Language of document : ECLI:EU:F:2009:39

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA (Prima Sezione)

28 aprile 2009 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – Indagine interna dell’OLAF – Decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie nazionali da parte dell’OLAF – Atto che arreca pregiudizio – Ricevibilità – Diritti della difesa»

Nelle cause riunite F‑5/05 e F‑7/05,

aventi ad oggetto il ricorso proposto ai sensi degli artt. 236 CE e 152 EA,

Antonello Violetti, residente a Cittiglio, e altri dodici funzionari della Commissione delle Comunità europee i cui nomi sono riportati in allegato alla presente sentenza, rappresentati dall’avv. É. Boigelot,

ricorrenti nella causa F‑5/05,

Nadine Schmit, ex funzionaria della Commissione delle Comunità europee, residente a Ispra, rappresentata dagli avv.ti É. Boigelot, P.‑P. Van Gehuchten e P. Reyniers,

ricorrente nella causa F‑7/05,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. J. Currall e C. Ladenburger, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da:

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato dai sigg. M. Bauer e A. Vitro, in qualità di agenti,

interveniente,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto dai sigg. H. Kreppel (relatore), presidente, H. Tagaras e S. Gervasoni, giudici,

cancelliere: sig. S. Boni, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 luglio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con ricorsi depositati presso la cancelleria del Tribunale di primo grado delle Comunità europee rispettivamente in data 11 gennaio e 17 febbraio 2005, i ricorrenti chiedono sostanzialmente, in primo luogo, l’annullamento della decisione con cui l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha deciso di aprire un’indagine interna, degli atti investigativi compiuti nell’ambito di tale indagine interna, della decisione dell’OLAF di trasmettere alle autorità giudiziarie italiane informazioni ad essi relative e della relazione scritta a conclusione dell’indagine nonché, in secondo luogo, la condanna della Commissione delle Comunità europee al risarcimento dei danni.

 Contesto normativo

2        L’OLAF, istituito con decisione della Commissione 28 aprile 1999, 1999/352/CE, CECA, Euratom (GU L 136, pag. 20), è incaricato, in particolare, di svolgere indagini amministrative interne dirette a ricercare i fatti gravi, connessi con l’esercizio di attività professionali, i quali possano costituire un inadempimento degli obblighi dei funzionari ed agenti delle Comunità, che siano perseguibili in sede disciplinare e, se del caso, penale.

3        Il regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 25 maggio 1999, n. 1073, relativo alle indagini svolte dall’OLAF (GU L 136, pag. 1), disciplina i controlli, le verifiche e le azioni svolti dai dipendenti dell’OLAF nell’esercizio delle loro funzioni. Le indagini effettuate dall’OLAF consistono in indagini «esterne», condotte all’esterno delle istituzioni, degli organi e degli organismi della Comunità, e in indagini «interne», condotte all’interno di tali istituzioni, organi e organismi.

4        Ai sensi dell’art. 5, seconda comma, del regolamento n. 1073/1999, le indagini interne sono avviate con decisione del direttore dell’OLAF, di propria iniziativa o su richiesta dell’istituzione, dell’organo o dell’organismo in cui dovranno svolgersi.

5        L’art. 9 del regolamento n. 1073/1999 prevede che, al termine di un’indagine effettuata dall’OLAF, quest’ultimo redige, sotto l’autorità del proprio direttore, una relazione che contiene, in particolare, le conclusioni dell’indagine, incluse le raccomandazioni del direttore sui provvedimenti da prendere. Conformemente al n. 4 di tale articolo, la relazione redatta in seguito a un’indagine interna e i documenti ad essa pertinenti sono trasmessi all’istituzione, all’organo o all’organismo interessato che, ove opportuno, dà a tale indagine il seguito sul piano disciplinare e giudiziario richiesto dalle risultanze della stessa.

6        Il n. 2 dell’art. 10 del regolamento n. 1073/1999, intitolato «Trasmissione di informazioni da parte dell’[OLAF]», è così formulato:

«Fatti salvi gli articoli 8, 9 e 11 del presente regolamento, il direttore dell’[OLAF] trasmette alle autorità giudiziarie dello Stato membro interessato le informazioni raccolte dall’[OLAF] in occasione di indagini interne su fatti penalmente perseguibili. Fatte salve le esigenze di indagine, ne informa simultaneamente lo Stato membro interessato».

7        In virtù dell’art. 14 del regolamento n. 1073/1999, ogni funzionario e altro agente delle Comunità europee può presentare al direttore dell’OLAF, secondo le modalità di cui all’art. 90, n. 2, dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»), un reclamo contro un atto che gli arrechi pregiudizio, compiuto dall’OLAF nell’ambito di un’indagine interna.

8        Il regolamento del Consiglio (CE, Euratom) 22 marzo 2004, n. 723 (GU L 124, pag. 1), ha inserito nello Statuto l’art. 90 bis così formulato:

«Qualsiasi persona cui si applica il presente Statuto può presentare al direttore dell’[OLAF] una domanda ai sensi dell’art. 90, paragrafo 1, che l’inviti a prendere una decisione nei suoi confronti relativa a un’indagine dell’OLAF. La persona può altresì presentare al direttore dell’[OLAF] un reclamo ai sensi dell’art. 90, paragrafo 2, avverso un atto che le arrechi pregiudizio in connessione con un’indagine dell’OLAF».

9        L’art. 4 della decisione della Commissione 2 giugno 1999, 1999/396/CE, CECA, Euratom, riguardante le condizioni e le modalità delle indagini interne in materia di lotta contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità (GU L 149, pag. 57), intitolato «Informazione dell’interessato», così dispone:

«Qualora si manifesti la possibilità di coinvolgimento personale di un membro, di un funzionario o di un agente della Commissione, l’interessato viene prontamente informato, se ciò non rischia di pregiudicare l’indagine. In ogni caso non si può trarre alcuna conclusione, al termine dell’indagine, riguardante personalmente un membro, un funzionario o un agente della Commissione senza aver dato modo all’interessato di esprimersi su tutti i fatti che lo concernono.

Nei casi in cui ai fini dell’indagine sia necessaria la massima segretezza e si debba ricorrere ai mezzi investigativi di competenza di un’autorità giudiziaria nazionale, l’esecuzione dell’obbligo di invitare il membro, il funzionario o l’agente della Commissione ad esprimersi, può essere differita con il consenso del presidente della Commissione o del segretario generale della medesima».

 Esposizione dei fatti

10      Nel corso del 2002 il servizio di revisione contabile interno della direzione generale (DG) «Centro comune di ricerca» (in prosieguo: il «CCR») ha redatto una relazione riguardante l’applicazione dell’art. 73 dello Statuto nei confronti del personale di tale direzione generale in servizio presso la sede di Ispra (in prosieguo: la «relazione di revisione contabile interna del CCR»). In particolare, in tale relazione erano descritti i seguenti fatti:

«–      230 membri del personale del CCR in servizio a Ispra (20% del numero totale del personale in servizio a Ispra) sarebbero affetti da invalidità permanente parziale.

–        EUR 5,7 milioni di prestazioni per invalidità permanente parziale sono stati versati ai membri del personale del CCR Ispra tra il 1996 e il 2002.

–        Ciascun beneficiario avrebbe ricevuto in media EUR 25 000.

–        46 membri del personale avrebbero ricevuto collettivamente quasi EUR 3 milioni, ottenendo ciascuno più di EUR 35 000.

–        23 membri del personale avrebbero ricevuto collettivamente poco più di EUR 2 milioni, ottenendo ciascuno più di EUR 50 000.

–        8 membri del personale avrebbero ricevuto collettivamente più di EUR 1 milione, ottenendo ciascuno più di EUR 80 000.

–        1 persona, o anche 2, avrebbe ricevuto circa EUR 300 000.

–        76 membri del personale, già affetti da invalidità permanente parziale, avrebbero subito un secondo infortunio, che ha implicato un’invalidità permanente parziale complementare.

–        Il 30% dei beneficiari avrebbe ottenuto più di un versamento a titolo di invalidità permanente parziale.

–        Il 10% dei beneficiari avrebbe ottenuto 3 versamenti o più (fino a un massimo di 11) a titolo di invalidità permanente parziale».

11      La relazione di revisione contabile interna del CCR, sottolineando che le condizioni lavorative nella sede di Ispra non potevano giustificare l’elevato numero di infortuni e che sussistevano sospetti circa la veridicità delle dichiarazioni di infortunio, concludeva che era necessario informare l’OLAF di tali fatti e suggeriva di comparare la frequenza delle dichiarazioni di infortunio provenienti dal personale del CCR della sede di Ispra con la frequenza delle dichiarazioni provenienti dal resto del personale della Commissione.

12      Il 14 ottobre 2002, sulla base della relazione di revisione contabile interna del CCR, il direttore dell’OLAF ha avviato, a norma dell’art. 5, secondo comma, del regolamento n. 1073/1999, un’indagine interna sulla base di «presunte frodi a danno del bilancio comunitario nella gestione dei fondi della [c]assa malattia al [CCR] di Ispra» (in prosieguo: la «decisione di apertura dell’indagine interna»).

13      Il 13 gennaio 2003, l’ex direttore dell’Istituto per l’ambiente e la sostenibilità (in prosieguo: l’«IAS»), dipendente dal CCR, è stato ascoltato dagli agenti dell’OLAF incaricati dell’indagine interna. Nel corso della sua audizione, egli ha affermato che, avendo lo stesso beneficiato di indennità a seguito di vari infortuni subiti nella sua vita privata tra il 1997 e il 2001, era rimasto «sorpreso [della] certa facilità con cui la Commissione attribui[va] indennità in caso di infortunio», precisando inoltre che, nell’ambito di uno degli infortuni dei quali era stato vittima, gli era stata avanzata una proposta di indennità pur non avendo presentato il referto del medico legale e nonostante il fatto che «i dolori residuali dei quali [soffriva a seguito di tale l’infortunio] fossero tenui per [giustificare] un’indennità». L’ex direttore dell’IAS formulava inoltre la seguente osservazione:

«Mi sembra che il meccanismo [di accertamento dell’esistenza e del grado di percentuale di invalidità permanente parziale conseguente a infortunio] sia molto approssimativo rispetto a [un] infortunio [che potrebbe verificarsi] in uno Stato membro dell’Unione europea. Infine, c’è un medico legale che è là da diversi anni, (…) che suggerisce la percentuale di invalidità. Secondo me, la valutazione del medico legale non era esaminata a fondo dal consulente medico. Si potrebbe facilmente ovviare a tale problema attraverso la sostituzione del consulente medico con un medico di origine non locale. Il rischio è grande dal momento che i due medici hanno visibilmente la stessa età (circa sessant’anni), abitano nella stessa regione e verosimilmente si conoscono».

