Language of document : ECLI:EU:T:2015:255

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

5 maggio 2015 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti dell’Iran allo scopo di impedire la proliferazione nucleare – Congelamento dei capitali – Obbligo di motivazione – Errore di valutazione – Eccezione di illegittimità – Diritto di esercitare un’attività economica – Diritto di proprietà – Protezione della salute, della sicurezza e dell’ambiente – Principio di precauzione – Proporzionalità – Diritti della difesa»

Nella causa T‑433/13,

Petropars Iran Co., con sede in Kish Island (Iran),

Petropars Oilfields Services Co., con sede in Kish Island,

Petropars Aria Kish Operation and Management Co., con sede in Teheran (Iran),

Petropars Resources Engineering Kish Co., con sede in Teheran,

rappresentate da S. Zaiwalla, P. Reddy, Z. Burbeza, solicitors, R. Blakeley, G. Beck, barristers, e M. Brindle, QC,

ricorrenti,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da V. Piessevaux e M. Bishop, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto, da un lato, la domanda di annullamento della decisione 2013/270/PESC del Consiglio, del 6 giugno 2013, che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 156, pag. 10), nonché del regolamento di esecuzione (UE) n. 522/2013 del Consiglio, del 6 giugno 2013, che attua il regolamento (UE) n. 267/2012 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran (GU L 156, pag. 3), e, dall’altro, la domanda di declaratoria di inapplicabilità dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413/PESC del Consiglio, del 26 luglio 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (GU L 195, pag. 39), nonché dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento (UE) n. 267/2012 del Consiglio, del 23 marzo 2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (UE) n. 961/2010 (GU L 88, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da M. Jaeger, presidente, M. van der Woude (relatore) ed E. Buttigieg, giudici,

cancelliere: C. Kristensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 novembre 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Le ricorrenti, Petropars Iran Co. (in prosieguo: la «PPI»), Petropars Oilfields Services Co. (in prosieguo: la «POSCO»), Petropars Aria Kish Operation and Management Co. (in prosieguo: la «POMC») e Petropars Resources Engineering Kish Co. (in prosieguo: la «PRE»), sono società iraniane che operano nei settori del petrolio, del gas e della petrolchimica.

2        La presente causa si iscrive nel contesto delle misure restrittive istituite per indurre la Repubblica islamica dell’Iran a porre fine alle attività nucleari che presentano un rischio di proliferazione nonché allo sviluppo di sistemi di lancio di armi nucleari.

3        Il 9 giugno 2010, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (in prosieguo: il «Consiglio di sicurezza») ha adottato la risoluzione 1929 (2010) [in prosieguo: la «UNSCR 1929 (2010)»], che ha ampliato la portata delle misure restrittive imposte dalle sue risoluzioni 1737 (2006), 1747 (2007) e 1803 (2008) e ha introdotto misure restrittive aggiuntive nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran.

4        Il 17 giugno 2010, il Consiglio europeo ha sottolineato le sue crescenti preoccupazioni riguardo al programma nucleare dell’Iran e si è compiaciuto dell’adozione dell’UNSCR 1929 (2010). Rammentando la sua dichiarazione dell’11 dicembre 2009, esso ha invitato il Consiglio dell’Unione europea ad adottare misure che attuassero quelle contenute nell’UNSCR 1929 (2010), oltre che misure di accompagnamento, nell’obiettivo di contribuire alla risoluzione negoziale di tutte le preoccupazioni che lo sviluppo da parte della Repubblica islamica dell’Iran di tecnologie sensibili a sostegno dei suoi programmi nucleare e missilistico ancora suscitava. Tali misure dovevano essere incentrate sul settore commerciale, sul settore finanziario, sul settore dei trasporti iraniano, sui settori chiave dell’industria del gas naturale e del petrolio nonché su ulteriori indicazioni riguardanti, in particolare, il Corpo dei guardiani della rivoluzione islamica.

5        Il 26 luglio 2010, il Consiglio ha adottato la decisione 2010/413/PESC, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga la posizione comune 2007/140/PESC (GU L 195, pag. 39), il cui allegato II elenca i nomi delle persone e delle entità, diverse da quelle indicate dal Consiglio di sicurezza o dal comitato delle sanzioni istituito dalla risoluzione 1737 (2006), menzionate nell’allegato I, assoggettate a congelamento dei capitali. Il punto 22 di detta decisione fa riferimento alla UNSCR 1929 (2010) precisando che tale risoluzione rileva il potenziale collegamento tra le entrate della Repubblica islamica dell’Iran risultanti dal suo settore dell’energia e il finanziamento di attività nucleari della medesima sensibili in termini di proliferazione.

6        Il 23 gennaio 2012, il Consiglio ha adottato la decisione 2012/35/PESC, che modifica la decisione 2010/413 (GU L 19, pag. 22). Secondo il punto 13 di tale decisione, le restrizioni in materia di ammissione e il congelamento dei fondi e delle risorse economiche dovrebbero essere applicati ad altre persone ed entità che sostengono il governo iraniano consentendogli di esercitare attività nucleari sensibili in termini di proliferazione o di sviluppare sistemi di lancio di armi nucleari, in particolare alle persone e alle entità che danno a detto governo sostegno finanziario, logistico o materiale.

7        L’articolo 1, paragrafo 7, lettera a), sub ii), della decisione 2012/35 ha aggiunto all’articolo 20, paragrafo 1, della decisione 2010/413, che prevede il congelamento dei capitali delle persone e delle entità, la lettera seguente:

«c)      (...) altre persone ed entità non menzionate dall’allegato I che danno il loro sostegno al governo dell’Iran, nonché (...) persone ed entità ad esse associate, elencate nell’allegato II».

8        Di conseguenza, il Consiglio ha adottato, il 23 marzo 2012, il regolamento (UE) n. 267/2012, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (UE) n. 961/2010 (GU L 88, pag. 1). Al fine di attuare l’articolo 1, paragrafo 7, lettera a), sub ii), della decisione 2012/35, l’articolo 23, paragrafo 2, di tale regolamento prevede il congelamento dei capitali delle persone, delle entità e degli organismi di cui al suo allegato IX, i quali sono stati riconosciuti come:

«d)      altre persone, entità o organismi che forniscono sostegno, anche finanziario, logistico o materiale, al governo iraniano e persone e entità ad essi associate».

9        Il 15 ottobre 2012, il Consiglio ha adottato la decisione 2012/635/PESC, che modifica la decisione 2010/413 (GU L 282, pag. 58). Secondo il punto 16 di tale decisione, altre persone ed entità dovrebbero essere inserite nell’elenco delle persone e delle entità soggette a misure restrittive riportato nell’allegato II della decisione 2010/413, in particolare gli enti statali iraniani attivi nel settore del petrolio e del gas, dal momento che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo iraniano.

10      L’articolo 1, paragrafo 8, lettera a), della decisione 2012/635 ha modificato l’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413, che assoggetta quindi a misure restrittive:

«c)      (…) altre persone e entità non menzionate dall’allegato I che forniscono sostegno al governo dell’Iran e entità da ess[e] possedute o controllate o persone ed entità a ess[e] associate, di cui all’elenco nell’allegato II».

11      L’articolo 2 della decisione 2012/635 ha inserito nell’allegato II della decisione 2010/413 i nomi dell’entità designata National Iranian Oil Co. (in prosieguo: la «NIOC»), con la motivazione che tale entità, detenuta e gestita dallo Stato iraniano, forniva risorse finanziarie al governo iraniano, nonché delle entità designate Naftiran Intertrade Co. (in prosieguo: la «NICO»), società controllata al 100% dalla NIOC, e Petropars Ltd (in prosieguo: la «PPL»), società controllata dalla NICO.

12      Di conseguenza, lo stesso giorno, il Consiglio ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 945/2012, che attua il regolamento (UE) n. 267/2012 (GU L 282, pag. 16). L’articolo 1 di detto regolamento di esecuzione ha inserito i nomi delle entità designate NIOC, NICO e PPL nell’allegato IX del regolamento n. 267/2012, rispettivamente per gli stessi motivi indicati nella decisione 2012/635.

