Language of document : ECLI:EU:C:2019:695

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 10 settembre 2019 (1)

Causa C125/18

Marc Gómez del Moral Guasch

contro

Bankia SA

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Juzgado de Primera Instancia n. 38 de Barcelona (tribunale di primo grado n. 38 di Barcellona, Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale Tutela dei consumatori – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Contratto di mutuo ipotecario – Tasso d’interesse variabile – Indice di riferimento dei mutui ipotecari (IRPH) – Indice risultante da una disposizione regolamentare o amministrativa – Inserimento unilaterale da parte del professionista – Controllo relativo alla trasparenza da parte del giudice nazionale – Livello di informazione imposto alla banca»






I.      Introduzione

1.        Ai nostri giorni, l’acquisto di un bene immobile raramente avviene senza ricorrere ad un mutuo. Il pagamento delle rate mensili di un credito ipotecario fa parte degli atti della vita quotidiana dalla notte dei tempi (2). In vista della sottoscrizione di un mutuo, il consumatore medio dispone, in linea di principio, di diverse fonti di informazione, come gli opuscoli o le guide pratiche provenienti dagli istituti bancari ma anche da associazioni di tutela dei consumatori, le quali mirano a fornire informazioni ai potenziali acquirenti in merito a diversi elementi, come l’indebitamento massimo, i tassi d’interesse fissi o variabili e gli indici di riferimento.

2.        Orbene, spesso, a causa della tecnicità delle informazioni concernenti i mutui ipotecari, il consumatore medio non è in grado di comprendere talune nozioni, come quelle di «tasso d’interesse» (fisso o variabile), di «indice di riferimento» oppure di «tasso annuale effettivo globale» (TAEG), e, in particolare, le differenze fra tali nozioni. Ciò vale anche per quanto riguarda il funzionamento o il calcolo concreto non solo dei tassi di interesse variabili ma anche degli indici di riferimento ufficiali dei mutui ipotecari e dei TAEG sulla base dei quali siffatti tassi d’interesse sono calcolati. In tale contesto, il livello di informazione preteso dal professionista riveste un’importanza cruciale per consentire al consumatore medio di comprendere il costo reale del suo prestito.

3.        Il presente rinvio pregiudiziale, il quale è stato sottoposto alla Corte dallo Juzgado de Primera Instancia n. 38 de Barcelona (tribunale di primo grado n. 38 di Barcellona, Spagna), verte sull’interpretazione della direttiva 93/13/CEE (3), segnatamente del suo articolo 1, paragrafo 2, del suo articolo 4, paragrafo 2, e dei suoi articoli 5 e 8. La domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata nell’ambito di una controversia fra il sig. Marc Gómez del Moral Guasch e la Bankia SA, un istituto bancario, in relazione al carattere asseritamente abusivo di una clausola figurante in un contratto di mutuo ipotecario concluso fra queste due parti e che assoggetta il tasso d’interesse variabile del mutuo a uno degli indici di riferimento dei mutui ipotecari ufficiali (in prosieguo: la «clausola controversa), ossia l’IRPH Cajas (indice di riferimento dei mutui ipotecari delle casse di risparmio).

4.        Le questioni pregiudiziali sollevate in tale domanda offrono alla Corte la possibilità di precisare la propria giurisprudenza concernente segnatamente, da un lato, la portata dell’eccezione di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 e, dall’altro, la portata e il contenuto del controllo relativo alla trasparenza della clausola controversa, in conformità all’articolo 4, paragrafo 2, e all’articolo 5 di tale direttiva.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

5.        I considerando 13, 19 e 20 della direttiva 93/13 enunciano quanto segue:

«considerando che si parte dal presupposto che le disposizioni legislative o regolamentari degli Stati membri che disciplinano, direttamente o indirettamente, le clausole di contratti con consumatori non contengono clausole abusive; che pertanto non si reputa necessario sottoporre alle disposizioni della presente direttiva le clausole che riproducono disposizioni legislative o regolamentari (…); che a questo riguardo l’espressione “disposizioni legislative o regolamentari imperative” che figura all’articolo 1, paragrafo 2 [di tale direttiva] comprende anche le regole che per legge si applicano tra le parti contraenti allorché non è stato convenuto nessun altro accordo;

(…)

considerando che, ai fini della presente direttiva, la valutazione del carattere abusivo non deve vertere su clausole che illustrano l’oggetto principale del contratto o il rapporto qualità/prezzo della fornitura o della prestazione; che, nella valutazione del carattere abusivo di altre clausole, si può comunque tener conto dell’oggetto principale del contratto e del rapporto qualità/prezzo; (…)

considerando che i contratti devono essere redatti in termini chiari e comprensibili (…) e che, in caso di dubbio, deve prevalere l’interpretazione più favorevole al consumatore».

6.        L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 prevede quanto segue:

«Le clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative (…) non sono soggette alle disposizioni della presente direttiva».

7.        L’articolo 3, paragrafo 3, di tale direttiva stabilisce quanto segue:

«L’allegato contiene un elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive».

8.        L’articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva così dispone:

«La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile».

9.        L’allegato della direttiva 93/13, rubricato «Clausole di cui all’articolo 3, paragrafo 3», enuncia quanto segue al punto 1, lettera l), e al punto 2, lettere c) e d):

«1.      Clausole che hanno per oggetto o per effetto di:

(…)

l)      stabilire che il prezzo dei beni sia determinato al momento della consegna, oppure permettere al venditore di beni o al fornitore di servizi di aumentare il prezzo senza che, in entrambi i casi, il consumatore abbia il diritto corrispondente di recedere dal contratto se il prezzo finale è troppo elevato rispetto al prezzo concordato al momento della conclusione del contratto;

(…)

2.      Portata delle lettere (…) l)

(…)

c)      le lettere (…) l) non si applicano:

—      alle transazioni relative a valori mobiliari, strumenti finanziari e altri prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni di un corso e di un indice di borsa o di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista;

(…)

d)      la lettera l) non si oppone alle clausole di indicizzazione dei prezzi, se permesse dalla legge, a condizione che le modalità di variazione vi siano esplicitamente descritte».

B.      Normativa spagnola

10.      L’articolo 1303 del Código Civil (codice civile) così recita:

«Dichiarata la nullità di un’obbligazione, i contraenti devono reciprocamente restituirsi ciò che ha costituito l’oggetto del contratto, con i relativi frutti, nonché il prezzo, inclusi gli interessi, fatti salvi gli articoli seguenti».

11.      L’articolo 80, paragrafo 1, lettera a), del texto refundido de la Ley General para la Defensa de los Consumidores y Usuarios y otras leyes complementarias (testo consolidato della legge generale per la tutela dei consumatori e degli utenti e di altre leggi complementari), approvato con il Real Decreto Legislativo 1/2007 (regio decreto legislativo 1/2007), del 16 novembre 2007 (4), nella versione applicabile alla controversia di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «LGDCU»), dispone quanto segue:

«1.      Nei contratti conclusi con consumatori e utenti che contengono clausole non negoziate individualmente, (…) tali clausole devono soddisfare i seguenti requisiti:

a)      specificità, chiarezza e semplicità della formulazione, con possibilità di comprensione diretta, senza rinvii a testi o documenti non forniti precedentemente o contemporaneamente alla conclusione del contratto, e ai quali, in ogni caso, deve essere fatto esplicito riferimento nel documento contrattuale».

12.      L’articolo 82, paragrafi 1 e 2, della LGDCU prevede quanto segue:

«1.      Si considerano clausole abusive tutte le clausole non oggetto di negoziato individuale e tutte le pratiche non autorizzate espressamente e che, in contrasto con il requisito della buona fede, determinino a danno del consumatore e dell’utente uno squilibrio significativo fra i diritti e gli obblighi delle parti nascenti dal contratto.

2.      (…) Qualora il professionista affermi che una determinata clausola è stata oggetto di negoziato individuale, gli incombe l’onere della prova».

13.      L’articolo 83 della LGDCU così recita:

«Le clausole abusive sono nulle di pieno diritto e si considerano non apposte. A tal fine, il giudice, dopo aver sentito le parti, dichiara la nullità delle clausole abusive inserite nel contratto, il quale, tuttavia, resterà vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza tali clausole».

14.      L’Orden del Ministerio de la Presidencia, sobre transparencia de las condiciones financieras de los préstamos hipotecarios (decreto del ministero della presidenza del 5 maggio 1994 sulla trasparenza delle condizioni finanziarie applicate ai mutui ipotecari) (5), come modificato dal decreto ministeriale del 27 ottobre 1995 (6) (in prosieguo: il «decreto del 5 maggio 1994»), si applicava unicamente ai mutui la cui garanzia ipotecaria aveva ad oggetto un’abitazione, conclusi da persone fisiche, a condizione che l’importo del prestito richiesto fosse inferiore o uguale a EUR 150 000. Oggi abrogato, tale decreto era in vigore dall’11 agosto 1994 al 29 aprile 2012, data in cui è entrato in vigore (7) il nuovo Orden EHA/2899/2011 de transparencia y protección del cliente de servicios bancarios (decreto ministeriale 2899/2011 sulla trasparenza e la protezione degli utenti di servizi bancari), del 28 ottobre 2011 (in prosieguo: il «decreto ministeriale 2899/2011») (8).

15.      La seconda disposizione addizionale del decreto del 5 maggio 1994 stabiliva quanto segue:

«La Banca di Spagna, su relazione della Dirección General del Tesoro y Política Financiera [direzione generale del Tesoro e della Politica finanziaria], definisce tramite circolare un insieme di indici o di tassi di riferimento ufficiali idonei ad essere applicati dagli istituti di credito ai mutui ipotecari a tassi d’interesse variabile e pubblica periodicamente il loro valore».

16.      L’articolo 6, paragrafo 2, lettera a) e b), e paragrafo 3, punti 1ª e 2ª, del decreto del 5 maggio 1994, prevedeva quanto segue:

«2.      Per i mutui a tasso d’interesse variabile soggetti al presente decreto, gli istituti di credito possono utilizzare unicamente come indici o tassi di riferimento quelli che soddisfano le seguenti condizioni:

a)      che non dipendano esclusivamente dall’istituto di credito stesso e che non possano essere influenzati dal medesimo in forza di accordi o prassi coscientemente paralleli a quelli di altri istituti;

b)      che i dati alla base dell’indice siano raccolti secondo un metodo matematico oggettivo.

3.      Per i mutui a tasso d’interesse variabile soggetti al presente decreto, non è obbligatorio comunicare individualmente al mutuatario le variazioni del tasso d’interesse applicabile qualora ricorrano le due seguenti circostanze:

1.      sia stato convenuto di utilizzare un indice o un tasso di riferimento ufficiale fra quelli contemplati dalla seconda disposizione addizionale del presente decreto;

2.      il tasso d’interesse applicabile al mutuo sia definito nel modo previsto alla clausola 3 bis, paragrafo 1, lettera a) o b), dell’allegato II del presente decreto».

17.      L’IRPH, nelle sue tre varianti, ossia l’IRPH delle banche (in prosieguo: l’«IRPH Bancos»), delle casse di risparmio (in prosieguo: l’«IRPH Cajas») e dell’insieme degli istituti di credito (in prosieguo: l’«IRPH Entidades»), è un indice ufficiale introdotto dalla disposizione 6 bis della circular 8/1990 del Banco de España, a entidades de crédito, sobre transparencia de las operaciones y protección de la clientela (circolare 8/1990 della Banca di Spagna, all’attenzione degli istituti di credito, relativa alla trasparenza delle operazioni e alla protezione dei clienti), del 7 settembre 1990 (9), come modificata dalla circular 5/1994 del Banco de España, a entidades de crédito, sobre modificación de la circular 8/1990, sobre transparencia de las operaciones y protección de la clientela (circolare 5/1994 della Banca di Spagna, all’attenzione degli istituti di credito, recante  modifica della circolare 8/1990, relativa alla trasparenza delle operazioni e alla protezione dei clienti), del 22 luglio 1994 (10) (in prosieguo: la «circolare 8/1990»). Il quarto comma della motivazione della circolare 5/1994 enunciava quanto segue:

«I tassi di riferimento selezionati sono, in ultima analisi, [TAEG]. I tassi medi dei mutui ipotecari finalizzati all’acquisto di un’abitazione al prezzo di mercato sono effettivi in senso stretto, poiché incorporano anche l’effetto delle commissioni. Pertanto, l’utilizzo semplice e diretto di tali indici come tassi contrattuali presupporrebbe la collocazione del [TAEG] dell’operazione ipotecaria al di sopra del tasso praticato dal mercato. Per allineare il TAEG applicato a tale operazione a quello del mercato, sarebbe necessario applicare un differenziale negativo, il cui valore varierebbe a seconda delle commissioni applicate all’operazione e della frequenza dei versamenti (…)».

18.      La disposizione 2 della circolare 8/1990, intitolata «Informazioni sui tassi di interesse applicati», riguardava le informazioni che devono essere trasmesse alla Banca di Spagna affinché quest’ultima elabori e pubblichi determinati indici o tassi di riferimento del mercato ipotecario. Tale disposizione era formulata come segue:

«(…) Le banche, le casse di risparmio, la confederazione delle casse di risparmio spagnole, le succursali di istituti di credito stranieri e le società di credito ipotecario comunicano alla Banca di Spagna, nei primi quindici giorni di ciascun mese, informazioni sui tassi medi delle operazioni di credito e di depositi in peseta [spagnola (ESP)] realizzate in Spagna che sono state avviate o rinnovate il mese precedente».

19.      La disposizione 6 bis della circolare 8/1990, intitolata «Mutui ipotecari», faceva riferimento nei seguenti termini all’IRPH Cajas al suo paragrafo 3, lettera b):

«3.      Ai fini della seconda disposizione addizionale del decreto sui mutui ipotecari, sono considerati ufficiali gli indici o i tassi di riferimento seguenti, la cui definizione e modalità di calcolo sono stabiliti all’allegato VIII:

b)      il tasso medio dei mutui ipotecari di durata superiore a tre anni finalizzati all’acquisto di un’abitazione a prezzo di mercato accordati dalle casse di risparmio.

(…)

La Banca di Spagna diffonde in maniera appropriata tali indici, i quali vengono in ogni caso pubblicati mensilmente nel Boletín Oficial del Estado».

20.      La definizione e la formula matematica di calcolo di tali indici figurano all’allegato VIII della circolare 8/1990. L’allegato VIII, paragrafo 2, di tale circolare definisce l’IRPH Cajas come «(…) la media semplice dei tassi di interesse medi ponderati in base ai tassi principali applicati alle operazioni di prestito con garanzia ipotecaria di durata uguale o superiore a tre anni finalizzate all’acquisto di un’abitazione a prezzo di mercato, che siano state avviate o rinnovate nel mese cui si riferisce l’indice da parte della totalità delle casse di risparmio. Tali tassi d’interesse medi ponderati sono i tassi annuali equivalenti dichiarati alla Banca di Spagna per tali scadenze dalla totalità delle casse di risparmio in conformità alla disposizione 2.

