Language of document : ECLI:EU:T:2008:541

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

2 dicembre 2008 (*)

«Responsabilità extracontrattuale della Comunità – Regime di aiuti previsto dalla legislazione italiana – Regime dichiarato compatibile con il mercato comune – Misura transitoria – Esclusione di talune imprese – Principio della tutela del legittimo affidamento – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli – Insussistenza»

Nelle cause T‑362/05 e T‑363/05,

Nuova Agricast Srl, con sede in Cerignola,

Cofra Srl, con sede in Barletta,

rappresentate dall’avv. M. A. Calabrese,

ricorrenti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. V. Di Bucci e dalla sig.ra E. Righini, in qualità di agenti,

convenuta,

aventi ad oggetto la domanda di risarcimento dei danni assertivamente subiti dalle ricorrenti a causa dell’adozione della decisione della Commissione 12 luglio 2000, che dichiara compatibile con il mercato comune un regime di aiuti agli investimenti nelle aree depresse dell’Italia [aiuto di Stato N 715/99 – Italia (SG 2000 D/105754)] e a causa del comportamento tenuto dalla Commissione durante il procedimento di adozione di tale decisione,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Prima Sezione),

composto dalla sig.ra V. Tiili, presidente, dal sig. F. Dehousse e dalla sig.ra I. Wiszniewska-Białecka (relatore), giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 giugno 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Antecedenti e fatti all’origine delle controversie

 Regime di aiuti previsto dalla legge italiana n. 488/92

1        Con il decreto legge 22 ottobre 1992, n. 415, Rifinanziamento della legge 1° marzo 1986, n. 64, recante disciplina organica dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno (GURI n. 249 del 22 ottobre 1992, pag. 3), modificato e convertito in legge con la legge 19 dicembre 1992, n. 488 (GURI n. 299 del 21 dicembre 1992, pag. 3, rettifica in GURI n. 301 del 23 dicembre 1992, pag. 40), a sua volta modificata con decreto legge 3 aprile 1993, n. 96 (GURI n. 79 del 5 aprile 1993, pag. 5) (in prosieguo: la «legge n. 488/92»), il legislatore italiano ha previsto misure finanziarie destinate ad agevolare lo sviluppo da parte delle imprese di talune attività produttive nelle aree depresse dell’Italia.

2        Il regime di aiuti istituito dalla legge n. 488/92 viene applicato periodicamente mediante bandi di attuazione (in prosieguo: i «bandi»). Il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (in prosieguo: il «CIPE») assegna, previa decisione, un importo destinato al finanziamento del bando di cui trattasi, per ciascuno dei territori italiani interessati. Il Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato (in prosieguo: il «MICA») apre poi i termini entro i quali le imprese possono presentare le loro domande di agevolazioni, che devono essere accompagnate da un progetto di investimento. Le imprese vengono classificate per ordine di merito, sulla base di alcuni requisiti stabiliti dal CIPE, in una graduatoria regionale (in prosieguo: la «graduatoria»), in testa alla quale si collocano i progetti che offrono le maggiori garanzie di redditività. Le agevolazioni vengono concesse secondo l’ordine della graduatoria, fino ad esaurimento delle risorse disponibili per il periodo di riferimento.

3        Con decisione 1° marzo 1995 [aiuto di Stato N 40/95 – Aiuti a finalità regionale in Italia (SG 1995 D/3693), comunicazione sommaria sulla GU C 184, pag. 4], la Commissione decideva di non sollevare obiezioni in relazione a tale regime di aiuti, fondato sulla legge n. 488/92, fino al 31 dicembre 1996 o fino al 31 dicembre 1999.

4        Il 20 ottobre 1995, il MICA ha adottato, con decreto n. 527, il Regolamento recante le modalità e le procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore delle attività produttive nelle aree depresse del paese (GURI n. 292 del 15 dicembre 1995, pag. 3; in prosieguo: il «decreto n. 527/95»).