13      Il 21 dicembre 2012, il Consiglio ha adottato il regolamento (UE) n. 1263/2012, che modifica il regolamento n. 267/2012 (GU L 356, pag. 34). L’articolo 1, paragrafo 11, di tale regolamento ha modificato l’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012, che prevede il congelamento dei capitali delle persone, delle entità e degli organismi elencati nel suo allegato IX, i quali sono stati riconosciuti come:

«d)      altre persone, entità o organismi che forniscono sostegno, anche finanziario, logistico o materiale, al governo iraniano e entità di loro proprietà o sotto il loro controllo o persone e entità ad essi associate».

14      Il 6 giugno 2013, il Consiglio ha adottato la decisione 2013/270/PESC che modifica la decisione 2010/413 (GU L 156, pag. 10; in prosieguo: la «decisione impugnata»). L’articolo 1 di tale decisione ha inserito i nomi delle ricorrenti nell’allegato II della decisione 2010/413, che contiene l’elenco delle «[p]ersone e [delle] entità coinvolte in attività relative a missili nucleari o balistici e [delle] persone e [delle] entità che sostengono il governo [iraniano]».

15      Di conseguenza, lo stesso giorno, il Consiglio ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) n. 522/2013 che attua il regolamento n. 267/2012 (GU L 156, pag. 3; in prosieguo: il «regolamento impugnato»). L’articolo 1 di tale regolamento ha inserito i nomi delle ricorrenti nell’allegato IX del regolamento n. 267/2012, che contiene l’elenco delle «[p]ersone e [delle] entità coinvolte in attività relative a missili nucleari o balistici e [delle] persone e [delle] entità che sostengono il governo [iraniano]».

16      La PPI è stata inserita nell’elenco contenuto nell’allegato II della decisione 2010/413 nonché in quello contenuto nell’allegato IX del regolamento n. 267/2012 (in prosieguo, congiuntamente: «gli elenchi»), con la decisione ed il regolamento impugnati (in prosieguo, congiuntamente: gli «atti impugnati»), per il motivo che essa era una «controllata dell’entità designata Petropars Ltd». Per quanto riguarda le altre tre ricorrenti, il Consiglio ha addotto la seguente motivazione: «controllata dell’entità designata [PPI]».

17      Gli atti impugnati sono stati comunicati alle ricorrenti con lettera del 10 giugno 2013.

18      Con lettera del 7 agosto 2013, le ricorrenti hanno contestato le misure restrittive adottate nei loro confronti ed hanno chiesto al Consiglio di specificare la base giuridica dell’inserimento dei loro rispettivi nomi, di esporre le ragioni che avevano giustificato tale inserimento e di fornire copia di tutte le informazioni e prove sulle quali esso si era basato per adottare gli atti impugnati nonché di tutti i documenti del suo fascicolo. Nella medesima lettera viene inoltre evidenziato che detti atti sono stati notificati soltanto alla PPI.

19      Il 12 agosto 2013, il Consiglio ha confermato la ricezione della lettera delle ricorrenti del 7 agosto 2013 ed ha comunicato che ne era in corso l’esame.

 Procedimento e conclusioni delle parti

20      Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 20 agosto 2013, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

21      A seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Settima Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

22      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare gli atti impugnati nelle parti che le riguardano;

–        dichiarare che l’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413 e l’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012 sono inapplicabili nei loro confronti;

–        condannare il Consiglio alle spese.

23      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso infondato;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

24      A causa dell’impedimento di due membri della sezione a partecipare al procedimento, il presidente del Tribunale, ai sensi dell’articolo 32, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, ha designato sé stesso ed un altro giudice per integrare la sezione.

 In diritto

25      A sostegno del ricorso le ricorrenti deducono cinque motivi. Il primo motivo verte sulla mancanza di base giuridica per la designazione delle ricorrenti. Il secondo, su un errore di valutazione. Il terzo, sull’illegittimità dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413 e dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012, nella misura in cui tali disposizioni vengono applicate a società figlie di entità designate. Il quarto, sulla violazione del diritto di proprietà, del diritto di esercitare un’attività commerciale, del principio di tutela dell’ambiente nonché dei valori umanitari dell’Unione europea e, in ogni caso, dei principi di proporzionalità e di precauzione. Il quinto motivo, fatto valere in via subordinata, verte sull’omissione della notifica a due delle ricorrenti nonché sulla violazione dell’obbligo di motivazione, dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

26      All’udienza, le ricorrenti hanno rinunciato al terzo motivo, circostanza di cui si è dato atto nel verbale di udienza. Poiché il terzo motivo era l’unico dedotto nel ricorso a sostegno del secondo capo delle conclusioni, quest’ultimo deve per ciò stesso essere respinto in quanto irricevibile.

 Sul primo motivo, vertente sulla mancanza di base giuridica per la designazione delle ricorrenti

27      Le ricorrenti adducono, in sostanza, che l’inserimento dei loro nomi negli elenchi non ha alcuna base giuridica. A loro avviso, il fatto di essere una società figlia di un’entità designata non rientra nei criteri previsti all’articolo 20, paragrafo 1, della decisione 2010/413 o all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 267/2012.

28      Nella replica, le ricorrenti sottolineano innanzitutto che il Consiglio ha giustificato soltanto nel controricorso l’inserimento dei loro nomi negli elenchi come possedute o controllate dalla NIOC.

29      Le ricorrenti sostengono poi che il fatto di essere società figlie di un’entità designata quale sostenitrice del governo iraniano non implica che siano possedute o controllate da tale entità e non costituisce, pertanto, un motivo di inserimento dei loro nomi negli elenchi.

30      Infine, le ricorrenti sottolineano che il Consiglio può inserire negli elenchi il nome di un’entità posseduta o controllata da un’altra soltanto se quest’ultima è a sua volta inserita sulla base di un criterio giuridico che comporti l’adozione di misure restrittive. Ebbene, nel caso di specie, i nomi della PPL e della PPI non sono stati inseriti negli elenchi sulla base di un siffatto criterio.

31      Il Tribunale ritiene che la questione sollevata nel primo motivo sia se gli atti impugnati consentissero alle ricorrenti di individuare il criterio che costituiva la base giuridica sulla quale esse erano state inserite negli elenchi. Tale questione deve quindi essere esaminata alla luce della giurisprudenza relativa all’obbligo di motivazione cui è sottoposto il Consiglio nell’adottare misure restrittive. Gli argomenti relativi alla legittimità nel merito degli atti impugnati, in particolare quelli riguardanti la mancanza di controllo da parte della PPI sulle sue partecipate e la privatizzazione della PPL, saranno pertanto esaminati con il secondo motivo, vertente sull’errore di valutazione.

32      Innanzitutto, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, l’obbligo di motivare un atto lesivo, obbligo che costituisce un corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se l’atto sia fondato oppure se sia eventualmente inficiato da un vizio che consenta di contestarne la validità dinanzi al giudice dell’Unione e, dall’altro, di rendere possibile a quest’ultimo esercitare il suo controllo di legittimità dell’atto stesso (v. sentenza del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

33      La motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve far apparire in forma chiara e inequivocabile l’iter logico seguito dall’istituzione da cui l’atto promana, onde consentire agli interessati di conoscere le ragioni dei provvedimenti adottati e al giudice competente di esercitare il suo controllo (sentenza Consiglio/Bamba, punto 32 supra, EU:C:2012:718, punto 50). Pertanto, la motivazione, in linea di principio, dev’essere comunicata all’interessato contestualmente all’atto che gli arreca pregiudizio, senza che la sua assenza possa essere sanata se l’interessato viene a conoscenza dei motivi dell’atto nel corso del procedimento dinanzi al giudice dell’Unione (sentenza del 12 dicembre 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, detta «OMPI I», T‑228/02, Racc., EU:T:2006:384, punto 139).

