non è affatto richiesto che gli stessi tipi di elementi di prova vengano prodotti per ogni Stato membro.

40      Il fatto che, eccezion fatta per la Germania, il fascicolo non contenesse sondaggi diretti a valutare la percezione del marchio contestato da parte del pubblico di riferimento nell’Unione europea non può dunque comportare l’annullamento della decisione impugnata.

41      L’assenza di sondaggi non esclude che sia dimostrato che un segno ha acquisito carattere distintivo in seguito all’uso, dal momento che tale dimostrazione può essere fornita da altri elementi (v. supra, punto 31). Infatti, risulta dalla sentenza Windsurfing Chiemsee, citata (punti 49-53), che la realizzazione di un sondaggio non costituisce una necessità assoluta al fine di concludere che un segno ha acquisito carattere distintivo in seguito all’uso.

42      Per quanto riguarda i dati numerici, occorre rilevare che le uniche cifre che non compaiono nel fascicolo della commissione di ricorso sono quelle relative ai volumi di affari realizzati in Finlandia e in Irlanda. Tuttavia, per tali due Stati membri nonché per gli altri Stati membri dell’Unione europea alla data del 1° aprile 1996, l’interveniente aveva prodotto dinanzi all’UAMI i dati dettagliati sulle proprie quote di mercato e i propri volumi di vendita tra il 1970 e il 1996 nonché su quelli delle sue concorrenti.

43      Per quanto attiene all’affermazione secondo la quale le quote di mercato detenute dall’interveniente sarebbero state troppo esigue per essere in grado di provare una profonda e duratura diffusione sul mercato, occorre rilevare che i prodotti in questione costituiscono beni di produzione il cui prezzo è elevato e il cui acquisto è preceduto da un processo nel corso del quale il consumatore si informa attentamente sulla gamma dell’offerta, confrontando ed esaminando i diversi modelli concorrenti.

44      Su un siffatto mercato non è necessario che un marchio raggiunga una quota di mercato importante perché si possa concludere che esso è stato conservato nella memoria dai consumatori di riferimento. A tal fine è sufficiente dimostrare che il marchio contestato ha avuto una presenza significativa e prolungata sul mercato.

45      Nella fattispecie, emerge dal fascicolo della commissione di ricorso, da un lato, che l’interveniente ha utilizzato nell’Unione europea, in modo coerente, la stessa combinazione di colori su tutte le proprie macchine agricole per un lasso di tempo considerevole prima del 1996 e, dall’altro, che, nei paesi in cui la ricorrente ritiene che la quota di mercato dell’interveniente sia stata particolarmente bassa, la presenza dell’interveniente precede la data della domanda di registrazione di almeno 30 anni, dal momento che tale presenza risale al 1966 in Austria, al 1939 in Finlandia, al 1949 in Grecia e al 1953 in Italia (punti 5 e 38 della decisione impugnata). La ricorrente non ha contestato tali fatti.

46      Ne consegue che, se è vero che il marchio contestato è stato utilizzato e pubblicizzato associandolo al marchio denominativo John Deere e che le spese pubblicitarie dell’interveniente nell’Unione europea sono state presentate congiuntamente e non singolarmente per ogni paese, erroneamente la ricorrente sostiene che non è stato sufficientemente provato, sul piano giuridico, che l’interveniente avesse utilizzato la combinazione dei colori verde e giallo sui suoi prodotti in quanto marchio e che la diffusione dei suoi prodotti fosse stata profonda e duratura in tutti gli Stati membri dell’Unione europea alla data del 1° aprile 1996.

47      Pertanto, occorre esaminare se tale uso e tale diffusione siano state sufficienti per permettere al pubblico di riferimento di identificare, attraverso il collegamento con il marchio contestato, l’origine commerciale dei prodotti indicati.

48      A tal riguardo, la ricorrente rimette in causa la pertinenza e il valore probatorio delle dichiarazioni delle varie associazioni prese in considerazione dalla commissione di ricorso. Essa contesta il fatto che tali dichiarazioni non sono state fatte spontaneamente, che il loro contenuto è stato dettato o in ogni caso coordinato dall’interveniente, che esse non facevano riferimento all’uso esclusivo del marchio contestato da parte dell’interveniente, che esse sono state rese dopo il periodo di riferimento e non sono state fatte alla presenza di un notaio, e che i soggetti dichiaranti non erano né rappresentativi del pubblico di riferimento né indipendenti, trattandosi nella maggior parte dei casi di partners commerciali dell’interveniente.