5        Ai sensi dell’art. 6, n. 8, del decreto n. 527/95, «le domande per le quali non è disposta la concessione provvisoria delle agevolazioni, a causa delle disponibilità finanziarie inferiori all’importo delle agevolazioni complessivamente richieste, sono inserite nelle graduatorie per la ripartizione delle agevolazioni previste per il solo esercizio successivo a quello cui si riferisce la domanda» (in prosieguo: l’«iscrizione automatica), «se non ritirate dal richiedente per una riformulazione e una successiva ripresentazione» (in prosieguo: la «riformulazione») e «[i]n tale ultimo caso, ai fini dell’ammissibilità delle spese, viene fatta salva la prima domanda di agevolazioni». Ai sensi dell’art. 4, n. 3, di quest’ultimo decreto, in linea di massima le spese erano ammesse all’aiuto a condizione che fossero state sostenute successivamente alla data di presentazione della domanda. Tali disposizioni disciplinavano i primi due bandi per l’attuazione del regime generale di aiuti approvato con decisione 1° marzo 1995.

6        Il decreto n. 527/95 veniva modificato dal decreto ministeriale 31 luglio 1997, n. 319 (GURI n. 221 del 22 settembre 1997, pag. 31), e pubblicato in una versione consolidata (GURI n. 221 del 22 settembre 1997, pag. 66; in prosieguo: il «decreto n. 527/95, seconda versione»). La modifica riguardava in particolare il dies a quo dell’ammissibilità delle spese stabilito dall’art. 4, n. 3, del decreto n. 527/95. Erano ammissibili all’aiuto non più le spese sostenute a partire dal giorno di presentazione della domanda di agevolazioni, ma quelle sostenute a decorrere dal giorno successivo alla data di chiusura del bando precedente. Le modifiche introdotte producevano effetti sulle domande presentate a partire dal terzo bando. Con decisione 21 maggio 1997 [aiuto di Stato N 27/A/97 – Italia (SG 1997 D/4949) (comunicazione sommaria sulla GU C 242, pag. 4; in prosieguo: la «decisione 21 maggio 1997»)], la Commissione non sollevava obiezioni nei confronti di tali modifiche e della proroga fino al 31 dicembre 1999 del regime di aiuti previsto dalla legge n. 488/92.

7        Nell’ambito del terzo bando, le società Nuova Agricast Srl e Cofra Srl, ricorrenti, presentavano entrambe una domanda di agevolazioni per un progetto di investimento. L’importo totale delle spese previste era pari, rispettivamente, a LIT 9 516 000 000 e 8 062 000 000. Entrambi questi importi comprendevano spese sostenute prima della presentazione della domanda, ma dopo la chiusura dei termini del bando precedente.

8        Con decreto 14 agosto 1998, n. 45718, il MICA annunciava che la Nuova Agricast era stata classificata nella 1 386ª posizione della graduatoria, non utile ai fini della concessione di un aiuto. Con decreto n. 50792 dello stesso giorno, il MICA annunciava che la Cofra si era classificata nella 1 347ª posizione, anch’essa non utile ai fini della concessione di un aiuto. Tali decreti enunciavano che, conformemente al decreto n. 527/95, seconda versione, le domande classificate in posizioni non utili per la concessione di un aiuto nell’ambito di tale terzo bando sarebbero state inserite automaticamente, invariate, nella graduatoria relativa al quarto bando, mantenendo valide, ai fini dell’ammissibilità delle spese, le condizioni previste per la domanda originaria. Essi precisavano inoltre che, qualora un’impresa intendesse mantenere valide le condizioni di ammissibilità delle spese e, al contempo, riformulare la sua domanda di agevolazione, avrebbe dovuto rinunciare al suddetto inserimento automatico e ripresentare la propria domanda entro i termini di presentazione relativi al solo quinto bando, che dovevano essere fissati con decreto.

9        Le ricorrenti optavano entrambe per la riformulazione. Tuttavia, le autorità italiane non hanno indetto alcun bando che consentisse la riformulazione delle loro domande prima del 31 dicembre 1999.

