Language of document : ECLI:EU:C:2014:288

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO Mengozzi

presentate il 30 aprile 2014 (1)

Causa C‑338/13

Marjan Noorzia

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Austria)]

«Diritto al ricongiungimento familiare – Direttiva 2003/86/CE – Articolo 4, paragrafo 5 – Normativa nazionale che prevede che il soggiornante e il coniuge abbiano raggiunto l’età di ventun anni prima dell’introduzione della domanda di ricongiungimento familiare»





1.        «Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi». Così recita l’articolo 16, paragrafo 2, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (2).

2.        Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, sottopostale dal Verwaltungsgerichtshof austriaco, la Corte è chiamata per la prima volta a prendere posizione su una norma contenuta nella direttiva 2003/86/CE (3), relativa al diritto al ricongiungimento familiare, che ha per obiettivo specifico di evitare i matrimoni forzati, ossia quei matrimoni in cui almeno uno dei due coniugi si sposa senza prestare il suo libero e pieno consenso in quanto soggetto a forme di coercizione fisica o psicologica della sua volontà quali, ad esempio, minacce o altre forme di abuso emotivo o, nei casi più gravi, fisico (4).

3.        Il fenomeno dei matrimoni forzati è una pratica sommersa in Europa, ma non per questo di portata trascurabile (5). È proprio nell’ottica di limitare questo fenomeno, il quale dà luogo a odiose violazioni dei diritti fondamentali della persona, soprattutto delle donne, che è stata introdotta nella direttiva 2003/86 la norma di cui il giudice nazionale chiede alla Corte l’interpretazione.

4.        Come si vedrà nel prosieguo, nella presente causa, tuttavia il legittimo perseguimento di questo obiettivo dovrà essere contemperato con le esigenze derivanti dal diritto al rispetto della vita familiare delle coppie sposate genuinamente.

I –    Contesto normativo

A –    La Convenzione europea dei diritti dell’uomo

5.        A termini dell’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la «CEDU») (6), rubricato «Diritto al rispetto della vita privata e familiare»:

«1.      Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

2.      Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui».

B –    Diritto dell’Unione

6.        A termini dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), rubricato «Rispetto della vita privata e della vita familiare»:

«Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni».

7.        La direttiva 2003/86 fissa le condizioni per l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini di Stati terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri. Ai sensi del considerando 2 di tale direttiva, essa rispetta i diritti fondamentali e, in particolare, il diritto al rispetto della vita familiare consacrato in numerosi strumenti di diritto internazionale, tra cui, in particolare, i summenzionati articoli 8 della CEDU e 7 della Carta.

8.        L’articolo 4 della direttiva 2003/86 definisce la cerchia di persone, membri della famiglia del soggiornante, che possono beneficiare di un permesso di soggiorno a titolo di ricongiungimento familiare. Ai sensi del paragrafo 1, lettera a), di tale articolo, tra tali persone figura il coniuge del soggiornante.

9.        Il paragrafo 5 dello stesso articolo 4 della direttiva 2003/86 dispone quanto segue:

«Per assicurare una migliore integrazione ed evitare i matrimoni forzati gli Stati membri possono imporre un limite minimo di età per il soggiornante e il coniuge, che può essere al massimo pari a ventuno anni, perché il ricongiungimento familiare possa aver luogo».

C –    Diritto nazionale

10.      Il Niederlassungs- und Aufenthaltsgesetz (legge in materia di stabilimento e soggiorno degli stranieri) (7) prevede che, a determinate condizioni, le autorità austriache competenti accordino un permesso di soggiorno ai membri della famiglia di cittadini di Stati terzi. Ai sensi dell’articolo 2 del Niederlassungs- und Aufenthaltsgesetz, costituisce familiare a termini di tale legge «il coniuge (…) e, parimenti, anche i partner registrati; coniugi e partner registrati devono avere compiuto il ventunesimo anno di età già al momento della presentazione della domanda (…)».

II – Fatti, procedimento nazionale e questione pregiudiziale

11.      La sig.ra Noorzia, ricorrente nel procedimento principale, è una cittadina afghana nata il 1° gennaio 1989.

12.      In data 3 settembre 2010, la sig.ra Noorzia ha depositato presso l’ambasciata d’Austria a Islamabad (Pakistan) una domanda volta a ottenere un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare con il marito, nato il 1° gennaio 1990, anch’egli cittadino afghano e residente in Austria.

