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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

9 aprile 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Principi del diritto dell’Unione – Articolo 4, paragrafo 3, TUE – Principio di leale cooperazione – Autonomia procedurale – Principi di equivalenza e di effettività – Principio di interpretazione conforme del diritto nazionale – Normativa nazionale che prevede un mezzo di ricorso straordinario che consente la riapertura di un procedimento civile concluso con una sentenza definitiva – Motivi – Decisione successiva di una Corte costituzionale che dichiara l’incompatibilità con la Costituzione di una disposizione di diritto nazionale sul cui fondamento tale sentenza è stata pronunciata – Privazione, per effetto di una violazione del diritto, della possibilità di agire – Applicazione estensiva di tale mezzo di ricorso – Asserita violazione del diritto dell’Unione risultante da una sentenza successiva della Corte che statuisce sull’interpretazione di tale diritto ai sensi dell’articolo 267 TFUE – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Sentenza contumaciale – Assenza di verifica d’ufficio del carattere eventualmente abusivo delle clausole contrattuali»

Nella causa C‑582/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sąd Okręgowy Warszawa-Praga (Tribunale regionale di Varsavia-Praga, Polonia), con decisione del 31 agosto 2021, pervenuta in cancelleria il 17 settembre 2021, nel procedimento

FY

contro

Profi Credit Polska S.A. w Bielsku Białej,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, A. Prechal, K. Jürimäe, F. Biltgen, N. Piçarra e O. Spineanu-Matei (relatrice), presidenti di sezione, S. Rodin, P.G. Xuereb, I. Ziemele, J. Passer e D. Gratsias, giudici,

avvocato generale: N. Emiliou

cancelliere: M. Siekierzyńska, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 gennaio 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo polacco, da B. Majczyna e S. Żyrek, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da N. Ruiz García, A. Szmytkowska e P. Van Nuffel, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14 settembre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 3, e dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE nonché dei principi di equivalenza e di interpretazione conforme del diritto nazionale.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra FY e la Profi Credit Polska S.A. w Bielsku Białej (in prosieguo: la «Profi Credit Polska») in relazione a somme dovute da FY in esecuzione di un contratto di credito al consumo.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        Il ventiquattresimo considerando della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29) enuncia quanto segue:

«considerando che le autorità giudiziarie e gli organi amministrativi degli Stati membri devono disporre dei mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione delle clausole abusive contenute nei contratti stipulati con i consumatori».

4        L’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, prevede quanto segue:

«Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

5        L’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva così dispone:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

6        L’articolo 7, paragrafo 1, della stessa direttiva così recita:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

 Diritto polacco

 Costituzione polacca

7        L’articolo 188, punto 1, della Konstytucja Rzeczypospolitej Polskiej (Costituzione della Repubblica di Polonia; in prosieguo: la «Costituzione polacca») dispone che il Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale, Polonia) statuisce sulla conformità a tale Costituzione, segnatamente, delle leggi.

8        L’articolo 190, paragrafi da 1 a 4, della Costituzione polacca così dispone:

«1.      Le decisioni del Trybunał Konstytucyjny [(Corte costituzionale)] sono obbligatorie erga omnes e definitive».

2.      Le decisioni del Trybunał Konstytucyjny [(Corte costituzionale)] nelle materie elencate all’articolo 188 sono pubblicate, senza indugio, nell’organo ufficiale presso il quale è stato pubblicato l’atto legislativo. Se l’atto non è stato promulgato, la decisione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica di Polonia “Monitor Polski”.

3.      La decisione del Trybunał Konstytucyjny [(Corte costituzionale)] entra in vigore il giorno della pubblicazione, tuttavia il Trybunał Konstytucyjny [(Corte costituzionale)] può stabilire un diverso termine di perdita dell’efficacia vincolante dell’atto normativo. (...)

4.      La decisione del Trybunał Konstytucyjny [(Corte costituzionale)] che dichiara l’incompatibilità con la Costituzione, con un accordo internazionale o con una legge, di un atto normativo, sulla base del quale è stata pronunciata una decisione giurisdizionale definitiva, una decisione amministrativa definitiva o una decisione in altre controversie, costituisce un motivo di riapertura del procedimento, di annullamento della decisione amministrativa o di altra decisione, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dalle disposizioni applicabili al procedimento in questione».

 Codice di procedura civile

9        L’articolo 399, paragrafo 1, dell’ustawa – Kodeks postępowania cywilnego (legge recante il codice di procedura civile), del 17 novembre 1964 (Dz. U. del 1964, n. 43, posizione 296), nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: il «codice di procedura civile»), prevede quanto segue:

«Nei casi previsti dalla presente sezione, si può chiedere la riapertura del procedimento conclusosi con sentenza definitiva».

10      Ai sensi dell’articolo 401, punto 2, del codice di procedura civile, può essere chiesta la riapertura del procedimento per nullità «se una parte (...), per effetto di una violazione del diritto, sia stata privata della possibilità di agire; non è tuttavia possibile chiedere la riapertura del procedimento se l’impossibilità di agire sia cessata prima che la sentenza sia divenuta definitiva o se il difetto di rappresentanza sia stato fatto valere mediante eccezione oppure se la parte abbia confermato gli atti processuali [anteriori] compiuti».

11      L’articolo 4011 del codice di procedura civile dispone quanto segue:

«Si può chiedere la riapertura del procedimento anche nel caso in cui il Trybunał Konstytucyjny [(Corte costituzionale)] abbia dichiarato l’incompatibilità con la Costituzione, con un accordo internazionale ratificato o con una legge di un atto normativo sulla base del quale è stata pronunciata la sentenza».

12      L’articolo 407, paragrafi 1 e 2, del codice di procedura civile dispone quanto segue:

«1      La domanda di riapertura va proposta entro il termine di tre mesi, che decorre dal giorno in cui la parte è venuta a conoscenza del motivo di riapertura e, qualora il motivo sia costituto dall’impossibilità di agire o dal difetto di una debita rappresentanza, dalla data in cui la parte, il suo organo o il suo rappresentante legale hanno avuto notizia della sentenza.

