Language of document : ECLI:EU:C:2023:151

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NICHOLAS EMILIOU

presentate il 2 marzo 2023 (1)

Causa C601/21

Commissione europea

contro

Repubblica di Polonia

«Inadempimento di uno Stato – Appalti pubblici – Articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24/UE – Deroghe – Produzione di documenti d’identità e di altri documenti ufficiali – Tutela degli interessi essenziali di sicurezza dello Stato membro – Misure meno invasive»






I.      Introduzione

1.        Per le autorità pubbliche, nell’Unione europea e altrove, la necessità di tutelare l’integrità dei documenti pubblici e la fiducia del pubblico in tali documenti (quali passaporti, schede elettorali o tessere di servizio dei membri della polizia, di corpi militari e dei servizi di intelligence) solleva notevoli preoccupazioni in materia di sicurezza. In particolare, nel mondo di oggi, in cui le persone possono viaggiare facilmente e rapidamente, e i dati ancora di più, tali autorità sono impegnate in una lotta senza fine contro i criminali, per sviluppare materiali e tecniche che rendano il più difficile possibile la falsificazione e la manomissione di documenti pubblici.

2.        L’articolo 15, paragrafi 2, e 3, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (2), e l’articolo 346, paragrafo 1, TFUE, consentono agli Stati membri, in sostanza, di escludere determinati appalti pubblici dalle procedure previste da tale direttiva, qualora la tutela dei loro interessi essenziali di sicurezza possa essere pregiudicata, a patto che non siano disponibili misure meno invasive.

3.        Quali interessi pubblici possono essere considerati, a tal fine, «interessi essenziali di sicurezza»? Qual è il margine di discrezionalità degli Stati membri a tal riguardo? Uno Stato membro è legittimato a scegliere il livello di tutela che ritiene più adeguato in relazione a tali interessi? Qual è la portata del dovere dello Stato di prendere in considerazione e, se del caso, adottare misure meno invasive?

4.        Queste sono, in sintesi, le questioni giuridiche principali sollevate dal presente procedimento, sulle quali tenterò di fare chiarezza nelle presenti conclusioni.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

5.        L’articolo 346, paragrafo 1, TFUE stabilisce quanto segue:

«Le disposizioni dei trattati non ostano alle norme seguenti:

a)      nessuno Stato membro è tenuto a fornire informazioni la cui divulgazione sia dallo stesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria sicurezza.

(...)».

6.        L’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2014/24, concernente l’oggetto e l’ambito di applicazione di tale direttiva, nella sua versione modificata e attualmente in vigore, così dispone:

«1.      La presente direttiva stabilisce norme sulle procedure per gli appalti indetti da amministrazioni aggiudicatrici, per quanto riguarda appalti pubblici (...) il cui valore è stimato come non inferiore alle soglie stabilite all’articolo 4.

(…)

3.      L’applicazione della presente direttiva è soggetta all’articolo 346 TFUE».

7.        L’articolo 2, paragrafo 1, punto 9, della direttiva 2014/24 definisce gli «appalti pubblici di servizi» come «appalti pubblici aventi per oggetto la prestazione di servizi diversi da quelli di cui al punto 6» (3).

8.        L’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della stessa direttiva, in materia di «Difesa e sicurezza», stabilisce quanto segue:

«2.      La presente direttiva non si applica agli appalti pubblici (...) non altrimenti esentati ai sensi del paragrafo 1, nella misura in cui la tutela degli interessi essenziali di sicurezza di uno Stato membro non possa essere garantita mediante misure meno invasive, ad esempio l’imposizione di condizioni intese a proteggere la riservatezza delle informazioni che le amministrazioni aggiudicatrici rendono disponibili in una procedura di aggiudicazione dell’appalto, come previsto nella presente direttiva.

Inoltre, in conformità dell’articolo 346, paragrafo 1, lettera a), TFUE, la presente direttiva non si applica agli appalti pubblici (...) non altrimenti esentati ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo nella misura in cui l’applicazione della presente direttiva obbligherebbe lo Stato membro a fornire informazioni la cui divulgazione sia ritenuta contraria agli interessi essenziali della sua sicurezza.

3.      Qualora l’attribuzione e l’esecuzione dell’appalto pubblico (...) siano dichiarate segrete o debbano essere accompagnate da speciali misure di sicurezza secondo le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti in uno Stato membro, la presente direttiva non si applica a condizione che tale Stato membro abbia determinato che gli interessi essenziali in questione non possono essere tutelati da misure meno invasive, quali quelle di cui al paragrafo 2, primo comma».

B.      Diritto polacco

9.        L’articolo 11, paragrafo 4, della ustawa z dnia 11 września 2019 r. – Prawo zamówień publicznych (legge dell’11 settembre 2019 sugli appalti pubblici, in prosieguo: la «Pzp del 2019»), così dispone:

«Le disposizioni della presente legge non si applicano ai contratti per la produzione di:

1)      documenti pubblici vergini di cui all’articolo 5, paragrafo 2, della legge del 22 novembre 2018 sui documenti pubblici (...), nonché alla loro personalizzazione o individualizzazione;

2)      bolli di accisa;

3)      contrassegni di legalizzazione e bollini di controllo di cui alla legge del 20 giugno 1997 recante il codice della strada (…);

4)      schede elettorali e schede elettorali in Braille di cui all’articolo 40, paragrafo 1, e all’articolo 40a, paragrafo 1, della legge del 5 gennaio 2011 recante il codice elettorale (...) e all’articolo 20 della legge del 14 marzo 2003 sui referendum nazionali (...);

5)      contrassegni olografici apposti sui certificati di voto di cui all’articolo 32, paragrafo 1, della legge del 5 gennaio 2011 recante il codice elettorale;

6)      sistemi di microprocessori con software per la gestione dei documenti pubblici, sistemi informatici e banche dati necessari ai fini dell’utilizzo dei documenti pubblici di cui all’articolo 5, paragrafo 2, della legge del 22 novembre 2018 relativa ai documenti pubblici, contenenti un chip elettronico, conformemente alla loro finalità».

10.      L’elenco dei documenti pubblici che segue è contenuto nell’articolo 5, paragrafo 2, dell’ustawa z dnia 22 listopada 2018 r. o dokumentach publicznych (legge del 22 novembre 2018 sui documenti pubblici): 1) carte d’identità; 2) passaporti; 3) libretti di navigazione di cui all’articolo 10, paragrafo 1, della legge del 5 agosto 2015 sul lavoro marittimo; 4) documenti rilasciati ai sensi dell’articolo 44, paragrafo 1, e dell’articolo 83, paragrafo 1, della legge del 28 novembre 2014 sugli atti di stato civile; 5) documenti rilasciati agli stranieri ai sensi dell’articolo 37 e dell’articolo 226 della legge del 12 dicembre 2013 sugli stranieri; 6) documenti rilasciati ai membri delle missioni diplomatiche e degli uffici consolari di Stati esteri e alle persone ad essi assimilati in base a leggi, accordi o consuetudini internazionali, nonché i documenti rilasciati ai membri del loro nucleo familiare ai sensi dell’articolo 61 della legge del 12 dicembre 2013 sugli stranieri; 7) documenti rilasciati ai cittadini dell’Unione ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 1, della legge del 14 luglio 2006 sull’ingresso, il soggiorno e l’uscita dal territorio della Repubblica di Polonia dei cittadini degli Stati membri dell’Unione e dei loro familiari; 8) documenti rilasciati ai familiari di cittadini dell’Unione ai sensi dell’articolo 30, paragrafo 1, e dell’articolo 48, paragrafo 2, di detta legge del 14 luglio 2006; 9) documenti rilasciati agli stranieri ai sensi dell’articolo 55, paragrafo 1, e dell’articolo 89i, paragrafo 1, della legge del 13 giugno 2003 sulla concessione di protezione agli stranieri nel territorio della Repubblica di Polonia; 10) titoli esecutivi emessi da organi giurisdizionali o ufficiali giudiziari; 11) copie di sentenze definitive che accertano l’acquisizione, l’esistenza o l’estinzione di un diritto o relative allo stato civile; 12) copie di sentenze o di certificati, emessi da un organo giurisdizionale, che autorizzano la rappresentanza di una persona, l’esecuzione di un atto giuridico o l’amministrazione di un determinato bene; 13) copie delle ordinanze di organi giurisdizionali e funzionari giudiziari concernenti l’apposizione della formula esecutiva su un titolo esecutivo diverso da quelli elencati all’articolo 777, paragrafo 1, punti 1 e 11, della legge del 17 novembre 1964 recante il codice di procedura civile, qualora abbiano ad oggetto un titolo esecutivo non emesso da un organo giurisdizionale; 14) copie e estratti di documenti relativi agli atti notarili di cui all’articolo 79, punti 1, 1b) e 4, della legge del 14 febbraio 1991 sul notariato, alle autorizzazioni di cui all’articolo 79, punto 2, e ai protesti di cui all’articolo 79, punto 5, di detta legge; 15) certificati di membro di equipaggio; 16) documenti personali militari rilasciati alle persone iscritte nel registro militare ai sensi dell’articolo 54, paragrafo 1, della legge del 21 novembre 1967 relativa all’obbligo generale di difendere la Repubblica di Polonia; 17) documenti personali militari rilasciati ai sensi dell’articolo 48, paragrafo 1, della legge dell’11 settembre 2003 relativa al servizio militare di carriera; 18) carte d’identità rilasciate ai sensi dell’articolo 137c, paragrafo 1, della legge dell’11 settembre 2003 di cui trattasi; 19) carte d’identità rilasciate ai sensi dell’articolo 54a, paragrafo 1, della citata legge del 21 novembre 1967; 20) annotazioni sul passaporto di cui all’articolo 19, paragrafo 1, della legge del 13 luglio 2006 sui passaporti; 21) vignette visto; 22) «carta polacca» («Karta Polaka»); 23) tessere attestanti l’invalidità o il grado di invalidità; 24) abilitazioni all’esercizio dell’attività di medico; 25) abilitazioni all’esercizio dell’attività di odontoiatra; 26) patenti di guida; 27) carte di circolazione professionali e certificati di immatricolazione di veicoli, ad eccezione dei certificati di cui all’articolo 73, paragrafo 3, della legge del 20 giugno 1997 recante il codice della strada; 28) carte di circolazione («karta pojazdu»); 29) certificati temporanei di cui all’articolo 71, paragrafo 1, della legge del 20 giugno 1997 recante il codice della strada; 30) carte tachigrafiche di cui all’articolo 2, paragrafo 4, della legge del 5 luglio 2018 sui tachigrafi; 31) certificati ADR di cui all’articolo 2, paragrafo 10, della legge del 19 agosto 2011 sul trasporto di merci pericolose; 31a) documenti di immatricolazione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della legge del 12 aprile 2018 sull’immatricolazione di yacht e di altre navi di lunghezza fino a 24 metri e 32) tessere di servizio di: a) agenti di polizia, b) agenti della guardia di frontiera, c) funzionari del servizio di sicurezza dello Stato, d) funzionari dell’Agenzia per la sicurezza interna, e) funzionari dell’Agenzia di intelligence, f) funzionari dell’Ufficio centrale anticorruzione, g) funzionari del Servizio di controspionaggio militare e militari di carriera nominati a posti presso il Servizio di controspionaggio militare, h) funzionari del Servizio di intelligence militare e militari di carriera nominati a posti presso tale Servizio, i) funzionari e personale dell’amministrazione penitenziaria, j) funzionari fiscali e doganali, k) persone impiegate in unità organizzative dell’amministrazione fiscale nazionale, l) ispettori dell’Ispettorato dei trasporti su strada, m) membri della polizia militare.