La formula di calcolo di tale tasso è la seguente:


Ica = somma di ica / nca

dove:

Ica = media dei tassi di interesse medi ponderati del complesso delle casse di risparmio;

ica = tasso medio ponderato dei mutui di ciascuna cassa;

nca = numero delle casse dichiaranti».

21.      L’IRPH Cajas e l’IRPH Bancos, nonché l’indice CECA hanno cessato di essere tassi ufficiali di riferimento al momento dell’entrata in vigore del decreto 2899/2011 e della Circular 5/2012, del Banco de España, a entidades de crédito y proveedores de servicios de pago, sobre transparencia de los servicios bancarios y responsabilidad en la concesión de préstamos (circolare 5/2012 della Banca di Spagna, all’attenzione degli enti creditizi e dei prestatori di servizi di pagamento, relativa alla trasparenza dei servizi bancari e alla responsabilità in materia di concessione di mutui), del 27 giugno 2012 (in prosieguo: la «circolare 5/2012») (11).

22.      L’IRPH Cajas è stato sostituito dall’IRPH della totalità degli istituti di credito spagnoli (in prosieguo: l’«IRPH Conjunto de Entidades») il quale, attualmente, secondo il decreto 2899/2011, è uno dei sei indici ufficiali di riferimento esistenti in Spagna.

23.      L’articolo 27 del decreto 2899/2011, intitolato «Tassi d’interesse ufficiali», fa riferimento, al suo paragrafo 1, lettera a), all’IRPH Conjunto de Entidades. Tale IRPH è stabilito riprendendo i valori delle operazioni effettivamente concluse dagli istituti di credito con i loro clienti nel corso di ciascun periodo. Tale disposizione così recita:

«Ai fini della loro applicazione da parte degli istituti di credito, alle condizioni sancite nel presente decreto ministeriale, i seguenti tassi d’interesse ufficiali verranno pubblicati su base mensile: a) Tasso medio sui mutui ipotecari di durata superiore a tre anni finalizzati all’acquisto di un’abitazione al prezzo di mercato concessi dagli istituti di credito in Spagna».

24.      L’IRPH Conjunto de Entidades è stato concepito dalle autorità finanziarie spagnole, ossia la Banca di Spagna e la Dirección General del Tesoro (direzione generale del Tesoro) e ha acquisito carattere ufficiale a partire dalla sua inclusione nelle summenzionate circolari della Banca di Spagna e dalla sua pubblicazione nel Boletín Oficial del Estado.

25.      La Ley 14/2013 de apoyo a los emprendedores y su internacionalización (legge 14/2013 di sostegno alle imprese e alla loro internazionalizzazione) (12), del 27 settembre 2013 (in prosieguo: la «legge 14/2013»), prevede, alla sua quindicesima disposizione addizionale, intitolata «Regime transitorio per la scomparsa degli indici di riferimento o dei tassi d’interesse», la data a partire dalla quale gli IRPH Cajas e l’IRPH Bancos, nonché l’indice CECA non saranno più pubblicati dalla Banca di Spagna. Tale disposizione così recita:

«1.      A partire dal 1o novembre 2013, i seguenti indici ufficiali applicabili ai mutui o ai crediti ipotecari in conformità alla legislazione in vigore cessano di essere pubblicati sul sito Internet della Banca di Spagna e scompaiono completamente:

(…)

b)      i tassi medi dei mutui ipotecari di durata superiore a tre anni finalizzati all’acquisto di un’abitazione al prezzo di mercato concessi dalle casse di risparmio [IRPH Cajas];

c)      il tasso attivo di riferimento delle casse di risparmio [CECA].

2.      I riferimenti ai tassi previsti al paragrafo precedente vengono sostituiti, a decorrere dalla prossima revisione dei tassi applicabili, dal tasso o indice di riferimento sostitutivo previsto nel contratto.

3.      In assenza di un tasso o di un indice di riferimento previsto nel contratto o qualora esso figuri fra gli indici o i tassi che vengono meno, la sostituzione viene effettuata a vantaggio del tasso d’interesse ufficiale denominato “tasso medio sui mutui ipotecari di durata superiore a tre anni finalizzati all’acquisto di un’abitazione al prezzo di mercato concessi dagli istituti di credito in Spagna”, con un margine equivalente alla media aritmetica della differenza fra il tasso soppresso e il tasso citato supra, calcolati sulla base dei dati disponibili fra la data di conclusione del contratto e quella in cui la sostituzione del tasso diviene efficace.

La sostituzione dei tassi in conformità al presente paragrafo comporta automaticamente la novazione del contratto senza modifica né perdita di rango dell’ipoteca iscritta.

4.      Le parti non hanno a disposizione alcun mezzo di ricorso per reclamare la modifica, la modifica unilaterale o la risoluzione del mutuo o del credito in cambio dell’applicazione della presente disposizione».

III. Fatti all’origine del procedimento principale e questioni pregiudiziali

26.      Il 19 luglio 2001, il sig. Gómez del Moral Guasch ha sottoscritto presso la Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid, divenuta Bankia, un contratto di mutuo ipotecario per un importo di EUR 132 222,66, destinato a finanziare l’acquisto di un’abitazione.

27.      La prima parte della clausola 3 bis di tale contratto di mutuo, relativa alle modalità di calcolo del tasso d’interesse variabile applicabile a detto prestito (IRPH Cajas), è formulata nei seguenti termini:

«Clausola 3 bis. Tasso d’interesse variabile

Primo. Il tasso d’interesse contrattuale è fissato per periodi semestrali, calcolati a partire dalla data della firma del contratto, ove per il primo semestre si applica il tasso indicato nella terza clausola finanziaria. Nei semestri successivi il tasso applicabile sarà quello corrispondente al tasso medio sui mutui ipotecari di durata superiore a tre anni finalizzati all’acquisto di un’abitazione al prezzo di mercato e concessi dalle casse di risparmio, vigente al momento della revisione, e che la Banca di Spagna pubblica ufficialmente e periodicamente nel Boletín Oficial del Estado per i mutui ipotecari a tasso variabile destinati all’acquisto di un’abitazione, arrotondato per eccesso ad un quarto di punto percentuale e aumentato di 0,25 punti percentuali [sic]».

28.      Il tasso applicato a titolo suppletivo, secondo lo stesso criterio del tasso di riferimento precedente, è l’indice CECA.

29.      Il 18 aprile 2017, il sig. Gómez del Moral Guasch ha proposto un ricorso dinanzi allo Juzgado de Primera Instancia n. 38 de Barcelona (tribunale di primo grado n. 38 di Barcellona) chiedendo che fosse dichiarata la nullità della clausola in questione a causa del suo carattere abusivo, poiché la maggior parte dei crediti ipotecari sarebbe abitualmente indicizzata all’Euribor (13), il quale è generalmente più vantaggioso.

30.      A tal riguardo, il giudice del rinvio precisa che l’indicizzazione all’IRPH, utilizzata nei mutui ipotecari a tasso d’interesse variabile e rappresentante circa il 10% dei crediti concessi in Spagna, è effettivamente meno favorevole per il consumatore rispetto all’indicizzazione all’Euribor, la quale verrebbe utilizzata nel 90% dei mutui ipotecari. Esso indica che il ricorso all’IRPH comporta un costo aggiuntivo per il consumatore che oscilla fra EUR 18 000 e EUR 21 000 per credito ipotecario rispetto all’Euribor e si interroga sul livello di informazione di cui ha beneficiato il ricorrente nel procedimento principale in occasione della conclusione del contratto in questione.

31.      Il giudice del rinvio giustifica la presente domanda di pronuncia pregiudiziale con i dubbi da esso nutriti con riferimento alla questione se la clausola controversa che fissa un tasso di interesse sulla base di un indice legale come l’IRPH sia o meno esclusa dall’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e se tale direttiva debba essere interpretata nel senso che essa osta a che il giudice nazionale controlli il carattere abusivo di tale clausola.

32.      I dubbi del giudice del rinvio sono segnatamente connessi alla questione se il fatto che l’IRPH sia disciplinato da una disposizione amministrativa riprodotta nel contratto di mutuo ipotecario sotto forma di una clausola contrattuale, cosicché tale disposizione non è né imperativa né suppletiva, abbia come conseguenza che l’eccezione di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 non sia applicabile alla clausola controversa. Tale giudice ritiene, al riguardo, fondandosi segnatamente sulle sentenze Andriciuc e a. (14) e Kušionová (15), che una siffatta disposizione amministrativa non sia imperativa, poiché si tratta di una disposizione amministrativa che disciplina un tasso d’interesse variabile e remunerativo inserito su base facoltativa nel contratto da parte del professionista. Esso fa valere che, poiché l’assoggettamento all’IRPH avviene unicamente a causa della clausola controversa, il professionista aveva la facoltà di ricorrere ad altri indici ai fini dell’indicizzazione del mutuo ipotecario. Tale giudice precisa parimenti che, in assenza di accordo fra le parti, detta disposizione non ha natura suppletiva.

33.      Il giudice del rinvio indica che il Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), nella sua sentenza n. 669/2017 (16), ha tuttavia recentemente statuito in senso contrario, considerando che l’IRPH Entidades  propriamente detto non rientrava nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 poiché è stato fissato da una disposizione di legge. Il giudice del rinvio precisa parimenti che tale sentenza, emessa in seduta plenaria, costituisce una giurisprudenza vincolante e direttamente applicabile da tutti i giudici spagnoli.

34.      Il giudice del rinvio si interroga sulle informazioni che devono essere comunicate dal professionista allorché questi conclude con dei consumatori contratti di mutuo ipotecario a tasso variabile collegato ad un indice legale come l’IRPH, la cui formula di calcolo è complessa e poco trasparente per un consumatore medio, nonché sulle conseguenze dell’accertamento del carattere abusivo della clausola controversa. Esso rileva, a tal riguardo, che il legislatore spagnolo non ha trasposto l’eccezione sancita all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 al fine di garantire un livello di protezione del consumatore più elevato rispetto a quello previsto da tale direttiva e chiede se l’applicazione di tale disposizione sia conforme alle disposizioni della suddetta direttiva.

35.      È in tali circostanze che loJuzgado de Primera Instancia n. 38 de Barcelona (tribunale di primo grado n. 38 di Barcellona), con decisione del 16 febbraio 2018, pervenuta alla cancelleria della Corte lo stesso giorno, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Se l’[IRPH Cajas] debba essere oggetto di supervisione giurisdizionale, nel senso che si debba verificare se esso risulti comprensibile per il consumatore, senza che a ciò risulti di ostacolo la circostanza che il medesimo sia disciplinato da disposizioni regolamentari e amministrative, in quanto detto indice non rientra fra i casi di cui all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva [93/13], giacché non si tratta di una disposizione obbligatoria, ma l’inserimento di tale tasso di interesse variabile e remunerativo nel contratto da parte del professionista avviene su base facoltativa.

2.      a)      Se, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, che non è stata trasposta nell’ordinamento [spagnolo], risulti contrario a quest’ultima, e in particolare al suo articolo 8, la circostanza che un organo giurisdizionale spagnolo invochi e applichi il detto articolo 4, paragrafo 2, laddove tale disposizione non è stata trasposta nell’ordinamento [nazionale] per volontà del legislatore, il quale ha perseguito un livello di protezione integrale relativamente a tutte le clausole che il professionista possa inserire in un contratto stipulato con i consumatori, comprese quelle vertenti sull’oggetto principale del contratto, anche qualora fossero formulate in modo chiaro e comprensibile.

2.      b)      In ogni caso, se sia necessario fornire informazioni o pubblicità sui seguenti fatti o dati, o su alcuni di essi, ai fini della comprensione della clausola essenziale, nello specifico dell’IRPH:

(i)      spiegare come si configurava il tasso di riferimento, ossia informare che il detto indice comprende le commissioni e le altre spese dell’interesse nominale; che si tratta di una media semplice e non ponderata; che il professionista doveva sapere e indicare che avrebbe dovuto applicare un differenziale negativo e che i dati forniti non sono accessibili al pubblico, come invece accade per l’altro tasso abitualmente utilizzato, l’Euribor;

(ii)      illustrare l’andamento del tasso in discussione nel passato e come potrebbe presentarsi in futuro, trasmettendo informazioni e mostrando grafici che spieghino al consumatore in maniera chiara e comprensibile l’andamento di tale tasso specifico in rapporto all’Euribor, che costituisce il tasso abituale dei mutui con garanzia ipotecaria.

2.      c)      Qualora la Corte concluda che è compito del giudice del rinvio esaminare il carattere abusivo delle clausole contrattuali e trarne tutte le conseguenze in conformità del diritto nazionale, si chiede alla medesima se la mancanza d’informazione riguardo a quanto suesposto non comporti la mancata comprensione della clausola, in quanto la stessa non sarebbe chiara per il consumatore medio, [ai sensi dell’]articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, o se l’omissione della suddetta informazione implichi una condotta sleale del professionista e, pertanto, il consumatore, qualora fosse stato informato adeguatamente, non avrebbe accettato l’applicazione dell’IRPH come indice di riferimento per il suo mutuo

3.      Se venisse dichiarata la nullità dell’IRPH Cajas, quale delle due conseguenze di seguito indicate, in mancanza di un accordo tra le parti o nel caso in cui questo risultasse più dannoso per il consumatore, sarebbe conforme agli articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13:

3.      a)      procedere all’integrazione del contratto, applicando un indice sostitutivo abituale, l’Euribor, trattandosi di un contratto essenzialmente vincolato a un interesse proficuo per l’organismo [di credito, che ha la qualità del] professionista;

3.      b)      interrompere l’applicazione degli interessi, rimanendo a carico del mutuatario o debitore unicamente l’obbligo di restituire il capitale ricevuto in prestito nei termini concordati».

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

36.      Con ordinanza del presidente della Corte del 10 aprile 2018, la domanda dello Juzgado de Primera Instancia n. 38 de Barcelona (tribunale di primo grado n. 38 di Barcellona) diretta a sottoporre la presente causa al procedimento accelerato previsto all’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte è stata respinta.

37.      Osservazioni scritte sono state depositate dalle parti nel procedimento principale, dai governi spagnolo e del Regno Unito nonché dalla Commissione europea. Le osservazioni orali delle stesse parti in causa sono state ascoltate nell’udienza del 25 febbraio 2019.

V.      Analisi

38.      Le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio hanno ad oggetto tre problematiche, ossia, in primo luogo, la portata dell’eccezione prevista all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13; in secondo luogo, la portata e il contenuto del controllo della trasparenza della clausola controversa, in conformità all’articolo 4, paragrafo 2, di tale direttiva e, infine, in terzo luogo, le conseguenze dell’accertamento del carattere abusivo di tale clausola.