2.      Nella situazione di cui all’articolo 4011, la domanda di riapertura va proposta entro il termine di tre mesi dalla data di entrata in vigore della decisione del Trybunał Konstytucyjny [(Corte costituzionale)]. Se, alla data della pronuncia della decisione del Trybunał Konstytucyjny [(Corte costituzionale)], la decisione di cui all’articolo 4011 non è ancora divenuta definitiva a causa della presentazione di un’impugnazione, che successivamente è stata respinta, il termine decorre dalla data di notifica dell’ordinanza di rigetto o, in caso della sua emissione in un’udienza pubblica, dalla data di pronuncia di tale ordinanza».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

13      Il 16 giugno 2015 FY ha stipulato con la Profi Credit Polska, un’impresa di credito, un contratto di credito al consumo per un importo di 4 000 zloty polacchi (PLN) (circa EUR 920). Tale contratto prevedeva che la somma totale dovuta da FY ammontasse a PLN 13 104 (circa EUR 3 020), rimborsabile in 48 rate mensili di PLN 273 (circa EUR 63).

14      Alla conclusione di detto contratto, FY ha emesso una cambiale in bianco, che è stata successivamente riempita dalla Profi Credit Polska indicando la somma di PLN 8 170,11 (circa EUR 1 880) e una data di scadenza del pagamento.

15      Il 30 ottobre 2017 la Profi Credit Polska ha proposto dinanzi al Sąd Rejonowy dla Warszawy Pragi-Południe (Tribunale circondariale Varsavia Praga-Sud, Polonia, in prosieguo: il «giudice di primo grado») un’azione diretta ad ottenere il pagamento della somma di PLN 8 170,11 a titolo di capitale, maggiorata degli interessi contrattuali. Al ricorso che ha introdotto tale azione sono state allegate soltanto la cambiale e la notifica della risoluzione del contratto di credito di cui trattasi nel procedimento principale, la quale menzionava un saldo di credito da rimborsare di PLN 6 779 (circa EUR 1 560) e l’importo totale degli arretrati, che corrispondevano alla somma di PLN 8 170,11.

16      Il 17 aprile 2018 il giudice di primo grado ha pronunciato una sentenza contumaciale (in prosieguo: la «sentenza contumaciale»), munita di formula esecutiva, con la quale FY è stata condannata a pagare alla Profi Credit Polska la somma di PLN 8 170,11, maggiorata degli interessi legali di mora, ed è stato respinto il capo della domanda relativo agli interessi contrattuali.

17      Dalla decisione di rinvio risulta che tale sentenza era fondata unicamente sulla cambiale firmata da FY e sulle indicazioni contenute nel ricorso della Profi Credit Polska. Quest’ultima non ha presentato il contratto di credito di cui trattasi nel procedimento principale né il giudice di primo grado l’ha invitata a presentarlo.

18      FY non ha proposto opposizione avverso la sentenza contumaciale, che è divenuta definitiva alla scadenza del termine di due settimane previsto a tal fine.

19      Il 25 giugno 2019 FY ha presentato al giudice di primo grado una domanda di riapertura del procedimento concluso con sentenza contumaciale. FY ha fondato tale domanda sull’articolo 401, punto 2, del codice di procedura civile, ritenendo che tale giudice avesse erroneamente interpretato la direttiva 93/13 e l’avesse quindi privata, per effetto di una violazione del diritto, della possibilità di agire, ai sensi di tale disposizione. Più in particolare, FY contestava a detto giudice di aver accolto la domanda della Profi Credit Polska sulla base della cambiale da lei emessa, senza aver esaminato il carattere eventualmente abusivo delle clausole del contratto di credito da lei concluso con la stessa, segnatamente in relazione al costo del credito extrainteressi. A tale riguardo, FY ha invocato, in particolare, la sentenza del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska (C‑176/17; in prosieguo: la «sentenza Profi Credit Polska I», EU:C:2018:711). La Profi Credit Polska, dal canto suo, ha chiesto il rigetto della domanda di riapertura del procedimento, con la motivazione che la stessa era stata presentata dopo la scadenza del termine impartito a tal fine. Essa ha altresì invocato il fatto che FY, che conosceva il contenuto della sentenza contumaciale, non aveva proposto opposizione contro la medesima.

20      Con ordinanza del 27 agosto 2020, il giudice di primo grado ha respinto la domanda di riapertura del procedimento, per il motivo che questa era stata presentata fuori termine e ha inoltre rilevato che tale domanda non era fondata su un motivo legale.

21      FY ha impugnato tale ordinanza dinanzi al Sąd Okręgowy Warszawa-Praga (Tribunale regionale Varsavia-Praga, Polonia), giudice del rinvio, contestando segnatamente al giudice di primo grado di non aver preso in considerazione il diritto dell’Unione e la giurisprudenza della Corte, in particolare l’obbligo per i giudici nazionali di esaminare d’ufficio il carattere eventualmente abusivo delle clausole di un contratto stipulato con un consumatore.

22      Il giudice del rinvio ritiene che, poiché il giudice di primo grado non ha esaminato il contratto di credito di cui trattasi nel procedimento principale né, pertanto, il carattere eventualmente abusivo delle clausole in esso contenute, sia probabile che la sentenza contumaciale violi gli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13, come interpretati dalla Corte, in particolare nella sentenza Profi Credit Polska I.

23      In tali circostanze, detto giudice si chiede se il diritto dell’Unione non gli imponga di accogliere la domanda di riapertura del procedimento presentata da FY, indipendentemente dal fatto che quest’ultima non abbia proposto opposizione avverso la sentenza contumaciale.

24      A tale riguardo, da un lato, il giudice del rinvio sottolinea l’importanza del principio dell’autorità di cosa giudicata nonché il carattere irreversibile delle sentenze definitive, menziona l’assenza, nel diritto polacco, di una disposizione che preveda espressamente che una sentenza della Corte costituisce un motivo di riapertura del procedimento e rileva che il diritto dell’Unione non impone ai giudici nazionali un obbligo generale di riapertura dei procedimenti che hanno dato luogo a una decisione passata in giudicato al fine di tener conto di una sentenza della Corte vertente sull’interpretazione del diritto dell’Unione.

25      Dall’altro lato, il giudice del rinvio si chiede se i principi di equivalenza e di interpretazione conforme del diritto nazionale non gli impongano di interpretare le disposizioni pertinenti del diritto polacco in modo da consentire la riapertura del procedimento principale. Esso si riferisce più in particolare a due disposizioni del codice di procedura civile.

