Language of document : ECLI:EU:T:2012:161

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

28 marzo 2012 (*)

«Marchio comunitario — Opposizione — Domanda di marchio comunitario figurativo OUTBURST — Marchio nazionale denominativo anteriore OUTBURST — Uso effettivo del marchio anteriore — Articolo 43, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 40/94 [divenuto articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 207/2009] — Produzione di prove per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso — Articolo 74, paragrafo 2, del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009) — Regola 22, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2868/95»

Nella causa T‑214/08,

Paul Alfons Rehbein (GmbH & Co.) KG, con sede a Glinde (Germania), rappresentata da T. Lampel, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), rappresentato da D. Botis e P. Geroulakos, in qualità di agenti,

convenuto,

controinteressati nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’UAMI:

Hervé Dias Martinho, residente a Plessis‑Trévise (Francia),

Manuel Carlos Dias Martinho, residente a Plessis‑Trévise,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della seconda commissione di ricorso dell’UAMI del 13 marzo 2008 (procedimento R 1261/2007‑2), relativa ad un procedimento d’opposizione tra, da un lato, Paul Alfons Rehbein (GmbH & Co.) KG e, dall’altro, Hervé Dias Martinho e Manuel Carlos Dias Martinho,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto dai sigg. S. Papasavvas, presidente, V. Vadapalas e K. O’Higgins (relatore), giudici,

cancelliere: sig.ra S. Spyropoulos, amministratore

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 9 giugno 2008,

visto il controricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 31 ottobre 2008,

vista la replica depositata nella cancelleria del Tribunale il 12 gennaio 2009,

vista la risposta della ricorrente alla richiesta di produzione documentale rivolta dal Tribunale,

vista la risposta dell’UAMI al quesito scritto posto dal Tribunale,

in seguito all’udienza del 24 novembre 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 2 marzo 2005 Hervé Dias Martinho e Manuel Carlos Dias Martino depositavano una domanda di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), ai sensi del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU L 78, pag. 1)].

2        Il marchio del quale era chiesta la registrazione è il segno figurativo di seguito riprodotto:

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3        I prodotti per i quali era chiesta la registrazione appartengono segnatamente alle classi 18 e 25 dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ognuna di queste classi, alla seguente descrizione:

—        classe 18: «Bauli e valigie, ombrelli, portafogli, portamonete non in metallo prezioso; borsette, zaini, valigie trolley, borse da viaggio, borse da spiaggia; bauletti portatrucco»;

—        classe 25: «Abbigliamento, calzature, cappelleria, camicie, abbigliamento in pelle od in similpelle, cinture (abbigliamento), guanti (abbigliamento), foulard, maglieria, calzini, pantofole, calzature da spiaggia, calzature da sci o per lo sport, biancheria intima; tute, in particolare mute per il surf, tute da sci».

4        La domanda di marchio comunitario veniva pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 39/2005 del 26 settembre 2005.

5        Il 23 dicembre 2005 la ricorrente, Paul Alfons Rehbein (GmbH & Co.) KG, proponeva opposizione, ai sensi dell’articolo 42 del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 41 del regolamento n. 207/2009), avverso la registrazione del marchio richiesto per tutti i prodotti menzionati al precedente punto 3.

6        L’opposizione era fondata sul marchio denominativo OUTBURST, registrato in Germania il 31 agosto 1999 con il numero 39940713, per designare prodotti appartenenti alla classe 25, ai sensi dell’Accordo di Nizza, e corrispondenti alla seguente descrizione: «Abbigliamento, calzature e articoli di cappelleria».

7        L’opposizione era fondata su tutti i prodotti coperti dal marchio anteriore.

8        Il motivo dedotto a sostegno dell’opposizione era quello indicato all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94 [divenuto articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009].

9        Il 10 luglio 2006 Hervé Dias Martinho e Manuel Carlos Dias Martinho chiedevano che la ricorrente fornisse la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore, conformemente all’articolo 43, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 42, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 207/2009).

10      Con lettera del 12 luglio 2006, l’UAMI invitava la ricorrente a fornire la prova suddetta entro due mesi, vale a dire al più tardi il 13 settembre 2006.

11      In risposta a tale lettera, l’11 settembre 2006 la ricorrente presentava i seguenti elementi di prova:

—        una dichiarazione scritta del suo amministratore delegato, datata 25 agosto 2006, in cui quest’ultimo affermava che la sua controllata, la Heinrich Nickel GmbH & Co. KG, utilizzava ampiamente, dal 2000, il marchio anteriore per abbigliamento sportivo, precisando, per ogni anno relativo al periodo 2000‑2005, l’importo delle vendite di capi di abbigliamento recanti tale marchio realizzate da detta controllata, nonché il numero di tali capi di abbigliamento;