39.      Prima di esaminare tali problematiche, occorre sottolineare che il giudice del rinvio, le parti nel procedimento principale, il governo spagnolo, nonché la Commissione hanno tutti fatto riferimento alle specificità dell’IRPH Cajas figurante nella clausola controversa, nonché alla sentenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) del 14 dicembre 2017.

40.      Di conseguenza, mi sembra indicato formulare alcune osservazioni concernenti questi due punti.

A.      Osservazioni preliminari

1.      LIRPH Cajas: evoluzione e funzionamento

41.      Il giudice del rinvio indica che, al momento della firma del contratto di mutuo ipotecario concluso fra il ricorrente nel procedimento principale e la Bankia, la clausola controversa prevedeva, ai fini della determinazione del tasso d’interesse del mutuo, l’applicazione dell’IRPH Cajas, cosi denominato in quanto, ai fini del suo calcolo, erano prese in considerazione solo le operazioni di crediti ipotecari effettuate dalle casse di risparmio (17).

42.      Si evince dal contesto normativo, come illustrato dal giudice del rinvio, che l’IRPH Cajas era, in quel momento, uno degli «indici di riferimento fondati sui mutui ipotecari» introdotto dalla disposizione 6 bis, paragrafo 3, lettera b), della circolare 8/1990 e, di conseguenza, aveva un carattere ufficiale e legale (18). Tuttavia, il giudice del rinvio precisa che, a partire dall’entrata in vigore del decreto 2899/2011, l’IRPH Cajas (nonché l’IRPH Bancos e l’indice CECA) ha cessato di essere un indice ufficiale di riferimento, e che è stato previsto un regime transitorio per i mutui ipotecari che utilizzavano tali indici (19).

43.      Per quanto attiene a tale regime transitorio, il governo spagnolo ha indicato che la quindicesima disposizione addizionale, paragrafi 2 e 3, della legge 14/2013, stabilisce che i riferimenti ai tassi scomparsi vengono sostituiti dal «tasso o indice di riferimento sostitutivo previsto nel contratto» e che, in assenza di tasso o indice sostitutivo contrattuale, oppure nel caso in cui quest’ultimo sia uno degli indici o tassi dei quali è prevista la soppressione – come avviene nella specie – (20), il tasso o l’indice in questione è sostituito dal «tasso d’interesse ufficiale denominato “tasso medio sui mutui ipotecari di durata superiore a tre anni finalizzati all’acquisto di un’abitazione al prezzo di mercato concessi dagli istituti di credito in Spagna” [l’IRPH Conjunto de Entidades], al quale è applicato un margine equivalente alla media aritmetica della differenza fra il tasso che scompare e quello summenzionato, calcolati sulla base dei dati disponibili fra la data di conclusione del contratto e quella in cui il tasso è stato effettivamente sostituito» (21).

44.      Tale governo ha parimenti sottolineato che, in conformità alla quindicesima disposizione addizionale, paragrafo 3, della legge 14/2013, tale sostituzione implicava la novazione automatica del contratto senza comportare una modifica o una perdita del rango dell’ipoteca iscritta. Esso ha aggiunto che la quindicesima disposizione addizionale, paragrafo 4, di detta legge prevedeva che le parti non fossero legittimate a contestare in giudizio la modifica, il cambiamento unilaterale o la risoluzione del mutuo o del credito. Pertanto, attualmente, l’indice figurante alla clausola 3 bis del contratto è l’IRPH Conjunto de Entidades.

45.      Per quanto riguarda il funzionamento dell’IRPH Cajas, il giudice del rinvio indica, in primo luogo, che tale indice era calcolato a partire dai dati comunicati mensilmente dalle casse di risparmio alla Banca di Spagna e corrispondeva ad una media semplice, fermo restando che tutte le casse di risparmio hanno la stessa importanza, indipendentemente dal volume dei prestiti erogati. Pertanto, secondo tale giudice, la rappresentatività di una cassa di risparmio all’interno dell’IRPH Cajas rimaneva invariata se essa perdeva una quota di mercato dopo aver aumentato nel corso di un mese i tassi di interesse o le commissioni. Di conseguenza, più diminuiva il numero di casse di risparmio, più aumentava l’influenza sull’IRPH delle casse di risparmio restanti, cosicché qualsiasi cassa di risparmio poteva influenzare il risultato di tale indice aumentando gli interessi o le commissioni che la stessa applicava nel mese considerato.

46.      In secondo luogo, il giudice del rinvio indica che le informazioni fornite dalle casse di risparmio per ottenere la media aritmetica dell’IRPH includevano il TAEG, le spese e le commissioni, rappresentanti approssimativamente un valore superiore a un quarto di punto percentuale sull’interesse nominale, nonché clausole «di tasso minimo» o che prevedevano l’arrotondamento per eccesso.

47.      In terzo luogo, il giudice del rinvio espone che, in conformità alla normativa nazionale, i tassi che erano stati abbassati in virtù di sovvenzioni o di accordi per i dipendenti – e che avrebbero fatto abbassare il risultato – non venivano presi in considerazione per il calcolo dell’IRPH.

48.      In quarto luogo, il giudice del rinvio precisa che, poiché i tassi medi ponderati erano TAEG, affinché l’IRPH riflettesse gli interessi medi del mercato, era necessario applicare, come indicato dalla Banca di Spagna (22), al fine di compensare l’effetto inflazionistico delle commissioni, un margine negativo, il cui valore dipendeva dalle commissioni applicate. Orbene, nella specie e in via generale, veniva applicato un margine positivo, ossia l’IRPH Cajas + 0,25 punti percentuali.

49.      In quinto luogo, il giudice del rinvio aggiunge che, nelle agenzie della Bankia, l’IRPH veniva pubblicizzato presso i clienti come un indice meno volatile, più sicuro e più stabile dell’Euribor (23), cosicché occorre parimenti chiedersi se i diversi grafici, ricavati dai dati della Banca di Spagna e al tempo noti alla Bankia, avrebbero dovuto essere prodotti affinché il consumatore venisse a conoscenza dell’andamento di ciascuno dei tassi (l’IRPH e l’Euribor).

50.      Il giudice del rinvio afferma, in ultimo luogo, che tutti siffatti dati, oltre alla loro formula matematica, la quale fa parimenti parte del loro carattere comprensibile e figura all’allegato VIII, paragrafo 1, della circolare 8/1990, tendono ad indicare che l’IRPH è un indice complesso nel suo insieme, il quale potrebbe necessitare di ulteriori informazioni e pubblicità, poiché esso è un elemento essenziale del contratto

2.      La sentenza del 14 dicembre 2017

51.      Emerge dalla decisione di rinvio, nonché dalle osservazioni scritte del governo spagnolo e della Commissione che, nella sua sentenza del 14 dicembre 2017, il Tribunal Supremo (Corte suprema) si è pronunciato su una clausola contrattuale simile a quella di cui al procedimento principale e che prevedeva l’applicazione dell’IRPH Entidades (24).

52.      Fatte salve eventuali ulteriori verifiche da parte del giudice del rinvio, risulta dalle osservazioni scritte del governo spagnolo che il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha tenuto conto dei seguenti elementi.

53.      Anzitutto, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha constatato che l’IRPH Entidades è un indice definito dalla legge e regolamentato, il quale è stato introdotto nel contratto di mutuo ipotecario ad un tasso d’interesse variabile dall’istituto bancario prestatore tramite una condizione contrattuale generale. Tuttavia, «la parte che inserisce la clausola predisposta non definisce contrattualmente l’indice di riferimento, ma rinvia ad uno degli indici ufficiali regolamentati da disposizioni di legge per tale tipo di contratto. Di conseguenza, spetta all’amministrazione pubblica vigilare affinché tali indici rispettino la normativa sulla trasparenza bancaria, cosicché tale controllo si sottrae alla competenza degli organi giurisdizionali civili (…). Pertanto, l’indice in quanto tale non può essere oggetto di un controllo relativo alla trasparenza sotto il profilo della direttiva 93/13» (25).

54.      Il Tribunal Supremo (Corte suprema), dopo avere analizzato la clausola, ha poi concluso che essa soddisfaceva il controllo relativo alla trasparenza, sia sotto il profilo formale che sotto il profilo sostanziale. Esso ha fatto valere, da un lato, che, sotto il profilo formale, la clausola soddisfaceva, a suo avviso, quello che lo stesso chiama il «criterio di inserimento», poiché essa era grammaticalmente chiara, comprensibile, e consentiva al mutuatario di comprendere e accettare che l’interesse variabile del suo contratto di mutuo ipotecario fosse calcolato facendo riferimento ad un tasso fissato e controllato dalla Banca di Spagna. Dall’altro lato, sotto il profilo sostanziale, la clausola era, a suo avviso, trasparente, e consentiva di conoscere l’onere economico del suo prestito. Esso ha considerato che il consumatore fosse in grado di capire che avrebbe dovuto pagare la somma risultante dall’addizione dell’indice e del margine. A tal fine, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha ritenuto, come si evince dalle osservazioni del governo spagnolo, che, trattandosi di un indice ufficiale, fosse agevole, per un consumatore medio normalmente informato, conoscere i diversi sistemi di calcolo e paragonare le opzioni utilizzate, e che non si poteva esigere dall’istituto che quest’ultimo proponesse diversi indici né che spiegasse in che modo l’indice veniva stabilito.

55.      A tal riguardo, il Tribunal Supremo (Corte suprema) non ha considerato che il fatto che l’Euribor fosse stato più favorevole al consumatore costituisse un elemento rilevante, nella misura in cui un «bias retrospettivo» non può servire da guida ai fini del controllo relativo alla trasparenza (26). Inoltre, esso ha ritenuto che tale ragionamento non tenesse conto del fatto che il tasso d’interesse corrisponde non all’indice, bensì all’indice maggiorato del margine, e che non fosse stato dimostrato che i margini applicati a mutui indicizzati all’Euribor sarebbero stati più vantaggiosi dei margini applicati a quelli indicizzati all’IRPH. Esso ha parimenti affermato che, statisticamente, i margini dell’IRPH erano anche meno elevati, e che tale ragionamento non prendeva neanche in considerazione il fatto che i margini siano più o meno elevati in funzione di altri dati contrattuali (domiciliazione della retribuzione, collegamento ecc.). Il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha precisato che ciò che rilevava era non la differenza fra l’IRPH e l’Euribor, bensì l’andamento futuro dell’IRPH, e che non si poteva esigere dalla banca né che essa fosse a conoscenza di tale andamento né che ne informasse il mutuatario. Inoltre, il comportamento anteriore del valore dell’Euribor e di quello dell’IRPH era stato relativamente simile.

56.      Infine, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha concluso affermando che era contraddittorio sostenere che la banca sapeva che l’IRPH sarebbe più vantaggioso dell’Euribor, considerato che l’IRPH era stato utilizzato soltanto in meno del 15% dei mutui. Per le stesse ragioni, il riferimento all’Euribor avrebbe potuto essere annullato qualora il suo andamento fosse stato meno favorevole.

57.      Dopo aver illustrato gli elementi esposti dal giudice del rinvio e dalle parti, mi dedicherò adesso all’analisi dei problemi giuridici sollevati dalle questioni pregiudiziali.

B.      Sulle questioni pregiudiziali

1.      Sulla prima questione pregiudiziale: la portata delleccezione di cui allarticolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13

58.      Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’IRPH Cajas possa formare l’oggetto di un controllo relativo alla trasparenza ai sensi della direttiva 93/13. Tuttavia, come fatto valere dalla Bankia, dal governo spagnolo, nonché dalla Commissione, poiché l’IRPH Cajas è disciplinato da disposizioni regolamentari, quest’ultimo non può essere esso stesso oggetto di un siffatto controllo.

59.      A mio avviso, tale questione differisce da quella se una clausola contrattuale contenuta in un contratto di mutuo ipotecario concluso fra un consumatore e un professionista che prevede l’applicazione di tale indice, ai fini del calcolo del tasso d’interesse variabile di detto mutuo, come avviene nel procedimento principale, rientri o meno nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13.

60.      A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, spetta alla Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione con i giudici nazionali, creata dall’articolo 267 TFUE, fornire al giudice del rinvio una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli, e che, in tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare la questione che le è sottoposta (27).

61.      Nella specie, ritengo che la prima questione pregiudiziale debba essere intesa nel senso che con essa si chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che è esclusa dall’ambito di applicazione di tale direttiva la clausola di un contratto concluso fra un consumatore e un professionista, come quella di cui al procedimento principale, la quale fissa un tasso d’interesse sulla base dei sei indici di riferimento ufficiali legali idonei ad essere applicati dagli istituti di credito ai mutui ipotecari a tasso d’interesse variabile.

62.      In via preliminare, occorre esaminare l’argomento del governo spagnolo, secondo il quale, nella misura in cui l’IRPH Cajas è un indice ufficiale legale, disciplinato da disposizioni regolamentari o amministrative pubblicate mensilmente nel Boletín Oficial del Estado, la questione del controllo relativo alla trasparenza di tale indice non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13, in conformità all’articolo 1, paragrafo 2, di quest’ultima. Pertanto, poiché detto indice non può essere dichiarato abusivo, la sua inclusione nella clausola controversa non incide su tale interpretazione.

63.      A tal riguardo, il governo spagnolo e la Bankia hanno fatto valere che, dopo la soppressione dell’IRPH Cajas, l’indice attualmente applicato al contratto di mutuo ipotecario di cui al procedimento principale, ossia l’IRPH Conjunto de Entidades, è stato imposto in forza di una disposizione legale e imperativa, ossia la quindicesima disposizione addizionale, paragrafo 2, della legge 14/2013. Di conseguenza, l’IRPH Conjunto de Entidades si applicherebbe a partire dalla sua entrata in vigore in maniera obbligatoria, cosicché l’equilibrio istituito dal legislatore sarebbe rispettato. Inoltre, la Bankia ha precisato che la legge 14/2013 stabilisce che le parti non dispongono di alcun mezzo di ricorso per reclamare la modifica, il cambiamento unilaterale o la risoluzione del prestito o del credito in cambio dell’applicazione della quindicesima disposizione addizionale, paragrafo 4, della legge 14/2013. Pertanto, essi sostengono che l’IRPH Cajas non rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della medesima.