13.      Con decisione del 9 marzo 2011, la Bundesministerin für Inneres (Ministro dell’Interno austriaco), convenuta nel procedimento principale, ha respinto la domanda di ricongiungimento familiare. Nella sua decisione l’amministrazione austriaca ha motivato il rigetto della domanda considerando che, pur essendo vero che il marito della sig.ra Noorzia aveva compiuto il ventunesimo anno di età anteriormente all’adozione della decisione di rigetto della domanda di ricongiungimento familiare, secondo la legge austriaca il momento rilevante per la determinazione del limite di età è quello della presentazione della domanda e non quello dell’adozione della decisione. Pertanto, poiché il marito non aveva compiuto il ventunesimo anno di età al momento della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare, uno specifico presupposto per la regolare presentazione della stessa sarebbe rimasto insoddisfatto.

14.      La sig.ra Noorzia ha impugnato la decisione di rigetto e il giudice del rinvio è stato investito della causa.

15.      Detto giudice osserva, anzitutto, che l’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 non specifica se, al fine di determinare il limite di età ivi indicato che gli Stati membri possono stabilire affinché il ricongiungimento familiare possa aver luogo, rilevi il momento della decisione dell’autorità o quello del concreto ingresso nel territorio dello Stato membro interessato, ovvero ancora un altro momento. Il giudice del rinvio osserva, altresì, che il legislatore austriaco ha esplicitamente affermato che il limite di età di ventun anni costituisce un presupposto formale per il rilascio del permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, che tale presupposto deve sussistere al momento della presentazione della domanda di ricongiungimento e che il mancato soddisfacimento di tale presupposto ha per effetto il rigetto di tale domanda senza che sia possibile alcun tipo di «sanatoria» come conseguenza del raggiungimento dell’età in questione nelle more del procedimento.

16.      In tali circostanze, il giudice del rinvio si pone la questione della compatibilità della normativa austriaca in causa con la disposizione di cui all’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86. Tale giudice considera che siano possibili due interpretazioni alternative della disposizione in questione. Da un lato, la formulazione di detta disposizione farebbe tendere per un’interpretazione secondo cui il momento rilevante per il raggiungimento del limite d’età ivi previsto deve essere quello del rilascio del permesso da parte dell’autorità e non quello della presentazione della domanda. Se la disposizione della direttiva dovesse essere interpretata in tal senso, allora, ad avviso del giudice del rinvio, la normativa austriaca potrebbe essere incompatibile con la direttiva 2003/86. Dall’altro lato, tuttavia, secondo il giudice del rinvio, un’analisi della ratio della disposizione in causa potrebbe portare ad un’interpretazione differente, che potrebbe avere come conseguenza la compatibilità della normativa nazionale con la suddetta direttiva.

17.      Alla luce di tali considerazioni, il giudice del rinvio, con ordinanza del 29 maggio 2013, ha ritenuto necessario sospendere il procedimento pendente dinanzi a sé al fine di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86(…) debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa in base alla quale, per poter essere considerati come familiari aventi diritto al ricongiungimento familiare, coniugi e partner registrati devono avere compiuto il ventunesimo anno di età già al momento della presentazione della domanda».

III – Procedimento dinanzi alla Corte

18.      L’ordinanza di rinvio è pervenuta in cancelleria in data 20 giugno 2013. Hanno depositato osservazioni scritte la sig.ra Noorzia, i governi austriaco ed ellenico, nonché la Commissione.

IV – Analisi giuridica

A –    Osservazioni preliminari

19.      La domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta dal giudice del rinvio alla Corte concerne l’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 relativa al diritto al ricongiungimento familiare.

20.      A tale riguardo occorre preliminarmente rilevare che il diritto al ricongiungimento familiare, riconosciuto e disciplinato dalla direttiva 2003/86, costituisce un profilo specifico del diritto al rispetto della vita familiare, il quale, a sua volta, costituisce un diritto fondamentale consacrato nell’articolo 8 della CEDU e nell’articolo 7 della Carta e, in quanto tale, tutelato nell’ordinamento giuridico dell’Unione europea (8).

21.      La relazione diretta tra il diritto fondamentale al rispetto della vita familiare e il diritto al ricongiungimento familiare è riconosciuta specificamente dalla direttiva 2003/86 nel considerando 2, menzionato al precedente paragrafo 7.

22.      In tale contesto, la Corte ha pertanto espressamente affermato che le disposizioni della direttiva 2003/86 devono essere interpretate alla luce dei diritti fondamentali e, più particolarmente, del diritto al rispetto della vita familiare quale sancito sia dalla CEDU sia dalla Carta (9).

