Language of document : ECLI:EU:C:2022:383

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 12 maggio 2022 (1)

Causa C278/21

AquaPri A/S

contro

Miljø- og Fødevareklagenævnet

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Direttiva 92/43/CEE – Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche – Zone speciali di conservazione – Valutazione a posteriori dell’incidenza sul sito tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo – Esame preliminare della necessità di una valutazione – Depositi di azoto provenienti da un allevamento ittico esistente – Presa in considerazione di un piano di gestione di un bacino idrografico e del programma Natura 2000 del sito interessato»






I.      Introduzione

1.        L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» (2), richiede una previa valutazione dell’incidenza di piani e progetti che potrebbero avere incidenze significative sui siti protetti. Si pone tuttavia la questione se una tale valutazione sia parimenti necessaria qualora il proseguimento dell’operatività di un impianto già autorizzato richieda, in forza del diritto nazionale, una nuova autorizzazione e l’autorizzazione iniziale sia stata rilasciata in violazione dell’obbligo di valutazione. Tale è la questione fondamentale di cui alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

2.        Nell’ipotesi in cui una siffatta valutazione sia necessaria, il giudice del rinvio desidera altresì conoscere l’importanza che rivestono, a tale riguardo, un piano di gestione di un bacino idrografico e il programma Natura 2000 per la zona protetta interessata.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Direttiva «habitat»

3.        L’autorizzazione di piani e progetti che potrebbero avere incidenze significative su un sito protetto a norma della direttiva «habitat» o della direttiva uccelli (3), è disciplinata nei seguenti termini dall’articolo 6, paragrafi 2 e 3, della direttiva «habitat»:

«(2)      Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

(3)      Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica».

2.      Direttiva VIA

4.        L’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva VIA (4), definisce la nozione di «progetto» come segue:

«–      la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere,

–      altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo».

B.      Diritto danese

5.        L’articolo 33 della legge danese sulla tutela dell’ambiente (Miljøbeskyttelseslov) prevede che taluni stabilimenti o impianti siano soggetti ad autorizzazione. In base alla domanda di pronuncia pregiudiziale ciò è vero, in particolare, per quanto riguarda gli allevamenti ittici. Secondo tale domanda, gli allevamenti ittici esistenti non ancora autorizzati ai sensi di tale disposizione dovevano presentare, in forza di un regime transitorio (5), una domanda di autorizzazione entro il 15 marzo 2015.

6.        L’articolo 6, paragrafi 1 e 2, del «decreto habitat» (6) attua l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat»:

«Articolo 6. Prima di adottare una decisione ai sensi dell’articolo 7, occorre esaminare se il progetto, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, possa avere incidenze significative su un sito Natura 2000. Sono soggetti all’obbligo di valutazione i progetti che non sono direttamente connessi o necessari alla gestione del sito Natura 2000.

Paragrafo 2. Qualora l’amministrazione ritenga che un progetto possa avere incidenze significative su un sito Natura 2000, occorre procedere ad una valutazione dettagliata dell’incidenza del progetto su detto sito alla luce dell’obiettivo di conservazione del sito interessato. Qualora dalla valutazione risulti che il progetto pregiudicherebbe l’area naturale protetta internazionale, la domanda non può essere oggetto di permesso, deroga o autorizzazione».

7.        L’articolo 7, paragrafo 7, punto 6, del decreto «habitat» prevede, in particolare, che l’articolo 6, paragrafi 1 e 2, si applichi alle autorizzazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 33 della legge sulla tutela dell’ambiente.

«Paragrafo 7. I seguenti procedimenti di cui alla legge sulla tutela dell’ambiente rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 6

da 1) a 5) …

6)      Autorizzazione di imprese, ecc., conformemente all’articolo 33, paragrafo 1, all’articolo 38 e all’articolo 39 della legge sulla tutela dell’ambiente».

8.        Dal piano statale Natura 2000 per il periodo dal 2016 al 2021, per il sito Natura 2000 n. 173, che è il più vicino all’allevamento ittico Onsevig, risulta che il piano si concentra su interventi connessi alla zona e non contiene obblighi di intervento in materia di qualità dell’acqua, garantita dalla pianificazione idrica, né stabilisce requisiti specifici sulla riduzione di depositi di azoto, materia anch’essa disciplinata da altre normative.

9.        Nel piano di gestione del bacino idrografico per gli anni dal 2015 al 2021, per il distretto del bacino idrografico di Sjælland (Selandia, Danimarca), adottato in seguito a una valutazione preliminare dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» e comprendente in particolare le zone marine Natura 2000 nn. 173, 170 e 162, è indicato, con riferimento all’accordo politico del 22 novembre 2015, il cosiddetto «pacchetto agricolo e alimentare», che sono previste emissioni per 43 tonnellate di azoto al fine di garantire che gli allevamenti ittici esistenti compresi nei piani di gestione possano sfruttare integralmente la loro attuale autorizzazione di emissione.

III. Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

10.      Nelle acque danesi si trovano complessivamente 19 allevamenti ittici, alcuni dei quali situati all’interno o in prossimità di una zona Natura 2000. Sono pendenti procedimenti giudiziari riguardanti sette di tali allevamenti. In essi sono prodotte principalmente trote iridee. Gli allevamenti emettono, tra l’altro, azoto e fosforo, che potrebbero avere un’incidenza sulle zone Natura 2000 in loro prossimità.

