Language of document : ECLI:EU:C:2015:395

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate l’11 giugno 2015 (1)

Causa C‑215/14

Société des Produits Nestlé SA

contro

Cadbury UK Ltd

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division, Intellectual Property (Regno Unito)]

«Marchi – Direttiva 2008/95/CE – Articolo 3, paragrafo 1, lettera e) – Nozione di “carattere distintivo acquisito a seguito dell’uso” – Marchio tridimensionale – Segno costituito al tempo stesso dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto e da quella necessaria per ottenere un risultato tecnico – Barrette di cioccolato Kit Kat»





I –    Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafi 1, lettere b) ed e), sub i) e ii), e 3, della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (2) (in prosieguo: la «direttiva sui marchi»).

2.        Detta questione è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra la Société des Produits Nestlé SA (in prosieguo: la «Nestlé») e la Cadbury UK Ltd (in prosieguo: la «Cadbury») avente ad oggetto l’opposizione di quest’ultima alla domanda di registrazione come marchio, presentata dalla Nestlé nel Regno Unito, di un segno tridimensionale avente la forma di un wafer ricoperto di cioccolato composto da quattro barrette.

3.        Il principale punto in discussione nella presente causa è l’eventuale possibilità, per un’impresa, di assicurarsi un monopolio perpetuo attraverso la registrazione di un segno tridimensionale come marchio (3).

II – Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

4.        L’articolo 3 della direttiva sui marchi dispone quanto segue:

«1.      Sono esclusi dalla registrazione o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:

(...)

b)      i marchi di impresa privi di carattere distintivo;

(...)

e)      i segni costituiti esclusivamente:

i)      dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto;

ii)      dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico;

iii)      dalla forma che dà un valore sostanziale al prodotto;

(...)

3.     Un marchio di impresa non è escluso dalla registrazione o, se registrato, non può essere dichiarato nullo ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o d), se prima della domanda di registrazione o a seguito dell’uso che ne è stato fatto esso ha acquisito un carattere distintivo. Gli Stati membri possono inoltre disporre che la presente disposizione sia anche applicabile quando il carattere distintivo è stato acquisito dopo la domanda di registrazione o dopo la registrazione stessa.

(...)».

B –    Il diritto del Regno Unito

5.        Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della legge del 1994 sui marchi (Trade Marks Act 1994), sono esclusi dalla registrazione i marchi privi di carattere distintivo, salvo se, prima della data di deposito della domanda di registrazione, essi abbiano effettivamente acquisito un carattere distintivo a seguito dell’uso che ne è stato fatto.

6.        Ai sensi del paragrafo 2 del medesimo articolo, un segno non può essere registrato come marchio ove esso sia costituito esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto o dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico.

III – I fatti oggetto della controversia principale

7.        Il prodotto in questione nel procedimento principale è stato commercializzato nel Regno Unito dal 1935 dalla Rowntree & Co Ltd, con il nome «Rowntree’s Chocolote Crisp». Nel 1937 il nome del prodotto è stato modificato in «Kit Kat Chocolate Crisp» ed è stato abbreviato successivamente in «Kit Kat». Nel 1988 la Rowntree plc è stata acquisita dalla Nestlé.

8.        Il prodotto è stato venduto per anni in una confezione a due strati, uno interno argentato e uno esterno sul quale era stampato un logo rosso e bianco in cui comparivano le parole «Kit Kat», mentre la confezione attuale è costituita da un unico strato sul quale compare lo stesso logo. La forma del logo è mutata nel corso del tempo senza però subire grandi cambiamenti. Si presenta attualmente nel seguente modo:

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9.        La forma di base del prodotto è rimasta quasi identica dal 1935, solo le sue dimensioni sono state leggermente modificate. L’aspetto attuale del prodotto non confezionato è il seguente:

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10.      Occorre notare che su ogni barretta sono impresse le parole «Kit Kat» in rilievo, nonché alcuni segmenti dell’ovale che costituiscono parte del logo.

11.      L’8 luglio 2010 la Nestlé ha presentato una domanda di registrazione del segno tridimensionale, qui di seguito rappresentato graficamente (in prosieguo: il «marchio»), come marchio nel Regno Unito:

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12.      Il marchio richiesto differisce così dall’effettiva forma del prodotto poiché esso non contiene le parole «Kit Kat» in rilievo.

13.      La domanda è stata presentata in relazione ai seguenti prodotti appartenenti alla classe 30 ai sensi dell’Accordo di Nizza: «Cioccolato; dolciumi al cioccolato; prodotti di cioccolato; dolciumi; preparati a base di cioccolato; prodotti da forno; dolci; prodotti di biscotteria; biscotti ricoperti di cioccolato; wafer ricoperti di cioccolato; prodotti di pasticceria; biscotti; wafer».

14.      La domanda è stata accolta dall’Ufficio dei marchi del Regno Unito ed è stata pubblicata ai fini dell’opposizione. Secondo tale Ufficio, sebbene il marchio fosse privo di carattere distintivo intrinseco, il richiedente la registrazione aveva dimostrato che esso aveva acquisito un carattere distintivo a seguito dell’uso che ne era stato fatto.

15.      Il 28 gennaio 2011 la Cadbury ha proposto opposizione avverso la domanda di registrazione, basandosi in particolare sulle disposizioni della legge del 1994 sui marchi, che traspongono l’articolo 3, paragrafi 1, lettere b) ed e), sub i) e ii), e 3 della direttiva sui marchi.

16.      Con decisione del 20 giugno 2013, l’esaminatore dell’Ufficio dei marchi britannico ha ritenuto che il marchio fosse privo di carattere distintivo intrinseco e che esso non avesse neppure acquisito un siffatto carattere dopo l’uso che ne era stato fatto.

