Language of document : ECLI:EU:T:2010:54

Causa T‑16/04

Arcelor SA

contro

Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea

«Ambiente — Direttiva 2003/87/CE — Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra — Domanda di annullamento — Insussistenza di incidenza diretta ed individuale — Domanda di risarcimento — Ricevibilità — Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica di rango superiore che conferisce diritti ai singoli — Diritto di proprietà — Libertà di esercitare un’attività professionale — Proporzionalità — Parità di trattamento — Libertà di stabilimento — Certezza del diritto»

Massime della sentenza

1.      Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente e individualmente — Atto normativo — Direttiva

(Artt. 230, quarto comma, CE e 249, terzo comma, CE)

2.      Ricorso di annullamento — Persone fisiche o giuridiche — Atti che le riguardano direttamente e individualmente — Direttiva 2003/87 — Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra

(Artt. 174 CE, 175, n. 1, CE e 230, quarto comma, CE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87, allegato I)

3.      Procedura — Atto introduttivo del ricorso — Requisiti di forma — Individuazione dell’oggetto della controversia — Esposizione sommaria dei motivi dedotti

[Statuto della Corte di giustizia, artt. 21, primo comma, e 53, primo comma; regolamento di procedura del Tribunale, art. 44, n. 1, lett. c)]

4.      Responsabilità extracontrattuale — Presupposti — Illegittimità — Violazione sufficientemente qualificata del diritto comunitario

(Artt. 174 CE, 175 CE e 288, secondo comma, CE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87)

5.      Libera circolazione delle persone — Libertà di stabilimento — Disposizioni del Trattato

[Artt. 3, n. 1, lett. c), CE, 43 CE, 174 CE, 175 CE e 249, terzo comma, CE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87]

6.      Ambiente — Inquinamento atmosferico — Direttiva 2003/87 — Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra

(Artt. 5, secondo comma, CE, 10 CE, 174 CE ‑ 176 CE e 249, terzo comma, CE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87, artt. 9, n. 1, e 11, n. 1)

7.      Diritto comunitario — Principi — Diritti fondamentali

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87, artt. 9, n. 1, e 11, n. 1)

8.      Ambiente — Inquinamento atmosferico — Direttiva 2003/87 — Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra

[Artt. 43 CE e 174 CE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87, artt. 3, lett. a), e 12, nn. 2 e 3]

9.      Ambiente — Inquinamento atmosferico — Direttiva 2003/87 — Sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra

(Art. 174 CE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87, artt. 9, nn. 1 e 3, e 11, n. 1, e allegato III; decisione del Consiglio 2002/358)

10.    Diritto comunitario — Principi — Certezza del diritto

[Artt. 2 CE e 3, n. 1, lett. c) e g), CE; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2003/87, art. 1]

1.      La sola circostanza che l’art. 230, quarto comma, CE non riconosca espressamente la ricevibilità di un ricorso di annullamento proposto da un singolo nei confronti di una direttiva ai sensi dell’art. 249, terzo comma, CE non è sufficiente a dichiarare irricevibile tale ricorso. Infatti, le istituzioni comunitarie non possono escludere, con la sola scelta della forma dell’atto di cui trattasi, anche se esso riveste quella di una direttiva, la tutela giurisdizionale che il Trattato offre ai singoli. Allo stesso modo, il solo fatto che le disposizioni controverse facciano parte di un atto avente portata generale che costituisce una direttiva vera e propria, e non una decisione ai sensi dell’art. 249, quarto comma, CE, adottata con l’apparenza di una direttiva, non è di per sé sufficiente per escludere la possibilità che tali disposizioni possano riguardare direttamente ed individualmente un singolo.

(v. punto 94)

2.      Benché in effetti, al momento dell’adozione di un atto di portata generale, le istituzioni comunitarie siano tenute a rispettare le norme di diritto di rango superiore, compresi i diritti fondamentali, l’affermazione secondo cui detto atto viola tali norme o tali diritti non è sufficiente da sola a far sì che il ricorso di un singolo sia ricevibile, a pena di privare del loro contenuto le prescrizioni dell’art. 230, quarto comma, CE, sin tanto che l’asserita violazione non sia idonea a individualizzarlo allo stesso modo in cui individualizzerebbe il destinatario.