11.      Uno degli allevamenti ittici controversi è l’allevamento Onsevig. Esso è detenuto dall’AquaPri A/S, rappresentata nel presente procedimento dalla Dansk Akvakultur, associazione professionale danese di settore per l’allevamento ittico. Esso si trova nelle acque dello Småland a circa 1,7 km a nord della zona Natura 2000 n. 173, a circa 10,5 km a sud della zona Natura 2000 n. 170 e a circa 12,4 km a sud della zona Natura 2000 n. 162. La designazione della zona Natura 2000 più vicina n. 173 si è basata sugli habitat naturali marini di Banchi di sabbia (1110), Distese fangose (1140), Baie (1160), Scogliere (1170) e il tipo di habitat naturale prioritario Lagune (1150). Diverse zone di conservazione degli uccelli (nn. 82, 83, 85 e 86) nella stessa area sono state designate a motivo di un gran numero di uccelli nidificanti e/o a riposo.

12.      Il 15 febbraio 1999 lo Storstrøms Amt (contea dello Storstrøm), autorità locale competente in materia ambientale, ha concesso un’autorizzazione a spostare l’allevamento ittico nella sua posizione attuale.

13.      Il 27 ottobre 2006 la contea dello Storstrøm ha concesso all’allevamento ittico un’autorizzazione modificata, che consentiva di aumentare le emissioni di azoto di 0,87 tonnellate, passando da 15,6 tonnellate a 16,47 tonnellate, nonché l’uso e le emissioni di rame e di tre tipi di antibiotici. La contea dello Storstrøm aveva esaminato la necessità di una valutazione dell’impatto ambientale (screening VIA) e, su tale fondamento aveva ritenuto che l’aumento delle emissioni di azoto non comportasse incidenze significative sull’ambiente della zona Natura 2000 limitrofa n. 173 e che, di conseguenza, il progetto non richiedesse una valutazione di impatto ambientale. Essa non ha fatto riferimento alla normativa relativa alle zone naturali protette internazionali.

14.      Tale decisione è stata impugnata dinanzi all’autorità di ricorso dell’epoca, il Naturklagenævnet (Commissione di ricorso in materia di natura), a motivo del pregiudizio recato a una zona Natura 2000. La decisione della contea dello Storstrøm è stata confermata dalla Commissione di ricorso in materia di natura, la quale ha constatato che i vizi che inficiavano la valutazione di impatto ambientale non erano così rilevanti da comportare l’invalidità della stessa.

15.      La decisione così confermata del 27 ottobre 2006 prevedeva che, al più tardi entro il 15 marzo 2014, dovesse essere presentata una domanda di autorizzazione ambientale all’autorità di vigilanza.

16.      L’AquaPri ha quindi richiesto un’autorizzazione ambientale per l’allevamento ittico Onsevig, la quale è stata rilasciata in data 16 dicembre 2014 dal Miljøstyrelsen, l’autorità centrale competente in materia ambientale. Dalla valutazione tecnica ambientale contenuta in tale decisione risulta che tale autorità ha ritenuto che l’allevamento ittico, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, non potrebbe avere un’incidenza significativa sulla zona Natura 2000 n. 173. Essa ha giustificato tale constatazione basandosi, in particolare, sull’autorizzazione concessa dalla contea dello Storstrøm il 27 ottobre 2006 e sulla circostanza che non era stata fornita successivamente alcuna informazione che indicasse che l’allevamento ittico avesse un’incidenza all’interno della zona Natura 2000.

17.      Un’organizzazione per la tutela dell’ambiente ha impugnato l’autorizzazione ambientale del 16 dicembre 2014 dinanzi al Miljø- og Fødevareklagenævnet (Commissione di ricorso in materia di ambiente e di prodotti alimentari, Danimarca), che l’ha annullata con decisione del 13 marzo 2018. Nella sua decisione, la Commissione di ricorso ha ritenuto che l’autorizzazione ambientale dell’Onsevig Havbrug, che consente la prosecuzione dell’operatività dell’allevamento senza che sia stata previamente effettuata una valutazione dell’incidenza dell’attività complessiva sull’habitat, debba essere sottoposta ad una siffatta previa valutazione. La Commissione di ricorso in materia di ambiente e di prodotti alimentari si è fondata a riguardo sul fatto che non era stata ancora effettuata una valutazione dell’incidenza sull’habitat dell’attività complessiva di tutti gli allevamenti ittici della zona, conformemente alle norme danesi che recepiscono l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat». Essa ha ritenuto che il carico di nutrienti proveniente dall’allevamento ittico, congiuntamente con altri piani e progetti, possa avere incidenze significative sulle zone Natura 2000 nn. 173, 170 e 162 di modo che il rischio di ripercussioni negative sugli habitat alla base della designazione dell’area non possa essere escluso a priori.

18.      Il ricorso proposto dall’AquaPri avverso tale decisione del 1° marzo 2018 è pendente dinanzi all’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca). Tale giudice sottopone alla Corte le seguenti questioni:

1)      Se l’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat», debba essere interpretato nel senso che esso si applica in una situazione come quella del caso di specie in cui è richiesta un’autorizzazione a continuare l’operatività di un allevamento ittico esistente, laddove l’attività e le emissioni di azoto e di altri nutrienti di tale allevamento ittico sono rimaste invariate rispetto all’attività e alle emissioni autorizzate nel 2006, ma in cui, in relazione all’autorizzazione precedente dell’allevamento ittico, non è stata effettuata una valutazione dell’attività complessiva e degli effetti cumulativi di tutti gli allevamenti ittici nella zona, dal momento che le autorità competenti hanno valutato unicamente le emissioni aggiuntive totali di azoto e di altre sostanze provenienti dall’allevamento ittico interessato.

2)      Se, ai fini della risposta alla prima questione, sia rilevante il fatto che il piano nazionale di gestione del bacino idrografico per gli anni dal 2015 al 2021 tenga conto della presenza degli allevamenti ittici nella zona, nella misura in cui tale piano prevede un quantitativo determinato di azoto al fine di garantire che gli allevamenti ittici esistenti nella zona possano sfruttare le loro attuali autorizzazioni di emissione e le emissioni effettive degli allevamenti ittici si mantengono nei limiti stabiliti.