III. Fatti e procedimento precontenzioso

11.      Ai sensi dell’articolo 90 della direttiva 2014/24, gli Stati membri erano tenuti a recepirla entro il 18 aprile 2016.

12.      Il 14 luglio 2016 la Commissione europea ha ricevuto dalle autorità polacche la comunicazione delle misure nazionali di recepimento di tale direttiva. Ritenendo che fosse venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale direttiva, il 25 gennaio 2019 la Commissione ha inviato alla Repubblica di Polonia una lettera di diffida.

13.      Con lettera del 25 marzo 2019, le autorità polacche hanno risposto alla lettera di diffida informando la Commissione della loro intenzione di rivedere alcuni aspetti delle misure di recepimento, al fine di garantirne la conformità, in particolare, con la direttiva 2014/24. Le autorità polacche hanno tuttavia respinto talune censure della Commissione.

14.      Il 5 novembre 2019 le autorità polacche hanno informato la Commissione dell’adozione di una nuova legge, la Pzp del 2019, destinata a sostituire, a decorrere dal 1º gennaio 2021, la normativa nazionale precedentemente in vigore.

15.      Il 28 novembre 2019 la Commissione ha inviato alla Repubblica di Polonia un parere motivato, nel quale ha evidenziato lacune nel recepimento della direttiva 2014/24. In detto parere motivato, la Commissione ha ammesso che, con la nuova normativa, le autorità polacche avevano effettivamente posto rimedio ad alcuni dei problemi precedentemente individuati. Tuttavia, la Commissione ha confermato le altre censure esposte nella sua lettera di diffida, che le autorità polacche avevano contestato.

16.      Nella loro risposta del 28 gennaio 2020, le autorità polacche hanno nuovamente respinto le censure mosse della Commissione, sostenendo che la normativa nazionale in questione era conforme alle disposizioni della direttiva 2014/24.

17.      In tali circostanze, la Commissione ha deciso di presentare il ricorso di cui trattasi.

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

18.      Con il suo ricorso, presentato il 28 settembre 2021, la Commissione chiede che la Corte voglia:

–        dichiarare che, avendo aggiunto esclusioni non previste dalla direttiva 2014/24, relative alla produzione di taluni documenti, formulari, bolli e contrassegni, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 1, paragrafi 1 e 3, e 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24, in combinato disposto con l’articolo 346, paragrafo 1, lettera a), TFUE; e

–        condannare la Repubblica di Polonia alle spese.

19.      Nel suo controricorso, depositato il 17 dicembre 2021, la Repubblica di Polonia chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso, e

–        condannare la Commissione alle spese.

20.      La Commissione ha depositato una replica il 9 febbraio 2022 e la Repubblica di Polonia ha depositato una controreplica il 21 marzo 2022 e entrambe le parti hanno presentato difese orali nel corso dell’udienza del 1º dicembre 2022.

V.      Analisi

A.      Argomenti delle parti

21.      Nel suo ricorso, la Commissione sottolinea che, in sede di recepimento della direttiva 2014/24 nel diritto nazionale, la Repubblica di Polonia ha escluso dall’ambito di applicazione di tale direttiva gli appalti per la produzione di un’ampia e diversificata serie di documenti e di altri oggetti (in prosieguo: i «documenti di cui trattasi»). Infatti, tali appalti sono stati affidati direttamente alla Polska Wytwórna Papierów Wartościowych (in prosieguo: la «PWPW»), un’impresa pubblica con sede in Polonia e detenuta interamente dal Tesoro, senza la realizzazione, a tal fine, di gare d’appalto.

22.      La Commissione ricorda che la direttiva 2014/24 prevede espressamente i casi in cui le sue disposizioni non sono applicabili. La Commissione sottolinea che l’elenco delle deroghe è, ai sensi della giurisprudenza della Corte, esaustivo e che tali deroghe dovrebbero essere interpretate restrittivamente.

23.      Secondo la Commissione, il governo polacco non può validamente invocare l’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24 per giustificare l’esclusione degli appalti per la produzione dei documenti di cui trattasi dalle norme in materia di appalti pubblici. A tal riguardo, la Commissione richiama le conclusioni della Corte nella sentenza del 20 marzo 2018, Commissione/Austria (Tipografia di Stato) (4), che, a suo avviso, sono applicabili mutatis mutandis alla presente causa. In tale sentenza, la Corte ha dichiarato, in particolare, che provvedimenti degli Stati membri non possono essere sottratti, nel loro insieme, all’applicazione delle norme dell’Unione in materia di appalti pubblici per il solo fatto che siano stati adottati nell’interesse della sicurezza pubblica o della difesa nazionale. Spetta allo Stato membro che intende avvalersi di tali deroghe dimostrare che la necessità di tutelare siffatti interessi non avrebbe potuto essere soddisfatta mediante il ricorso a una gara d’appalto.

24.      La Commissione ritiene che alcuni interessi invocati dal governo polacco non siano connessi alla sicurezza di tale Stato membro, né tantomeno ai suoi interessi essenziali di sicurezza. Inoltre, anche per quanto riguarda gli interessi eventualmente riconducibili a tale nozione, la Commissione sostiene che il governo polacco non ha dimostrato che l’obiettivo di tutelare siffatti interessi non poteva essere parimenti realizzato mediante misure alternative, meno restrittive.

25.      In particolare, la Commissione sostiene che il governo polacco non ha spiegato il motivo per cui la PWPW sarebbe la sola società in possesso dell’esperienza e delle certificazioni tecniche necessarie per produrre i documenti di cui trattasi nel rispetto delle più rigorose norme di sicurezza. In tale contesto, la Commissione osserva che diverse società operanti nell’Unione europea (alcune delle quali stabilite in Polonia) offrono garanzie analoghe in termini di capacità tecnica, stabilità finanziaria e sicurezza. Infatti, la PWPW è una concorrente di tali società in gare d’appalto per la produzione di documenti equivalenti a quelli di cui trattasi nell’ambito del presente procedimento per altri Stati membri dell’Unione (o, parimenti, per paesi non appartenenti all’Unione europea).

26.      La Commissione sostiene che nulla impedisce all’amministrazione aggiudicatrice di imporre agli offerenti requisiti particolarmente stringenti (in termini di capacità tecniche e finanziarie, di integrità morale, ecc.) e di chiedere ai medesimi che forniscano le prove necessarie a sostegno della loro offerta. In particolare, secondo la Commissione, gli articoli 42 e 58 della direttiva 2014/24 attribuiscono alle autorità nazionali un ampio margine di manovra a tal riguardo. Ad esempio, un operatore economico potrebbe essere obbligato ad acconsentire alle opportune verifiche da parte delle autorità e a prestare garanzie quanto alla sicurezza e alla puntualità delle forniture nonché quanto alla solvibilità. Il contratto potrebbe altresì contenere clausole di risarcimento e di responsabilità finanziaria e disciplinare in caso di violazioni.

27.      La Commissione esprime dubbi quanto alla correttezza dell’argomento del governo polacco secondo cui la PWPW non potrebbe, de facto, fallire dal momento che le disposizioni dell’Unione in materia di controllo degli aiuti di Stato possono essere applicabili agli aiuti finanziari concessi a tale società dal Tesoro.

28.      Da parte sua, la Repubblica di Polonia sottolinea che essa dispone di un dettagliato sistema di sicurezza per i documenti ufficiali, e che la PWPW è un ente interamente controllato e gestito dallo Stato. Essa aggiunge che, ai sensi del diritto nazionale, le azioni o i diritti collegati a partecipazioni detenute dal Tesoro, come quelle nella PWPW, non possono, in linea di principio, essere venduti. In via eccezionale, un’eventuale vendita di tali azioni sarebbe subordinata alla condizione della sua approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, ma potrebbe essere effettuata soltanto a favore di altre società pubbliche che non possono essere vendute ad azionisti privati.

29.      Secondo la Repubblica di Polonia, siffatto sistema permette l’esercizio di un controllo totale sia sul funzionamento degli organi della PWPW sia sul processo di produzione di documenti ufficiali. In tali circostanze, affidare il compito di produrre siffatti documenti a tale ente, senza organizzare una procedura di appalto pubblico, limiterebbe la cerchia degli enti che hanno accesso a informazioni considerate classificate. Una soluzione del genere garantirebbe inoltre la continuità della produzione, eliminando al contempo i rischi connessi al fallimento del produttore o alla cattiva esecuzione di un eventuale appalto pubblico.

30.      Per quanto concerne gli argomenti della Commissione relativi al possibile fallimento di una società quale la PWPW, il governo polacco sottolinea che, sebbene il fallimento di società di proprietà del Tesoro sia, evidentemente, possibile, tale rischio è praticamente nullo, tenuto conto della loro importanza strategica. Secondo la Repubblica di Polonia, la Commissione non avrebbe addotto alcuna ragione per cui, qualora la PWPW si trovi ad affrontare difficoltà finanziarie, non sarebbe possibile concedere un aiuto di Stato a tale società.