64.      Capisco tuttavia, leggendo il contesto normativo e fattuale presentato dal giudice del rinvio, che, al momento della conclusione del contratto di mutuo ipotecario di cui al procedimento principale, momento in cui si deve collocare il giudice nazionale per valutare il carattere abusivo di una clausola contrattuale (28), l’IRPH che figurava nella clausola controversa ai fini del calcolo del tasso d’interesse variabile era non l’IRPH Conjunto de Entidades – il quale ha sostituito l’IRPH Cajas in forza della quindicesima disposizione addizionale, paragrafo 2, della legge 14/2013, comportante la novazione automatica del contratto – bensì l’IRPH Cajas, introdotto dalla circolare 8/1990. Il fatto che l’IRPH Conjunto de Entidades sia, a tale data, l’indice di riferimento ufficiale che figura nella clausola 3 bis del contratto di mutuo ipotecario e che è stato imposto per legge in forza di una disposizione imperativa, ossia la quindicesima disposizione addizionale, paragrafo 2, della legge 14/2013, non incide sull’analisi della clausola controversa che prevede l’applicazione dell’IRPH Cajas, nei termini in cui è redatta al momento della conclusione del contratto.

65.      Pertanto, è evidente che la questione verte sulla clausola controversa che prevede l’applicazione dell’IRPH Cajas (29). Al fine di rispondervi, illustrerò brevemente, in primo luogo, la giurisprudenza rilevante della Corte relativa all’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 ed esaminerò, in secondo luogo, alla luce di tale giurisprudenza, la questione se la clausola controversa rientri o meno nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13.

a)      Breve richiamo della giurisprudenza della Corte

66.      In via preliminare, occorre ricordare che un esame d’ufficio da parte del giudice nazionale può essere richiesto solo se si tratta di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13, quale definito al suo articolo 1 (30). A norma dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13, le clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative sono escluse dall’ambito di applicazione della medesima.

67.      Nella sentenza RWE Vertrieb (31), la Corte ha chiarito, per la prima volta, la nozione di «disposizioni legislative o regolamentari imperative» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13. Al riguardo, la Corte ha ricordato che tale disposizione istituisce un’esclusione dall’ambito di applicazione di tale direttiva, la quale interessa le clausole che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative (32). Tale esclusione presuppone che siano soddisfatte due condizioni. Da un lato, la clausola contrattuale deve riprodurre una disposizione legislativa o regolamentare e, dall’altro, tale disposizione deve essere imperativa (33).

68.      Al fine di stabilire se tali condizioni siano soddisfatte, la Corte ha dichiarato che incombe al giudice nazionale verificare se tale clausola riproduca le disposizioni del diritto nazionale applicabili tra i contraenti indipendentemente da una loro scelta (in maniera imperativa), o quelle che sono di natura suppletiva e che, pertanto, sono applicabili in via residuale, ossia allorché non è stato convenuto alcun altro accordo tra i contraenti al riguardo (34).

69.      Pertanto, il giudice nazionale deve verificare se la clausola di cui al procedimento principale riproduca disposizioni imperative del diritto nazionale, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 (35), tenendo conto del fatto che, considerato in particolare l’obiettivo di tale direttiva, cioè la protezione dei consumatori, l’eccezione prevista a tale disposizione deve essere interpretata restrittivamente (36).

70.      Dopo avere illustrato brevemente il contesto giurisprudenziale generale relativo all’interpretazione di tale disposizione, l’applicherò adesso alla causa in oggetto.

b)      Questione se la clausola controversa rientri nelleccezione prevista allarticolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13

71.      Occorre anzitutto sottolineare che, come si evince dai paragrafi precedenti delle presenti conclusioni, se una clausola contrattuale costituisce la riproduzione di una disposizione legislativa o regolamentare imperativa o suppletiva, la questione se tale clausola rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 non si pone. Infatti, una siffatta clausola non è semplicemente assoggettata alle disposizioni di tale direttiva.

72.      Per contro, se il giudice nazionale ritiene che la disposizione interessata non obblighi l’istituto bancario a scegliere un indice di riferimento ufficiale fra quelli previsti da tale disposizione ma consenta di ricorrere ad altri indici di riferimento, la questione se la clausola contrattuale che la riproduce rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 sarebbe allora senza dubbio pertinente. Infatti, è chiaro che una siffatta clausola ricadrebbe nell’ambito di applicazione di tale direttiva. Lo stesso varrebbe, a mio avviso, se tale normativa imponesse all’istituto bancario di scegliere un indice di riferimento ufficiale fra quelli da essa previsti (37).

73.      Nella specie, il giudice del rinvio ritiene che la clausola controversa, redatta preventivamente dall’istituto bancario, riproduca disposizioni del diritto nazionale. Tuttavia, esso afferma che le condizioni fissate dalla giurisprudenza della Corte per applicare l’esclusione stabilita all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 non sono riunite. Infatti, da un lato, la disposizione nazionale figurante nella clausola controversa non sarebbe imperativa, poiché si tratta di una disposizione regolamentare o amministrativa che disciplina un interesse variabile e remunerativo inserito su base facoltativa nel contratto da parte del professionista, nel senso che l’IRPH Cajas non si applicherebbe in maniera obbligatoria, indipendentemente dalla scelta delle parti. Dall’altro, tale disposizione non sarebbe suppletiva, in assenza di un corrispondente accordo (38).

74.      Nella specie, nel caso dell’IRPH Cajas figurante nella clausola controversa, emerge dal contesto normativo della presente causa che la seconda disposizione addizionale del decreto del 5 maggio 1994 citato dal giudice del rinvio legittimava la Banca di Spagna a definire, a mezzo di una circolare (la circolare 8/1990, come modificata dalla circolare 5/1994, attualmente abrogata ma in vigore al momento della conclusione del contratto), «un insieme di indici o di tassi di riferimento ufficiali idonei ad essere applicati dagli istituti di credito ai mutui ipotecari a tassi di interesse variabile» (39).

75.      Emerge dalle osservazioni della Bankia che il decreto del 5 maggio 1994 prevedeva, al suo articolo 6, paragrafo 2, che, per i mutui a tasso di interesse variabile soggetti a tale decreto, gli istituti di credito potevano unicamente utilizzare come indici o tassi di riferimento «quelli che soddisfano le due seguenti condizioni: a) che non dipendano esclusivamente dall’istituto di credito stesso e che non possano essere influenzati dal medesimo in forza di accordi o prassi coscientemente paralleli a quelli di altri istituti; b) che i dati alla base dell’indice siano raccolti secondo un metodo matematico oggettivo».

76.      Risulta parimenti dalle osservazioni della Bankia che l’articolo 6, paragrafo 3, punti 1ª e 2ª, del decreto del 5 maggio 1994 prevedeva che, «[p]er i mutui a tasso d’interesse variabile soggetti [a tale decreto], non è obbligatorio comunicare individualmente al mutuatario le variazioni del tasso d’interesse applicabile qualora ricorrano le due seguenti circostanze: 1. sia stato convenuto di utilizzare un indice o un tasso di riferimento ufficiale fra quelli contemplati dalla seconda disposizione addizionale [di tale decreto]; 2. il tasso di interesse applicabile al mutuo sia definito nel modo previsto alla clausola 3 bis, paragrafo 1, lettera a) o b), dell’allegato II [del medesimo]» (40).

77.      A tal riguardo, come esposto dal governo spagnolo nelle sue osservazioni scritte, il decreto del 5 maggio 1994 indicava, nel suo allegato II, intitolato «Clausole finanziarie dei contratti di mutuo ipotecario rientranti nel presente decreto», le informazioni che devono figurare in tali clausole. Emerge da tali osservazioni che il punto 3 bis di tale allegato II, intitolato «Tasso d’interesse variabile», prevedeva segnatamente che, in occasione della definizione del tasso d’interesse variabile, quest’ultimo doveva essere espresso in una delle forme previste in tale disposizione. Il punto 3 bis, lettere a), b) e c), di detto allegato II faceva riferimento alle definizioni del tasso d’interesse variabile che prevedevano l’applicazione di un indice di riferimento oppure, in forza della lettera d) di tale disposizione, «[i]n qualsiasi altra maniera, a condizione di essere chiaro, concreto e comprensibile per il mutuatario e di essere conforme alla legge» (41).

78.      Risulta pertanto, fatte salve eventuali ulteriori verifiche da parte del giudice del rinvio, che la circolare del 5 maggio 1994 non imponeva, per i mutui a tasso d’interesse variabile, l’utilizzazione di uno dei sei indici di riferimento ufficiali, incluso l’IRPH Cajas, ma stabiliva, come si evince dalle disposizioni nazionali citate dalla Bankia nelle sue osservazioni, menzionate al paragrafo 75 delle presenti conclusioni, le condizioni che dovevano essere soddisfatte dagli «indici o tassi di riferimento» per poter essere utilizzati dagli istituti bancari. Pertanto, la scelta delle parti contrattuali non doveva essere effettuata in maniera imperativa fra i sei indici di riferimento ufficiali previsti dalla circolare 8/1990 (42). A tal riguardo, se è ben vero che i sei indici di riferimento ufficiali definiti nella circolare 8/1990 soddisfacevano, in linea di principio, le due condizioni citate, ciò non toglie, fatte salve eventuali ulteriori verifiche da parte del giudice del rinvio, che la Bankia, come risulta dal punto 3 bis, lettera d), dell’allegato II del decreto del 5 maggio 1994 (43), aveva la facoltà di definire il tasso d’interesse variabile «in qualsiasi altra maniera, a condizione di essere chiaro, concreto e comprensibile per il mutuatario e di essere conforme alla legge». È in tale contesto che il giudice del rinvio richiama la possibilità di utilizzare, al momento della conclusione del contratto, ossia il 19 luglio 2001, l’Euribor, istituito in Spagna nel 1999 (44). Occorre ricordare che si evince dal contesto normativo della presente causa che, al momento della conclusione del contratto, l’Euribor non faceva parte dei sei indici ufficiali previsti dalla circolare 8/1990. Tuttavia, come indicato dal giudice del rinvio, l’Euribor avrebbe potuto essere scelto dalla banca quale indice di riferimento al momento della conclusione del contratto.

79.      Tale conclusione è corroborata dalle osservazioni scritte della Bankia, nelle quali essa afferma chiaramente che «l’IRPH non s’impone[va] in maniera obbligatoria alle parti contrattuali» (45).

80.      Infine, occorre sottolineare che la Commissione rileva, nelle sue osservazioni scritte, che il Tribunal Supremo (Corte suprema), nella misura in cui ha esaminato la trasparenza della clausola in questione senza rimettere in discussione l’applicabilità della direttiva 93/13, ha esso stesso implicitamente riconosciuto nella sua sentenza del 14 dicembre 2017 che l’eccezione prevista all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 non si applicava alla clausola contrattuale che prevedeva l’applicazione dell’IRPH Cajas.

81.      Inoltre, la Commissione indica parimenti che la sentenza del 14 dicembre 2017 contiene un’opinione dissenziente redatta da due giudici di tale organo giurisdizionale supremo, il sig. Francisco Javier Orduña Moreno e il sig. Francisco Javier Arroyo Fiestas, secondo la quale «l’oggetto di tale controllo [giurisdizionale] non è l’indice in quanto tale, vale a dire in quanto riflesso di una disposizione legale o amministrativa che l’ufficializza, bensì il suo impiego o la sua utilizzazione in condizioni generali (…)» (46). In tale opinione viene parimenti precisato, per quanto attiene al criterio del carattere imperativo della disposizione nazionale, che «non è questo il caso neanche nella specie, poiché il professionista utilizza uno dei sette indici di riferimento allora autorizzati (fra cui l’indice MIBOR, l’indice CECA e l’Euribor); di conseguenza, l’IRPH Entidades non era l’unico indice che poteva servire da valore di riferimento e la sua applicazione non era imperativa per il professionista» (47).

82.      Alla luce del fatto che l’eccezione sancita all’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretata restrittivamente e fatte salve eventuali ulteriori verifiche da parte del giudice del rinvio, emerge dalle suesposte considerazioni che la clausola controversa rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e che il carattere potenzialmente abusivo di tale clausola contrattuale può essere l’oggetto di un controllo giurisdizionale.

83.      In ogni caso, come ho già indicato al paragrafo 72 delle presenti conclusioni, quand’anche il giudice del rinvio dovesse considerare che le disposizioni applicabili nel procedimento principale fossero obbligatorie per gli istituti bancari, ritengo che la clausola controversa rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13. Infatti, il mero fatto che una disposizione nazionale consenta ad un istituto bancario di includere, in maniera facoltativa, nelle condizioni generali di un contratto di mutuo ipotecario, un indice dopo averlo scelto fra diversi indici di riferimento ufficiali enunciati a tale disposizione è sufficiente, a mio avviso, per ritenere che una siffatta disposizione non sia imperativa ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 e, pertanto, che tale direttiva sia destinata ad applicarsi. Infatti, è chiaro, secondo me, che l’eccezione prevista da tale disposizione non sia applicabile ad una clausola contrattuale che riproduce una disposizione legislativa o regolamentare che restringe o limita l’autonomia della volontà delle parti senza tuttavia eliminarla.

84.      Inoltre, non vedo come uno Stato membro potrebbe affermare che una clausola contrattuale non è abusiva nella misura in cui essa riproduca una disposizione imperativa il cui contenuto è contrario all’effetto utile della direttiva 93/13.

85.      Di conseguenza, alla luce degli elementi che precedono, ritengo che la direttiva 93/13 debba essere interpretata nel senso che una clausola contrattuale conclusa fra un consumatore e un professionista, come quella di cui al procedimento principale, la quale fissa un tasso d’interesse sulla base di uno dei sei indici di riferimento ufficiali legali idonei ad essere applicati dagli istituti di credito ai mutui ipotecari a tassi d’interesse variabile, non è esclusa dall’ambito di applicazione di tale direttiva.

2.      Sulla seconda questione pregiudiziale: la portata e il contenuto del controllo relativo alla trasparenza della clausola controversa, in conformità allarticolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13

86.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 93/13, e segnatamente l’articolo 8 della medesima, osti a che un giudice nazionale possa applicare l’articolo 4, paragrafo 2, di tale direttiva al fine di non valutare il carattere eventualmente abusivo di una clausola contrattuale, formulata in modo chiaro e comprensibile e vertente sull’oggetto principale del contratto, laddove quest’ultima disposizione non sia stata trasposta nel suo ordinamento giuridico dal legislatore nazionale. Il giudice del rinvio chiede inoltre, se del caso, quali siano le informazioni che devono essere comunicate, in conformità all’articolo 4, paragrafo 2, e all’articolo 5 della direttiva 93/13, dal professionista al fine di rispettare il requisito di trasparenza di una clausola contrattuale che fissa un tasso d’interesse sulla base di un indice di riferimento legale come l’IRPH Cajas, la cui formula matematica di calcolo è complessa e poco trasparente per un consumatore medio. Esso chiede, infine, se la mancanza di informazione debba essere considerata sleale.

a)      Sulla seconda questione, lettera a)

87.      Prima di prendere posizione sulla prima parte della seconda questione, la quale verte sull’interpretazione non solo dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, ma anche degli articoli 5 e 8 di tale direttiva, occorre precisare il contesto nel quale tale questione viene sollevata. Inizierò dunque richiamando la giurisprudenza della Corte.