26      In primo luogo, tale giudice menziona l’articolo 4011 del codice di procedura civile, che consente di riaprire un procedimento che ha condotto a una sentenza definitiva a seguito di una decisione del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) che dichiara l’incostituzionalità della disposizione di diritto nazionale sul cui fondamento tale sentenza è stata pronunciata. Esso si chiede se il principio di equivalenza non gli imponga di applicare tale disposizione, per analogia, in una situazione in cui, dopo che una sentenza nazionale ha acquisito autorità di cosa giudicata, una pronuncia della Corte porti a constatare l’incompatibilità con il diritto dell’Unione della disposizione di diritto nazionale su cui tale sentenza si era fondata.

27      In secondo luogo, il giudice del rinvio fa riferimento all’articolo 401, punto 2, del codice di procedura civile, che consente la riapertura di un procedimento che ha condotto a una sentenza definitiva qualora una parte, per effetto di una violazione del diritto, sia stata privata della possibilità di agire. Tale giudice si chiede se il principio di interpretazione conforme del diritto nazionale non imponga di interpretare tale disposizione nel senso che essa ricomprende anche il caso in cui un giudice nazionale che abbia statuito in contumacia sul ricorso di un professionista, fondato su un contratto stipulato con un consumatore, non abbia esaminato d’ufficio l’eventuale presenza in tale contratto di clausole abusive, in violazione della direttiva 93/13. A tale riguardo, detto giudice rileva che le modalità di esercizio del diritto di proporre opposizione avverso la sentenza contumaciale sono in larga misura simili a quelle relative al diritto di proporre opposizione a un’ingiunzione giudiziaria di pagamento, in relazione alle quali la Corte ha dichiarato, nella sentenza Profi Credit Polska I, che, a causa del loro carattere particolarmente restrittivo, esse comportavano il rischio non trascurabile che il consumatore interessato non esercitasse tale diritto e che esse non consentivano quindi di garantire il rispetto dei diritti che i consumatori traggono da tale direttiva.

28      In tali circostanze, il Sąd Okręgowy Warszawa-Praga (Tribunale regionale Varsavia-Praga) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, [TUE], tenuto conto del principio di equivalenza (…), debbano essere interpretati nel senso che una decisione della [Corte], pronunciata ai sensi dell’articolo 267, paragrafo 1, TFUE, relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione, costituisce un motivo per la riapertura di un procedimento civile concluso con una precedente decisione definitiva, in una situazione in cui una disposizione di diritto nazionale, quale l’articolo 4011 del [codice di procedura civile], consente la riapertura del procedimento qualora una decisione definitiva sia stata emessa sulla base di una disposizione [di diritto nazionale] che sia stata dichiarata, da una sentenza del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale), incompatibile con un atto giuridico di rango superiore.

2)      Se il principio dell’interpretazione del diritto nazionale conformemente al diritto dell’Unione, risultante dall’articolo 4, paragrafo 3, [TUE] (…), imponga di interpretare estensivamente una disposizione di diritto nazionale, quale l’articolo 401, punto 2, del [codice di procedura civile], in modo tale da far rientrare nel motivo di riapertura del procedimento in esso previsto una sentenza definitiva pronunciata in contumacia nella quale il giudice, in violazione degli obblighi derivanti dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa [Profi Credit, Polska I], aveva omesso di esaminare il contratto tra il consumatore e il mutuante sotto il profilo delle clausole abusive, limitandosi unicamente a verificare la validità formale della cambiale».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

29      In via preliminare, occorre rilevare che, a seguito della richiesta di informazioni rivoltagli dalla Corte il 13 luglio 2022, il giudice del rinvio ha precisato che, nell’ambito della prima questione, esso si riferisce, al contempo, alle decisioni menzionate all’articolo 190, paragrafo 4, della Costituzione polacca, con le quali il Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) ha dichiarato l’incompatibilità con tale Costituzione o con un’altra norma di rango superiore di una disposizione di diritto nazionale sul cui fondamento è stata pronunciata una sentenza definitiva, e alle decisioni cosiddette «interpretative negative», con le quali quest’ultimo giudice ha dichiarato l’incompatibilità con detta Costituzione o con un’altra norma di rango superiore di una certa interpretazione di una disposizione di diritto nazionale che ha costituito il fondamento di una siffatta sentenza.

30      Il giudice del rinvio ha indicato che, sebbene la portata di tali decisioni interpretative negative nell’ambito di procedimenti civili conclusi con una sentenza definitiva sia controversa, esso ritiene che la sopravvenienza di una decisione di tal genere costituisca un motivo di riapertura di un siffatto procedimento nel diritto polacco. Il governo polacco contesta tale interpretazione.

31      A tale riguardo, è sufficiente, tuttavia, ricordare che, in forza di una costante giurisprudenza, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è l’unico competente ad esaminare e valutare i fatti del procedimento principale nonché ad interpretare e ad applicare il diritto nazionale (sentenze del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito, C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 76, nonché del 22 settembre 2022, Servicios prescriptor y medios de pagos EFC, C‑215/21, EU:C:2022:723, punto 26).

32      Occorre quindi prendere in considerazione la presente questione come precisata dalle indicazioni del giudice del rinvio menzionate al punto 29 della presente sentenza.

33      Di conseguenza, si deve ritenere che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE nonché il principio di equivalenza debbano essere interpretati nel senso che, qualora un mezzo di ricorso straordinario istituito da una disposizione processuale nazionale consenta a un singolo di chiedere la riapertura di un procedimento che ha condotto a una sentenza definitiva invocando una successiva decisione della Corte costituzionale dello Stato membro interessato che dichiara la non conformità alla Costituzione o a un’altra norma di rango superiore di una disposizione di diritto nazionale, o di una certa interpretazione di una siffatta disposizione, sul fondamento della quale tale sentenza è stata pronunciata, essi impongono che detto mezzo di ricorso sia parimenti esperibile nel caso in cui sia invocata una decisione della Corte che statuisce in via pregiudiziale sull’interpretazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 267 TFUE (in prosieguo: la «sentenza pregiudiziale interpretativa»).