3)      Qualora in una situazione come quella del caso di specie debba essere effettuata una valutazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat», se l’autorità competente sia tenuta a prendere in considerazione, nell’ambito di tale valutazione, i limiti delle emissioni di azoto previsti nel piano di gestione del bacino idrografico per gli anni dal 2015 al 2021 e ogni altra informazione e valutazione pertinente che possa risultare dal piano di gestione del bacino idrografico e dal piano Natura 2000 per la zona.

19.      L’AquaPri A/S, la Miljø- og Fødevareklagenævn (Commissione di ricorso in materia di ambiente e di prodotti alimentari), nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte e orali in sede di udienza il 24 marzo 2022.

IV.    Analisi

20.      Il caso di specie è incentrato sulla questione della misura in cui la disposizione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», relativa alla valutazione dell’incidenza, sia applicabile nell’ambito dell’autorizzazione alla prosecuzione dell’operatività di un allevamento ittico rimasta invariata [v., sul punto, sub A)]. Nell’ipotesi in cui tale disposizione sia applicabile, il giudice del rinvio desidera altresì conoscere la rilevanza, a tale riguardo, di un piano di gestione del bacino idrografico e del programma Natura 2000 per la zona protetta interessata. Esso si interroga, da un lato, sulla rilevanza delle indicazioni del piano di gestione del bacino idrografico con riferimento alle emissioni di azoto per l’esame preliminare della necessità di una valutazione dell’incidenza [v., sul punto, sub B)] e, dall’altro, sulla rilevanza di entrambi i documenti per l’effettiva valutazione dell’incidenza [v., sul punto, sub C)].

A.      Prima questione – Valutazione dell’incidenza nell’ambito di una nuova autorizzazione di un progetto

21.      La prima questione mira a stabilire se, nell’ambito di una nuova autorizzazione di un progetto, l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» richieda una valutazione dell’incidenza tenendo conto degli obiettivi di conservazione del sito interessato, qualora l’impatto del progetto rimanga invariato ma non sia stato oggetto di una valutazione completa nell’ambito di un’autorizzazione precedente e non siano stati tenuti in considerazione gli effetti cumulativi con altri piani e progetti.

22.      Tale questione è sollevata specificamente in relazione a un allevamento ittico che opera in mare, in prossimità dell’isola danese di Småland, al quale è stata rilasciata un’autorizzazione nel 2006 per aumentare le emissioni di azoto, senza tenere conto delle emissioni di azoto dell’allevamento ittico già autorizzate in precedenza, o dei depositi di azoto provenienti da altre fonti. Le parti concordano nel ritenere che tale valutazione del 2006 non fosse conforme alle prescrizioni dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», che impone di prendere in considerazione gli effetti cumulativi di ciascun progetto. Tuttavia, la legittimità della decisione definitiva del 2006 non costituisce oggetto del presente procedimento.

23.      Per rispondere alla prima questione chiarirò, innanzitutto, che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» non impone un obbligo di procedere ad una (nuova) valutazione dell’incidenza qualora un’autorizzazione precedente non sia conforme ai requisiti di detta disposizione [seconda parte della prima questione, v., sul punto, sub 1)]. Nondimeno, dimostrerò in seguito che anche una nuova autorizzazione di un progetto prevista dal diritto nazionale richiede una nuova valutazione dell’incidenza [prima parte della prima questione, sub 2)].

1.      Conseguenze di errori nellautorizzazione di un progetto in passato

24.      Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase della direttiva «habitat», qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative su una zona speciale di conservazione ai sensi della direttiva, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna (7) valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo.

25.      Il fatto che il progetto non si collochi nelle zone Natura 2000 interessate, bensì all’esterno di queste ultime, non esclude assolutamente l’applicabilità dei requisiti enunciati all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» (8).

26.      Tale valutazione avrebbe lo scopo di preparare l’autorizzazione del progetto. Infatti, in conformità dell’articolo 6, paragrafo 3, seconda frase, di detta direttiva, alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo l’articolo 6, paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa.

27.      L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» prevede quindi una procedura di valutazione volta a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o un progetto idoneo ad avere incidenze significative sul sito interessato sia autorizzato solo se non pregiudicherà l’integrità di tale sito (9).

28.      Per contro, l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», non esige che un progetto già autorizzato definitivamente sia nuovamente sottoposto a tale controllo, se la valutazione iniziale era incorretta (10). La continuazione di un’attività rimasta invariata non richiede quindi, di norma, un nuovo controllo (11).

29.      Ciò non significa tuttavia che tali errori ed eventuali pregiudizi all’integrità di zone protette debbano essere tollerati. Infatti, qualora un progetto già autorizzato risulti in seguito idoneo a pregiudicare l’integrità di un sito protetto comportando degrado o perturbazioni significative, il divieto di deterioramento di cui all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», consente di rispondere all’obiettivo essenziale della preservazione e della protezione della qualità dell’ambiente, compresa la conservazione degli habitat naturali nonché della fauna o della flora selvatiche, come enunciato al primo considerando di questa stessa direttiva (12). Un’attività è conforme all’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat» soltanto se viene garantito che la stessa non provochi alcuna perturbazione idonea a pregiudicare significativamente gli obiettivi della direttiva in parola, segnatamente i suoi obiettivi di conservazione. L’esistenza stessa di una probabilità o di un rischio che un’attività su un sito protetto provochi perturbazioni significative è tale da costituire una violazione di tale disposizione (13).