 Proroga del regime di aiuti previsto dalla legge n. 488/92

10      Il 18 novembre 1999, ai sensi dell’art. 88, n. 3, CE, le autorità italiane notificavano alla Commissione una proposta di regime di aiuti applicabile dal 1° gennaio 2000, anch’essa fondata sulla legge n. 488/92. A tale notifica seguivano uno scambio di corrispondenza tra la Commissione e le autorità italiane e una riunione tra i rappresentanti del governo italiano e i servizi della Commissione in data 16 maggio 2000.

11      Nell’ambito di detto scambio di corrispondenza figura una lettera delle autorità italiane del 3 aprile 2000. In tale lettera, il MICA faceva valere che, nell’ipotesi in cui la Commissione avesse mantenuto la propria posizione, secondo la quale il principio dell’ammissibilità all’aiuto delle spese sostenute a decorrere dal giorno seguente alla data di chiusura del bando precedente era contrario al principio della necessità degli aiuti di Stato, sarebbe stato indispensabile, considerata la rilevante modifica così introdotta al previgente regime, che la possibilità della retroattività delle spese ammissibili dalla data di chiusura del bando precedente formasse oggetto di una norma transitoria, limitata alla sola prima applicazione del nuovo regime.

12      All’interno di tale corrispondenza figura del pari una lettera della Commissione datata 29 maggio 2000 (in prosieguo: la «lettera 29 maggio 2000»). In tale lettera la Commissione si riferisce alla riunione del 16 maggio 2000, precisando che «le autorità italiane hanno presentato la proposta di prevedere una norma transitoria al regime in oggetto [aiuto di Stato N 715/99], per la sola prima fase della sua applicazione, in base alla quale si sarebbe inteso riconoscere la retroattività delle spese ammissibili all’aiuto dalla data di chiusura dell’ultimo bando avvenuto». La Commissione distingue poi fra due categorie di imprese che sarebbero interessate dalla misura transitoria, tra cui «quella [delle imprese che hanno] presentato domanda a titolo dell’ultimo bando utile, istruite positivamente dalle banche concessionarie e iscritte nelle graduatorie regionali, ma che non hanno ottenuto l’agevolazione a causa dell’insufficienza delle risorse finanziarie [disponibili]». Essa invita le autorità italiane, per quanto riguarda tale categoria, «a impegnarsi a considerare, esclusivamente per la prima fase di applicazione del nuovo regime, le domande in sospeso nell’ambito dell’ultimo bando istituito, esattamente come se fossero state istruite positivamente e iscritte nelle ultime graduatorie». Le autorità italiane hanno in seguito modificato la loro proposta di regime di aiuti.

13      Il 25 maggio 2000 veniva pubblicato il decreto del MICA 9 marzo 2000, n. 133 (GURI n. 120 del 25 maggio 2000, pag. 5). Esso disciplinava la transizione tra il regime di aiuti scaduto il 31 dicembre 1999 e il nuovo regime la cui autorizzazione era stata chiesta alla Commissione il 18 novembre 1999 per il periodo 2000-2006. Tale decreto prevedeva in particolare che le domande presentate a titolo di uno dei bandi utili precedenti alla sua entrata in vigore, che non erano state classificate in una posizione utile e che potevano beneficiare delle condizioni di cui all’art. 6, n. 8, del decreto n. 527/95, seconda versione (punto 5 supra), potevano, in relazione al primo bando utile successivo a detta entrata in vigore, ricorrere alla sola riformulazione, secondo le modalità e le procedure dallo stesso introdotte. Tale transizione veniva attuata in particolare mediante una modifica del decreto n. 527/95, seconda versione (GURI n. 120 del 25 maggio 2000, pag. 60; in prosieguo: il «decreto n. 527/95, terza versione»).