34      Per quanto riguarda l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, il secondo comma di tale disposizione, che è l’unico cui si riferisce il giudice del rinvio, obbliga gli Stati membri a stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare ai singoli, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (sentenza del 21 dicembre 2021, Randstad Italia, C‑497/20, EU:C:2021:1037, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

35      Tuttavia, il rispetto del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva non implica l’obbligo per gli Stati membri di prevedere mezzi di ricorso straordinari che consentano di riaprire un procedimento concluso con una sentenza definitiva a seguito di una sentenza pregiudiziale interpretativa.

36      Dalla giurisprudenza della Corte risulta, infatti, che il diritto dell’Unione non esige che, per tener conto dell’interpretazione di una disposizione pertinente di tale diritto offerta dalla Corte posteriormente alla decisione di un organo giurisdizionale avente autorità di cosa giudicata, quest’ultimo ritorni necessariamente su tale decisione (sentenze del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti, C‑213/13, EU:C:2014:2067, punto 60, e del 6 ottobre 2015, Târşia, C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 38).

37      A tale riguardo, va ricordata l’importanza che il principio dell’autorità di cosa giudicata riveste sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali. Infatti, al fine di garantire tanto la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici quanto una buona amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l’esaurimento dei mezzi di ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per tali ricorsi non possano più essere rimesse in discussione (sentenze del 6 ottobre 2015, Târşia, C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 28 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco, C‑600/19, EU:C:2022:394, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

38      Pertanto, il diritto dell’Unione non impone a un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata a una pronuncia giurisdizionale, neanche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una situazione nazionale contrastante con detto diritto (sentenze del 6 ottobre 2015, Târşia, C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 29 e giurisprudenza ivi citata, nonché del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco, C‑600/19, EU:C:2022:394, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

39      Così, in assenza di una normativa dell’Unione in materia, le modalità di attuazione del principio dell’autorità di cosa giudicata rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, ai sensi del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi, nel rispetto tuttavia dei principi di equivalenza e di effettività (sentenze del 10 luglio 2014, Impresa Pizzarotti, C‑213/13, EU:C:2014:2067, punto 54, e del 24 ottobre 2018, XC e a., C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 21).

40      In ossequio al principio di cooperazione leale sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, infatti, le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono essere meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza), né devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a., C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

41      Il rispetto degli obblighi derivanti dai principi di equivalenza e di effettività deve essere esaminato tenendo conto del ruolo delle norme di cui trattasi nel procedimento complessivamente inteso, dello svolgimento del medesimo e delle specificità di tali norme dinanzi ai vari organi giurisdizionali nazionali (sentenza del 24 ottobre 2018, XC e a., C‑234/17, EU:C:2018:853, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

42      Da quanto precede risulta che, qualora le norme processuali interne applicabili prevedano la possibilità, a determinate condizioni, per il giudice nazionale di ritornare su una decisione munita di autorità di giudicato, per rendere la situazione compatibile con il diritto nazionale, tale possibilità deve essere prevista, conformemente ai principi di equivalenza e di effettività, e sempre che dette condizioni siano soddisfatte, per ripristinare la conformità della situazione oggetto del procedimento principale al diritto dell’Unione (sentenza del 6 ottobre 2015, Târşia, C‑69/14, EU:C:2015:662, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

43      Per quanto riguarda, in particolare, gli obblighi derivanti dal principio di equivalenza, l’unico cui si riferisce la presente questione, spetta al giudice nazionale verificare, alla luce delle modalità procedurali dei ricorsi applicabili nel diritto nazionale, il rispetto di tale principio tenuto conto dell’oggetto, della causa e degli elementi essenziali dei ricorsi di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze del 20 settembre 2018, EOS KSI Slovensko, C‑448/17, EU:C:2018:745, punto 40, e del 17 maggio 2022, Unicaja Banco, C‑869/19, EU:C:2022:397, punto 23).

44      Nel contesto del procedimento principale, tale verifica implica di esaminare se, quando il diritto nazionale conferisce ai singoli il diritto di chiedere la riapertura di un procedimento concluso con una sentenza definitiva fondata su una disposizione di diritto nazionale, o su una certa interpretazione di una siffatta disposizione, dichiarata incompatibile con la Costituzione polacca o con un’altra norma di rango superiore da una successiva decisione del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale), si debba riconoscere ai singoli un diritto equivalente qualora da una sentenza pregiudiziale interpretativa emessa dalla Corte successivamente a una siffatta sentenza definitiva risulti che quest’ultima è fondata su una disposizione di diritto nazionale, o su un’interpretazione di una tale disposizione, che è incompatibile con il diritto dell’Unione. Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 54 delle sue conclusioni, detta verifica conduce, in definitiva, a determinare se possa essere stabilita un’equivalenza tra una siffatta decisione di tale Corte costituzionale e una tale sentenza della Corte.

45      A tale riguardo, e fatte salve le verifiche che il giudice del rinvio deve effettuare, risulta, alla luce dell’articolo 188, punto 1, e dell’articolo 190, paragrafo 4, della Costituzione polacca nonché delle indicazioni fornite da tale giudice, che l’oggetto di un ricorso dinanzi al Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) è quello di ottenere da quest’ultimo una pronuncia sulla validità di una disposizione di diritto nazionale, o di una certa interpretazione di una siffatta disposizione. La causa di tale ricorso risiede nell’asserita incompatibilità di tale disposizione, o di detta interpretazione, con la Costituzione o con altre norme di rango superiore.

46      Peraltro, un elemento essenziale di tale procedimento sembra risiedere nell’effetto di una decisione di accoglimento di un siffatto ricorso, con la quale il Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) dichiara la non conformità della disposizione di diritto nazionale contestata alla Costituzione polacca o a un’altra norma di rango superiore. Secondo le indicazioni contenute nella decisione di rinvio, infatti, a seguito di una siffatta decisione del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale), la disposizione di cui trattasi è privata della sua forza vincolante. Poiché l’articolo 190, paragrafo 1, di tale Costituzione dispone che le decisioni di detto giudice sono vincolanti erga omnes e definitive, tale decisione sembra dunque avere come conseguenza che la disposizione in parola sia espunta dall’ordinamento giuridico nazionale.

