Language of document : ECLI:EU:C:2023:700

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

LAILA MEDINA

presentate il 21 settembre 2023(1)

Causa C334/22

Audi AG

contro

GQ

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale regionale, Varsavia, Polonia)]

«Rinvio pregiudiziale – Regolamento (UE) 2017/1001 – Articolo 9, paragrafi 2 e 3 – Diritti conferiti dal marchio dell’Unione europea – Uso nel commercio da parte di un terzo di un segno identico o simile – Pezzi di ricambio per automobili – Griglie per radiatore – Elemento di fissaggio per l’inserimento dell’emblema del produttore di automobili – Articolo 14, paragrafo 1, lettera c), e articolo 14, paragrafo 2 – Limitazione degli effetti del marchio dell’Unione – Uso di un segno identico o simile per indicare la destinazione di un prodotto come accessorio o pezzo di ricambio – Pratiche di lealtà in campo industriale o commerciale – Criteri di valutazione»






I.      Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 9, paragrafi 2 e 3, del regolamento (UE) 2017/1001 (2), nonché dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 14, paragrafo 2, del medesimo regolamento.

2.        La domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento che vede contrapposti l’Audi AG, un produttore di automobili e accessori per automobili, e GQ, un grossista di pezzi di ricambio che vende tali prodotti su un sito web. La controversia riguarda una presunta violazione da parte di GQ dei diritti conferiti all’Audi AG da un marchio figurativo dell’Unione europea da essa detenuta.

3.        La presente causa verte sulla portata della protezione del diritto esclusivo conferito da un marchio dell’Unione europea al suo titolare e sulle limitazioni degli effetti di tale marchio per consentire a terzi di usarlo nel commercio. Essa rappresenta un’opportunità per la Corte di sviluppare la sua giurisprudenza sull’interpretazione del regolamento 2017/1001 per quanto riguarda la commercializzazione di pezzi di ricambio, soprattutto per automobili.

II.    Quadro normativo

A.      Regolamento 2017/1001

4.        Ai sensi dell’articolo 9 del regolamento 2017/1001, intitolato «Diritti conferiti dal marchio UE»:

«1.      La registrazione del marchio UE conferisce al titolare un diritto esclusivo.

2.      Fatti salvi i diritti dei titolari acquisiti prima della data di deposito o della data di priorità del marchio UE, il titolare del marchio UE ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio, in relazione a prodotti o servizi, qualsiasi segno quando:

a)      il segno è identico al marchio UE ed è usato in relazione a prodotti e servizi identici ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio UE è stato registrato;

b)      il segno è identico o simile al marchio UE ed è usato in relazione a prodotti e a servizi identici o simili ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio UE è stato registrato, se vi è rischio di confusione da parte del pubblico; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione tra segno e marchio;

(...)

3.      Possono essere in particolare vietati, a norma del paragrafo 2:

a)      l’apposizione del segno sui prodotti o sul loro imballaggio;

b)      l’offerta, l’immissione in commercio o lo stoccaggio dei prodotti a tali fini oppure l’offerta o la fornitura di servizi sotto la copertura del segno;

c)      l’importazione o l’esportazione dei prodotti sotto la copertura del segno;

(...)».

5.        L’articolo 14 del regolamento 2017/1001, intitolato «Limitazione degli effetti del marchio UE», così dispone:

«1.      Il diritto conferito dal marchio UE non consente al titolare di impedire ai terzi l’uso in commercio:

(…)

c)      del marchio UE per identificare o fare riferimento a prodotti o servizi come prodotti o servizi del titolare di tale marchio, specie se l’uso del marchio è necessario per contraddistinguere la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio.

2.      Il paragrafo 1 si applica solo quando l’uso da parte di terzi è conforme alle pratiche di lealtà in campo industriale o commerciale».

B.      Regolamento (CE) n. 6/2002

6.        L’articolo 19 del regolamento (CE) n. 6/2002 (3), intitolato «Diritti conferiti dal disegno o modello comunitario», così recita:

«1.      Il disegno o modello comunitario registrato conferisce al titolare il diritto esclusivo di utilizzare il disegno o il modello e di vietarne l’utilizzo a terzi senza il suo consenso. Sono in particolare atti di utilizzazione ai sensi della presente disposizione la fabbricazione, l’offerta, la commercializzazione, l’importazione, l’esportazione o l’impiego di un prodotto in cui il disegno o modello è [incorporato] o cui è applicato, ovvero la detenzione di siffatto prodotto per i fini suddetti.

(...)».

7.        L’articolo 110 del regolamento n. 6/2002, intitolato «Disposizione transitoria», così dispone:

«1.      Fino a quando a questo proposito non entreranno in vigore, su proposta della Commissione, modifiche al presente regolamento, non esiste protezione in quanto disegno o modello comunitario nei confronti di un disegno o modello che costituisca una componente di un prodotto complesso che è utilizzato ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, allo scopo di consentire la riparazione di tale prodotto complesso al fine di ripristinarne l’aspetto originario.

(...)».

III. Fatti e questioni pregiudiziali

8.        La ricorrente, l’Audi AG, è un’impresa con sede a Ingolstadt (Germania), che ha diritti esclusivi sul marchio figurativo dell’Unione qui di seguito rappresentato, registrato con il n. 000018762, in particolare, nella classe 12 della classificazione di Nizza (veicoli, pezzi di ricambio, accessori per autoveicoli). Il marchio è un segno costituito da quattro anelli orizzontalmente giustapposti e sovrapposti, che la ricorrente riproduce e utilizza come proprio emblema:

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9.        Il resistente, GQ, è una persona fisica che opera nel settore della vendita di pezzi di ricambio per automobili. Egli non offre tali prodotti direttamente ai consumatori, ma li vende ad altri distributori. Tra il 1986 e il 2017 il resistente aveva pubblicizzato e offerto sul proprio sito web griglie per radiatori compatibili, destinate a essere utilizzate su vecchi modelli Audi degli anni ’80 e ’90. Tali griglie per radiatori includevano, al pari degli originali, uno spazio intagliato per inserire e fissare l’emblema del produttore di automobili, che corrispondeva alla sagoma del marchio dell’Unione europea della ricorrente.

10.      A partire dal 2017 la ricorrente ha avviato un procedimento giudiziario contro il resistente, al fine di bloccare l’offerta di vendita di pezzi di ricambio non originali in cui alcuni elementi corrispondevano (parzialmente o completamente), nella loro forma, al marchio appartenente alla ricorrente. In particolare, nel maggio 2020, la ricorrente ha chiesto al Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale regionale, Varsavia), il giudice del rinvio nella presente causa, che venisse vietato al resistente di importare, offrire, commercializzare e pubblicizzare griglie per radiatori non originali recanti un segno identico o simile al suo marchio dell’Unione europea. La ricorrente ha anche chiesto la distruzione di 70 esemplari di tali griglie per radiatori di autoveicoli sequestrate dalla dogana.