14      Con decisione 12 luglio 2000 [aiuto di Stato N 715/99 – Italia (SG 2000 D/105754), comunicazione sommaria sulla GU C 278, pag. 26; in prosieguo: la «decisione 12 luglio 2000»], la Commissione decideva di non sollevare obiezioni a tale regime di aiuti fino al 31 dicembre 2006. Tale decisione contiene, nella parte relativa alla descrizione del funzionamento e dell’applicazione del regime di aiuti notificato dal governo italiano, un paragrafo redatto come segue:

«Soltanto in occasione della prima applicazione del regime in questione, ossia in occasione del primo bando che sarà organizzato in base al regime medesimo, fermo restando che in ogni caso le domande di aiuto devono essere introdotte prima dell’inizio di esecuzione del progetto di investimento, saranno eccezionalmente ammesse le domande introdotte in occasione dell’ultimo bando, organizzato in base al regime precedente ed approvato dalla Commissione fino al 31 dicembre 1999, che sono state considerate ammissibili all’aiuto ma che non sono state evase data l’insufficienza delle risorse finanziarie assegnate a tale bando».

 Misure di attuazione della decisione 12 luglio 2000

15      Il 18 luglio 2000 venivano pubblicati due decreti del MICA, recanti la data del 14 luglio 2000 (GURI n. 166 del 18 luglio 2000, pag. 49). Il primo di essi fissava dal 24 luglio al 30 settembre 2000 i termini di presentazione delle domande di agevolazioni per alcune regioni d’Italia. Il secondo, Misure massime consentite relative alle agevolazioni in favore delle attività produttive nelle aree depresse del Paese di cui alla legge n. 488/92 per le Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia, precisava in particolare che tali agevolazioni potevano essere concesse, tenuto conto della decisione 12 luglio 2000, esclusivamente sulla base delle spese inserite in programmi di investimento avviati a partire dal giorno successivo a quello di presentazione della domanda di agevolazioni, nonché, per la sola prima applicazione del nuovo regime, sulla base delle spese ritenute ammissibili nell’ambito dei programmi relativi all’ultimo bando utile istruiti con esito positivo e non agevolati a causa dell’insufficienza delle risorse finanziarie disponibili.

16      Il 28 luglio 2000, il MICA pubblicava la circolare n. 900315, datata 14 luglio 2000 (Supplemento ordinario n. 122 alla GURI n. 175 del 28 luglio 2000). Tale circolare esplicativa indicava in particolare che, conformemente alla decisione 12 luglio 2000, le domande presentate in occasione del quarto bando e quelle presentate in occasione del settimo bando, con esclusione di quelle inserite automaticamente o riformulate nell’ambito di uno di tali bandi, istruite positivamente ma non agevolate, potevano essere inserite nelle pertinenti graduatorie relative al solo primo bando utile successivo alla pubblicazione di detta circolare, «mantenendo valide le condizioni di retroattività delle spese vigenti con riferimento alla domanda di agevolazioni originaria».

17      Poiché le domande di aiuti introdotte nell’ambito del terzo bando, che attendevano di essere riformulate nell’ambito del primo bando utile successivo alla rinuncia all’inserimento automatico, non potevano essere riformulate nell’ambito del primo bando organizzato nell’ambito del nuovo regime autorizzato dalla decisione 12 luglio 2000 (ottavo bando di attuazione del regime di agevolazioni istituito in base alla legge n. 488/92), le ricorrenti riformulavano irritualmente le domande, inviando un fascicolo alle banche interessate.

18      La graduatoria relativa all’ottavo bando veniva pubblicata nella GURI il 26 maggio 2001. Tenuto conto delle condizioni vigenti nell’ambito del regime di agevolazioni autorizzato con la decisione 12 luglio 2000, le ricorrenti non hanno potuto formalmente presentare le loro domande di agevolazioni riformulate e le loro domande non sono state quindi iscritte in detta graduatoria. Le ricorrenti ritengono tuttavia che le loro domande riformulate, se avessero potuto essere presentate, si sarebbero classificate in posizione utile per l’ottenimento di un’agevolazione.

19      La Nuova Agricast proponeva quindi un ricorso dinanzi al Tribunale civile di Roma per chiedere la condanna del Ministero delle Attività produttive, che aveva assunto le funzioni del MICA, al risarcimento del danno che essa sosteneva di aver subìto a causa del mancato ottenimento dell’agevolazione richiesta. Nell’ambito di tale procedimento, il giudice italiano adito sottoponeva una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia (sentenza della Corte 15 aprile 2008, causa C‑390/06, Nuova Agricast, non ancora pubblicata nella Raccolta).