49      In merito alla data delle dichiarazioni, va rilevato che il fatto che esse siano state firmate nel 2000 non significa che esse siano sprovviste di valore probatorio ai fini dell’accertamento dell’acquisizione di carattere distintivo in seguito all’uso alla data del deposito della domanda di registrazione del marchio contestato (v., in tal senso, sentenza della Corte 17 aprile 2008, causa C‑108/07 P, Ferrero Deutschland/UAMI e Cornu, punto 53). D’altronde, l’art. 51, n. 2, del regolamento n. 40/94 (divenuto art. 52, n. 2, del regolamento n. 207/2009) vieta l’annullamento della registrazione del marchio contestato se è dimostrato che esso ha acquisito carattere distintivo prima della data della domanda di nullità, nel caso di specie il 5 gennaio 2004. Pertanto, la censura della ricorrente secondo la quale le dichiarazioni depositate non sono pertinenti, dal momento che esse non riguardano necessariamente il periodo precedente al 1° aprile 1996, è, in ogni caso, inconferente.

50      Per quanto attiene alla questione della mancanza di spontaneità delle associazioni e al ruolo dell’interveniente nell’elaborazione delle dichiarazioni depositate, va osservato che il fatto che le suddette dichiarazioni siano state formulate in seguito alla domanda dell’interveniente e che quest’ultima abbia eventualmente coordinato la loro preparazione non inficia, di per sé, il loro contenuto e il loro valore probatorio.

51      In mancanza di prova contraria, si deve infatti presumere che ogni associazione abbia firmato la propria dichiarazione in modo del tutto volontario e facendone proprio il contenuto. Inoltre, il valore probatorio di una dichiarazione non può essere negato sulla base del rilievo che essa non è stata fatta alla presenza di un notaio [sentenza del Tribunale 10 settembre 2008, causa T‑325/06, Boston Scientific/UAMI – Terumo (CAPIO), punto 41].

52      Del resto, occorre rilevare che non può essere accolta l’affermazione della ricorrente secondo la quale le dichiarazioni provenienti dai distributori di macchine agricole e dalle associazioni di produttori di macchine agricole non sono attendibili.

53      Anzitutto, non emerge affatto dalla giurisprudenza che soltanto le dichiarazioni rese dalle associazioni dei consumatori possono essere prese in considerazione. Al contrario, la formulazione utilizzata al riguardo dalla Corte, vale a dire «dichiarazioni delle camere di commercio e dell’industria o di altre associazioni professionali» (sentenza Windsurfing Chiemsee, cit., punto 51), comprende anche le dichiarazioni provenienti da associazioni di produttori e/o di distributori.

54      Pertanto, occorre soltanto stabilire se nella fattispecie le varie associazioni che hanno emesso dichiarazioni possano essere ritenute indipendenti, di modo che esse abbiano potuto formulare le loro dichiarazioni senza prendere in considerazione l’interesse specifico dell’interveniente.

55      Per quanto riguarda le associazioni di agricoltori e le associazioni di produttori di macchine agricole, il cui obiettivo fondamentale è di tutelare e promuovere gli interessi del settore che esse rappresentano e organizzano, si deve rilevare che la ricorrente non ha fornito alcun indizio diretto a dimostrare la loro parzialità o il loro interesse affinché l’interveniente ottenga la registrazione di un marchio alla quale essa non avrebbe diritto. Pertanto, a giusto titolo la commissione di ricorso ha tenuto conto delle dichiarazioni di tali associazioni.

56      Per quanto riguarda l’indipendenza dei soggetti che hanno agito in veste di distributore per l’interveniente in Finlandia e in Italia, è sufficiente costatare che le loro dichiarazioni non fanno che corroborare quelle dell’associazione di produttori di macchine agricole in Italia e dell’associazione rappresentativa degli agricoltori in Finlandia. Ebbene, come è già stato costatato al precedente punto 55, la ricorrente non ha fornito alcun elemento che possa rimettere in causa il valore probatorio delle dichiarazioni di tali due associazioni. Ne deriva che la considerazione da parte della commissione di ricorso delle dichiarazioni dei distributori finlandesi e italiani non può comportare l’annullamento della decisione impugnata.

57      Per quanto attiene all’argomento secondo cui le dichiarazioni non fornirebbero la prova di un «uso esclusivo» del marchio contestato da parte dell’interveniente, occorre osservare che ciò che rileva è l’associazione fatta dal pubblico tra il marchio e un’origine commerciale, e non l’uso esclusivo del marchio.