11.      Il giudice del rinvio ritiene che, per pronunciarsi sulla causa, esso debba stabilire se l’ambito di tutela del marchio dell’Unione europea della ricorrente – che, secondo tale giudice, ha un’elevata capacità distintiva, è ampiamente conosciuto in Polonia ed è chiaramente associato alla ricorrente – si estenda anche all’elemento che consente di inserire e fissare l’emblema del produttore di automobili su una griglia per radiatore e che, in virtù della sua forma, è identico a tale marchio o a esso simile al punto di dar adito a confusione.

12.      In particolare, il giudice del rinvio dubita, in primo luogo, che l’elemento per l’inserimento e il fissaggio dell’emblema del produttore di automobili sulla griglia per radiatore svolga la funzione di un marchio, vale a dire indicare l’origine del prodotto. Tale dubbio sorge anche presupponendo che il suddetto elemento corrisponda alla forma dell’emblema del produttore e possa quindi essere considerato identico al suo marchio dell’Unione europea o, quanto meno, a esso simile al punto di dar adito a confusione.

13.      Al riguardo, il giudice del rinvio richiama l’attenzione della Corte sull’assenza, nel diritto dei marchi dell’Unione, di una disposizione equivalente all’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 – la cosiddetta «clausola di riparazione» – che, per quanto riguarda i disegni e modelli dell’Unione europea, esclude la protezione per un disegno o modello che costituisce una componente di un prodotto complesso ai fini della riparazione di tale prodotto in modo da ripristinarne l’aspetto originario. Detto giudice ritiene inoltre che l’interpretazione dell’articolo 9, paragrafo 2, e dell’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001 dovrebbe essere orientata dall’obiettivo del diritto dei marchi dell’Unione di preservare una concorrenza non falsata e l’interesse dei consumatori a poter scegliere tra l’acquisto di ricambi per automobili originali e non originali.

14.      In secondo luogo, se si ammettesse che l’elemento per l’inserimento e il fissaggio dell’emblema di un produttore di automobili sulla griglia per radiatore svolge la funzione di un marchio, secondo il giudice del rinvio si porrebbe anche la questione se l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 consenta a un venditore di pezzi di ricambio di commercializzare griglie non originali recanti tale elemento. In caso di risposta affermativa, il giudice del rinvio si chiede quali criteri di valutazione debbano essere applicati per determinare se il marchio dell’Unione europea sia utilizzato in conformità alle pratiche di lealtà in campo industriale o commerciale, come richiesto dall’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001.

15.      È in tale contesto che il Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale regionale, Varsavia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1 a)      Se l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del [regolamento 2017/1001] debba essere interpretato nel senso che osta a che il titolare del marchio o un organo giurisdizionale vieti a un terzo di utilizzare nel commercio un segno identico a un marchio dell’Unione europea, o ad esso simile al punto di dar adito a confusione, in relazione a pezzi di ricambio di automobile (copertura del radiatore/griglia), allorché tale segno costituisce un elemento per il fissaggio di un accessorio dell’automobile (un emblema che rispecchia un marchio dell’Unione), e:

–        quando dal punto di vista tecnico sia possibile montare l’emblema originale, che rispecchia il marchio dell’Unione, sul pezzo di ricambio dell’automobile (copertura del radiatore/griglia) senza riprodurre su tale pezzo un segno identico, o simile al punto di dar adito a confusione, al marchio dell’Unione;

o nell’ipotesi in cui

–        dal punto di vista tecnico non sia possibile montare l’emblema originale che rispecchia il marchio dell’Unione sul pezzo di ricambio dell’automobile (copertura del radiatore/griglia) senza riprodurre su tale pezzo un segno identico, o simile al punto di dar adito a confusione, al marchio dell’Unione;

In caso di risposta in senso affermativo a qualsiasi delle domande di cui

al punto 1 a):

b)      Quali criteri di valutazione debbano essere applicati in tali casi per determinare se l’uso di un marchio dell’Unione sia conforme alle leali pratiche commerciali e industriali.

c)      Se l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 9, paragrafo 3, lettera a), del [regolamento 2017/1001] debbano essere interpretati nel senso che quando il marchio è un elemento della forma di una componente dell’automobile e in mancanza di una disposizione equivalente alla clausola di riparazione di cui all’articolo 110, paragrafo 1, del [regolamento n. 6/2002], il marchio non svolge una funzione distintiva in tale ipotesi.

d)      Se l’articolo 9, paragrafo 2, e l’articolo 9, paragrafo 3, lettera a), del [regolamento 2017/1001] debbano essere interpretati nel senso che allorché un elemento per il fissaggio di un marchio, che rispecchia la forma del marchio o è ad esso simile al punto di dar adito a confusione, costituisce un elemento della forma di una componente dell’automobile e in mancanza [in tale regolamento] di una disposizione equivalente alla clausola di riparazione di cui all’articolo 110, paragrafo 1, del [regolamento n. 6/2002], tale elemento per il fissaggio non può essere considerato un marchio con funzione distintiva anche se è identico al marchio stesso o ad esso simile al punto di dar adito a confusione».

IV.    Analisi

16.      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in primo luogo, se l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 possa essere interpretato nel senso che un venditore di pezzi di ricambio non originali per autovetture, segnatamente di griglie per radiatori, è autorizzato a commercializzare tali pezzi qualora essi includano un elemento per l’inserimento e il fissaggio dell’emblema di un produttore di automobili e che, in virtù della sua forma, è identico, o simile al punto di dar adito a confusione, a un marchio dell’Unione europea di cui tale produttore è titolare.

17.      Il giudice del rinvio pone tale questione facendo riferimento a due ipotesi plausibili, ossia a seconda che sia tecnicamente possibile o tecnicamente impossibile inserire e fissare l’emblema di tale produttore senza riprodurre il suo marchio [questione sub 1 a)]. Nel caso in cui la questione precedente fosse risolta in modo affermativo in entrambe o in una qualsiasi di tali ipotesi, il giudice del rinvio si chiede poi quali sarebbero i criteri per valutare se tale utilizzo sia, come richiesto dall’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 2017/1001, conforme alle leali pratiche commerciali e industriali [questione sub 1 b)].

18.      In secondo luogo, il giudice del rinvio desidera verificare se l’elemento di una griglia per radiatore che serve per l’inserimento e il fissaggio dell’emblema del produttore di automobili e che riproduce quindi la forma di un marchio figurativo dell’Unione europea detenuto da tale produttore possa essere considerato un marchio che svolge la funzione di indicare l’origine ai sensi dell’articolo 9, paragrafi 2 e 3, del regolamento 2017/1001 [questione sub 1 c) e d)] (4).

19.      La valutazione delle condizioni per l’applicazione delle limitazioni al diritto esclusivo derivante da un marchio dell’Unione europea, come previsto dall’articolo 14 del regolamento 2017/1001, è rilevante solo nella misura in cui vi sia una violazione di tale diritto esclusivo, la cui portata è definita dall’articolo 9 del medesimo regolamento (5). Per tale ragione, risponderò, in primo luogo, alla questione sub 1 c) e d) congiuntamente e, successivamente, alla questione sub 1 a) e b).