14      Su richiesta degli agenti dell’OLAF incaricati di svolgere l’indagine, la direzione C dell’OLAF ha analizzato i dati informatici della DG «Personale e amministrazione» relativi al numero e all’importo dei rimborsi effettuati a norma dell’art. 73 dello Statuto, e ha incrociato i detti dati con quelli figuranti nella banca dati del sistema contabile della Commissione in uso prima del 1998. Basandosi su tale analisi, l’OLAF ha rilevato che 42 funzionari del CCR di Ispra avevano dichiarato, ciascuno, almeno nove infortuni nel periodo gennaio 1986 ‑ luglio 2003 e che tali casi, che a prima vista potevano sembrare sospetti, dovevano essere esaminati approfonditamente.

15      Con nota datata 5 agosto 2003 (in prosieguo: la «nota del 5 agosto 2003»), conformemente all’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999, il direttore generale dell’OLAF ha trasmesso al procuratore della Repubblica di Varese le informazioni raccolte nel corso dell’indagine interna riguardanti fatti, secondo l’OLAF, perseguibili in sede penale (in prosieguo: la «decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane»). A tale nota era allegata una «nota informativa» datata 23 luglio 2003 e redatta dagli agenti incaricati dell’indagine interna (in prosieguo: la «nota informativa del 23 luglio 2003»), nella quale venivano chiamati in causa i 42 funzionari del CCR di Ispra menzionati al punto precedente. Alla nota del 5 agosto 2003 era anche allegato il verbale dell’audizione dell’ex direttore dell’IAS.

16      In seguito alla ricezione delle informazioni trasmesse dall’OLAF nella nota del 5 agosto 2003, il procuratore della Repubblica di Varese ha avviato un’indagine relativa all’esistenza di eventuali infrazioni penali.

17      Il 7 aprile 2004 l’OLAF ha inviato ai ricorrenti, i quali figuravano tra i 42 funzionari indicati nella nota informativa del 23 luglio 2003, la seguente lettera:

«Il 14 ottobre 2002 l’OLAF ha avviato un’indagine interna avente ad oggetto l’applicazione alla sede di Ispra del regime di assicurazione contro gli infortuni previsto dall’art. 73 dello Statuto. L’indagine si è concentrata sui funzionari che hanno dichiarato più di [nove] infortuni nel periodo gennaio 1986/luglio 2003. È stato accertato che Lei rientra tra tali persone. Il 5 agosto 2003 l’OLAF ha trasmesso una relazione al procuratore [della Repubblica] di Varese (Italia) intesa a informare tale autorità dell’esistenza di possibili infrazioni, le quali, se la loro esistenza dovesse essere confermata, sarebbero perseguibili. (…)».

18      Tra l’11 e il 30 giugno 2004, in forza dell’art. 90 bis dello Statuto, ciascun ricorrente nella causa F‑5/05 ha presentato al direttore dell’OLAF un reclamo contro la decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane. Sempre tra l’11 e il 30 giugno 2004, ciascuno di essi, sulla base dell’art. 90, n. 2, dello Statuto, ha presentato all’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») un reclamo avverso detta decisione, lamentando che la stessa non sarebbe stata né formalmente motivata né fondata nel merito, e avrebbe leso la sua onorabilità, e ha parimenti presentato una domanda diretta ad ottenere assistenza da parte della Commissione ai sensi dell’art. 24 dello Statuto.

19      Con lettera datata 9 luglio 2004, pervenuta alla Commissione il 16 luglio successivo, la ricorrente nella causa F‑7/05 ha presentato inoltre un reclamo avverso la decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane e ha chiesto il pagamento da parte della Commissione di una somma di EUR 500 000 a titolo di risarcimento del danno da essa subìto.

20      Con messaggio di posta elettronica del 16 luglio 2004 uno dei ricorrenti nella causa F‑5/05, il sig. Violetti, ha chiesto al CCR di Ispra l’accesso alla propria cartella medica e in particolare ai documenti relativi all’applicazione, per quanto lo riguarda, dell’art. 73 dello Statuto. Il servizio medico ha respinto tale domanda sulla base del rilievo che tali documenti erano stati posti sotto suggello dall’OLAF e non erano accessibili. Domande aventi lo stesso oggetto e presentate dagli altri ricorrenti nelle cause F‑5/05 e F‑7/05 sono state parimenti respinte.

21      Il 20 agosto 2004 il procuratore della Repubblica di Varese ha chiesto alla Commissione l’esenzione dall’obbligo di riservatezza nonché la levata dell’immunità per alcuni funzionari menzionati nella nota informativa del 23 luglio 2003. La Commissione ha accolto tale domanda il 28 settembre 2004.

22      Poiché l’OLAF non ha risposto ai reclami che gli erano stati indirizzati dai ricorrenti nel termine di quattro mesi prescritto dall’art. 90, n. 2, dello Statuto, gli stessi sono stati oggetto di rigetto implicito.

23      Con decisioni adottate nelle date 15, 21 e 28 ottobre 2004, l’APN ha respinto i reclami sottopostigli dai ricorrenti nella causa F‑5/05, sulla base del rilievo che «non spett[erebbe] alla Commissione commentare le attività svolte dall’OLAF nell’esercizio delle sue funzioni». Sono state parimenti respinte le domande dirette ad ottenere l’assistenza da parte della Commissione prevista dall’art. 24 dello Statuto, avendo l’APN ritenuto che gli interessati non avevano subìto alcuna minaccia, oltraggio, ingiuria, diffamazione o attentato a motivo delle loro qualità e delle loro funzioni e che l’indagine avviata dall’OLAF era stata condotta conformemente alle disposizioni in vigore.

24      Il 25 novembre 2004, a norma dell’art. 9, n. 1, del regolamento n. 1073/1999, l’OLAF ha redatto, al termine dell’indagine interna, una relazione contenente i fatti accertati, il danno finanziario subìto dalle Comunità e le conclusioni dell’indagine, incluse le raccomandazioni del direttore dell’OLAF sui provvedimenti da adottare a seguito di tale indagine (in prosieguo: la «relazione conclusiva dell’indagine»). Detta relazione è stata inviata al segretario generale della Commissione, ai direttori generali della DG «Personale e amministrazione» e del CCR, nonché al direttore dell’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali».

25      Nella relazione conclusiva dell’indagine si indicava che il personale del CCR di Ispra aveva dichiarato un numero di infortuni tre o quattro volte superiore rispetto al resto del personale della Commissione in servizio presso altre sedi e che la probabilità che tali dichiarazioni portassero all’accertamento di un’invalidità permanente parziale era da due a tre volte superiore al CCR di Ispra rispetto alle altre sedi della Commissione. Si sottolineava inoltre che alcuni dei 42 funzionari indicati nella nota informativa del 23 luglio 2003 avevano potuto ottenere il versamento di somme considerevoli in seguito alla dichiarazione di diversi infortuni di gravità tuttavia minima. La relazione conclusiva dell’indagine rilevava nondimeno che gli accertamenti effettuati nell’ambito dell’indagine interna, pur avendo messo in evidenza deficienze relative all’intervento del medico designato dalla Commissione al fine di formulare un parere sulla percentuale di invalidità permanente, non avevano consentito di stabilire, a causa della natura meramente amministrativa di tale indagine, l’esistenza di dichiarazioni di infortunio fraudolente e che, in tale contesto, spettava alle autorità giudiziarie italiane risolvere la questione se i 42 funzionari chiamati in causa avessero effettivamente commesso infrazioni penali. Peraltro, la relazione conclusiva dell’indagine non proponeva l’avvio di un procedimento disciplinare nei confronti dei detti funzionari.

26      Il 21 febbraio 2005 l’OLAF ha espressamente respinto i reclami proposti dai ricorrenti nella causa F‑5/05.

27      Il procuratore della Repubblica di Varese ha ordinato una perizia medico-legale su tutti gli infortuni dichiarati dai 42 funzionari indicati nella nota informativa del 23 luglio 2003 (in prosieguo: la «perizia medico-legale»). Su domanda del procuratore l’OLAF ha trasmesso, il 15 aprile 2005, le copie dei documenti necessari allo svolgimento di tale perizia.

28      Il 15 giugno 2005 la perizia medico-legale ha concluso che gli elementi di carattere medico non erano sufficienti a dimostrare l’esistenza di dichiarazioni di infortunio fraudolente. Di conseguenza, conformemente alla richiesta formulata in tal senso dal procuratore della Repubblica di Varese, il 12 luglio 2005 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese ha deciso di archiviare il procedimento.

29      Con nota del 9 ottobre 2006 l’OLAF ha informato i ricorrenti dell’archiviazione del procedimento.

 Procedimento e conclusioni delle parti

30      Il ricorso F‑5/05 è stato registrato inizialmente l’11 gennaio 2005 presso la cancelleria del Tribunale di primo grado con il numero di ruolo T‑22/05.