1)      La sentenza Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid

88.      Per quanto riguarda la questione se l’articolo 8 della direttiva 93/13 osti a che un giudice nazionale possa applicare l’articolo 4, paragrafo 2, di tale direttiva al fine di non valutare il carattere eventualmente abusivo di una clausola contrattuale, redatta in termini chiari e comprensibili e vertente sull’oggetto principale del contratto, laddove quest’ultima disposizione non sia stata trasposta nel suo ordinamento giuridico dal legislatore nazionale, tengo anzitutto a sottolineare che la Corte ha già risposto a tale questione nella sentenza Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid (48).

89.      In tale sentenza, la Corte ha anzitutto rilevato, come indicato dal giudice del rinvio nella presente causa, che «risulta dal fascicolo presentato alla Corte [che] la legge n. 7/1998°(49) non ha trasposto nel diritto nazionale l’art[icolo] 4, [paragrafo] 2, della direttiva [93/13]» (50). La Corte ha poi affermato che, nell’ordinamento spagnolo, un giudice nazionale può pertanto in qualsiasi circostanza valutare, nell’ambito di una controversia concernente un contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore, il carattere abusivo di una clausola, non negoziata individualmente, vertente in particolare sull’oggetto principale del suddetto contratto, anche nelle ipotesi in cui tale clausola sia stata predisposta dal professionista in modo chiaro e comprensibile (51). In tali circostanze, la Corte ha infine constatato che, autorizzando un controllo giurisdizionale completo del carattere abusivo delle clausole, come quelle di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva93/13, figuranti in un contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore, «la normativa spagnola (…) permette di garantire al consumatore, conformemente all’art[icolo] 8 [di tale] direttiva, un livello di tutela effettiva più elevato di quello stabilito da quest’ultima» (52).

2)      La posizione del governo spagnolo

90.      Nella presente causa, il governo spagnolo ritiene (53) che, pur se l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 non è effettivamente stato formalmente trasposto nel diritto spagnolo, tale mancanza di trasposizione formale non possa essere interpretata, come fatto dal giudice del rinvio, come una volontà espressa del legislatore spagnolo di consentire il controllo del carattere abusivo degli elementi che vertono sull’oggetto principale del contratto allorché sono formulati in maniera chiara e comprensibile (54). A tal riguardo, siffatto governo fa valere che, dopo la sentenza Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid (55), il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha considerato, nella sua sentenza del 18 giugno 2012 (56), che la volontà del legislatore era stata quella di trasporre l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 nel diritto spagnolo e che la riforma effettuata dalla legge 7/1998 attestava la trasposizione espressa di tale articolo (57).

91.      Non condivido il parere del governo spagnolo a tal riguardo. Infatti, il suo ragionamento è, a mio avviso, in contraddizione con la giurisprudenza della Corte relativa alla trasposizione delle direttive e, segnatamente, con i principi di certezza del diritto, di trasparenza e di leale cooperazione.

3)      Conseguenza della mancata trasposizione dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13

92.      Ai sensi dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, la direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi di attuazione. Ne consegue che il Regno di Spagna, allo stesso titolo di ogni Stato membro, può scegliere la forma e i mezzi per attuare le direttive.

93.      È parimenti noto che la trasposizione delle direttive designa il processo di trasformazione delle direttive in disposizioni di diritto nazionale da parte dell’organo o degli organi legislativi nazionali competenti (58). In tale contesto, il principio di certezza del diritto esige da uno Stato membro che quest’ultimo adotti le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie ad assicurare la trasposizione completa nel diritto nazionale delle disposizioni di una direttiva (59). Anche se tutte le disposizioni di una direttiva non necessitano di essere trasposte in maniera diretta o esplicita, l’obbligo di trasparenza può richiedere, nei fatti, un certo comportamento, segnatamente la comunicazione di determinate informazioni alla Commissione (60). Infatti, «al fondamento dell’obbligo tratto dalla direttiva stessa e dal suo effetto obbligatorio» ai sensi dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, si aggiunge anche «l’obbligo sussidiario» tratto dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE «il quale implica una leale cooperazione fra le autorità nazionali e dell’Unione nell’attuazione delle norme dei Trattati» (61).

94.      Più specificamente, non si deve dimenticare che, nell’ambito dell’interpretazione dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, il quale è stato oggetto di un’abbondante giurisprudenza, se è pacifico che la trasposizione di una direttiva non esige necessariamente un’attività legislativa in ciascuno Stato membro, è tuttavia indispensabile che l’ordinamento nazionale di cui trattasi garantisca effettivamente la piena applicazione della direttiva, che la situazione giuridica scaturente da tale ordinamento sia sufficientemente precisa e chiara e che i destinatari siano posti in grado di conoscere la piena portata dei loro diritti ed eventualmente di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali (62).

95.      La Corte ha già dichiarato a tal riguardo che una giurisprudenza nazionale, ammesso che sia consolidata, che interpreti disposizioni di diritto interno in un senso ritenuto conforme ai precetti di una direttiva non può presentare la chiarezza e la precisione richieste per garantire l’esigenza della certezza del diritto, e che ciò vale in particolare nel campo della tutela dei consumatori (63). Ciò vale a maggior ragione allorché una giurisprudenza nazionale, ben consolidata, interpreta e applica una disposizione di una direttiva che il legislatore nazionale non ha trasposto. Pertanto, una siffatta giurisprudenza nazionale non può presentare la chiarezza e la precisione necessarie per poter costituire un fondamento giuridico appropriato né per disciplinare la tutela dei consumatori oppure, come nella specie, per trasporre l’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13.

96.      Di conseguenza, anche se, leggendo il fascicolo sottoposto alla Corte nella presente causa, capisco che, con le sue sentenze del 18 giugno 2012(64) e del 9 maggio 2013°(65), il Tribunal Supremo (Corte suprema) abbia tentato di porre rimedio ad una giurisprudenza anteriore contraddittoria e di assicurare, segnatamente, la coerenza dell’ordinamento giuridico nazionale, è al legislatore spagnolo che spetta, se del caso, intervenire e adottare le misure idonee qualora desideri trasporre l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, il che, alla luce della giurisprudenza richiamata ai paragrafi 94 e 95 delle presenti conclusioni, non si evince né dalla decisione di rinvio né dalla lettura del fascicolo sottoposto alla Corte.

97.      Inoltre, occorre ricordare, in primo luogo, che risulta da una giurisprudenza costante della Corte che l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 non è una disposizione imperativa e vincolante, la quale deve essere trasposta in maniera obbligatoria in quanto tale dagli Stati membri. Infatti, tale disposizione prevede una limitazione ai diritti che i singoli traggono dal diritto dell’Unione. A tal riguardo, la Corte ha già dichiarato che, al fine di garantire concretamente gli obiettivi di tutela dei consumatori perseguiti da tale direttiva, qualsiasi trasposizione di siffatta disposizione doveva essere completa, di modo che il divieto di valutare il carattere abusivo delle clausole verta unicamente su quelle formulate in modo chiaro e comprensibile (66).

98.      In secondo luogo, come è stato ricordato al paragrafo 89 delle presenti conclusioni, la mancata trasposizione nel diritto interno implica che la normativa spagnola, autorizzando un controllo giurisdizionale completo del carattere abusivo delle clausole figuranti in un contratto concluso fra un professionista e un consumatore, come quelle previste all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, consente di assicurare al consumatore, in conformità all’articolo 8 di tale direttiva, un livello di protezione più elevato rispetto a quello stabilito da detta direttiva, e ciò anche se tale clausola verte sull’oggetto principale del contratto o sul rapporto qualità‑prezzo della prestazione.

99.      In terzo ed ultimo luogo, per quanto riguarda il requisito, secondo il quale una clausola contrattuale deve essere formulata in modo chiaro e comprensibile, in conformità all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, secondo una giurisprudenza costante tale requisito è parimenti richiamato all’articolo 5 di tale direttiva (67) e, di conseguenza, come sottolineato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, il controllo relativo alla trasparenza della clausola fa parte della valutazione del carattere abusivo ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva. Pertanto, i giudici spagnoli sono tenuti, nell’ambito della valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali in conformità all’articolo 3, paragrafo 1, della medesima direttiva, ad esaminare la trasparenza di tali clausole, in forza dell’articolo 5 di tale direttiva.

100. In tali circostanze, ritengo che l’articolo 8 della direttiva 93/13 osti a che un giudice nazionale possa applicare l’articolo 4, paragrafo 2, di tale direttiva al fine di non valutare il carattere eventualmente abusivo di una clausola, come quella di cui al procedimento principale, formulata in modo chiaro e comprensibile e vertente sull’oggetto principale del contratto, laddove tale disposizione non è stata trasposta nel suo ordinamento giuridico da parte del legislatore nazionale.

b)      Sulla seconda questione, lettere b) e c)

101. Con la seconda e con la terza parte della seconda questione si chiede quali siano le informazioni che devono essere comunicate dal professionista al fine di rispettare, in conformità all’articolo 4, paragrafo 2, e all’articolo 5 della direttiva 93/13, il requisito di trasparenza di una clausola contrattuale che fissa un tasso d’interesse sulla base di un indice legale come l’IRPH Cajas, la cui formula matematica di calcolo è complessa e poco trasparente per un consumatore medio. Il giudice del rinvio chiede parimenti se la mancanza di informazione debba essere considerata sleale.

102. A tal riguardo, il governo spagnolo e la Bankia fanno valere che, poiché l’IRPH Cajas era un indice ufficiale pubblicato mensilmente nel Boletín Oficial del Estado ed era assoggettato alla circolare 8/1990, la clausola controversa contiene la definizione dell’IRPH Cajas stabilita dalla normativa nazionale (68). Il governo spagnolo sottolinea parimenti che tale circolare stabiliva la formula di calcolo dell’IRPH Cajas nonché le informazioni che dovevano esser fornite dall’istituto bancario al consumatore prima della conclusione del contratto di mutuo ipotecario (69).

103. Benché il governo spagnolo concordi sul fatto che le informazioni fornite al consumatore dall’istituto bancario debbano effettivamente contenere una spiegazione sufficiente per quanto riguarda non soltanto gli elementi che compongono l’indice di riferimento scelto ma anche l’andamento passato di tale indice, esso ritiene che l’obbligo di informare il consumatore del funzionamento concreto dell’indice di riferimento, vale a dire del suo metodo esatto di calcolo, non sarebbe utile, poiché la formula matematica applicabile renderebbe le informazioni meno comprensibili e dunque meno trasparenti per il consumatore. Tale governo sostiene parimenti che un parere sull’andamento futuro possibile non possa essere chiesto, in quanto, da un lato, l’istituto bancario non dispone di tale informazione e, dall’altro, è al momento della conclusione del contratto che il carattere abusivo di una clausola deve essere valutato. Orbene, in tale momento, l’andamento futuro sarebbe irrilevante. Infine, tale governo sottolinea che non si può essere tenuti ad includere nella pubblicità destinata ai consumatori i grafici che illustrano l’andamento passato dell’IRPH Cajas rispetto all’Euribor.

104. Come ho già indicato ai paragrafi da 95 a 101 delle presenti conclusioni e come si evince dalla decisione di rinvio e dal fascicolo della causa sottoposto alla Corte, il legislatore spagnolo non ha trasposto l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 nel diritto interno. Ne consegue, a mio avviso, che i giudici spagnoli sono tenuti, nell’ambito della valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali in conformità all’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, ad esaminare la trasparenza di tali clausole, in forza dell’articolo 5 della suddetta direttiva(70).

105. Qualora la Corte pervenga a questa stessa conclusione, occorrerà specificare le informazioni che l’istituto bancario deve comunicare ai consumatori nell’ambito del controllo relativo alla trasparenza. Prima di individuarle, illustrerò la giurisprudenza della Corte concernente il livello di informazione richiesto nell’ambito dell’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 2, e dell’articolo 5 della direttiva 93/13.

1)      Richiamo della giurisprudenza della Corte relativa alla portata del livello di informazione richiesto nell’ambito dell’obbligo di trasparenza delle clausole contrattuali tratto dall’articolo 4, paragrafo 2, e dell’articolo 5 della direttiva 93/13

106. Occorre ricordare anzitutto che la Corte ha dichiarato in più occasioni, in relazione all’articolo 5 della direttiva 93/13, che le informazioni, prima della conclusione di un contratto, in merito alle condizioni contrattuali ed alle conseguenze di detta conclusione, sono, per un consumatore, di fondamentale importanza. È segnatamente in base a tali informazioni che quest’ultimo decide se desidera vincolarsi alle condizioni preventivamente redatte dal professionista (71). Occorre parimenti ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte a partire dalla sentenza Kásler e Káslerné Rábai (72), l’obbligo di trasparenza delle clausole contrattuali, quale risulta dall’articolo 4, paragrafo 2, e dell’articolo 5 direttiva 93/13, non può essere limitato unicamente al carattere comprensibile sui piani formale e grammaticale di queste ultime. Al contrario, poiché il sistema di tutela istituito da detta direttiva poggia sull’idea che il consumatore versi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista per quanto concerne, in particolare, il livello di informazione, siffatto obbligo di redazione chiara e comprensibile delle clausole contrattuali e, pertanto, di trasparenza, imposto dalla stessa direttiva, deve essere inteso in maniera estensiva (73).

107. Di conseguenza, secondo la Corte, il requisito secondo cui una clausola contrattuale deve essere redatta in modo chiaro e comprensibile deve essere inteso nel senso che impone anche che il contratto esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo al quale si riferisce la clausola in parola nonché, se del caso, il rapporto fra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole, di modo che tale consumatore sia posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano (74).

108. La Corte ha parimenti dichiarato che tale questione deve essere esaminata dal giudice del rinvio alla luce dell’insieme dei pertinenti elementi di fatto, tra cui la pubblicità e l’informazione fornite dal mutuante nell’ambito della negoziazione di un contratto di mutuo (75). La Corte ha segnatamente precisato che spetta al giudice nazionale, quando valuta tutte le circostanze ricorrenti al momento della conclusione del contratto, verificare che, nella causa in discussione, sia stato comunicato al consumatore il complesso degli elementi idonei a incidere sulla portata del suo impegno e che gli consentono di valutare, segnatamente, il costo totale del suo mutuo. La Corte ha peraltro individuato gli elementi che svolgono un ruolo determinante in tale valutazione, segnatamente, da un lato, la questione di accertare se le clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile tale da consentire a un consumatore medio, ossia un consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, di valutare un costo del genere e, d’altro lato, la circostanza collegata alla mancata menzione nel contratto di credito delle informazioni considerate come essenziali alla luce della natura dei beni o dei servizi che costituiscono l’oggetto del suddetto contratto (76).

109. È alla luce di tali circostanze che devono essere risolte le questioni sottoposte dal giudice del rinvio.