23.      La Corte ha inoltre rilevato che la direttiva 2003/86, e particolarmente il suo articolo 4, paragrafo 1, impone agli Stati membri obblighi positivi precisi, cui corrispondono diritti soggettivi chiaramente definiti, imponendo loro, nelle ipotesi contemplate da tale direttiva, di autorizzare il ricongiungimento familiare di taluni familiari del soggiornante senza potersi avvalere di discrezionalità (10).

24.      In tale prospettiva, risulta dalla giurisprudenza che l’autorizzazione al ricongiungimento familiare costituisce la regola generale e che, pertanto, le facoltà riconosciute agli Stati membri dalla direttiva 2003/86 di porre condizioni all’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare devono essere interpretate restrittivamente (11).

25.      La Corte ha inoltre rilevato che l’eventuale discrezionalità riconosciuta agli Stati membri dalle disposizioni della direttiva 2003/86 non deve essere impiegata dagli stessi in modo tale da pregiudicare né l’obiettivo della direttiva stessa, che è quello di favorire il ricongiungimento familiare, né il suo effetto utile (12).

26.      Inoltre, secondo la Corte, risulta dall’articolo 17 della direttiva 2003/86, il quale prevede che, in caso di rigetto di una domanda di ricongiungimento familiare, «gli Stati membri prendono nella dovuta considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona e la durata del suo soggiorno nello Stato membro, nonché l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d’origine», che gli Stati membri sono sottoposti ad un obbligo di individualizzazione dell’esame delle domande di ricongiungimento familiare (13).

27.      È alla luce dei summenzionati principi espressi nella giurisprudenza che occorre rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale posta dal giudice del rinvio.

B –    Sulla questione pregiudiziale

28.      Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte di determinare se l’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale la quale preveda che il limite minimo di età che, a termini di tale disposizione, gli Stati membri possono imporre per il soggiornante e il suo coniuge affinché il ricongiungimento familiare possa aver luogo, debba essere necessariamente raggiunto da ciascuno di essi al momento del deposito della domanda di ricongiungimento familiare.

29.      La richiesta di pronuncia pregiudiziale trova la sua ragione nel fatto, da un lato, che l’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 non indica espressamente il momento in cui il soggiornante e il suo coniuge devono aver raggiunto il limite di età ivi stabilito e, dall’altro, che, in forza della normativa austriaca di recepimento di tale direttiva, le autorità nazionali competenti possono respingere una domanda introdotta prima che uno o entrambi gli interessati abbiano raggiunto tale limite di età anche qualora entrambi l’abbiano già superato al momento dell’adozione della decisione relativa alla domanda di ricongiungimento familiare.

30.      La questione sollevata nella domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta alla Corte dal giudice del rinvio implica quindi il chiarimento del momento in cui, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86, deve essere raggiunto il limite di età di al massimo di ventun anni, ivi previsto. Occorre pertanto procedere ad un’interpretazione di tale norma.

1.            Sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86

31.      Discende da costante giurisprudenza della Corte che, ai fini dell’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (14). Occorre pertanto procedere ad un’interpretazione letterale, teleologica e sistematica dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86.

a)            Interpretazione letterale

32.      Nella sua ordinanza di rinvio il giudice nazionale ritiene che risulti evidente, dalla formulazione stessa dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86, che tale disposizione debba intendersi nel senso che il momento in cui deve essere raggiunto il limite di età ivi previsto sarebbe quello del rilascio del permesso di soggiorno da parte dell’autorità competente e non quello della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare.

33.      Condivido l’analisi del giudice del rinvio secondo cui la lettera della disposizione in causa depone a favore di un’interpretazione da cui risulta che il momento pertinente per il raggiungimento del limite di età non può essere quello della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare.

34.      In effetti, attribuendo l’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 la facoltà agli Stati membri di imporre il limite d’età «perché (15) il ricongiungimento familiare possa avere luogo», esso presuppone che tale limite debba essere raggiunto al momento in cui il ricongiungimento può realizzarsi, ossia al momento dell’accettazione da parte dell’autorità competente della domanda di permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare. Infatti, il ricongiungimento può aver luogo esclusivamente a partire dal momento in cui la domanda è accettata e non precedentemente.

35.      Una siffatta interpretazione letterale dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86, nella sua versione in italiano, trova conferma nelle altre versioni linguistiche della stessa disposizione. In effetti, anche nelle versioni francese, inglese, tedesca e spagnola della disposizione in questione viene fatto riferimento al fatto che il raggiungimento del limite di età debba avvenire prima che il ricongiungimento possa aver luogo (16) e non prima della presentazione della domanda (17). Orbene, tale riferimento alla possibilità (18) di realizzare il ricongiungimento familiare dimostra che il momento rilevante è quello dell’accettazione della domanda.