31      I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        ingiungere la produzione di tutti i fascicoli riguardanti i ricorrenti e sigillati dall’OLAF;

–        ingiungere la produzione della relazione conclusiva dell’indagine;

–        annullare l’indagine svolta nei confronti dei ricorrenti;

–        annullare la nota dell’OLAF contenente «notifica di indagine e informazione delle autorità giudiziarie italiane»;

–        annullare la relazione di indagine trasmessa alle autorità giudiziarie italiane;

–        annullare «ogni atto conseguente e/o relativo a tali decisioni che dovesse intervenire successivamente al presente ricorso»;

–        condannare l’OLAF e la Commissione al pagamento del risarcimento dei danni, stimati ex aequo et bono in EUR 30 000 per ciascun ricorrente, con riserva di aumentarlo e/o diminuirlo nel corso del procedimento;

–        condannare comunque la Commissione alle spese, inclusi i costi e gli onorari dell’avvocato consultato dai ricorrenti al fine della presentazione del presente ricorso.

32      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale di primo grado il 27 aprile 2005, la Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità nei confronti del ricorso T‑22/05, conformemente all’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, applicabile mutatis mutandis al Tribunale, in forza dell’art. 3, n. 4, della decisione del Consiglio 2 novembre 2004, 2004/752/CE, Euratom, che istituisce il Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (GU L 333, pag. 7), fino all’entrata in vigore del regolamento di procedura di quest’ultimo.

33      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile;

–        statuire sulle spese secondo giustizia.

34      Il ricorso F‑7/05 è stato registrato inizialmente il 17 febbraio 2005 presso la cancelleria del Tribunale di primo grado con il numero di ruolo T‑84/05.

35      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        ingiungere la produzione di tutti i fascicoli riguardanti la ricorrente e sigillati dall’OLAF;

–        ingiungere la produzione della relazione conclusiva dell’indagine;

–        annullare l’indagine svolta nei confronti della ricorrente;

–        annullare la nota dell’OLAF contenente «notifica di indagine e informazione delle autorità giudiziarie italiane»;

–        annullare la relazione di indagine trasmessa alle autorità giudiziarie italiane;

–        annullare ogni atto successivo e/o relativo a tali decisioni che dovesse intervenire successivamente al presente ricorso;

–        condannare l’OLAF e la Commissione al pagamento del risarcimento dei danni, stimati ex aequo et bono in EUR 30 000, con riserva di aumentarlo e/o diminuirlo nel corso del procedimento;

–        condannare comunque la Commissione alle spese, inclusi i costi e gli onorari dell’avvocato consultato dalla ricorrente al fine della presentazione del presente ricorso.

36      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale di primo grado il 27 aprile 2005, la Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità nei confronti del ricorso T‑84/05, conformemente all’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado. Essa chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile;

–        statuire sulle spese secondo giustizia.

37      Con ordinanza del presidente della Quarta Sezione del Tribunale di primo grado 3 maggio 2005, le cause T‑22/05 e T‑84/05 sono state riunite ai fini della fase scritta e orale e della sentenza, conformemente all’art. 50 del regolamento di procedura del detto Tribunale.

38      Con lettere datate 31 maggio 2005 e pervenute per telefax lo stesso giorno presso la cancelleria del Tribunale di primo grado (ove gli originali sono stati depositati il 2 giugno successivo), il Consiglio dell’Unione europea ha chiesto di intervenire nelle cause T‑22/05 e T‑84/05 a sostegno delle conclusioni della Commissione.

39      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale di primo grado il 21 giugno 2005, i ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni in merito alle eccezioni di irricevibilità sollevate dalla Commissione.

40      Con ordinanza del presidente della Quarta Sezione del Tribunale di primo grado 13 luglio 2005 il Consiglio è stato autorizzato ad intervenire nelle cause riunite T‑22/05 e T‑84/05 a sostegno delle conclusioni della Commissione.

41      Con una memoria di intervento vertente esclusivamente sulla ricevibilità dei ricorsi riuniti T‑22/05 e T‑84/05, pervenuta per telefax il 30 settembre 2005 presso la cancelleria del Tribunale di primo grado (ove l’originale è stato depositato il 4 ottobre successivo), il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare i ricorsi irricevibili;

–        statuire sulle spese secondo giustizia.

42      Con ordinanza 15 dicembre 2005 il Tribunale di primo grado ha rinviato le cause T‑22/05 e T‑84/05 dinanzi al Tribunale, ai sensi dell’art. 3, n. 3, della decisione 2004/752. I ricorsi sono stati rispettivamente registrati presso la cancelleria di quest’ultimo con i numeri di ruolo F‑5/05 e F‑7/05.

43      Con atto depositato il 20 dicembre 2005 presso la cancelleria del Tribunale, i ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni in merito alla memoria di intervento presentata dal Consiglio nelle cause F‑5/05 e F‑7/05.

44      Con ordinanza della Prima Sezione del Tribunale 21 marzo 2006, le eccezioni di irricevibilità sollevate nelle cause F‑5/05 e F‑7/05 sono state riunite all’esame del merito.

45      Con il suo controricorso, pervenuto per telefax il 20 giugno 2006 presso la cancelleria del Tribunale (ove l’originale è stato depositato lo stesso giorno), la Commissione, mantenendo invariate le sue conclusioni sull’irricevibilità dei ricorsi nel loro insieme, chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare i ricorsi infondati;

–        condannare i ricorrenti alle spese.

46      Con la sua memoria di intervento nel merito, pervenuta per telefax il 20 giugno 2006 presso la cancelleria del Tribunale (ove l’originale è stato depositato il 22 giugno successivo), il Consiglio, mantenendo invariate le sue conclusioni sull’irricevibilità dei ricorsi nel loro insieme, chiede in via subordinata che il Tribunale voglia:

–        dichiarare i ricorsi infondati;

–        statuire sulle spese secondo giustizia.

47      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 giugno 2006, il sig. Verheyden, ex funzionario, ha proposto un ricorso registrato con il numero di ruolo F‑72/06, diretto, in particolare, all’annullamento della decisione di apertura dell’indagine interna, nonché all’annullamento della decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane.

48      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 10 luglio 2006, i ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni in merito alla memoria di intervento presentata dal Consiglio sul merito della causa.

49      In virtù dell’art. 64, n. 3, lett. a) e d), del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, il Tribunale ha posto taluni quesiti alle parti principali e ha sollecitato alla Commissione la produzione delle cartelle mediche e dei fascicoli amministrativi relativi agli infortuni di cui sarebbero stati vittima i ricorrenti tra il gennaio 1986 e il luglio 2003, della relazione conclusiva dell’indagine e di qualsiasi documento della Commissione, in particolare dell’OLAF, relativo all’indagine. I ricorrenti e la Commissione hanno soddisfatto le richieste del Tribunale.

50      Con ordinanza del presidente della Prima Sezione del Tribunale 13 giugno 2007, le cause riunite F‑5/05 e F‑7/05 sono state riunite alla causa F‑72/06 ai fini della trattazione orale, conformemente all’art. 50, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado.

51      Nel corso dell’udienza, svoltasi il 3 luglio 2007, i ricorrenti hanno affermato che le loro domande dirette alla produzione della relazione conclusiva dell’indagine nonché delle loro cartelle mediche erano divenute prive di oggetto.

52      Con ordinanze della Prima Sezione del Tribunale 2 agosto 2007 è stata riaperta la fase orale del procedimento nelle cause riunite F‑5/05 e F‑7/05 nonché nella causa F‑72/06.

53      In virtù dell’art. 64, n. 3, lett. c) e d), del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, il Tribunale ha invitato la Commissione e il Consiglio a produrre i documenti preparatori dell’art. 90 bis dello Statuto e a indicare gli atti dell’OLAF che, a loro avviso, potrebbero arrecare pregiudizio ed essere oggetto di un reclamo ai sensi dell’art. 90 bis dello Statuto. La Commissione e il Consiglio hanno soddisfatto la richiesta del Tribunale.

54      I ricorrenti hanno presentato le loro osservazioni sulle risposte della Commissione e del Consiglio alle misure di organizzazione del procedimento indicate al punto precedente.

 In diritto

 Sulla portata della controversia

55      Deve ritenersi che i ricorrenti chiedano in sostanza:

–        l’annullamento della decisione di apertura dell’indagine interna;

–        l’annullamento di tutti gli atti investigativi intervenuti nell’ambito dell’indagine interna (in prosieguo: gli «atti investigativi dell’OLAF»);

–        l’annullamento della decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane;

–        l’annullamento della relazione conclusiva dell’indagine;

–        l’annullamento di «ogni atto successivo e/o relativo a tali decisioni che dovesse intervenire successivamente al presente ricorso»;

–        la condanna della Commissione al pagamento in loro favore del risarcimento dei danni.

 Sulle conclusioni dirette all’annullamento della decisione di apertura dell’indagine interna, degli atti investigativi dell’OLAF e della relazione conclusiva dell’indagine

56      Deriva dall’art. 91, n. 2, dello Statuto che un ricorso è ricevibile soltanto se l’amministrazione ha previamente ricevuto un reclamo ai sensi dell’art. 90, n. 2, e nel termine ivi previsto, e se tale reclamo è stato oggetto di una decisione esplicita o implicita di rigetto.

57      Nel caso di specie, emerge dagli atti del fascicolo che l’unico atto contestato dai ricorrenti nei reclami pendenti dinanzi al direttore dell’OLAF è la decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane. Ne deriva che le conclusioni dirette all’annullamento della decisione di apertura dell’indagine interna, degli atti investigativi dell’OLAF e della relazione conclusiva dell’indagine, le quali non sono state precedute da alcun reclamo, devono essere dichiarate irricevibili, quand’anche tali atti costituissero, come fanno valere i ricorrenti, atti recanti pregiudizio ai sensi dell’art. 90 bis dello Statuto.

 Sulle conclusioni dirette all’annullamento di «ogni atto conseguente e/o relativo a tali decisioni che dovesse intervenire successivamente al presente ricorso»

58      Si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 44, n. 1, lett. c) e d), del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, ogni ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti nonché le conclusioni del ricorrente. Tale informazione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a supporto.

59      Nel caso di specie, le conclusioni sopra menzionate non permettono di identificare chiaramente l’atto o gli atti in questione di cui esse chiedono l’annullamento e devono, pertanto, essere dichiarate irricevibili.