17.      L’esaminatore ha ritenuto che la forma per la quale era stata presentata domanda di registrazione avesse tre caratteristiche:

–        la forma di tavoletta rettangolare;

–        la presenza, la posizione e la profondità delle scanalature disposte longitudinalmente sulla tavoletta, e

–        il numero delle scanalature che, insieme alla larghezza della tavoletta, determinano il numero delle «barrette».

18.      Secondo l’esaminatore, la prima di tali caratteristiche è una forma imposta dalla natura stessa dei prodotti e non può pertanto essere oggetto di registrazione, ad eccezione, tuttavia, dei «prodotti di pasticceria» e dei «dolci», per i quali la forma del marchio differisce notevolmente dalle norme del settore. Dal momento che le altre due caratteristiche sono necessarie per ottenere un risultato tecnico, egli ha respinto la domanda di registrazione quanto al resto.

19.      Il 18 luglio 2013 la Nestlé ha proposto appello avverso tale decisione dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division, Intellectual Property (Regno Unito), contestando l’affermazione secondo la quale il marchio non aveva acquisito un carattere distintivo tramite il suo uso prima della data pertinente. Inoltre, la Nestlé sostiene che il marchio non è costituito esclusivamente o dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto o dalla forma necessaria per ottenere un risultato tecnico.

20.      Con appello incidentale proposto il medesimo giorno, la Cadbury contesta la decisione nella parte in cui ha dichiarato che, per quanto riguarda i prodotti di pasticceria e i dolci, il marchio possedeva un carattere distintivo intrinseco e non era costituito esclusivamente o dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto o dalla forma necessaria per ottenere un risultato tecnico.

21.      La High Court of Justice ritiene, anzitutto, che l’esaminatore non avrebbe dovuto effettuare una distinzione tra i prodotti di pasticceria e i dolci, da una parte, e tutti gli altri prodotti appartenenti alla classe 30 dell’Accordo di Nizza, dall’altra, in relazione alla prova del carattere distintivo del marchio o all’applicabilità dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sub i) e ii), della direttiva sui marchi.

22.      Per quanto concerne, poi, la questione se il marchio abbia acquisito un carattere distintivo tramite il suo uso prima della data pertinente, dopo aver richiamato la giurisprudenza in materia il giudice del rinvio si chiede se, al fine di dimostrare che un marchio ha acquisito un carattere distintivo, sia sufficiente che, alla data pertinente, una percentuale significativa degli ambienti interessati riconosca il marchio e lo associ ai prodotti del richiedente la registrazione. Infatti, esso ritiene che spetti piuttosto al richiedente provare che una percentuale significativa degli ambienti interessati fa affidamento sul marchio, anziché su altri marchi eventualmente presenti, in quanto indicativo della provenienza dei prodotti.

23.      Infine, per quanto concerne la forma imposta dalla natura stessa del prodotto e quella necessaria per ottenere un risultato tecnico, il giudice del rinvio rileva che la giurisprudenza sull’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sub i) e ii), della direttiva sui marchi è ridotta.

24.      Nutrendo dubbi riguardo all’argomento sollevato dalla Nestlé, secondo cui dalla formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sub ii), della direttiva sui marchi, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte, emergerebbe chiaramente che un segno può essere escluso dalla registrazione solo qualora tutte le sue caratteristiche essenziali siano caratteristiche di forma necessarie per ottenere un risultato tecnico, il giudice del rinvio preferisce seguire l’argomento della Cadbury, secondo cui né la formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva sui marchi, né gli obiettivi che esso persegue, conducono a ritenere che una forma, di cui una delle caratteristiche essenziali è imposta dalla natura stessa del prodotto [ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sub i), della direttiva sui marchi] e di cui le altre due caratteristiche essenziali sono necessarie per ottenere un risultato tecnico [ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sub ii), di tale direttiva], possa essere oggetto di registrazione giacché nessuno di tali impedimenti si applica contemporaneamente alle tre caratteristiche.

25.      Inoltre, il giudice del rinvio esita ad accogliere la posizione della Nestlé secondo cui dalle sentenze Philips (C‑299/99, EU:C:2002:377, punto 78) e Lego Juris/UAMI (C‑48/09 P, EU:C:2010:516, punto 84) emergerebbe manifestamente che l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sub ii), della direttiva sui marchi si applica qualora la forma sia necessaria per ottenere un risultato tecnico con riferimento al modo in cui i prodotti funzionano, ma non qualora la forma sia semplicemente necessaria per ottenere un risultato tecnico con riferimento al modo in cui i prodotti sono fabbricati.

IV – La domanda di pronuncia pregiudiziale e il procedimento dinanzi alla Corte

26.      In tale contesto, la High Court of Justice ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, al fine di dimostrare che un marchio ha acquisito un carattere distintivo a seguito dell’uso che ne è stato fatto, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva sui marchi, sia sufficiente, per il richiedente la registrazione, dimostrare che, alla data pertinente, una percentuale significativa degli ambienti interessati riconosce il marchio e lo associa al prodotto del richiedente nel senso che, se dovesse individuare chi ha commercializzato il prodotto recante tale marchio, identificherebbe il richiedente; oppure se il richiedente debba dimostrare che una percentuale significativa degli ambienti interessati fa affidamento sul marchio (anziché su altri marchi eventualmente presenti) in quanto indicativo della provenienza del prodotto.

2)      Quando una forma è costituita da tre caratteristiche essenziali, una delle quali è imposta dalla natura stessa del prodotto e due sono necessarie per ottenere un risultato tecnico, se l’articolo 3, paragrafo 1, [lettera] e), [sub] i), e/o [sub] ii), della direttiva [sui marchi] osti alla registrazione di tale forma come marchio.