—        un elenco delle vendite di capi di abbigliamento recanti il marchio anteriore realizzate per ogni anno relativo al periodo 2000‑2005 ordinato per cliente, un elenco delle medesime vendite, ma ordinato per tipologia di capo di abbigliamento, diversi buoni d’ordine, bolle di consegna e fatture, due pagine (di cui una datata agosto 2004) tratte da due cataloghi pubblicati per fiere commerciali, fotografie ed etichette di capi di abbigliamento e due pagine tratte da una brochure pubblicitaria; tali documenti giustificativi sono stati allegati alla dichiarazione scritta di cui sopra;

—        una dichiarazione scritta dell’amministratore delegato di una società, datata 4 settembre 2006, nella quale egli affermava che tale società aveva acquistato dalla Heirich Nickel capi di abbigliamento sportivo recanti il marchio anteriore e li aveva rivenduti «su ampia scala» ai suoi dettaglianti almeno a partire dal 2000, precisando, per ogni anno relativo al periodo 2000‑2005, l’importo di tali acquisti nonché il numero dei capi acquistati.

12      Con decisione del 26 giugno 2007, la divisione di opposizione respingeva integralmente l’opposizione in quanto la ricorrente non aveva fornito la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore.

13      L’8 agosto 2007 la ricorrente proponeva ricorso dinanzi all’UAMI, ai sensi degli articoli 57‑62 del regolamento n. 40/94 (divenuti articoli 58‑64 del regolamento n. 207/2009) avverso la decisione della divisione di opposizione. Il 23 ottobre 2007 essa depositava dinanzi all’UAMI la sua memoria recante i motivi di ricorso, nel cui allegato produceva elementi di prova integrativi di quelli già prodotti in primo grado.

14      Con decisione del 13 marzo 2008 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la seconda commissione di ricorso dell’UAMI respingeva il ricorso. Quanto agli elementi di prova prodotti dalla ricorrente l’11 settembre 2006 (v. punto 11 supra), la commissione di ricorso riteneva che essi fossero «nel complesso» insufficienti a dimostrare un uso effettivo del marchio nazionale anteriore. Quanto agli elementi di prova integrativi, la commissione di ricorso, riferendosi all’articolo 43, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 40/94, nonché alla regola 22, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 sul marchio comunitario (GU L 303, pag. 1), considerava che essi fossero tardivi, in quanto prodotti oltre la scadenza del termine impartito dall’UAMI (v. punto 10 supra), e che non esistevano elementi nuovi che avrebbero potuto giustificare tale tardiva produzione. Date tali premesse, la commissione di ricorso riteneva che non fosse necessario esaminare i requisiti per l’esistenza di un rischio di confusione.

 Conclusioni delle parti

15      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

—        annullare la decisione impugnata;

—        condannare l’UAMI alle spese.

16      L’UAMI chiede che il Tribunale voglia:

—        respingere il primo motivo come infondato;

—        nell’ipotesi in cui il Tribunale dichiari che la regola 22, paragrafo 2, del regolamento n. 2868/95 trova applicazione nella fattispecie, respingere del pari il secondo motivo come infondato, respingere integralmente il ricorso e condannare la ricorrente alle spese;

—        nell’ipotesi in cui il Tribunale dichiari che la regola 22, paragrafo 2, del regolamento n. 2868/95 non trova applicazione nella fattispecie, rinviare la causa dinanzi alla commissione di ricorso affinché essa eserciti il proprio potere discrezionale ai sensi dell’articolo 74, paragrafo 2, del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 76, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009) e condannare l’UAMI a sopportare le sole spese da esso sostenute.

 In diritto

17      La ricorrente invoca due motivi vertenti, rispettivamente, sulla violazione del combinato disposto dell’articolo 43, paragrafi 2 e 3, e dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 40/94 (divenuto articolo 78, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009), nonché della regola 22, paragrafo 3, del regolamento n. 2868/95, e sulla violazione del combinato disposto dell’articolo 74, paragrafo 2, del regolamento n. 40/94 e della regola 22, paragrafo 2, del regolamento n. 2868/95.

18      Il primo motivo mira a stabilire se gli elementi di prova forniti dalla ricorrente dinanzi alla divisione di opposizione entro il termine impartito dimostrino in misura sufficiente l’uso effettivo del marchio anteriore ed il secondo se la commissione di ricorso avrebbe dovuto tenere parimenti conto di quelli prodotti per la prima volta dinanzi ad essa.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione del combinato disposto dell’articolo 43, paragrafi 2 e 3, e dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 40/94, nonché della regola 22, paragrafo 3, del regolamento n. 2868/95

19      Come risulta dal nono considerando del regolamento n. 40/94, il legislatore ha ritenuto che la tutela di un marchio anteriore sia giustificata soltanto nei limiti in cui quest’ultimo sia stato effettivamente utilizzato. Conformemente a tale considerando, l’articolo 43, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 40/94 dispone che il richiedente un marchio comunitario possa richiedere la prova che il marchio anteriore sia stato oggetto di un uso effettivo nel territorio in cui è protetto nei cinque anni che precedono la pubblicazione della domanda di marchio che è stata oggetto di un’opposizione.