 Sulle conclusioni dirette all’annullamento della decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane

 Sulla ricevibilità

–       Argomenti delle parti

60      La Commissione e il Consiglio chiedono al Tribunale di respingere in quanto irricevibili le conclusioni sopra menzionate, sulla base del rilievo che una decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie nazionali a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999 (in prosieguo: la «decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999») non rappresenterebbe, come sarebbe stato precedentemente dichiarato dai giudici comunitari, un atto recante pregiudizio. Essi sottolineano che una siffatta decisione sarebbe un atto puramente preparatorio di una decisione definitiva che le autorità giudiziarie o amministrative nazionali potrebbero adottare, essendo queste ultime libere di decidere i provvedimenti da prendere in base a tale atto ed essendo le sole autorità a poter adottare decisioni idonee a incidere sulla situazione giuridica della persona interessata dall’atto [ordinanza del presidente della Corte 19 aprile 2005, causa C‑521/04 P(R), Tillack/Commissione, Racc. pag. I‑3103; ordinanze del Tribunale di primo grado 18 dicembre 2003, causa T‑215/02, Gómez Reino/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑345 e II‑1685, nonché 13 luglio 2004, causa T‑29/03, Comunidad Autónoma de Andalucía/Commissione, Racc. pag. II‑2923; ordinanza del presidente del Tribunale di primo grado 15 ottobre 2004, causa T‑193/04 R, Tillack/Commissione, Racc. pag. II‑3575; sentenze del Tribunale di primo grado 6 aprile 2006, causa T‑309/03, Camós Grau/Commissione, Racc. pag. II‑1173, nonché 4 ottobre 2006, causa T‑193/04, Tillack/Commissione, Racc. pag. II‑3995].

61      I ricorrenti criticano la tesi della Commissione e del Consiglio. Dopo aver ricordato che l’art. 90 bis dello Statuto sarebbe stato adottato per consentire al giudice comunitario di garantire il controllo degli atti compiuti dall’OLAF nell’ambito delle sue indagini, essi sostengono che, nel caso di specie, la decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane avrebbe violato, in modo sproporzionato, vari loro diritti fondamentali, quali il diritto della difesa, il diritto a un’istruzione in contraddittorio a carico e a discarico, il rispetto della vita privata, e avrebbe modificato pertanto in misura rilevante la loro situazione giuridica. Quindi, tale decisione sarebbe un atto recante pregiudizio ai sensi dell’art. 90 bis dello Statuto.

62      I ricorrenti aggiungono, per quanto riguarda la giurisprudenza invocata dalla Commissione e dal Consiglio, che la stessa non sarebbe pertinente nel caso di specie, poiché essa sarebbe stata elaborata in occasione di cause anteriori all’inserimento dell’art. 90 bis nello Statuto. In ogni caso, una conferma di tale giurisprudenza nel caso di specie condurrebbe a una violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

63      La Commissione e il Consiglio respingono l’argomento relativo al fatto che la giurisprudenza che essi citano non sarebbe pertinente. Essi sottolineano che, ancor prima dell’adozione dell’art. 90 bis dello Statuto, esisteva una disposizione praticamente identica al detto articolo, vale a dire l’art. 14 del regolamento n. 1073/1999, che consentiva ai funzionari di contestare mediante ricorso di annullamento gli atti dell’OLAF che arrecavano loro pregiudizio. Ebbene, nonostante tale norma, la giurisprudenza comunitaria avrebbe costantemente rifiutato di valutare come recante pregiudizio una decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999.

64      Nemmeno potrebbe essere accolto, secondo la Commissione, l’argomento fondato sulla pretesa violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva, nel caso in cui non si riconoscesse la qualifica di atto recante pregiudizio alla decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane. Infatti, i soggetti interessati da una decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999 disporrebbero sempre della possibilità di invitare il giudice nazionale a sottoporre alla Corte di giustizia delle Comunità europee la validità di tale decisione. Inoltre, tali soggetti potrebbero sempre presentare dinanzi ai giudici comunitari un’azione diretta al risarcimento del danno eventualmente causato dall’atto di trasmissione.

65      I ricorrenti non contestano che l’art. 90 bis dello Statuto abbia ripreso la sostanza dell’art. 14 del regolamento n. 1073/1999, ma respingono il ragionamento della Commissione e del Consiglio secondo cui l’atto idoneo ad arrecare pregiudizio sarebbe soltanto la decisione finale che l’APN ovvero il giudice penale nazionale potrebbero adottare sulla base dei risultati dell’indagine interna.

66      Invitati, nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, a indicare quali atti dell’OLAF, a loro avviso, potrebbero formare oggetto di un reclamo a norma dell’art. 90 bis dello Statuto e successivamente di un ricorso, la Commissione e il Consiglio indicano che si tratterebbe di atti compiuti dall’OLAF nell’ambito di un’indagine interna e che determinerebbero effetti giuridici obbligatori nei confronti di un funzionario o di un agente non interessato dalle allegazioni oggetto dell’indagine. Ciò varrebbe, in particolare, per l’ispezione degli effetti personali al momento dell’ingresso in ufficio di un funzionario o di un agente terzo, per il sequestro di tali effetti personali, per l’interrogatorio di un funzionario o di un agente terzo, nel caso in cui l’OLAF facesse ricorso a metodi illegali, o ancora per l’intercettazione telefonica clandestina di funzionario o di un agente terzo. Infatti, tali atti d’indagine non potrebbero essere visti, per quanto riguarda i terzi, come atti preparatori di una decisione definitiva dell’amministrazione impugnabile mediante ricorso di annullamento, dal momento che la relazione di indagine redatta successivamente non potrebbe chiamare in causa il funzionario o l’agente terzo. Quindi quest’ultimo non avrebbe alcun’altra possibilità per impugnare incidenter tantum gli atti dell’OLAF compiuti nei suoi confronti e dovrebbe poterli dunque contestare direttamente al fine di beneficiare in particolare di una tutela giurisdizionale dei propri diritti soggettivi.

67      Per contro, per quanto attiene alla questione se atti come quelli sopra menzionati, ma adottati nei confronti del funzionario o dell’agente cui si riferiscono le allegazioni oggetto dell’indagine, possano essere qualificati come atti recanti pregiudizio, la Commissione precisa che una siffatta qualifica potrebbe, a titolo eccezionale, essere riconosciuta ai detti atti, purché essi vengano nettamente distinti da ogni altro atto di indagine diretto soltanto a preparare le conclusioni dell’OLAF e nei confronti del quale il rimedio giurisdizionale adeguato consisterebbe in un’impugnazione incidenter tantum. Ebbene, secondo la Commissione, è giocoforza constatare che nessuna di tali ipotesi eccezionali sussisterebbe nel caso di specie, dal momento che i ricorrenti non affermano di aver subito un atto avente la natura di quelli a cui dovrebbe essere riconosciuta la qualifica di atto recante pregiudizio.

68      I ricorrenti affermano di non poter condividere la posizione della Commissione e del Consiglio in base alla quale i funzionari e gli agenti terzi sono favoriti rispetto ai funzionari e agli agenti chiamati in causa nell’ambito di un’indagine interna. Una siffatta posizione, oltre ad essere discriminatoria, sarebbe d’altra parte erronea tenuto conto della finalità stessa dell’art. 90 bis dello Statuto, il quale dovrebbe essere letto alla luce del decimo ‘considerando’ del regolamento n. 1073/1999, il quale prevede espressamente che le indagini devono essere condotte nel rispetto dello Statuto nonché nel pieno rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, segnatamente del diritto della persona coinvolta a esprimersi sui fatti che la riguardano e del diritto a che le conclusioni dell’indagine si fondino unicamente su elementi aventi valore probatorio.

–       Giudizio del Tribunale

69      Occorre in limine rilevare che, successivamente alla creazione dell’OLAF con decisione 1999/352, il legislatore comunitario, allo scopo di assoggettare le attività di tale ufficio a un controllo giurisdizionale effettivo, ha previsto, all’art. 14 del regolamento n. 1073/1999, che, «[f]ino alla modifica dello Statuto, ogni funzionario [o] altro agente delle Comunità europee [può] presentare al direttore dell’Ufficio, secondo le modalità di cui all’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto, un reclamo diretto contro un atto che gli arreca pregiudizio, compiuto dall’Ufficio nell’ambito di un’indagine interna», e che «[a]lle decisioni adottate su tali reclami si [applica] l’articolo 91 dello Statuto». In seguito, il regolamento n. 723/2004 ha sancito la possibilità per i funzionari e gli altri agenti di chiedere l’annullamento di alcuni atti dell’OLAF dinanzi ai giudici comunitari inserendo nello Statuto l’art. 90 bis, il cui secondo periodo prevede che qualsiasi persona cui si applica lo Statuto può «presentare al direttore dell’[OLAF] un reclamo ai sensi dell’art. 90, paragrafo 2, avverso un atto che le arrechi pregiudizio in connessione con un’indagine dell’OLAF».

70      Si è dunque posta la questione, inedita sino a quel momento nella giurisprudenza comunitaria, se la decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999 costituisca un atto recante pregiudizio ai sensi dell’art. 90 bis dello Statuto.

71      A tal riguardo, si deve sottolineare che le disposizioni dell’art. 90 bis dello Statuto sono state adottate dal legislatore comunitario nel 2004 al fine di assicurare la tutela giurisdizionale delle persone cui si applica lo Statuto. In presenza di un’autorizzazione così espressa e recente nello Statuto, il Tribunale, nel suo settore peculiare, non può ignorare le responsabilità in tal modo riconosciutegli dal legislatore.

72      In aggiunta, tali disposizioni costituiscono il corollario delle nuove funzioni affidate dal legislatore all’OLAF al momento dell’adozione del regolamento n. 723/2004, tanto in materia di lotta contro la frode, con l’art. 22 bis dello Statuto, quanto in materia disciplinare, con le disposizioni dell’allegato IX dello Statuto. L’art. 90 bis dello Statuto riflette quindi la preoccupazione del legislatore di accompagnare il rafforzamento del ruolo dell’OLAF con garanzie giurisdizionali adeguate.