2)      Applicazione al caso di specie

110. Alla luce della giurisprudenza richiamata ai paragrafi precedenti, spetta al giudice del rinvio effettuare le verifiche necessarie al fine di stabilire, alla luce dell’insieme degli elementi di fatto rilevanti ricorrenti al momento della conclusione del contratto, inclusa la pubblicità e le informazioni fornite dall’istituto bancario nell’ambito della negoziazione del contratto di mutuo, se le informazioni comunicate erano sufficienti per consentire ad un consumatore medio di comprendere il metodo di calcolo del tasso d’interesse variabile applicabile a detto mutuo e, di conseguenza, di valutare il costo totale del suo mutuo (77) oppure se, al contrario, tenuto conto segnatamente del fatto che si trattava di un mutuo ipotecario, altri elementi considerati essenziali avrebbero dovuto essere comunicati.

111. Più precisamente, le informazioni in relazione alle quali il giudice del rinvio chiede se esse debbano necessariamente essere trasmesse ai consumatori da parte dell’istituto bancario per la comprensione delle conseguenze economiche della clausola controversa riguardano i) la formula matematica concreta di calcolo dell’IRPH Cajas (segnatamente il fatto che tale indice di riferimento include le commissioni e altre spese oltre all’interesse nominale e che si tratta di una media semplice non ponderata) (78); ii) l’obbligo per gli istituti bancari di applicare un margine negativo in conformità alla normativa nazionale (79); iii) il fatto che le informazioni fornite non sono pubbliche, contrariamente all’Euribor; iv) l’andamento dell’IRPH Cajas nel passato, e v) la previsione dell’andamento futuro dell’indice di riferimento rispetto ad altri indici di riferimento ufficiali, segnatamente l’Euribor (80).

112. È vero, come constatato dal giudice del rinvio, che la clausola controversa è chiara e comprensibile sotto il profilo grammaticale, nel senso che consente al consumatore medio di comprendere ed accettare che il tasso d’interesse variabile applicabile al suo mutuo ipotecario sia calcolato facendo riferimento ad un indice di riferimento ufficiale (l’IRPH Cajas). Tale clausola consente parimenti al consumatore di comprendere, da un lato, che tale indice di riferimento è definito come «il tasso medio dei mutui ipotecari di durata superiore a tre anni finalizzati all’acquisto di un’abitazione a prezzo di mercato concessi dalle casse di risparmio» e, dall’altro, che detto indice è «arrotondato per eccesso ad un quarto di punto percentuale, e aumentato di 0,25 punti percentuali» (IRPH Cajas + margine o differenziale).

113. Tuttavia, resta da stabilire se la clausola controversa soddisfi il requisito di trasparenza imposto dalla direttiva 93/13, in particolare alla luce dell’obbligo risultante dalla giurisprudenza della Corte illustrata al paragrafo 107 delle presenti conclusioni, secondo il quale il contratto deve esporre «in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo al quale si riferisce la clausola in parola». In tale contesto, potrebbe porsi la seguente questione: se, per comprendere il metodo di calcolo del tasso d’interesse applicabile al mutuo ipotecario, dal quale risulta che il consumatore deve pagare la somma risultante dall’addizione dell’indice di riferimento e del margine (IRPH Cajas + margine o differenziale), occorra che il consumatore medio sia in grado di comprendere anche il funzionamento esatto dell’indice di riferimento contenuto in tale metodo di calcolo.

114. La risposta a tale questione, la quale è logicamente affermativa, è tuttavia irrilevante allorché si tratta di stabilire se l’obbligo della redazione chiara e comprensibile delle clausole contrattuali e, dunque, di trasparenza, imposto dalla direttiva 93/13 sia stato rispettato dall’istituto bancario. Infatti, non si deve confondere l’obbligo di trasparenza delle clausole contrattuali imposto da tale direttiva, la cui finalità consiste nel consentire al consumatore medio di valutare le conseguenze economiche del suo prestito, con l’obbligo di consulenza, il quale non è previsto da detta direttiva.

115. Inoltre, come spiegherò nel prosieguo, anche se ritengo che la giurisprudenza menzionata al paragrafo 107 delle presenti conclusioni rivesta un’importanza particolare per la presente causa, differenze fattuali distinguono la presente causa da quelle sfociate, segnatamente, nelle sentenze Kásler e Káslerné Rábai (81) e Andriciuc e a. (82). Tali differenze mi portano ad attenuare le conseguenze da trarre da tale giurisprudenza per il procedimento principale,.

116. In primo luogo, le cause sfociate nelle sentenze Kásler e Káslerné Rábai (83) e Andriciuc e a. (84) vertevano su contratti di mutuo redatti in una valuta estera, il franco svizzero (CHF), le cui clausole in esame facevano gravare il rischio di cambio interamente sul mutuatario (85). In tale contesto, dichiarando che è necessario intendere l’obbligo di trasparenza «nel senso di imporre (…) che il contratto esponga in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo (…) al quale si riferisce la clausola in parola», la Corte si è espressamente riferita al «meccanismo di conversione della valuta estera» nonché al «rapporto fra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole relative all’erogazione del mutuo» (86), di modo che il consumatore sia posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi ed intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano (87).

117. In secondo luogo, secondo la Corte, tale obbligo di trasparenza delle clausole contrattuale implica che un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, possa non solo essere a conoscenza della «possibilità di apprezzamento o deprezzamento della valuta estera» nella quale il prestito è stato contratto, ma anche «valutare le conseguenze economiche, potenzialmente significative, di una tale clausola sui suoi obblighi finanziari» (88). Infatti, da un lato, il mutuatario deve essere chiaramente informato del fatto che, sottoscrivendo un contratto di mutuo stipulato in una valuta estera, si espone a un rischio di cambio che gli sarà, eventualmente, economicamente difficile sostenere in caso di svalutazione della moneta nella quale egli percepisce il proprio reddito. Dall’altro lato, l’istituto bancario deve esporre le possibili variazioni dei tassi di cambio e i rischi inerenti alla sottoscrizione di un mutuo in valuta estera, segnatamente nell’ipotesi in cui il consumatore mutuatario non percepisca il proprio reddito in tale valuta (89).

118. A mio avviso, l’espressione «le conseguenze economiche, potenzialmente significative» costituisce uno degli elementi chiave di tale giurisprudenza. Infatti, tali conseguenze costituiscono il fondamento dell’obbligo per gli istituti bancari di fornire ai consumatori informazioni sufficienti a consentire a questi ultimi di assumere le proprie decisioni con prudenza e in piena cognizione di causa (90). Ciò significa che l’obbligo di trasparenza imposto dalla direttiva 93/13 è inteso non solo ad evitare le conseguenze economiche, potenzialmente significative, per il consumatore, ma anche che tali conseguenze non siano né aleatorie né imprevedibili. Infatti, il consumatore medio deve essere in grado di prevedere il costo del suo mutuo senza essere esposto ad un rischio imprevedibile di variazione dell’onere economico che ne risulta.

119. Per contro, contrariamente al contratto di mutuo ipotecario concluso nella valuta straniera, il quale, considerato il rischio di cambio gravante sul mutuatario, può avere conseguenze economiche, potenzialmente significative, che gli sarà difficile assumere (91), nella presente causa, le conseguenze economiche risultanti dal mutuo ipotecario di cui al procedimento principale, il cui tasso d’interesse variabile è calcolato sulla base di un indice di riferimento ufficiale, non possono essere qualificate come «potenzialmente significative» nel senso della giurisprudenza della Corte. Infatti, l’onere economico che discendeva dal mutuo era prevedibile e calcolabile per il consumatore, il quale era in grado di valutarlo prima della conclusione del contratto. Di conseguenza, a parte il fatto che il suo prestito è assoggettato ad un tasso d’interesse variabile, il ricorrente nel procedimento principale non è esposto ad un rischio imprevedibile di variazione dell’onere economico risultante dal suo mutuo.

120. Infatti, anche se il ricorrente nel procedimento principale non era in grado di comprendere il modo concreto di funzionamento di uno degli elementi del metodo di calcolo del tasso d’interesse variabile applicabile al suo mutuo, ossia dell’IRPH Cajas, la cui modalità di funzionamento non risulta dal testo della clausola controversa, egli era in grado di comprendere, sulla base del contratto di mutuo, che, per ciascun rimborso, egli doveva pagare un prezzo determinato, più o meno stabile, ossia la somma risultante dall’addizione dell’IRPH Cajas e di un margine.

121. Come ho indicato ai paragrafi 113 e 114 delle presenti conclusioni, sono dell’avviso che il consumatore medio, per poter ritenere che egli abbia realmente compreso la modalità di calcolo del tasso d’interesse variabile applicabile al suo mutuo al quale si riferisce la clausola controversa, debba essere in grado di accedere ad un’informazione importante, alla luce della natura dei beni o dei servizi che sono oggetto di tale contratto, ossia il fatto che l’IRPH Cajas è un tasso annuale effettivo dei contratti conclusi dalle casse di risparmio per il mese di riferimento. Orbene, la formula matematica concreta di calcolo di tale indice figurava, al momento della conclusione del contratto, non nella clausola controversa bensì all’allegato VIII, paragrafo 2, della circolare 8/1990.

122. Tuttavia, non può ritenersi che il ricorrente nel procedimento principale non sia stato «posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano» (92), dal momento che, fatte salve eventuali ulteriori verifiche da parte del giudice del rinvio, da un lato, questi era a conoscenza del fatto che l’importo dei rimborsi da pagare era la somma risultante dall’addizione dell’IRPH Cajas e del margine e, dall’altro, le informazioni relative al funzionamento concreto dell’IRPH Cajas erano accessibili grazie alla loro pubblicazione nel Boletín Oficial del Estado. Infatti, nella misura in cui tale equazione matematica di calcolo dell’IRPH Cajas era accessibile al pubblico, il consumatore poteva comprendere, da un lato, che l’IRPH Cajas utilizzato per calcolare il tasso d’interesse variabile del suo contratto era la somma della (i) media degli indici utilizzati dalle casse di risparmio per il mese di riferimento, della (ii) media dei margini aggiunti a tali indici dagli stessi istituti, e della (iii) media delle commissioni e delle spese inerenti a queste stesse operazioni e, dall’altro, che a tale somma, la quale costituiva l’IRPH Cajas, l’istituto bancario aggiungeva le commissioni e le spese connesse al mutuo.

123. Inoltre, il fatto che l’IRPH Cajas sia un indice di riferimento ufficiale pubblicato nel Boletín Oficial del Estado consente di presumere che sia relativamente facile per un consumatore medio accedere ai sistemi di calcolo dei diversi indici ufficiali e comparare le diverse opzioni proposte dagli istituti bancari. Non si può pertanto esigere dalla banca che essa proponga diversi indici di riferimento ai consumatori. Infatti, l’obbligo di informazione al quale si riferisce la giurisprudenza della Corte non è un obbligo di consulenza e, pertanto, esso non implica affatto l’obbligo per l’istituto bancario di utilizzare o proporre al consumatore diversi indici ufficiali.

124. L’insieme delle considerazioni che precedono mi induce a concludere che l’istituto bancario ha rispettato il requisito di trasparenza imposto dalla direttiva 93/13. Tuttavia, spetta al giudice del rinvio procedere alle verifiche necessarie a tal riguardo, verificando segnatamente se la Bankia abbia comunicato al ricorrente nel procedimento principale, prima della conclusione del contratto di mutuo, informazioni sufficienti a consentirgli di adottare la sua decisione con prudenza e con piena cognizione di causa. Pertanto, incombe a tale giudice, tenendo conto dell’insieme dei fatti rilevanti ricorrenti al momento della conclusione del contratto, inclusa la pubblicità e le informazioni fornite dalla Bankia nell’ambito della negoziazione di tale contratto, verificare se tale istituto bancario abbia rispettato gli obblighi di informazione previsti dalla circolare 8/1990.

125. In tali circostanze, per guidare il giudice del rinvio in tali verifiche, occorre considerare che le informazioni che devono essere comunicate dal professionista al fine di rispettare, in conformità all’articolo 4, paragrafo 2, e all’articolo 5 della direttiva 93/13, il requisito di trasparenza di una clausola contrattuale che fissa un tasso d’interesse variabile sulla base di un indice di riferimento legale come l’IRPH Cajas, la cui formula matematica di calcolo è complessa e poco trasparente per il consumatore medio, devono, da un lato, essere sufficienti a consentire al consumatore di prendere la propria decisione con prudenza e con piena cognizione di causa per quanto riguarda il metodo di calcolo del tasso d’interesse applicabile al contratto di mutuo ipotecario e gli elementi che lo compongono, precisando non solo la definizione completa dell’indice di riferimento utilizzato da detto metodo di calcolo ma anche le disposizioni della normativa nazionale rilevanti che determinano tale indice e, dall’altro, avere ad oggetto l’andamento passato dell’indice di riferimento scelto (93).

126. Incombe tuttavia al giudice nazionale, in occasione del controllo relativo alla trasparenza della clausola controversa, tenendo conto dell’insieme delle circostanze ricorrenti al momento della conclusione del contratto, verificare, da un lato, se il contratto esponga in maniera trasparente tale metodo di calcolo del tasso d’interesse, di modo che tale consumatore sia stato posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano, e, dall’altro, se tale contratto rispetti tutti gli obblighi di informazione previsti dalla normativa nazionale.

127. Infine, occorre considerare che, qualora il giudice del rinvio dovesse concludere che il requisito della redazione chiara e comprensibile delle clausole contrattuali e, pertanto, di trasparenza, sia stato rispettato alla luce degli elementi che la Corte fornirà in risposta alle questioni sollevate, ciò non toglie che la clausola controversa deve, in ogni caso, essere oggetto di una valutazione concernente il suo carattere eventualmente abusivo nel merito, tenuto conto dell’esistenza eventuale di uno squilibrio significativo creato a danno del consumatore tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto (94). In tale contesto, spetta al giudice nazionale stabilire, tenendo conto dei criteri enunciati all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 5 della direttiva 93/13, se, alla luce delle circostanze proprie della presente causa (95), una clausola come quella di cui al procedimento principale soddisfi parimenti i requisiti di buona fede e di equilibrio imposti da tale direttiva (96). Tale questione eccede tuttavia l’oggetto della presente domanda di pronuncia pregiudiziale e mi asterrò pertanto dall’approfondirla ulteriormente.

128. Alla luce della proposta di risposta alla seconda questione, lettera b), ritengo che non sia necessario rispondere a tale questione, lettera c), con la quale si chiede se la mancanza di informazione debba essere considerata sleale (97), né alla terza questione, avente ad oggetto le conseguenze dell’accertamento del carattere abusivo di tale clausola.