20      Ai sensi della regola 22, paragrafo 3, del regolamento n. 2868/95, la prova dell’utilizzazione deve riguardare il luogo, la durata, la rilevanza e la natura dell’uso del marchio anteriore [v. sentenza del Tribunale del 10 settembre 2008, Boston Scientific/UAMI — Terumo (CAPIO), T‑325/06, non pubblicata nella Raccolta, punto 27 e giurisprudenza ivi citata].

21      Nell’interpretare la nozione di uso effettivo, occorre considerare il fatto che la ratio legis della necessità che il marchio anteriore debba essere stato oggetto di un uso effettivo per essere opponibile ad una domanda di marchio comunitario consiste nel limitare conflitti fra due marchi, purché non vi sia un legittimo motivo economico derivante da una funzione effettiva del marchio sul mercato [sentenza del Tribunale del 12 marzo 2003, Goulbourn/UAMI — Redcats (Silk Cocoon), T‑174/01, Racc. pag. II‑789, punto 38]. Per contro, le disposizioni richiamate ai precedenti punti 19 e 20 non sono dirette a valutare il successo commerciale né a controllare la strategia economica di un’impresa né a riservare la tutela dei marchi solamente a loro sfruttamenti commerciali rilevanti sotto il profilo quantitativo [v., in tal senso, sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, Sunrider/UAMI — Espadafor Caba (VITAFRUIT), T‑203/02, Racc. pag. II‑2811, punti 36‑38 e giurisprudenza ivi citata].

22      Un marchio è oggetto di un uso effettivo quando, conformemente alla sua funzione essenziale che è di garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, è usato al fine di creare o mantenere uno sbocco per tali prodotti e servizi, restando esclusi gli usi simbolici, che hanno il solo scopo di conservare i diritti conferiti dal marchio (v., per analogia, sentenza della Corte dell’11 marzo 2003, Ansul, C‑40/01, Racc. pag. I‑2439, punto 43). Inoltre, il presupposto dell’uso effettivo del marchio richiede che quest’ultimo, quale è tutelato nel territorio pertinente, sia usato pubblicamente e verso l’esterno (sentenza VITAFRUIT, punto 21 supra, punto 39; v. parimenti, in tal senso e per analogia, sentenza Ansul, cit., punto 37).

23      La valutazione dell’effettività dell’uso del marchio deve basarsi sull’insieme dei fatti e delle circostanze atti a provare che esso è oggetto di uno sfruttamento commerciale reale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o creare quote di mercato per i prodotti o i servizi tutelati dal marchio, la natura di tali prodotti o servizi, le caratteristiche del mercato, l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio (sentenza VITAFRUIT, punto 21 supra, punto 40; v., in tal senso e per analogia, sentenza Ansul, punto 22 supra, punto 43).

24      Per quanto riguarda la rilevanza dell’uso del marchio anteriore, occorre tener conto, in particolare, da un lato, del volume commerciale di tutti gli atti d’uso e, dall’altro, della durata del periodo nel corso del quale sono stati compiuti atti d’uso nonché della frequenza di tali atti [sentenze del Tribunale, VITAFRUIT, punto 21 supra, punto 41, e dell’8 luglio 2004, MFE Marienfelde/UAMI — Vétoquinol (HIPOVITON), T‑334/01, Racc. pag. II‑2787, punto 35].

25      Per esaminare, in un caso concreto, l’effettività dell’uso di un marchio anteriore, occorre compiere una valutazione complessiva tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie (sentenza VITAFRUIT, punto 21 supra, punto 42). Peraltro, l’uso effettivo di un marchio non può essere dimostrato da probabilità o da presunzioni, ma deve basarsi su elementi concreti ed oggettivi che provino un uso effettivo e sufficiente del marchio sul mercato di riferimento [sentenze del Tribunale del 12 dicembre 2002, Kabushiki Kaisha Fernandes/UAMI — Harrison (HIWATT), T‑39/01, Racc. pag. II‑5233, punto 47, e del 6 ottobre 2004, Vitakraft‑Werke Wührmann/UAMI — Krafft (VITAKRAFT), T‑356/02, Racc. pag. II‑3445, punto 28].

26      Nel caso di specie, la commissione di ricorso ha ritenuto, al punto 23 della decisione impugnata, che gli elementi di prova prodotti dalla ricorrente l’11 settembre 2006 (v. punto 11 supra) fossero «nel complesso» insufficienti a dimostrare un uso effettivo del marchio anteriore in Germania nel periodo rilevante.

27      La ricorrente ritiene, invece, che detti elementi di prova, considerati nel loro complesso, dimostrino chiaramente un simile uso effettivo.

28      L’UAMI condivide la valutazione compiuta dalla commissione di ricorso.

29      Dinanzi alla divisione di opposizione, per dimostrare l’uso effettivo del marchio anteriore, la ricorrente ha prodotto una dichiarazione scritta del suo amministratore delegato, alla quale erano allegati diversi documenti giustificativi, nonché una dichiarazione scritta resa dall’amministratore delegato di una società cliente della sua controllata Heinrich Nickel (v. punto 11 supra).