Al riguardo, non esiste alcuna disposizione espressa e specifica, di rango superiore o di diritto derivato, che avrebbe potuto obbligare il legislatore comunitario, nell’ambito della procedura di adozione della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, a tenere particolarmente conto della situazione dei produttori di ghisa o d’acciaio rispetto a quella degli operatori degli altri settori industriali di cui all’allegato I della predetta direttiva. Pertanto, nello specifico l’art. 174 CE e l’art. 175, n. 1, CE, in quanto fondamenti normativi per l’attività legislativa della Comunità in materia di ambiente, non prevedono siffatto obbligo.

Quindi, un’impresa produttrice d’acciaio non può ritenersi individualmente interessata dalle disposizioni della direttiva 2003/87.

(v. punti 102-103, 105)

3.      Un ricorso inteso al risarcimento dei pretesi danni causati da un’istituzione comunitaria deve contenere gli elementi che consentano di identificare il comportamento che il ricorrente addebita all’istituzione, le ragioni per le quali egli ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento e il danno che asserisce di aver subito nonché il carattere e l’entità di tale danno.

Tuttavia, se, tenuto conto delle circostanze al momento del deposito di un ricorso diretto ad ottenere il risarcimento a causa di un comportamento asseritamente illegittimo del Parlamento europeo e del Consiglio nell’adozione della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, tale danno doveva avere necessariamente carattere futuro, dato che la direttiva impugnata si trovava ancora in corso di trasposizione negli ordinamenti giuridici nazionali, e se, in considerazione del margine di discrezionalità degli Stati membri nell’attuazione del sistema dello scambio di quote nel loro territorio in applicazione dei propri piani nazionali di assegnazione di quote, il ricorrente non poteva precisare l’esatta ampiezza del suddetto danno futuro al momento dell’introduzione del suo ricorso, non era indispensabile indicare nel ricorso, quale condizione di ricevibilità, l’esatta ampiezza del danno e ancor meno quantificare l’ammontare del risarcimento richiesto, dato che in ogni caso ciò è possibile sino al momento della replica, sempreché il ricorrente adduca siffatte circostanze e indichi gli elementi che consentano di valutare la natura e l’ampiezza del danno, mettendo quindi il convenuto in grado di assicurare la propria difesa.

(v. punti 132, 135)

4.      Quanto al sorgere della responsabilità extracontrattuale della Comunità in conseguenza dell’adozione della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, un’eventuale violazione sufficientemente qualificata delle norme giuridiche che conferiscono diritti ai singoli deve riposare su una violazione, grave e manifesta, dei limiti dell’ampio potere discrezionale di cui il legislatore comunitario dispone nell’esercizio delle competenze in materia ambientale in forza degli artt. 174 CE e 175 CE. Infatti, l’esercizio di questo potere discrezionale implica, da un lato, la necessità per il legislatore comunitario di prevedere e valutare sviluppi ecologici, scientifici, tecnici ed economici di carattere complesso e incerto e, dall’altro, il bilanciamento e il contemperamento da parte del suddetto legislatore dei diversi obiettivi, principi ed interessi di cui all’art. 174 CE. Ciò si traduce, in tale direttiva, nella previsione di una serie di obiettivi primari e secondari parzialmente contraddittori.

(v. punti 141, 143)

5.      Le istituzioni comunitarie, al pari degli Stati membri, devono rispettare le libertà fondamentali, quale la libertà di stabilimento, preordinate al conseguimento di uno degli obiettivi essenziali della Comunità, in particolare quello della realizzazione del mercato interno consacrato dall’art. 3, n. 1, lett. c), CE.