31.      Ad avviso del governo polacco, la situazione di fatto e di diritto di cui alla presente causa non è simile a quella esaminata dalla Corte nella citata sentenza Commissione/Austria. A tal riguardo, esso sottolinea che lo status giuridico della società austriaca incaricata della stampa di documenti ufficiali era notevolmente diverso da quello della PWPW, poiché si trattava di una società privata a responsabilità limitata, le cui azioni erano quotate in borsa e detenute da privati. Inoltre, esso ritiene che il controllo esercitato dal governo austriaco su tale società fosse molto più limitato rispetto a quanto avviene nella presente fattispecie nella Repubblica di Polonia. Su tale base, il governo polacco sostiene che, nel diritto austriaco, il livello di tutela degli interessi essenziali dello Stato stabilito dalle autorità era inferiore a quello scelto dalla Polonia e che esso non può essere tenuto a ridurre detto livello per conformarsi a quello scelto da altri Stati.

32.      La Repubblica di Polonia sostiene inoltre che le garanzie contrattuali proposte dalla Commissione non consentono di evitare una minaccia ai suoi interessi di sicurezza derivante da un’eventuale acquisizione dell’operatore economico di cui trattasi o da un’influenza sui suoi organi di gestione da parte dei servizi segreti di un paese terzo o di un gruppo di criminalità organizzata. Per quanto riguarda il rischio di insolvenza del produttore dei documenti, la soluzione proposta dalla Commissione – che consiste nel fissare un criterio di ammissibilità sotto forma di un’attestazione di capacità finanziaria che consenta di eseguire il contratto in sicurezza e senza ostacoli – non permetterebbe di evitare un deterioramento improvviso della situazione finanziaria dell’operatore economico interessato.

33.      Le esclusioni previste dal diritto nazionale costituirebbero quindi, secondo il governo polacco, una misura proporzionata, adeguata e necessaria per conseguire l’obiettivo di garantire gli interessi essenziali di sicurezza della Polonia al livello da essa considerato adeguato. Al fine di dimostrare la proporzionalità del ricorso alle deroghe, non sarebbe necessario, secondo il governo polacco, provare che, qualora sia applicata la direttiva in questione, la probabilità di una minaccia agli interessi essenziali di sicurezza dello Stato membro interessato sarebbe particolarmente elevata. Infatti, anche una ridotta probabilità di grave pregiudizio agli interessi di sicurezza dello Stato costituirebbe, secondo tale governo, un motivo per avvalersi delle deroghe di cui trattasi.

34.      Più in generale, la Commissione non avrebbe dimostrato, secondo il governo polacco, che il livello di sicurezza dello Stato che può essere raggiunto affidando la produzione di documenti a un ente selezionato in applicazione della direttiva 2014/24 sarebbe tanto elevato quanto il livello ottenuto qualora tale compito sia affidato a una società detenuta dal Tesoro.

B.      Valutazione

35.      In via preliminare, occorre sottolineare che, come sostiene la Commissione, senza essere contraddetta dal governo polacco, la direttiva 2014/24 è, in linea di principio, applicabile agli appalti pubblici per la produzione dei documenti di cui trattasi. Infatti, è pacifico che gli appalti pubblici in questione i) non riguardano i servizi, i settori e le situazioni per i quali gli articoli da 7 a 12 della direttiva 2014/24 prevedono esclusioni e, ii) il loro valore non è inferiore alle soglie stabilite all’articolo 4 di tale direttiva. Inoltre, l’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 precisa che quest’ultima si applica, in linea di principio, all’aggiudicazione di appalti pubblici «indetti nei settori della difesa e della sicurezza».

36.      Tuttavia, il governo polacco sostiene che appalti del genere possono essere aggiudicati senza ricorrere alle procedure previste dalla direttiva 2014/24, poiché talune delle deroghe previste all’articolo 15, paragrafi 2 e 3, di detta direttiva sono applicabili nel caso di specie.

37.      Nelle sezioni che seguono definirò, anzitutto, il quadro analitico pertinente (1), per poi valutare gli argomenti delle parti alla luce di tale quadro (2). Concluderò che la normativa nazionale di cui trattasi, allo stato attuale, non può essere considerata interamente rientrante nell’ambito di applicazione delle deroghe esaminate nelle presenti conclusioni e che, di conseguenza, essa viola le disposizioni della direttiva 2014/24 (3).

1.      Quadro analitico pertinente

a)      Articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24 e articolo 346, paragrafo 1, lettera a), TFUE

38.      L’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24 prevede quattro situazioni nelle quali essa «non si applica». Tali deroghe all’applicazione della direttiva, che riguardano tutte procedure di appalto nel settore «difesa e sicurezza», come risulta dalla rubrica di tale disposizione (5), sono esposte nel prosieguo.

39.      In primo luogo, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2014/24, tale direttiva non si applica agli appalti pubblici «nella misura in cui la tutela degli interessi essenziali di sicurezza di uno Stato membro non possa essere garantita mediante misure meno invasive». In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 2, secondo comma, detta direttiva non si applica nella misura in cui la sua applicazione «obbligherebbe lo Stato membro a fornire informazioni la cui divulgazione sia ritenuta contraria agli interessi essenziali della sua sicurezza». In terzo luogo, l’articolo 15, paragrafo 3, prevede due ipotesi aggiuntive, ai sensi delle quali la direttiva non si applica quando l’appalto pubblico sia i) «dichiarat[o] segret[o]» o ii) «[debba] essere accompagnat[o] da speciali misure di sicurezza secondo le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti in uno Stato membro». Sempre ai sensi di tale comma, ciò vale solo nella misura in cui «tale Stato membro abbia determinato che gli interessi essenziali in questione non possono essere tutelati da misure meno invasive».

40.      Ciò precisato, occorre altresì sottolineare che l’articolo 346, paragrafo 1, lettera a), TFUE non sembra aggiungere, per quanto concerne la situazione oggetto del presente procedimento, una deroga supplementare (o autonoma). Infatti, l’articolo 15, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2014/24 contiene un rinvio espresso all’articolo 346, paragrafo 1, lettera a), TFUE (6), e le due disposizioni sono formulate in modo molto simile. Pertanto, la prima di tali disposizioni costituisce, a mio avviso, un’applicazione del principio enunciato nella seconda, nel settore disciplinato dalla direttiva 2014/24. Di conseguenza, una volta esaminati gli argomenti delle parti alla luce delle disposizioni della direttiva, non sarà necessario, a mio avviso, procedere a una valutazione distinta e autonoma alla luce dell’articolo 346, paragrafo 1, lettera a), TFUE (7). A tal riguardo, rilevo, incidentalmente, che gli argomenti delle parti appaiono conformi a siffatto approccio.

41.      Il governo polacco si fonda su tre deroghe previste dall’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24: vale a dire, tutte le deroghe salvo quella concernente gli appalti segreti (in prosieguo: le deroghe in questione»). Tuttavia, tale governo non sviluppa argomenti vertenti specificamente sull’una o sull’altra di tali deroghe né nelle sue osservazioni scritte né in quelle orali e neppure gli argomenti della Commissione sono più specifici a tal riguardo. Ciò mi induce a ritenere che le due parti concordino, almeno in linea di principio, nel ritenere che il quadro analitico per le tre deroghe in questione sia sostanzialmente analogo.

42.      Sono della stessa opinione. Nonostante alcune differenze testuali tra i diversi paragrafi e commi dell’articolo 15 della direttiva 2014/24 (8), e taluni termini che possono apparire ambigui (9), essi condividono gli stessi elementi chiave e, quindi, esigono una valutazione relativamente simile da parte della Corte.

b)      Portata delle deroghe in questione

43.      In sostanza, le deroghe in questione consentono a ogni Stato membro di escludere l’aggiudicazione di taluni servizi dalle procedure previste dalla direttiva 2014/24 qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni: i) gli interessi pubblici tutelati attengono agli «interessi (...) di sicurezza» di tale Stato membro, ii) detti interessi possono essere considerati «essenziali», iii) l’applicazione della direttiva in questione potrebbe pregiudicare, ad avviso di tale Stato membro, la tutela di detti interessi e iv) la tutela di questi ultimi non può essere garantita mediante misure meno invasive.

44.      Tenterò ora di chiarire il significato di tali condizioni.

1)      Nozione di «interessi essenziali di sicurezza»

45.      Per quanto riguarda le condizioni sub i) e ii), spetta a ciascuno Stato membro definire gli interessi pubblici concreti che costituiscono i suoi «interessi essenziali di sicurezza» (10). Al contempo, tuttavia, la discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri a tal riguardo non può essere assoluta, poiché, diversamente, i termini essenziali e sicurezza sarebbero privati di ogni effetto utile.

46.      Ammetto che definire il termine «sicurezza» in modo preciso ed esaustivo costituisce un compito impossibile. Ciò che effettivamente rientra in tale nozione dipende, a mio avviso, da una moltitudine di fattori che possono variare fra i diversi Stati membri, nonché nel corso del tempo. Lo stesso vale per quanto riguarda la qualificazione come «essenziali» degli interessi connessi alla sicurezza tutelati dagli Stati membri. Tale aggettivo richiede una valutazione che, inevitabilmente, è soggettiva, almeno in una certa misura: molto dipende da considerazioni storiche, politiche e geopolitiche, che possono variare da uno Stato membro all’altro (11).

47.      Tuttavia, salvo ridurre le condizioni enunciate all’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24 a una mera formalità, la Corte deve poter verificare se uno Stato membro, quando invoca le deroghe in questione, non abbia ecceduto il suo potere discrezionale (12), poiché l’esclusione da una procedura di appalto pubblico mira a tutelare interessi non connessi alla sicurezza o che sono ad essa connessi solo remotamente (13).

48.      A tal riguardo, ritengo che il termine «sicurezza», che figura sia all’articolo 15 della direttiva 2014/24 sia all’articolo 346 TFUE, corrisponda alle nozioni di «pubblica sicurezza» (14) e di «sicurezza nazionale» (15), rinvenibili in numerose disposizioni del diritto dell’Unione, e che si sovrapponga ampiamente alla nozione di «sicurezza interna» (16) (pur essendo, verosimilmente, più ampio), contenuta in una serie di altre disposizioni del diritto dell’Unione.