47      Da tali indicazioni risulta altresì che il diritto, previsto all’articolo 190, paragrafo 4, della Costituzione polacca e all’articolo 4011 del codice di procedura civile a favore di ogni singolo, di rimettere in discussione una sentenza definitiva fondata su una disposizione di diritto nazionale la cui non conformità a tale Costituzione o a un’altra norma di rango superiore sia stata successivamente dichiarata con una decisione del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) discende dalla perdita di forza vincolante di tale disposizione, in quanto, a seguito di tale decisione, detta sentenza risulta essere ormai priva di fondamento giuridico.

48      Fatta salva la verifica che il giudice del rinvio deve operare al riguardo, tenuto conto dell’assimilazione effettuata da quest’ultimo tra una decisione interpretativa negativa e una decisione che dichiara la non conformità di una disposizione di diritto nazionale alla Costituzione polacca o a un’altra norma di rango superiore, sembra che, quando è in discussione dinanzi al Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) una certa interpretazione di una siffatta disposizione, la decisione di quest’ultima Corte che dichiara l’incompatibilità di tale interpretazione con detta Costituzione o con un’altra norma di rango superiore abbia l’effetto, per analogia, di privare ipso facto detta interpretazione della sua capacità di fungere da fondamento per una sentenza.

49      Come rilevato, in sostanza, dall’avvocato generale ai paragrafi 78 e 88 delle sue conclusioni, risulta quindi che le decisioni del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) di cui ai punti da 46 a 48 della presente sentenza contengono una constatazione relativa alla non conformità della disposizione di diritto nazionale di cui trattasi, o di una certa interpretazione di una siffatta disposizione, alla Costituzione polacca o a un’altra norma di rango superiore. Una siffatta constatazione non richiede l’adozione di una decisione giurisdizionale successiva e ha l’effetto di privare tale disposizione o detta interpretazione della sua forza vincolante e di espungerla dall’ordinamento giuridico nazionale, il che ha come conseguenza diretta di privare di fondamento giuridico la sentenza definitiva che era stata pronunciata sulla base di detta disposizione o di tale interpretazione.

50      Orbene, a tale riguardo, le sentenze pregiudiziali interpretative si distinguono dalle decisioni di cui trattasi del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale). Infatti, è pacifico che, se è vero che il ruolo della Corte è quello di fornire un’interpretazione vincolante del diritto dell’Unione, le conseguenze che derivano da tale interpretazione per il caso concreto rientrano nella responsabilità dei giudici nazionali.

51      A tale riguardo, occorre ricordare che il procedimento di rinvio pregiudiziale previsto all’articolo 267 TFUE instaura un dialogo da giudice a giudice tra la Corte e i giudici degli Stati membri, inteso ad assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione, permettendo così di garantire la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto nonché, in ultima istanza, il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai Trattati (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 27 nonché giurisprudenza ivi citata).

52      Il sistema introdotto da tale disposizione istituisce, pertanto, una cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali nell’ambito della quale questi ultimi partecipano strettamente alla corretta applicazione e all’interpretazione uniforme del diritto dell’Unione, nonché alla tutela dei diritti attribuiti da quest’ultimo ai singoli (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 29 nonché giurisprudenza ivi citata).

53      Nell’ambito di tale cooperazione, la Corte fornisce ai giudici nazionali, in quanto incaricati dell’applicazione del diritto dell’Unione, gli elementi d’interpretazione di tale diritto necessari per risolvere la controversia che essi sono chiamati a dirimere (sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 30 nonché giurisprudenza ivi citata).

54      Peraltro, come ricordato al punto 31 della presente sentenza, nell’ambito di un procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, il giudice nazionale è l’unico competente, in particolare, ad interpretare e ad applicare il diritto nazionale. Ne consegue che l’attuazione, nella causa pendente dinanzi al giudice del rinvio, dell’interpretazione fornita dalla Corte in risposta a una domanda di pronuncia pregiudiziale di cui tale giudice l’ha investita in detta causa rientra nella responsabilità dello stesso giudice (v., in tal senso, sentenza del 7 luglio 2022, F. Hoffmann-La Roche e a., C‑261/21, EU:C:2022:534, punto 55).

55      Pertanto, nell’ambito del procedimento pregiudiziale, non spetta alla Corte pronunciarsi sulla compatibilità di una disposizione nazionale con il diritto dell’Unione. Spetta al giudice nazionale effettuare tale valutazione alla luce degli elementi interpretativi forniti dalla Corte (v., in tal senso, sentenza del 20 aprile 2021, Repubblika, C‑896/19, EU:C:2021:311, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

56      Di conseguenza, a differenza delle decisioni di cui trattasi del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale), con le quali quest’ultimo dichiara la non conformità alla Costituzione polacca o a un’altra norma di rango superiore di una disposizione di diritto nazionale, o di una certa interpretazione di una siffatta disposizione, le sentenze pregiudiziali interpretative pronunciate dalla Corte hanno lo scopo di fornire gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione necessari al giudice nazionale per la soluzione della controversia che esso è chiamato a dirimere. Per quanto riguarda l’eventuale incompatibilità con il diritto dell’Unione di una disposizione di diritto nazionale, o di una data interpretazione di una tale disposizione, in discussione dinanzi al giudice nazionale, nonché le conseguenze di tale eventuale incompatibilità, le valutazioni e le constatazioni da effettuare al riguardo alla luce della sentenza pregiudiziale interpretativa rientrano in definitiva nella competenza di tale giudice nazionale, tenuto conto della separazione delle funzioni che caratterizza il procedimento con il quale la Corte statuisce sull’interpretazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

57      A tale riguardo, occorre ricordare che siffatte valutazioni e constatazioni possono dipendere non soltanto dalla questione se la disposizione di cui trattasi del diritto dell’Unione abbia effetto diretto, dal momento che solo una disposizione di tale diritto che abbia un siffatto effetto può essere invocata, in quanto tale, nell’ambito di una controversia rientrante nel diritto dell’Unione, al fine di escludere, in forza del principio del primato di tale diritto, l’applicazione di una disposizione di diritto nazionale ad essa contraria (v., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punti 61 e 62), ma anche dalla possibilità di interpretare la norma nazionale di cui trattasi conformemente al diritto dell’Unione. Infatti, in forza del principio di interpretazione conforme del diritto interno, il giudice nazionale è tenuto a dare al diritto interno, quanto più possibile, un’interpretazione conforme ai requisiti del diritto dell’Unione (sentenza del 24 giugno 2019, Popławski, C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 55).