3)      Se l’articolo 3, paragrafo 1, [lettera] e), [sub] ii), della direttiva [sui marchi] debba essere interpretato nel senso che osta alla registrazione di forme necessarie per ottenere un risultato tecnico, con riferimento al modo in cui il prodotto è fabbricato anziché al modo in cui il prodotto funziona».

27.      Le parti della controversia principale, il governo tedesco, il governo polacco, il governo del Regno Unito e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte.

28.      Inoltre, esse hanno tutte presentato osservazioni orali all’udienza svoltasi il 30 aprile 2015.

V –    Analisi

A –    Osservazione preliminare relativa alla direttiva applicabile

29.      La direttiva di cui è chiesta l’interpretazione è la direttiva sui marchi. Tuttavia, la giurisprudenza pertinente riguarda in sostanza la prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (4).

30.      I riferimenti a tale giurisprudenza restano tuttavia pertinenti. Infatti, come precisato dalla Corte nella sentenza Oberbank e a. (C‑217/13 e C‑218/13, EU:C:2014:2012, punto 31), le disposizioni della direttiva sui marchi in questione nella presente causa non hanno subito alcuna modifica sostanziale per quanto concerne la loro formulazione, il loro contesto o il loro obiettivo, rispetto alle disposizioni equivalenti della prima direttiva 89/104. Infatti, ai sensi del suo considerando 1, la direttiva sui marchi ha semplicemente eseguito una codificazione della prima direttiva 89/104.

31.      Per quanto concerne in particolare l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva sui marchi, solo i trattini dell’elenco di cui alla lettera e) sono stati sostituiti dai punti i), ii) e iii). Il termine «o» che separa il primo e il secondo trattino nonché il secondo e il terzo trattino dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della prima direttiva 89/104 è stato anch’esso rimosso dalle versioni linguistiche in cui figurava (5).

B –    Sulla prima questione pregiudiziale

32.      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva sui marchi, sono esclusi dalla registrazione i marchi privi di carattere distintivo. Tuttavia, l’articolo 3, paragrafo 3, della medesima direttiva deroga a tale norma specificando che un marchio siffatto potrà essere registrato se prima della domanda di registrazione o a seguito dell’uso che ne è stato fatto, esso ha acquisito tale carattere distintivo.

33.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio domanda alla Corte se, al fine di dimostrare che un marchio ha acquisito tale «carattere distintivo a seguito dell’uso che ne è stato fatto», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva sui marchi, sia sufficiente per il richiedente la registrazione dimostrare che, alla data pertinente, una percentuale significativa degli ambienti interessati riconosceva il marchio e lo associava ai suoi prodotti, cosicché se tali persone si fossero interrogate sulla persona che commercializza i prodotti recanti detto marchio esse avrebbero identificato il richiedente, o se questi debba piuttosto dimostrare che una percentuale significativa degli ambienti interessati facesse affidamento sul marchio (anziché su altri marchi eventualmente presenti) in quanto indicativo della provenienza dei prodotti.

34.      La High Court of Justice ritiene che la questione continui a rappresentare un’incertezza per i giudici del Regno Unito, malgrado essi abbiano già interrogato la Corte in due occasioni a tal riguardo (6).

35.      La presente causa offre pertanto alla Corte l’opportunità di stabilire se la semplice prova del fatto che la forma di un prodotto commercializzato viene riconosciuta da una parte significativa del pubblico pertinente come indicativa dei prodotti di un dato operatore sia sufficiente a dimostrare che un marchio ha acquisito un carattere distintivo a seguito dell’uso che ne è stato fatto, o se occorra dimostrare che il pubblico pertinente usa la forma e vi fa affidamento quale garanzia di origine commerciale (7).

1.      La funzione di un marchio: identificazione o garanzia d’identità dell’origine dei prodotti

36.      Come chiaramente definito da una costante giurisprudenza della Corte, la funzione di un marchio è un elemento essenziale del suo carattere distintivo.

37.      Infatti, il carattere distintivo di un marchio costituisce, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera b), della direttiva sui marchi, una delle condizioni generali richieste per la registrazione di un marchio. Detto carattere distintivo, intrinseco o acquisito a seguito dell’uso che ne è stato fatto, indica che il marchio è atto a identificare il prodotto o il servizio per il quale è richiesta la registrazione come proveniente da una determinata impresa e quindi a distinguere tale prodotto o servizio da quelli di altre imprese (8).

38.      In altri termini, «la funzione essenziale del marchio consiste segnatamente nel garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine del prodotto o del servizio contrassegnato consentendo loro di distinguere senza confusione possibile questo prodotto o questo servizio da quelli di provenienza diversa» (9). Infatti, «il marchio deve costituire la garanzia che tutti i prodotti o servizi che ne sono contrassegnati sono stati fabbricati [o forniti] sotto il controllo di un’unica impresa alla quale possa attribuirsi la responsabilità della loro qualità» (10).

39.      Il marchio consente non solo al suo titolare di distinguersi dai propri concorrenti, ma garantisce altresì al consumatore o all’utilizzatore finale che tutti i prodotti o i servizi contrassegnati dal segno che costituisce il marchio abbiano la stessa origine commerciale (11).

40.      Inoltre, tale carattere distintivo, intrinseco o acquisito attraverso l’uso, dev’essere valutato in rapporto, da un lato, ai prodotti o servizi per cui viene richiesta la registrazione del marchio e, dall’altro, la percezione di un consumatore medio della categoria dei prodotti o servizi in questione, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto (12).

41.      Come ha ben spiegato la Corte in una recente pronuncia, «occorre sempre verificare se [un] marchio consenta al consumatore medio [del] prodotto [interessato], normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, di distinguere il prodotto interessato da quelli di altre imprese, senza procedere ad un’analisi e senza dar prova di un’attenzione particolare» (13). In altri termini, il marchio, «quale è percepito dal pubblico di riferimento, [deve] consent[ire] di individuare i prodotti indicati dal marchio stesso e di distinguerli da quelli che hanno un’altra origine commerciale» (14).