49.      Come affermato dalla Corte in merito alla nozione di «sicurezza nazionale», essa consiste nell’«interesse primario di tutelare le funzioni essenziali dello Stato e gli interessi fondamentali della società e comprende la prevenzione e la repressione di attività tali da destabilizzare gravemente le strutture costituzionali, politiche, economiche o sociali fondamentali di un paese, e in particolare da minacciare direttamente la società, la popolazione o lo Stato in quanto tale» (17). In altri termini, tale nozione si riferisce a questioni relative alla sicurezza delle istituzioni o della popolazione di uno Stato membro rispetto a minacce di una certa gravità derivanti da circostanze che possono essere interne (criminalità organizzata, sommosse, ecc.) o esterne (intelligence, controspionaggio, guerra cibernetica, ecc.) allo Stato. Siffatte minacce possono essere proprie di tale Stato (ad esempio, gruppi paramilitari o gruppi nazionalisti armati) o di carattere globale (come una pandemia letale), provocate dall’uomo (incidenti nucleari, disastri ambientali, atti terroristici, ecc.) o di origine naturale (terremoti, tsunami, inondazioni, ecc.).

50.      A sua volta, il termine «essenziale» implica necessariamente una certa selettività per quanto attiene alle funzioni e agli interessi pubblici che possono rientrare nelle deroghe in questione (anche qualora siano connessi alla sicurezza). A mio avviso, tale termine dovrebbe essere inteso nel senso che limita dette deroghe agli elementi essenziali della politica di sicurezza degli Stati membri, escludendo questioni che riguardano solo indirettamente o remotamente la pubblica sicurezza (18).

51.      A scanso di equivoci, non dubito che anche varie situazioni connesse, ad esempio, alla salute pubblica, alla protezione dell’ambiente, al rispetto della vita privata, alle finanze pubbliche, ecc., possano verosimilmente essere considerate fonte di problemi di sicurezza pubblica qualora siano di natura sistemica o si verifichino su larga scala. Tuttavia, sono molto restio ad accogliere un’interpretazione dell’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24 che potrebbe comportare un ampliamento della portata delle deroghe ivi enunciate a interessi che, ove pregiudicati, hanno un impatto diretto ed evidente sulla sicurezza delle istituzioni o della popolazione di uno Stato membro.

52.      Tale approccio sembra conforme al principio interpretativo ai sensi del quale le eccezioni a norme dell’Unione di applicazione generale, come quelle di cui trattasi nel ricorso in esame, devono essere interpretate restrittivamente (19).

2)      Pregiudizio

53.      Per quanto riguarda la condizione sub iii), di cui al precedente paragrafo 43, si rendono necessarie tre osservazioni, basate sulla formulazione stessa dell’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24.

54.      In primo luogo, dal testo di tale disposizione, che sottolinea il margine di discrezionalità dello Stato membro («ritenuta», «abbia determinato»), risulta che uno Stato membro non è tenuto a fornire prove positive e inconfutabili del fatto che l’applicazione della direttiva 2014/24 a determinati appalti pubblici arrecherebbe un pregiudizio concreto alla tutela dei suoi interessi essenziali di sicurezza. È sufficiente che uno Stato membro chiarisca, sulla base di elementi concreti e credibili (20), le ragioni per le quali ha ragionevoli motivi di ritenere (21) che l’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici a determinati appalti potrebbe pregiudicare (22) i suoi interessi essenziali di sicurezza.

55.      In secondo luogo, da quanto precede discende altresì che la minaccia agli interessi di sicurezza invocati da uno Stato membro non deve necessariamente essere effettiva o certa: rischi potenziali possono, a mio avviso, essere sufficienti (23). Tuttavia, tali rischi non possono essere meramente speculativi o ipotetici, bensì devono essere autentici.

56.      In terzo luogo, il testo dell’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24 [«la tutela (...) non possa essere garantita», «divulgazione (...) contraria [a]», «gli interessi (…) in questione non possono essere tutelati»] suggerisce, inoltre, che le minacce (effettive o potenziali) alla sicurezza debbano presentare un livello minimo di gravità. Trovo difficile ritenere che nei termini di tale disposizione rientrino eventi o situazioni che, a causa della loro dimensione, portata e impatto limitati non costituiscono una minaccia sufficientemente grave al corretto funzionamento delle istituzioni di uno Stato membro e al benessere generale della sua popolazione (24).

57.      Si tratta di elementi che, a mio parere, possono essere oggetto di controllo giurisdizionale. Secondo una giurisprudenza costante della Corte, i provvedimenti che gli Stati membri adottano nel contesto delle legittime esigenze di interesse nazionale non sono sottratti, nel loro insieme, all’applicazione del diritto dell’Unione per il solo fatto che essi intervengano specificamente nell’interesse della sicurezza pubblica (25). In particolare, né l’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24, né l’articolo 346, paragrafo 1, lettera a), TFUE possono essere interpretati nel senso che conferiscono agli Stati membri il potere di derogare alle disposizioni della direttiva mediante un mero richiamo a tali interessi (26).

58.      Tuttavia, tenuto conto dell’ampio margine di discrezionalità di cui gli Stati membri dispongono a tal riguardo (27), il criterio di controllo su cui, a mio avviso, la Corte dovrebbe basarsi è quello della ragionevolezza o plausibilità (28).

3)      Proporzionalità della misura

59.      Infine, la quarta condizione (iv) di cui al precedente paragrafo 43 consiste nell’indisponibilità di «misure meno invasive». Ciò significa che, conformemente al principio di proporzionalità, per poter validamente avvalersi delle deroghe previste all’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24, uno Stato membro deve dimostrare che l’esclusione dalle procedure di appalto pubblico degli appalti in questione è una misura idonea e necessaria a tutelare i suoi interessi essenziali di sicurezza.

60.      In questo contesto, vi è una specifica questione che può richiedere alcune precisazioni: il governo polacco sostiene che, in forza delle disposizioni di cui trattasi, gli Stati membri sono liberi di fissare il grado di tutela dei loro interessi di sicurezza al livello che ritengono più appropriato. Di conseguenza, le misure nazionali adottate per garantire tale livello di tutela non potrebbero essere considerate sproporzionate, salvo che siano disponibili misure alternative che garantiscano tale livello di tutela. Ne conseguirebbe che uno Stato membro non può essere costretto ad accettare un livello di tutela meno elevato rispetto a quello scelto a motivo del fatto che le misure alternative sarebbero meno restrittive per gli scambi interni all’Unione.

61.      Interpellata, in udienza sulla questione se essa condividesse tale opinione, la Commissione ha risposto in senso negativo. Tuttavia, mi sembra che essa abbia avuto difficoltà a esporre le ragioni della sua posizione e, in ogni caso, ha omesso di indicare disposizioni del diritto dell’Unione che conferirebbero all’Unione europea il potere di controllare le scelte degli Stati membri a tal riguardo.

62.      Sul punto, sono incline a condividere la posizione espressa dal governo polacco. Salvo che una questione sia di natura e dimensioni tali da pregiudicare la sicurezza dell’Unione europea, e rientri, quindi, nella politica estera e di sicurezza comune (29), l’Unione non dispone di alcuna competenza specifica per quanto concerne la sicurezza nazionale/pubblica degli Stati membri. Infatti, le pertinenti disposizioni del Trattato mirano essenzialmente a imporre limiti all’azione dell’Unione, sia in generale (30), sia quando agisce in taluni settori specifici (come il mercato interno (31) e lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (32)), qualora ciò possa pregiudicare gli interessi di sicurezza degli Stati membri. Come ripetutamente sottolineato dalla Corte, dall’articolo 4, paragrafo 2, TUE discende che «la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro» (33).

c)      Onere della prova

63.      È assodato che, nell’ambito di un ricorso ai sensi dell’articolo 258 TFUE, spetta alla Commissione provare la sussistenza dell’asserito inadempimento. Tale istituzione deve fornire alla Corte gli elementi necessari affinché questa accerti l’esistenza di tale inadempimento, senza potersi basare su alcuna presunzione (34).

64.      Una volta che la Commissione abbia fornito elementi sufficienti per dimostrare i fatti pertinenti, spetta allo Stato membro convenuto contestare in modo sostanziale e dettagliato gli elementi in tal modo presentati e le conseguenze che ne derivano (35). In particolare, qualora uno Stato membro si avvalga di una deroga prevista dal diritto dell’Unione, come nel caso di specie, spetta a tale Stato l’onere di provare che le condizioni pertinenti sono soddisfatte (36). L’onere che incombe allo Stato membro convenuto include l’esigenza di presentare un’analisi dell’idoneità e della proporzionalità della misura da esso adottata, nonché precisi elementi che consentano di avvalorarne il ragionamento (37).

65.      Tuttavia, l’onere probatorio gravante sullo Stato membro non può, secondo la Corte, estendersi fino a pretendere che lo Stato membro dimostri in positivo che nessun altro possibile provvedimento permette la realizzazione dello stesso obiettivo pubblico alle stesse condizioni (38). Ciò implica, a mio avviso, che, prima di adottare deroghe al diritto dell’Unione, gli Stati membri sono tenuti ad esaminare attentamente la possibilità di fare ricorso a misure meno restrittive (39), ma non si può pretendere che essi individuino ciascuna delle misure alternative che potrebbero ipoteticamente essere previste e spiegare il motivo per cui dovrebbero essere tutte scartate. Aggiungerei anche che non si può imporre a uno Stato membro l’adozione di misure alternative qualora tali misure siano di fattibilità o efficacia incerte o comportino un onere intollerabile (in termini organizzativi o finanziari) per lo Stato in questione.

66.      È alla luce di tale quadro analitico che esaminerò ora la fondatezza degli argomenti delle parti.

2.      Analisi degli argomenti delle parti

67.      Al fine di stabilire se, nel caso di specie, la Repubblica di Polonia sia venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva 2014/24, occorre, in primo luogo, verificare se gli interessi che la normativa nazionale di cui trattasi mirava a tutelare possano essere considerati «interessi essenziali di sicurezza» ai sensi dell’articolo 15, paragrafi 2 e 3, di tale direttiva. In secondo luogo, occorre accertare se lo Stato membro in questione avesse ragionevoli motivi per ritenere che l’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici agli appalti di cui trattasi potesse comportare minacce effettive e sufficientemente gravi alla sicurezza pubblica. In terzo luogo, occorre esaminare la proporzionalità della normativa nazionale di cui trattasi.