30      Con riferimento alla prima dichiarazione scritta, la commissione di ricorso, innanzitutto, ha ritenuto, al punto 17 della decisione impugnata, che essa non poteva avere l’efficacia probatoria «a pieno titolo» di una dichiarazione scritta ai sensi dell’articolo 76, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 40/94. Essa ha precisato che, invero, affinché tale dichiarazione potesse avere una simile efficacia, spettava all’interessato dimostrare che, secondo la legislazione dello Stato in cui era stata resa, «[essa era] qualificata come dichiarazione “fatta sotto il vincolo del giuramento” o “in forma solenne” o, per lo meno, [aveva] un effetto equivalente». Orbene, nella fattispecie, la ricorrente non avrebbe precisato quali fossero le disposizioni del diritto tedesco che sanzionavano «una falsa dichiarazione dinanzi all’[UAMI] nel corso di un procedimento pendente relativo ad un marchio comunitario allo stesso modo di una falsa dichiarazione fatta sotto il vincolo del giuramento resa dinanzi alle autorità tedesche». Inoltre, al punto 18 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha precisato che il mero fatto che la dichiarazione scritta di cui trattasi non sia stata resa «nella forma prescritta» dalla citata disposizione non era, tuttavia, sufficiente a concludere che essa fosse priva di qualsiasi efficacia probatoria. Infatti, l’UAMI avrebbe potuto tenerne conto nel corso del suo «esame complessivo» dei documenti che gli sarebbero stati presentati, ed essa avrebbe potuto agevolare la «valutazione sistematica» e la comprensione dei diversi documenti presentati a titolo di prova, nonché completare le informazioni contenute in questi ultimi. Sarebbe stato necessario, tuttavia, che le affermazioni contenute nella dichiarazione scritta fossero state suffragate da elementi di prova integrativi ed oggettivi. Infine, ai punti 19‑21 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato che i documenti giustificativi allegati alla dichiarazione scritta di cui trattasi, ad eccezione della pagina datata agosto 2004 di uno dei due cataloghi di fiere commerciali, non dimostravano a sufficienza il luogo, la durata e la rilevanza dell’uso del marchio anteriore.

31      Con riferimento alla seconda dichiarazione scritta, la commissione di ricorso, innanzitutto, ha indicato, al punto 22 della decisione impugnata, che, benché potesse essere considerata una «prova ammissibile», era necessario effettuare un esame complessivo dei documenti del fascicolo, tenendo conto di tutti i fattori pertinenti. Essa ha ritenuto, inoltre, che «una dichiarazione fatta sotto il vincolo del giuramento resa da un cliente della parte interessata ed una pagina di un catalogo non [apportavano] la prova di un uso costante, stabile e concreto del marchio da parte dell’opponente, che po[tesse] equivalere ad un uso effettivo di tale marchio».

32      In primo luogo, per quanto attiene alla dichiarazione scritta dell’amministratore delegato della ricorrente, innanzitutto occorre ricordare che l’articolo 76, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 40/94 prevede come mezzo di prova dell’utilizzo del marchio, in forza del rinvio della regola 22 del regolamento n. 2868/95, «le dichiarazioni scritte fatte sotto il vincolo del giuramento o in forma solenne, ovvero che, conformemente alle disposizioni del diritto dello Stato in cui viene redatta la dichiarazione, abbiano effetto equivalente». Ne risulta che occorre ricercare nella legislazione dello Stato membro interessato gli effetti di una dichiarazione scritta soltanto nel caso in cui una tale dichiarazione non sia stata fatta sotto il vincolo del giuramento o in forma solenne [sentenza del Tribunale del 7 giugno 2005, Lidl Stiftung/UAMI — REWE‑Zentral (Salvita), T‑303/03, Racc. pag. II‑1917, punto 40]. Nel caso di specie, è pacifico che la dichiarazione scritta dell’amministratore delegato della ricorrente è una dichiarazione solenne e che è stata dichiarata ammissibile, in quanto tale, dalla commissione di ricorso. Quindi, senza che sia necessario analizzarne gli effetti in diritto tedesco, tale dichiarazione scritta fa parte dei mezzi di prova previsti dall’articolo 76, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 40/94, al quale rinvia la regola 22 del regolamento n. 2868/95 (sentenza Salvita, cit., punto 40).