Tuttavia, dal suddetto obbligo generale non deriva che il legislatore comunitario sia tenuto a disciplinare la materia di cui trattasi in modo tale che la normativa comunitaria, in particolare quando essa assume la forma di una direttiva ai sensi dell’art. 249, terzo comma, CE, fornisca una soluzione esaustiva e definitiva a talune problematiche poste sotto il profilo della realizzazione del mercato interno, o che essa proceda ad un’armonizzazione completa delle normative nazionali al fine di eliminare qualsiasi concepibile ostacolo agli scambi intracomunitari. Quando il legislatore comunitario è chiamato a ristrutturare o a creare un sistema complesso, come il sistema dello scambio di quote attuato dalla direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, esso può scegliere di ricorrere ad un approccio per tappe e procedere soltanto ad un’armonizzazione progressiva delle normative nazionali di cui trattasi, essendo l’attuazione di tali provvedimenti di regola difficile, dal momento che essa presuppone l’elaborazione da parte delle istituzioni comunitarie competenti, a partire da disposizioni nazionali diverse e complesse, di norme comuni, conformi agli obiettivi definiti dal Trattato e che raccolgano il consenso di una maggioranza qualificata dei membri del Consiglio. Questo è il caso della normativa comunitaria in materia di tutela dell’ambiente in forza degli artt. 174 CE e 175 CE.

(v. punti 177-178)

6.      In forza dell’art. 249, terzo comma, CE, una direttiva vincola lo Stato membro a cui è rivolta solo per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi, il che implica logicamente un necessario margine di discrezionalità da parte dello Stato stesso nel definire le misure di trasposizione. Inoltre, in forza del principio di sussidiarietà enunciato all’art. 5, secondo comma, CE, al quale fa riferimento il trentesimo ‘considerando’ della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, nei settori che non ricadono nella sua competenza esclusiva la Comunità interviene soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possano essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possano dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere meglio realizzati a livello comunitario. Orbene, dagli artt. 174 CE ‑ 176 CE risulta che, in materia di tutela dell’ambiente, le competenze della Comunità e degli Stati membri sono concorrenti. Pertanto, la normativa comunitaria in questo settore non mira ad un’armonizzazione completa e l’art. 176 CE contempla la possibilità per gli Stati membri di adottare misure di tutela rafforzate, subordinate alle sole condizioni che esse siano compatibili con il Trattato e siano notificate alla Commissione.

In conformità a tali principi, la direttiva 2003/87 in questione non prevede un’armonizzazione completa a livello comunitario delle condizioni che sottendono alla realizzazione e al funzionamento del sistema dello scambio di quote. Infatti, purché nel rispetto delle norme del Trattato, gli Stati membri dispongono di un ampio margine di discrezionalità nell’attuazione di tale sistema, segnatamente nell’ambito dell’elaborazione dei loro piani nazionali di assegnazione di quote e delle loro decisioni autonome di assegnazione di quote di emissione ai sensi dell’art. 9, n. 1, e dell’art. 11, n. 1 di detta direttiva. Di conseguenza, il solo fatto che il legislatore comunitario abbia lasciato aperta una questione particolare ricadente nell’ambito di applicazione di tale direttiva e di quello di una libertà fondamentale, quale la libertà di stabilimento, e che quindi spetti agli Stati membri disciplinare tale questione nell’esercizio del loro margine di discrezionalità, sempre nel rispetto delle norme di diritto comunitario di rango superiore, non consente di per sé di qualificare detta omissione come contraria alle norme del Trattato. Ciò è tanto più vero dal momento che gli Stati membri sono tenuti, in virtù del loro obbligo di cooperazione leale in forza dell’art. 10 CE, ad assicurare l’efficacia pratica delle direttive e questo implica altresì che essi sono tenuti ad interpretare il diritto interno alla luce degli obiettivi e dei principi sottesi alla direttiva in questione.