20      La Cofra richiedeva chiarimenti alla Commissione, che li ha forniti con lettera del 31 luglio 2001 (D/53172). In tale lettera, la Commissione precisava che la nozione di «ultimo bando» figurante nella decisione 12 luglio 2000 si riferiva all’ultimo bando organizzato conformemente al regime precedente approvato dalla Commissione fino al 31 dicembre 1999. Secondo tale lettera, ciò risultava sia dalla decisione 12 luglio 2000 sia dalla notifica del regime effettuata dal governo italiano.

21      Il 30 gennaio 2001, il Consiglio di Stato adottava una decisione nell’ambito dell’esame di un ricorso proposto da un’impresa contro misure nazionali di attuazione della decisione 12 luglio 2000 (parere n. 55/2001). Tale impresa, al pari delle ricorrenti, si trovava nell’impossibilità di riformulare la propria domanda di aiuto. Il Consiglio di Stato considerava che, optando per la riformulazione nell’ambito previsto dal decreto n. 527/95, seconda versione, le imprese avevano accettato il rischio che, nelle more dell’istituzione di un nuovo bando, la normativa cambiasse ed eventualmente impedisse loro di fruire dei diritti sorti all’atto dell’opzione per la riformulazione. Esso riteneva inoltre che il procedimento iniziato con la domanda riformulata fosse un procedimento diverso da quello iniziato con la prima domanda, cui si doveva applicare la nuova disciplina nel frattempo intervenuta.

22      Con lettere 7 luglio 2005, pervenute alla Commissione rispettivamente il 14 e il 15 luglio 2005, le ricorrenti chiedevano alla Commissione il risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell’impedimento alla riformulazione delle loro domande, recato dalla decisione 12 luglio 2000.

 Procedimento e conclusioni delle parti

23      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 21 settembre 2005, le ricorrenti hanno proposto i ricorsi in esame.

24      Con lettere depositate presso la cancelleria del Tribunale il 18 novembre 2005, la Commissione ha presentato, in entrambi i procedimenti, una domanda di misura di organizzazione del procedimento ai sensi dell’art. 64, n. 4, del regolamento di procedura del Tribunale, per chiedere di essere autorizzata, in entrambi i procedimenti:

–        in via principale, a limitare le proprie deduzioni scritte alla questione dell’imputabilità alla Commissione della responsabilità per il danno lamentato dalla ricorrente;

–        in subordine, a potersi concentrare, nella fase scritta, sui principi di diritto relativi alla responsabilità extracontrattuale della Comunità, in particolare per quanto riguarda l’esistenza di comportamenti illegittimi imputabili alla Commissione, l’effettività e la natura del danno, nonché il nesso causale tra il comportamento addebitato alla Commissione e il pregiudizio asserito;

–        in ogni caso, da un lato, ad essere dispensata dall’esaminare le questioni relative al quantum del danno e alla determinazione dell’importo che la Commissione dovrebbe risarcire alla ricorrente e, dall’altro, a poter presentare le proprie argomentazioni nel merito, se necessario, dopo che il Tribunale si sarà pronunciato sulla ricevibilità del ricorso e sui principi di diritto relativi alla responsabilità extracontrattuale della Comunità, in particolare per quanto riguarda l’esistenza di comportamenti illegittimi imputabili alla Commissione, l’effettività e la natura del danno, nonché il nesso causale tra il comportamento addebitato alla Commissione e il pregiudizio asserito.

25      Con lettere depositate presso la cancelleria del Tribunale il 2 dicembre 2005, le ricorrenti hanno informato il Tribunale che rinunciavano a presentare osservazioni su tali domande.

26      Con decisioni 1° marzo 2006, il Tribunale ha parzialmente ammesso dette domande e ha invitato la Commissione a concentrarsi, nelle sue osservazioni scritte, da un lato, sulla questione della ricevibilità dei ricorsi e, dall’altro, sulle questioni relative all’esistenza di comportamenti illeciti imputabili alla Commissione, all’effettività e alla natura dei danni lamentati, nonché al nesso causale tra i comportamenti addebitati alla Commissione e tali danni.