30.      L’AquaPri sottolinea quindi, giustamente, che un obbligo di verifica della sua autorizzazione non deriva direttamente dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», bensì dall’articolo 6, paragrafo 2, della stessa. In funzione del modo in cui il diritto nazionale garantisce l’applicazione di detta disposizione, la certezza del diritto e il legittimo affidamento nel mantenimento dell’autorizzazione precedentemente concessa potrebbero rivestire un ruolo, in particolare, nel contesto della deroga di cui all’articolo 6, paragrafo 4 (14). Tali considerazioni potrebbero quindi altresì giustificare richieste di risarcimento, che l’AquaPri si attende nell’ipotesi di una nuova valutazione dell’incidenza.

31.      Orbene, la decisione controversa della Commissione di ricorso non riguarda l’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», bensì l’articolo 6, paragrafo 3. Al riguardo, occorre rilevare che tale disposizione non richiede una nuova valutazione dell’incidenza qualora l’impatto di un’attività non sia stato oggetto di una valutazione completa nell’ambito di un’autorizzazione precedente divenuta definitiva e non siano stati tenuti in considerazione gli effetti cumulativi con altri piani e progetti.

2.      Nuova autorizzazione in base al diritto danese

32.      Tuttavia, si pone anche la questione se, nell’ambito di una nuova autorizzazione per un tale progetto prevista dal diritto nazionale, ne consegua che l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» non richiede una valutazione dell’incidenza sul sito interessato, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo, qualora l’impatto del progetto rimanga invariato. Tale è l’oggetto della prima parte della prima questione pregiudiziale.

33.      Come appena sottolineato, l’articolo 6, paragrafo 3, di tale direttiva, non richiede una nuova valutazione dell’incidenza nell’ipotesi di prosecuzione di un’attività rimasta invariata né, pertanto, una nuova autorizzazione di tale attività.

34.      Tuttavia, se uno Stato membro prevede nella propria normativa una nuova autorizzazione, essa può comportare un accordo delle autorità nazionali competenti per tale progetto, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva «habitat». Tali autorità possono dare il loro accordo solo se, alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza, rilevano che l’integrità del sito in causa non viene pregiudicata.

a)      Autorizzazione di un progetto?

35.      Un accordo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva «habitat» esige, tuttavia, che tale accordo si riferisca a un progetto.

36.      Sebbene tale direttiva non contenga una definizione della nozione di «progetto», la Corte ha in un primo tempo dichiarato che la nozione di «progetto», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva VIA, è pertinente al fine di trarne quella derivante dalla direttiva «habitat» (15). In base ad essa, per progetto s’intende la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere, come pure altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo.

37.      Poiché è previsto che l’operatività dell’allevamento ittico continui invariata, l’autorizzazione non ha per oggetto la realizzazione dell’impianto. Tuttavia, non si può escludere che i depositi di azoto supplementari connessi alla prosecuzione dell’operatività dell’allevamento ittico rimasta invariata, in zone protette possano essere considerati, in futuro, come altri interventi sull’ambiente naturale ai sensi della definizione di progetto di cui alla direttiva VIA (16).

38.      Orbene, anche non considerando i futuri depositi di azoto supplementari come un intervento ai sensi della direttiva VIA, ciò non esclude l’adozione di un progetto ai sensi della direttiva «habitat», dal momento che la nozione di progetto di cui alla direttiva VIA è più restrittiva della nozione di progetto di cui alla direttiva «habitat» (17). Ai fini dell’applicazione di quest’ultima occorre anzitutto accertare se l’attività di cui trattasi possa avere incidenze significative su un sito protetto (18).

39.      Ciò non può essere escluso a priori per le attività che comportano depositi di azoto supplementari negli habitat protetti (19), fatto che, tra l’altro, sembra costituire il punto di partenza della decisione controversa della Commissione di ricorso.

40.      Peraltro, l’AquaPri invoca la sentenza Stadt Papenburg, secondo la quale se, in considerazione, segnatamente, della loro frequenza, della loro natura o delle loro condizioni di esecuzione, talune attività devono essere considerate un’unica operazione, esse possono essere reputate un unico e solo progetto ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», dispensato da una nuova procedura di valutazione in forza di tale disposizione (20). Tale giurisprudenza riguarda attività ricorrenti, che sono state autorizzate una sola volta per il futuro, in forza del diritto nazionale. Nella sentenza Stadt Papenburg, si trattava di un’autorizzazione a procedere dragaggi regolari di un fiume al fine di rendere possibile il transito di navi con un determinato pescaggio (21).

41.      Come sostengono altresì la Commissione e la Commissione di ricorso in materia di ambiente e di prodotti alimentari, tale ipotesi non ricorre nella fattispecie, dal momento che l’autorizzazione del 27 ottobre 2006 non aveva accordato la prosecuzione dell’operatività dell’allevamento ittico a tempo indeterminato. Al contrario, essa menzionava già la necessità di una nuova autorizzazione.

b)      Rilevanza dellautorizzazione ai sensi dellarticolo 33 della legge sulla tutela dellambiente

42.      La risposta alla prima parte della prima questione dipende quindi dalla circostanza se il requisito previsto dalla decisione del 27 ottobre 2006 di presentare, al più tardi entro il 15 marzo 2014, una domanda di autorizzazione all’autorità di vigilanza, conformemente all’articolo 33 della legge sulla tutela dell’ambiente, in relazione ad un’attività inquinante, costituisca un nuovo accordo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva «habitat». Tale nuovo accordo per un progetto richiederebbe una valutazione dell’incidenza (22).