(v. punti 179-180)

7.      Tanto il legislatore comunitario, quando adotta una direttiva, quanto gli Stati membri, quando traspongono detta direttiva nell’ordinamento nazionale, sono tenuti ad assicurare il rispetto dei principi generali del diritto comunitario. Pertanto, i doveri inerenti alla tutela dei principi generali riconosciuti nell’ordinamento giuridico comunitario, tra i quali vanno annoverati i diritti fondamentali, vincolano parimenti gli Stati membri quando danno esecuzione alle normative comunitarie e, quindi, questi sono tenuti, quanto più possibile, ad applicare queste normative in condizioni tali da non violare detti doveri. Tali principi si applicano per analogia alle libertà fondamentali del Trattato.

A questo proposito, sebbene la direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità e, in particolare, il suo art. 9, n. 1, e il suo art. 11, n. 1, lascino agli Stati membri un margine di discrezionalità, esso è in linea di principio sufficientemente ampio per consentir loro di applicare le norme di tale direttiva in un senso conforme ai doveri derivanti dalla tutela dei diritti fondamentali e delle libertà fondamentali del Trattato. Inoltre, dal momento che l’attuazione di detta direttiva è soggetta al sindacato dei giudici nazionali, spetta a tali giudici sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale alle condizioni previste dall’art. 234 CE, qualora essi incontrino difficoltà relative all’interpretazione o alla validità di essa. Pertanto, le autorità e i giudici degli Stati membri sono tenuti non solo a interpretare il loro diritto nazionale in modo conforme alla direttiva impugnata, ma anche a garantire di non fondarsi su un’interpretazione di quest’ultima che entri in conflitto con i diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico comunitario, con gli altri principi generali del diritto comunitario o con le libertà fondamentali del Trattato, quale la libertà di stabilimento. Non può addebitarsi al legislatore comunitario di non aver fornito una soluzione esaustiva e definitiva, nel contesto di una direttiva, ad una determinata problematica rientrante nell’ambito di applicazione della libertà di stabilimento, qualora tale direttiva riservi agli Stati un margine di discrezionalità che consenta loro di rispettare appieno le norme del Trattato e i principi generali del diritto comunitario.

(v. punti 181-184)

8.      In mancanza di un libero trasferimento transfrontaliero di quote di emissione dei gas a effetto serra ai sensi dell’art. 12, nn. 2 e 3, in combinato disposto con l’art. 3, lett. a), della direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, l’efficacia e l’efficienza del sistema dello scambio di quote ai sensi dell’art. 1 di detta direttiva risulterebbero fortemente perturbate. È questa la ragione per cui l’art. 12, n. 2, di tale direttiva obbliga in via generale gli Stati membri a provvedere affinché tale libertà sia resa effettiva nell’ambito della normativa nazionale pertinente. Inversamente, tale direttiva non prevede alcuna restrizione per quanto riguarda un trasferimento transfrontaliero di quote tra persone giuridiche di uno stesso gruppo di imprese, indipendentemente dalla loro sede economica e/o sociale nel mercato interno. Alla luce delle summenzionate disposizioni della direttiva 2003/87, pertanto, non si può affermare che la stessa comporti una restrizione illegittima delle libertà fondamentali del Trattato, ivi compresa la libertà di stabilimento, o che essa inciti gli Stati membri a non rispettare tali libertà. A maggior ragione il legislatore comunitario non può essere considerato responsabile di avere al riguardo violato in modo grave e manifesto i limiti del proprio potere discrezionale ai sensi dell’art. 174 CE, in combinato disposto con l’art. 43 CE.