27      Con lettere depositate presso la cancelleria del Tribunale il 29 maggio 2006, le ricorrenti hanno presentato, in ciascuna causa, una domanda di misura di organizzazione del procedimento ai sensi dell’art. 64, n. 4, del regolamento di procedura, affinché il Tribunale invitasse la Commissione a rispondere per iscritto ad alcuni quesiti prima del deposito delle memorie di replica. Tali quesiti erano diretti in particolare a che la Commissione si impegnasse a non adottare determinate decisioni.

28      Con lettere depositate presso la cancelleria del Tribunale il 26 giugno 2006, la Commissione ha affermato che non era favorevole a tali domande.

29      Con decisioni 14 luglio 2006, il Tribunale (Quarta Sezione) ha respinto le domande presentate dalle ricorrenti.

30      Con lettere depositate presso la cancelleria del Tribunale il 31 luglio 2006, le ricorrenti hanno chiesto alcune precisazioni al Tribunale in merito alle suddette decisioni di rigetto. Con lettere 13 settembre 2006, la cancelleria del Tribunale ha fornito alle ricorrenti le precisazioni richieste.

31      Con lettere depositate presso la cancelleria del Tribunale il 31 marzo 2007, le ricorrenti hanno presentato nuove domande di misure di organizzazione del procedimento, per essere autorizzate a produrre il testo delle osservazioni presentate dalla Commissione dinanzi alla Corte nella causa C‑390/06, in ragione del fatto che esso «potrebbe rivelarsi utile anche in queste cause».

32      Con decisioni 2 maggio 2007, il Tribunale (Quarta Sezione) ha respinto tali domande, senza avere chiesto le osservazioni della Commissione, poiché le domande non erano sufficientemente precise.

33      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale dall’inizio del nuovo anno giudiziario, il giudice relatore è stato destinato alla Prima Sezione, cui le cause in esame sono state quindi assegnate.

34      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Prima Sezione) ha deciso di passare alla fase orale.

35      Con ordinanza 24 aprile 2008, il presidente della Prima Sezione del Tribunale ha deciso, sentite le parti, di riunire le cause T‑362/05 e T‑363/05 ai fini della trattazione orale, in conformità all’art. 50 del regolamento di procedura.

36      Con lettera 31 maggio 2008 le ricorrenti hanno chiesto di poter produrre, all’udienza, le osservazioni presentate dalla Commissione dinanzi alla Corte nell’ambito della causa C‑390/06, Nuova Agricast. Con lettera 6 giugno 2008, la cancelleria del Tribunale ha informato le ricorrenti che avrebbero potuto proporre, all’udienza, la produzione di tali documenti e che sarebbe stata presa una decisione in seguito, sentita la Commissione.

37      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti orali posti dal Tribunale all’udienza dell’11 giugno 2008.

38      Nella causa T‑362/05, la Nuova Agricast, ricorrente, chiede che il Tribunale voglia:

–        condannare la Commissione a versarle:

–        EUR 701 692,77 a titolo di risarcimento del danno per il mancato incameramento della prima quota di agevolazione, con rivalutazione secondo gli indici dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) dal 26 giugno 200l e fino alla data della sentenza;

–        EUR 701 692,77 a titolo di risarcimento del danno per il mancato incameramento della seconda quota di agevolazione, con rivalutazione secondo gli indici ISTAT dal 26 giugno 2002 e fino alla data della sentenza, e subordinando tale risarcimento all’avvenuta realizzazione, entro un anno dalla data di effettiva erogazione della somma di cui al trattino precedente, dei due terzi dell’investimento, e prevedendo che la dimostrazione di tale avvenuta effettiva realizzazione venga effettuata, nei confronti della Commissione, sulla base delle formalità previste dal decreto n. 527/95, terza versione;