A.      Sulla questione sub 1 c) e d)

20.      La questione pregiudiziale sub 1 c) e d) verte sull’interpretazione dell’articolo 9, paragrafi 2 e 3, del regolamento 2017/1001. Sostanzialmente, entrambe le parti della questione richiedono alla Corte di stabilire se l’inserimento, da parte di un produttore indipendente, di un elemento in una griglia per radiatore di un’automobile per il fissaggio dell’emblema del produttore di automobili, che riproduce la forma di un marchio dell’Unione europea di cui tale produttore è titolare, costituisca un uso di un segno nel commercio ai sensi di tale disposizione.

21.      È importante sottolineare preliminarmente che, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001, la registrazione di un marchio dell’Unione europea conferisce al titolare diritti esclusivi che, conformemente all’articolo 9, paragrafo 2, del medesimo regolamento, gli consentono di vietare a terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio qualsiasi segno, identico o simile, in relazione a prodotti o servizi, laddove siano soddisfatte determinate condizioni.

22.      L’articolo 9, paragrafo 3, del regolamento 2017/1001 elenca, in modo non tassativo, i tipi di uso che possono essere vietati dal titolare di un marchio dell’Unione europea. Tra di essi rientrano l’apposizione del segno sui prodotti o sul loro imballaggio [lettera a)], l’offerta, l’immissione in commercio o lo stoccaggio dei prodotti a tali fini sotto la copertura di tale segno [lettera b)], e l’importazione o l’esportazione dei prodotti sotto la copertura di detto segno [lettera c)] (6).

23.      La Corte ha costantemente affermato che il diritto esclusivo del titolare di un marchio dell’Unione europea è concesso al fine di consentirgli di tutelare i propri interessi specifici quale titolare di quest’ultimo, ossia garantire che il marchio possa adempiere le proprie funzioni. L’esercizio di tale diritto deve essere pertanto riservato ai casi in cui l’uso di un segno da parte di un terzo pregiudichi o possa pregiudicare le funzioni del marchio. Queste includono non solo la funzione essenziale del marchio, consistente nel garantire al consumatore l’identità di origine del prodotto o del servizio, ma anche le altre funzioni del marchio, segnatamente quella di garantire la qualità del prodotto o del servizio di cui si tratti, o quelle di comunicazione, investimento o pubblicità (7).

24.      Ne consegue che il titolare del marchio dell’Unione europea, sulla base dell’articolo 9 del regolamento 2017/1001, può opporsi all’uso di un segno identico al marchio, o simile al punto di dar adito a confusione, solamente quando siffatto uso sia idoneo a compromettere una delle funzioni del marchio in questione (8).

25.      Nel caso di specie, è opportuno sottolineare, in primo luogo, che i prodotti di cui trattasi nel procedimento principale sono griglie per radiatori di autoveicoli non originali, che riproducono i modelli originali conformemente al diritto dei disegni e modelli (9). Tali griglie sono pezzi di ricambio destinati a coprire e proteggere il radiatore dell’autoveicolo in quanto componente del sistema di raffreddamento del motore. Le griglie per radiatore sono parti esterne e visibili della carrozzeria di un autoveicolo e incidono in modo considerevole sul suo aspetto anteriore. La loro posizione le rende vulnerabili in caso di collisione frontale. È abituale, inoltre, che le case automobilistiche progettino le griglie per radiatore dei propri veicoli in modo da includere un elemento per l’inserimento e il fissaggio del loro emblema, spesso con finitura cromata, che riproduce un marchio precedentemente registrato da esse detenuto.

26.      La posizione per l’inserimento e il fissaggio dell’emblema del produttore di automobili è parte integrante della griglia per radiatore e si trova solitamente al centro del terzo superiore della parte anteriore del veicolo. Tale elemento è formato da uno spazio sagomato per l’inserimento dell’emblema e da una serie di aperture per il fissaggio dello stesso. Analogamente, il lato posteriore dell’emblema presenta perni per fissare l’emblema alla griglia. È importante ricordare che la questione posta dal giudice del rinvio nella presente causa non riguarda la riproduzione dell’emblema di un produttore di automobili in quanto tale, ma l’alloggiamento previsto per l’apposizione di tale accessorio sulla griglia per radiatore, che, per definizione, ha una forma che ricalca l’emblema stesso.

27.      In secondo luogo, per quanto riguarda la questione se un elemento come quello precedentemente descritto costituisca un segno idoneo a compromettere le funzioni di un marchio, come richiesto dalla giurisprudenza citata in precedenza al paragrafo 24, vorrei sottolineare fin da subito, che il termine «segno» utilizzato nell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 non è definito in nessuna delle altre disposizioni di tale regolamento. Tuttavia, come sostengono la Repubblica di Polonia, la Commissione e il resistente nel procedimento principale, una condizione essenziale della nozione di «segno» è il suo carattere distinto e autonomo rispetto al prodotto che esso designa. In altre parole, per concludere che un elemento di un prodotto funge da segno, esso deve essere percepito come indipendente e distinto dal prodotto stesso.

28.      Osservo che tale concezione della nozione di «segno» è stata confermata in diverse occasioni dalla Corte, la quale ha ritenuto, come sostiene il resistente, che un segno non possa essere una semplice proprietà del prodotto considerato (10). Ciò significa in sostanza che un segno non può essere equiparato alle componenti di detto prodotto, in particolare a quelle che svolgono solo una funzione specifica e che, pur avendo un impatto sull’aspetto complessivo di detto prodotto, non sono percepite come un segno.

29.      L’avvocato generale Léger ha fornito un’argomentazione esemplificativa al riguardo nelle conclusioni presentate nella causa Dyson (11), in cui ha concluso, in sostanza, che un elemento funzionale facente parte dell’aspetto di un prodotto – un raccoglitore trasparente costituente parte della superficie esterna di un aspirapolvere – non soddisfa le condizioni richieste per costituire un segno, poiché tale elemento non è idoneo a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese (12).

30.      Ciò vale parimenti, a mio avviso, per l’elemento di cui trattasi nel caso di specie, il quale, come ho già spiegato ai paragrafi 25 e 26 delle presenti conclusioni, costituisce il supporto per l’emblema di un produttore di automobili sulla griglia per radiatore, facendo quindi parte del prodotto stesso e svolgendo una mera funzione tecnica. Tale funzione tecnica è evidente se si considera che lo spazio sagomato che rimane nella griglia per radiatore serve solo per inserire e fissare un accessorio aggiuntivo – l’emblema – e che, per assolvere questo scopo specifico, deve necessariamente adattarsi ai contorni di tale accessorio.

31.      Al riguardo, è importante ricordare che lo scopo dei pezzi di ricambio per automobili è quello di sostituire i pezzi assemblati in origine (13). Nel caso degli elementi esterni, i pezzi di ricambio sono principalmente destinati a ripristinare l’aspetto originale del veicolo riparato. Altrimenti, la sostituzione di una parte assemblata in un autoveicolo potrebbe rientrare nella pratica del tuning, che parimenti può conferire un nuovo aspetto a un’automobile ma che concettualmente differisce dalla riparazione di tale autoveicolo allo scopo di ripristinarne l’aspetto originale. La Corte ha di fatto avallato tale interpretazione, sottolineando che lo scopo della riparazione può essere raggiunto solo con parti visivamente identiche a quelle originali (14).