34      Inoltre, in materia di misure restrittive adottate nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, si deve sottolineare che, poiché l’interessato non vanta un diritto di audizione prima dell’adozione di una decisione iniziale di inserimento, il rispetto dell’obbligo di motivazione è tanto più importante in quanto costituisce l’unica garanzia che consenta all’interessato, almeno dopo l’adozione di tale decisione, di avvalersi proficuamente dei mezzi di ricorso a sua disposizione per contestare la legittimità di quest’ultima (sentenze Consiglio/Bamba, punto 32 supra, EU:C:2012:718, punto 51, e OMPI I, punto 33 supra, EU:T:2006:384, punto 140).

35      Pertanto, la motivazione di un atto del Consiglio che impone una misura restrittiva deve identificare non soltanto la base giuridica di tale misura, ma anche i motivi specifici e concreti per cui il Consiglio considera, nell’esercizio del suo potere discrezionale, che l’interessato debba esserne oggetto (v., in tal senso, sentenze Consiglio/Bamba, punto 32 supra, EU:C:2012:718, punto 52; OMPI I, punto 33 supra, EU:T:2006:384, punto 146, e del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, Racc., EU:T:2009:401, punto 83).

36      Tuttavia, la motivazione deve essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e al contesto nel quale esso è stato adottato. La necessità della motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari o altre persone interessate direttamente e individualmente dall’atto possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto la sua adeguatezza deve essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi. In particolare, un atto lesivo è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consenta di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenze Consiglio/Bamba, punto 32 supra, EU:C:2012:718, punti 53 e 54; OMPI I, punto 33 supra, EU:T:2006:384, punto 141, e Bank Melli Iran/Consiglio, punto 35 supra, EU:T:2009:401, punto 82).

37      Nel caso di specie, occorre ricordare che il nome della PPI è stato inserito negli elenchi perché si trattava di una controllata dell’entità designata PPL, mentre le altre tre ricorrenti sono state designate perché erano controllate della PPI.

38      È giocoforza constatare che tale motivazione non indica esplicitamente la base giuridica degli atti impugnati. Tuttavia, come risulta dalla giurisprudenza citata al precedente punto 36, la necessità della motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso. Occorre pertanto esaminare i motivi degli atti impugnati alla luce del loro tenore, ma anche del contesto nel quale detti atti sono stati adottati, nonché dei motivi posti a carico della NIOC e delle altre entità appartenenti al gruppo controllato da tale società.

39      A tale riguardo, in primo luogo, occorre ricordare che l’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413 e l’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012 prevedono il congelamento dei fondi e delle risorse economiche delle entità che forniscono sostegno al governo iraniano. Le summenzionate disposizioni prevedono inoltre l’adozione di misure restrittive nei confronti delle entità possedute o controllate da un’entità che fornisca sostegno a detto governo. Come sottolineato dalle ricorrenti, un’entità può pertanto essere inserita negli elenchi in base a tale ultimo criterio soltanto se la società che la possiede o la controlla fornisce tale sostegno, il che non è contestato dal Consiglio.

40      In secondo luogo, occorre rilevare che l’utilizzo del termine «controllata» nella motivazione dell’inserimento del nome di ciascuna delle ricorrenti consentiva a queste ultime di comprendere che il Consiglio aveva deciso di inserire i loro nomi negli elenchi in base non al criterio relativo alle entità che forniscono sostegno al governo iraniano, ma a quello relativo alle entità possedute o controllate da un’entità che fornisce sostegno a detto governo. Infatti, tale termine richiama necessariamente l’esistenza di un controllo da parte di un’altra società, il quale può risultare, in particolare, dalla sussistenza di vincoli di capitale tra quest’ultima e la controllata in questione. Indicando che le ricorrenti sono «controllate», la motivazione indica quindi chiaramente l’esistenza di un possesso o di un controllo ai sensi della decisione 2010/413 e del regolamento n. 267/2012.

41      In terzo luogo, occorre constatare che è vero che gli atti impugnati non indicano esplicitamente quale entità inserita negli elenchi in ragione del sostegno fornito al governo iraniano possieda o controlli le ricorrenti. Infatti, la PPI, la controllante delle altre tre ricorrenti, non è stata iscritta negli elenchi in quanto sostenitrice di detto governo, ma perché era una controllata della PPL, il cui nome è stato a sua volta inserito negli elenchi per il fatto che si trattava di una controllata della NICO.

42      Tuttavia, nel caso di specie, alla luce del contesto nel quale gli atti impugnati sono intervenuti e, in particolare, dell’inserimento del nome della NIOC negli elenchi, nonché dell’inserimento dei nomi delle altre entità possedute e controllate da quest’ultima, si deve ritenere che le ricorrenti potessero ragionevolmente identificare la NIOC come la società madre che le possedeva o le controllava e, pertanto, la base giuridica del loro inserimento, senza ricevere maggiori informazioni.

43      Infatti, occorre, per prima cosa, rilevare che gli elenchi nei quali le ricorrenti sono state inserite, contenuti nell’allegato II della decisione 2010/413 e nell’allegato IX del regolamento n. 267/2012, riportano i nomi delle «persone e [delle] entità coinvolte in attività relative a missili nucleari o balistici e [delle] persone e [delle] entità che sostengono il governo [iraniano]». Tra questi figurano non soltanto il nome della NIOC, il cui inserimento è giustificato dal fatto che detta società fornisce risorse finanziarie a detto governo, ma anche i nomi di gran parte delle entità che tale società detiene direttamente o indirettamente. La NIOC è alla guida di un grande gruppo di società e la catena di partecipazioni che la lega alle ricorrenti poteva essere agevolmente individuata alla luce dei motivi di inserimento delle diverse entità appartenenti al suo gruppo.

44      In particolare, l’inserimento negli elenchi del nome della PPL, identificata come controllante della PPI, per il fatto che essa era una controllata della NICO, il cui nome era stato a sua volta inserito negli elenchi in quanto controllata della NIOC, consentiva alla PPI e alle altre ricorrenti di comprendere che erano oggetto di misure restrittive per il fatto di essere indirettamente possedute o controllate dalla NIOC, la sola entità all’interno del gruppo il cui nome era stato inserito negli elenchi per aver fornito sostegno al governo iraniano, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera c) della decisione 2010/413 nonché dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012. Esaminata alla luce di tali elenchi, la motivazione degli atti impugnati consentiva, pertanto, alle ricorrenti di individuare il criterio previsto dalle disposizioni testé richiamate che aveva costituito la base giuridica per l’inserimento dei loro nomi negli elenchi.

45      Per seconda cosa, occorre considerare che, poiché facevano parte del gruppo controllato dalla NIOC, le ricorrenti dovevano essere a conoscenza delle misure restrittive adottate nei confronti delle altre entità appartenenti a tale gruppo e potevano perciò comprendere che, così come per tali altre entità, l’inserimento dei loro nomi negli elenchi era giustificato dai rispettivi nessi di proprietà o di controllo con la NIOC.

46      Per terza cosa, dal contenuto del ricorso emerge che, al momento dell’adozione degli atti impugnati, le ricorrenti disponevano delle informazioni necessarie per comprendere le ragioni dell’inserimento dei loro nomi negli elenchi e, pertanto, per individuare la base giuridica di tale inserimento. Infatti, nel ricorso viene riportato uno schema che indica chiaramente il criterio dell’inserimento della NIOC, ossia quello relativo alle entità che forniscono sostegno al governo iraniano, nonché la catena di partecipazioni che lega detta entità a ciascuna delle ricorrenti.

47      Alla luce di tali circostanze si deve concludere che, benché fosse breve e non specificasse tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, la motivazione degli atti impugnati consentiva in ogni caso alle ricorrenti di individuare il criterio di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413, nonché all’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012, che aveva costituito la base giuridica dell’inserimento dei loro nomi negli elenchi. Infatti, da un lato, l’uso del termine «controllata» indica chiaramente che l’inserimento delle ricorrenti si basa sul criterio relativo alle entità possedute o controllate da un’entità che fornisce sostegno al governo iraniano e, dall’altro, il contesto nel quale gli atti impugnati sono stati adottati consentiva di individuare l’entità che, secondo il Consiglio, le possedeva o le controllava, ossia la NIOC, l’inserimento del cui nome, noto alle ricorrenti, si basava sul criterio relativo alle entità che forniscono sostegno a detto governo, quale previsto dalle disposizioni summenzionate.