VI.    Conclusione

129. Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alle questioni pregiudiziali sollevate dallo Juzgado de Primera Instancia n. 38 de Barcelona (tribunale di primo grado n. 38 di Barcellona, Spagna):

1)      La direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, deve essere interpretata nel senso che una clausola contrattuale conclusa fra un consumatore e un professionista, come quella di cui al procedimento principale, la quale fissa un tasso d’interesse sulla base di uno dei sei indici di riferimento ufficiali e legali idonei ad essere applicati dagli istituti di credito ai mutui ipotecari a tasso d’interesse variabile, non è esclusa dall’ambito di applicazione di tale direttiva.

2)      L’articolo 8 della direttiva 93/13 osta a che un giudice nazionale possa applicare l’articolo 4, paragrafo 2, di tale direttiva al fine di non valutare il carattere eventualmente abusivo di una clausola, come quella di cui al procedimento principale, formulata in modo chiaro e comprensibile, e vertente sull’oggetto principale del contratto, laddove tale disposizione non sia stata trasposta nel suo ordinamento giuridico dal legislatore nazionale.

Le informazioni che devono essere comunicate al consumatore da parte del professionista al fine di rispettare, in conformità all’articolo 4, paragrafo 2, e all’articolo 5 della direttiva 93/13, il requisito relativo alla trasparenza di una clausola contrattuale che fissa un tasso d’interesse variabile sulla base di un indice di riferimento legale come l’indice di riferimento dei mutui ipotecari ufficiali delle casse di risparmio (IRPH Cajas), la cui formula matematica di calcolo è complessa e poco trasparente per un consumatore medio, devono:

–        da un lato, essere sufficienti a consentire al consumatore di prendere la propria decisione con prudenza e con piena cognizione di causa per quanto attiene al metodo di calcolo del tasso d’interesse applicabile al contratto di mutuo ipotecario e gli elementi che lo compongono, precisando non solo la definizione completa dell’indice di riferimento utilizzato da detto metodo di calcolo ma anche le disposizioni della normativa nazionale rilevanti che determinano tale indice e,

–        dall’altro, vertere sull’andamento passato dell’indice di riferimento scelto.

Incombe tuttavia al giudice nazionale, in occasione del controllo della trasparenza della clausola controversa, tenendo conto dell’insieme delle circostanze ricorrenti al momento della conclusione del contratto, verificare se il contratto, da un lato, esponga in maniera trasparente tale metodo di calcolo del tasso d’interesse, di modo che tale consumatore sia stato posto in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano, e, dall’altro, rispetti tutti gli obblighi di informazione previsti dalla normativa nazionale.


1      Lingua originale: il francese.


2      I primi scritti cuneiformi dell’antica Mesopotamia attestano l’esistenza di contratti di mutuo. In ogni caso, esistono prove relative all’esistenza di prestiti con interessi che risalgono al periodo sumero (dal 3000 a.C. al 1900 a. C.), e diverse normative politiche imponevano limiti massimi per quanto riguarda tali interessi (il più comune, in diversi periodi, era del 33,3% in cereali e del 20% in denaro). Il Codice di Hammurabi, verso il 1800 a. C., faceva espressamente riferimento a limiti sui tassi d’interesse, nonché alla disciplina dettagliata dei medesimi e alle conseguenze del loro omesso pagamento. V. Santamaría Aquilué, R., El tipo de interés en las operaciones de préstamo: a vueltas con la usura, UPNA, Pamplona, 2014, pag. 6 e 7.


3      Direttiva del Consiglio del 5 aprile 1993 concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).


4      BOE n. 287, del 30 novembre 2007, pag. 49181.


5      BOE n. 112, dell’11 maggio 1994, pag. 14444.


6      BOE n. 261, del 1o novembre 1995, pag. 31794.


7      V. paragrafo 21 delle presenti conclusioni.


8      BOE n. 261, del 29 ottobre 2011, pag. 113242.


9      BOE n. 226, del 20 settembre 1990, pag. 27498.


10      BOE n. 184, del 3 agosto 1994, pag. 25106. Tale circolare prevedeva un totale di sei indici: l’IRPH Bancos, l’IRPH Cajas, l’IRPH Entidades, l’indice CECA (indice della confederazione delle casse di risparmio spagnole), il tasso di rendimento interno sul mercato secondario del debito pubblico con durata residua da due a sei anni e il tasso in vigore sul mercato interbancario di Madrid (in inglese: «Madrid InterBank Offered Rate»; in prosieguo: il «MIBOR»). Il MIBOR è scomparso a seguito dell’instaurazione in Spagna, nel 1999, del tasso interbancario di offerta in euro (in prosieguo: l’«Euribor»), in lingua inglese: l’«Euro Interbank offered Rate» («Euribor»).


11      BOE n. 161, del 6 luglio 2012, pag. 48855.


12      BOE n. 233, del 28 settembre 2013, pag. 78787.


13      Al momento della conclusione del contratto, l’Euribor non era uno degli indici di riferimento ufficiali previsti dalla circolare 8/1990. Tuttavia, emerge dalle osservazioni del governo spagnolo che un indice di riferimento ufficiale connesso al comportamento dell’Euribor è stato introdotto dalla Circular 7/1999 del Banco de España, a Entidades de crédito, sobre modificación de la Circular 8/1990 (circolare 7/1999 della Banca di Spagna all’attenzione degli istituti di credito recante modifica della circolare 8/1990), del 29 giugno 1999 (BOE n. 163, del 9 luglio 1999, pag. 26016).


14      Sentenza del 20 settembre 2017 (C‑186/16, EU:C:2017:703, punti 28, 29 e 31).


15      Sentenza del 10 settembre 2014 (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punti da 77 a 79).


16      Sentenza del 14 dicembre 2017 (ES:TS:2017:4308) (in prosieguo: la «sentenza del 14 dicembre 2017»).


17      Emerge dalle osservazioni della Bankia che il contratto di mutuo ipotecario di cui al procedimento principale prevedeva un tasso d’interesse variabile del 5,25% per i primi sei mesi e, per la durata residua del mutuo, un tasso d’interesse variabile indicizzato all’IRPH Cajas maggiorato di un margine dello 0,25 punti percentuali. Essa indica parimenti che è stato fissato un termine di rimborso di 300 mesi (25 anni) e che, a partire dalla data di sottoscrizione del mutuo ipotecario, il mutuatario paga gli importi convenuti.


18      Secondo il giudice del rinvio, l’IRPH Cajas è un indice di riferimento dei mutui ipotecari regolato, normativo e, di conseguenza, legale. V. paragrafi da 17 a 19 delle presenti conclusioni.


19      Emerge dalle osservazioni scritte del governo spagnolo che la disposizione transitoria unica del decreto 2899/2011 prevedeva che l’IRPH Cajas, l’IRPH Bancos e l’indice CECA avrebbero continuato ad essere pubblicati e sarebbero stati considerati idonei a tutti i fini fintantoché non fosse stato istituito un regime transitorio per i mutui di cui trattasi. Tuttavia, secondo tale governo, siffatti indici di riferimento non potevano essere applicati dagli istituti di credito nei nuovi contratti di mutui ipotecari.


20      Nella specie, l’indice di riferimento sostitutivo nel contratto di prestito era l’indice CECA, il quale ha parimenti cessato di essere uno degli indici ufficiali di riferimento all’entrata in vigore del decreto 2899/2011 e della circolare 5/2012. V. paragrafi 21 e 28 delle presenti conclusioni.


21      V. paragrafi da 22 a 25 delle presenti conclusioni.


22      V. quarto comma della motivazione della circolare 5/1994. V., parimenti, paragrafo 17 delle presenti conclusioni.


23      Tale giudice rimanda ai seguenti indirizzi Internet: http://www.sindic.cat/site/unitFiles/3937/Informe%20IRPH_castella_ok.pdf e https://www.bde.es/f/webbde/Secciones/Publicaciones/Folletos/Fic/Guia_hipotecaria_2013.pdf.


24      La Commissione attira l’attenzione sul fatto che «tale sentenza, benché costituisca un’interpretazione di disposizioni della direttiva 93/13 da parte di un giudice di ultimo grado, è stata emessa senza che la questione pregiudiziale in oggetto sia stata sottoposta alla Corte di giustizia».


25      Il corsivo è mio.


26      Il Tribunal Supremo (Corte suprema) si è basato a tal riguardo sulle considerazioni svolte dalla Corte ai punti 53 e 54 della sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703).


27      V. sentenze del 17 luglio 1997, Krüger (C‑334/95, EU:C:1997:378, punti 22 e 23); dell’8 dicembre 2011, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑157/10, EU:C:2011:813, punto 18), nonché del 21 dicembre 2016, Ucar e Kilic (C‑508/15 e C‑509/15, EU:C:2016:986, punto 51).


28      Ricordo che, «conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva [93/13], il carattere abusivo di una clausola contrattuale dev’essere valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione» [sentenze del 4 giugno 2009, Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350, punto 39); del 9 novembre 2010, VB Pénzügyi Lízing (C‑137/08, EU:C:2010:659, punto 42); del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 71), nonché del 26 gennaio 2017, Banco Primus (C‑421/14, EU:C:2017:60, punto 61). Su tale questione, v., parimenti, le mie conclusioni nelle cause Abanca Corporación Bancaria e Bankia (C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2018:724, paragrafo 70)].


29      Lo stesso governo spagnolo indica, ai punti 8 e 17 delle sue osservazioni scritte, che la clausola controversa nel procedimento principale è quella che prevede l’IRPH Cajas e che il decreto del 5 maggio 1994 era applicabile al momento della conclusione del mutuo ipotecario oggetto del presente rinvio pregiudiziale.


30      V., in tal senso, sentenza del 3 aprile 2019, Aqua Med (C‑266/18, EU:C:2019:282, punto 28).


31      Sentenza del 21 marzo 2013 (C‑92/11, EU:C:2013:180).


32      Sentenza del 21 marzo 2013, RWE Vertrieb (C‑92/11, EU:C:2013:180, punto 25).


33      V. sentenze del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 78), e del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 28). Secondo la Corte, tale esclusione dell’applicazione del regime della direttiva 93/13 trova la sua giustificazione nel fatto che, in linea di principio, si può legittimamente muovere dal presupposto che il legislatore nazionale abbia stabilito un equilibrio tra l’insieme dei diritti e degli obblighi dei contraenti di determinati contratti. V. altresì sentenze del 21 marzo 2013, RWE Vertrieb (C‑92/11, EU:C:2013:180, punto 28), e del 20 settembre 2018, OTP Bank e OTP Faktoring (C‑51/17, EU:C:2018:750, punto 53).


34      V. sentenza del 21 marzo 2013, RWE Vertrieb (C‑92/11, EU:C:2013:180, punto 26). V., parimenti, sentenze del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 76), e del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 27). V, parimenti, considerando 13 della direttiva 93/13.


35      V., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 30), nonché conclusioni dell’avvocato generale Wahl (C‑186/16, EU:C:2017:313, paragrafo 59). V., parimenti, sentenza del 26 gennaio 2017, Banco Primus (C‑421/14, EU:C:2017:60, punti 69 e 70).


36      V. sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 31), e del 10 settembre 2014, Kušionová (C‑34/13, EU:C:2014:2189, punto 77).


37      V. paragrafo 83 delle presenti conclusioni.


38      La dottrina spagnola che ha commentato la sentenza del 14 dicembre 2017 ritiene che si tratti di una disposizione che non è né imperativa né suppletiva. V. Cámara Lapuente, S., «IRPH y STS 14.12.2017: dos colosos con pies de barro. El art. 1.2 de la Directiva 93/13 no blinda en realidad cualquier cláusula que reproduzca “normas”. Transparencia lejos del suelo», Comentarios a las Sentencias de Unificación de Doctrina (Civil y Mercantil), Mariano Yzquierdo Tolsada (a cura di), n. 9, Dykinson, 2017, pag. da 211 a 236, in particolare pag. 219 e 222.


39      V. paragrafo 15 delle presenti conclusioni. Il corsivo è mio.


40      Il corsivo è mio.


41      V. punto 18 delle osservazioni del governo spagnolo.


42      Emerge dal contesto normativo della presente causa che, fra i sei indici di riferimento ufficiali previsti nella circolare 8/1990, oltre agli indici di riferimento già menzionati (l’IRPH Bancos, l’IRPH Cajas e l’IRPH Entidades), figuravano i tre altri indici di riferimento seguenti: l’indice CECA, il tasso di rendimento interno sul mercato secondario del debito pubblico con durata residua da due a sei anni e il MIBOR. Quest’ultimo è scomparso a seguito dell’introduzione in Spagna, nel 1999, dell’Euribor. Come risulta dalle osservazioni scritte del governo spagnolo, un indice di riferimento ufficiale supplementare collegato al comportamento dell’Euribor è stato introdotto dalla circolare 7/1999 della Banca di Spagna. V. nota 13 delle presenti conclusioni.


43      V. paragrafo 77 delle presenti conclusioni.


44      V. note 13 e 42 delle presenti conclusioni.


45      Il corsivo è mio. Secondo la Bankia, il carattere imperativo dell’IRPH è dovuto al fatto che, una volta scelto, tale indice è incorporato nel contratto di mutuo ipotecario nel suo insieme, senza modifica contrattuale, contratto al quale le parti non possono sottrarsi. Non concordo con tale argomento. A mio avviso, anche se l’istituto bancario non può imporre in una clausola redatta preventivamente né la definizione di un indice di riferimento ufficiale né la sua modalità di calcolo, esso può sempre imporre il margine che si applica all’indice, come avviene nel procedimento principale, nel quale, nonostante le raccomandazioni della Banca di Spagna relative all’applicazione di un margine negativo per allineare il TAEG di tale operazione a quello del mercato, la Bankia aveva scelto di applicare un margine positivo di 0,25 punti percentuali.


46      Il corsivo è mio.


47      Il corsivo è mio.


48      Sentenza del 3 giugno 2010 (C‑484/08, EU:C:2010:309, punto 44). Le questioni pregiudiziali in tale causa erano sollevate dal Tribunal Supremo (Corte suprema).


49      La Ley 7/1998 sobre condiciones generales de la contratación (legge 7/1998 relativa alle condizioni generali di contratto), del 13 aprile 1998 (BOE n. 89, del 14 aprile 1998).


50      Sentenza del 3 giugno 2010, Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid (C‑484/08, EU:C:2010:309, punto 41).


51      V. sentenza del 3 giugno 2010, Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid (C‑484/08, EU:C:2010:309, punto 42).


52      Sentenza del 3 giugno 2010, Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid (C‑484/08, EU:C:2010:309, punto 43).


53      Tale posizione è condivisa dalla Bankia, la quale sostiene che «secondo una corrente dottrinale e giurisprudenziale, l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 è stato effettivamente trasposto nell’ordinamento giuridico spagnolo».


