Language of document : ECLI:EU:F:2009:39

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA

(Prima Sezione)

28 aprile 2009

Cause riunite F‑5/05 e F‑7/05

Antonello Violetti e altri

contro

Commissione delle Comunità europee

«Funzione pubblica – Funzionari – Indagine interna dell’OLAF – Decisione di trasmissione da parte dell’OLAF di informazioni alle autorità giudiziarie nazionali – Atto che arreca pregiudizio – Ricevibilità – Diritti della difesa»

Oggetto: Ricorsi, proposti ai sensi degli artt. 236 CE e 152 EA, con i quali il sig. Violetti e altri dodici funzionari della Commissione nonché la sig.ra Schmit chiedono sostanzialmente, in primo luogo, l’annullamento della decisione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) con cui è stato deciso di avviare un’indagine interna, degli atti investigativi compiuti nell’ambito di tale indagine interna, della decisione dell’OLAF di trasmettere alle autorità giudiziarie italiane informazioni che li riguardavano, della relazione redatta in esito all’indagine, in secondo luogo, la condanna della Commissione a versare loro un risarcimento dei danni.

Decisione: La decisione del 5 agosto 2003 con la quale l’OLAF ha trasmesso alle autorità giudiziarie italiane informazioni concernenti i ricorrenti è annullata. La Commissione è condannata a versare a ciascuno dei ricorrenti la somma di EUR 3 000. Per il resto, le domande dei due ricorsi sono respinte. La Commissione è condannata a sopportare le proprie spese nonché le spese dei ricorrenti. Il Consiglio dell’Unione europea, interveniente a sostegno delle conclusioni della Commissione, sopporterà le proprie spese.

Massime

1.      Funzionari – Ricorso – Atto che arreca pregiudizio – Decisione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) di trasmettere informazioni alle autorità giudiziarie nazionali – Inclusione

(Statuto dei funzionari, artt. 43 e 90 bis; regolamento di procedura del Tribunale della funzione pubblica, art. 102, n. 1; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, art. 10, n. 2; regolamento del Consiglio n. 723/2004; decisione della Commissione 1999/396, art. 4)

2.      Funzionari – Ricorso – Atto che arreca pregiudizio – Nozione – Atto preparatorio – Decisione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) di trasmettere informazioni alle autorità giudiziarie nazionali – Esclusione

(Statuto dei funzionari, artt. 90, 90 bis e 91; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, art. 10, n. 2)

3.      Diritto comunitario – Principi – Diritti fondamentali

(Artt. 230 CE e 236 CE)

4.      Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) – Regolamento n. 1073/1999 relativo alle indagini svolte dall’OLAF – Modalità delle indagini interne adottate dalle istituzioni comunitarie – Sistema adottato dalla Commissione

(Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, art. 10, n. 2; decisione della Commissione 1999/396, art. 4)

5.      Funzionari – Ricorso – Ricorso diretto contro l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) – Ricevibilità di una domanda di risarcimento danni, proposta in assenza di un procedimento precontenzioso conforme allo Statuto, a titolo accessorio a una domanda di annullamento

(Statuto dei funzionari, artt. 90, n. 1, e 90 bis)

6.      Funzionari – Responsabilità extracontrattuale delle istituzioni – Presupposti – Illegittimità – Danno – Nesso causale – Decisione illegittima dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) di trasmettere informazioni alle autorità nazionali, che comporta apertura di un’indagine penale – Mancanza di nesso causale tra la decisione di trasmissione e il danno risultante dall’apertura della detta indagine

(Decisione della Commissione 1999/396, art. 4)

1.      Alla luce delle conseguenze che possono comportare, le decisioni dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) di trasmettere informazioni ad autorità giudiziarie nazionali in applicazione dell’art. 10, n. 2, prima frase, del regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall’OLAF, costituiscono un atto che arreca pregiudizio ai sensi dell’art. 90 bis dello Statuto che riconosce a qualsiasi persona cui si applica lo Statuto il diritto di presentare un reclamo avverso un atto dell’OLAF recante pregiudizio.