48      Di conseguenza, e tutto ciò considerato, si deve respingere il primo motivo in quanto infondato.

 Sul secondo motivo, vertente sull’errore di valutazione

49      Le ricorrenti fanno valere, in sostanza, che il Consiglio ha commesso un errore di valutazione nel ritenere che il criterio di inserimento di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413 e all’articolo 23, paragrafo 3, lettera d), del regolamento n. 267/2012 fosse soddisfatto.

50      A tale riguardo, le ricorrenti osservano che la POSCO, la POMC e la PRE sono detenute, rispettivamente, soltanto al 97%, al 48% e al 49% dalla PPI e che, pertanto, non si può presumere che la POSCO, la POMC e la PRE siano possedute o controllate dalla PPI.

51      Le ricorrenti fanno valere inoltre che la PPL non è più detenuta dalla NIOC o dalla NICO dal marzo 2012, in quanto la totalità del capitale sociale di tale prima società è stata trasferita al fondo pensione nazionale iraniano e all’ente previdenziale. Esse ritengono perciò che, in mancanza di altri elementi di prova da parte del Consiglio, non potessero essere considerate possedute o controllate dalla NIOC al momento dell’inserimento dei loro nomi negli elenchi.

52      In via preliminare, occorre sottolineare che le ricorrenti indicano molto brevemente nel ricorso che la PPL, la controllante della PPI, è indipendente dalle entità che la precedono nella catena, ossia la NICO e la NIOC, senza nulla precisare al riguardo. Soltanto nella replica le ricorrenti evocano il trasferimento di proprietà per dimostrare che non fossero più detenute dalla NIOC al momento dell’inserimento dei loro nomi negli elenchi.

53      Nella controreplica, il Consiglio sostiene che l’argomento delle ricorrenti secondo cui la PPL avrebbe cessato di fare parte del gruppo controllato dalla NIOC è in contraddizione con il contenuto del ricorso.

54      Occorre ricordare che, secondo il combinato disposto dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 48, paragrafo 2, del regolamento di procedura, il ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti, mentre è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento. Tuttavia, deve essere considerato ricevibile un motivo che costituisca un ampliamento di un motivo precedentemente dedotto, direttamente o implicitamente, nell’atto introduttivo del giudizio e che presenti una connessione stretta con quest’ultimo (sentenza del 20 settembre 1990, Hanning/Parlemento, T‑37/89, Racc., EU:T:1990:49, punto 38). Requisiti analoghi vanno rispettati quando viene formulata una censura a sostegno di un motivo dedotto (v., ad esempio, sentenza del 14 maggio 1998, Mo och Domsjö/Commissione, T‑352/94, Racc., EU:T:1998:103, punto 333).

55      Nel caso di specie, si deve necessariamente constatare che l’argomento elaborato dalle ricorrenti nella replica, che contesta il possesso della PPL da parte della NICO, non si basa su alcun elemento nuovo emerso durante il procedimento. Inoltre, tale argomento non può essere considerato l’ampliamento di una censura già dedotta nell’atto introduttivo, in quanto non corrisponde in alcun modo agli elementi di fatto esposti dalle ricorrenti nella presentazione del ricorso.

56      Infatti, in primo luogo, nel ricorso, le ricorrenti hanno riportato uno schema della struttura gerarchica del gruppo controllato dalla NIOC secondo il quale quest’ultima deteneva integralmente il capitale sociale della NICO, che deteneva a sua volta il 100% del capitale sociale della PPL, che deteneva l’intero capitale sociale della PPI, che deteneva il capitale sociale delle altre ricorrenti nella misura del 97% per la POSCO, del 48% per la POMC e del 49% per la PRE. Ebbene, occorre necessariamente constatare che la catena di partecipazioni così descritta non presenta alcuna interruzione nei legami di proprietà che uniscono le ricorrenti alla NIOC.

57      In secondo luogo, in nessuna parte del ricorso le ricorrenti affermano che i loro legami con la NIOC si siano interrotti nel marzo 2012; esse sostengono soltanto che tali legami sono troppo distanti per soddisfare il criterio di inserimento di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2012/413 e all’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012.

58      In terzo luogo, nel ricorso, le ricorrenti danno atto che il nome della PPL è stato inserito negli elenchi per il motivo che essa era una controllata della NICO, ma non controbattono tale motivo. Al contrario, esse si avvalgono di tale circostanza per suffragare il loro argomento secondo il quale non potevano essere considerate entità legate ad un’entità che sosteneva il governo iraniano, in quanto il nome della loro rispettiva controllante era inserito negli elenchi non per aver essa stessa fornito siffatto sostegno, ma in quanto entità posseduta o controllata da un’entità che forniva tale sostegno.

59      Si deve pertanto respingere in quanto irricevibile l’argomento secondo cui la PPL non apparteneva più al gruppo controllato dalla NIOC dal marzo 2012 ed esaminare la fondatezza degli atti impugnati unicamente alla luce della catena di partecipazioni descritta al precedente punto 56.

60      In via principale, occorre ricordare che l’effettività del controllo giurisdizionale garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea postula in particolare che, nello svolgere il controllo della legittimità dei motivi su cui si basa la decisione di inserire o di mantenere il nominativo di una determinata persona negli elenchi, il giudice dell’Unione si assicuri che tale decisione sia fondata su una base di fatto sufficientemente solida. Ciò comporta una verifica dei fatti addotti nell’esposizione dei motivi sottesa a tale decisione, cosicché il controllo giurisdizionale non si limita alla valutazione dell’astratta verosimiglianza dei motivi dedotti, ma consiste invece nell’accertare se questi motivi, o per lo meno uno di essi considerato di per sé sufficiente a suffragare la medesima decisione, siano fondati (sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, detta «Kadi II», C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, Racc., EU:C:2013:518, punto 119).

61      In caso di contestazione, è all’autorità competente dell’Unione che incombe il compito di dimostrare la fondatezza dei motivi addebitati alla persona interessata, e non già a quest’ultima di produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi. Occorre che le informazioni e gli elementi prodotti suffraghino i motivi posti a carico della persona interessata. Qualora detti elementi non consentano di accertare la fondatezza di un motivo, il giudice dell’Unione espunge tale motivo da quelli posti a fondamento della decisione di iscrizione o di mantenimento dell’iscrizione in oggetto (sentenza Kadi II, punto 60 supra, EU:C:2013:518, punti da 121 a 123).

62      Inoltre, secondo la giurisprudenza, qualora i capitali di un’entità riconosciuta quale sostenitrice del governo iraniano siano congelati, sussiste un rischio non trascurabile che questa eserciti una pressione sulle entità da essa possedute o controllate, o che sono di sua proprietà, al fine di eludere gli effetti delle misure che la riguardano. Di conseguenza, il congelamento dei capitali di tali entità, imposto al Consiglio dall’articolo 20, paragrafo 1, lettera c) della decisione 2010/413 e dall’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012, è necessario ed appropriato per garantire l’efficacia delle misure adottate e assicurare che tali misure non vengano eluse (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 13 marzo 2012, Melli Bank/Consiglio, C‑380/09 P, Racc., EU:C:2012:137, punti 39 e 58).

63      Pertanto, nel momento in cui adotta una decisione in forza delle summenzionate disposizioni, il Consiglio deve procedere ad una valutazione delle circostanze del caso di specie per determinare quali entità abbiano lo status di entità possedute o controllate. Per contro, la natura dell’attività dell’entità in questione e l’eventuale mancanza di nessi tra tale attività e il sostegno al governo iraniano non sono criteri rilevanti nel contesto, in quanto l’adozione di una misura di congelamento dei capitali nei confronti dell’entità posseduta o controllata non è motivata dal fatto che quest’ultima fornisca direttamente sostegno a detto governo (v., in tal senso e per analogia, sentenza Melli Bank/Consiglio, punto 62 supra, EU:C:2012:137, punti da 40 a 42).

64      Infine, sempre secondo la giurisprudenza, qualora il capitale sociale di un’entità sia detenuto integralmente da un’entità sostenitrice del governo iraniano, il criterio di inserimento di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413, nonché all’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012, è soddisfatto (v., in tal senso e per analogia, sentenza Melli Bank/Consiglio, punto 62 supra, EU:C:2012:137, punto 79).