43.      Al riguardo, occorre anzitutto precisare che, secondo la domanda di pronuncia pregiudiziale, tale requisito non era una condizione imposta all’autorità competente in materia di autorizzazione, ma meramente un riferimento ad un obbligo derivante direttamente dalla normativa danese (23).

44.      Trattandosi di una questione di diritto interno, il contenuto di detta normativa danese può essere valutato in modo vincolante solo dai giudici nazionali. La Corte può tuttavia fornire al giudice del rinvio indicazioni circa le caratteristiche che il requisito relativo ad una nuova autorizzazione deve presentare per rendere applicabile l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat».

45.      Se l’autorizzazione richiesta costituisce una mera formalità, come sostiene l’AquaPri, allora non si tratta di un accordo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, di detta direttiva. Ciò sarebbe ipotizzabile, per esempio, se l’autorizzazione dovesse essere rilasciata obbligatoriamente sulla base delle autorizzazioni esistenti del 1999 e del 2006.

46.      Per contro, se la nuova autorizzazione prevista dal diritto nazionale decide effettivamente la prosecuzione dell’operatività, essa costituisce un accordo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», che presuppone una valutazione dell’incidenza. Infatti, in tal caso, la nuova autorizzazione determina se gli effetti dell’attività nella zona interessata proseguiranno o cesseranno.

47.      Se è vero che la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene indicazioni quanto alla funzione dell’autorizzazione da ottenere ai sensi dell’articolo 33 della legge sulla tutela dell’ambiente, secondo la Commissione di ricorso in materia di ambiente e di prodotti alimentari tale autorizzazione richiede un esame completo dei suoi presupposti. Sembra quindi trattarsi dell’autorizzazione di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva VIA, la quale deve tenere pienamente conto dell’impatto ambientale del progetto interessato (24) qualora il progetto richieda una siffatta valutazione dell’impatto ambientale. Prima facie, tale esame comprende in particolare le norme danesi che recepiscono l’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» (25).

48.      Sembrerebbe quindi che l’autorizzazione di cui all’articolo 33 della legge sulla tutela dell’ambiente debba essere considerata un accordo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, seconda frase, della direttiva «habitat» e presuppone, pertanto, anche una valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase.

c)      Certezza del diritto e tutela del legittimo affidamento

49.      Né il principio della certezza del diritto, né il principio della tutela del legittimo affidamento, contraddicono le considerazioni che precedono. Infatti, se il diritto nazionale esige una nuova autorizzazione per la prosecuzione dell’operatività di un impianto, il titolare dell’autorizzazione esistente non può di fatto essere certo che tale nuova autorizzazione riprenda senza modifiche il contenuto di un’autorizzazione esistente.

50.      Uno Stato membro può quindi escludere il legittimo affidamento nell’esistenza di un’autorizzazione, prevedendo espressamente, già al momento della prima autorizzazione, una verifica ulteriore, come sembra essere il caso nella fattispecie.

51.      A titolo complementare occorre notare che in caso di applicazione di tale normativa, le richieste di risarcimento del titolare dell’autorizzazione verificata, che l’AquaPri si aspetta di ricevere nell’ipotesi di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva «habitat», non potrebbero comunque fondarsi sulla certezza del diritto e sul legittimo affidamento.

d)      Risposta alla prima parte della prima questione

52.      Alla prima parte della prima questione occorre quindi rispondere che una nuova autorizzazione prevista dal diritto nazionale per proseguire un’attività rimasta invariata deve essere considerata come un accordo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», il quale presuppone una valutazione dell’incidenza qualora detta autorizzazione decida effettivamente per la prosecuzione dell’attività.

B.      Seconda questione – Il piano di gestione del bacino idrografico 2015-2021 nella valutazione preliminare

53.      La seconda questione mira a chiarire la rilevanza delle indicazioni del piano danese di gestione del bacino idrografico per il periodo dal 2015 al 2021 con riferimento alle emissioni di azoto degli allevamenti ittici consentite, ai fini dell’esame preliminare della necessità di procedere ad una valutazione completa dell’incidenza conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat».

54.      Al fine di rispondere a tale questione, partirò dal presupposto che, nel diritto danese, tale piano può incidere sulla legittimità della decisione controversa nel procedimento principale, sebbene sembri essere stato adottato solo dopo la nuova autorizzazione dell’allevamento ittico nel 2014.

55.      Ciò premesso, illustrerò innanzitutto i criteri sulla base dei quali si deve procedere alla suddetta valutazione preliminare, ed esaminerò in seguito la rilevanza dell’autorizzazione del 2006 e del piano di gestione del bacino idrografico degli anni 2015-2021 in tale contesto.

1.      Necessità di una valutazione dellincidenza

56.      Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat», una opportuna valutazione dell’incidenza tenendo conto degli obiettivi di conservazione di un determinato sito protetto è necessaria qualora un piano o progetto sia idoneo, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, ad avere incidenze significative su una particolare zona di protezione ai sensi della direttiva.

57.      L’obbligo di valutazione sorge quindi laddove vi sia una probabilità o un rischio che un piano o un progetto pregiudichi significativamente il sito (26). Tenuto conto, in particolare, del principio di precauzione, che è uno dei fondamenti della politica di protezione di un livello elevato perseguita dall’Unione nel settore dell’ambiente, conformemente all’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, e alla luce del quale deve essere interpretata la direttiva «habitat», un tale rischio esiste qualora non possa escludersi, sulla base di elementi obiettivi, che detto piano o progetto pregiudichi significativamente il sito interessato (27). La valutazione di un siffatto rischio deve essere effettuata segnatamente alla luce delle caratteristiche e delle condizioni ambientali specifiche del sito interessato da tale piano o progetto (28).

58.      Se, in seguito a tale valutazione preliminare, sussistono dubbi quanto all’assenza di effetti significativi occorre, di conseguenza, procedere alla valutazione completa delle incidenze prevista dall’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat» (29).