54      A sostegno di tale argomento, il governo spagnolo ha allegato alle sue osservazioni scritte un articolo di dottrina che sottolinea che la mancata trasposizione dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 da parte della legge 7/1998 è dovuta, effettivamente, «ad un errore commesso per negligenza in occasione del voto parlamentare, il quale ha comportato l’eliminazione della formulazione letterale di detta disposizione dal testo giuridico». Secondo tale autore, siffatto errore non è stato corretto dalle riforme legislative successive, ed egli precisa parimenti che, da allora, non solo la dottrina ma anche la giurisprudenza nazionale sono divise sulle conseguenze di tale errore, quantomeno fino alla sentenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) n. 241/2013 del 9 maggio 2013 (ES:TS:2013:1916). Al riguardo, siffatto autore conclude, segnatamente, che il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha tentato di porre fine a tale situazione di incertezza in Spagna ma che il legislatore spagnolo, nonostante abbia avuto diverse opportunità di chiarire la questione della trasposizione o meno dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, «non sembra disposto a farlo». In tal senso, detto autore afferma che «né le riforme giuridiche approvate dal Parlamento spagnolo nel maggio del 2013 per adeguare il sistema spagnolo alla sentenza del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164), né il progetto di trasposizione della direttiva 2011/83[/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2011, L 304, pag. 64)]» hanno trattato la questione delle clausole abusive vertenti su elementi essenziali del contratto. V. Cámara Lapuente, S., «¿De verdad puede controlarse el precio de los contratos mediante la normativa de cláusulas abusivas? De la STJUE de 3 de junio de 2010 (Caja de Madrid, C‑484/08) y su impacto aparente y real en la jurisprudencia española a la STS (pleno) de 9 de mayo de 2013 sobre las cláusulas suelo», Cuadernos de Derecho Transnacional, vol. 5(2), 2013, pag. da 209 a 233, segnatamente pag. 226, 227 e 233.


55      Sentenza del 3 giugno 2010 (C‑484/08, EU:C:2010:309, punto 44).


56      ES:TS:2012:5966.


57      Il governo spagnolo, nelle sue osservazioni scritte, ha riprodotto un estratto del secondo fondamento giuridico della sentenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) del 18 giugno 2012: «Pertanto, in occasione della modifica della vecchia legge generale relativa alla difesa dei consumatori del 1984 tramite l’apporto del nuovo articolo 10, al paragrafo 1, lettera c), l’espressione ampia di “giusto equilibrio delle parti” è stata sostituita dal “significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi”, in conformità alle disposizioni della direttiva intese a limitare il controllo nel merito che può essere effettuato in relazione al carattere eventualmente abusivo della clausola; può dunque affermarsi che non sussiste un controllo dei prezzi né un equilibrio delle prestazioni propriamente detto». Secondo tale governo, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha aggiunto in tale sentenza che, infine, «benché la dottrina non sia unanime al riguardo, si deve concludere, ai sensi di un’applicazione teleologica dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, che, sebbene siano esclusi dal controllo nel merito, gli elementi essenziali del contratto possono tuttavia essere oggetto di un controllo relativo al criterio dell’inserimento e alla trasparenza [articolo 5, paragrafo 5, e articolo 7 della legge 7/1998 sulle condizioni generali di contratto e articolo 10, paragrafo 1, lettera a), della legge generale relativa alla difesa dei consumatori]». Il governo spagnolo precisa parimenti che il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha confermato tale decisione nella sua sentenza del 9 maggio 2013 (ES:TS:2013:1916).


58      V. Prechal, S., Directives in EC Law, 2° edizione, Oxford EC Law Library, Oxford, 2009, pag. 6.


59      Sul principio di certezza del diritto e la trasposizione delle direttive, v. Tridimas, T., The General Principles of EU Law, 2° edizione, Oxford EC Law Library, Oxford, 2006, pag. 246 e 247.


60      V., in tal senso, Prechal, S., op. cit., pag. 6.


61      Simon, D., Le Système juridique communautaire, 3° edizione, Presse universitaires de France, Parigi, 2006, pag. da 328 a 332. Il corsivo è mio.


62      V. sentenze del 23 maggio 1985, Commissione/Germania (29/84, EU:C:1985:229, punto 23); del 23 marzo 1995, Commissione/Grecia (C‑365/93, EU:C:1995:76, punto 9); del 10 maggio 2001, Commissione/Paesi Bassi (C‑144/99, EU:C:2001:257, punto 17); del 9 settembre 2004, Commissione/Spagna (C‑70/03, EU:C:2004:505, punto 36), e del 23 aprile 2009, Commissione/Belgio (C‑292/07, non pubblicata, EU:C:2009:246, punto 120). Secondo l’avvocato generale Tizzano, gli Stati membri «debbono definire nel settore di cui trattasi un preciso quadro normativo che conformi l’ordinamento nazionale alle disposizioni della direttiva. Ciò in termini tali che non sussistano dubbi o ambiguità non solo quanto ai contenuti della normativa nazionale rilevante e alla sua conformità alla direttiva, ma anche quanto al valore formale di quella normativa e alla sua idoneità a fungere da appropriata base giuridica per la disciplina del settore». V. conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa Commissione/Paesi Bassi (C‑144/99, EU:C:2001:50, paragrafo 15). Il corsivo è mio.


63      V. sentenze del 10 maggio 2001, Commissione/Paesi Bassi (C‑144/99, EU:C:2001:257, punto 21), e del 10 luglio 2014, Commissione/Belgio (C‑421/12, EU:C:2014:2064, punto 46). V., parimenti, sentenza del 9 dicembre 2003, Commissione/Italia (C‑129/00, EU:C:2003:656, punto 33): «Quando una normativa nazionale forma oggetto di divergenti interpretazioni giurisprudenziali che siano plausibili e che conducano, alcune ad un’applicazione della detta normativa compatibile con il diritto [dell’Unione], altre ad un’applicazione incompatibile con esso, occorre dichiarare che, per lo meno, tale normativa non è sufficientemente chiara per garantire un’applicazione compatibile con il diritto [dell’Unione]».


64      ES:TS:2012:5966.


65      ES:TS:2013:1916.


66      V. sentenze del 10 maggio 2001, Commissione/Paesi Bassi (C 144/99, EU:C:2001:257, punto 22), e del 3 giugno 2010, Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid (C 484/08, EU:C:2010:309, punto 39).


67      V., in tal senso, sentenze del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai (C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 69); del 9 luglio 2015, Bucura (C‑348/14, non pubblicata, EU:C:2015:447, punto 49), nonché del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 44). V., parimenti, considerando 20 della direttiva 93/13.


68      V. paragrafi 19 e 20 delle presenti conclusioni. Occorre distinguere fra la definizione dell’IRPH Cajas e la sua formula matematica di calcolo. Infatti, risulta dalla decisione di rinvio, nonché dalle osservazioni del ricorrente nel procedimento principale, della Bankia e del governo spagnolo che la clausola controversa contiene la definizione dell’IRPH Cajas e il metodo di calcolo del tasso d’interesse variabile del prestito (IRPH Cajas + margine), mentre l’equazione matematica concreta dei calcolo dell’IRPH Cajas era fissata all’allegato VIII, paragrafo 2, della circolare 8/1990 ma non figura nella clausola. V. nota 78 delle presenti conclusioni.


69      V. paragrafo 20 delle presenti conclusioni.


70      A tal riguardo, occorre precisare che il requisito di trasparenza si applica soprattutto in caso di limitazioni ai diritti che il singolo trae dal diritto dell’Unione.


71      V., segnatamente, sentenze del 21 marzo 2013, RWE Vertrieb (C‑92/11, EU:C:2013:180, punto 44); del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai (C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 70); del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a. (C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 50), nonché del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 48).


72      Sentenza del 30 aprile 2014 (C‑26/13, EU:C:2014:282).


73      V. sentenze del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai (C‑26/13, EU:C:2014:282, punti 71 e 72); del 23 aprile 2015, Van Hove (C‑96/14, EU:C:2015:262, punto 40); del 9 luglio 2015, Bucura (C‑348/14, non pubblicata, EU:C:2015:447, punto 52), nonché del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 44). V., parimenti, sentenza del 20 settembre 2018, OTP Bank e OTP Faktoring (C‑51/17, EU:C:2018:750, punto 73), nonché ordinanza del 22 febbraio 2018, ERSTE Bank Hungary (C‑126/17, non pubblicata, EU:C:2018:107, punto 29).


74      V. sentenze del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai (C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 75), nonché del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 45).


75      V. sentenze del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai (C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 74); del 26 febbraio 2015, Matei (C‑143/13, EU:C:2015:127, punto 75), nonché del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 46).


76      V. sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata).


77      Occorre ricordare che, nella misura in cui una clausola contrattuale preventivamente redatta, figurante nel contratto di mutuo ipotecario concluso fra un consumatore e un professionista, preveda l’applicazione di un indice di riferimento ai fini del calcolo del tasso d’interesse variabile di detto mutuo, l’utilizzazione di tale indice da parte del professionista, quale elemento di detta clausola, rientra interamente nell’ambito del controllo relativo alla trasparenza, in conformità all’articolo 4, paragrafo 2, e all’articolo 5 della direttiva 93/13.


78      V., a tal riguardo, paragrafi 45 e 46 delle presenti conclusioni. Risulta dalle osservazioni del ricorrente nel procedimento principale che occorre distinguere fra: a) un indice di riferimento come segnatamente l’Euribor, b) un tasso d’interesse, il quale è la somma risultante dall’addizione di un indice di riferimento e di un margine (Euribor + margine) e, c) un TAEG, il quale è la somma risultante dall’addizione dell’indice di riferimento e di un margine più le commissioni più le spese (Euribor + margine + commissioni + spese). Ricordo ancora che risulta dal quarto comma della motivazione della circolare 5/1994 che gli indici di riferimento da essa previsti, di cui faceva parte l’IRPH Cajas, erano TAEG.


79      V., a tal riguardo, paragrafo 48 delle presenti conclusioni.


80      V. paragrafo 50 delle presenti conclusioni.


81      Sentenza del 30 aprile 2014 (C‑26/13, EU:C:2014:282).


82      Sentenza del 20 settembre 2017 (C‑186/16, EU:C:2017:703).


83      Sentenza del 30 aprile 2014 (C‑26/13, EU:C:2014:282).


84      Sentenza del 20 settembre 2017 (C‑186/16, EU:C:2017:703).


85      Più specificamente, tali clausole prevedevano che il corso di vendita della valuta straniera si applicasse ai fini del calcolo del rimborso del prestito (sentenza del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai, C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 24) e che il credito dovesse essere rimborsato nella medesima valuta in cui quest’ultimo era stato contratto (sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a., C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 9).


86      Infatti, esisteva una differenza tra il corso di acquisto applicabile all’erogazione del mutuo ed il corso di vendita applicabile al suo rimborso. V., a tal riguardo, sentenza del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai (C‑26/13, EU:C:2014:282, punti 53 e 74).


87      Sentenza del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai (C‑26/13, EU:C:2014:282, punti 73 e 74). Si tratta, segnatamente, delle clausole contrattuali che consentono al creditore di modificare unilateralmente il tasso d’interesse, v. sentenza del 26 febbraio 2015, Matei (C‑143/13, EU:C:2015:127, punto 74).


88      Sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 51). Il corsivo è mio.


89      Sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 50).


90      Occorre ricordare che, nella sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 49), la Corte fa riferimento alla raccomandazione CERS/2011/1 del Comitato europeo per il rischio sistemico, del 21 settembre 2011, sui prestiti in valuta estera (GU 2011, C 342, pag. 1).


91      A titolo di esempio della giurisprudenza della Corte relativa all’obbligo di trasparenza delle clausole contrattuali nell’ambito dell’adesione ad un altro tipo di contratto, ossia un contratto di assicurazione in occasione della conclusione di due contratti di mutuo, v. sentenza del 23 aprile 2015, Van Hove (C‑96/14, EU:C:2015:262, punto 47). Tale causa verteva sul controllo relativo alla trasparenza di una clausola stipulata nel contratto di assicurazione, la quale era intesa a garantire la presa a carico delle rate dovute al mutuante in caso di inabilità totale al lavoro del mutuatario (il quale, a seguito di un infortunio sul lavoro, si era ritrovato nell’inabilità permanente parziale al lavoro). Nella sua sentenza, la Corte ha preso in considerazione il fatto che, in assenza di una spiegazione trasparente del funzionamento concreto del meccanismo di assicurazione relativo alla presa a carico delle rate del mutuo nell’ambito dell’insieme contrattuale, il consumatore abbia potuto non essere stato in grado di valutare, sul fondamento di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche, potenzialmente significative, che gliene derivano.


92      Sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a. (C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).


93      A tal riguardo, emerge dalle osservazioni del governo spagnolo che l’allegato VII della circolare 8/1990 indicava, a titolo di elementi minimi che devono figurare negli opuscoli informativi sui mutui ipotecari, relativamente al tasso d’interesse variabile, l’indice di riferimento, e segnatamente il suo andamento «durante i due anni civili precedenti, nonché l’ultimo valore disponibile». Per contro, alla luce del fatto che le previsioni economiche sono sempre incerte e che talune variabili, come gli indici di riferimento, sono difficili da prevedere, non mi sembra opportuno esigere dall’istituto bancario che questi fornisca al consumatore le previsioni future relative all’indice di riferimento proposto.


94      V., in tal senso, sentenza del 14 marzo 2013, Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 69), nonché conclusioni dell’avvocato generale Kokott in tale causa (C‑415/11, EU:C:2012:700, paragrafo 74).


95      A tal riguardo, il giudice del rinvio dovrebbe segnatamente verificare se, come risulta dalla decisione di rinvio, gli istituti bancari fossero o meno realmente in grado di influenzare l’IRPH Cajas. Mi riferisco, in particolare, alle spiegazioni relative al funzionamento dell’IRPH Cajas fornite dal giudice del rinvio. V. paragrafi da 45 a 47 delle presenti conclusioni.


96      V., in tal senso, sentenza del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia (C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 50 e la giurisprudenza ivi citata). Sul fatto che il sistema di tutela istituito dalla direttiva 93/13 sia fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista v., segnatamente, sentenze del 3 giugno 2010, Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid (C‑484/08, EU:C:2010:309, punto 27), nonché del 26 marzo 2019, Abanca Corporación Bancaria e Bankia (C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2019:250, punto 49). V., parimenti, le mie conclusioni nelle cause riunite Abanca Corporación Bancaria e Bankia (C‑70/17 e C‑179/17, EU:C:2018:724, paragrafi da 65 a 82).


97      Occorre indicare che il giudice del rinvio non specifica le disposizioni di diritto dell’Unione alla luce delle quali deve essere esaminata l’assenza di lealtà da parte del professionista. In ogni caso, occorre ricordare che il considerando 16 della direttiva 93/13 enuncia che «il professionista può soddisfare il requisito di buona fede trattando in modo leale ed equo con la controparte, di cui deve tenere presenti i legittimi interessi».