–        EUR 701 692,77 a titolo di risarcimento del danno per il mancato incameramento della terza quota di agevolazione, con rivalutazione secondo gli indici ISTAT dal 26 giugno 2003 e fino alla data della sentenza, e subordinando tale risarcimento all’avvenuta realizzazione, entro un anno dalla data di effettiva erogazione della somma di cui al trattino precedente, del totale del programma di investimento, e prevedendo che la dimostrazione di tale avvenuta effettiva realizzazione venga effettuata, nei confronti della Commissione, sulla base delle formalità previste dal decreto n. 527/95, terza versione;

–        gli interessi moratori su tali somme rivalutate, calcolati applicando il tasso fissato dalla Banca centrale europea (BCE) per le principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato del numero di punti percentuali che il Tribunale riterrà di giustizia e che non dovrà essere inferiore a due, calcolati come segue:

–        sulla prima quota di risarcimento, a partire dalla data della sentenza e fino al pagamento;

–        sulla seconda quota di risarcimento, a partire dalla data in cui la ricorrente avrà fornito alla Commissione la prova di aver realizzato almeno i due terzi del programma riformulato e fino al pagamento;

–        sulla terza quota di risarcimento, a partire dalla data in cui la ricorrente avrà fornito la prova di avere completato il programma riformulato e fino al pagamento;

–        EUR 1 453 387,03, o una diversa cifra maggiore o minore, che venisse determinata, eventualmente in accordo con la Commissione, in corso di causa, a titolo di risarcimento del danno per il minor risultato della gestione caratteristica dell’impresa conseguito nell’esercizio finanziario chiuso il 30 giugno 2002 rispetto a quello che sarebbe risultato qualora fosse stato realizzato il programma di investimenti, con rivalutazione secondo gli indici ISTAT dal l° luglio 2002 e fino alla data della sentenza;

–        gli interessi sulla cifra rivalutata di cui al trattino precedente, calcolati dalla data della sentenza e fino al pagamento, applicando il tasso fissato dalla BCE per le principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato del numero di punti percentuali che il Tribunale riterrà di giustizia e che non dovrà essere inferiore a due;

–        condannare la Commissione alle spese, comprese quelle sostenute per la consulenza tecnica.

39      Nella causa T‑363/05, la Cofra, ricorrente, chiede che il Tribunale voglia:

–        condannare la Commissione a versarle:

–        EUR 387 700, con rivalutazione agli indici ISTAT dal 26 giugno 2001 e fino alla data della sentenza;

–        EUR 387 700, con rivalutazione agli indici ISTAT dal 26 giugno 2002 e fino alla data della sentenza;

–        EUR 387 700, con rivalutazione agli indici ISTAT dal 26 giugno 2003 e fino alla data della sentenza;

–        gli interessi su tali somme rivalutate, calcolati a partire dalla data della sentenza e fino al pagamento integrale, applicando il tasso fissato dalla BCE per le sue principali operazioni di rifinanziamento, maggiorato del numero di punti percentuali che il Tribunale riterrà di giustizia e che non dovrà essere inferiore a due;

–        condannare la Commissione alle spese, comprese quelle sostenute per la consulenza tecnica.

40      In ciascuna causa, la Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        ordinare che venga espunta dal testo del ricorso l’accusa di «falso ideologico» mossa al punto 69 in relazione alla lettera 29 maggio 2000;

–        respingere il ricorso perché irricevibile o, in subordine, perché infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

41      All’udienza, le ricorrenti hanno prodotto le osservazioni presentate dalla Commissione dinanzi alla Corte nell’ambito della causa C‑390/06, Nuova Agricast. La Commissione ha dichiarato di non opporsi alla ricevibilità di detto documento. Il Tribunale ne ha preso atto. Sentite le parti, tale documento è stato inserito nel fascicolo con decisione del presidente della Prima Sezione.

42      All’udienza le ricorrenti hanno peraltro rinunciato alla loro argomentazione relativa alla violazione del principio della parità di trattamento. Il Tribunale ne ha preso atto.