2.      Autorizzazione del 2006

59.      Le carenze della valutazione preliminare effettuata nell’ambito dell’autorizzazione del 2006 illustrano l’applicazione di tale criterio.

60.      In linea di principio, tale valutazione preliminare dell’allevamento ittico, la cui operatività è proseguita senza modifiche, potrebbe costituire una circostanza oggettiva che esclude un pregiudizio (30) In effetti, tale valutazione preliminare ha concluso che l’allevamento ittico non aveva incidenze significative sui siti protetti.

61.      Sebbene tale utilizzo di una valutazione precedente sia certamente utile, esso presuppone che detta valutazione abbia già esaminato in modo completo e corretto gli elementi rilevanti al momento della decisione successiva. Tuttavia, se al momento della successiva approvazione risulta che la valutazione precedente presentava carenze, essa non può escludere che il piano o il progetto interessato abbia incidenze significative sul sito in questione.

62.      Nella fattispecie, la prima questione posta nella domanda di pronuncia pregiudiziale si basa sulla premessa secondo cui la precedente valutazione preliminare condotta nel 2006 non aveva ricompreso l’attività complessiva e gli effetti cumulativi di tutti gli allevamenti ittici della zona, in quanto le autorità competenti avevano effettuato solo una valutazione delle emissioni aggiuntive di azoto e di altre sostanze provenienti dall’allevamento ittico interessato. Orbene, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat», ciò che rileva è sapere se il progetto sia idoneo, congiuntamente ad altri piani e progetti, ad avere incidenze significative su un sito protetto. Pertanto, si sarebbe dovuto tener conto degli effetti cumulativi di tutte le fonti di azoto che inquinano le zone protette interessate.

63.      Inoltre, nell’ambito di una nuova autorizzazione, dovrebbero essere prese in considerazione anche le fonti di azoto aggiunte nel frattempo.

64.      Pertanto, l’esame preliminare del 2006 è lacunoso e non può escludere che l’allevamento ittico di cui trattasi, insieme alle ulteriori fonti di depositi di azoto, abbia incidenze significative sulle zone interessate.

3.      Piano di gestione del bacino idrografico 20152021

65.      Il piano di gestione del bacino idrografico 2015‑2021 può anche costituire, effettivamente, una circostanza oggettiva che rende superflua una valutazione distinta dell’incidenza per quanto riguarda le incidenze cui si riferisce il piano.

66.      Infatti, proprio con riferimento ai depositi di azoto provenienti da fonti diverse, la Corte ha riconosciuto che una valutazione globale dell’incidenza realizzata a monte, permetteva di esaminare i possibili effetti cumulativi nei siti interessati (31). Spetta tuttavia ai giudici nazionali effettuare un esame approfondito e completo della validità scientifica dell’opportuna valutazione, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», che accompagna un approccio programmatico e le diverse modalità di attuazione di quest’ultimo (32).

67.      Infatti, anche una tale valutazione globale deve escludere che le incidenze dei progetti interessati cui si riferisce pregiudichino in modo significativo il sito in questione, al fine di poter rinunciare alla valutazione individuale di tali progetti conformemente all’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat» (33).

68.      Un documento che, come il piano di gestione del bacino idrografico per il periodo dal 2015 al 2021, stabilisce le emissioni di azoto consentite degli allevamenti ittici deve quindi garantire, da un punto di vista scientifico, che i depositi di azoto nelle zone protette risultanti da tali emissioni, cumulati con i depositi di azoto provenienti da tutte le altre fonti, non raggiungano un livello che pregiudichi gli obiettivi di conservazione di dette zone.

69.      Non è sufficiente considerare fonti simili come, nel caso di specie, altri allevamenti ittici. Al contrario, occorre tenere conto del carico di ciascun sito protetto, proveniente da tutte le fonti di azoto, tra cui, ad esempio, l’agricoltura, le acque reflue e il traffico (34). Infatti, è per la natura stessa del danno arrecato dall’azoto ai tipi di habitat, che tale danno dipende dal carico globale (35).

70.      Peraltro, la Corte ha stabilito che nel determinare le emissioni di azoto consentite, non si deve ancora tener conto degli effetti delle future misure di riduzione dei depositi di azoto nelle aree protette (36).

71.      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il piano di gestione del bacino idrografico per gli anni dal 2015 al 2021 è stato adottato sulla base di una valutazione dell’incidenza ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat». Questa è certamente un’indicazione del fatto che esso soddisfa le condizioni di cui sopra, tuttavia, il giudice del rinvio dovrebbe ancora considerare se tale valutazione escluda effettivamente che le emissioni di azoto consentite abbiano un’incidenza sui siti protetti.

72.      Dubbi sono inoltre suscitati dal fatto che la quantità di emissioni di azoto consentite si fonderebbe su un compromesso politico e sarebbe stata fissata con l’obiettivo di permettere la prosecuzione dell’operatività degli allevamenti ittici esistenti (37). Ciò dà l’impressione che tale determinazione non sia volta a prevenire su base scientifica le incidenze significative sulle aree protette.

73.      In definitiva, tuttavia, la valutazione della solidità scientifica del piano di gestione del bacino idrografico per il periodo 2015‑2021 spetta ai giudici nazionali.

74.      In funzione del risultato di tale valutazione, il piano di gestione del bacino idrografico 2015‑2021 può dissipare qualsiasi dubbio circa il fatto che le emissioni di azoto dell’allevamento controverso in questione potrebbero incidere significativamente sui siti protetti. In tal caso non sarebbe necessaria una valutazione ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat», quantomeno con riferimento a dette emissioni.