33      Inoltre, occorre rilevare che, al punto 17 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha erroneamente considerato che una simile dichiarazione scritta poteva avere efficacia probatoria «a pieno titolo» dinanzi all’UAMI, soltanto se conformemente alle disposizioni del diritto nazionale interessato, poteva essere qualificata come dichiarazione resa «sotto il vincolo del giuramento» o «in forma solenne», o come avente almeno effetto equivalente. Sempre erroneamente la commissione di ricorso si è rifiutata di riconoscere un’efficacia probatoria «a pieno titolo» alla dichiarazione scritta dell’amministratore delegato della ricorrente, con la motivazione che quest’ultima non aveva precisato quali fossero le disposizioni del diritto tedesco che sanzionavano una falsa dichiarazione. Infatti, nulla nel regolamento n. 40/94 né nel regolamento n. 2868/95 permette di concludere che l’efficacia probatoria degli elementi di prova dell’uso del marchio, ivi comprese le dichiarazioni solenni, dovrebbe essere valutata alla luce della normativa nazionale di uno Stato membro (sentenza Salvita, punto 32 supra, punto 42). È peraltro giocoforza constatare che l’UAMI ha espressamente riconosciuto, rispondendo al quesito rivoltogli dal Tribunale, che le affermazioni contenute al punto 17 della decisione impugnata si discostavano dalla posizione adottata nella sentenza Salvita, punto 32 supra. L’UAMI ha così ammesso — correttamente — che, «indipendentemente dalla situazione al riguardo del diritto nazionale, l’efficacia probatoria di una dichiarazione scritta nel contesto di un procedimento dinanzi all’[UAMI era] relativa, vale a dire che il suo contenuto [doveva] essere valutato liberamente».

34      Tuttavia, tali errori sono irrilevanti in ordine alla fondatezza dell’analisi della commissione di ricorso, dato che non hanno condotto quest’ultima a negare qualsiasi efficacia probatoria alla dichiarazione scritta dell’amministratore delegato della ricorrente. Risulta, infatti, dai punti 18‑23 della decisione impugnata che, così come le spettava (v., in tal senso, sentenza Salvita, punto 32 supra, punto 41), la commissione di ricorso ha tenuto debitamente conto di tale dichiarazione scritta nell’ambito di una valutazione complessiva degli elementi versati agli atti. Vero è che, al punto 18 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha considerato che detta dichiarazione scritta non era di per sé sufficiente e che le affermazioni in essa contenute dovevano essere suffragate da elementi integrativi «oggettivi». Tuttavia, così come correttamente rilevato dall’UAMI, tale posizione deve essere approvata, dal momento che detta dichiarazione era stata resa da un amministratore delegato della ricorrente e non da una persona estranea o indipendente [v., in tal senso, sentenza Salvita, punto 32 supra, punti 43‑45, e sentenza del Tribunale del 16 dicembre 2008, Deichmann-Schuhe/UAMI — Design for Woman (DEITECH), T‑86/07, Racc. pag. II-321, punto 50]. A tal proposito si deve ricordare che, per valutare l’efficacia probatoria di un documento, si deve innanzitutto verificare la verosimiglianza dell’informazione in esso contenuta. Si devono pertanto considerare, in particolare, la provenienza del documento, le circostanze in cui esso è stato elaborato, il suo destinatario e chiedersi se, in base al suo contenuto, esso appaia ragionevole e affidabile (sentenze Salvita, cit., punto 42, e DEITECH, cit., punto 47).

35      Nel caso di specie, la dichiarazione scritta dell’amministratore delegato della ricorrente contiene indicazioni sull’uso del marchio anteriore, relative al luogo (Germania), alla durata (periodo 2000‑2005), all’importanza (fatturato annuale e quantitativo degli articoli venduti annualmente) ed alla natura dei prodotti designati (capi di abbigliamento sportivo, in particolare giacche, impermeabili, abbigliamento da sci, pantaloni, jeans, magliette, …). È giocoforza constatare che, come correttamente ha concluso la commissione di ricorso, tali indicazioni non sono tuttavia suffragate in modo sufficiente dagli elementi allegati a detta dichiarazione scritta.

36      Infatti, l’elenco delle vendite annuali realizzate nel corso del periodo 2000‑2005, ordinato per cliente e lo stesso elenco, ordinato per tipologia di capo di abbigliamento, oltre al fatto di provenire, a loro volta, dalla ricorrente medesima, non contengono alcun riferimento al marchio anteriore. I buoni d’ordine, le bolle di consegna e le fatture, oltre al fatto di non riportare neanch’essi il marchio anteriore, come peraltro espressamente riconosciuto dalla ricorrente nelle sue memorie, riguardano soltanto gli anni 2004‑2006. Il solo marchio presente in questi ultimi documenti è il marchio figurativo Nickel Sportswear. Le fotografie e le etichette di capi di abbigliamento non forniscono alcuna informazione relativa al luogo, al periodo ed al quantitativo di prodotti effettivamente venduti con il marchio anteriore, il che, del resto, è ammesso espressamente dalla ricorrente nelle sue memorie. Lo stesso dicasi per la seconda delle due pagine tratte dai cataloghi di fiere commerciali, nonché per le due pagine tratte dalla brochure pubblicitaria. Per quanto riguarda quest’ultima brochure, occorre rilevare, in particolare, che la sua mera esistenza non dimostra né il fatto che essa sia stata distribuita alla potenziale clientela tedesca né la rilevanza della sua eventuale distribuzione né la quantità di vendite realizzate di prodotti protetti dal marchio anteriore (v., in tal senso, sentenza VITAKRAFT, punto 25 supra, punto 34). L’unico elemento minimamente pertinente, benché ampiamente insufficiente in sé, perché non fornisce alcuna indicazione sulla rilevanza dell’uso, è il fatto che una delle pagine tratte da uno dei due cataloghi summenzionati riporti la data del mese di agosto 2004.