58      Ne consegue che, fatte salve le verifiche che devono essere operate dal giudice del rinvio, la portata di una decisione del Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale) che dichiara l’incompatibilità con la Costituzione polacca o con un’altra norma di rango superiore di una disposizione di diritto nazionale, o di una certa interpretazione di una siffatta disposizione, sembra distinguersi da quella di una sentenza pregiudiziale interpretativa in quanto, in una siffatta sentenza, la Corte non si pronuncia, interpretando il diritto dell’Unione, direttamente sull’eventuale incompatibilità di una disposizione di diritto nazionale o di un’interpretazione di una siffatta disposizione con il diritto dell’Unione, poiché detta questione deve essere risolta in definitiva dal giudice del rinvio.

59      Di conseguenza, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 3, TUE e il principio di equivalenza devono essere interpretati nel senso che, qualora un mezzo di ricorso straordinario istituito da una disposizione processuale nazionale consenta a un singolo di chiedere la riapertura di un procedimento che ha condotto a una sentenza definitiva invocando una decisione successiva della Corte costituzionale dello Stato membro interessato che ha dichiarato la non conformità alla Costituzione o a un’altra norma di rango superiore di una disposizione di diritto nazionale, o di una certa interpretazione di una siffatta disposizione, sul cui fondamento tale sentenza è stata pronunciata, essi non impongono che tale mezzo di ricorso sia esperibile anche nel caso in cui sia invocata una sentenza pregiudiziale interpretativa, sempre che le conseguenze concrete di una siffatta decisione di tale Corte costituzionale per quanto riguarda la disposizione di diritto nazionale, o l’interpretazione di una siffatta disposizione, sulla quale detta sentenza definitiva si fonda, discendano direttamente da tale decisione.

 Sulla seconda questione

60      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il principio di interpretazione conforme del diritto nazionale debba essere interpretato nel senso che una disposizione di diritto nazionale che istituisce un mezzo di ricorso straordinario con il quale una parte può chiedere la riapertura di un procedimento concluso con sentenza definitiva qualora, per effetto di una violazione del diritto, essa sia stata privata della possibilità di agire, debba essere oggetto di un’interpretazione estensiva in modo da includere nel suo ambito di applicazione la situazione in cui il giudice che ha accolto la domanda di un professionista fondata su un contratto stipulato con un consumatore, con sentenza definitiva pronunciata in contumacia, ha omesso di esaminare d’ufficio tale contratto sotto il profilo dell’eventuale presenza di clausole abusive, in violazione degli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva 93/13.

61      Occorre ricordare che il principio di interpretazione conforme del diritto nazionale è inerente al sistema dei Trattati, in quanto consente ai giudici nazionali di assicurare, nell’ambito delle loro competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolvono la controversia ad essi sottoposta (sentenza del 21 gennaio 2021, Whiteland Import Export, C‑308/19, EU:C:2021:47, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).

62      In forza di tale principio, spetta ai giudici nazionali, tenendo conto di tutte le norme del diritto nazionale e applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, decidere se e in quale misura una disposizione di diritto nazionale possa essere interpretata conformemente alle disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione (sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger, C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 71 e giurisprudenza ivi citata).

63      Detto principio è soggetto a determinati limiti. Infatti, l’obbligo, per i giudici nazionali, di fare riferimento al contenuto del diritto dell’Unione nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del diritto nazionale trova un limite nei principi generali del diritto e non può servire da fondamento per un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

64      In considerazione del fatto che i giudici nazionali sono i soli competenti ad interpretare il diritto nazionale, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 31 della presente sentenza, spetta al giudice del rinvio valutare se l’interpretazione che esso intende dare all’articolo 401, punto 2, del codice di procedura civile sia o meno possibile tenuto conto dei limiti menzionati al punto precedente. Ciò posto, spetta alla Corte fornire a tale giudice alcune indicazioni utili in considerazione degli elementi contenuti nella decisione di rinvio.

65      Per quanto riguarda la giurisprudenza nazionale richiamata dal giudice del rinvio relativa al motivo di riapertura del procedimento di cui trattasi, secondo la quale il fatto che, per effetto di una violazione del diritto, una parte sia stata privata della possibilità di agire, ai sensi dell’articolo 401, punto 2, del codice di procedura civile, concerne solo le violazioni delle norme processuali, occorre rilevare che l’esigenza di un’interpretazione conforme del diritto nazionale include in particolare l’obbligo, per i giudici nazionali, di modificare, se del caso, una giurisprudenza consolidata se questa si basa su un’interpretazione del diritto nazionale incompatibile con gli scopi di una direttiva. Pertanto, un giudice nazionale non può validamente ritenere di trovarsi nell’impossibilità di interpretare una disposizione di diritto nazionale conformemente al diritto dell’Unione per il solo fatto che detta disposizione è stata costantemente interpretata in un senso che è incompatibile con tale diritto (sentenza del 6 novembre 2018, Bauer e Willmeroth, C‑569/16 e C‑570/16, EU:C:2018:871, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

66      In ogni caso, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’obbligo di procedere all’esame d’ufficio del carattere abusivo di talune clausole contenute in un contratto stipulato con un consumatore costituisce una norma procedurale gravante sugli organi giurisdizionali (v., in tal senso, sentenza del 7 novembre 2019, Profi Credit Polska, C‑419/18 e C‑483/18, EU:C:2019:930, punto 74 e giurisprudenza ivi citata).

67      Inoltre, dalle indicazioni contenute nella decisione di rinvio risulta che le considerazioni del giudice del rinvio sottese alla sua seconda questione non riguardano esclusivamente il fatto che il giudice di primo grado ha pronunciato la sentenza contumaciale sulla sola base della cambiale emessa da FY e della notifica da parte della Profi Credit Polska della risoluzione del contratto di credito concluso con FY, senza aver esaminato il carattere eventualmente abusivo delle clausole di tale contratto, ma anche le modalità procedurali che accompagnano l’esercizio del diritto di proporre opposizione avverso una siffatta sentenza.