42.      Da tale giurisprudenza emerge che il richiedente la registrazione non può limitarsi a dimostrare che il consumatore medio della categoria di prodotti o di servizi in questione, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, riconosce il marchio e lo associa ai suoi prodotti. Egli deve dimostrare che per tale consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, il marchio per il quale è richiesta la registrazione indica l’origine esclusiva dei prodotti in questione, e ciò rispetto ad altri marchi eventualmente presenti, e senza confusione possibile.

2.      I limiti nella prova dell’uso di un segno quale elemento di un marchio registrato o in combinazione con un marchio registrato

43.      Secondo la Nestlé, non sarebbe tuttavia necessario aver utilizzato un marchio isolatamente affinché esso possa aver acquisito un carattere distintivo a seguito dell’uso che ne è stato fatto. L’identificazione del marchio, e quindi l’acquisizione di un carattere distintivo, potrebbe risultare sia dall’uso, in quanto parte di un marchio registrato, di un elemento di quest’ultimo, sia pure dall’uso di un marchio distinto in combinazione con un marchio già registrato. In tali casi sarebbe sufficiente, a seguito di tale uso «congiunto», che gli ambienti interessati percepiscano effettivamente il prodotto o il servizio contrassegnato dal marchio per il quale è richiesta la registrazione in combinazione con un altro elemento come proveniente da una determinata impresa.

44.      Non condivido tale interpretazione.

45.      Certamente, la Corte ha avuto già l’opportunità di precisare che, per quanto riguarda l’acquisizione del carattere distintivo attraverso l’uso, l’identificazione da parte degli ambienti interessati del prodotto o del servizio come proveniente da un’impresa determinata deve essere effettuata grazie all’uso del marchio «in quanto marchio», senza che ciò implichi necessariamente che il marchio di cui viene chiesta la registrazione abbia costituito oggetto di un uso autonomo (15).

46.      Infatti, secondo la Corte, l’espressione «uso del marchio in quanto marchio» deve essere intesa come riferentesi esclusivamente ad un uso del marchio finalizzato all’identificazione da parte degli ambienti interessati del prodotto o del servizio come proveniente da una determinata impresa. Orbene, una siffatta identificazione, e pertanto l’acquisizione di un carattere distintivo, può risultare sia dall’uso, in quanto parte di un marchio registrato, di un elemento di questo, come pure dall’uso di un marchio distinto in combinazione con un marchio registrato (16).

47.      Tuttavia, nella sentenza Nestlé (C‑353/03, EU:C:2005:432), la Corte ha avuto cura di precisare che, in ogni caso, «è sufficiente che, in conseguenza di tale uso, gli ambienti interessati percepiscano effettivamente il prodotto o il servizio, designato dal solo marchio di cui viene chiesta la registrazione, come proveniente da una determinata impresa» (17).

48.      In altri termini, se il marchio di cui viene chiesta la registrazione può aver acquisito un carattere distintivo in combinazione con un altro marchio, esso, in un dato momento, al fine di essere a sua volta tutelato in quanto marchio a pieno titolo, deve poter soddisfare da solo la funzione di identificazione dell’origine del prodotto.

49.      Si tratta di una questione probatoria che,, nel caso di un marchio composto, è stata ottimamente chiarita dall’avvocato generale Kokott nelle sue conclusioni nella causa Nestlé (C‑353/03, EU:C:2005:61), in cui si afferma che «[a]i fini della dimostrazione dell’acquisizione di carattere distintivo per effetto dell’uso come componente di un marchio composto non è pertanto sufficiente documentare l’uso del marchio composto stesso. Occorre piuttosto dimostrare che gli ambienti interessati percepiscano la componente di cui trattasi, utilizzata separatamente, in modo tale da identificare un prodotto come proveniente da una determinata impresa e, quindi, da distinguerlo da quelli di altre imprese» (18).

50.      Come espressamente indicato dalla Corte nell’ambito dell’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 40/94, «indipendentemente dalla questione se l’uso concerna un segno in quanto parte di un marchio registrato o in combinazione con quest’ultimo, il presupposto essenziale è che, in conseguenza dell’uso in parola, il segno la cui registrazione è richiesta quale marchio [e solo esso, insisterei] possa designare, nello spirito degli ambienti interessati, i prodotti ai quali si riferisce come provenienti da un’impresa determinata» (19).

51.      Tale interpretazione è confermata dalla precisazione aggiunta della Corte nell’ambito della medesima causa e secondo la quale un marchio registrato che sia utilizzato unicamente in quanto parte di un marchio composto o congiuntamente a un altro marchio deve continuare ad essere percepito come un’indicazione dell’origine del prodotto in questione affinché un uso siffatto soddisfi la nozione di «uso effettivo» (20).

52.      Nell’ambito del procedimento principale, la questione è dunque se la forma di cui la Nestlé chiede la registrazione come marchio, con un uso separato della sua confezione o da qualsiasi riferimento alla dicitura «Kit Kat», consenta di identificare il prodotto, senza confusione possibile, come il wafer «Kit Kat» commercializzato dalla Nestlé escludendo qualsiasi altro marchio altresì presente (21).

53.      Spetta, infatti, all’autorità competente valutare se gli ambienti interessati o almeno una percentuale significativa di essi identificano, grazie al marchio interessato, il prodotto o il servizio come proveniente esclusivamente da un’impresa determinata, nel senso che essi hanno la medesima origine commerciale (22).

54.      Invece, l’individuazione precisa dell’identità giuridica dell’impresa produttrice – nel caso di specie, la Nestlé rispetto alla Cadbury – mi sembrerebbe oltrepassare le conoscenze che è legittimamente possibile attendersi dagli ambienti interessati come definiti dalla giurisprudenza della Corte, ossia la percezione di un consumatore medio della categoria di prodotti o servizi in questione, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (23).