32.      A mio avviso, è evidente che solo una griglia per radiatore con una posizione progettata in modo tale da consentire l’inserimento e il fissaggio dell’emblema del produttore di automobili, come concepito nella griglia per radiatore originale, consente di riprodurre l’aspetto originale del veicolo. Di conseguenza, come pezzo di ricambio, le griglie per radiatore possono servire a ripristinare l’aspetto originario di un autoveicolo solo se la posizione dell’alloggiamento dell’emblema riproduce fedelmente quella prevista nella griglia originale. È importante sottolineare che, a differenza di altri tipi di pezzi di ricambio come cerchioni e coprimozzi, la griglia per radiatore, essendo collocata nella parte anteriore della carrozzeria dell’auto, non può ripristinare completamente l’aspetto di un’automobile se non è identica al prodotto originale. Ciò spiega perché le griglie per radiatore con un aspetto non identico non sono frequentemente offerte sul mercato da produttori indipendenti, tranne quando sono destinate, come ho già indicato, a scopi di tuning.

33.      Inoltre, l’uso di un segno per indicare prodotti o servizi come provenienti da una determinata impresa deve essere valutato nel contesto del commercio (15). Tale valutazione deve essere effettuata alla luce della percezione e del giudizio del consumatore che potrebbe essere effettivamente interessato all’acquisto di pezzi di ricambio per una determinata marca di veicoli. Al riguardo, il giudice del rinvio osserva nella decisione di rinvio che il resistente nel procedimento principale vende i suoi pezzi di ricambio solo a distributori professionali, che devono quindi essere considerati come il consumatore medio dei prodotti di cui trattasi nella presente causa (16).

34.      È interessante osservare che è stato condotto di recente uno studio empirico, che è stato pubblicato su una rivista accademica specializzata e che riprende le principali premesse della presente causa, per stabilire come la presenza del marchio originale del produttore su un pezzo di ricambio influisca sulla percezione dell’origine commerciale del pezzo di ricambio e sulle aspettative di qualità dei consumatori, in particolare sul mercato polacco (17).

35.      Lo studio suggerisce, in primo luogo, che il contesto in cui si inserisce l’uso del segno può neutralizzare il suo effetto di indicatore dell’origine commerciale di un prodotto, soprattutto, come è stato discusso all’udienza della presente causa, quando le informazioni disponibili durante la vendita di griglie per radiatori comprendono i seguenti elementi principali: i) la denominazione del prodotto e i modelli di autoveicolo cui si applica; ii) il prezzo unitario, solitamente inferiore a quello del ricambio originale; iii) l’informazione aggiuntiva che il ricambio offerto dal professionista non è originale, e iv) il nome del produttore indipendente (18).

36.      In secondo luogo, lo studio spiega, sulla base del sondaggio condotto, che i rivenditori professionali e le officine hanno indicato «in modo preponderante» che i pezzi di ricambio provengono da un’entità indipendente, il che dimostra che tali venditori professionali non tendono a essere indotti in errore circa l’origine delle griglie del radiatore. Anche nel caso dei consumatori finali, la percentuale che ha indicato il produttore originale era relativamente insignificante. Su tali basi, lo studio conclude che i professionisti sembrano percepire il marchio dell’Unione europea del produttore originario nel contesto della vendita di pezzi di ricambio di provenienza indipendente come una descrizione delle caratteristiche del prodotto – come un elemento che soddisfa uno scopo tecnico – piuttosto che come un’indicazione di origine (19).

37.      Certamente, uno studio empirico non può essere l’unico fattore decisivo nella valutazione finale di un caso individuale nel diritto in materia di marchi quale quello di cui al procedimento principale. Tuttavia, il suddetto studio dimostra che è necessario condurre un’analisi circostanziata caso per caso per definire il grado di percezione del segno in esame da parte dei consumatori di riferimento. A tal fine, occorre prestare particolare attenzione, tra l’altro, alle informazioni disponibili durante il processo di vendita del pezzo di ricambio di cui trattasi e alle caratteristiche specifiche del mercato geografico in esame. Ad esempio, nel caso della Polonia, sembra pacifico tra le parti nella presente causa che in tale Stato membro vengono ancora importate da altri Stati membri quantità significative di automobili usate e danneggiate. In tale contesto, automobili più datate che necessitano di riparazioni sono estremamente frequenti sul mercato automobilistico polacco, rendendo il mercato delle riparazioni nel suddetto paese altamente sviluppato e familiare ai consumatori, che si mostrano propensi a riparare siffatte vecchie automobili per ripristinarne l’aspetto originale (20).

38.      Tale conclusione è inoltre coerente con la giurisprudenza della Corte, in particolare con la sentenza Adam Opel (21), che è stata citata in dottrina (22) come esempio di riproduzione da parte di un terzo di un marchio dell’Unione europea detenuto da un produttore di automobili che non adempie la funzione di indicare l’origine di un prodotto.

39.      In particolare, la Corte ha ritenuto in tale sentenza, con riferimento all’uso di un marchio dell’Unione europea di cui è titolare una produttore di automobili su automobili giocattolo in scala ridotta, che non vi fosse alcun effetto negativo sulla funzione di tale marchio, in quanto il pubblico di riferimento non avrebbe percepito l’emblema dell’automobile che compariva sulle automobili giocattolo come un’indicazione che i modelli in scala provenivano da tale produttore di automobili o da un’impresa a essa economicamente collegata (23).  Anche in tal caso, le circostanze e le pratiche particolari del settore interessato hanno svolto un ruolo decisivo. Nella sua pronuncia la Corte si è basata sulla constatazione fattuale del giudice del rinvio secondo cui il consumatore medio dei prodotti dell’industria del giocattolo era abituato a che i modellini si rifacessero a esempi reali ed attribuiva persino molta importanza all’assoluta fedeltà all’originale, cosicché il consumatore avrebbe percepito l’emblema del produttore di automobili che figura sulle automobili giocattolo come una caratteristica della riproduzione in scala ridotta di un’automobile, e non come un’indicazione della provenienza dell’automobile giocattolo da tale produttore (24).

40.      A mio avviso, le considerazioni che precedono sono sufficienti per consentire alla Corte di escludere, nel caso di specie, che la semplice sagoma di un marchio dell’Unione europea di una produttore di automobili, facente parte di una fedele riproduzione di una griglia per radiatore originale e al solo scopo tecnico di inserire e fissare l’emblema di tale produttore, costituisca «uso di un segno nel commercio» ai sensi dell’articolo 9, paragrafi 2 e 3, del regolamento 2017/1001, in particolare quando si verificano le circostanze di cui ai paragrafi 35 e 37 delle presenti conclusioni, ciò che spetterebbe al giudice del rinvio valutare.