75.      Se il piano di gestione del bacino idrografico 2015‑2021 non permette di dissipare tali dubbi, ad esempio in ragione di lacune nelle sue basi scientifiche, la rinuncia a una valutazione individuale dei progetti interessati ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, della direttiva «habitat», è preclusa.

76.      Di conseguenza, alla seconda questione occorre rispondere nel senso che la determinazione, in un piano di gestione del bacino idrografico, della portata dell’impatto ambientale autorizzato di talune attività può essere rilevante in sede di esame preliminare della necessità di una valutazione dell’incidenza di tali attività ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», qualora tale determinazione escluda qualsiasi dubbio circa il fatto che l’impatto delle attività interessate cui si riferisce pregiudichi in modo significativo il sito in questione.

C.      Terza questione – Piano di gestione del bacino idrografico 20152021 e programma Natura 2000 nella valutazione dell’incidenza

77.      La terza questione riguarda la presa in considerazione, per la zona protetta interessata, del piano di gestione del bacino idrografico 2015‑2021 e del programma Natura 2000 nell’ambito di una valutazione dell’incidenza che diventa necessaria qualora l’esame preliminare non consenta di dissipare ogni dubbio circa l’incidenza significativa sui siti protetti.

78.      Tale valutazione dell’incidenza deve contenere rilievi completi, precisi e definitivi, atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti sul sito protetto in questione (38).

79.      Stando alle considerazioni relative alla seconda questione, se il piano di gestione del bacino idrografico 2015‑2021 contenesse tali rilievi, è molto probabile che una valutazione dell’incidenza non sarebbe necessaria, quantomeno per quanto riguarda eventuali danni arrecati dai depositi di azoto.

80.      Per contro, se una valutazione dell’incidenza fosse necessaria in quanto il piano di gestione del bacino idrografico 2015‑2021 non consente di dissipare ogni dubbio quanto ai depositi di azoto, occorrerebbe essere prudenti anche nella presa in considerazione di tale piano nell’ambito della valutazione dell’incidenza.

81.      Se le emissioni di azoto provenienti da altre fonti previste dal piano sono attendibili, esse potrebbero quanto meno essere utilizzate per determinare l’impatto che l’allevamento ittico oggetto della valutazione produce congiuntamente ad altri piani e progetti.

82.      Tuttavia, il fatto che tali effetti cumulativi non pregiudichino l’integrità del sito in quanto tale può essere dedotto dal piano solo qualora contenga rilievi completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti pregiudizievoli delle emissioni di azoto sui siti protetti.

83.      Ciò è concepibile solo se i dubbi che permangono nell’ambito dell’esame preliminare e che motivano la necessità di una valutazione completa delle incidenze non possono essere considerati ragionevoli dubbi scientifici, quantomeno alla luce di tale valutazione completa.

84.      Del resto, il programma Natura 2000 non è rilevante ai fini della valutazione del pregiudizio all’integrità di tale sito causato dai depositi di azoto. Infatti, tale programma precisa espressamente che esso non contiene obblighi di intervento in materia di qualità dell’acqua, la quale è garantita dal piano di gestione del bacino idrografico, né stabilisce requisiti specifici sulla riduzione dei depositi di azoto, materia anch’essa disciplinata da altre normative.

85.      Occorre dunque rispondere alla terza questione nel senso che documenti quali il piano di gestione del bacino idrografico 2015‑2021 e il programma Natura 2000 del sito protetto sono pertinenti ai fini della valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su siti protetti ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», nei limiti in cui contengono rilievi precisi e definitivi atti a dissipare ogni ragionevole dubbio scientifico sugli effetti del progetto che può incidere sul sito protetto.

V.      Conclusione

86.      Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale nei seguenti termini:

1)      L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, non richiede una nuova valutazione dell’incidenza qualora l’impatto di un’attività non sia stato oggetto di una valutazione completa nell’ambito di un’autorizzazione precedente divenuta definitiva e non siano stati tenuti in considerazione gli effetti cumulativi con altri piani e progetti.

Tuttavia, una nuova autorizzazione prevista dal diritto nazionale per proseguire un’attività rimasta invariata deve essere considerata come un accordo su tale attività ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, il quale presuppone una valutazione dell’incidenza qualora detta autorizzazione decida effettivamente per la prosecuzione dell’attività.

2)      La determinazione, in un piano di gestione del bacino idrografico, della portata dell’impatto ambientale autorizzato di talune attività può essere rilevante in sede di esame preliminare della necessità di una valutazione dell’incidenza di tali attività ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», qualora tale determinazione escluda qualsiasi dubbio circa il fatto che l’impatto delle attività interessate cui si riferisce pregiudichi in modo significativo il sito in questione.

3)      Documenti quali il piano di gestione del bacino idrografico 2015‑2021 e il programma Natura 2000 del sito protetto sono pertinenti ai fini della valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su siti protetti ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», nei limiti in cui contengono rilievi precisi e definitivi atti a dissipare ogni ragionevole dubbio scientifico sugli effetti del progetto che può incidere sul sito protetto.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7), come modificata dalla direttiva 2013/17/UE del Consiglio, del 13 maggio 2013, che adegua talune direttive in materia di ambiente a motivo dell’adesione della Repubblica di Croazia (GU 2013, L 158, pag. 193).


3      Direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 2010, L 20, pag. 7) come modificata dalla direttiva 2013/17.


4      Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1), modificata da ultimo dalla direttiva 2014/52/UE (GU 2014, L 124, pag. 1).