55.      Pertanto, alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo che occorra rispondere alla prima questione pregiudiziale dichiarando che il richiedente la registrazione non può limitarsi a dimostrare che gli ambienti interessati riconoscono il marchio richiesto e lo associano ai suoi prodotti o servizi. Egli deve provare che solo il marchio di cui è chiesta la registrazione indica l’origine esclusiva dei prodotti o dei servizi in questione, e ciò rispetto a qualsiasi altro marchio eventualmente presente, e senza confusione possibile.

C –    Sulla seconda questione pregiudiziale

56.      La forma di cui trattasi nel procedimento principale possiede tre caratteristiche essenziali: la prima è imposta dalla natura stessa del prodotto e le altre due sono necessarie per ottenere un risultato tecnico.

57.      In tali circostanze, il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sub i) e/o ii), della direttiva sui marchi osti alla registrazione di tale forma come marchio. In altri termini, esso si interroga in sostanza sulla possibilità di un’applicazione cumulativa dei criteri enunciati all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva sui marchi.

1.      Osservazioni preliminari sull’obiettivo perseguito dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva sui marchi

58.      Il diritto dei marchi costituisce un elemento essenziale del regime di concorrenza nell’Unione europea. In tale regime, come ho già illustrato nell’ambito dell’esame della prima questione pregiudiziale, ogni impresa dev’essere in grado, per fidelizzare la clientela con la qualità dei suoi prodotti o servizi, di far registrare come marchi d’impresa contrassegni che consentano al consumatore o all’utilizzatore finale di distinguere senza confusione possibile tali prodotti o servizi da quelli di provenienza diversa (24).

59.      La forma di un prodotto rientra tra i segni idonei a costituire un marchio a condizione che sia adatta, al pari di qualsiasi altro segno di cui all’articolo 2 della direttiva sui marchi, a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese, e ciò fatti salvi gli impedimenti alla registrazione e i motivi di nullità previsti dall’articolo 3 della predetta direttiva.

60.      Tali impedimenti alla registrazione devono essere interpretati alla luce dell’interesse generale sotteso a ciascuno di essi (25). Orbene, la ratio legis dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva sui marchi, prevedendo impedimenti alla registrazione, consiste nell’evitare che la tutela del diritto di marchio sfoci nel conferimento al suo titolare di un monopolio su soluzioni tecniche o caratteristiche utilitarie di un prodotto che possono essere altresì ricercate dall’utilizzatore nei prodotti dei concorrenti (26). In tal modo, l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), intende evitare che la tutela conferita dal diritto dei marchi si estenda oltre i segni che permettono di distinguere un prodotto o servizio da quelli offerti dai concorrenti, impedendo a questi ultimi di offrire liberamente prodotti che incorporano dette soluzioni tecniche o dette caratteristiche utilitarie in concorrenza con il titolare del marchio (27).

61.      In altre parole, come recentemente dichiarato dalla Corte nella sentenza Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:2233), l’obiettivo immediato del divieto di registrare le forme imposte dalla natura stessa del prodotto di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sub i), della direttiva sui marchi o le forme meramente funzionali previste dalla lettera e), sub ii), di tale disposizione o ancora quelle che danno un valore sostanziale al prodotto, ai sensi della lettera e), sub iii) della medesima disposizione, «è di evitare che il diritto esclusivo e permanente conferito da un marchio possa servire a perpetuare, senza limiti nel tempo, altri diritti che il legislatore dell’Unione ha voluto assoggettare a termini di decadenza» (28).

62.      Infatti, tutti e tre gli impedimenti di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva sui marchi mirano a mantenere di pubblico dominio le caratteristiche sostanziali di un determinato prodotto che si riflettono nella sua forma (29).

2.      Sulla possibilità di un’applicazione cumulativa dei tre motivi di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva sui marchi

63.      La risposta alla seconda questione pregiudiziale si trova nella sentenza Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:2233).

64.      Infatti, interrogata sulla questione se l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva sui marchi dovesse essere interpretato nel senso che gli impedimenti alla registrazione di cui alla lettera e), sub i) e ii), di tale disposizione potevano essere applicati in maniera «combinata», la Corte ha risposto in modo negativo.

65.      Tuttavia non bisogna fraintendere la portata di tale risposta. Se è vero che la Corte ha concluso, in tale causa, che l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e) della prima direttiva 89/104 doveva essere interpretato nel senso che gli impedimenti alla registrazione di cui al primo e al terzo trattino di tale disposizione non possono applicarsi in maniera combinata, ciò non significa che gli impedimenti di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), di tale direttiva (o della direttiva sui marchi) non possano applicarsi in maniera cumulativa ad una medesima forma.

66.      Infatti, nella motivazione della sua conclusione, la Corte dichiara anzitutto che i tre impedimenti alla registrazione previsti dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e) della prima direttiva 89/104 (e quindi anche della direttiva sui marchi) hanno natura autonoma. Ciò significa che ciascuno di essi deve applicarsi indipendentemente dagli altri due (30). La Corte ne deduce poi che se è soddisfatto uno solo dei criteri menzionati in tale disposizione, il segno costituito esclusivamente dalla forma del prodotto, o anche da una riproduzione grafica di tale forma, non può essere registrato in quanto marchio (31). La Corte precisa che, a tal riguardo, è irrilevante che detto segno possa essere escluso dalla registrazione sulla base di più impedimenti, allorché uno solo di essi si applica pienamente ad esso (32).