41.      Per completezza, vorrei anche sottolineare che l’assenza, nel diritto dei marchi dell’Unione, di una disposizione equivalente alla «clausola di riparazione» del diritto dei disegni e modelli dell’Unione, cui fa riferimento il giudice del rinvio nella formulazione della questione sub 1 c) e d), è irrilevante per giungere alla conclusione precedente. La Corte ha infatti dichiarato, nella causa Ford Motor Company (25), che la «clausola di riparazione» contenuta nell’articolo 110 del regolamento n. 6/2002 impone alcune limitazioni solo alla protezione in quanto disegno o modello, senza alcun riferimento alla protezione come marchio (26). Tale interpretazione della Corte esclude quindi la presa in considerazione, da un punto di vista formale, della «clausola di riparazione» dell’articolo 110 del regolamento n. 6/2002 ai fini dell’interpretazione dell’articolo 9 del regolamento 2017/1001.

42.      Ciò detto, nei casi in cui il diritto dei marchi dell’Unione converge con altri settori del diritto della proprietà intellettuale, la Corte ha costantemente interpretato le disposizioni fondamentali del regolamento 2017/1001 – e dei suoi predecessori – in modo tale da evitare la neutralizzazione degli obiettivi comuni di tali settori e da garantirne il pieno soddisfacimento, soprattutto al fine di tutelare un sistema di concorrenza non falsata sul mercato.

43.      Ad esempio, nella causa Lego Juris (27), che riguardava l’intersezione tra il diritto dei marchi e quello dei brevetti, la Corte ha sottolineato la necessità di evitare che i marchi concedano a un’impresa un monopolio su soluzioni tecniche o caratteristiche funzionali di un prodotto (28). In particolare, la Corte ha ritenuto che, quando la forma di un prodotto incorpora semplicemente la soluzione tecnica sviluppata dal produttore di tale prodotto e da esso brevettata, la protezione di tale forma come marchio una volta scaduto il brevetto su tale prodotto ridurrebbe notevolmente e in modo permanente la possibilità per altre imprese di utilizzare tale soluzione tecnica (29). È chiaro che sentenze come quella resa nel caso Lego Juris dimostrano il buon senso della Corte nell’adottare un’interpretazione coerente e praticabile di tutti i settori del diritto di proprietà intellettuale, evitando così la creazione di monopoli e proteggendo l’interesse dei consumatori ad accedere a prodotti o servizi da un’ampia varietà di fonti.

44.      Nel caso di specie, va notato che l’attività di produzione e distribuzione di pezzi di ricambio per autoveicoli viene svolta in tre segmenti di mercato: a) pezzi di ricambio prodotti da produttori di automobili; b) parti fabbricate da operatori diversi dai produttori di automobili, spesso per conto o in collaborazione con i produttori di automobili; e c) parti fabbricate da produttori indipendenti che non sono fornite ai produttori di automobili, ma che sono prodotte secondo le specifiche e gli standard forniti da questi ultimi (30). Evidentemente, un’interpretazione ampia del termine «segno» contenuto nell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 favorirebbe, di conseguenza, la creazione di un monopolio sulla riparazione delle griglie per radiatore per il ripristino dell’aspetto originale dei veicoli, a vantaggio dei produttori di automobili - che agiscono autonomamente o tramite licenze con venditori indipendenti. Tali effetti, in grado di limitare le scelte dei consumatori e di compromettere gli obiettivi dei nuovi strumenti legislativi proposti nel diritto dei disegni e modelli dell’Unione(31), sarebbero evidenti se le case automobilistiche si opponessero, ai sensi del diritto dei marchi dell’Unione, alla commercializzazione da parte di venditori indipendenti di griglie per radiatore non originali recanti un elemento per l’inserimento e il fissaggio del loro emblema (32).

45.      Per questi motivi, anche se, come ho già spiegato, la «clausola di riparazione» non è applicabile nel caso di specie, ai fini dell’interpretazione del regolamento 2017/1001, e anche se la Corte ha affermato che è l’articolo 14 di tale regolamento che mira a conciliare gli interessi fondamentali della tutela dei diritti di marchio nell’ambito di un sistema di concorrenza non falsata(33), occorre prestare attenzione alle conseguenze di una decisione sul diritto dei marchi dell’Unione, che potrebbe anche pregiudicare gli obiettivi di un settore vicino al diritto di proprietà intellettuale dell’Unione, vale a dire il diritto dei disegni e modelli, inteso ad ampliare la scelta dei consumatori di pezzi di ricambio tra produttori indipendenti e non indipendenti.

46.      Alla luce delle considerazioni che precedono, concludo che l’articolo 9, paragrafi 2 e 3, del regolamento 2017/1001 deve essere interpretato nel senso che l’inclusione in una griglia per radiatore non originale di un elemento per l’inserimento e il fissaggio dell’emblema del produttore di automobili che riproduce la forma di un marchio figurativo dell’Unione detenuto da tale produttore o è talmente simile ad esso da ingenerare confusione non costituisce un uso nel commercio di un segno ai sensi di tali disposizioni, soprattutto quando ricorrono le circostanze cui si riferiscono le presenti conclusioni in relazione alla vendita di tali griglie per radiatori e al mercato geografico interessato, circostanze che spetta al giudice nazionale valutare.

B.      Sulla prima questione

47.      Come ho affermato al paragrafo 19 delle presenti conclusioni, l’applicazione dell’articolo 14 del regolamento 2017/1001 presuppone necessariamente l’accertamento di una violazione di un marchio dell’Unione europea da parte di terzi. Ai fini della presente causa, ciò significa che solamente se la Corte dissentisse sulla risposta da dare alla questione sub 1 c) e d) e ritenesse che l’inclusione dell’elemento di cui trattasi nel caso di specie costituisca un uso di un segno nel commercio, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001, sarebbe necessario rispondere alla questione sub 1 a) e b) sollevata dal giudice del rinvio.

48.      In particolare, con la questione sub 1 a) detto giudice intende accertare se l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 consente a un venditore di griglie per radiatori non originali di commercializzare tali prodotti allorché essi incorporino un elemento per l’inserimento e il fissaggio dell’emblema del produttore di automobili che, in virtù della sua forma, sia identico a un marchio dell’Unione europea di tale produttore, o a esso simile al punto di dar adito a confusione.

49.      Come ho già sottolineato, ai sensi dell’articolo 9 del regolamento 2017/1001 la registrazione di un marchio dell’Unione europea conferisce al titolare diritti esclusivi che gli consentono di vietare ai terzi, salvo il proprio consenso, di usare nel commercio qualsiasi segno, identico o simile, in relazione a prodotti o servizi. I diritti esclusivi conferiti al titolare di un marchio dell’Unione sono tuttavia soggetti alle limitazioni elencate all’articolo 14 del regolamento 2017/1001.

50.      Più specificamente, conformemente all’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), di tale regolamento, un marchio dell’Unione europea non consente al titolare del marchio di impedire ai terzi l’uso in commercio del marchio dell’Unione europea per identificare o fare riferimento a prodotti o servizi come prodotti o servizi del titolare di tale marchio, specie se l’uso del marchio è necessario per contraddistinguere la destinazione di un prodotto o servizio, in particolare come accessori o pezzi di ricambio.