36.      L’interpretazione letterale della norma porta pertanto alla conclusione che il momento in cui il soggiornante e il suo coniuge devono avere superato l’età minima a termini della disposizione in causa è quello in cui il coniuge può ricongiungersi con il soggiornante. Consegue da ciò che tale momento non può coincidere con quello dell’introduzione della domanda di ricongiungimento familiare, in quanto, come rilevato del resto dallo stesso giudice del rinvio, in tale momento il ricongiungimento non può ancora aver luogo in pendenza della necessaria analisi da parte dell’autorità amministrativa competente in merito alla sussistenza delle condizioni di ammissibilità per il ricongiungimento familiare.

b)            Interpretazione teleologica

37.      Il giudice del rinvio ritiene tuttavia che l’interpretazione teleologica dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 potrebbe portare ad un risultato diverso.

38.      Detto giudice ritiene, infatti, che sarebbe più adatta a contribuire al raggiungimento dell’obiettivo di prevenzione dei matrimoni forzati un’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 nel senso che il momento in cui deve essere raggiunto il limite di età ivi stabilito sia quello della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare. Infatti, il giudice nazionale ritiene che siano maggiori i rischi di conclusione di matrimoni forzati se si permette ai coniugi di avere un’età inferiore a ventun anni al momento del deposito della domanda rispetto al caso in cui ciò non sia possibile.

39.      I governi austriaco ed ellenico condividono tale approccio e sostengono che un’interpretazione della disposizione in causa nel senso che debba essere richiesto il compimento del ventunesimo anno di età già al momento della presentazione della domanda non solo permetterebbe di raggiungere meglio l’obiettivo della prevenzione dei matrimoni forzati, ma garantirebbe anche il rispetto sia del principio di parità di trattamento − in quanto riserverebbe un trattamento identico a tutti i richiedenti che si trovino cronologicamente nella stessa situazione, rendendo irrilevante la circostanza che il limite di età possa essere raggiunto durante la procedura − sia del principio di certezza del diritto, in quanto metterebbe i richiedenti al riparo da qualunque possibile trattamento discriminatorio operato dalle autorità competenti.

40.      Orbene, non c’è dubbio che la ratio fondamentale dell’introduzione, mediante l’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86, della possibilità di prevedere un limite minimo di età è quella di evitare i matrimoni forzati. A tale riguardo, ritengo verosimile che, in generale, il fatto di avere un’età maggiore possa comportare un maggiore livello di maturità il quale può, in teoria, aiutare la persona interessata a resistere alle pressioni subite per contrarre il matrimonio forzato ed eventualmente incitarla a cercare aiuto.

41.      Tuttavia, ritengo che un’analisi volta a stabilire se ciò è realmente il caso debba necessariamente essere individualizzata riguardo alle circostanze proprie a ciascuna situazione specifica. Inoltre, non posso esimermi dal rilevare come nella società civile europea vengano espressi dubbi riguardo alla reale incidenza sulla prevenzione dei matrimoni forzati  della previsione di un limite di età per l’autorizzazione al ricongiungimento familiare(19).

42.      Ciò che invece è sicuro è che la previsione di un limite di età per permettere il ricongiungimento familiare ha un’incidenza diretta sull’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare da parte delle famiglie di giovani sposi il cui matrimonio è genuino e non forzato. Infatti, una norma, quale quella nazionale in causa, che, conformemente alla direttiva 2003/86, assoggetti indistintamente e senza un’analisi individualizzata l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare al raggiungimento di una certa età impedisce l’esercizio di tale diritto a coloro che si sono sposati sinceramente e genuinamente, ma che non hanno ancora raggiunto il limite di età previsto.

43.      Consegue da tali considerazioni che, nel procedere all’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86, l’obiettivo della limitazione dei matrimoni forzati, per quanto legittimo e opportuno, deve essere controbilanciato con il diritto delle coppie sposate genuinamente ad esercitare il loro diritto al ricongiungimento familiare, derivante direttamente dal diritto al rispetto della loro vita familiare sancito nell’articolo 8 della CEDU (20) e nell’articolo 7 della Carta (21).

44.      Inoltre, risulta dalla giurisprudenza menzionata ai precedenti paragrafi 24 e 25, da un lato, che nel sistema creato con la direttiva 2003/86 l’autorizzazione al ricongiungimento familiare costituisce la regola generale e che, pertanto, le condizioni che gli Stati membri possono imporre all’esercizio del diritto a tale ricongiungimento devono essere interpretate restrittivamente e, dall’altro, che la direttiva stessa deve essere interpretata in relazione al suo obiettivo generale − che è quello di favorire e non di ostacolare il ricongiungimento familiare − nonché in modo da garantirne l’effetto utile.