37      La ricorrente non può sostenere che le indicazioni contenute nella dichiarazione scritta del suo amministratore delegato sono idonee a colmare le lacune constatate al precedente punto 36. Infatti, così come correttamente rilevato dall’UAMI, sono le indicazioni contenute nella dichiarazione scritta che devono essere suffragate da altri elementi e non il contrario.

38      Inoltre, dal momento che la dichiarazione scritta dell’amministratore delegato di una società cliente di una controllata della ricorrente proviene da una società estranea a quest’ultima, essa è sufficiente, di per sé, ad attestare alcuni fatti. Tuttavia, così come correttamente rilevato dalla commissione di ricorso al punto 22 della decisione impugnata, detta dichiarazione scritta, la quale riguarda soltanto alcuni acquisti realizzati da un unico cliente di una controllata della ricorrente, permette soltanto di dimostrare l’esistenza di un uso molto limitato del marchio anteriore in Germania nel corso del periodo rilevante.

39      Alla luce delle considerazioni svolte ai precedenti punti 34‑38, occorre considerare, alla stregua della commissione di ricorso, che, valutati nel loro complesso, i diversi elementi di prova prodotti dalla ricorrente dinanzi alla divisione di opposizione entro il termine impartito non sono sufficienti a dimostrare che il marchio anteriore è stato oggetto di un uso esteso, costante ed effettivo in Germania nel corso del periodo rilevante. Pertanto, occorre concludere che la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore ritenendo che la prova dell’uso effettivo del marchio anteriore non fosse stata fornita nella fattispecie entro il termine impartito.

40      Di conseguenza, il primo motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione del combinato disposto dell’articolo 74, paragrafo 2, del regolamento n. 40/94 e della regola 22, paragrafo 2, del regolamento n. 2868/95

41      Ai sensi dell’articolo 74, paragrafo 2, del regolamento n. 40/94, l’UAMI può non tener conto dei fatti che le parti non hanno invocato o delle prove che esse non hanno prodotto in tempo utile.

42      Secondo una giurisprudenza costante, emerge dal tenore letterale dell’articolo 74, paragrafo 2, del regolamento n. 40/94 che, come regola generale e salvo disposizione contraria, la deduzione di fatti e di prove ad opera delle parti rimane possibile dopo la scadenza dei termini ai quali è subordinata una tale deduzione in applicazione delle disposizioni di tale regolamento e che non è affatto proibito per l’UAMI tenere conto di fatti e prove così tardivamente dedotti o prodotti [sentenza della Corte del 13 marzo 2007, UAMI/Kaul, C‑29/05 P, Racc. pag. I‑2213, punto 42; sentenze del Tribunale del 6 novembre 2007, SAEME/UAMI — Racke (REVIAN’s), T‑407/05, Racc. pag. II‑4385, punto 56, e del 12 dicembre 2007, K & L Ruppert Stiftung/UAMI — Lopes de Almeida Cunha e a. (CORPO livre), T‑86/05, Racc. pag. II‑4923, punto 44].

43      La possibilità per le parti nel procedimento dinanzi all’UAMI di dedurre fatti e prove dopo la scadenza dei termini impartiti a tale scopo non esiste in modo incondizionato, ma è subordinata alla condizione che non esistano disposizioni contrarie. Soltanto se tale condizione è soddisfatta, l’UAMI dispone di un potere discrezionale quanto alla presa in considerazione di fatti e prove presentate tardivamente, come la Corte gli ha riconosciuto interpretando l’articolo 74, paragrafo 2, del regolamento n. 40/94 (sentenza CORPO livre, punto 42 supra, punto 47).

44      Orbene, nel caso di specie, esiste una disposizione che si oppone a una presa in considerazione degli elementi presentati dall’opponente per la prima volta dinanzi alla commissione di ricorso, vale a dire l’articolo 43, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 40/94, come attuato dalla regola 22, paragrafo 2, del regolamento n. 2868/95. Quest’ultima disposizione prevede infatti quanto segue:

«Se l’opponente deve fornire la prova dell’utilizzazione o mostrare che vi sono giustificati motivi per la non utilizzazione, l’U[AMI] lo invita a fornire la prova richiesta entro un termine stabilito. Se l’opponente non fornisce tale prova entro la scadenza del termine, l’U[AMI] respinge l’opposizione».