68.      A questo punto, tuttavia, si rendono necessarie alcune osservazioni preliminari.

a)      Osservazioni preliminari

69.      Devo rilevare, anzitutto, che la valutazione giuridica nella presente causa è, talora, complicata dal fatto che entrambe le parti hanno sviluppato i loro argomenti in modo assai generico, mentre, come sottolinea giustamente la Commissione, la normativa nazionale di cui trattasi esclude dalla procedura di appalto pubblico appalti per la produzione di una serie alquanto ampia e diversificata di documenti e di altri oggetti.

70.      Non ritengo che tali documenti e oggetti possano, ai fini del presente procedimento, essere considerati come appartenenti a un gruppo omogeneo. Essi non contengono informazioni simili e non svolgono la medesima funzione. Almeno in una certa misura, inoltre, essi sono prodotti a partire da materiali diversi e impiegando tecniche diverse. Le ragioni per le quali tali documenti sono stati esclusi dalla procedura di appalto pubblico sono varie, ed è innegabile che il loro carattere sensibile nonché la loro idoneità a incidere sugli interessi di sicurezza della Repubblica di Polonia differiscono, anche in modo notevole.

71.      Non sorprende, quindi, che, sovente, gli argomenti addotti da una delle parti abbiano una certa forza, ma unicamente per quanto attiene ad alcuni dei documenti di cui trattasi. Tale assenza di corrispondenza tra gli argomenti giuridici delle parti e la situazione di fatto sottostante ha, a mio avviso, un impatto significativo sulla valutazione giuridica che la presente causa impone alla Corte di effettuare e, più in particolare, sul modo in cui la controversia in esame può essere decisa. Ritornerò su questo aspetto al termine delle presenti conclusioni.

b)      Tutela degli interessi essenziali di sicurezza

72.      Il governo polacco sostiene che la produzione dei documenti di cui trattasi è un’attività idonea a incidere sui suoi interessi essenziali di sicurezza ai sensi dell’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24. In sostanza, l’argomento principale del governo polacco è duplice. In primo luogo, lo stesso governo polacco richiama la necessità di assicurare la continuità delle forniture dei documenti necessari per garantire il corretto e continuo funzionamento della pubblica amministrazione. In secondo luogo, tale governo sottolinea che la produzione dei documenti di cui trattasi richiede l’utilizzo di informazioni riservate (o segrete) che non dovrebbero essere divulgate a persone non autorizzate e di tecnologie e know-how specifici ai quali dette persone non dovrebbero avere accesso. A tal riguardo, il governo polacco fa riferimento alle minacce di sicurezza poste da fenomeni quali la guerra cibernetica, il terrorismo, la criminalità organizzata, la tratta di esseri umani e il traffico di migranti.

73.      Ritengo che rientri nel margine di discrezionalità dello Stato membro qualificare come uno dei suoi interessi essenziali di sicurezza la garanzia di continuità delle forniture dei documenti richiesti ai fini del corretto funzionamento del suo apparato amministrativo. Non ho alcuna difficoltà neppure nel concordare con il governo polacco sul fatto che la lotta contro la guerra cibernetica, il terrorismo, la criminalità organizzata, la tratta di esseri umani e il traffico di migranti non soltanto rientri perfettamente nella nozione di «sicurezza pubblica/nazionale», ma anche sul fatto che possa essere considerata come una componente fondamentale e, quindi, «essenziale», della sua politica di sicurezza.

74.      Ciò detto, devo rilevare che, tanto nelle osservazioni scritte delle parti quanto in udienza, è stata sollevata la questione se l’esclusione di taluni specifici documenti dalle norme in materia di appalti pubblici fosse effettivamente connessa alla lotta contro le minacce appena menzionate. Mi sembra che il governo polacco abbia risposto in modo alquanto vago a tale questione e, in definitiva, abbia fatto riferimento ad altri obiettivi asseritamente perseguiti dalle esclusioni di cui trattasi. Tale governo ha richiamato, in particolare, i seguenti interessi pubblici: i) la tutela dei consumatori e della salute pubblica, per quanto riguarda le abilitazioni all’esercizio dell’attività di medico o odontoiatra, ii) la tutela delle finanze pubbliche, per quanto concerne i bolli di accisa, iii) la garanzia della sicurezza dei veicoli, per quanto attiene ai documenti relativi al loro stato, e iv) la garanzia della fiducia del pubblico nei risultati delle elezioni, per quanto concerne le schede elettorali e i contrassegni olografici apposti sui certificati di voto.

75.      Pur concordando sul fatto che la garanzia della fiducia del pubblico nella correttezza delle elezioni possa essere considerata uno degli interessi essenziali di sicurezza di uno Stato membro, non ritengo che gli argomenti dedotti dal governo polacco in merito agli altri interessi menzionati al paragrafo precedente delle presenti conclusioni siano persuasivi. Come già ricordato, possono darsi circostanze nelle quali minacce alla salute pubblica possano essere ritenute tali da ledere interessi essenziali di sicurezza. Non escluderei neppure che, in circostanze del tutto eccezionali, minacce alle finanze pubbliche possano essere di dimensioni e gravità tali da poter essere considerate idonee a incidere sugli interessi essenziali di sicurezza di uno Stato membro (40). Tuttavia, non è facile immaginare circostanze in cui questioni in materia di tutela dei consumatori o di sicurezza stradale possano rientrare nella nozione di «interessi essenziali di sicurezza».

76.      Peraltro, e a prescindere da quanto appena affermato, non sono in grado di individuare – né il governo polacco non vi ha fatto riferimento – alcuna minaccia o rischio specifici per la salute pubblica, la tutela dei consumatori, la sicurezza stradale e le finanze pubbliche che, nel caso di specie, possano raggiungere la soglia minima di gravità richiesta per essere plausibilmente considerate minacce a «interessi essenziali di sicurezza». Ad esempio, il semplice fatto, dedotto da detto governo, che l’esistenza di certificati medici falsi implicherebbe che alcune persone sarebbero curate da individui privi delle necessarie qualifiche mediche, o che l’esistenza di bolli di accisa falsi comporterebbe perdite di entrate per il Tesoro polacco è, a mio avviso, manifestamente insufficiente a giustificare l’applicazione delle deroghe previste all’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24.

77.      Inoltre, tra i documenti di cui trattasi ve ne sono taluni in relazione ai quali il governo polacco non ha spiegato il nesso logico con la tutela dei suoi interessi di sicurezza. Neanche io riesco a individuare, per tali documenti, alcun nesso evidente. Posso fare alcuni esempi: contrassegni di legalizzazione e bollini di controllo previsti dal codice della strada, libretti di navigazione, documenti connessi agli atti di stato civile, titoli esecutivi, sentenze o decisioni emesse da organi giurisdizionali o ufficiali giudiziari, certificati di membro di equipaggio, tessere attestanti l’invalidità, patenti di guida, carte di circolazione, carte tachigrafiche e tessere di servizio di determinati funzionari pubblici quali i funzionari fiscali e doganali o gli ispettori dei trasporti su strada.

78.      Alla luce di quanto precede, ritengo che la Repubblica di Polonia possa, nel caso di specie, avvalersi validamente delle deroghe in questione nella misura in cui le esclusioni dalle norme in materia di appalti pubblici mirino a: i) proteggere tale Stato membro dalle minacce poste dalla guerra cibernetica, dal terrorismo, dalla criminalità organizzata, dalla tratta di esseri umani e dal traffico di migranti, ii) garantire la fiducia del pubblico nei risultati delle elezioni e iii) garantire la fornitura dei documenti necessari al buon funzionamento della pubblica amministrazione. Di converso, ritengo che altri asseriti rischi per la sicurezza della Repubblica di Polonia, come quelli per la salute pubblica, la tutela dei consumatori, la sicurezza stradale e le finanze pubbliche, non siano tali da giustificare l’applicazione delle deroghe in questione.

c)      Pregiudizio agli interessi di sicurezza

79.      Per quanto riguarda la probabilità e la gravità del pregiudizio agli interessi di sicurezza in gioco, ritengo che il governo polacco possa ragionevolmente ritenere che l’attività di produzione dei documenti di cui trattasi potrebbe dare adito a minacce effettive e significative ai suoi interessi essenziali di sicurezza qualora sia affidata a una società che non si conforma a norme di sicurezza rigorose.

80.      In talune circostanze, come sostenuto dal governo polacco e riconosciuto dalla Commissione, il danno derivante da eventuali fughe di informazioni potrebbe avere un carattere quasi irreversibile. Il danno potrebbe, di fatto, essere persistente e difficile da eliminare: i documenti falsificati potrebbero continuare a circolare per un discreto periodo di tempo e potrebbe essere semplice produrre nuovi documenti. Non si può escludere che, in circostanze estreme, potrebbero rendersi necessarie determinate modifiche alle procedure e alle tecniche utilizzate per produrre alcuni dei documenti di cui trattasi, per evitare nuove minacce in futuro.

81.      Tuttavia, dubito che un’eventuale perturbazione nella produzione di ciascuno dei documenti contenuti nell’elenco in questione possa essere considerata una minaccia sufficientemente grave per il buon funzionamento della pubblica amministrazione polacca. La necessità di garantire la continuità delle forniture può, a mio avviso, essere validamente invocata soltanto in relazione ai documenti che siano strettamente indispensabili e insostituibili per la macchina amministrativa per quanto attiene alle funzioni essenziali dello Stato, al punto che un ritardo, anche relativamente modesto, nella consegna di tali documenti non potrebbe essere tollerato. La grande maggioranza dei documenti di cui trattasi non mi sembra soddisfare tali criteri.

d)      Principio di proporzionalità

82.      In terzo luogo, occorre verificare se la decisione del governo polacco di escludere gli appalti in questione dall’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici sia conforme al principio di proporzionalità. Tuttavia, alla luce della formulazione stessa delle disposizioni di cui trattasi (41), al fine di rispettare la competenza degli Stati membri nel settore della sicurezza nazionale/pubblica, mi sembra che sia giustificato soltanto un esame della proporzionalità in due fasi (42). Ciò significa che la Corte è tenuta a verificare soltanto se la normativa nazionale di cui trattasi sia idonea a realizzare l’obiettivo dichiarato e non ecceda quanto è strettamente necessario a tal fine.