45.      Alla luce di tali considerazioni, ritengo che un’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 che imponga di aspettare il compimento del ventunesimo anno di età per introdurre la domanda di ricongiungimento familiare sia meno conforme agli obiettivi perseguiti dalla direttiva rispetto ad un’interpretazione della stessa norma che permetta, invece, di introdurre la domanda prima del raggiungimento di tale limite e di ottenere il permesso di soggiorno nel caso in cui siffatto limite sia stato raggiunto al momento dell’adozione della decisione dell’amministrazione sulla domanda di ricongiungimento familiare.

46.      In effetti, questa seconda interpretazione, pur garantendo l’effetto utile della diposizione finalizzata alla prevenzione dei matrimoni forzati, va nel senso di un favor per il ricongiungimento familiare, evitando un’interpretazione formalista della norma che ne ostacola la realizzazione.

47.      In tale prospettiva, mi sembra che debbano essere scartati gli argomenti menzionati dai governi austriaco ed ellenico concernenti, rispettivamente, il principio di parità di trattamento e quello di sicurezza giuridica. In effetti, il fatto di permettere il raggiungimento del limite di età anche successivamente al deposito della domanda non è suscettibile di integrare, a mio avviso, alcuna discriminazione e non crea alcuna incertezza giuridica. A tale riguardo occorre ricordare che, in ogni caso, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 4, della direttiva 2003/86 le autorità competenti sono tenute ad adottare la decisione sulla domanda di ricongiungimento familiare «non appena possibile e comunque entro nove mesi dalla data di presentazione della domanda». La previsione di tale limite temporale per il trattamento della domanda elimina, pertanto, qualunque incertezza giuridica.

48.      Infine, occorre anche rilevare che l’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 prevede esplicitamente un altro obiettivo per cui è offerta la possibilità agli Stati membri di introdurre un limite di età per l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare, ossia l’obiettivo di assicurare una migliore integrazione. A tale riguardo rilevo tuttavia che né il giudice del rinvio né gli interessati che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte hanno preso posizione in merito. Ciò è forse dovuto al fatto che, nell’ambito della norma in questione, tale obiettivo è percepito come secondario rispetto a quello della prevenzione dei matrimoni forzati.

49.      Indipendentemente da ciò, rilevo al riguardo che l’idea che sta alla base dell’indicazione di un obiettivo di tal genere sembra essere quella che l’integrazione nella società dello Stato membro che accoglie il coniuge del soggiornante possa essere più semplice se il coniuge ha un maggiore livello di maturità dovuto al fatto che ha raggiunto una certa età. Senza entrare nel merito riguardo a tale possibile ratio della disposizione, ritengo comunque che ciò non pregiudichi in alcun modo la conclusione secondo cui l’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 a termini della quale il limite di età possa essere raggiunto al momento in cui il ricongiungimento ha luogo e non al momento della presentazione della domanda sia più conforme al raggiungimento degli obiettivi generali della direttiva.

50.      A tale riguardo rilevo ancora, da un lato, che una separazione prolungata tra membri della famiglia è suscettibile in realtà di avere effetti negativi sull’integrazione, in quanto una tale separazione è suscettibile di allentare i legami familiari. Dall’altro lato, e in ogni caso, la valutazione sulla capacità di integrazione del coniuge del soggiornante dovuta all’età non può prescindere da un’analisi caso per caso quale prescritta dall’articolo 17 della direttiva alla luce della giurisprudenza menzionata al precedente paragrafo 26.

c)            Interpretazione sistematica

51.      La lettura dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 che risulta dall’interpretazione letterale e teleologica sviluppata nei paragrafi precedenti è, a mio avviso, corroborata dall’interpretazione sistematica di tale disposizione.

52.      In effetti, occorre anzitutto rilevare che risulta da una lettura d’insieme della direttiva in questione che, quando il legislatore dell’Unione ha inteso riferirsi al momento della presentazione della domanda, lo ha fatto in maniera esplicita.

53.      Un primo esempio al riguardo è costituito dal paragrafo 6 dello stesso articolo 4 della direttiva 2003/86, ossia il paragrafo successivo a quello in cui si trova la norma oggetto di interpretazione nella presente causa. Tale disposizione, tra l’altro, attribuisce anch’essa agli Stati membri la facoltà di porre un limite di età, ancorché massimo e non minimo, riguardante l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare. In detto paragrafo, il legislatore dell’Unione ha disposto che, in determinate circostanze, «gli Stati membri possono richiedere che le domande riguardanti il ricongiungimento familiare di figli minori debbano essere presentate prima del compimento del quindicesimo anno di età» (22).