65      Nel caso di specie, il Consiglio ha ritenuto che, poiché la NIOC deteneva il 100% del capitale sociale della NICO, che deteneva a sua volta il 100% del capitale sociale della PPL, che deteneva dal canto suo integralmente il capitale sociale della PPI, che deteneva il capitale sociale delle altre ricorrenti, nella misura del 97% per la POSCO, del 48% per la POMC e del 49% per la PRE, ciascuna delle ricorrenti dovesse essere considerata posseduta o controllata dalla NIOC ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413 e dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012.

66      Occorre pertanto esaminare se, alla luce di tale catena di partecipazioni, e per ciascuna ricorrente, il Consiglio abbia commesso un errore di valutazione nel ritenere che il criterio di inserimento relativo alle entità detenute da un’entità che fornisce sostegno al governo iraniano fosse soddisfatto.

67      In primo luogo, per quanto riguarda la PPI, che è una controllata della NIOC, si deve ritenere che il Consiglio non abbia commesso alcun errore di valutazione inserendone il nome negli elenchi.

68      Infatti, alla luce della giurisprudenza citata al precedente punto 64, la detenzione integrale del capitale sociale di un’entità da parte di un’entità che fornisce sostegno al governo iraniano implica, di per sé sola, che il criterio di inserimento di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413, nonché all’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012, sia soddisfatto. Inoltre, è necessario rilevare che, nell’ambito del diritto della concorrenza, nel quale viene affrontata anche la questione dei rapporti tra controllata e controllante, la presenza di società intermedie tra tali due società non condiziona affatto l’applicazione della presunzione relativa secondo cui la società controllante in questione esercita un’influenza determinante sul comportamento della controllata. Si ritiene, infatti, che tale influenza possa essere esercitata indirettamente, tramite le società intermedie (v., in tal senso, sentenze del 20 gennaio 2011, General Química e a./Commissione, C‑90/09 P, Racc., EU:C:2011:21, punto 88, e del 27 settembre 2012, Shell Petroleum e a./Commissione, T‑343/06, Racc., EU:T:2012:478, punto 52).

69      Pertanto, si deve considerare che, qualora il capitale sociale di un’entità sia detenuto indirettamente da un’entità sostenitrice del governo iraniano, il criterio di inserimento di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413, nonché all’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012, è soddisfatto, e ciò indipendentemente dalla presenza e dal numero delle società intermedie tra tale entità controllante madre e l’entità controllata, a condizione che ciascuna delle entità così presenti nella catena di partecipazioni sia interamente detenuta dalla propria controllante diretta. In tali circostanze, infatti, l’entità controllante madre conserva il controllo unico ed esclusivo sull’insieme delle società figlie ed è pertanto in grado, tramite le società intermedie, di esercitare una pressione sull’entità che detiene indirettamente per eludere gli effetti delle misure che la riguardano, ciò che giustifica l’adozione di misure restrittive nei confronti dell’entità indirettamente detenuta.

70      Nel caso di specie, si deve quindi concludere che l’inserimento negli elenchi del nome della PPI, il cui capitale sociale era detenuto al 100% dalla PPL, il cui capitale sociale era interamente detenuto dalla NICO, il cui capitale sociale era detenuto al 100% dalla NIOC, è giustificato alla luce del criterio relativo alle entità possedute o controllate da un’entità sostenitrice del governo iraniano.

71      In secondo luogo, per quanto riguarda la POSCO, occorre ricordare che la quasi totalità, ossia il 97%, del suo capitale sociale era detenuta dalla PPI.

72      A tale riguardo, dalla giurisprudenza in materia di diritto della concorrenza risulta che una società controllante è in grado di esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata quando detiene la totalità, ma anche la quasi totalità, del capitale di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza del 30 settembre 2009, Arkema/Commissione, T‑168/05, EU:T:2009:367, punto 71).

73      Si deve pertanto ritenere che, qualora la totalità o la quasi totalità del capitale sociale di un’entità sia detenuta da un’entità che fornisce sostegno al governo iraniano, il criterio di inserimento di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413 e all’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012 sia soddisfatto.

74      Nel caso di specie, nonostante la presenza di tre società intermedie tra la NIOC e la POSCO ed il fatto che la PPI non sia la proprietaria esclusiva della POSCO, il Consiglio non ha commesso un errore di valutazione nell’adottare misure restrittive nei confronti di quest’ultima.

75      Infatti, come indicato ai precedenti punti 68 e 69, il numero di società intermedie non incide sulla capacità di una società controllante di influenzare in maniera rilevante il comportamento della propria controllata, qualora il capitale sociale di quest’ultima, nonché quello di ciascuna delle società interposte, siano interamente detenuti dalla società controllante madre. La stessa conclusione è applicabile qualora il possesso del capitale della controllata e di dette società sia quasi totale, come nel caso di specie nel quale, attraverso la PPI, la NIOC possiede il 97% della POSCO. Si può, infatti, ragionevolmente ritenere che, a causa dell’esistenza di legami di proprietà esclusivi o quasi esclusivi tra la NIOC e la PPI, quest’ultima sia sottoposta al controllo unico e solo di tale società madre.

76      Si deve quindi concludere che il Consiglio non ha commesso alcun errore di valutazione nel ritenere che la POSCO fosse detenuta dalla NIOC e respingere il secondo motivo in quanto infondato nella parte che riguarda tale ricorrente.

77      In terzo luogo, per quanto riguarda la POMC e la PRE, il Consiglio fa valere che, secondo la giurisprudenza in materia di diritto della concorrenza, la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante da parte di una società controllante sulla sua controllata si applica anche qualora due società si trovino in una situazione analoga a quella in cui una sola società detiene la totalità del capitale sociale della propria controllata. Nel caso di specie, poiché il capitale sociale della POMC è detenuto congiuntamente dalla PPI e dalla Global O & M Company nella misura, rispettivamente, del 48% e del 47%, mentre la PRE è un’impresa comune il cui capitale sociale era detenuto dalla PPI e dalla Telford International nella misura, rispettivamente, del 49% e del 47%, il Consiglio ritiene che la giurisprudenza citata al punto 64 sia pertinente e che la POMC e la PRE debbano quindi essere considerate indirettamente controllate dalla NIOC per mezzo, segnatamente, della PPI.

78      Inoltre, all’udienza, il Consiglio ha sostenuto che, poiché la PPI deteneva, nel capitale sociale della POMC, una percentuale maggiore di quella detenuta dalla Global O & M Company e, nel capitale sociale della PRE, una percentuale maggiore di quella detenuta dalla Telford International, si poteva presumere che a tale entità spettasse l’ultima parola e che potesse imporre le proprie decisioni alla POMC e alla PRE.

79      Il Tribunale ritiene tuttavia che, nel caso di specie, per quanto riguarda la POMC e la PRE, la presunzione dell’esercizio effettivo di un’influenza determinante su di esse da parte della società controllante non possa trovare applicazione.

80      Infatti, innanzitutto, in merito all’argomento relativo alla detenzione congiunta dei capitali sociali della POMC e della PRE, occorre rilevare che, contrariamente alla PPI, la Global O & M Company e la Telford International non sono state oggetto di misure restrittive. Ebbene, in tali circostanze, non è nell’interesse di queste due ultime società aiutare la PPI ad esercitare una pressione sulla rispettiva controllata comune per eludere gli effetti delle misure restrittive rivolte alla PPI sola. Pertanto, non si può considerare questa situazione come analoga a quella in cui una sola entità detiene la totalità del capitale sociale della controllata, in quanto, nel caso di specie, l’esistenza di un controllo congiunto può impedire alla PPI e, di conseguenza, alla NIOC di esercitare una pressione sulla POMC e sulla PRE al fine di eludere gli effetti delle misure restrittive che la riguardano.