58      Nella fattispecie, eccetto quelle riguardanti l’Irlanda e la Danimarca, le dichiarazioni delle varie associazioni confermano che la combinazione dei colori verde e giallo, utilizzata in relazione a macchine agricole, nel settore interessato, è associata all’interveniente. Il sondaggio in Germania corrobora tale affermazione.

59      Per quanto riguarda l’Irlanda e la Danimarca, le dichiarazioni prodotte indicano che la combinazione di colori summenzionata è associata a prodotti di molti produttori e non unicamente a quelli dell’interveniente. Tuttavia, ciò non può comportare l’annullamento della decisione impugnata.

60      In primo luogo, occorre rilevare che la commissione di ricorso ha valutato l’acquisizione del carattere distintivo del marchio contestato basandosi su una serie di indizi, segnatamente le dichiarazioni di varie associazioni e il sondaggio realizzato in Germania, nonché sul fatto che i prodotti dell’interveniente sono stati stabilmente presenti su tutti i mercati di riferimento per un periodo significativo e che l’interveniente aveva utilizzato sui detti prodotti, in modo intensivo e prolungato, la combinazione dei colori verde e giallo in quanto marchio.

61      In secondo luogo, occorre sottolineare che emerge dal punto 5 della decisione impugnata che l’interveniente è presente sul mercato danese dal 1947 e sul mercato irlandese dal 1951. Inoltre, emerge dal fascicolo della commissione di ricorso che l’interveniente ha conosciuto una solida presenza su tali due mercati dal 1970, equiparabile alla sua presenza in molti altri Stati membri ad oggi.

62      Pertanto, non si può censurare la commissione di ricorso per aver deciso che era stato sufficientemente provato sul piano giuridico che il marchio contestato aveva acquisito carattere distintivo ai sensi dell’art. 7, n. 3, del regolamento n. 40/94, il 1° aprile 1996, data di deposito della domanda di registrazione del marchio contestato.

63      Da quanto precede deriva che il primo motivo della ricorrente non può essere accolto.

 Sul secondo e terzo motivo, relativi alla violazione, rispettivamente, dell’art. 8, n. 4, e dell’art. 73 del regolamento n. 40/94

 Argomenti delle parti

64      Nell’ambito del secondo e terzo motivo, la ricorrente sostiene, in sostanza, che nella decisione impugnata sono stati applicati, nei confronti del proprio marchio italiano non registrato relativo ai colori verde e giallo, criteri più restrittivi di quelli applicati per l’esame della domanda di registrazione del marchio contestato, mentre le condizioni per l’acquisizione di diritti sul marchio sono essenzialmente le stesse nei due casi. Pertanto, la commissione di ricorso avrebbe violato non soltanto l’art. 8, n. 4, del regolamento n. 40/94, ma altresì l’art. 73 del detto regolamento, in quanto il suo ragionamento sarebbe carente e contraddittorio.

65      L’UAMI e l’interveniente concludono per il rigetto di tali motivi.

 Giudizio del Tribunale

66      Per quanto riguarda il motivo relativo alla violazione dell’art. 73 del regolamento n. 40/94, occorre rilevare che esso è infondato.

67      Infatti, risulta dalla giurisprudenza che la motivazione richiesta dall’art. 73 del regolamento n. 40/94 deve palesare chiaramente ed inequivocabilmente il ragionamento dell’autore dell’atto. Tale obbligo ha il duplice scopo di consentire, da un lato, agli interessati di conoscere le giustificazioni alla base del provvedimento adottato al fine di tutelare i loro diritti e, dall’altro, al giudice comunitario di esercitare il suo sindacato di legittimità sulla decisione [v. sentenza del Tribunale 21 novembre 2007, causa T‑111/06, Wesergold Getränkeindustrie/UAMI – Lidl Stiftung (VITAL FIT), punto 62 e giurisprudenza ivi citata].

68      Occorre anche ricordare che una contraddizione nella motivazione di una decisione integra l’inosservanza dell’obbligo ex art. 73 del regolamento n. 40/94, tale da inficiare la validità dell’atto di cui trattasi, qualora risulti che a causa di tale contraddizione il destinatario dell’atto non è in grado di conoscere la reale motivazione della decisione, nel suo complesso o in parte, e che pertanto il dispositivo dell’atto è in tutto o in parte privo di qualsiasi fondamento giuridico (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 24 gennaio 1995, causa T‑5/93, Tremblay e a./Commissione, Racc. pag. II‑185, punto 42).