54.      È pertanto giocoforza constatare che, in tale paragrafo, contrariamente a quanto avviene nel paragrafo precedente oggetto dell’interpretazione nella presente causa, il legislatore dell’Unione ha esplicitamente menzionato che il limite di età ivi previsto deve essere raggiunto prima del momento della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare.

55.      Nella stessa prospettiva, nell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/86, quando prevede che gli Stati membri possano richiedere dalla persona interessata la dimostrazione di una serie di condizioni riguardanti il soggiornante, il legislatore fa esplicitamente riferimento al «momento della presentazione della domanda di ricongiungimento familiare».

56.      Risulta da tali considerazioni che, se il legislatore dell’Unione avesse voluto intendere che il limite di età previsto nel paragrafo 5 dell’articolo 4 della direttiva 2003/86 doveva essere raggiunto al momento della presentazione della domanda, lo avrebbe indicato specificamente nella disposizione stessa. Non avendolo fatto, occorre privilegiare l’interpretazione secondo cui il momento in cui deve essere raggiunto detto limite d’età non coincide con quello della presentazione della domanda, ma coincide con quello in cui il ricongiungimento familiare può realizzarsi, ossia il momento dell’accettazione della domanda.

57.      Sia il governo austriaco sia il governo ellenico sostengono che il raggiungimento del limite di età previsto all’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 costituisce una condizione formale di presentazione della domanda di ricongiungimento familiare. Il governo ellenico sostiene, in particolare, che il momento in cui il limite di età deve essere raggiunto si desumerebbe dalla disposizione dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 il quale prevede che la domanda di ricongiungimento familiare debba essere corredata dei documenti che comprovano i vincoli familiari ed il rispetto delle condizioni previste, tra l’altro, all’articolo 4 della stessa direttiva. Orbene, secondo il governo ellenico risulterebbe dalla formulazione di tale disposizione che tra i documenti che devono essere forniti all’amministrazione dal richiedente deve figurare la prova del raggiungimento del limite di età previsto all’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86.

58.      A tale riguardo osservo, tuttavia, che non risulta da alcuna disposizione della direttiva 2003/86 che il raggiungimento del limite di età previsto all’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 costituisca una condizione formale di presentazione della domanda. In particolare, non vedo come ciò potrebbe necessariamente desumersi dalla previsione dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, a termini della quale occorre corredare la domanda con la prova del rispetto delle condizioni previste all’articolo 4. Tale disposizione, letta congiuntamente all’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86, può infatti − e a mio avviso deve − essere interpretata nel senso che la domanda debba essere corredata della prova che il limite di età sarà raggiunto al momento in cui il ricongiungimento avrà luogo.

59.      Il governo austriaco sostiene poi ancora che, nella misura in cui l’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 non specifica espressamente il momento in cui il limite di età deve essere raggiunto, esso lascia un margine di discrezionalità agli Stati membri, il quale, conformemente al principio dell’autonomia procedurale, permetterebbe ed essi di determinarlo come meglio ritengono.

60.      A tale riguardo osservo, da un lato, che si desume dalle considerazioni effettuate ai precedenti paragrafi 33 a 36 che, in realtà, risulta dalla lettera della norma in questione che essa indica che il momento in cui deve essere raggiunto il limite di età deve essere quello in cui il ricongiungimento può aver luogo, ciò che esclude che tale momento sia quello della presentazione della domanda.

61.      Dall’altro lato, anche ammettendo che la disposizione in causa lasci agli Stati membri un margine di discrezionalità riguardo alla fissazione del momento rilevante per il raggiungimento del limite di età, risulta dalla giurisprudenza citata al precedente paragrafo 25 che, ove la direttiva 2003/86 riconosce agli Stati membri un margine di discrezionalità, questo non deve essere impiegato dagli stessi in modo tale da pregiudicare l’obiettivo della direttiva di favorire il ricongiungimento familiare.