51.      In via preliminare, vorrei sottolineare che, sebbene l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c) del regolamento 2017/1001 si riferisca, da un punto di vista letterale, all’uso di un «marchio UE» da parte di un terzo per designare o fare riferimento a prodotti o servizi, tale disposizione deve essere intesa come applicabile nel caso in cui tale terzo utilizzi non un marchio dell’Unione europea in quanto tale, ma un segno considerato a esso identico o simile al punto di dar adito a confusione. Dopotutto, l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 costituisce una difesa contro la censura secondo cui l’articolo 9 del medesimo regolamento è stato violato, che, come ho già spiegato nell’analisi della questione sub 1 c) e d), si riferisce semplicemente all’uso di un segno nel commercio. Nella fattispecie, ciò significa che l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 potrebbe ancora trovare applicazione ai fatti del procedimento principale anche se si ritenesse che il resistente non abbia usato il marchio dell’Unione europea della ricorrente sulle sue griglie per radiatori, ma solo, come osserva il giudice del rinvio, un segno a esso simile al punto di dar adito a confusione.

52.      Inoltre, è importante osservare che nella sentenza Gillette Company e Gillette Group Finland (34), la Corte ha avuto occasione di interpretare l’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/104/CEE (35). Tale disposizione è stata abrogata ed è attualmente applicabile ai marchi nazionali in virtù dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera c) della direttiva (UE) 2015/2436 (36), che è l’omologo dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001.

53.      Nella controversia che ha dato origine alla sentenza Gillette, un’impresa vendeva rasoi composti da un’impugnatura e da una lametta sostituibile, nonché lamette [di ricambio] simili a quelle commercializzate dalla Gillette Company, titolare dei marchi Gillette e Sensor. Tali lamette erano vendute con il marchio Parason Flexor e la loro confezione recava un’etichetta su cui figurava la scritta: «per questa lametta vanno bene tutte le impugnature Parason Flexor e Gillette Sensor» (37). L’impresa interessata non era autorizzata da una licenza di marchio o da un qualsiasi altro contratto a fare uso dei marchi di cui era titolare la Gillette Company. In tali circostanze quest’ultima ha presentato un ricorso dinanzi a un giudice nazionale sostenendo che tale impresa aveva arrecato pregiudizio ai suoi marchi registrati.

54.      Dalla sentenza Gillette risulta che l’uso di un marchio dell’Unione europea da parte di un terzo ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera c) della direttiva 89/104 dipendeva dal fatto che lo scopo di tale uso fosse quello di fornire al pubblico un’informazione comprensibile e completa sulla destinazione del prodotto che tale terzo commercializza (38). Inoltre, tale uso doveva essere necessario, vale a dire che la detta informazione non poteva in pratica essere comunicata al pubblico da un terzo senza che venga fatto uso del marchio di cui quest’ultimo non era il titolare (39).

55.      È importante tenere presente che la formulazione dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 non si concentra più sul requisito della necessità, essendo questo menzionato solo a titolo illustrativo in relazione all’«indicazione della destinazione». Di conseguenza, il criterio principale per l’applicazione dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 dovrebbe essere se l’uso del marchio dell’Unione europea da parte di un terzo abbia la funzione di identificare o fare riferimento esclusivamente ai prodotti o servizi del titolare del marchio («uso a scopo di riferimento») (40). Questa difesa contro una censura secondo cui l’articolo 9 dello stesso regolamento sarebbe stato violato non è soggetta al requisito di necessità stabilito nella sentenza Gillette, che rimane applicabile all’uso di un marchio dell’Unione europea solo per lo scopo specifico di indicare la destinazione di un prodotto o servizio (41).

56.      Le parti del procedimento principale sono in disaccordo, in primo luogo, sulla questione se l’uso di un segno come elemento di una griglia per radiatore svolga la funzione di identificare o fare riferimento esclusivamente ai prodotti o ai servizi del titolare del marchio. Esse sono inoltre in disaccordo sulla questione se tale segno possa essere utilizzato per informare il pubblico pertinente sulla destinazione della griglia per radiatore e sulla questione se il requisito della necessità, applicabile in tal caso, possa essere considerato di natura tecnica piuttosto che di valore informativo.

57.      A questo proposito, ritengo, in primo luogo, che l’uso del segno in questione nel caso di specie non abbia la funzione di identificare o di indicare esclusivamente i prodotti o i servizi come provenienti dalla ricorrente nel procedimento principale. Certamente, i consumatori di griglie per radiatori devono essere in grado di ottenere informazioni sul fatto che il pezzo di ricambio è adatto o destinato alle automobili di un determinato produttore. Tuttavia, è chiaro, a mio avviso, che l’inclusione di un elemento in una griglia del radiatore, utilizzato solo per inserire e fissare un accessorio aggiuntivo – l’emblema del produttore di automobili – , non equivale a un uso a scopo di riferimento ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001. Come ho osservato nella mia analisi per la questione sub 1 c) ed d), tale elemento svolge una funzione tecnica (42) e non uno scopo di designazione.

58.      In secondo luogo, ritengo, per ragioni analoghe, che il segno in questione nel procedimento principale non possa essere inteso come un’indicazione della destinazione d’uso della griglia del radiatore, in particolare come accessorio o pezzo di ricambio. Inoltre, anche supponendo il contrario, la necessità tecnica di utilizzare un segno identico o simile al marchio in questione non soddisferebbe il requisito della necessità di cui all’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001, dato che l’obiettivo da perseguire con l’uso del marchio rimane quello di informare il consumatore finale. In altri termini, una necessità tecnica, come viene indicata dal giudice del rinvio nella formulazione della questione sub 1 a), non può essere invocata per limitare i diritti del titolare del marchio ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001.

59.      Da quanto precede risulta che l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 deve essere interpretato nel senso che esso non consente a un venditore di pezzi di ricambio per automobili, segnatamente di griglie per radiatori, di commercializzare tali pezzi qualora essi includano un elemento per l’inserimento e il fissaggio dell’emblema del produttore di automobili e che, in virtù della sua forma, è identico o simile a un marchio dell’Unione europea di tale produttore.

C.      Sulla questione sub 1 b)

60.      Per quanto riguarda la questione sub 1 b), occorre fornire una risposta solo se la Corte risponde alla questione sub 1 a), in modo contrario alla mia proposta. In tal caso, sarà necessario esaminare se l’uso fatto del marchio dell’Unione europea sia conforme alle pratiche di lealtà in campo industriale o commerciale ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001.

61.      La giurisprudenza della Corte fornisce dettagliati orientamenti al riguardo (43).

62.      Secondo la Corte, l’uso del marchio non è conforme alle pratiche di lealtà in campo industriale o commerciale, anzitutto quando avviene in modo tale da poter dare l’impressione che esista un nesso commerciale fra il terzo e il titolare del marchio. Inoltre, tale uso del marchio non può compromettere il suo valore traendo indebitamente vantaggio dal suo carattere distintivo o dalla sua notorietà. Inoltre, un marchio non è utilizzato conformemente all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001 allorché causi discredito o denigrazione a tale marchio. Infine, l’uso di un marchio è incompatibile con le pratiche di lealtà in campo industriale e commerciale anche quando un terzo presenta il suo prodotto come imitazione o contraffazione del prodotto recante il marchio.