69      Nella fattispecie, la ricorrente non sostiene che essa non ha potuto conoscere le ragioni per le quali la commissione di ricorso ha adottato la decisione impugnata. Essa fa valere piuttosto che la commissione di ricorso ha valutato elementi di prova analoghi in modo differente e che, di conseguenza, essa ha tratto conclusioni divergenti di fronte ad elementi simili. Tuttavia, un tale approccio, ammesso che sia comprovato, non può costituire una violazione dell’art. 73 del regolamento n. 40/94, ma soltanto dell’art. 8, n. 4, dello stesso regolamento.

70      Per quanto attiene all’asserita violazione dell’art. 8, n. 4, del regolamento n. 40/94, la ricorrente afferma che la commissione di ricorso ha concluso che essa non aveva acquisito un diritto al marchio di fatto sul mercato italiano, nonostante che i colori del suo segno fossero identici a quelli del marchio contestato, che le prove prodotte avessero lo stesso valore, o addirittura un valore superiore, e che i requisiti per l’acquisizione di un significato secondario fossero uguali.

71      Ciò considerato, occorre osservare che l’onere della prova che incombe alla ricorrente ai sensi dell’art. 8, n. 4, del regolamento n. 40/94 corrisponde a quello che incombe all’interveniente ai sensi dell’art. 7, n. 3, del detto regolamento.

72      Tuttavia, è giocoforza constatare che, nella fattispecie, emerge dai fatti non contestati che gli elementi prodotti dalla ricorrente dinanzi alla commissione di ricorso avevano, nell’insieme, un valore probatorio minore rispetto a quelli prodotti dall’interveniente.

73      In primo luogo, è pacifico tra le parti che, almeno tra il 1973 e il 1982, la ricorrente ha smesso di utilizzare la combinazione dei colori verde e giallo sui suoi prodotti in Italia. Pur essendo stato possibile per la ricorrente acquisire un diritto non registrato sul proprio segno a seguito dell’uso tra il 1983 e il 1996, essa non lo ha fatto. Emerge anche dalle constatazioni effettuate ai punti 45 e 46 della decisione impugnata che è la stessa ricorrente a non contestare di non avere utilizzato la combinazione dei colori verde e giallo in modo coerente e uniforme. Al contrario, essa ha utilizzato molti toni di verde e di giallo nonché una combinazione dei colori verde e bianco.

74      Ne deriva che la sospensione dell’utilizzo della combinazione dei colori verde e giallo come marchio nonché l’uso variabile dei detti colori hanno impedito al pubblico di associare in modo sistematico la ricorrente a una combinazione precisa di colori.

75      In secondo luogo, la commissione di ricorso ha giustamente ritenuto che il valore probatorio delle dichiarazioni fatte da ex dipendenti della ricorrente fosse incerto. Come emerge dai punti 46 e 54 della decisione impugnata, le dette dichiarazioni non sono state corroborate da altri elementi di prova contenuti nel fascicolo e sono state anche in parte contraddette.

76      In terzo luogo, non si può rimproverare alla commissione di ricorso di aver concluso che lo studio di mercato presentato dalla ricorrente non era persuasivo. Al riguardo, occorre sottolineare che è a giusto titolo che la commissione di ricorso ha osservato, ai punti 57 e 58 della decisione impugnata, che i partecipanti a tale studio, contrariamente a quello effettuato dall’interveniente, non erano stati interrogati sulla ragione per la quale essi fornivano una particolare risposta e che non era stata presentata loro un’immagine diversa, in un colore diverso, al fine di assicurare che essi non riconoscevano l’immagine grazie a criteri diversi dal colore. La ricorrente non contesta tali fatti. Pertanto, non può essere dimostrato se, alla fine dell’indagine della ricorrente, i partecipanti abbiano riconosciuto i prodotti della ricorrente unicamente grazie ai loro colori e non alla loro forma ovvero ad altri fattori.

77      Occorre anche constatare che è a giusto titolo che la commissione di ricorso ha concluso che il valore probatorio dell’indagine della ricorrente era sensibilmente inferiore rispetto a quello dell’indagine prodotta dall’interveniente, dal momento che era stato chiesto alle persone interrogate nell’ambito dell’indagine della ricorrente di ricostruire attraverso la memoria la loro percezione dei marchi dieci anni prima.

78      Risulta da quanto precede che devono essere respinti il secondo e il terzo motivo.

79      Il ricorso deve essere quindi respinto.

 Sulle spese

80      Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’UAMI e l’interveniente ne hanno fato domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La BCS SpA è condannata alle spese.

Martins Ribeiro

Wahl

Dittrich

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 ottobre 2009.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.