73      Inoltre, come emerge dalla constante giurisprudenza della Corte di giustizia, il principio di tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale di diritto comunitario che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (sentenza della Corte 3 settembre 2008, cause riunite C‑402/05 P e C‑415/05 P, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑6351, punto 335). Nella causa all’origine della citata sentenza, mentre i ricorrenti facevano valere i diritti della difesa e in particolare il diritto al contraddittorio, la Corte ha dichiarato segnatamente che l’efficacia del controllo del giudice comunitario, il quale deve vertere particolarmente sulla legittimità dei motivi dell’atto recante pregiudizio, implica che l’autorità comunitaria in questione comunichi detti motivi alle persone interessate da tale atto, per quanto possibile, al momento in cui tale atto è adottato, o, quantomeno, il più rapidamente possibile dopo tale adozione, in modo da consentire a tali persone di esercitare, entro i termini, il loro diritto di ricorso (v., in tal senso, sentenza Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, cit., punto 336).

74      Mentre è proprio il rispetto del diritto al contraddittorio che i ricorrenti fanno valere nella presente controversia, a sostegno della loro argomentazione relativa alla garanzia di una tutela giurisdizionale effettiva, si deve sottolineare che un funzionario non beneficerebbe di una siffatta garanzia se, prima della sua chiamata in causa dinanzi al giudice penale nazionale con decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999, il giudice comunitario non fosse in condizione di verificare che esso sia stato effettivamente sentito ovvero se le disposizioni dell’art. 4 della decisione 1999/396, che prevedono la possibilità di differire tale obbligo, siano state effettivamente rispettate dall’OLAF. Un siffatto controllo del giudice comunitario sulla decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999 è talmente importante in una tale fase del procedimento che l’OLAF ha la possibilità, se il segretario generale della Commissione lo autorizza a tal fine, di differire l’obbligo di raccogliere le osservazioni degli interessati, eventualmente per un lungo periodo.

75      Si deve peraltro sottolineare che una decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999 può comportare conseguenze significative sullo sviluppo della carriera delle persone interessate. Infatti, secondo l’art. 43 dello Statuto, «[l]a competenza, il rendimento e il comportamento in servizio di ciascun funzionario, sono oggetto di un rapporto periodico compilato almeno ogni due anni». Ebbene, qualora l’OLAF ritenga che determinati fatti commessi da un agente possano essere perseguiti penalmente e, per ciò stesso, procede alla trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie nazionali, tale circostanza, per lo più portata a conoscenza dell’APN dallo stesso OLAF ovvero dall’agente interessato quando, ad esempio, quest’ultimo è sentito in veste di testimone dal giudice nazionale, è tale da incidere sul giudizio che l’amministrazione deve esprimere su tale agente nell’ambito dell’esercizio di valutazione, in particolare sul comportamento di quest’ultimo in servizio.

76      Inoltre, la natura della tutela giurisdizionale garantita alle persone coinvolte in un’indagine aperta dall’OLAF subisce una modifica allorquando il direttore dell’OLAF adotta una decisione a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999. Infatti, nel caso in cui prima che intervenga una siffatta decisione tali persone beneficino di una tutela giurisdizionale garantita dai giudici comunitari contro le eventuali lesioni dei loro diritti, dopo l’adozione della decisione tale tutela è messa in atto dalle autorità giudiziarie nazionali che hanno ricevuto dall’OLAF le informazioni raccolte nell’ambito dell’indagine interna.

77      Ebbene, in considerazione delle conseguenze che esse possono causare, è difficilmente concepibile negare alle decisioni adottate a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999 la qualità di atto recante pregiudizio ai sensi dell’art. 90 bis dello Statuto, laddove lo stesso legislatore comunitario ha previsto la necessità di vincolare le indagini interne dell’OLAF al rispetto di rigide garanzie procedurali e, in particolare, di sottoporre gli atti più rilevanti adottati dall’OLAF nell’ambito di tali indagini – tra cui rientrano necessariamente, in considerazione della loro portata, le decisioni adottate a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999 – al rispetto del principio fondamentale dei diritti della difesa. Infatti, il regolamento n. 1073/1999, dopo aver enunciato, al decimo ‘considerando’, che le indagini dell’OLAF dovevano essere condotte «nel pieno rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, in particolare del principio dell’equità, del diritto della persona coinvolta a esprimersi sui fatti che la riguardano e del diritto a che la conclusione dell’indagine si fondi unicamente su elementi aventi valore probatorio», ha previsto, all’art. 4, n. 6, lett. b), che ogni istituzione, organo o organismo istituito dai Trattati o sulla base di questi ultimi adotti norme riguardanti le «garanzie dei diritti delle persone interessate da un’indagine interna».

78      Se il Tribunale non esercitasse tale sindacato di legittimità sulla decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999, sebbene sia il solo a poterlo fare in tempo utile per quanto attiene a una decisione relativa a una persona cui si applica lo Statuto, l’eventuale violazione delle disposizioni del regolamento n. 1073/1999 destinate a tutelare i diritti della difesa non potrebbe essere censurata. Il giudice nazionale resterebbe infatti destinatario delle informazioni trasmessegli dall’OLAF, mentre la censura di tale illegittimità da parte del giudice comunitario per violazione dei diritti della difesa comporta che il giudice nazionale non possa fondarsi su tali informazioni. Del resto la Corte ha già dichiarato che una siffatta violazione dei diritti della difesa da parte dell’OLAF costituisce una violazione di forme sostanziali applicabili alla procedura d’indagine [ordinanza del presidente della Corte 8 aprile 2003, causa C‑471/02 P(R), Gómez-Reino/Commissione, Racc. pag. I‑3207, punto 64].

79      Inoltre, se, come risulta dai fatti del caso di specie, nessuna autorizzazione del segretario generale della Commissione fosse stata concessa all’OLAF né tanto meno quest’ultimo l’avesse richiesta, violando le disposizioni dell’art. 4 della decisione 1999/396, senza che il giudice comunitario potesse rilevare tale illegittimità, il funzionario sarebbe sottoposto illegittimamente, a sua insaputa, a procedimenti che lo interessano direttamente per vari mesi. La circostanza che l’obbligo di sentire l’interessato possa essere differito e che quest’ultimo quindi non sia in grado di far valere i suoi diritti dinanzi a un giudice, comunitario o nazionale, giustifica a maggior ragione la ricevibilità di un ricorso di annullamento direttamente proposto contro la decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999. In tale contesto, infatti, le garanzie procedurali concesse dinanzi al giudice nazionale non possono trovare applicazione finché il funzionario interessato non sia stato informato dell’indagine penale condotta nei suoi confronti. Inoltre, soltanto un controllo giurisdizionale effettuato al momento dell’adozione della decisione presa a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999 consente di salvaguardare in tempo utile il rispetto delle prerogative del segretario generale della Commissione, unica autorità esterna all’OLAF autorizzata ad esercitare un certo diritto di sindacare lo svolgimento di un’indagine, al fine di decidere se mantenere riservata l’indagine prima che vengano adite le autorità giudiziarie nazionali.

80      D’altronde, per essere effettivo, il controllo giurisdizionale di un atto, come una decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999, non può essere esercitato soltanto nell’ambito di un ricorso per risarcimento. Certamente, tale ricorso permette al funzionario di ottenere il risarcimento dei danni subiti in occasione di un’indagine dell’OLAF (v. sentenza Camós Grau/Commissione, cit.). Tuttavia, un siffatto ricorso per risarcimento, da una parte, presuppone per un funzionario comunitario un procedimento precontenzioso in due tappe, il cui esito è relativamente lungo, e, dall’altra, non consente di garantire il rispetto dei diritti della difesa nel momento in cui essi vengono violati.

81      Il Tribunale sottolinea a tale proposito che da una giurisprudenza costante emerge che una tutela giurisdizionale effettiva presuppone che il singolo i cui interessi sono violati da un atto recante pregiudizio possa chiedere al giudice l’adozione di provvedimenti urgenti provvisori di tutela. Ebbene, un’azione diretta alla sospensione dell’esecuzione di un tale atto è ricevibile, in forza dell’art. 102, n. 1, del regolamento di procedura, soltanto se il richiedente ha impugnato tale atto in un ricorso dinanzi al Tribunale. Il riconoscimento di un diritto di ricorso diretto avverso la decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999 permetterebbe dunque al funzionario interessato, se è al corrente delle conclusioni dell’indagine, di ottenere, eventualmente, la sospensione dell’esecuzione della detta decisione, qualora soddisfi i requisiti dell’urgenza e del pregiudizio richiesti a tal fine.

82      Infine, si deve rilevare che il controllo di legittimità effettivo di un atto, come la decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999, è tale da contribuire al pieno rispetto da parte dell’OLAF della legittimità delle indagini e dei diritti fondamentali delle persone a cui le stesse si riferiscono, conformemente alla volontà del legislatore. Il Tribunale osserva che, nella presente controversia, l’OLAF ha risposto ai reclami dei quali l’avevano investito i ricorrenti della causa F‑5/05 sulla base dell’art. 90 bis dello Statuto soltanto il 21 febbraio 2005, vale a dire dopo la presentazione dei ricorsi, e che soltanto la Commissione, da cui non promana l’atto contestato, ha risposto esplicitamente ai reclami che le erano stati indirizzati. Una siffatta situazione, nella quale l’autore di una decisione impugnata non prende posizione sulle censure formulate nei confronti della stessa, risulta poco compatibile con il principio di buona amministrazione e rivela gli inconvenienti che una mancanza di controllo giurisdizionale chiaramente affermato ed effettivo può comportare. Nella presente controversia l’esame del ricorso nel merito non è atto ad inficiare tale constatazione.

83      Le considerazioni suesposte giustificano dunque il riconoscimento della qualità di atto recante pregiudizio ai sensi dell’art. 90 bis dello Statuto alle decisioni adottate a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999.