62.      Orbene, a mio avviso, una norma che permette di adottare una decisione di rigetto di una domanda di ricongiungimento familiare per mancato raggiungimento del limite di età per l’esercizio del diritto al ricongiungimento al momento di presentazione della domanda, allorché tuttavia, al momento dell’adozione di tale decisione, il limite di età richiesto è stato raggiunto, non solo non favorisce il ricongiungimento familiare, ma lo ostacola, e ciò indipendentemente dalla circostanza, messa in evidenza dal governo austriaco, che i coniugi possano successivamente presentare nuovamente una domanda di ricongiungimento familiare.

d)            Conclusione

63.      Risulta dall’interpretazione letterale, teleologica e sistematica dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 che il momento con riferimento al quale gli Stati membri possono imporre al soggiornante e al suo coniuge di aver raggiunto un limite di età, pari al massimo a ventun anni, per l’esercizio del loro diritto al ricongiungimento familiare è quello in cui tale ricongiungimento può aver luogo. Tale momento non può quindi coincidere con quello in cui viene presentata all’amministrazione competente la domanda di ricongiungimento familiare. Ne consegue che è incompatibile con tale disposizione una normativa, come quella nazionale in causa nel procedimento principale, che subordini l’accoglimento della domanda di ricongiungimento familiare al necessario raggiungimento di detto limite di età al momento della presentazione della domanda e che permette pertanto alle autorità competenti di respingere una siffatta domanda in quanto al momento della sua introduzione tale limite non è stato raggiunto, anche se esso è stato raggiunto al momento dell’adozione della decisione di rigetto della domanda stessa.

2.            Sulla domanda alla Corte di verificare la validità dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86

64.      Nelle sue osservazioni, la sig.ra Noorzia chiede alla Corte di verificare la validità dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86. Essa sostiene che la condizione del raggiungimento del limite minimo di età di almeno ventun anni per esercitare il diritto al ricongiungimento familiare, indipendentemente dal fatto che essa debba essere soddisfatta alla data di deposito della domanda o alla data di autorizzazione del ricongiungimento, non sarebbe atta a prevenire i matrimoni forzati.

65.      A tale riguardo occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza costante della Corte, incombe soltanto al giudice del rinvio definire l’oggetto delle questioni che intende sottoporre alla Corte. Spetta, infatti, esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte (23).

66.      Orbene, con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio mira unicamente ad ottenere l’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86. Esso non mostra di nutrire dubbi circa la validità di tale disposizione e non indica che una questione del genere sia stata sollevata dinanzi ad esso nella causa principale.

67.      Pertanto, poiché l’articolo 267 TFUE non costituisce un rimedio giurisdizionale esperibile dalle parti di una controversia pendente dinanzi ad un giudice nazionale, la Corte non può essere tenuta a valutare la validità del diritto dell’Unione per il solo fatto che tale questione sia stata sollevata dinanzi ad essa da una di dette parti nelle sue osservazioni scritte (24). Di conseguenza, indipendentemente dalle considerazioni menzionate al precedente paragrafo 41, ritengo che non sia necessario in questa sede esaminare la questione della validità della disposizione di cui all’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86, sollevata dalla sig.ra Noorzia.

V –    Conclusione

68.      Per le ragioni suesposte, suggerisco dunque alla Corte di rispondere come segue alla questione pregiudiziale sollevata dal Verwaltungsgerichtshof:

L’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86, relativa al diritto al ricongiungimento familiare, osta ad una normativa la quale preveda che il limite minimo di età che, a termini di tale disposizione, gli Stati membri possono imporre per il soggiornante e il suo coniuge perché il ricongiungimento familiare possa aver luogo, debba essere necessariamente raggiunto da ciascuno di essi al momento del deposito della domanda di ricongiungimento familiare affinché tale domanda possa essere accolta.


1 – Lingua originale: l’italiano.


2 – Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata il 10 dicembre 1948 con la risoluzione 217 A (III) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. V. anche, negli stessi termini, l’articolo 23, paragrafo 2, del Patto internazionale sui diritti civili e politici.


3 – Direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU L 251, pag. 12).


4 – I matrimoni forzati possono essere distinti dai matrimoni combinati in cui le famiglie dei due sposi hanno un ruolo preponderante nel combinare il matrimonio, ma in cui la scelta finale riguardo alla sua celebrazione spetta in fin dei conti agli sposi. La linea di demarcazione tra matrimonio combinato e matrimonio forzato è tuttavia spesso piuttosto labile.


5 – Risulta dalle risposte della maggioranza dei governi degli Stati membri alla consultazione pubblica sul diritto al ricongiungimento familiare effettuata nel 2012 (si veda http://ec.europa.eu/dgs/home‑affairs/what‑is‑new/public‑consultation/2012/consulting_0023_en.htm) che esistono pochi dati statistici in merito alla portata del fenomeno dei matrimoni forzati nell’Unione europea. Tuttavia, ricerche effettuate, per esempio, nel Regno Unito hanno stimato una prevalenza dei casi denunciati di matrimoni forzati nel 2009 compresa tra i 5 000 e gli 8 000 casi solo in tale Stato membro. In Germania, invece, nel, 2008 sono stati registrati più di 3 400 casi.