68      A tale riguardo, dalla giurisprudenza della Corte risulta che il procedimento dinanzi al giudice di primo grado deve essere esaminato nel suo insieme, prendendo anche in considerazione il diritto di cui disponeva FY di proporre opposizione avverso tale sentenza (v., in tal senso, sentenza Profi Credit Polska I, punto 54).

69      Nel procedimento principale, occorre osservare che le modalità procedurali che accompagnano l’esercizio dell’opposizione di cui la sentenza contumaciale poteva essere oggetto, come descritte dal giudice del rinvio, vale a dire il rispetto di un termine di due settimane per presentare l’opposizione, l’obbligo di formulare immediatamente tutte le obiezioni e le pretese, quello di sostenere spese pari alla metà di quelle di un ricorso e l’assenza di effetto sospensivo della proposizione dell’opposizione, presentano forti somiglianze con le modalità procedurali esaminate dalla Corte ai punti da 64 a 68 della sentenza Profi Credit Polska I, e che essa ha giudicato, al punto 70 di detta sentenza, tali da generare un rischio non trascurabile che i consumatori interessati non propongano opposizione.

70      Spetta pertanto al giudice del rinvio verificare se le modalità di cui trattasi nel procedimento principale, qualora non consentissero di garantire il rispetto dei diritti che il consumatore trae dalla direttiva 93/13, configurino la situazione consistente nel privare una parte, per effetto di una violazione del diritto, della possibilità di agire, ai sensi dell’articolo 401, punto 2, del codice di procedura civile.

71      Ciò posto, occorre osservare che il riconoscimento di un diritto alla riapertura di un procedimento concluso con una sentenza definitiva in applicazione del principio di interpretazione conforme del diritto nazionale non può essere considerato, a priori, come l’unico mezzo che possa garantire al consumatore la tutela voluta dalla direttiva 93/13 in circostanze come quelle del procedimento principale.

72      A tale riguardo, occorre ricordare che, tenuto conto della situazione di inferiorità nella quale il consumatore si trova nei confronti del professionista, l’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva prevede che le clausole abusive non vincolino i consumatori. Si tratta di una disposizione imperativa tesa a sostituire all’equilibrio formale fra i diritti e gli obblighi delle parti contraenti determinato dal contratto, un equilibrio reale idoneo a ristabilire l’uguaglianza tra tali parti (sentenza del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco, C‑600/19, EU:C:2022:394, punto 36 e giurisprudenza citata). Tale disposizione deve essere considerata come una norma equivalente alle disposizioni nazionali che occupano, nell’ambito dell’ordinamento giuridico interno, il rango di norme di ordine pubblico (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

73      Peraltro, data la natura e l’importanza dell’interesse pubblico costituito dalla tutela dei consumatori, la direttiva 93/13 impone agli Stati membri, come risulta dal suo articolo 7, paragrafo 1, in combinato disposto con il ventiquattresimo considerando della medesima, di fornire mezzi adeguati ed efficaci «per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori» (sentenza del 21 dicembre 2016, Gutiérrez Naranjo e a., C‑154/15, C‑307/15 e C‑308/15, EU:C:2016:980, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

74      A tale riguardo, il diritto dell’Unione non armonizza le procedure applicabili all’esame del carattere eventualmente abusivo di una clausola contrattuale, cosicché esse rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, in forza del principio dell’autonomia procedurale di questi ultimi, a condizione, tuttavia, che rispettino i principi di equivalenza e di effettività (v., in tal senso, sentenza Profi Credit Polska I, C‑176/17, EU:C:2016:980, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

75      Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte non risulta che il principio di equivalenza possa imporre di applicare l’articolo 401, punto 2, del codice di procedura civile in circostanze come quelle del procedimento principale. Infatti, nessun elemento indica che tale disposizione sia applicabile nel caso sia stato omesso di sollevare d’ufficio un motivo fondato su una norma nazionale di ordine pubblico, norma alla quale l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere considerato equivalente, come ricordato al punto 72 della presente sentenza.

76      Per quanto riguarda il principio di effettività, occorre sottolineare che l’obbligo per gli Stati membri di garantire l’effettività dei diritti che i singoli traggono dal diritto dell’Unione implica, segnatamente per i diritti derivanti dalla direttiva 93/13, un requisito di tutela giurisdizionale effettiva, sancito parimenti dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che vale, in particolare, per le modalità procedurali delle azioni in giudizio basate su siffatti diritti (sentenza del 22 aprile 2021, Profi Credit Slovakia, C‑485/19, EU:C:2021:313, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

77      A tale riguardo, se, nel procedimento principale, il giudice del rinvio giungesse alla constatazione, tenuto conto in particolare degli elementi esposti ai punti da 67 a 69 della presente sentenza, che le modalità procedurali che disciplinano l’esercizio del diritto di proporre opposizione alla sentenza contumaciale non consentono di garantire il rispetto dei diritti che i consumatori traggono dalla direttiva 93/13, ne conseguirebbe che tale procedura non è conforme al diritto dei consumatori a un ricorso effettivo.

78      Di conseguenza, se il giudice del rinvio dovesse ritenere che la situazione di cui trattasi nel procedimento principale non possa rientrare nell’ambito di applicazione del motivo di riapertura del procedimento civile previsto all’articolo 401, punto 2, del codice di procedura civile, consistente nel fatto che, per effetto di una violazione del diritto, una parte sia illegittimamente privata della possibilità di agire, si dovrebbe ritenere che un consumatore quale FY debba disporre di un altro rimedio giuridico affinché gli sia effettivamente garantita la tutela voluta dalla direttiva 93/13. L’autorità di cosa giudicata inerente alla sentenza contumaciale, pronunciata senza che sia esaminato il carattere eventualmente abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi, non può ostarvi.

79      Orbene, occorre osservare che dalla giurisprudenza della Corte risulta che il rispetto dei diritti garantiti da tale direttiva deve poter essere garantito anche, se del caso, nell’ambito di un procedimento di esecuzione, o anche dopo la conclusione di quest’ultimo.

80      Infatti, da un lato, qualora un professionista abbia ottenuto un titolo esecutivo nei confronti di un consumatore fondato su un contratto stipulato con quest’ultimo senza che sia stato esaminato il carattere eventualmente abusivo di tutte o di parte delle clausole di tale contratto, il principio di effettività implica che il giudice investito dell’esecuzione di tale titolo possa procedere, eventualmente d’ufficio, a tale esame (v., in tal senso, sentenza del 18 febbraio 2016, Finanmadrid EFC, C‑49/14, EU:C:2016:98, punto 55).