84      Siffatta conclusione non può essere messa in discussione da alcuno degli argomenti addotti dalla Commissione.

85      In primo luogo, la Commissione e il Consiglio fanno valere che una decisione adottata dal direttore dell’OLAF a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999 sarebbe soltanto un provvedimento preparatorio di una decisione finale che può essere adottata dalle autorità giudiziarie o amministrative nazionali.

86      A tale proposito è vero che, secondo consolidata giurisprudenza, quando si tratta di atti o di decisioni la cui elaborazione ha luogo in varie fasi, in particolare al termine di una procedura interna, in linea di principio costituiscono atti impugnabili solamente quei provvedimenti che stabiliscono in modo definitivo la posizione dell’istituzione al termine di tale procedura, con esclusione dei provvedimenti provvisori destinati a preparare la decisione finale. Gli atti preparatori di una decisione non costituiscono pregiudizio ed è solo in occasione di un ricorso avverso la decisione adottata al termine della procedura che il ricorrente può far valere l’illegittimità degli atti precedenti ad essa strettamente connessi (ordinanza del Tribunale di primo grado 11 febbraio 2003, causa T‑83/02, Pflugradt/BCE, Racc. PI pagg. I‑A‑47 e II‑281, punto 34).

87      Tuttavia, va sottolineato che, quando adotta una decisione a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999, il direttore dell’OLAF prende posizione, sulla base dei risultati provvisori o definitivi dell’indagine condotta dai suoi servizi, sull’esistenza di fatti perseguibili penalmente e valuta se la persona ovvero le persone oggetto dell’indagine possano essere penalmente perseguibili. Tale decisione è adottata da un organo comunitario indipendente, sotto la sua unica responsabilità, nell’ambito di una procedura speciale distinta dal procedimento giudiziario nazionale. Essa non precede l’adozione di alcun altro atto recante pregiudizio rientrante nella competenza del direttore dell’OLAF e determina dunque la posizione del suo autore. Sotto tale profilo essa non può essere paragonata all’atto con il quale l’APN apre il procedimento disciplinare nei confronti di un funzionario, il quale è propedeutico all’adozione di una decisione successiva e definitiva della stessa autorità.

88      Se una decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999 dovesse essere considerata come un provvedimento preparatorio dell’indagine giudiziaria nazionale e delle decisioni che possono essere adottate successivamente dall’APN, si dovrebbe ammettere a fortiori che tutti gli atti dell’OLAF connessi con un’indagine avviata dallo stesso, che per lo più precedono la decisione di trasmissione, costituiscono parimenti atti soltanto preparatori. Ebbene, una simile analisi, da un lato, contrasterebbe con la formulazione chiara dell’art. 90 bis dello Statuto e con l’intenzione dei suoi autori, i quali, riconoscendo a qualsiasi persona cui si applica lo Statuto il diritto di presentare un reclamo avverso un «atto dell’[OLAF] recante pregiudizio», implicano l’esistenza di siffatti atti, e, dall’altro, renderebbe privo di oggetto e di utilità l’art. 90 bis dello Statuto, come giustamente affermato dai ricorrenti.

89      Inoltre, gli esempi di atti recanti pregiudizio esposti a reclamo ai sensi dell’art. 90 bis dello Statuto, provenienti dalla Commissione e dal Consiglio in risposta a un quesito scritto del Tribunale, quali l’ispezione o il sequestro di effetti personali al momento dell’ingresso in ufficio di un funzionario o di un agente terzo rispetto all’indagine, o ancora l’interrogatorio mediante metodi illegali o l’intercettazione telefonica clandestina di un funzionario o di un agente terzo rispetto all’indagine, non rappresentano, propriamente parlando, a differenza della decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999, vere decisioni amministrative. Se è vero che tali atti non richiedono necessariamente l’adozione di altre decisioni successive, tuttavia essi non pregiudicano gli interessi e la situazione giuridica di tale funzionario o agente terzo in misura maggiore di quanto non lo faccia la decisione di trasmissione controversa nei confronti delle persone indagate dall’OLAF. In particolare, tali atti, di per sé, non incidono a priori sulla situazione amministrativa e sulla carriera di tali funzionari o agenti terzi, laddove una decisione di trasmissione come la decisione controversa ha ripercussioni immediatamente negative sugli interessi, sulla carriera e sulla reputazione delle persone interessate.

90      La decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999 non può dunque essere considerata come una decisione unicamente intermedia ovvero preparatoria, salvo privare di qualsiasi portata l’art. 90 bis dello Statuto. Essa costituisce proprio l’atto con il quale il direttore dell’OLAF, investito a tal fine di una responsabilità speciale ed esclusiva nell’ambito della Comunità, si pronuncia sull’esistenza di fatti suscettibili di qualificazione penale e decide di adire le autorità giudiziarie nazionali, affinché tali fatti ricevano l’opportuno trattamento penale.

91      Del resto, si deve rilevare che, in materia di regime disciplinare dei funzionari, la Corte, in un caso in cui era stato impugnato il parere emesso da una commissione di disciplina, ha ritenuto che un tale avviso costituisse un atto recante pregiudizio impugnabile, dal momento che tale avviso, benché emanato da un organo consultivo, era stato formulato al termine di un’indagine che la commissione di disciplina doveva condurre in piena indipendenza e secondo un procedimento speciale e distinto, che presentava carattere contraddittorio e doveva rispettare i principi fondamentali dei diritti della difesa (sentenza della Corte 29 gennaio 1985, causa 228/83, F/Commissione, Racc. pag. 275, punto 16). Un siffatto ragionamento deve trovare applicazione a fortiori, per analogia, all’ipotesi di decisioni adottate a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999, poiché queste ultime, oltre a non essere propedeutiche all’adozione successiva e definitiva di una decisione del direttore dell’OLAF, provengono da un organo comunitario indipendente e sono adottate anche nell’ambito o al termine di un’indagine che deve essere condotta «nel pieno rispetto (…) del diritto della persona coinvolta a esprimersi sui fatti che la riguardano».

92      In secondo luogo, per contestare la qualità di atto recante pregiudizio delle decisioni adottate a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999, la Commissione e il Consiglio fanno riferimento a precedenti giurisprudenziali.

93      A tal riguardo è vero che, nelle cause all’origine dell’ordinanza del presidente della Corte Tillack/Commissione, citata (punto 34), dell’ordinanza del presidente del Tribunale di primo grado Tillack/Commissione, citata (punto 46), e della sentenza del Tribunale di primo grado Tillack/Commissione, citata (punti 68‑70), i giudici comunitari hanno ritenuto che una decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999 non aveva modificato in misura rilevante la situazione giuridica della persona interessata da dette informazioni.

94      Tuttavia, tale giurisprudenza è stata pronunciata in merito a una persona sprovvista della qualità di funzionario comunitario, in ricorsi proposti sulla base dell’art. 230 CE e non sul fondamento dell’art. 236 CE. La Corte, come anche il Tribunale di primo grado, che non erano investiti della questione della portata dell’art. 90 bis dello Statuto, hanno osservato che il ricorrente disponeva di garanzie procedurali sufficienti dinanzi al giudice nazionale e che l’atto di trasmissione, da parte dell’OLAF, di informazioni che lo riguardavano era soltanto un atto preparatorio. Ebbene, una siffatta ipotesi è del tutto estranea a quella di cui si discute nel presente caso. Infatti, trattandosi di un soggetto terzo rispetto alla Comunità, la cui carriera e la cui situazione di fatto non dipendono direttamente da provvedimenti adottati dalle autorità comunitarie, il giudice comunitario non dispone di un titolo particolare che lo legittima a garantire, in sostituzione del giudice nazionale, il rispetto dei diritti fondamentali e dei requisiti per un equo processo.

95      In merito alle decisioni adottate dal Tribunale di primo grado nelle cause all’origine dell’ordinanza Comunidad Autónoma de Andalucía/Commissione, citata, nonché della sentenza Camós Grau/Commissione, citata, occorre rilevare che, in tali decisioni, il Tribunale di primo grado si è pronunciato sulla natura giuridica della relazione con cui l’OLAF chiude un’indagine, non sulla qualificazione di atto recante pregiudizio di una decisione come quella qui contestata.

96      Infine, si deve sottolineare che sia la Corte sia il Tribunale di primo grado hanno già considerato che un controllo di legittimità degli atti dell’OLAF recanti pregiudizio possa essere esercitato dal giudice comunitario mediante ricorso di annullamento (v., in tal senso, sentenza della Corte 30 marzo 2004, causa C‑167/02 P, Rothley e a./Parlamento, Racc. pag. I‑3149, punto 50; ordinanza del presidente del Tribunale di primo grado 2 maggio 2000, causa T‑17/00 R, Rothley e a./Parlamento, Racc. pag. II‑2085, punto 107; sentenza del Tribunale di primo grado 26 febbraio 2002, causa T‑17/00, Rothley e a./Parlamento, Racc. pag. II‑579, punto 73).

97      Ne deriva che i ricorrenti sono legittimati a chiedere l’annullamento della decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane.

 Nel merito

98      A sostegno delle loro domande di annullamento, i ricorrenti deducono, in sostanza, cinque motivi, relativi, in primo luogo, al fatto che la decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane non sarebbe sorretta da un valido fondamento, in secondo luogo, alla violazione del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa, in terzo luogo, alla violazione dell’art. 26, settimo comma, dello Statuto, in quarto luogo, alla violazione dell’art. 25, secondo comma, del detto Statuto, relativo all’obbligo di motivare le decisioni recanti pregiudizio, in quinto luogo, all’illegittimità del regolamento n. 1073/1999 e della decisione 1999/396.

99      Occorre esaminare il secondo motivo, relativo alla violazione del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa.

–       Argomenti delle parti

100    I ricorrenti sostengono che l’OLAF avrebbe posto in non cale il principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa, garantito nel caso di specie dall’art. 4 della decisione 1999/396, dal momento che essi non sarebbero stati posti in grado, prima della decisione dell’OLAF di trasmettere informazioni che li riguardavano alle autorità giudiziarie italiane, di presentare le loro osservazioni sui fatti all’origine della trasmissione. Gli interessati precisano che nessuna circostanza particolare dell’indagine avrebbe giustificato il mancato rispetto di tale principio da parte dell’OLAF e che, in ogni caso, il segretario generale della Commissione non avrebbe manifestato alcun consenso a tal fine.