81      Inoltre, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, la detenzione del 60% del capitale sociale di un’entità non implica, di per sé, che il criterio di inserimento di cui all’articolo 20, paragrafo 1, lettera c), della decisione 2010/413 e all’articolo 23, paragrafo 2, lettera d), del regolamento n. 267/2012 sia soddisfatto [sentenza del 6 settembre 2013, Persia International Bank/Consiglio, T‑493/10, Racc. (Per estratto), EU:T:2013:398, punto 106]. A maggior ragione, nel caso di specie, la detenzione, rispettivamente, del 48% e del 49% del capitale sociale della POMC e della PRE non è di per sé sufficiente a consentire, alla luce della giurisprudenza richiamata al precedente punto 64, di giustificare l’adozione di misure restrittive nei confronti di tali entità.

82      Siccome la PPI non deteneva la totalità o la quasi totalità del capitale sociale della POMC e della PRE, occorre quindi esaminare se, alla luce delle circostanze del caso di specie, sussistesse un rischio non trascurabile che queste due ultime società fossero portate ad eludere gli effetti delle misure restrittive disposte nei confronti della NIOC.

83      Ebbene, occorre necessariamente constatare che il Consiglio non fornisce alcun elemento di prova che consenta al Tribunale di ritenere che la PPI fosse nelle condizioni di esercitare un controllo sulla POMC o sulla PRE. Infatti, la quota del capitale sociale di queste ultime detenuta dalla PPI, pur essendo leggermente maggiore di quella detenuta dagli altri principali azionisti di tali entità, resta una quota di minoranza. Non si può perciò presumere che la PPI avesse il potere di nominare più della metà dei membri del consiglio di amministrazione della POMC o la metà dei membri del consiglio di amministrazione della PRE o che ad essa spettasse, in qualsiasi altro modo, l’ultima parola all’interno dei consigli di amministrazione di tali entità.

84      Si deve pertanto concludere che il Consiglio ha commesso un errore di valutazione nel ritenere che la POMC e la PRE fossero possedute o controllate dalla NIOC.

85      Alla luce di tutto quanto precede, occorre respingere il secondo motivo in quanto infondato per quanto riguarda la PPI e la POSCO ed accoglierlo per quanto riguarda la POMC e la PRE. Di conseguenza, occorre annullare gli atti impugnati nelle parti che riguardano queste due ultime ricorrenti.

 Sul quarto motivo, vertente sulla violazione del diritto di proprietà, del diritto di esercitare un’attività commerciale, del principio di tutela dell’ambiente nonché dei valori umanitari dell’Unione e, in ogni caso, dei principi di proporzionalità e di precauzione

86      Le ricorrenti affermano che gli atti impugnati costituiscono una violazione delle libertà e dei diritti fondamentali.

87      Innanzitutto, esse adducono, in sostanza, che gli atti impugnati violano il loro diritto di proprietà e il loro diritto di esercitare un’attività commerciale e sono sproporzionati rispetto all’obiettivo perseguito.

88      Le ricorrenti sostengono poi che gli atti impugnati possono determinare danni considerevoli all’ambiente nonché alla salute ed alla sicurezza dei lavoratori e dei cittadini iraniani, inclusi i bambini. Affermano infatti che, a causa delle sanzioni, non saranno nelle condizioni di portare a compimento la fase 19 del progetto di sviluppo di South Pars, la cui realizzazione è essenziale per evitare una penuria di gas in Iran durante l’inverno. Inoltre, nella replica, esse precisano che la maggior parte del materiale e dei servizi tecnici utilizzati provenivano da paesi membri dell’Unione. Ebbene, l’impossibilità di ottenere tale materiale costringerebbe la Repubblica islamica dell’Iran a ricorrere ad altri combustibili per riscaldamento più dannosi per l’ambiente ed aumenterebbe i rischi per la salute e per la sicurezza delle persone che vivono e lavorano nelle vicinanze dei progetti di sviluppo.

89      Alla luce di tali rischi, le ricorrenti ritengono che il Consiglio abbia violato il principio di precauzione. Quest’ultimo avrebbe dovuto prendere in considerazione gli effetti del congelamento dei loro capitali prima di adottare gli atti impugnati.

90      Infine, le ricorrenti sostengono che le misure adottate dal Consiglio sono sproporzionate rispetto agli obiettivi dichiarati.

91      Il Tribunale ritiene di dover respingere tutti gli argomenti addotti dalle ricorrenti.

92      In primo luogo, in merito al diritto di proprietà e al diritto di esercitare un’attività commerciale delle ricorrenti, occorre osservare, innanzitutto, che detti diritti fanno parte dei diritti fondamentali sanciti, rispettivamente, all’articolo 17 e all’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali, della quale il giudice dell’Unione garantisce il rispetto. Tuttavia, va ricordato che i diritti fondamentali non sono prerogative assolute e che il loro esercizio può essere oggetto di restrizioni giustificate in nome di obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione (sentenza del 16 novembre 2011, Bank Melli Iran/Consiglio, C‑548/09 P, Racc., EU:C:2011:735, punto 113).

93      Inoltre, secondo la giurisprudenza, il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, richiede che gli atti delle istituzioni non superino i limiti di quanto idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenza del 18 novembre 1987, Maizena e a., 137/85, Racc., EU:C:1987:493, punto 15).

94      Nel caso di specie, il diritto di esercitare un’attività economica ed il diritto di proprietà delle ricorrenti sono limitati in maniera considerevole in seguito all’adozione degli atti impugnati, in quanto esse non possono disporre dei propri capitali situati nel territorio dell’Unione, salvo autorizzazioni specifiche, e nessun fondo e nessuna risorsa economica possono essere messi, direttamente o indirettamente, a loro disposizione, in forza dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 267/2012. Tuttavia, considerata la fondamentale importanza del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, il Consiglio ha potuto correttamente ritenere che le violazioni dei summenzionati diritti che deriverebbero dall’inserimento negli elenchi delle entità detenute da un’entità sostenitrice del governo iraniano fossero appropriate e necessarie per esercitare una pressione su detto governo affinché cessasse le sue attività di proliferazione nucleare (v., in tal senso e per analogia, sentenza Melli Bank/Consiglio, punto 62 supra, EU:C:2012:137, punto 61).

95      Pertanto, siffatte violazioni non possono essere considerate, alla luce degli obiettivi perseguiti, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza del diritto di proprietà e del diritto di esercitare un’attività commerciale (v., in tal senso, sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, punto 92 supra, EU:C:2011:735, punti 114 e 115).

96      Inoltre, contrariamente a quanto affermano le ricorrenti, il congelamento dei loro capitali non può essere qualificato come sproporzionato per un’asserita violazione del loro diritto ad esporre le proprie argomentazioni al Consiglio. Infatti, come risulterà nell’ambito dell’esame del quinto motivo (v. i successivi punti 123 e seguenti), le ricorrenti hanno avuto modo di far valere il proprio punto di vista.

97      Di conseguenza, occorre respingere in quanto infondati gli argomenti vertenti sulla violazione del diritto di proprietà e del diritto di esercitare un’attività commerciale nonché sul carattere sproporzionato delle misure di cui trattasi.

98      In secondo luogo, per quanto riguarda i rischi di danni all’ambiente nonché alla salute ed alla sicurezza dei lavoratori e dei cittadini iraniani, occorre innanzitutto rilevare che l’impossibilità di ottenere materiale e servizi tecnici essenziali da imprese con sede all’interno dell’Unione – impossibilità che le ricorrenti sostengono essere la causa di tali rischi – non risulta in alcun modo dalle misure restrittive nei confronti delle ricorrenti.

99      Emerge infatti dall’argomentazione delle ricorrenti, nonché dai documenti allegati alla replica prodotti a sostegno di tale argomentazione, che i rischi di una penuria di gas o quelli legati al ricorso ad altri combustibili per riscaldamento non sono la conseguenza di eventuali difficoltà finanziarie che interesserebbero le ricorrenti in seguito al congelamento dei loro capitali e che impedirebbero loro di acquisire il materiale necessario alla prosecuzione delle loro attività, bensì risultano dalle limitazioni imposte dall’Unione relativamente alla fornitura ad entità iraniane di beni o di tecnologie chiave, nonché di servizi tecnici relativi a tali beni, destinati all’industria del gas in Iran.