45      Emerge dalla seconda frase di tale disposizione che la presentazione di prove dell’uso del marchio anteriore dopo la scadenza del termine impartito a tale scopo comporta, in linea di principio, il rigetto dell’opposizione, senza che l’UAMI abbia un margine di discrezionalità al riguardo. Infatti, l’uso effettivo del marchio anteriore costituisce una questione preliminare che deve, a tale titolo, essere risolta prima di decidere sull’opposizione vera e propria (sentenza CORPO livre, punto 42 supra, punto 49).

46      Tuttavia, il Tribunale ha dichiarato che la regola 22, paragrafo 2, seconda frase, del regolamento n. 2868/95 non può essere interpretata nel senso che essa osta a che siano considerati ulteriori elementi di prova, in considerazione dell’esistenza di elementi nuovi, anche se sono forniti dopo la scadenza di tale termine (sentenze HIPOVITON, punto 24 supra, punto 56, e CORPO livre, punto 42 supra, punto 50).

47      Nella fattispecie, ai punti 27‑29 della decisione impugnata, la commissione di ricorso, fondandosi sui principi illustrati ai precedenti punti 41‑46, ha considerato che non disponeva di alcun margine di discrezionalità che le permettesse di tenere conto delle prove prodotte per la prima volta dinanzi ad essa dalla ricorrente, perché non esisteva alcun nuovo elemento che giustificasse detta tardiva produzione.

48      La ricorrente ritiene che dette prove avrebbero dovuto essere prese in considerazione dalla commissione di ricorso, dal momento che si limitavano ad integrare ed a chiarire quelle che essa aveva prodotto dinanzi alla divisione di opposizione entro il termine impartito. Essa sostiene che i principi sanciti nella sentenza HIPOVITON, punto 24 supra, si applicano non soltanto nel caso in cui gli elementi di prova tardivi non fossero disponibili prima della scadenza del termine impartito o in quello in cui il richiedente il marchio comunitario abbia invocato nuove circostanze di fatto o sia riuscito a confutare gli elementi di prova forniti dall’opponente, ma anche nel caso in cui la divisione di opposizione abbia considerato questi ultimi elementi di prova insufficienti.

49      L’UAMI condivide l’argomentazione della commissione di ricorso, come richiamata al precedente punto 47. Esso propone, tuttavia, di interpretare la regola 22, paragrafo 2, del regolamento n. 2868/95 nel senso che consente alle commissioni di ricorso di accettare, indipendentemente dall’esistenza di «elementi nuovi», elementi di prova prodotti per la prima volta dinanzi ad esse nell’ipotesi in cui questi ultimi siano «meramente integrativi», ovvero unicamente diretti a completare elementi di prova prodotti in primo grado entro il termine impartito. Detta interpretazione parrebbe soddisfare i criteri delineati dalla Corte nella sentenza UAMI/Kaul, punto 42 supra, per l’ammissione di prove tardive e rispondere al «senso» di detta sentenza. L’UAMI ammette che, se un’interpretazione siffatta dovesse essere accolta nella fattispecie, occorrerebbe constatare che la commissione di ricorso ha erroneamente dichiarato che non disponeva di alcun potere discrezionale in materia e, pertanto occorrerebbe accogliere il secondo motivo e annullare la decisione impugnata. In occasione dell’udienza, l’UAMI ha aggiunto che detta interpretazione si allineava all’orientamento adottato dal Tribunale nelle sue sentenze del 29 settembre 2011, New Yorker SHK Jeans/UAMI — Vallis K. — Vallis A. (FISHBONE) (T‑415/09, Racc. pag. II-336), e del 16 novembre 2011, Buffalo Milke Automotive Polishing Products/UAMI — Werner & Mertz (BUFFALO MILKE Automotive Polishing Products) (T‑308/06, Racc. pag. II‑7881), ed ha affermato di rimettersi al prudente apprezzamento del Tribunale per stabilire se occorreva adottarla anche nella fattispecie.

50      È pacifico tra le parti e risulta dal fascicolo che la ricorrente aveva prodotto dinanzi alla divisione di opposizione, entro il termine impartito, elementi di prova pertinenti volti a dimostrare l’uso effettivo del marchio anteriore, e ciò ritenendo in assoluta buona fede che essi fossero sufficienti a suffragare le sue deduzioni.

51      È altresì pacifico tra le parti e risulta del pari dal fascicolo che gli elementi di prova prodotti per la prima volta dalla ricorrente dinanzi alla commissione di ricorso in allegato alla sua memoria recante i motivi del ricorso, mediante la quale essa chiedeva un completo riesame della questione, erano diretti unicamente a rafforzare o a chiarire il contenuto degli elementi di prova iniziali. Essi non costituivano pertanto le prime ed uniche prove dell’uso.

52      Alla luce delle considerazioni svolte ai precedenti punti 50 e 51, occorre considerare che, nella fattispecie, la commissione di ricorso, contrariamente a quanto essa ha ritenuto nella decisione impugnata, disponeva di un potere discrezionale che le consentiva di prendere o non prendere in considerazione gli elementi di prova integrativi prodotti con la memoria recante i motivi del ricorso.