Infatti, le disposizioni dell’art. 90 bis dello Statuto adottate nel 2004 al fine di assicurare la tutela giurisdizionale delle persone cui si applica lo Statuto costituiscono il corollario delle nuove funzioni affidate dal legislatore all’OLAF al momento dell’adozione del regolamento n. 723/2004, che modifica lo statuto dei funzionari delle Comunità europee e il regime applicabile agli altri agenti di tali Comunità, tanto in materia di lotta contro le frodi quanto in materia disciplinare. L’art. 90 bis riflette quindi la preoccupazione del legislatore di accompagnare il rafforzamento del ruolo dell’OLAF con garanzie giurisdizionali adeguate. In presenza di un’autorizzazione così espressa e recente nello Statuto, il Tribunale della funzione pubblica, nel suo settore peculiare, non può ignorare le responsabilità in tal modo riconosciutegli dal legislatore.

Per giunta, un funzionario non beneficerebbe della garanzia di una tutela giurisdizionale effettiva se, prima della sua chiamata in causa dinanzi al giudice penale nazionale con decisione adottata in applicazione dell’art. 10, n. 2, prima frase, del regolamento n. 1073/1999, il giudice comunitario non fosse in condizione di verificare che esso è stato preliminarmente sentito ovvero che sono state effettivamente rispettate dall’OLAF le disposizioni dell’art. 4 della decisione 1999/396, riguardante le condizioni e le modalità delle indagini interne in materia di lotta contro le frodi, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità, che prevedono la possibilità di differire tale obbligo. Un siffatto controllo del giudice comunitario è tanto più importante in questa fase del procedimento in quanto l’OLAF ha la possibilità, se il segretario generale della Commissione lo autorizza a tal fine, di differire l’obbligo di raccogliere le osservazioni degli interessati, eventualmente per un lungo periodo. Per di più, se nessuna autorizzazione fosse stata concessa all’OLAF né tanto meno quest’ultimo l’avesse richiesta, violando le disposizioni del detto art. 4, senza che il giudice comunitario potesse rilevare tale illegittimità, il funzionario sarebbe sottoposto, a sua insaputa, per vari mesi, a procedimenti che lo interessano direttamente.

Inoltre, una decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, prima frase, del regolamento n. 1073/1999 può comportare conseguenze significative sullo sviluppo della carriera delle persone interessate. Infatti, qualora l’OLAF ritenga che determinati fatti commessi da un agente possano essere perseguiti penalmente e, per questo motivo, proceda alla trasmissione di informazioni alle autorità nazionali, tale circostanza è tale da incidere sul giudizio che l’amministrazione deve esprimere su tale agente nell’ambito dell’esercizio di valuatazione previsto dall’art. 43 dello Statuto, in particolare sul comportamento di quest’ultimo in servizio.

Il riconoscimento del diritto di ricorso permette anche al funzionario interessato, se è al corrente delle conclusioni dell’indagine, di ottenere, eventualmente, una sospensione dell’esecuzione della decisione di trasmissione, qualora soddisfi i requisiti dell’urgenza e del pregiudizio richiesti a tal fine.

Infine, il controllo di legittimità effettivo di un atto, come la decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, prima frase, del regolamento n. 1073/1999, è tale da contribuire al pieno rispetto da parte dell’OLAF della legittimità delle indagini e dei diritti fondamentali delle persone cui le stesse si riferiscono, conformemente alla volontà del legislatore. Se il Tribunale non esercitasse tale sindacato di legittimità, essendo il solo a poterlo fare in tempo utile per quanto attiene a una decisione relativa a una persona cui si applica lo Statuto, l’eventuale violazione delle disposizioni del regolamento n. 1073/1999 destinate a tutelare i diritti della difesa non potrebbe essere censurata. Il giudice nazionale resterebbe infatti destinatario delle informazioni trasmessegli dall’OLAF, mentre la censura di tale illegittimità da parte del giudice comunitario per violazione dei diritti della difesa comporta che il giudice nazionale non possa fondarsi su tali informazioni.