100    Ebbene, come rilevato dal Consiglio, tali limitazioni, previste in particolare all’articolo 4 della decisione 2010/413, nonché agli articoli 8 e 9 del regolamento n. 267/2012, riguardano qualsiasi entità iraniana e possono quindi interessare le ricorrenti indipendentemente dall’inserimento dei loro nomi negli elenchi. Peraltro, la legittimità di dette disposizioni non può essere contestata nell’ambito del presente ricorso, giacché esse non costituiscono la base giuridica degli atti impugnati.

101    Si deve pertanto concludere per l’infondatezza dell’affermazione secondo cui gli atti impugnati comportano un rischio per l’ambiente nonché per la salute e per la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini iraniani.

102    In terzo luogo, per quanto riguarda il principio di precauzione, occorre ricordare che tale principio costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, che fa obbligo alle autorità interessate di adottare, nell’ambito preciso dell’esercizio delle competenze che sono loro attribuite dalla normativa pertinente, provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la salute, la sicurezza e l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici (v. sentenze del 26 novembre 2002, Artegodan e a./Commissione, T‑74/00, T‑76/00, da T‑83/00 a T‑85/00, T‑132/00, T‑137/00 e T‑141/00, Racc., EU:T:2002:283, punti 183 e 184, e del 21 ottobre 2003, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio, T‑392/02, Racc., EU:T:2003:277, punto 121 e giurisprudenza ivi citata).

103    Ebbene, nel caso di specie, come risulta dai precedenti punti da 98 a 101, le ricorrenti non hanno dimostrato la sussistenza di eventuali rischi per la salute, la sicurezza o l’ambiente che sarebbero potuti derivare dal congelamento dei loro capitali. Pertanto, non può essere contestato al Consiglio di non aver considerato l’applicazione del principio di precauzione nell’adottare gli atti impugnati.

104    Alla luce di tutto quanto precede, si deve dunque respingere il quarto motivo in quanto infondato.

 Sul quinto motivo, vertente sull’omissione della notifica a due delle ricorrenti nonché sulla violazione dell’obbligo di motivazione, dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva

105    Le ricorrenti ritengono che il Consiglio abbia commesso, nei loro confronti, numerose violazioni dei diritti processuali, dei diritti della difesa e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

106    In primo luogo, le ricorrenti fanno valere che il Consiglio non ha notificato individualmente gli atti impugnati alla POMC e alla PRE.

107    In secondo luogo, le ricorrenti sostengono che il Consiglio non ha motivato la propria decisione di imporre misure restrittive nei loro confronti e non le ha pertanto informate del fondamento dell’inserimento dei loro nomi negli elenchi. Nella replica, esse precisano che il motivo secondo il quale sarebbero possedute o controllate dalla NIOC non corrisponde alla motivazione enunciata negli atti impugnati.

108    In terzo luogo, le ricorrenti affermano che il Consiglio non ha comunicato, nonostante la loro richiesta, le informazioni e gli elementi di prova sui quali si era basato nell’adottare gli atti impugnati. Esse ritengono pertanto di non aver potuto esporre i loro argomenti e contestare in modo soddisfacente l’inserimento dei loro nomi negli elenchi.

109    In via preliminare, occorre rilevare che le ricorrenti hanno chiesto al Tribunale di esaminare gli argomenti di natura processuale sollevati nell’ambito del quinto motivo soltanto qualora fosse stato concluso per il rigetto dei primi quattro motivi. Dato che, per quanto riguarda la POMC e la PRE, il secondo motivo è stato accolto, occorre esaminare il quinto motivo soltanto nella parte in cui riguarda la PPI e la POSCO (in prosieguo: le «prime due ricorrenti»). Per questo, l’argomento relativo all’omissione della notifica degli atti impugnati alla POMC e alla PRE non sarà esaminato nell’ambito del quinto motivo.

110    In via principale, innanzitutto, per quanto riguarda l’obbligo di motivazione, risulta chiaramente dall’esame del primo motivo (v. precedenti punti da 27 a 48) che la motivazione degli atti impugnati è sufficiente, in quanto ha consentito alle prime due ricorrenti di individuare non soltanto la base giuridica di tali atti, ma anche le ragioni specifiche e concrete per le quali il Consiglio ha ritenuto che esse dovessero costituire oggetto di misure restrittive, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 35.

111    Per quanto riguarda, poi, i diritti della difesa, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, il rispetto di tali diritti, e in particolare del diritto al contraddittorio, in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di un’entità che possa sfociare in un atto per essa lesivo, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione che dev’essere garantito anche in mancanza di una norma riguardante specificamente il procedimento di cui trattasi (sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, punto 35 supra, EU:T:2009:401, punto 91).

112    Il principio del rispetto dei diritti della difesa richiede, da un lato, che gli elementi accolti a carico dell’entità interessata per fondare l’atto che le arreca pregiudizio le siano comunicati. Dall’altro, che la medesima entità sia posta in grado di far valere utilmente il suo punto di vista in merito a tali elementi (v., per analogia, sentenza OMPI I, punto 33 supra, EU:T:2006:384, punto 93).

113    Pertanto, per quanto riguarda un primo atto con il quale i capitali di un’entità vengano congelati, salvo che ragioni imperative attinenti alla sicurezza dell’Unione o dei suoi Stati membri o alla gestione delle loro relazioni internazionali non vi ostino, la comunicazione degli elementi a carico deve avvenire contemporaneamente all’adozione dell’atto in questione o il prima possibile dopo detta adozione. Su richiesta dell’entità interessata, quest’ultima ha inoltre il diritto di far valere il proprio punto di vista in merito a tali elementi, una volta adottato l’atto (v., per analogia, sentenza OMPI I, punto 33 supra, EU:T:2006:384, punto 137).

114    Si deve peraltro sottolineare che, qualora siano state comunicate informazioni sufficientemente precise, che consentano all’entità interessata di far conoscere utilmente il proprio punto di vista sugli elementi addotti a suo carico dal Consiglio, il principio del rispetto dei diritti della difesa non implica per tale istituzione l’obbligo di concedere spontaneamente l’accesso ai documenti contenuti nel suo fascicolo. Soltanto su richiesta della parte interessata il Consiglio è tenuto a consentire l’accesso a tutti i documenti amministrativi non riservati relativi alla misura di cui trattasi (v. sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, punto 35 supra, EU:T:2009:401, punto 97 e giurisprudenza ivi citata).

115    Infine, il principio della tutela giurisdizionale effettiva implica l’obbligo per l’autorità dell’Unione di cui trattasi di comunicare i motivi di una misura restrittiva all’entità interessata, per quanto possibile, nel momento in cui tale misura viene adottata o, quantomeno, immediatamente dopo tale adozione, in modo da consentire a detta entità di esercitare, entro i termini, il proprio diritto di ricorso. Il rispetto dell’obbligo di comunicare detti motivi è infatti necessario sia per permettere ai destinatari delle misure restrittive di difendere i loro diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile adire il giudice dell’Unione, sia per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo che gli incombe in merito alla legittimità dell’atto in questione (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, Racc., EU:C:2008:461, punti da 335 a 337 e giurisprudenza ivi citata).

116    Nel caso di specie, in primo luogo, per quanto riguarda la comunicazione iniziale degli elementi a carico, occorre ricordare, da un lato, che gli atti impugnati sono stati comunicati alle prime due ricorrenti con lettere del 10 giugno 2013 e, dall’altro, che risulta dall’esame del primo motivo nonché del precedente punto 110, relativi all’obbligo di motivazione, che gli atti impugnati sono sufficientemente motivati, giacché hanno consentito alle prime due ricorrenti di comprendere le ragioni per le quali i loro nomi sono stati inseriti negli elenchi.

117    Pertanto, occorre necessariamente osservare che il Consiglio non ha violato i diritti della difesa delle prime due ricorrenti per quanto riguarda la comunicazione iniziale degli elementi a carico.

