Language of document : ECLI:EU:F:2007:75

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA

(Terza Sezione)

2 maggio 2007

Causa F-23/05

Jean-Louis Giraudy

contro

Commissione delle Comunità europee

«Funzionari – Ricorso – Ricorso per risarcimento danni – Indagine dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) – Riassegnazione – Regolamento (CE) n. 1073/1999 – Decisione 1999/396/CE, CECA, Euratom – Illecito – Danno – Malattia professionale – Presa in considerazione delle prestazioni previste dall’art. 73 dello Statuto»

Oggetto: Ricorso, proposto ai sensi degli artt. 236 CE e 152 EA, con il quale il sig. Giraudy chiede l’annullamento della decisione 21 febbraio 2005, che ha respinto il suo reclamo del 22 settembre 2004, e la condanna della Commissione al risarcimento dei danni che egli afferma di avere subito, calcolati in EUR 264 000 per il danno materiale e in EUR 500 000 per il danno morale.

Decisione: La Commissione è condannata a versare al ricorrente la somma di EUR 15 000 a titolo di risarcimento per il danno morale da questi subito e costituito da una lesione della sua reputazione e della sua onorabilità. Il ricorso è respinto per il resto. La Commissione sopporterà le proprie spese e i due terzi di quelle sostenute dal ricorrente. Il ricorrente sopporterà un terzo delle proprie spese.

Massime

1.      Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) – Regolamento n. 1073/1999 relativo alle indagini svolte dall’OLAF – Modalità delle indagini interne adottate dalle istituzioni comunitarie

(Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, art. 5, secondo comma; decisione della Commissione 1999/396, art. 2, primo e secondo comma)

2.      Funzionari – Responsabilità extracontrattuale delle istituzioni – Presupposti

3.      Funzionari – Organizzazione dei servizi – Assegnazione del personale

(Statuto dei funzionari, art. 7, n 1)

4.      Funzionari – Dovere di sollecitudine dell’ amministrazione

(Statuto dei funzionari, artt. 7, n. 1, primo comma, e 25, secondo comma)

5.      Funzionari – Dovere di sollecitudine dell’amministrazione – Principio di buona amministrazione

(Statuto dei funzionari, art. 73; regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, decimo considerando e art. 8, n. 2)

6.      Funzionari – Dovere di sollecitudine dell’amministrazione

(Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1073/1999, art. 8, n. 2)

7.      Funzionari – Ricorso per risarcimento danni – Domanda di risarcimento del danno derivante dalla patologia del ricorrente e dalla sua collocazione in invalidità come conseguenza di un illecito dell’amministrazione)

(Statuto dei funzionari, art. 73; regolamentazione relativa alla copertura dei rischi di infortunio e di malattia professionale, artt. 19 e 23)

1.      Dalla formulazione imperativa dell’art. 2, secondo comma, della decisione 1999/396, riguardante le condizioni e le modalità delle indagini interne in materia di lotta contro le frodi, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità, che rinvia su questo punto al primo comma dello stesso articolo, emerge che il segretario generale, i direttori generali e i capi di servizio della Commissione hanno l’obbligo di informare senza indugio l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) allorché vengono a conoscenza di «elementi di fatto che facciano presumere l’esistenza di eventuali casi di frode, di corruzione o ogni altra attività illecita lesiva degli interessi delle Comunità, oppure di fatti gravi, connessi all’esercizio di attività professionali, che possono costituire un inadempimento degli obblighi dei funzionari e degli agenti delle Comunità perseguibile in sede disciplinare o penale». Tuttavia, l’impiego del termine «presumere» da parte del legislatore implica necessariamente che le autorità menzionate da detta disposizione compiano una minima valutazione della pertinenza degli elementi di fatto di cui sono a conoscenza, in relazione a una possibile irregolarità, e quindi conferisce loro un certo potere discrezionale.

(v. punto 98)

2.       Disfunzioni nel sistema interno di comunicazione di un’istituzione che possono avere aggravato ingiustificatamente i sospetti dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) nei confronti di un funzionario, ma che non hanno avuto un rapporto di causa‑effetto determinante sull’avvio di un’indagine a suo carico, considerata l’esistenza di una serie di altri elementi gravi e concordanti che giustificavano, di per sé, una simile indagine, non si rivelano idonee a far sorgere la responsabilità extracontrattuale di tale istituzione per illecito amministrativo.