1)      Idoneità della misura

83.      In primo luogo, per quanto concerne l’idoneità dell’esclusione a conseguire il suo obiettivo dichiarato, la valutazione è relativamente semplice: mi sembra abbastanza evidente che la centralizzazione della produzione dei documenti di cui trattasi in un unico ente, interamente detenuto e direttamente controllato dallo Stato e operante in territorio polacco, sia idonea a ridurre il rischio che i) personale non autorizzato possa avere accesso a materiali sensibili e a informazioni riservate (o segrete) e che, quindi, falsificare i documenti di cui trattasi o riprodurre le tecnologie e il know-how necessari a tal fine (43) e che ii) la società possa incorrere in difficoltà finanziarie che potrebbero mettere in pericolo la continuità delle forniture dei documenti di cui trattasi.

84.      Infatti, le autorità pubbliche possono intervenire, ed eventualmente avere l’ultima parola, su tutte le scelte chiave (operazionali, commerciali, tecniche, in materia di risorse umane, ecc.) compiute dall’ente in questione. I poteri di controllo (ad esempio nei locali della società o sul personale dell’ente) possono anche essere esercitati, se del caso, mediante l’uso dei poteri conferiti alle forze di polizia. Inoltre, il fatto che il contraente sia interamente dal Tesoro (e che il diritto nazionale ponga determinati limiti alla vendita delle sue azioni) è anche una garanzia che la proprietà del contraente non possa «cadere nelle mani sbagliate», il che potrebbe eventualmente verificarsi per le società le cui azioni sono negoziate pubblicamente in Borsa. Inoltre, il controllo pubblico dovrebbe consentire alle autorità competenti di individuare più facilmente e rapidamente situazioni di difficoltà finanziarie dell’impresa e, quindi, essere in grado di adottare adeguate misure rimediali in tempo utile.

85.      Pertanto, la normativa nazionale in questione sembra idonea a offrire un contributo significativo alla tutela degli interessi di sicurezza invocati dalla Repubblica di Polonia.

2)      Necessità della misura

86.      Il secondo aspetto, quello della necessità della misura, solleva, a mio avviso, questioni più complesse.

87.      La questione cruciale è se il governo polacco abbia dimostrato che l’applicazione delle deroghe in questione fosse necessaria per tutelare i suoi interessi essenziali di sicurezza. A tal fine, detto governo era tenuto a provare che l’esigenza di tutelare simili interessi non avrebbe potuto essere soddisfatta nel contesto di una gara come quella prevista dalla direttiva 2014/24 (44).

88.      In tale contesto, occorre ricordare che, secondo quanto affermato dal governo polacco nell’ambito del presente procedimento, il livello di tutela degli interessi in gioco scelto da tale governo è particolarmente elevato. Si tratta di un elemento che, come indicato ai precedenti paragrafi da 60 a 62, deve essere preso in considerazione nella valutazione concernente l’esistenza di misure meno restrittive.

89.      La Commissione suggerisce, in sostanza, che una combinazione di rigorose specifiche tecniche (ai sensi dell’articolo 42 della direttiva 2014/24) (45) e di criteri di selezione (ai sensi dell’articolo 58 della direttiva 2014/24) (46) sarebbe tanto efficace quanto l’esclusione dalle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici ai fini della tutela degli interessi invocati dal governo polacco. La Commissione menziona inoltre le disposizioni che consentono alle amministrazioni aggiudicatrici, in determinate circostanze, di modificare i contratti pubblici (articolo 72 della direttiva 2014/24) (47) e di risolverli (articolo 73 della direttiva 2014/24) (48).

90.      Ritengo che, in una certa misura, la Commissione deduca un argomento valido. Infatti, per quanto riguarda la garanzia della continuità delle forniture, non vi è motivo per ritenere che società private offrano, per definizione, garanzie più ridotte. Come confermato dal governo polacco in udienza, la PWPW è una «società pubblica a responsabilità limitata», ossia una società a responsabilità limitata che, almeno formalmente, non è diversa da molte altre società a capitale privato. In quanto tale, detta società può incorrere in difficoltà finanziarie e, in caso di grave deterioramento della sua situazione finanziaria, potrebbe anche fallire.

91.      Mi è assolutamente chiaro che il governo polacco farebbe tutto il possibile per preservare la solidità economica di tale società e, se necessario, mantenerla al riparo da una procedura fallimentare. Tuttavia, come giustamente osservato dalla Commissione, la possibilità del governo di agire in tal senso può incontrare dei limiti. In particolare, potrebbero trovare applicazione le norme dell’Unione in materia di controllo degli aiuti di Stato. Non si deve trascurare, in tale contesto, che la PWPW opera in una serie di settori (progettazione grafica, produzione e personalizzazione di vari documenti, offerta di soluzioni informatiche, ecc.) e mercati geografici (sia dentro l’Unione sia al di fuori), nei quali concorre con altre società.

92.      A mio avviso, potrebbe essere agevolmente prevista una serie di misure per minimizzare i rischi per la continuità delle forniture invocati dal governo polacco. Ad esempio, nulla impedisce al governo polacco di esigere, in particolare, che gli offerenti/contraenti: i) soddisfino criteri finanziari rigorosi ai fini della partecipazione alla gara d’appalto; ii) trasmettano periodicamente bilanci e relazioni dettagliati al fine di consentire all’amministrazione di monitorare la «salute» della società e, iii) si impegnino a trasferire la produzione in caso di fallimento (o sopravvenuta incapacità di eseguire correttamente il contratto).

93.      Pertanto, ritengo che la normativa nazionale in questione, nella misura in cui mira a garantire la continuità delle forniture dei documenti di cui trattasi, ecceda quanto necessario per garantire la tutela degli interessi essenziali di sicurezza invocati dal governo polacco. Lo stesso livello di tutela di tali interessi potrebbe essere raggiunto anche nel caso in cui la produzione dei documenti di cui trattasi fosse affidata a una o più società attraverso una procedura di gara.

94.      Di converso, mi sembra che le misure suggerite dalla Commissione per quanto concerne la necessità di evitare fughe di informazioni o di tecnologie non siano efficaci quanto l’esclusione dalla procedura di appalto. In altri termini, tali misure alternative non garantirebbero, a mio avviso, lo stesso grado di tutela scelto dal governo polacco.

95.      Anzitutto, mi sembra evidente che la mera introduzione nel contratto di regole in materia di responsabilità disciplinare o finanziaria nonché di risarcimento in caso di fughe di notizie o di altre violazioni delle regole in materia di sicurezza non possieda un’efficacia analoga: la ratio stessa di escludere determinati contratti da un appalto pubblico consiste nel minimizzare il rischio che si verifichi tale danno. Un risarcimento monetario versato a posteriori dall’appaltatore o l’imposizione di sanzioni disciplinari alle persone interessate sembrano di scarsa utilità per la Repubblica di Polonia e, di conseguenza, non sembrano validi sostituti di misure più incisive ex ante che possano evitare le violazioni. Sono ovviamente consapevole del fatto che le clausole di risarcimento e di responsabilità mirano anche a dissuadere potenziali trasgressori. Tuttavia, quando si tratta di dissuadere persone che possono essere legate, ad esempio, a gruppi terroristici, servizi segreti stranieri o potenti organizzazioni criminali dal tentare di accedere a informazioni particolarmente sensibili, gli effetti preventivi di tali clausole appaiono alquanto limitati.

96.      La Commissione ha suggerito che, al fine di garantire la capacità del governo polacco di avvalersi, ove necessario, dei poteri pubblici delle forze di polizia per effettuare controlli sulla società in questione e sul suo personale, l’appaltatore potrebbe essere tenuto a svolgere le sue attività in Polonia. In tale contesto, la Commissione fa riferimento al fatto che altre società stabilite in tale Stato dispongono già delle certificazioni di sicurezza necessarie per svolgere attività come quelle esercitate dalla PWPW.

97.      Taluni argomenti della Commissione hanno una certa forza. L’appaltatore potrebbe, di fatto, essere obbligato a produrre i documenti più sensibili in Polonia, al fine di permettere un controllo più efficace e, se del caso, che le autorità pubbliche possano esigere l’esecuzione di quanto stabilito.

98.      Tuttavia, il governo polacco può, a mio avviso legittimamente, ritenere importante poter influenzare o supervisionare talune decisioni chiave prese dalla società che potrebbero avere un’incidenza diretta o indiretta sulla sicurezza delle attività da essa esercitate (assunzione del personale, per fare un esempio). È difficile contestare che il grado di intervento che la pubblica amministrazione potrebbe esercitare quando abbia a trattare con una società pubblica sia maggiore di quello che potrebbe esercitare su una società privata, a prescindere dalle clausole e dalle garanzie che potrebbero eventualmente figurare nel contratto. Come più volte ricordato, spetta alla Repubblica di Polonia, in linea di principio, scegliere il livello adeguato di tutela degli interessi in gioco.

99.      Le stesse considerazioni possono applicarsi, mutatis mutandis, alla produzione di schede elettorali e di contrassegni olografici apposti sui certificati di voto.

100. Pertanto, ritengo che la Repubblica di Polonia possa fondarsi sull’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24, nella misura in cui le esclusioni dalla procedura di appalto pubblico riguardano documenti la cui falsificazione può avere un impatto negativo sulla lotta dello Stato alla guerra cibernetica, al terrorismo, alla tratta di esseri umani, al traffico di migranti e alla criminalità organizzata, nonché documenti che possono pregiudicare la correttezza e l’equità delle elezioni (o della relativa percezione del pubblico).

3.      Conclusioni: decisione della presente causa

101. L’analisi che precede mi conduce a formulare le seguenti conclusioni.

102. In primo luogo, taluni degli interessi invocati dal governo polacco nel presente procedimento possono essere considerati «interessi essenziali di sicurezza» ai sensi dell’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/24. Mi riferisco alle esigenze in materia di i) lotta contro la guerra cibernetica, il terrorismo, la tratta di esseri umani, il traffico di migranti e la criminalità organizzata; ii) garanzia della continuità delle forniture di documenti necessari per il buon funzionamento della pubblica amministrazione e iii) garanzia della fiducia del pubblico nella correttezza del risultato delle elezioni. Di converso, nella presente causa non rinvengo alcun elemento che potrebbe giustificare il trattamento di interessi connessi alla salute pubblica, alla tutela dei consumatori, alla sicurezza stradale e alla tutela delle finanze pubbliche come «interessi essenziali di sicurezza» ai sensi della direttiva 2014/24.

103. In secondo luogo, ritengo che la Repubblica di Polonia abbia ragionevoli motivi per ritenere che le minacce che essa intende prevenire o minimizzare mediante la normativa nazionale di cui trattasi siano effettive e sufficientemente gravi. Tuttavia, non ravviso siffatte minacce allorché i documenti dei quali la Repubblica di Polonia intende garantire la fornitura continua non siano insostituibili o indispensabili per il buon funzionamento dell’amministrazione dello Stato.