118    In secondo luogo, per quanto riguarda l’accesso ai documenti, senza che sia necessario pronunciarsi sull’affermazione secondo cui il Consiglio non ha comunicato in tempo utile alle prime due ricorrenti i documenti contenuti nel rispettivo fascicolo, si deve ritenere che il Consiglio non abbia violato i loro diritti della difesa.

119    Occorre infatti ricordare che la comunicazione tardiva di un documento su cui il Consiglio si è basato per adottare o per mantenere le misure restrittive riguardanti un’entità costituisce una violazione dei diritti della difesa che giustifica l’annullamento degli atti interessati solo se si dimostra che le misure restrittive in questione non avrebbero potuto essere correttamente adottate o mantenute se non si fosse potuto accogliere come elemento a carico il documento comunicato tardivamente (sentenza Persia International Bank/Consiglio, punto 81 supra, EU:T:2013:398, punto 85).

120    Di conseguenza, nel caso di specie, anche supponendo che il Consiglio abbia comunicato tardivamente i documenti contenuti nel fascicolo delle ricorrenti, tale circostanza potrebbe giustificare l’annullamento degli atti impugnati soltanto se fosse altresì dimostrato che l’adozione delle misure restrittive nei confronti delle prime due ricorrenti non poteva essere giustificata dagli elementi loro comunicati in tempo utile, ossia i motivi contenuti negli atti impugnati.

121    Ebbene, da un lato, si deve osservare che i documenti comunicati con il deposito del controricorso non contengono alcuna nuova informazione utile alla difesa delle prime due ricorrenti, in quanto il loro contenuto non rivela alcun elemento nuovo che le riguardi. Dall’altro lato, dall’esame del secondo motivo emerge che la motivazione contenuta negli atti impugnati, quale è stata comunicata alle prime due ricorrenti, era sufficiente a giustificare l’adozione di misure restrittive nei loro confronti.

122    In tali circostanze, si deve concludere che il Consiglio non ha violato i diritti della difesa delle prime due ricorrenti relativamente all’accesso ai documenti.

123    In terzo luogo, per quanto riguarda la possibilità delle prime due ricorrenti di far valere utilmente il loro punto di vista, occorre rilevare che, in seguito all’adozione degli atti impugnati, le ricorrenti hanno inviato al Consiglio, il 9 agosto 2013, una lettera nella quale hanno esposto il proprio punto di vista ed hanno chiesto che fossero loro comunicate le ragioni dell’inserimento dei propri nomi nonché gli elementi di prova contenuti nel rispettivo fascicolo.

124    Le prime due ricorrenti hanno pertanto avuto modo di fare valere utilmente il proprio punto di vista, talché non può essere contestato al Consiglio di aver violato i loro diritti della difesa al riguardo.

125    Il Tribunale considera quindi che le prime due ricorrenti hanno potuto tutelare i loro diritti e che esso ha potuto pienamente esercitare il controllo che gli incombe in merito alla legittimità degli atti impugnati. Le prime due ricorrenti hanno pertanto erroneamente contestato al Consiglio di aver violato il loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

126    Di conseguenza, occorre respingere il quinto motivo in quanto infondato nella parte relativa alle prime due ricorrenti.

127    Alla luce di quanto sopra esposto, si deve pertanto respingere il ricorso nella parte che riguarda la PPI e la POSCO ed accoglierlo nella parte che riguarda la POMC e la PRE.

 Sull’efficacia nel tempo dell’annullamento degli atti impugnati nella parte in cui riguardano la POMC e la PRE

128    Ai sensi dell’articolo 264, secondo comma, TFUE, il Tribunale, ove lo reputi necessario, può precisare gli effetti dell’atto annullato che devono essere considerati definitivi. Dalla giurisprudenza risulta che tale disposizione consente al giudice dell’Unione di decidere la data a partire dalla quale le sue sentenze di annullamento hanno effetto (sentenza del 12 dicembre 2013, Nabipour e a./Consiglio, T‑58/12, EU:T:2013:640, punti 250 e 251).

129    Nella fattispecie, il Tribunale ritiene, per le ragioni che saranno esposte in prosieguo, che sia necessario mantenere l’efficacia nel tempo degli atti impugnati sino alla data di scadenza del termine per proporre impugnazione di cui all’articolo 56, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea o, qualora sia stata proposta un’impugnazione entro tale termine, sino al rigetto dell’impugnazione.

130    Occorre infatti ricordare che il programma nucleare attuato dalla Repubblica islamica dell’Iran suscita vive preoccupazioni a livello sia internazionale sia europeo. È in tale contesto che il Consiglio ha gradualmente esteso il numero di misure restrittive adottate nei confronti di tale Stato, al fine di ostacolare lo sviluppo di attività tali da mettere a repentaglio la pace e la sicurezza internazionale, nell’ambito dell’attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza.

131    Pertanto, l’interesse della POMC e della PRE a ottenere che l’annullamento degli atti impugnati nelle parti che le riguardano abbia effetto immediato deve essere bilanciato con l’obiettivo di interesse generale perseguito dalla politica dell’Unione in materia di misure restrittive nei confronti della Repubblica islamica dell’Iran. La modulazione nel tempo degli effetti dell’annullamento di una misura restrittiva può dunque essere giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia delle misure restrittive e, in definitiva, da considerazioni prioritarie attinenti alla sicurezza o allo svolgimento delle relazioni internazionali dell’Unione e dei suoi Stati membri (v., per analogia con l’assenza di obbligo di preliminare comunicazione all’interessato dei motivi dell’inserimento iniziale del suo nome negli elenchi, sentenza del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C-27/09 P, Racc., EU:C:2011:853, punto 67).

132    Orbene, l’annullamento con effetto immediato degli atti impugnati nella parte in cui riguardano la POMC e la PRE consentirebbe a queste ultime di trasferire in tutto o in parte i loro beni al di fuori dell’Unione, senza che il Consiglio possa eventualmente applicare in tempo utile l’articolo 266 TFUE al fine di rimediare alle irregolarità constatate nella presente sentenza, e così potrebbe verificarsi un danno grave e irreparabile all’efficacia di qualsiasi congelamento di capitali che dovesse essere adottato, in futuro, dal Consiglio nei confronti di tali entità.

133    Infatti, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 266 TFUE al caso di specie, si deve rilevare che l’annullamento mediante la presente sentenza dell’iscrizione dei nomi della POMC e della PRE negli elenchi deriva dal fatto che i motivi di tale iscrizione non sono corroborati da prove sufficienti (v. precedenti punti da 77 a 84). Pertanto, benché spetti al Consiglio decidere sulle misure di esecuzione di tale sentenza, una nuova iscrizione di detti nomi negli elenchi non può essere esclusa a priori. Nell’ambito del nuovo esame, infatti, il Consiglio ha la possibilità di iscrivere nuovamente tali nomi negli elenchi sulla base di motivi debitamente dimostrati.

134    Ne consegue che gli effetti degli atti impugnati devono essere mantenuti, per quanto riguarda la POMC e la PRE, fino alla scadenza del termine per proporre impugnazione ovvero, in caso di impugnazione entro detto termine, fino al rigetto dell’impugnazione.

 Sulle spese

135    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 3, del regolamento di procedura, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi ovvero per motivi eccezionali.

136    Nelle circostanze della fattispecie occorre decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Sono annullati, nella parte in cui riguardano la Petropars Aria Kish Operation and Management Co. e la Petropars Resources Engineering Kish Co.:

–        la decisione 2013/270/PESC del Consiglio, del 6 giugno 2013, che modifica la decisione 2010/413/PESC concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran;

–        il regolamento di esecuzione (UE) n. 522/2013 del Consiglio, del 6 giugno 2013, che attua il regolamento (UE) n. 267/2012 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran.

2)      Gli effetti della decisione 2013/270 e del regolamento n. 522/2013 sono mantenuti, per quanto riguarda la Petropars Aria Kish Operation and Management Co. e la Petropars Resources Engineering Kish Co., fino alla scadenza del termine per proporre impugnazione di cui all’articolo 56, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea ovvero, in caso di impugnazione entro detto termine, fino al rigetto dell’impugnazione.

3)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

4)      Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Jaeger

Van der Woude

Buttigieg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 maggio 2015.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.