101    A titolo difensivo, la Commissione osserva, in limine, che le norme che l’OLAF deve osservare nello svolgimento delle sue indagini interne sarebbero, in materia di diritti della difesa, quelle – e soltanto quelle – contenute, da un lato, nel primo periodo, dall’altro, nel secondo periodo, dell’art. 4, primo comma, della decisione 1999/396 (v., in tal senso, ordinanza del Tribunale di primo grado Gómez‑Reino/Commissione, cit., punto 65).

102    Ebbene, per quanto attiene al primo periodo dell’art. 4, primo comma, della decisione 1999/396, che prevede che un funzionario suscettibile di coinvolgimento in un’indagine dell’OLAF ne deve essere prontamente informato, se ciò non rischia si pregiudicare l’indagine, la Commissione sostiene che tali disposizioni non sarebbero state violate nel caso di specie, poiché l’informazione dei ricorrenti, se avesse avuto luogo, avrebbe pregiudicato l’efficacia delle investigazioni delle autorità giudiziarie italiane, tenuto conto del rischio di distruzione di alcuni documenti. In merito al secondo periodo dell’art. 4, primo comma, della decisione 1999/396, esso non si applicherebbe alla decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999 quando la trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie nazionali avviene nel corso di un’indagine interna e non al suo termine.

103    La Commissione sostiene che, in ogni caso, i ricorrenti sarebbero stati informati a tempo debito di tutti gli elementi che li riguardavano, poiché, nell’ambito del procedimento penale italiano, ad essi sarebbero stati comunicati gli allegati alla nota del 5 agosto 2003, nella specie la nota informativa del 23 luglio 2003 nonché il verbale dell’audizione dell’ex direttore dell’IAS.

–       Giudizio del Tribunale

104    Si deve in limine ricordare che l’art. 4, primo comma, primo periodo, della decisione 1999/396 prevede che, «[q]ualora si manifesti la possibilità di coinvolgimento personale di un membro, di un funzionario o di un agente della Commissione, l’interessato viene prontamente informato, se ciò non rischia di pregiudicare l’indagine». Quanto all’art. 4, primo comma, secondo periodo, di detta decisione, esso dispone che «[i]n ogni caso non si può trarre alcuna conclusione, al termine dell’indagine, riguardante personalmente un membro, un funzionario o un agente della Commissione senza aver dato modo all’interessato di esprimersi su tutti i fatti che lo concernono».

105    Come ha dichiarato il Tribunale di primo grado nella sentenza 8 luglio 2008, causa T‑48/05, Franchet e Byk/Commissione (Racc. pag. II‑1585, punti 133 e 145), risulta dalle disposizioni citate dell’art. 4, primo comma, della decisione 1999/396 che, quando il direttore dell’OLAF prevede di adottare una decisione a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999, esso è tenuto, nel caso in cui le informazioni contengano conclusioni riguardanti personalmente un membro, un funzionario o un agente della Commissione, di permettere a quest’ultimo, prima di procedere alla trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie nazionali, di esprimersi su tutti i fatti che lo concernono.

106    Nella specie, emerge dai documenti del fascicolo che, nella nota informativa del 23 luglio 2003 allegata alla nota del 5 agosto 2003, l’OLAF ha menzionato nominativamente i ricorrenti quali possibili autori di infrazioni penali. Quindi, la nota del 5 agosto 2003 conteneva «conclusioni riguardanti personalmente» i ricorrenti.

107    Di conseguenza, in linea di principio, i ricorrenti avrebbero dovuto essere informati e sentiti sui fatti che li riguardavano prima della trasmissione della nota del 5 agosto 2003 alle autorità giudiziarie italiane.

108    Certamente, l’art. 4, secondo comma, della decisione 1999/396 prevede un’eccezione relativa ai casi in cui ai fini dell’indagine sia necessaria la massima segretezza e si debba ricorrere ai mezzi investigativi di competenza di un’autorità giudiziaria nazionale. In tali casi, l’obbligo di invitare il funzionario ad esprimersi può essere differito con il consenso del segretario generale della Commissione.

109    Tuttavia, i ricorrenti affermano, senza essere contraddetti dalla Commissione, che il segretario generale della Commissione non avrebbe manifestato il proprio consenso al differimento dell’obbligo di invitarli a presentare le loro osservazioni, né tanto meno un siffatto consenso gli sarebbe stato chiesto.

110    Si deve rilevare che l’obbligo di chiedere e ottenere il consenso del segretario generale della Commissione non è una semplice formalità, eventualmente esperibile in una fase successiva. Infatti, come dichiarato nella sentenza Franchet e Byk/Commissione (cit., punto 151), l’esigenza di ottenere un siffatto consenso perderebbe la sua ragion d’essere, ossia garantire che siano rispettati i diritti della difesa dei funzionari interessati, che la loro informazione venga differita solo in casi del tutto eccezionali e che la valutazione di tale carattere eccezionale non venga riservata all’OLAF, ma sia rimessa anche al giudizio del segretario generale della Commissione.

111    Ciò considerato, si deve constatare che l’OLAF ha violato le disposizioni dell’art. 4 della decisione 1999/396 e i diritti della difesa dei ricorrenti.

112    Ad abundantiam, si deve ricordare che, secondo giurisprudenza costante, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario e deve essere garantito anche in mancanza di qualsiasi normativa riguardante il procedimento in questione (v. sentenza del Tribunale di primo grado 23 aprile 2002, causa T‑372/00, Campolargo/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑49 e II‑223, punto 30 e giurisprudenza ivi citata). Tale principio, il quale prescrive di regola che l’interessato sia sentito dall’autorità competente prima dell’adozione dell’atto recante pregiudizio, si applica sia in materia disciplinare sia nelle altre materie ricomprese nell’ambito della funzione pubblica comunitaria (v. sentenza Campolargo/Commissione, cit., punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

113    Ne consegue che, anche supponendo, come afferma la Commissione, che l’art. 4, primo comma, secondo periodo, della decisione 1999/396 non sia applicabile a una decisione adottata a norma dell’art. 10, n. 2, primo periodo, del regolamento n. 1073/1999, qualora la trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie nazionali intervenga nel corso dell’indagine, cionondimeno l’OLAF sarebbe tenuto, in linea di principio, in virtù del principio fondamentale del rispetto dei diritti della difesa, a invitare i ricorrenti, prima di trasmettere le informazioni, a presentare qualsiasi osservazione utile sui fatti che li riguardano. Orbene, è pacifico che ciò non si è verificato nel caso di specie, senza alcuna particolare circostanza che giustifichi tale omissione.

114    Infine, anche se la Commissione fa valere che i ricorrenti sarebbero stati informati a tempo debito di tutti gli elementi che li riguardavano, poiché, nell’ambito del procedimento penale italiano, ad essi sarebbe stata comunicata la nota del 5 agosto 2003, nonché i suoi allegati, una siffatta circostanza, successiva alla decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane, non può essere considerata come compensatrice della violazione da parte dell’OLAF delle disposizioni dell’art. 4 della decisione 1999/396.

115    Ne consegue, senza che occorra esaminare gli altri motivi, che la decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane deve essere annullata.

 Sulle domande risarcitorie

 Argomenti delle parti

116    I ricorrenti chiedono, in sostanza, il risarcimento del danno morale risultante, in primo luogo, dalla decisione di apertura dell’indagine interna e dagli atti investigativi dell’OLAF, in secondo luogo, dal fatto che l’OLAF avrebbe, senza valido motivo e violando i diritti della difesa, trasmesso informazioni che li riguardavano alle autorità giudiziarie italiane, in terzo luogo, dal fatto che la relazione conclusiva dell’indagine conterrebbe conclusioni non supportate da alcun elemento di fatto avente sufficiente valore probatorio, in quarto luogo, dal fatto che l’OLAF non avrebbe dato alcun seguito ai reclami che essi avevano presentato al fine di essere informati sugli elementi dell’indagine. I ricorrenti precisano in particolare che la decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane avrebbe comportato l’apertura di un’indagine penale da parte del procuratore della Repubblica di Varese e che tale indagine, oltre ad averli posti in uno stato di inquietudine in merito a possibili procedimenti penali, avrebbe anche leso la loro onorabilità e la loro reputazione professionale.

117    A titolo difensivo, la Commissione sostiene l’irricevibilità delle conclusioni sopra menzionate sulla base del rilievo che le stesse, in violazione delle disposizioni dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, non conterrebbero alcun elemento che consenta di individuare il comportamento che i ricorrenti intenderebbero contestarle. In ogni caso, la Commissione osserva che, pur supponendo che le conclusioni sopra menzionate abbiano soddisfatto i requisiti di cui all’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, esse non sarebbero nemmeno ricevibili, poiché si «inneste[rebbero] integralmente» sulle domande di annullamento, le quali dovrebbero essere respinte in quanto irricevibili.

118    Nel merito, la Commissione sostiene che a far sorgere il danno morale fatto valere dai ricorrenti sarebbe soltanto l’autonoma decisione delle autorità giudiziarie italiane di aprire un procedimento penale, talché sarebbe assente il nesso di causalità tra le censure mosse e il danno asserito.

119    Nella replica, i ricorrenti, dopo aver concluso nel senso della ricevibilità delle richieste di risarcimento, contestano in particolare l’affermazione della Commissione secondo cui i danni dei quali essi chiedono il risarcimento trarrebbero direttamente origine dall’autonoma decisione delle autorità giudiziarie italiane di aprire un’indagine penale. Al riguardo, essi sottolineano che sarebbe stato impensabile che il procuratore della Repubblica di Varese, ricevuta una nota dell’OLAF facente riferimento ai reati di truffa, di complicità nel reato di truffa e di falsità in atti, si rifiutasse di avviare un’indagine penale.