67.      Come suggerito dall’avvocato generale Szpunar nelle sue conclusioni nella causa Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:322), tale interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva sui marchi «non esclude pertanto analisi parallele delle medesime circostanze sotto il profilo dell’adempimento di uno o più criteri di cui al singolo trattino» (33). Invece, è esclusa l’applicazione di tale disposizione ad una situazione in cui ciascuno dei tre criteri non fosse integralmente soddisfatto (34).

68.      Ciò significa effettivamente che i diversi impedimenti di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva sui marchi possono applicarsi cumulativamente a una medesima forma, a condizione che ciascuno, e in ogni caso almeno uno di loro, si applichi «pienamente» a quest’ultima.

69.      Ogni altra interpretazione contrasterebbe con l’obiettivo perseguito dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva sui marchi che consiste nel fatto di evitare, secondo una giurisprudenza costante ribadita nella sentenza Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:2233, punto 19), che la tutela del diritto di marchio sfoci nel conferimento al suo titolare di un monopolio su soluzioni tecniche o caratteristiche utilitarie di un prodotto che possono essere ricercate dall’utilizzatore nei prodotti dei concorrenti (35) o ancora, in modo più generale, che il diritto esclusivo e permanente conferito da un marchio possa servire a perpetuare, senza limiti nel tempo, altri diritti che il legislatore dell’Unione ha voluto assoggettare a termini di decadenza (36).

70.      Come osservato dal governo polacco nelle sue osservazioni scritte, ciascuno dei motivi di esclusione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e) della direttiva sui marchi, intende tutelare da qualsiasi monopolio un aspetto connesso in modo diverso alla forma del prodotto (per sua stessa natura, per la necessità di ottenere un risultato tecnico o per il suo valore essenziale). Sarebbe pertanto paradossale interpretare tale disposizione nel senso che essa impedisce l’applicazione cumulativa dei predetti impedimenti giacché ciò equivarrebbe a sostenere che la possibilità di distinguere, in un’unica forma, più di un aspetto che merita tutela ai sensi di detto articolo 3, paragrafo 1, lettera e), eliminerebbe le necessità di tutelare l’uno o l’altro di tali aspetti, o persino entrambi (37).

71.      Alla luce delle suesposte considerazioni, ritengo che occorra rispondere alla seconda questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva sui marchi deve essere interpretato nel senso che esso osta alla registrazione di una forma come marchio qualora essa sia costituita da tre caratteristiche essenziali di cui una sia imposta dalla natura stessa del prodotto e le altre due siano necessarie per ottenere un risultato tecnico, a condizione che almeno uno dei predetti impedimenti si applichi pienamente ad essa.

D –    Sulla terza questione pregiudiziale

72.      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio interroga la Corte sulla portata dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sub ii), della direttiva sui marchi che esclude dal diritto alla registrazione i segni costituiti «dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico». Il giudice del rinvio cerca di capire, in sostanza, se l’espressione «necessaria per ottenere un risultato tecnico» riguardi unicamente la maniera in cui funzionano i prodotti in questione o se essa si applichi anche alla maniera in cui tali prodotti sono fabbricati.

73.      Un’interpretazione letterale dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sub ii), della direttiva sui marchi porta ad escludere dal suo campo di applicazione le forme imposte dal processo di fabbricazione.

74.      Da un lato, il testo riguarda espressamente ed esclusivamente la forma del «prodotto», senza evocare affatto il processo di fabbricazione. Dall’altro, la forma è prevista in quanto necessaria per ottenere un risultato. Nella successione temporale degli eventi, il prodotto è precedente al risultato tecnico. Solo tale risultato, che è necessariamente la conseguenza, voluta e ricercata, della forma del prodotto, è previsto dalla formulazione dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sub ii), della direttiva sui marchi.

75.      È tuttavia possibile che detto risultato tecnico possa essere ottenuto solo mediante un processo di fabbricazione specifico. Pertanto, nella controversia principale, è la presenza di scanalature che conferisce al prodotto la forma necessaria per ottenere il risultato tecnico ricercato, ossia consentire al consumatore di separare agevolmente tra loro le barrette di biscotti. Orbene, l’angolo dei lati del prodotto e quello delle scanalature sono condizionati da un processo specifico di stampaggio del cioccolato, ossia il metodo di fabbricazione del prodotto (38).

76.      Inoltre, basandosi sull’obiettivo degli impedimenti alla registrazione previsti dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva sui marchi, che consiste nell’evitare che la tutela del diritto dei marchi sfoci nel conferimento al suo titolare di un monopolio su soluzioni tecniche o caratteristiche utilitarie di un prodotto che possono essere altresì ricercate dall’utilizzatore nei prodotti dei concorrenti, la Corte ha statuito riguardo ai segni costituiti esclusivamente dalla forma del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), secondo trattino, della prima direttiva 89/104, che «tale disposizione è diretta a rifiutare la registrazione delle forme le cui caratteristiche essenziali svolgono una funzione tecnica, talché l’esclusività inerente al diritto di marchio osterebbe alla possibilità per i concorrenti di offrire un prodotto incorporante una funzione siffatta, o almeno la loro libertà di scelta della soluzione tecnica che auspicano adottare per incorporare tale funzione nel loro prodotto» (39).

77.      L’utilizzo della congiunzione «o», accentuata dall’aggiunta della parola «almeno», implica che l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sub ii), della direttiva sui marchi riguarda due situazioni distinte. La prima riguarda il prodotto in quanto tale (che incorpora la funzione desiderata, ossia il risultato tecnico ricercato). La seconda, necessariamente diversa, ricomprende nel campo di applicazione della disposizione in questione la soluzione tecnica che il produttore auspica adottare per incorporare la predetta funzione nel suo prodotto. Una soluzione tecnica adottata per incorporare una funzione in un prodotto è, chiaramente, la parafrasi di un «processo di fabbricazione» (40).