53      Infatti, la regola 22, paragrafo 2, del regolamento n. 2868/95 deve essere interpretata nel senso che nulla può ostare al fatto che siano presi in considerazione elementi di prova integrativi, che vanno semplicemente ad aggiungersi ad altri elementi prodotti entro il termine impartito, dal momento che le prove iniziali non sono irrilevanti, bensì sono state giudicate insufficienti. Una simile considerazione, che non rende in alcun caso superflua la regola summenzionata, vale a fortiori dal momento che la ricorrente non ha abusato dei termini impartiti, ricorrendo scientemente a strategie dilatorie o dando manifestamente prova di negligenza, e gli elementi di prova integrativi che essa ha presentato si limitano a suffragare gli indizi che risultano già dalle dichiarazioni scritte prodotte entro il termine impartito.

54      Una simile interpretazione non risulta contraddire la giurisprudenza richiamata al precedente punto 46, nella quale le circostanze del caso di specie erano diverse. Nella causa che ha avuto esito nella sentenza HIPOVITON, punto 24 supra, la parte opponente aveva prodotto elementi di prova entro il termine impartito. Successivamente, la parte che aveva richiesto la registrazione del marchio aveva invocato fatti ed argomenti nuovi nella sua memoria depositata dinanzi alla commissione di ricorso. Orbene, il Tribunale ha addebitato alla commissione di ricorso di avere omesso di invitare la parte opponente a replicare a detta memoria ed ha dichiarato che quest’ultima era stata privata della possibilità di valutare l’opportunità di addurre ulteriori elementi di prova. Esso ha aggiunto che la commissione di ricorso non aveva dunque potuto tenere conto di tutti i fattori pertinenti al fine di valutare se l’uso di tale marchio potesse essere ritenuto effettivo e che essa si era così fondata su una base fattuale incompleta (sentenza HIPOVITON, punto 24 supra, punti 54 e 58). Nella causa che ha avuto esito nella sentenza CORPO livre, punto 42 supra, per considerare che l’UAMI non disponeva di un margine discrezionale per prendere in considerazione le prove prodotte oltre il termine impartito, il Tribunale ha espressamente dichiarato che dette prove «non erano prove ulteriori, bensì le prime ed uniche prove dell’uso» dei marchi anteriori invocate in tale causa (sentenza CORPO livre, punto 42 supra, punto 50).

55      La conclusione secondo la quale la commissione di ricorso aveva la possibilità di prendere in considerazione gli elementi di prova integrativi prodotti dinanzi ad essa dalla ricorrente il 23 ottobre 2007 è, peraltro, del tutto conforme ai principi delineati dalla Corte nella sentenza UAMI/Kaul, punto 42 supra. Infatti, al punto 44 di tale sentenza, la Corte ha precisato che la presa in considerazione da parte dell’UAMI, quando è chiamato a statuire nell’ambito di un procedimento d’opposizione, di fatti o prove tardivamente dedotti o prodotti è, in particolare, giustificabile qualora esso ritenga, da un lato, che tali fatti o prove possano, a prima vista, rivestire una reale pertinenza per ciò che riguarda l’esito dell’opposizione proposta dinanzi ad esso e, dall’altro, che la fase del procedimento in cui interviene tale produzione tardiva e le circostanze che l’accompagnano non si oppongano a tale presa in considerazione.

56      Inoltre, nella sentenza UAMI/Kaul, punto 42 supra, la Corte ha giustificato l’ammissione di prove tardive in base ai principi di certezza del diritto e di buona amministrazione, in virtù dei quali l’esame nel merito di un’opposizione deve essere il più completo possibile, al fine di evitare la registrazione di marchi che successivamente potrebbero essere dichiarati nulli (v., in tal senso punti 48, 57 e 58 di tale sentenza). Pertanto tali principi possono prevalere sul principio di efficacia processuale sotteso alla necessità di rispettare i termini, se le circostanze del caso di specie lo giustificano.

57      Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il secondo motivo deve essere accolto.

58      Pertanto, la decisione impugnata deve essere annullata.

59      Inoltre, dato che l’UAMI ha chiesto, in subordine, che il Tribunale voglia rinviare la causa dinanzi alla commissione di ricorso, occorre rilevare che, nell’ambito di un ricorso proposto dinanzi al Tribunale avverso la decisione di una commissione di ricorso, risulta dall’articolo 65, paragrafo 6, del regolamento n. 207/2009, che l’UAMI è tenuto a prendere i provvedimenti necessari per l’esecuzione della sentenza del Tribunale. Pertanto, tale capo delle conclusioni deve essere respinto.

 Sulle spese

60      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

61      Nella fattispecie, l’UAMI, essendo rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese, conformemente alle conclusioni della ricorrente.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI) del 13 marzo 2008 (procedimento R 1261/2007‑2) è annullata.

2)      L’UAMI è condannato alle spese.

Papasavvas

Vadapalas

O’Higgins

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 marzo 2012.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.