63.      Spetta al giudice del rinvio verificare se, nelle circostanze del procedimento principale, l’uso del marchio sia conforme alle pratiche di lealtà. Tuttavia, come sostiene la Commissione, tre elementi specifici di tale valutazione appaiono di particolare importanza alla luce dei fatti di causa.

64.      In primo luogo, come ho già osservato, la Corte ha ritenuto che l’uso di un marchio non sia conforme alle pratiche di lealtà in campo industriale e commerciale qualora tale uso causi «discredito o denigrazione» a tale marchio (44). In considerazione della somiglianza tra la forma del marchio utilizzato per l’elemento di fissaggio e il marchio stesso, vale a dire l’emblema del produttore di automobili, il giudice del rinvio dovrebbe stabilire, tra l’altro, se la garanzia di qualità dei prodotti offerti dal resistente sia rilevante in tale contesto. Una qualità inferiore a quella garantita dai produttori di pezzi di ricambio originali potrebbe pregiudicare la funzione di garanzia della qualità del marchio.

65.      In secondo luogo, la Corte ha affermato che la presentazione di un prodotto come un’«imitazione o contraffazione del prodotto» non è conforme alle pratiche di lealtà (45). Spetta quindi al giudice nazionale esaminare, alla luce della natura dei pezzi di ricambio dei prodotti di cui trattasi e della loro somiglianza con le parti originali, se il resistente abbia adottato le misure necessarie per indicare che i prodotti sono stati fabbricati da lui e per garantire che non saranno considerati come imitazioni o riproduzioni delle parti originali.

66.      In terzo luogo, tenuto conto delle condizioni simili a quelle stabilite dalla Corte in relazione all’articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002 (46), il produttore o il venditore di pezzi di ricambio è soggetto ad un obbligo di diligenza per quanto riguarda il rispetto, da parte degli utilizzatori situati a valle, delle pratiche di lealtà in campo industriale o commerciale. In particolare, per determinare la conformità alle pratiche di lealtà, è necessario valutare se il produttore di pezzi di ricambio non originali abbia rispettato l’obbligo di informare l’utilizzatore situato a valle della filiera in modo chiaro e visibile, indicando sul prodotto, sull’imballaggio, sui cataloghi o sui documenti di vendita che tali pezzi non sono prodotti dal produttore di pezzi di ricambio originali. Occorre inoltre accertare che, con mezzi appropriati, anche contrattuali, il produttore di pezzi di ricambio abbia garantito che gli utilizzatori situati a valle della filiera non adottino pratiche che possano indurre in errore sull’origine dei prodotti o causare discredito al marchio di cui trattasi.

67.      Alla luce delle considerazioni che precedono, e qualora la Corte dovesse ritenere – contrariamente alla mia analisi della questione sub 1 a) – che l’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001 consente l’uso di un marchio dell’Unione europea in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, l’articolo 14, paragrafo 2, del medesimo regolamento deve essere interpretato nel senso che esso richiede, in primo luogo, che l’uso del marchio dell’Unione europea non arrechi discredito o denigrazione a tale marchio; in secondo luogo, che l’utilizzatore abbia adottato le misure necessarie per indicare che i prodotti sono stati da lui fabbricati e per garantire che non saranno considerati imitazioni o riproduzioni del pezzo originale; e, in terzo luogo, che il produttore o il venditore di pezzi di ricambio siano soggetti a un obbligo di diligenza per quanto riguarda il rispetto, da parte degli utilizzatori situati a valle, delle pratiche di lealtà in campo industriale o commerciale.

V.      Conclusione

68.      Sulla base dell’analisi che precede, propongo alla Corte di rispondere alla questione sub 1 c) e d) proposta dal Sąd Okręgowy w Warszawie (Tribunale regionale, Varsavia) nei termini seguenti:

1)      L’articolo 9, paragrafi 2 e 3, del regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 luglio 2017, sul marchio dell’Unione europea,

deve essere interpretato nel senso che l’inclusione in una griglia per radiatore non originale, ai fini dell’inserimento e del fissaggio dell’emblema del produttore di automobili, di un elemento che riproduce la forma di un marchio figurativo dell’Unione europea di cui è titolare tale produttore o ad esso simile al punto di dar adito a confusione non costituisce un uso nel commercio di un segno ai sensi di tale articolo, in particolare quando ricorrono le circostanze di cui alle presenti conclusioni in relazione al processo di vendita di tali griglie per radiatore e al mercato geografico interessato, circostanze che spetta al giudice del rinvio nazionale valutare.

Qualora la Corte dovesse rispondere alla questione sub 1 c) e d) in senso opposto, propongo alla Corte di rispondere alla questione sub 1 a) come segue:

2)      L’articolo 14, paragrafo 1, lettera c), del regolamento 2017/1001,

deve essere interpretato nel senso che esso non consente a un rivenditore di pezzi di ricambio per autoveicoli, segnatamente griglie per radiatori, di mettere in commercio tali pezzi qualora essi includano un elemento destinato all’inserimento e al fissaggio dell’emblema del produttore di automobili e che, in virtù della sua forma, è identico a un marchio dell’Unione europea di tale produttore o a esso simile al punto di dar adito a confusione.

Qualora la Corte dovesse rispondere alla questione sub 1 a) in senso opposto, propongo alla medesima di rispondere alla questione sub 1 b) come segue:

3)      L’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento 2017/1001,

deve essere interpretato nel senso che esso richiede, in primo luogo, che l’uso del marchio dell’Unione europea non arrechi discredito o denigrazione a tale marchio; in secondo luogo, che l’utilizzatore abbia adottato le misure necessarie per indicare debitamente che i prodotti sono stati da lui fabbricati e per garantire che non saranno considerati imitazioni o riproduzioni del pezzo originale; e, in terzo luogo, che il produttore o il venditore di pezzi di ricambio siano soggetti a un obbligo di diligenza per quanto riguarda il rispetto, da parte degli utilizzatori situati a valle, delle pratiche di lealtà in campo industriale o commerciale.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1).


3      Regolamento del Consiglio, del 12 dicembre 2001, su disegni e modelli comunitari (GU 2002, L 3, pag. 1).


4      Ai punti c) e d) della prima questione, il giudice del rinvio distingue, al fine di determinare se il marchio di cui trattasi nella presente causa soddisfi la funzione distintiva, tra, rispettivamente, (i) il caso in cui il marchio sia un elemento della forma della componente di un’automobile, e (ii) il caso in cui detto marchio faccia parte dell’elemento per il fissaggio che costituisce un elemento della forma di una componente dell’automobile. Conformemente alla posizione generale delle parti, i due punti della questione possono essere riformulati nei termini indicati al presente punto.


5      V. altresì, al riguardo, Hasselblatt G.N. (ed.), European Union Trade Mark Regulation (EU) 2017/1001 – Article-by-Article Commentary, Beck, 2018, pag. 431.