(v. punti 71, 72, 74, 75, 77-79, 81, 82 e 88)

Riferimento:

Corte: 8 aprile 2003, causa C‑471/02 P(R), Gómez-Reino/Commissione (Racc. pag. I‑3207, punto 64)

2.      Quando si tratta di atti o di decisioni la cui elaborazione ha luogo in varie fasi, in particolare al termine di una procedura interna, in linea di principio costituiscono atti impugnabili solamente quei provvedimenti che stabiliscono in modo definitivo la posizione dell’istituzione al termine di tale procedura, con esclusione dei provvedimenti provvisori destinati a preparare la decisione finale. Gli atti preparatori di una decisione non costituiscono pregiudizio ed è solo in occasione di un ricorso avverso la decisione adottata al termine della procedura che il ricorrente può far valere l’illegittimità degli atti precedenti ad essa strettamente connessi.

Ciò non si verifica nel caso di una decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, prima frase, del regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), che costituisce proprio l’atto con il quale il direttore dell’OLAF, investito di una responsabilità speciale ed esclusiva a tal fine nell’ambito delle Comunità, si pronuncia sull’esistenza di fatti suscettibili di qualificazione penale e decide di adire le autorità giudiziarie nazionali affinché tali fatti ricevano l’opportuno trattamento penale.

Infatti, quando adotta una decisione a norma dell’art. 10, n. 2, prima frase, del regolamento n. 1073/1999, il direttore dell’OLAF prende posizione, sulla base dei risultati provvisori o definitivi dell’indagine condotta dai suoi servizi, sull’esistenza di fatti perseguibili penalmente e valuta se la persona ovvero le persone oggetto dell’indagine possano essere penalmente perseguite. Tale decisione è adottata da un organo comunitario indipendente, sotto la sua unica responsabilità, nell’ambito di una procedura speciale distinta dal procedimento giudiziario nazionale. Essa non precede l’adozione di alcun altro atto recante pregiudizio di competenza del direttore dell’OLAF e definisce quindi la posizione del suo autore.

(v. punti 86, 87 e 90)

Riferimento:

Tribunale di primo grado: 11 febbraio 2003, causa T‑83/02, Pflugradt/BCE (Racc. PI pagg. I‑A‑47 e II‑281, punto 34)

3.      Trattandosi di un soggetto terzo rispetto alle Comunità, la cui carriera e la cui posizione sostanziale non dipendono direttamente da provvedimenti adottati dalle autorità comunitarie, il giudice comunitario non dispone di un titolo particolare che lo legittima a garantire, in sostituzione del giudice nazionale, il rispetto dei diritti fondamentali e dei requisiti per un equo processo.

(v. punto 94)

4.      Risulta dalle disposizioni dell’art. 4, primo comma, prima frase, della decisione 1999/396, riguardante le condizioni e le modalità delle indagini interne in materia di lotta contro le frodi, che quando il direttore dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) decide di adottare una decisione a norma dell’art. 10, n. 2, prima frase, del regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall’OLAF, esso è tenuto, nel caso in cui le informazioni contengano conclusioni riguardanti personalmente un membro, un funzionario o un agente della Commissione, a permettere a quest’ultimo, prima di procedere alla trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie nazionali, di esprimersi su tutti i fatti che lo concernono.

Certamente, l’art. 4, secondo comma, della decisione 1999/396 prevede un’eccezione relativa ai casi in cui ai fini dell’indagine sia necessaria la massima segretezza e si debba ricorrere ai mezzi investigativi di competenza di un’autorità giudiziaria nazionale. In tali casi, l’obbligo di invitare il funzionario ad esprimersi può essere differito con il consenso del segretario generale della Commissione. Tale obbligo di chiedere e ottenere il consenso del segretario generale della Commissione non è una semplice formalità, eventualmente esperibile in una fase successiva. Infatti, l’esigenza di ottenere un siffatto consenso perderebbe la sua ragion d’essere, ossia garantire che siano rispettati i diritti della difesa dei funzionari interessati, che la loro informazione venga differita solo in casi del tutto eccezionali e che la valutazione di tale carattere eccezionale non venga riservata all’OLAF, ma sia rimessa anche al giudizio del segretario generale della Commissione.

D’altro canto, anche supponendo che l’art. 4, primo comma, seconda frase, della decisione 1999/396 non sia applicabile a una decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, prima frase, del regolamento n. 1073/1999, qualora la trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie nazionali intervenga nel corso dell’indagine, cionondimeno l’OLAF è tenuto, in linea di principio, in virtù del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa, a invitare i funzionari, prima di trasmettere le informazioni, a presentare qualsiasi osservazione utile sui fatti che li riguardano.