104. In terzo luogo, la normativa nazionale in questione, centralizzando la produzione dei documenti di cui trattasi in un singolo ente, interamente detenuto e direttamente controllato dallo Stato, rispetta solo parzialmente il principio di proporzionalità. Più precisamente, essa può essere considerata necessaria per raggiungere il livello di tutela adeguato scelto dal governo polacco soltanto in riferimento ai documenti la cui falsificazione può effettivamente compromettere la lotta della Repubblica di Polonia contro la guerra cibernetica, il terrorismo, la tratta di esseri umani, il traffico di migranti o la criminalità organizzata oppure pregiudicare la fiducia del pubblico nel risultato delle elezioni. Di converso, vi sono misure alternative meno invasive al fine di prevenire i rischi, invocati da detto governo, per la continuità della fornitura dei documenti di cui trattasi.

105. Tutto quanto precede significa, a mio avviso, che sia la Commissione sia la Repubblica di Polonia sono risultate parzialmente vittoriose e parzialmente soccombenti nel presente procedimento. Stando così le cose, la questione cruciale è, evidentemente, stabilire in quale misura il ricorso di cui trattasi debba essere accolto e in quale misura esso debba essere respinto.

106. Per affrontare tale questione devo ora ritornare al problema cui ho accennato nelle mie osservazioni preliminari: sia la Commissione sia il governo polacco hanno sviluppato i loro argomenti, in gran parte, in modo assai generico, mentre la normativa nazionale di cui trattasi esclude dalla procedura di appalto pubblico la produzione di una serie alquanto ampia e diversificata di documenti e di altri oggetti (49).

107. Interpellate, in udienza, sulla questione se ritenessero di aver tenuto debitamente conto delle caratteristiche specifiche di ciascun documento, entrambe le parti hanno sostenuto di non essere tenute a farlo. Il governo polacco ha ribadito che tutti i documenti di cui trattasi rivestono un’importanza cruciale per la tutela dei suoi interessi di sicurezza e che, di conseguenza, possono tutti essere esclusi da procedure di appalto pubblico. Da parte sua, la Commissione ha dichiarato che, sino a quel momento, il governo polacco si era rifiutato di partecipare a una seria discussione su tale punto e che, in ogni caso, sarebbe spettato a tale governo spiegare alla Corte le specificità di ciascun documento.

108. Non posso nascondere di aver provato una certa frustrazione quando ho appreso tali risposte. Infatti, a causa di tale approccio delle parti, e nonostante una valutazione scrupolosa dei motivi della Commissione e delle obiezioni della Repubblica di Polonia, nonché un esame delle prove addotte da entrambe le parti, non sono in grado di «tracciare una linea di demarcazione» precisa tra i documenti che possono e quelli che non possono essere legittimamente esclusi dalle norme in materia di appalti pubblici.

109. Di regola, nel contesto di un ricorso diretto, l’omessa presentazione, ad opera di una parte, di elementi a sostegno delle proprie conclusioni non dà adito a problemi procedurali di rilievo: i principi in materia di allocazione dell’onere della prova (50) possono guidare la Corte nel pronunciarsi sulle varie questioni controverse. Nella presente causa, tuttavia, mi è particolarmente difficile individuare, per quanto concerne taluni aspetti della controversia, la parte sulla quale incombeva l’onere di provare (o confutare) un determinato fatto. In questa specie di ping pong procedurale, in cui l’onere probatorio si sposta ogniqualvolta una parte abbia dimostrato la propria posizione in modo plausibile, può, talora, essere difficile decidere chi abbia fatto punto, metaforicamente parlando.

110. Inoltre, proverei un certo disagio nel suggerire alla Corte di risolvere la presente controversia sulla base di un’applicazione automatica (e dunque, oserei dire, cieca) delle norme in materia di onere della prova. È vero che ciascuna parte dovrebbe scegliere l’approccio che intende adottare e la sua strategia processuale, poiché le scelte operate al riguardo producono sovente conseguenze. Quando un organo giurisdizionale statuisce in via definitiva su una questione, e non vi è la possibilità di impugnare la sua decisione, tale questione acquisisce autorità di giudicato e, in quanto tale, non può costituire oggetto di una nuova controversia.

111. Pertanto, una volta terminato il procedimento giudiziario, la realtà procedurale sostituisce qualsiasi altra realtà «alternativa».

112. Tuttavia, se è vero che, di regola, ciò può essere considerato come un semplice dato di fatto, sono restio ad avallare un’applicazione estrema di tale approccio, che potrebbe, in extremis, indurre i giudici ad abbandonare il senso comune e ad adottare decisioni irragionevoli, nell’ambito di un procedimento per inadempimento.

113. Come la Corte ha costantemente dichiarato, nell’ambito di un procedimento per inadempimento essa è tenuta ad accertare la sussistenza o meno dell’inadempimento contestato, anche qualora il convenuto non lo contesti (51). Ciò si spiega, a mio avviso, in ragione delle conseguenze potenzialmente di vasta portata che possono derivare, per uno Stato membro, da una sentenza ad esso sfavorevole emessa ai sensi dell’articolo 258 o 259 TFUE: tale Stato membro sarà tenuto a modificare la misura nazionale controversa. Ciò vale indipendentemente dalla questione se, con una migliore difesa, esso sarebbe stato in grado di dimostrare che tale misura era effettivamente conforme al diritto dell’Unione (52). L’omessa modifica della misura nazionale controversa potrebbe esporre tale Stato membro a sanzioni pecuniarie (53) e ad azioni di responsabilità (54).

114. Pertanto, ritengo che, qualora non sia completamente chiaro quale sia il soggetto sul quale gravava l’onere della prova, poiché sembra che entrambe le parti siano o responsabili dell’incompletezza del fascicolo, sarebbe un approccio ragionevole, da parte della Corte, evitare di pronunciarsi sulle questioni che non sono strettamente indispensabili al fine di decidere la controversia. Ciò mi sembra particolarmente importante in un caso come quello di specie, in cui accogliere un argomento della ricorrente o del convenuto potrebbe avere ripercussioni immediate sulla tutela di taluni interessi essenziali di sicurezza di uno Stato membro.

115. In quest’ottica, ritengo che la Corte disponga, in sostanza, di due opzioni.

116. Da un lato, la Corte potrebbe pronunciare una sentenza interlocutoria, come ha fatto in alcune delle prime cause in cui ha ritenuto che le informazioni fornite da entrambe le parti non le consentissero di effettuare una valutazione sufficientemente accurata delle questioni in gioco. Mediante tali sentenze la Corte ha ingiunto alle parti di riesaminare talune questioni sollevate dalla controversia alla luce delle indicazioni contenute in dette sentenze e di riferire alla stessa entro un determinato termine, a seguito del quale la Corte avrebbe pronunciato una sentenza definitiva (55).

117. Dall’altro lato, la Corte potrebbe limitarsi a constatare che, avendo escluso la produzione di taluni documenti, formulari, bolli e contrassegni dalle norme in materia di appalti pubblici previste dalla direttiva 2014/24, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 1, paragrafi 1 e 3, e dell’articolo 15, paragrafi 2 e 3, di tale direttiva, in combinato disposto con l’articolo 346, paragrafo 1, lettera a), TFUE. Infatti, la mia analisi ha mostrato che, indubbiamente, la normativa nazionale di cui trattasi esclude dalle norme in materia di appalti pubblici un numero (verosimilmente elevato) di documenti ai quali non sono applicabili le deroghe previste all’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24.

118. Per ragioni di economia giudiziaria, propendo per la seconda opzione. A tal riguardo, desidero sottolineare che, alla luce delle conclusioni della Commissione (56), la Corte non statuirebbe né ultra petita né infra petita. Al contempo, la sentenza della Corte fornirebbe sufficienti indicazioni al governo polacco quanto al modo in cui la normativa nazionale di cui trattasi dovrebbe essere modificata per renderla conforme al diritto dell’Unione. Infatti, occorre tenere a mente che, secondo una giurisprudenza costante, il dispositivo della sentenza, che descrive l’inadempimento dichiarato dalla Corte nell’ambito di un ricorso ai sensi dell’articolo 258 TFUE, deve essere interpretato alla luce della motivazione di tale sentenza (57).

119. Inoltre, qualsiasi futuro disaccordo tra la Commissione e la Repubblica di Polonia in merito alla questione se quest’ultima abbia dato piena esecuzione alla sentenza della Corte potrebbe, se del caso, essere risolta, i) nell’ambito di un procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE e, qualora l’inadempimento persista anche in seguito, ii) nell’ambito di un ricorso di annullamento proposto dalla Repubblica di Polonia, ai sensi dell’articolo 263 TFUE, avverso qualsiasi decisione della Commissione che determini la necessità e l’importo delle sanzioni dovute da tale Stato membro (58).

120. Per tutti questi motivi, ritengo che la Corte debba statuire che la normativa nazionale di cui trattasi, allo stato attuale, non soddisfa le condizioni previste dall’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24 e, pertanto, viola le disposizioni di tale direttiva.

VI.    Spese

121. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura della Corte di giustizia, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, ciascuna parte sopporta le proprie spese, a meno che la Corte ritenga giustificato, alla luce delle circostanze del caso di specie, che una parte sostenga, oltre alle proprie spese, una quota delle spese della controparte.

122. Nel caso di specie, sia la Commissione sia la Repubblica di Polonia hanno chiesto la condanna della controparte alle spese e sono risultate soccombenti su uno o più capi. Di conseguenza, ritengo corretto che ciascuna parte sia condannata a sopportare le proprie spese.

VII. Conclusione

123. Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di:

–        dichiarare che, avendo escluso la produzione di determinati documenti, formulari, bolli e contrassegni dalle norme in materia di appalti pubblici previste dalla direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 1, paragrafi 1 e 3, e dell’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24, in combinato disposto con l’articolo 346, paragrafo 1, lettera a), TFUE; e di

–        condannare la Commissione e la Repubblica di Polonia a sopportare ciascuna le proprie spese.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      GU 2014, L 94, pag. 65.