(v. punti 109 e 111)

3.      La decisione di riassegnazione, a titolo cautelare, del funzionario responsabile di un’unità amministrativa per la durata di un’indagine interna avviata dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) su possibili irregolarità all’interno di questa, in seguito a una raccomandazione del direttore generale dell’OLAF intesa a vietare a tale funzionario di accedere agli uffici di tale unità per il periodo considerato, allo scopo di garantire il corretto svolgimento dell’indagine, risponde all’interesse del servizio. Tenuto conto dell’ampio potere discrezionale di cui dispone l’amministrazione per valutare tale interesse, una simile decisione non è manifestamente sproporzionata in rapporto allo scopo perseguito dal provvedimento, cioè evitare qualsiasi rischio di conflitto di interessi e garantire il corretto svolgimento dell’indagine. Il fatto che altre opzioni, quali accettare la proposta del funzionario di collocarsi in congedo o affidargli una missione, potessero essere altrettanto conformi all’interesse del servizio e nel contempo maggiormente rispettose degli interessi del soggetto coinvolto, non è sufficiente, di per sé, a rendere sproporzionato il provvedimento di riassegnazione. La decisione in esame non viola neppure il principio della presunzione d’innocenza, posto che, da un lato, essa non mira a sanzionare il funzionario riassegnato, bensì costituisce una misura cautelare avente una durata commisurata a quella dell’indagine e che, dall’altro, l’interesse del servizio giustifica l’adozione di un provvedimento diretto a consentire che l’indagine si svolga con serenità, sempre a condizione che al funzionario riassegnato non venga attribuita alcuna responsabilità, relativamente alle questioni oggetto dell’indagine.

Infine, poiché la legittimità di un atto individuale deve essere valutata in base agli elementi di fatto e di diritto esistenti alla data in cui l’atto è stato adottato, elementi emersi dall’indagine successivamente e che hanno scagionato l’interessato non possono pregiudicare la legittimità della decisione di riassegnazione.

(v. punti 139-146)

Riferimento:

Tribunale di primo grado: 16 aprile 2002, causa T‑51/01, Fronia/Commissione, (Racc. PI pagg. I‑A‑43 e II‑187, punto 55); 4 giugno 2003, cause riunite T‑124/01 e T‑320/01, Del Vaglio/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A‑157 e II‑767, punto 77); 7 febbraio 2007, causa T‑339/03, Clotuche/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 69, 71 e 76); 7 febbraio 2007, cause riunite T‑118/08 e T‑134/04, Caló/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 109, 113 e 114)

4.      Il fatto che l’amministrazione annunci pubblicamente, durante una conferenza stampa, prima di averlo comunicato personalmente all’interessato, ex responsabile di un servizio, che nulla più osta alla revoca della misura di riassegnazione che era stata adottata, a titolo cautelativo, a suo carico al fine di garantire il corretto svolgimento di un’indagine interna dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) su possibili irregolarità nell’ambito del suo servizio lede l’interesse legittimo del funzionario ad essere informato direttamente dall’amministrazione, e non attraverso la stampa, di un’evoluzione decisiva della sua situazione professionale. Un simile comportamento non rispetta l’equilibrio dei diritti e degli obblighi reciproci instaurato dallo Statuto tra la pubblica autorità e i pubblici dipendenti e, di conseguenza, costituisce una violazione del dovere di sollecitudine dell’amministrazione nei confronti del funzionario, nonché un illecito amministrativo tale da far sorgere la responsabilità della prima.

(v. punti 148, 149 e 183)

5.      La regola di riservatezza delle indagini, come definita in maniera ampia dall’art. 8, n. 2, del regolamento n. 1073/1999, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF), dev’essere interpretata nel suo contesto e in particolare alla luce del decimo ‘considerando’ del medesimo regolamento, secondo cui tali indagini devono essere condotte nel pieno rispetto delle libertà fondamentali. Pertanto, tale regola non dev’essere interpretata nel senso che mira unicamente a proteggere la riservatezza delle informazioni in vista dell’accertamento della verità, ma va considerata anche come volta a salvaguardare la presunzione d’innocenza, e quindi la reputazione, dei funzionari o agenti interessati dalle indagini. Oltre alla protezione specifica garantita da tale disposizione, sia il principio di buona amministrazione che il dovere di sollecitudine, nonché il rispetto delle prerogative d’indagine devolute a un organo indipendente quale l’OLAF, giustificano il fatto che l’istituzione cui appartiene il funzionario interessato dia prova della massima prudenza e riservatezza nel pubblicizzare presunti o sospetti casi di frode. Tali considerazioni valgono a maggior ragione, segnatamente in relazione al diritto di qualsiasi persona alla presunzione d’innocenza, quando non siano ancora state tratte conclusioni da un’indagine dell’OLAF.