(v. punti 105, 108, 110 e 113)

Riferimento:

Tribunale di primo grado: 8 luglio 2008, causa T‑48/05, Franchet e Byk/Commissione (Racc. pag. II‑1595, punti 133, 145 e 151)

5.      Nel sistema dei rimedi giuridici istituito dall’art. 90 bis dello Statuto, un ricorso per risarcimento dei danni imputabili all’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) è ricevibile solo qualora sia stato preceduto da un procedimento precontenzioso conforme alle disposizioni statutarie. Tale procedura differisce a seconda che il danno di cui si chiede il risarcimento sia stato cagionato da un atto recante pregiudizio ai sensi dell’art. 90 bis dello Statuto, ovvero da un comportamento dell’OLAF privo di carattere decisionale. Nel primo caso, spetta all’interessato proporre nei termini stabiliti un reclamo al direttore dell’OLAF avverso l’atto di cui trattasi. Nel secondo caso, invece, il procedimento amministrativo deve iniziare con la presentazione di una domanda ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto, diretta ad ottenere un indennizzo e, eventualmente, proseguire con un reclamo avverso la decisione di rigetto della domanda. Tuttavia, qualora sussista un nesso diretto tra un ricorso di annullamento e un’azione di risarcimento danni, quest’ultima è ricevibile in quanto accessoria rispetto al ricorso di annullamento, senza dover essere necessariamente preceduta da una domanda con cui si inviti l’amministrazione a risarcire i danni asseritamente subiti e da un reclamo con cui si contesti la fondatezza del rigetto implicito o esplicito della domanda.

(v. punto 120)

Riferimento:

Tribunale di primo grado: 28 giugno 1996, causa T‑500/93, Y/Corte di giustizia (Racc. PI pagg. I‑A‑335 e II‑977, punti 64 e 66)

6.      La responsabilità della Comunità europea presuppone il sussistere di un complesso di condizioni relative all’illegittimità del comportamento ascritto alle istituzioni, all’effettività del danno dedotto e all’esistenza di un nesso causale fra il comportamento e il pregiudizio addotto. Affinché sia riconosciuto un siffatto nesso occorre, in linea di principio, che sia fornita la prova di un rapporto diretto e certo di causa-effetto tra l’illecito commesso dall’istituzione comunitaria interessata e il danno lamentato.

Per quanto riguarda il presunto danno morale subito da un funzionario a seguito di una decisione dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) di trasmettere informazioni alle autorità giudiziarie nazionali in violazione delle disposizioni dell’art. 4 della decisione 1999/396, riguardante le condizioni e le modalità delle indagini interne in materia di lotta contro le frodi, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità, e a seguito dell’apertura di un’indagine penale nei suoi confronti da parte delle dette autorità, solo il comportamento delle dette autorità, che hanno deciso di avviare un procedimento penale e procedere successivamente ad atti di indagine, è direttamente all’origine del danno morale. Infatti, se è vero che le autorità giudiziarie nazionali sono tenute, in virtù del principio di leale cooperazione, ad esaminare attentamente le informazioni trasmesse dall’OLAF e a trarne le opportune conseguenze al fine di garantire il rispetto del diritto comunitario, esse restano libere, nell’ambito dei poteri loro propri, di valutare il contenuto e la portata delle dette informazioni e, pertanto, dell’eventuale seguito da darvi.

(v. punti 124‑126)

Riferimento:

Corte: 16 dicembre 1987, causa 111/86, Delauche/Commissione (Racc. pag. 5345, punto 30)

Tribunale di primo grado: 17 ottobre 2002, cause riunite T‑330/00 e T‑114/01, Cocchi e Hainz/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A‑193 e II‑987, punto 97); 5 ottobre 2004, causa T‑45/01, Sanders e a./Commissione (Racc. pag. II‑3315, punto 149); 5 ottobre 2004, causa T‑144/02, Eagle e a./Commissione (Racc. pag. II‑3381, punto 148); 4 ottobre 2006, causa T‑193/04, Tillack/Commissione (Racc. pag. II‑3995, punto 122), e 12 settembre 2007, causa T‑250/04, Combescot/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 95)