3      Il punto 6 riguarda la definizione della nozione di «appalti pubblici di lavori».


4      C‑187/16, EU:C:2018:194; in prosieguo: la «sentenza Commissione/Austria».


5      Analogamente, la sottosezione della direttiva 2014/24 nella quale figura l’articolo 15 è intitolata «Appalti concernenti aspetti di difesa o di sicurezza».


6      Un altro rinvio a tale disposizione del Trattato si rinviene all’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva.


7      V., per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Commissione/Austria (Tipografia di Stato) (C‑187/16, EU:C:2017:578, paragrafi 43 e 45; in prosieguo: le «conclusioni nella causa Commissione/Austria»).


8      Come, in particolare, il fatto che l’articolo 15, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2014/24, a differenza dell’articolo 15, paragrafo 2, primo comma, e dell’articolo 15, paragrafo 3, di tale direttiva, non richieda espressamente l’indisponibilità di «misure meno invasive». Tuttavia, l’assenza di siffatto requisito è, a mio avviso, irrilevante, poiché esso discende in ogni caso dal principio di proporzionalità.


9      L’articolo 15, paragrafo 2, secondo comma, inizia con il termine «[i]noltre», il che suggerirebbe che esso integra quanto previsto al primo comma di tale disposizione. Tuttavia, mi sembra che la situazione prevista (in termini più ampi) al primo comma includa anche la situazione (definita in termini più ristretti) di cui al secondo comma.


10      V., in tal senso, sentenza Commissione/Austria, punto 75.


11      Solo per fare un esempio, i rischi derivanti da un’eventuale crisi energetica potrebbero essere considerati «interessi essenziali di sicurezza» da uno Stato che è un grande importatore di energia (o di materiali utilizzati per produrre energia), mentre potrebbero non essere tali per uno Stato autosufficiente dal punto di vista energetico. V., ad esempio, sentenza del 10 luglio 1984, Campus Oil e a. (72/83, EU:C:1984:256, punti 34 e 35). Ciò vale, a maggior ragione, nel contesto geopolitico attuale.


12      Analogamente, conclusioni dell’avvocato generale Cosmas nella causa Albore (C‑423/98, EU:C:2000:158, paragrafo 58).


13      V., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Commissione/Germania (C‑284/05, C‑294/05, C‑372/05, C‑387/05, C‑409/05, C‑461/05 e C‑239/06, EU:C:2009:76, paragrafi da 129 a 133).


14      Articoli 36, 45, 52, 65 e 202 TFUE.


15      Articolo 4, paragrafo 2, TUE.


16      Articoli 71, 72 e 276 TFUE.


17      Sentenza del 6 ottobre 2020, La Quadrature du Net e a. (C‑511/18, C‑512/18 e C‑520/18, EU:C:2020:791, punto 135).


18      V., ad esempio, articolo 4, paragrafo 2, TUE, che menziona le «funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell’integrità territoriale, di mantenimento dell’ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale» (il corsivo è mio).


19      V. sentenza Commissione/Austria, punto 77 e giurisprudenza ivi citata.


20      Sull’importanza del dovere degli Stati membri di fornire motivi e prove a tal riguardo, v. conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Commissione/Germania (C‑284/05, C‑294/05, C‑372/05, C‑387/05, C‑409/05, C‑461/05 e C‑239/06, EU:C:2009:76, paragrafi 131, 142 e 160) e conclusioni nella causa Commissione/Austria, paragrafo 48.


21      Sulla necessità di affrontare la questione dal punto di vista dello Stato membro, v., per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa Commissione/Grecia (C‑120/94, EU:C:1995:109, paragrafo 58).


22      V., per analogia, sentenza del 16 settembre 1999, Commissione/Spagna (C‑414/97, EU:C:1999:417, punto 24).


23      In tal senso, per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Cosmas nella causa Albore (C‑423/98, EU:C:2000:158, paragrafo 31).


24      V., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2000, Albore (C‑423/98, EU:C:2000:401, punto 22), e del 14 marzo 2000, Église de scientologie (C‑54/99, EU:C:2000:124, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).


25      V. sentenza Commissione/Austria, punto 76 e giurisprudenza ivi citata.


26      V., per analogia, sentenza del 2 aprile 2020, Commissione/Polonia, Ungheria e Repubblica ceca (Meccanismo temporaneo di ricollocazione di richiedenti protezione internazionale) (C‑715/17, C‑718/17 e C‑719/17, EU:C:2020:257, punto 145 e giurisprudenza ivi citata).


27      Sentenza del 30 settembre 2003, Fiocchi munizioni/Commissione (T‑26/01, EU:T:2003:248, punto 58).


28      Su tale questione, più in generale, v. le mie conclusioni nella causa BCE/Crédit lyonnais (C‑389/21 P, EU:C:2022:844, paragrafi da 41 a 74).


29      V., segnatamente, articolo 24, paragrafo 1, TUE («[l]a competenza dell’Unione in materia di politica estera e di sicurezza comune riguarda (...) tutte le questioni relative alla sicurezza dell’Unione»); e articolo 42, paragrafo 1, TUE («[l]a politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune»). Il corsivo è mio.


30      Come ricordato supra, l’articolo 4, paragrafo 2, TUE dichiara, in particolare, che l’Unione rispetta le funzioni essenziali degli Stati membri, «in particolare le funzioni di salvaguardia dell’integrità territoriale, di mantenimento dell’ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale». Il corsivo è mio.


31      V. articoli 36, 45, 52 e 65 TFUE.


32      V. articoli 71, 72 e 276 TFUE.


33      V. sentenza del 5 aprile 2022, Commissioner of the Garda Síochána e a. (C‑140/20, EU:C:2022:258, punto 57 e giurisprudenza ivi citata.


34      V., in particolare, sentenza del 26 aprile 2018, Commissione/Bulgaria (C‑97/17, EU:C:2018:285, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).


35      V., in tal senso, sentenza del 24 giugno 2021, Commissione/Spagna (Deterioramento dell’area naturale di Doñana) (C‑559/19, EU:C:2021:512, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).


36      V., in tal senso, sentenza del 21 gennaio 2016, Commissione/Cipro (C‑515/14, EU:C:2016:30, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).


37      V., in tal senso, sentenza del 23 gennaio 2014, Commissione/Belgio (C‑296/12, EU:C:2014:24, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).


38      V. sentenza del 29 luglio 2019, Commissione/Austria (Ingegneri civili, consulenti in materia di brevetti e veterinari) (C‑209/18, EU:C:2019:632, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).


39      V., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Commissione/Austria (C‑28/09, EU:C:2011:854, punto 140 e giurisprudenza ivi citata).


40      La giurisprudenza della Corte è molto restrittiva sul punto: interessi di natura economica non costituiscono, in linea di principio, interessi essenziali di sicurezza. V., in tal senso, sentenza del 16 settembre 1999, Commissione/Spagna (C‑414/97, EU:C:1999:417, punto 22).


41      V. supra, paragrafi 8 e 59.


42      Un esame completo della proporzionalità imporrebbe alla Corte di verificare se la misura nazionale realizzi un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco: l’interesse perseguito dallo Stato con la misura in questione e l’interesse delle persone sulle quali essa incide negativamente. V., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2020, Commissione/Ungheria (Istruzione superiore) (C‑66/18, EU:C:2020:792, punti 178 e 179 e giurisprudenza ivi citata).


43      Analogamente, conclusioni nella causa Commissione/Austria, paragrafo 56.


44      V., in tal senso, sentenza Commissione/Austria (punti 78 e 79 e giurisprudenza ivi citata).


45      In particolare, l’articolo 42, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 prevede quanto segue: «[l]e specifiche tecniche (...) figurano nei documenti di gara. Le specifiche tecniche definiscono le caratteristiche previste per lavori, servizi o forniture».


46      L’articolo 58, paragrafo 1, della direttiva 2014/24, rubricato «Criteri di selezione», stabilisce che i criteri di selezione possono riguardare: a) abilitazione all’esercizio dell’attività professionale; b) capacità economica e finanziaria; e c) capacità tecniche e professionali. Il paragrafo 3 di tale disposizione prevede che, «[p]er quanto riguarda la capacità economica e finanziaria, le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano la capacità economica e finanziaria necessaria per eseguire l’appalto». A sua volta, il paragrafo 4 di tale disposizione stabilisce che, «[p]er quanto riguarda le capacità tecniche e professionali, le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l’esperienza necessarie per eseguire l’appalto con un adeguato standard di qualità. Le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere, in particolare, che gli operatori economici dispongano di un livello sufficiente di esperienza comprovato da opportune referenze relative a contratti eseguiti in precedenza».


47      Ai sensi dell’articolo 72, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2014/24, i contratti e gli accordi quadro possono essere modificati senza una nuova procedura d’appalto quando, in particolare, sia soddisfatta una serie di condizioni cumulative. Una di queste condizioni [punto i)] sussiste quando «la necessità di modifica è determinata da circostanze che un’amministrazione aggiudicatrice diligente non ha potuto prevedere».


48      L’articolo 73 della direttiva 2014/24 riguarda le circostanze nelle quali le amministrazioni aggiudicatrici hanno la possibilità di risolvere un contratto pubblico durante il periodo di validità dello stesso.


49      V. paragrafi 9, 10, 69 e 70 delle presenti conclusioni.


50      I principali principi in materia sono stati ricordati supra, ai paragrafi da 63 a 65 delle presenti conclusioni.


51      V. ad esempio, sentenza del 16 gennaio 2014, Commissione/Spagna (C‑67/12, EU:C:2014:5, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).


52      In questo contesto, non si può trascurare il fatto che, nell’ambito di un procedimento per inadempimento, vi è un unico grado di giudizio: le parti dispongono, per così dire, di un solo tentativo dinanzi ai giudici dell’Unione.


53      V. articolo 260, paragrafo 2, TFUE.


54      V., a tal riguardo, sentenze del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punto 57), e del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (C‑524/04, EU:C:2007:161, punto 120).


55      V., ad esempio, sentenze del 27 febbraio 1980, Commissione/Regno Unito (170/78, EU:C:1980:53), e del 17 dicembre 1980, Commissione/Belgio (149/79, EU:C:1980:297).


56      V. paragrafo 18 delle presenti conclusioni.


57      V., ex multis, sentenza del 22 ottobre 2013, Commissione/Germania (C‑95/12, EU:C:2013:676, punti 37, 40 e 45 e giurisprudenza ivi citata).


58      L’articolo 51, lettera c), dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, come recentemente modificato, riserva tali ricorsi alla competenza della Corte.