In presenza di gravi addebiti che ledano l’onorabilità di un funzionario, incombe all’amministrazione evitare che si verifichi una pubblicazione delle accuse non strettamente necessaria e che il funzionario sia vittima di dichiarazioni atte a lederne l’onorabilità professionale. Da ciò discende che l’amministrazione deve, in linea di principio, evitare di fornire alla stampa informazioni che possano arrecare pregiudizio al funzionario soggetto al procedimento e disporre tutte le misure necessarie per impedire all’interno dell’istituzione qualsiasi forma di diffusione di informazioni che possano avere carattere diffamatorio nei suoi confronti. Ciò premesso, si deve constatare che in seno alle istituzioni comunitarie si è affermata una cultura della responsabilità, che risponde in particolare all’interesse del pubblico di essere informato e di avere la certezza che le disfunzioni e le frodi vengano individuate e, se del caso, debitamente eliminate e sanzionate. Tale esigenza implica che i funzionari e gli agenti titolari di posti di responsabilità all’interno di un’amministrazione comunitaria debbano tenere conto della possibile esistenza di una necessità giustificata di comunicare talune informazioni al pubblico.

Tenuto conto della possibile esistenza di una simile necessità, deve aumentare l’intensità del dovere di sollecitudine incombente all’amministrazione nei confronti dei suoi funzionari. Tale rafforzamento del dovere di sollecitudine nell’ambito particolare di un’indagine risulta necessario a maggior ragione in un contesto nel quale i media possono mettere pubblicamente in discussione l’onorabilità o la reputazione professionale delle persone, aggravando in tal modo i danni da queste già subiti, fino al punto di renderli irreparabili.

Infatti, dal momento dell’avvio di un’indagine fondata su sospetti di frode può derivare un certo danno alla reputazione, soprattutto se tale indagine viene pubblicizzata all’esterno dell’istituzione. Raramente il fatto che l’interessato venga scagionato a seguito di un’indagine che sia stata oggetto di tale pubblicità è sufficiente ad eliminare del tutto il danno alla reputazione da egli subito. Nell’ambito della responsabilità extracontrattuale della Comunità, il danno cagionato dall’avvio e dallo svolgimento di un’indagine può essere risarcito solo qualora l’istituzione di cui trattasi abbia commesso un illecito che ne faccia sorgere la responsabilità, per quanto incresciosa possa essere la situazione per il soggetto eventualmente scagionato a seguito di tale indagine. Del resto, qualora da un’indagine derivi, oltre al danno morale, una malattia professionale ai sensi dell’art. 73 dello Statuto, quest’ultima disposizione permette al funzionario di ottenere un risarcimento sotto forma di un importo forfettario, senza che egli debba provare una qualsiasi responsabilità dell’istituzione.

(v. punti 161-167)

Riferimento:

Corte: 11 luglio 1974, causa 53/72, Guillot/Commissione (Racc. pag. 791, punti 3-5)

Tribunale di primo grado: 12 dicembre 1995, causa T‑203/95 R, Connolly/Commissione pag. II‑2919, punto 35; 17 dicembre 2003, causa T‑133/02, Chawdhry/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A‑329 e II‑1617, punto 107); 3 marzo 2004, causa T‑48/01, Vainker/Parlamento (Racc. PI pagg. I‑A‑51 e II‑197, punto 125)

6.      Misure di informazione del pubblico, adottate da un’istituzione e recanti riassegnazione del responsabile di un’unità amministrativa al fine di garantire il corretto svolgimento di un’indagine interna dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) su possibili irregolarità nell’ambito del suo servizio, non sono in contrasto con le esigenze di riservatezza proprie delle indagini dell’OLAF e sono giustificate dall’interesse del servizio qualora, nelle circostanze particolari del caso di specie, la rimozione della riservatezza, non solo sull’adozione del provvedimento di riassegnazione, ma anche sull’identità del funzionario riassegnato, non sia dovuta alla volontà dell’istituzione, ma sia inevitabile tenuto conto della natura dell’impiego svolto dall’interessato, comportante un contatto regolare con la stampa in ragione delle sue funzioni nonché della precedente esistenza di un interesse dei giornalisti nei confronti delle sospette irregolarità, di modo che l’assenza di informazione avrebbe necessariamente alimentato varie speculazioni della stampa, atte a ledere sia gli interessi del funzionario che quelli dell’istituzione.