78.      Di conseguenza, ritengo che occorra rispondere alla terza questione pregiudiziale dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sub ii), della direttiva sui marchi deve essere interpretato nel senso che esso osta alla registrazione come marchio di una forma necessaria per ottenere un risultato tecnico non solo con riferimento al modo in cui i prodotti funzionano, ma altresì con riferimento al modo in cui sono fabbricati.

VI – Conclusione

79.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali poste dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division, Intellectual Property nel seguente modo:

«1)      Il richiedente la registrazione non può limitarsi a dimostrare che gli ambienti interessati riconoscono il marchio di cui si chiede la registrazione e lo associano ai suoi prodotti o servizi. Egli deve fornire la prova che solo il marchio di cui si chiede la registrazione indica l’origine esclusiva dei prodotti o dei servizi in questione, e ciò rispetto a qualsiasi altro marchio eventualmente presente, e senza confusione possibile.

2)      L’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2008/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretato nel senso che esso osta alla registrazione di una forma qualora essa sia costituita da tre caratteristiche essenziali una delle quali è imposta dalla natura stessa del prodotto e le altre due siano necessarie per ottenere un risultato tecnico, a condizione che almeno uno dei predetti impedimenti si applichi pienamente ad essa.

3)      L’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), sub ii), della direttiva 2008/95 deve essere interpretato nel senso che esso osta alla registrazione di una forma necessaria per ottenere un risultato tecnico non solo con riferimento al modo in cui i prodotti funzionano, ma altresì con riferimento al modo in cui essi sono fabbricati».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU L 299, pag. 25.


3 – Mentre la presente causa ha ad oggetto la domanda di registrazione come marchio nel Regno Unito, la forma in questione è stata altresì registrata come marchio comunitario per alcuni prodotti appartenenti alla classe 30 dell’Accordo di Nizza relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come riveduto e modificato (in prosieguo: l’«Accordo di Nizza») La Cadbury ha proposto domanda di annullamento di tale registrazione, domanda respinta con decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI). Avverso tale decisione è attualmente pendente un ricorso dinanzi al Tribunale dell’Unione europea con il numero di ruolo T‑112/13, che è stato sospeso in attesa della definizione della presente causa. Una terza procedura di registrazione che riguarda una versione composta da due barrette del marchio in questione è stata a sua volta sospesa dalla commissione di ricorso dell’UAMI.


4 – GU 1989, L 40, pag. 1, e rettifica in GU 1989, L 207, pag. 44.


5 – V., ad esempio, la versione inglese e tedesca rispetto alla versione francese e a quella italiana.


6 – La Corte non ha, tuttavia, ancora avuto l’opportunità di rispondere alla questione. Infatti, la prima causa è stata cancellata (ordinanza del presidente della Corte Nestlé, C‑7/03, EU:C:2003:268) e la seconda è stata decisa sulla base dell’articolo 2 della prima direttiva 89/104, posto che la Corte ha constatato l’assenza di un segno che potesse costituire un marchio, senza affrontare la questione del carattere distintivo acquisito a seguito dell’uso ai sensi dell’articolo 3 di tale direttiva (sentenza Dyson, C‑321/03, EU:C:2007:51).


7 – Tale riformulazione della prima questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio corrisponde a una sintesi della seconda e della terza questione sollevate dalla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division nella causa che ha dato origine all’ordinanza del presidente della Corte Nestlé (C‑7/03, EU:C:2003:268).


8 – V. sentenze Philips (C‑299/99, EU:C:2002:377, punto 35), e Oberbank e a. (C‑217/13 e C‑218/13, EU:C:2014:2012, punto 38).


9 – Sentenza Philips (C‑299/99, EU:C:2002:377, punto 30), il corsivo è mio. Si tratta di una giurisprudenza costante della Corte. V., in particolare, sentenze Hoffmann-La Roche (102/77, EU:C:1978:108, punto 7); HAG GF (C‑10/89, EU:C:1990:359, punto 14); Loendersloot (C‑349/95, EU:C:1997:530, punto 24); Canon (C‑39/97, EU:C:1998:442, point 28), nonché Pi‑Design e a./Yoshida Metal Industry (da C‑337/12 P a C‑340/12 P, EU:C:2014:129, punto 42).


10 – Sentenza Philips (C‑299/99, EU:C:2002:377, punto 30). Come illustrato dal professor Monteagudo, il marchio non è semplicemente il «segno» in questione ma il nesso tra quest’ultimo e il prodotto (o il servizio) al quale si riferisce, e che consente di distinguerlo o di individuarlo rispetto ad altri prodotti (o servizi) identici o simili proposti da altre persone. Si tratta della funzione predominante del marchio, ossia una funzione di identificazione dell’origine del prodotto [Monteagudo, M., «Los requisitos de validez de una marca tridimensional (Comentario a la Sentencia del TJCE de 18 junio de 2002, asunto C‑299/99, caso “Koninklijke Philips Electronics NV v. Remington Consumer Products Ltd”)», Actas de derecho industrial y derecho de autor, 2002, pagg. da 391 a 408, in particolare pag. 397].


11 – Basire, Y., «La fonction patrimoniale de la marque», Légicom, n. 44, 2010, pagg. da 17 a 26, in particolare pagg. 24 e 25.


12 – V., in tal senso, sentenze Philips (C‑299/99, EU:C:2002:377, punti 59 e 63); Nestlé (C‑353/03, EU:C:2005:432, punto 25), nonché Oberbank e a. (C‑217/13 e C‑218/13, EU:C:2014:2012, punto 39).


13 – Sentenza Voss of Norway/UAMI (C 445/13 P, EU:C:2015:303, punto 92).


14 – Ibidem (punto 94).


15 – V., in tal senso, sentenza Nestlé (C‑353/03, EU:C:2005:432, punti 26 e 27).