 Giudizio del Tribunale

–       Sulla ricevibilità

120    Nel sistema dei mezzi di ricorso istituito dall’art. 90 bis dello Statuto, un ricorso per risarcimento dei danni imputabili all’OLAF è ricevibile solo qualora sia stato preceduto da un procedimento precontenzioso conforme alle disposizioni statutarie. Tale procedimento cambia a seconda che il danno di cui si chiede il risarcimento sia stato cagionato da un atto recante pregiudizio ai sensi dell’art. 90 bis dello Statuto, ovvero da un comportamento dell’OLAF privo di carattere decisionale. Nel primo caso, spetta all’interessato proporre nei termini stabiliti un reclamo al direttore dell’OLAF avverso l’atto di cui trattasi. Nel secondo caso, invece, il procedimento amministrativo deve iniziare con la presentazione di una domanda ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto, diretta ad ottenere un indennizzo ed eventualmente proseguire con un reclamo avverso la decisione di rigetto della domanda (v., per analogia, sentenza del Tribunale di primo grado 28 giugno 1996, causa T‑500/93, Y/Corte di giustizia, Racc. PI pagg. I‑A‑335 e II‑977, punto 64). Tuttavia, qualora sussista un nesso diretto tra un ricorso di annullamento ed un’azione di risarcimento danni, quest’ultima è ricevibile in quanto domanda accessoria rispetto al ricorso di annullamento, senza dover essere necessariamente preceduta da una domanda con cui si inviti l’amministrazione a risarcire i danni assertivamente subiti e da un reclamo con cui si contesti la fondatezza del rigetto implicito o esplicito della domanda (v., per analogia, sentenza Y/Corte di giustizia, cit., punto 66).

121    Nel caso di specie, per quanto attiene alla domanda diretta al risarcimento dei danni assertivamente causati dalla decisione di apertura dell’indagine interna, dagli atti investigativi dell’OLAF, dal contenuto della relazione conclusiva dell’indagine e dal rifiuto dell’OLAF di dar seguito ai reclami che i ricorrenti avevano presentato, tale domanda deve essere respinta in quanto irricevibile, non avendo gli interessati soddisfatto i requisiti del procedimento precontenzioso. Infatti, nell’ipotesi in cui i comportamenti denunciati dai ricorrenti rappresentino atti recanti pregiudizio ai sensi dell’art. 90 bis dello Statuto, essi avrebbero dovuto essere oggetto di un reclamo, cosa che non è avvenuta. Analogamente, nell’ipotesi in cui tali comportamenti dovessero essere considerati come privi di carattere decisionale, i ricorrenti avrebbero dovuto presentare, nell’ordine, una domanda di risarcimento ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto e un reclamo, ciò che essi non hanno fatto.

122    Per quanto riguarda, invece, la domanda diretta al risarcimento del danno assertivamente subìto a causa della decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane, tale domanda, che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, era sufficientemente motivata fin dalla presentazione del ricorso, presenta un nesso diretto con le domande di annullamento della decisione di trasmissione e deve pertanto essere considerata ricevibile essendo accessoria a queste ultime.

123    Verrà dunque esaminata unicamente la fondatezza della domanda diretta al risarcimento del danno derivante dalla decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane.

–       Nel merito

124    Come affermato precedentemente, la decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane è stata adottata senza osservare le disposizioni dell’art. 4 della decisione 1999/396 relative al rispetto dei diritti della difesa e, per il fatto stesso della violazione di tali requisiti procedurali essenziali, ha causato un danno morale ai ricorrenti. Nella specie, un siffatto danno è tanto più grave visto che a tale decisione è seguita l’apertura, da parte delle autorità giudiziarie italiane, di un’indagine penale.

125    Per quanto riguarda, invece, il pregiudizio causato ai ricorrenti dal loro stato di inquietudine e dalla lesione della loro onorabilità e della loro reputazione professionale provocati dall’indagine penale italiana, va ricordato che, secondo costante giurisprudenza, la responsabilità della Comunità presuppone il sussistere di un complesso di condizioni relative all’illegittimità del comportamento ascritto alle istituzioni, all’effettività del danno dedotto e all’esistenza di un nesso causale fra il comportamento e il pregiudizio asserito (sentenza della Corte 16 dicembre 1987, causa 111/86, Delauche/Commissione, Racc. pag. 5345, punto 30; sentenza del Tribunale di primo grado 17 ottobre 2002, cause riunite T‑330/00 e T‑114/01, Cocchi e Hainz/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑193 e II‑987, punto 97). Del resto, affinché sia riconosciuto un siffatto nesso occorre, in linea di principio, che sia fornita la prova di un rapporto diretto e certo di causa-effetto tra l’illecito commesso dall’istituzione comunitaria interessata e il danno lamentato (sentenze del Tribunale di primo grado 5 ottobre 2004, causa T‑45/01, Sanders e a./Commissione, Racc. pag. II‑3315, punto 149; 5 ottobre 2004, causa T‑144/02, Eagle e a./Commissione Racc. pag. II‑3381, punto 148, nonché 12 settembre 2007, causa T‑250/04, Combescot/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 95).

126    Nella fattispecie, se è vero che le autorità giudiziarie italiane erano tenute, in virtù del principio della leale cooperazione, ad esaminare attentamente le informazioni trasmesse dall’OLAF e a trarne le opportune conseguenze al fine di garantire il rispetto del diritto comunitario, è pur vero che le dette autorità erano libere, nell’ambito dei poteri loro propri, di valutare il contenuto e la portata delle dette informazioni e, pertanto, dell’eventuale seguito da darvi. Di conseguenza, solo il comportamento delle autorità giudiziarie italiane, che hanno deciso di avviare un procedimento penale e di esperire successivamente atti di indagine, è direttamente all’origine del danno morale asserito (v., in tal senso, sentenza Tillack/Commissione, cit., punto 122). In tale contesto, i ricorrenti non dimostrano l’esistenza di un rapporto diretto di causa-effetto tra, da un lato, la decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane e, dall’altro, il danno morale rappresentato dal loro stato di inquietudine e dalla lesione della loro onorabilità e della loro reputazione professionale.

127    Ne deriva che le domande risarcitorie devono essere accolte limitatamente alla parte in cui esse riguardano il risarcimento del danno derivante dalla violazione delle disposizioni dell’art. 4 della decisione 1999/396 relative al rispetto dei diritti della difesa.

128    Per quanto attiene al risarcimento di tale danno, se è costante giurisprudenza che l’annullamento di un atto impugnato può costituire, di per sé, una riparazione adeguata e, in via di principio, vale a dire in mancanza in detto atto di qualsiasi valutazione espressamente negativa delle capacità del ricorrente che possa nuocergli, una riparazione sufficiente di qualsiasi danno morale che questi possa aver subìto (sentenza del Tribunale di primo grado 8 luglio 2004, causa T‑136/03, Schochaert/Consiglio, pagg. I‑A‑215 e II‑957, punto 34), tale giurisprudenza non può essere applicata al caso di specie.

129    Infatti, considerata la natura e la rilevanza del pregiudizio subìto dai ricorrenti, costituito dalla violazione delle disposizioni dell’art. 4 della decisione 1999/396 relative al rispetto dei diritti della difesa, l’annullamento della decisione di trasmissione di informazioni alle autorità giudiziarie italiane non può costituire una riparazione adeguata e sufficiente del danno causato dalla stessa. Ciò considerato, si avrà un’equa riparazione di tale danno attraverso la condanna della Commissione a versare a ciascuno dei ricorrenti la somma di EUR 3 000.

 Sulle spese

130    Ai sensi dell’art. 122 del regolamento di procedura, le disposizioni del capo VIII del titolo II di tale regolamento, relative alle spese, si applicano esclusivamente alle cause intentate dinanzi al Tribunale a partire dalla data dell’entrata in vigore dello stesso regolamento di procedura, vale a dire il 1° novembre 2007. Le disposizioni del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado pertinenti in materia restano applicabili, mutatis mutandis, alle cause pendenti dinanzi al Tribunale anteriormente a tale data.

131    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La Commissione, rimasta sostanzialmente soccombente, deve essere pertanto condannata alle spese.

132    In forza dell’art. 87, n. 4, primo comma, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, il Consiglio, in quanto parte interveniente, sopporta le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La decisione del 5 agosto 2003 con la quale l’Ufficio europeo per la lotta antifrode ha trasmesso alle autorità giudiziarie italiane informazioni concernenti il sig. Violetti, la sig.ra Schmit nonché altri dodici funzionari della Commissione delle Comunità europee, i cui nomi sono riportati in allegato alla presente sentenza, è annullata.

2)      La Commissione delle Comunità europee è condannata a versare al sig. Violetti, alla sig.ra Schmit nonché a ciascuno degli altri dodici funzionari della Commissione delle Comunità europee, i cui nomi sono riportati in allegato alla presente sentenza, la somma di EUR 3 000.

3)      Le restanti conclusioni dei due ricorsi sono respinte.

4)      La Commissione delle Comunità europee è condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle spese dei ricorrenti.

5)      Il Consiglio dell’Unione europea sopporta le proprie spese.

Kreppel

Tagaras

Gervasoni

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 aprile 2009.

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

       S. Gervasoni

I testi della presente decisione nonché delle decisioni dei giudici comunitari in essa citate non ancora pubblicate nella Raccolta sono disponibili sul sito Internet della Corte di giustizia: www.curia.europa.eu

ALLEGATO

Anna Bassi Perucchini, residente in Reno di Leggiuno,

Marco Basso, residente in Varano Borghi,

Ernesto Brognieri, residente in Barasso,

Sergio Brusorio, residente in Sesto Calende,

Natale Cao, residente in Ispra,

Renato Cazzaniga, residente in Ispra,

Elvidio Flammini, residente in Varese,

Luigi Magistri, residente in Ispra,

Reginella Molinari Canale, residente in Ispra,

Giuseppe Morelli, residente in Besozzo,

Nadia Valentini, residente in Varese,

Giuseppe Zara, residente in Ispra.


* Lingua processuale: il francese.