6      La questione sub 1 c) e d) formulata dal giudice del rinvio si riferisce solo all’articolo 9, paragrafo 3, lettera a) dell’articolo 9, del regolamento 2017/1001. Tuttavia, tenuto conto dei fatti di causa esposti nella decisione di rinvio, risulta che, ai fini del caso di specie, dovrebbero essere parimenti prese in considerazione le lettere b) e c) dell’articolo 9, paragrafo 3, di detto regolamento.


7      V., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, Mitsubishi Shoji Kaisha e Mitsubishi Caterpillar Forklift Europe (C‑129/17, EU:C:2018:594, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


8      V., in tal senso, sentenza del 18 giugno 2009, L’Oréal e a. (C‑487/07, EU:C:2009:378, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).


9      Come osservato sopra, v. articolo 110, paragrafo 1, del regolamento n. 6/2002, che contiene la “clausola di riparazione”.


10      Sentenza del 6 maggio 2003, Libertel (C‑104/01, EU:C:2003:244, punto 27).


11      Conclusioni presentate dall’avvocato generale Léger nella causa Dyson (C‑321/03, EU:C:2006:558, conclusione).


12      Ibidem, paragrafo 43.


13      Per una definizione del termine “pezzi di ricambio” nella legislazione dell’Unione, v. l’articolo 1, paragrafo 1, lettera h), del regolamento (UE) n. 461/2010 della Commissione, del 27 maggio 2010, relativo all’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea a categorie di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico (GU 2010, L 129, pag. 52), che stabilisce che tale termine indica “i beni che vengono incorporati o montati in o su un autoveicolo per sostituirne delle parti componenti”.


14      V., in tal senso, sentenza del 20 dicembre 2017, Acacia e D’Amato (C‑397/16 e C‑435/16, EU:C:2017:992, punto 75).


15      Sentenza del 23 febbraio 1999, BMW (C‑63/97, EU:C:1999:82, punto 38; in prosieguo: la “sentenza BMW”).


16      Anche se la Corte non si è ancora espressa al riguardo, vale la pena di notare che il Tribunale ha costantemente ritenuto che, in considerazione della natura tecnica e costosa dei pezzi di ricambio per automobili, che sono destinati, in linea di principio, a un pubblico specializzato e professionale, tale pubblico acquisterà detti beni solo dopo un attento esame delle loro proprietà, della loro composizione e delle altre caratteristiche. V., in tal senso, sentenza del 12 luglio 2019, Bus/EUIPO – Halla Holdings (MANDO) (T‑792/17, EU:T:2019:533, punto 41 e giurisprudenza citata).


17      Tischner A. e Stasiuk K., Spare Parts, Repairs, Trade Marks and Consumer Understanding, IIC – International Review of Intellectual Property and Competition Law, n. 54, 2023, pag. 42.


18      Ibidem, pag. 44.


19      Ibidem, pag. 53.


20      Ibidem, pag. 42.


21      Sentenza del 25 gennaio 2007, (C‑48/05, EU:C:2007:55) (in prosieguo: la «sentenza Adam Opel»).


22      Kur A. e Senftleben M., European Trade Mark Law – A commentary, Oxford University Press, 2017, pag. 301.


23      Sentenza Adam Opel (punto 24).


24      Ibidem, punto 23.


25      Ordinanza della Corte del 6 ottobre 2015, Ford Motor Company (C‑500/14, EU:C:2015:680).


26      Ibidem, punto 39.


27      Sentenza del 14 settembre 2010, Lego Juris/UAMI (C‑48/09 P; in prosieguo: la «sentenza Lego Juris», EU:C:2010:516).


28      Ibidem, punto 43.


29      Ibidem, punto 46.


30      Tale suddivisione del mercato dei pezzi di ricambio deriva indirettamente dalla normativa dell’Unione in materia di accordi verticali e pratiche concordate nel settore automobilistico, in particolare dal regolamento della Commissione n. 461/2010. V. anche, Commissione europea, direzione generale del Mercato interno, dell’industria, dell’imprenditoria e delle PMI, Market structure of motor vehicle visible spare parts in the EU, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, 2021, pag. 14, disponibile all’indirizzo seguente: https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/6a303741‑0b95‑11ec-adb1‑01aa75ed71a1.


31      Il 28 novembre 2022 la Commissione ha pubblicato proposte di revisione (i) della direttiva 98/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 ottobre 1998, sulla protezione giuridica dei disegni e dei modelli (GU 1998, L 289, pag. 28; in prosieguo: la “direttiva sui disegni e modelli”) e (ii) del regolamento n. 6/2002, come passi verso la creazione di un pacchetto coerente per l’attuazione del piano d’azione sulla proprietà intellettuale pubblicato nel novembre 2020. In particolare, l’articolo 19 della proposta di direttiva e l’articolo 20 bis della proposta di regolamento vertono sulla “clausola di riparazione”, rendendo chiaro che il titolare di un disegno o modello relativo a un pezzo di ricambio non può esercitare un monopolio e non può impedire a un terzo di immettere sul mercato pezzi di ricambio destinati a riparare un prodotto o a ripristinarne l’aspetto originario. V. anche Parlamento europeo, Revision of the EU legislation on design protection, luglio 2023, pag. 5, disponibile all’indirizzo seguente:https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2023/751401/EPRS_BRI(2023)751401_EN.pdf.


32      V., a tal proposito, Kur, A., ’As Good as New’ – Sale of Repaired or Refurbished Goods: Commendable Practice or Trade Mark Infringement?, GRUR International, Oxford University Press, vol. 70, 2021, pag. 236. Ciò varrebbe a maggior ragione per i pezzi di ricambio di modelli di automobili che non vengono più prodotti dai produttori, come nel caso delle griglie per radiatore oggetto del procedimento principale.


33      V., in tal senso, segnatamente, ordinanza del 6 ottobre 2015, Ford Motor Company (C‑500/14, EU:C:2015:680, punto 43 e la giurisprudenza ivi citata).


34      Sentenza del 17 marzo 2005, (C‑228/03, ECLI:EU:C:2005:177; in prosieguo: la «sentenza Gillette»).


35      Prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1).


36      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 2015, L 336, pag. 1).


37      Sentenza Gillette (punto 14).


38      Sentenza Gillette (punto 34).


39      Sentenza Gillette (punto 35). V. altresì sentenza BMW (punto 60).


40      Hasselblatt, G.N. (ed.), European Union Trade Mark Regulation (EU) 2017/1001 – Article-by-Article Commentary, Beck, 2018, pag. 436.


41      V. anche Kur, A., e Senftleben, M., European Trade Mark Law – A commentary, Oxford University Press, 2017, pag. 420.


42      V. paragrafo 30 delle presenti conclusioni.


43      V. sentenza Gillette (punti da 41 a 49) e sentenza BMW (punti 51, 52 e 61).


44      Sentenza Gillette (punto 44).


45      Sentenza Gillette (punto 45).


46      V., in tal senso, sentenza del 20 dicembre 2017, Acacia e D’Amato (C‑397/16 e C‑435/16, EU:C:2017:992, punti da 85 a 88).