16 – V., in tal senso, sentenza Nestlé (C‑353/03, EU:C:2005:432, punti 29 e 30). V. altresì, con riferimento all’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), che corrisponde, in sostanza, all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva sui marchi, sentenza Colloseum Holding (C‑12/12, EU:C:2013:253, punto 27).


17 – Punto 30, il corsivo è mio.


18 – Paragrafo 43.


19 – Sentenza Colloseum Holding (C‑12/12, EU:C:2013:253, punto 28). Il corsivo è mio.


20 – Ibidem (punto 35).


21 – Mentre i termini «Kit Kat» appaiono in rilievo su ciascuna barretta che compone il biscotto «Kit Kat», la forma di cui è chiesta la registrazione è priva di qualsiasi iscrizione e potrebbe, eventualmente, essere identificata dal pubblico interessato come riferita a prodotti di altre imprese. In tal caso, essa non avrebbe il carattere distintivo richiesto. Tale verifica spetta al giudice del rinvio.


22 – V., in tal senso, Basire, Y., «La fonction patrimoniale de la marque», Légicom, n. 44, 2010, pagg. da 17 a 26, in particolare pag. 25.


23 – Sentenze Philips (C‑299/99, EU:C:2002:377, punti 59 e 63); Nestlé (C‑353/03, EU:C:2005:432, punto 25), nonché Oberbank e a. (C‑217/13 e C‑218/13, EU:C:2014:2012, punto 39).


24 – V., in tal senso, sentenza Lego Juris/UAMI (C‑48/09 P, EU:C:2010:516, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata).


25 – V., in tal senso, sentenza Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:2233, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).


26 – Ibidem (punto 18).


27 – V., in tal senso, sentenza Philips (C‑299/99, EU:C:2002:377, punto 78).


28 – Punto 19. La Corte aggiunge altresì, al punto 20 di tale sentenza, che «l’impedimento alla registrazione previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), primo trattino, della direttiva sui marchi persegue il medesimo obiettivo perseguito dal secondo e dal terzo trattino di tale disposizione». I diritti previsti sono in sostanza quelli conferiti dalla normativa in materia di brevetti e di disegni e modelli industriali [v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Philips (C‑299/99, EU:C:2001:52, paragrafo 30)]. V., altresì, riguardo alla differenza di obiettivi tra dette normative, le conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:322, paragrafi da 35 a 37). In dottrina, v., in particolare, Vanbrabant, B., La propriété intellectuelle – Nature juridique et régime patrimonial, Bruxelles, Larcier, 2015 (da pubblicare), tomo 1, pag. 352; Monteagudo, M., «Los requisitos de validez de una marca tridimensional (Comentario a la Sentencia del TJCE de 18 junio de 2002, asunto C‑299/99, caso “Koninklijke Philips Electronics NV v. Remington Consumer Products Ltd”)», Actas de derecho industrial y derecho de autor, 2002 pagg. da 391 a 408, in particolare pag. 403 e 404.


29 – V., in tal senso, riguardo alla prima direttiva 89/104, conclusioni dell’avvocato generale Szpunar nella causa Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:322, paragrafo 28).


30 – Sentenza Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:2233, punto 39).


31 – Ibidem (punto 40). Tale deduzione non è nuova. La Corte aveva interpretato la disposizione in questione in questo senso nella sentenza Philips (C‑299/99, EU:C:2002:377, punto 76) e nuovamente nella sentenza Benetton Group (C‑371/06, EU:C:2007:542, punto 26, terzo trattino).


32 – Sentenza Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:2233, punto 41). Il corsivo è mio.


33 – Paragrafo 105.


34 – Ibidem (paragrafo 99).


35 – V., in tal senso, oltre alla sentenza Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:2233), sentenze Philips (C‑299/99, EU:C:2002:377, punto 78); Linde e a. (da C‑53/01 a C‑55/01, EU:C:2003:206, punto 72), nonché Lego Juris/UAMI (C‑48/09 P, EU:C:2010:516, punto 43).


36 – V., in tal senso, sentenza Hauck (C‑205/13, EU:C:2014:2233, punto 19), nonché, riguardo alle soluzioni tecniche, sentenza Lego Juris/UAMI (C‑48/09 P, EU:C:2010:516, punti 45 e 46).


37 – È interessante notare che per la sig.ra Suthersanen, nel suo commento alla sentenza Philips (C‑299/99, EU:C:2002:377), la possibilità di cumulare le tre eccezioni previste dall’articolo 3, paragrafo 1, lettera e) della prima direttiva 89/104 non è in discussione. La questione è sapere quali sono le verifiche che devono essere eseguite per stabilire se una forma sia esclusa dal diritto alla registrazione sulla base di un unico (o di due, aggiungerei) o di tre impedimenti di cui alla detta disposizione (Suthersanen, U., «The European Court of Justice in Philips v Remington – Trade Marks and Market Freedom», Intellectual Property Quarterly, 2003, n. 3, pagg. da 257 a 283, in particolare pag. 258).


38 – Secondo le osservazioni dell’esaminatore richiamate dal giudice del rinvio al punto 29 della domanda di pronuncia pregiudiziale.


39 – Sentenza Philips (C‑299/99, EU:C:2002:377, punto 79), il corsivo è mio.


40 – Secondo Iván L. Sempere Massa, esistono vari criteri per valutare se la forma di un prodotto assolva una funzione tecnica. Tra essi, l’autore cita l’esempio di una forma che è già stata oggetto di un brevetto, ma anche il caso di un produttore che, nella pubblicità del prodotto, avrebbe fatto riferimento ai vantaggi tecnici che la predetta forma possiede per il suo utilizzo o per la sua fabbricazione (Sempere Massa, I. L., La protección de las formas como marca tridimensional, Tirant, Valenza, 2011, in particolare pag. 101).