81      È irrilevante che l’assenza di previo esame di siffatte clausole derivi, come nella causa che ha dato luogo alla sentenza menzionata al punto 80 della presente sentenza, dall’incompetenza dell’autorità che ha rilasciato il titolo esecutivo a procedere a tale esame o, come nel procedimento principale, dall’omissione di un siffatto esame da parte del giudice che ha emesso una sentenza contumaciale immediatamente esecutiva, unitamente al carattere potenzialmente troppo restrittivo delle modalità di esercizio del diritto di proporre opposizione a tale sentenza. In assenza di un controllo efficace del carattere potenzialmente abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi, infatti, il rispetto dei diritti conferiti dalla direttiva 93/13 non può essere garantito (sentenza Profi Credit Polska I, punto 62).

82      Occorre tuttavia sottolineare che, in una situazione del genere, la piena effettività della tutela dei consumatori voluta dalla direttiva 93/13 richiede inoltre che il procedimento di esecuzione possa essere sospeso, eventualmente secondo modalità che non siano idonee a scoraggiare il consumatore dal proporre e dal mantenere un ricorso, fino a quando il giudice competente non abbia effettuato il controllo del carattere eventualmente abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze del 17 luglio 2014, Sánchez Morcillo e Abril García, C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 27 nonché giurisprudenza ivi citata, e del 17 maggio 2022, Impuls Leasing România, C‑725/19, EU:C:2022:396, punto 60).

83      Dall’altro lato, in una situazione in cui il procedimento esecutivo è terminato, il consumatore deve essere in grado, in conformità all’articolo 6, paragrafo 1, e all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce del principio di effettività, di far valere in un procedimento successivo distinto il carattere abusivo delle clausole del contratto al fine di poter esercitare effettivamente e pienamente i suoi diritti ai sensi di tale direttiva, per ottenere il risarcimento del danno economico causato dall’applicazione di tali clausole (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2022, Ibercaja Banco, C‑600/19, EU:C:2022:394, punto 58).

84      In tali circostanze, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che il principio di interpretazione conforme del diritto nazionale deve essere interpretato nel senso che spetta al giudice nazionale valutare se una disposizione di diritto nazionale che istituisce un mezzo di ricorso straordinario con il quale una parte può chiedere la riapertura di un procedimento concluso con sentenza definitiva qualora, per effetto di una violazione del diritto, essa sia stata privata della possibilità di agire, possa essere oggetto di un’interpretazione estensiva in modo da includere nel suo ambito di applicazione la situazione in cui il giudice che ha accolto la domanda di un professionista fondata su un contratto stipulato con un consumatore, con sentenza definitiva pronunciata in contumacia, ha omesso di esaminare d’ufficio tale contratto sotto il profilo dell’eventuale presenza di clausole abusive, in violazione degli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva 93/13, e in cui risulti che le modalità procedurali dell’esercizio da parte di tale consumatore del suo diritto di proporre opposizione a detta sentenza contumaciale sono tali da generare un rischio non trascurabile che detto consumatore vi rinunci e non consentono, di conseguenza, di garantire il rispetto dei diritti che quest’ultimo trae da tale direttiva. Qualora una siffatta interpretazione estensiva non sia prospettabile a causa dei limiti costituiti dai principi generali del diritto e dall’impossibilità di procedere a un’interpretazione contra legem, il principio di effettività impone che il rispetto di tali diritti sia garantito nell’ambito di un procedimento di esecuzione di detta sentenza contumaciale o di un distinto procedimento successivo.

 Sulle spese

85      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 4, paragrafo 3, TUE e il principio di equivalenza

devono essere interpretati nel senso che:

qualora un mezzo di ricorso straordinario istituito da una disposizione processuale nazionale consenta a un singolo di chiedere la riapertura di un procedimento conclusosi con sentenza definitiva invocando una decisione successiva della Corte costituzionale dello Stato membro interessato che ha dichiarato la non conformità alla Costituzione o a un’altra norma di rango superiore di una disposizione di diritto nazionale, o di una certa interpretazione di una siffatta disposizione, sul cui fondamento tale sentenza è stata pronunciata, essi non impongono che tale mezzo di ricorso sia esperibile anche nel caso in cui sia invocata una decisione della Corte emessa in via pregiudiziale sull’interpretazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, sempre che le conseguenze concrete di una siffatta decisione di tale Corte costituzionale per quanto riguarda la disposizione di diritto nazionale, o l’interpretazione di una siffatta disposizione, sulla quale detta sentenza definitiva si fonda, discendano direttamente da tale decisione.

2)      Il principio di interpretazione conforme del diritto nazionale

deve essere interpretato nel senso che:

spetta al giudice nazionale valutare se una disposizione di diritto nazionale che istituisce un mezzo di ricorso straordinario con il quale una parte può chiedere la riapertura di un procedimento concluso con sentenza definitiva qualora, per effetto di una violazione del diritto, essa sia stata privata della possibilità di agire, possa essere oggetto di un’interpretazione estensiva in modo da includere nel suo ambito di applicazione la situazione in cui il giudice che ha accolto la domanda di un professionista fondata su un contratto stipulato con un consumatore, con sentenza definitiva resa in contumacia, abbia omesso di esaminare d’ufficio tale contratto sotto il profilo dell’eventuale presenza di clausole abusive, in violazione degli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, e in cui risulti che le modalità procedurali dell’esercizio da parte di tale consumatore del suo diritto di proporre opposizione a detta sentenza contumaciale sono tali da generare un rischio non trascurabile che detto consumatore vi rinunci e non consentono, di conseguenza, di garantire il rispetto dei diritti che quest’ultimo trae da tale direttiva. Qualora una siffatta interpretazione estensiva non sia prospettabile a causa dei limiti costituiti dai principi generali del diritto e dall’impossibilità di procedere a un’interpretazione contra legem, il principio di effettività impone che il rispetto di tali diritti sia garantito nell’ambito di un procedimento di esecuzione di detta sentenza contumaciale o di un distinto procedimento successivo.

Firme


*      Lingua processuale: il polacco.