5      Il punto 19 della domanda di pronuncia pregiudiziale fa riferimento all’articolo 70, paragrafo 2, e al punto I 205 dell’allegato 2 del Bekendtgørelse nr. 1458 af 12. december 2017 om godkendelse af listevirksomhed (godkendelsesbekendtgørelsen) [decreto n. 1458 del 12 dicembre 2017, relativo all’autorizzazione delle attività elencate]. Tale obbligo era stato verosimilmente inizialmente introdotto dall’articolo 3, paragrafo 3, seconda frase, del Bekendtgørelse om ændring af bekendtgørelse om godkendelse af listevirksomhed (BEK nr. 143 af 01/03/2006).


6      Bekendtgørelse nr. 188 af 26. februar 2016 om udpegning og administration af internationale naturbeskyttelsesområder (habitatbekendtgørelsen) [decreto n. 188, del 26 febbraio 2016, relativo alla designazione e alla gestione di zone naturali protette internazionali].


7      Così, il decimo considerando della direttiva «habitat», nonché, tra le versioni linguistiche originarie della stessa, le versioni in lingua spagnola, greca, inglese, francese, neerlandese e portoghese.


8      Sentenze del 10 gennaio 2006, Commissione/Germania (C‑98/03, EU:C:2006:3, punti 44 e 51), del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 136), e del 9 settembre 2020, Friends of the Irish Environment (C‑254/19, EU:C:2020:680, punto 26).


9      Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 34), del 29 giugno 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 117), e del 9 settembre 2020, Friends of the Irish Environment (C‑254/19, EU:C:2020:680, punto 25).


10      In tal senso sentenza del 20 ottobre 2005, Commissione/Regno Unito (C‑6/04, EU:C:2005:626, punto 58).


11      In tal senso, sentenza del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment UA e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punti da 78 a 83).


12      Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 37), e del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg (C‑226/08, EU:C:2010:10, punto 49).


13      Sentenze del 14 gennaio 2016, Grüne Liga Sachsen e a. (C‑399/14, EU:C:2016:10, punti 41 e 42), del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment UA e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 85), nonché del 24 giugno 2021, Commissione/Spagna (Deterioramento dell’area naturale della Doñana) (C‑559/19, EU:C:2021:512, punti 153 e 155).


14      Sentenza del 10 novembre 2016, Commissione/Grecia (Kyparissia) (C‑504/14, EU:C:2016:847, punto 41) nonché mie conclusioni nelle cause Commissione/Bulgaria (Kaliakra) (C‑141/14, EU:C:2015:528, paragrafo 86) e Commissione/Grecia (Kyparissia) (C‑504/14, EU:C:2016:105, paragrafo 40).


15      Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 26), del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment UA e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 60), nonché del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑559/17, EU:C:2019:622, punto 122).


16      Cfr. sentenza del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment UA e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 72).


17      Cfr. sentenze del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment UA e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punti da 63 a 66), nonché del 9 settembre 2020, Friends of the Irish Environment (C‑254/19, EU:C:2020:680, punto 29).


18      Sentenza del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment UA e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punti da 68 a 70).


19      V., a titolo illustrativo, mie conclusioni nelle cause riunite Coöperatie Mobilisation for the Environment UA e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:622, segnatamente, paragrafi 61 e segg., e 104 e segg.).


20      Sentenze del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg (C‑226/08, EU:C:2010:10, punti 47 e 48), nonché del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment UA e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punti da 78 a 80).


21      Sentenza del 14 gennaio 2010, Stadt Papenburg (C‑226/08, EU:C:2010:10, punti 11, 47 e 48).


22      V., in tal senso, sentenze del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 130), e del 9 settembre 2020, Friends of the Irish Environment (C‑254/19, EU:C:2020:680, punti 38 e 39). V., anche, sentenza del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 28).


23      V., supra, nota 5.


24      Sentenza del 24 febbraio 2022, Namur-Est Environnement (C‑463/20, EU:C:2022:121, punti 48 e 58).


25      Articolo 6, paragrafi 1 e 2, nonché articolo 7, paragrafo 7, punto 6, del decreto «habitat» danese.


26      Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punti 41 e 43), e del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 119).


27      Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 44), e del 29 luglio 2019, Inter-Environnement Wallonie e Bond Beter Leefmilieu Vlaanderen (C‑411/17, EU:C:2019:622, punto 134).


28      Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 48), del 15 maggio 2014, Briels e a. (C‑521/12, EU:C:2014:330, punto 20), e del 12 aprile 2018, People Over Wind e Sweetman (C‑323/17, EU:C:2018:244, punto 34).


29      Sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 44), del 26 maggio 2011, Commissione/Belgio (C‑538/09, EU:C:2011:349, punto 41), e del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment UA e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 114).


30      V., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2020, Friends of the Irish Environment (C‑254/19, EU:C:2020:680, punto 54).


31      Sentenza del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment UA e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 96).


32      Sentenza del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment UA e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punto 101).


33      V. supra, paragrafo 57.


34      Cfr. mie conclusioni nelle cause riunite Coöperatie Mobilisation for the Environment UA e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:622, paragrafo 49 e segg.).


35      Cfr. mie conclusioni nelle cause riunite Coöperatie Mobilisation for the Environment UA e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:622, paragrafo 41).


36      Sentenza del 7 novembre 2018, Coöperatie Mobilisation for the Environment UA e a. (C‑293/17 e C‑294/17, EU:C:2018:882, punti da 126 a 130).


37      Punto 12 della domanda di pronuncia pregiudiziale, nonché pagg. 5 e 74 del piano di gestione del bacino idrografico.


38      Sentenze dell’11 aprile 2013, Sweetman e a. (C‑258/11, EU:C:2013:220, punto 44), del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża) (C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 114), e del 9 settembre 2020, Friends of the Irish Environment (C‑254/19, EU:C:2020:680, punto 55).