(v. punti 188, 190)

9.      La direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, non prevede alcuna disposizione disciplinante la portata delle conseguenze finanziarie che possono discendere tanto dall’eventuale insufficienza di quote di emissione rilasciate ad un impianto, quanto dal prezzo di tali quote, che è esclusivamente determinato dalle forze del mercato sorto a seguito della creazione del sistema dello scambio di quote che, in forza dell’art. 1 di tale direttiva, mira a promuovere la riduzione di emissioni di gas a effetto serra secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica. Una regolamentazione comunitaria del prezzo delle quote potrebbe contrastare con l’obiettivo principale della direttiva di cui trattasi, ossia la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra mediante un sistema di scambio di quote efficiente, nell’ambito del quale il costo delle emissioni e degli investimenti realizzati ai fini della riduzione di esse venga essenzialmente determinato dai meccanismi del mercato (quinto ‘considerando’ della detta direttiva). Ne consegue che, in caso d’insufficienza di quote, i gestori sono spinti a ridurre o meno le loro emissioni di gas a effetto serra in base ad una decisione economica complessa adottata tra l’altro in funzione, da un lato, dei prezzi delle quote di emissione disponibili sul mercato di scambio e, dall’altro, dei costi di eventuali misure di riduzione delle emissioni che possono essere tese sia a diminuire la produzione, sia ad investire in mezzi di produzione più efficaci in termini di rendimento energetico (ventesimo ‘considerando’ della stessa direttiva).

In un sistema di questo genere, l’aumento del costo delle emissioni e, pertanto, del prezzo delle quote, che dipende da una serie di parametri economici, non può essere preventivamente disciplinato dal legislatore comunitario, a pena di ridurre se non addirittura annientare gli incentivi economici che sono alla base del suo funzionamento e, dunque, di pregiudicare l’efficacia del sistema dello scambio di quote. Inoltre, la creazione di tale sistema, ivi comprese le sue premesse economiche, al fine del rispetto degli obblighi derivanti dal Protocollo di Kyoto, ricade nell’ampio margine di discrezionalità di cui dispone il legislatore comunitario ai sensi dell’art. 174 CE e costituisce di per sé una scelta legittima e adeguata di quest’ultimo. È in base a tale scelta legittima che il legislatore comunitario ha fondato il sistema dello scambio di quote sulla premessa per cui, in conformità all’art. 9, n. 1, e all’art. 11, n. 1, della direttiva 2003/87, spetta agli Stati membri decidere, sul fondamento dei loro piani nazionali d’assegnazione di quote (PNA) e nell’esercizio del margine di discrezionalità loro riservato a questo riguardo, la quantità totale di quote da assegnare e l’assegnazione individuale di dette quote agli impianti stabiliti sul loro territorio. Tale decisione è soltanto soggetta ad un limitato controllo preliminare da parte della Commissione, in base all’art. 9, n. 3, della stessa direttiva, alla luce in particolare dei criteri previsti dal suo allegato III. Pertanto, le variazioni alle quali saranno soggetti gli obiettivi e le misure di riduzione delle emissioni dei vari Stati membri, che sono il risultato dei loro obblighi derivanti dal Protocollo di Kyoto, quali si riflettono nel piano di ripartizione degli oneri previsto dalla decisione 2002/358, riguardante l’approvazione, a nome della Comunità europea, del Protocollo di Kyoto allegato alla Convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni e, quindi, l’incertezza relativa alla rilevanza della quantità totale e delle quantità individuali di quote da assegnare ai diversi settori industriali e ai gestori sul fondamento dei vari PNA, non sono imputabili alle disposizioni della direttiva controverse in quanto tali.

(v. punti 199-202)

10.    L’imprevedibilità dell’evoluzione del mercato di scambio costituisce un elemento inerente, e da esso inscindibile, al meccanismo economico che caratterizza il sistema dello scambio di quote instaurato dalla direttiva 2003/87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità, soggetto alle regole classiche della domanda e dell’offerta caratterizzanti un mercato libero e concorrenziale, conformemente ai principi consacrati dall’art. 1, in combinato disposto con il settimo ‘considerando’ di tale direttiva, nonché con l’art. 2 CE e con l’art. 3, n. 1, lett. c) e g), CE. Tale aspetto non può, quindi, essere qualificato come contrario al principio della certezza del diritto a pena di rimettere in discussione gli stessi fondamenti economici del sistema dello scambio di quote così come posti da tale direttiva, in conformità alle norme del Trattato.

(v. punto 203)