6 – Convenzione firmata a Roma il 4 novembre 1950.


7 – BGBl. I, 100/2005, nella versione modificata e pubblicata nel BGBl. I, 111/2010.


8 – Sentenza Parlamento/Consiglio (C‑540/03, EU:C:2006:429, punto 52 e giurisprudenza citata).


9 – Sentenza Chakroun (C‑578/08, EU:C:2010:117, punto 44).


10 – Sentenze Parlamento/Consiglio (EU:C:2006:429, punto 60) e Chakroun (EU:C:2010:117, punto 41).


11 – Sentenze Parlamento/Consiglio (EU:C:2006:429, punto 60) e Chakroun (EU:C:2010:117, punto 41). V., al riguardo, per quanto concerne la facoltà prevista dall’articolo 7, paragrafo 1, parte iniziale e lett. c), della direttiva 2003/86, il punto 43 della sentenza Chakroun.


12 – Sentenza Chakroun (EU:C:2010:117, punto 43).


13 – Sentenza Chakroun (EU:C:2010:117, punto 48).


14 – Sentenza Koushkaki (C‑84/12, EU:C:2013:862, punto 34 e giurisprudenza citata).


15 – La versione italiana di tale disposizione utilizza il termine «perché» inteso nel senso di «affinché».


16 – Così, la versione francese dell’articolo 4, paragrafo 5, della direttiva 2003/86 dispone che «le regroupant et son conjoint aient atteint un âge minimal (….) avant que le conjoint ne puisse rejoindre le regroupant»; quella inglese dispone che «the sponsor and his/her spouse (…) be of a minimum age (….) before the spouse is able to join him/her»; la versione tedesca dispone che «der Zusammenführende und sein Ehegatte ein Mindestalter erreicht haben müssen (…) bevor der Ehegatte dem Zusammenführenden nachreisen darf»; la versione spagnola dispone che «el reagrupante y su cónyuge hayan alcanzado una edad mínima (…) antes de que el cónyuge pueda reunirse con el reagrupante» (il corsivo è mio).


17 – V., invece, il paragrafo 6 dello stesso articolo. V. infra, paragrafi 53 e 54.


18 – In francese «puisse rejoindre», in inglese «able to join», in tedesco «nachreisen darf», in spagnolo «pueda reunirse».


19 – Un certo numero di rappresentanti della società civile europea che hanno partecipato alla consultazione pubblica sul diritto al ricongiungimento familiare lanciata dalla Commissione e menzionata alla precedente nota 5 hanno in effetti messo in evidenza l’assenza di dati sull’efficacia, riguardo alla prevenzione dei matrimoni forzati, della previsione di un’età minima per il ricongiungimento familiare, mettendone fortemente in dubbio la sua efficacia.


20 – La Corte ha riconosciuto la necessità di tenere conto del diritto al rispetto della vita familiare di cui all’articolo 8 della CEDU in caso di matrimonio autentico nella sentenza Akrich (C‑109/01, EU:C:2003:491, punto 58).


21 – Significativa in tal senso è la sentenza della Supreme Court of the United Kingdom del 12 ottobre 2011, nella causa Quila [2001] UKSC 45, in cui tale Corte ha dichiarato l’illegittimità della misura che prevedeva l’innalzamento, nel Regno Unito, dell’età da diciotto a ventun anni per effettuare il ricongiungimento familiare come mezzo per combattere i matrimoni forzati, considerando tale misura come un’interferenza sproporzionata nel diritto al rispetto della vita familiare previsto dall’articolo 8 della CEDU. La Supreme Court ha, in sostanza, considerato che l’obiettivo della prevenzione dei matrimoni forzati fosse legittimo, ma che la misura non fosse proporzionata in mancanza di sufficiente dimostrazione riguardo all’effettività della misura in questione e in considerazione del fatto che risultava evidente che la misura n questione aveva un’incidenza sul diritto al ricongiungimento familiare della coppie il cui matrimonio non è forzato.


22 – Il corsivo è mio.


23 – V. sentenza Brünsteiner e Autohaus Hilgert, C‑376/05 e C‑377/05 (EU:C:2006:753, punto 26 e giurisprudenza citata).


24 – V. sentenza Brünsteiner e Autohaus Hilgert (EU:C:2006:753, punto 28 e giurisprudenza citata). V., in tal senso, anche sentenza Melki et Abdeli, C‑188/10 e C‑189/10 (EU:C:2010:363, punto 63). Quanto specificamente al ruolo delle parti nel procedimento pregiudiziale, v. il punto 80 delle conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa VB Pénzügyi Lízing (C‑137/08, EU:C:2010:401).