Tale istituzione viola però il dovere di sollecitudine che le incombe nei confronti dei suoi funzionari qualora prenda l’iniziativa inusuale di pubblicare, oltre al comunicato pubblicato dall’OLAF che annuncia l’avvio dell’indagine, un proprio comunicato stampa il cui contenuto lascia intendere che il funzionario riassegnato era personalmente implicato in possibili irregolarità e, dopo che egli è stato scagionato, ometta di adottare misure correttive atte a controbilanciare l’anomala pubblicità negativa data con la diffusione di tale comunicato, non tenendo dunque sufficientemente conto degli interessi del funzionario in rapporto ai propri interessi e non riducendo al minimo necessario il danno inflitto a quest’ultimo dall’avvio dell’indagine.

Una simile condotta costituisce un illecito amministrativo tale da far sorgere la responsabilità dell’istituzione. Vi è, al riguardo, un rapporto diretto e certo di causa‑effetto fra tale illecito e il danno derivante, per il funzionario, dalla lesione della sua onorabilità e della sua reputazione, che va al di là del danno inevitabilmente subito da un funzionario oggetto di un’indagine dell’OLAF.

(v. punti 169, 170, 173, 180, 183 e 206)

7.      Va respinta la domanda di risarcimento del presunto danno materiale e morale subito da un funzionario a causa della patologia da cui egli è affetto e della collocazione in invalidità che ne è conseguita, derivanti da un illecito dell’amministrazione, e, in particolare, del danno morale causato da una violazione del dovere di sollecitudine che ha cagionato nell’interessato una situazione di stress e di ansia e quindi causato o aggravato un danno connesso alla patologia di costui. Infatti, il giudice comunitario non è competente a pronunciarsi sul nesso di causalità esistente tra le condizioni di servizio di un funzionario e la malattia che egli fa valere, poiché, in base all’art. 19 della regolamentazione di copertura dei rischi di infortunio e di malattia professionale dei funzionari, la decisione relativa al riconoscimento dell’origine professionale di una malattia viene adottata dall’autorità che ha il potere di nomina sulla base delle conclusioni del medico o dei medici designati dalle istituzioni e, se il funzionario ne fa richiesta, previa consultazione della commissione medica di cui all’art. 23 di detta regolamentazione. Il regime istituito in applicazione dell’art. 73 dello Statuto prevede un indennizzo forfettario in caso di infortunio o di malattia professionale che copre sia il danno materiale che il danno morale, senza che l’interessato debba provare una qualsivoglia responsabilità dell’istituzione, ed è soltanto quando risulti che il regime statutario non consente un risarcimento adeguato che il funzionario ha diritto di chiedere una compensazione supplementare.

Tale conclusione non può essere inficiata in un caso in cui il ricorrente ha rinunciato al procedimento avviato ai sensi dell’art. 73 dello Statuto per il riconoscimento del carattere professionale della sua malattia, poiché una simile rinuncia non ha alcuna incidenza sull’applicazione della regola di diritto secondo cui il riconoscimento dell’origine professionale di una malattia è di competenza dell’autorità che ha il potere di nomina.

Per contro, una domanda di risarcimento sotto l’aspetto del danno morale del ricorrente, consistente in una lesione della sua onorabilità e della sua reputazione, dev’essere esaminata dal giudice poiché siffatto danno, non essendo connesso alla patologia dell’interessato, non può essere risarcito forfettariamente ai sensi dell’art. 73 dello Statuto.

(v. punti 193-196 e 198-201)

Riferimento:

Corte: 8 ottobre 1986,cause riunite 169/83 e 136/84, Leussink e a./Commissione (Racc. pag. 2801, punto 13); 9 settembre 1999, causa C 257/98 P, Lucaccioni/Commissione (Racc. pag. I‑5251, punto 22)

Tribunale di primo grado: 14 maggio 1998, causa T‑165/95, Lucaccioni/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A‑203 e II‑627, punto 74); 15 dicembre 1999, causa T‑300/97, Latino/Commissione (Racc. PI pagg. I‑A‑259 e II‑1263, punto 95)