43      Con lettera depositata nella cancelleria del Tribunale il 17 giugno 2008, le ricorrenti hanno presentato, in via principale, una domanda di misura di organizzazione del procedimento, diretta a poter depositare una lettera del governo italiano 15 settembre 2006 e, in subordine, una domanda di riapertura della fase orale nell’ambito della quale tale lettera avrebbe potuto essere inserita nel fascicolo.

44      Con decisioni 30 giugno 2008, il Tribunale (Prima Sezione) ha respinto dette domande, senza aver chiesto le osservazioni della Commissione, considerando che tali domande non erano utili per la trattazione delle cause.

45      Sentite le parti all’udienza, il Tribunale (Prima Sezione) ritiene che occorra riunire le cause anche ai fini della sentenza, in conformità all’art. 50 del regolamento di procedura.

 In diritto

 Sui capi della domanda della Commissione diretti a ottenere che venga espunta un’espressione dalle memorie delle ricorrenti

 Argomenti delle parti

46      La Commissione sostiene che l’espressione «falso ideologico» utilizzata nei ricorsi in relazione alla lettera 29 maggio 2000 designa esclusivamente un delitto previsto dal codice penale italiano che, in determinate circostanze, può essere punito con una pena detentiva. Tale accusa sarebbe gravemente lesiva della sua onorabilità e di quella dei suoi funzionari. Essa invita le ricorrenti a ritirarla. In mancanza, chiede al Tribunale di ordinare che la frase in questione venga espunta dal testo del ricorso.

47      Le ricorrenti replicano di avere utilizzato tale espressione senza alcun riferimento alla fattispecie di reato prevista dal diritto penale italiano.

 Giudizio del Tribunale

48      Secondo la giurisprudenza, non è compito dei giudici comunitari limitare la libertà di espressione di cui godono le parti, nei limiti del rispetto delle regole deontologiche. Una domanda diretta ad ottenere che il Tribunale ordini la cancellazione di taluni passaggi di una memoria ad esso presentata deve perciò essere considerata irricevibile (sentenza del Tribunale 16 dicembre 2004, cause riunite T‑120/01 e T‑300/01, De Nicola/BEI, Racc. pagg. I‑A‑365 e II‑1671, punto 314).

49      Nella fattispecie, le ricorrenti sostengono, in sostanza, che, nella lettera 29 maggio 2000, la Commissione ha consapevolmente occultato il fatto che le autorità italiane abbiano cercato, tramite una misura diretta a garantire la transizione fra il regime di aiuti autorizzato dalla decisione 21 maggio 1997 e il regime di aiuti per il quale esse chiedevano una nuova autorizzazione, di proteggere non soltanto la situazione delle imprese che avevano partecipato al quarto bando, ma anche quella delle imprese che avevano partecipato al terzo bando.

50      A questo proposito, il Tribunale constata che il «falso» che le ricorrenti sostengono di aver individuato nella lettera 29 maggio 2000 non è presente in detta lettera. Infatti, dopo una presentazione generale della proposta delle autorità italiane, detta lettera indica, fra i beneficiari potenziali della misura transitoria inizialmente considerata da dette autorità, la categoria delle imprese «che hanno presentato domanda nell’ultimo bando utile». Orbene, l’invito della Commissione indirizzato a dette autorità in questa lettera mira a far sì che queste ultime, per quanto riguarda tale categoria, si impegnino «a considerare, esclusivamente per la prima fase di applicazione del nuovo regime, le domande risultate inevase nell’ultimo bando avvenuto». Pertanto, detta lettera distingue fra la sfera di applicazione ampia della misura transitoria considerata dalle autorità italiane e l’invito della Commissione a dette autorità mirante a che la sfera di applicazione di tale misura sia ridotta alle sole imprese che hanno partecipato all’ultimo bando intervenuto (v. supra, punto 12).

51      Tuttavia, è giocoforza rilevare che, secondo la giurisprudenza citata al punto 48 supra, non è compito del Tribunale limitare la libertà di espressione di cui godono le parti, nei limiti del rispetto delle regole deontologiche. Così, dato che le ricorrenti hanno espressamente dichiarato che esse non sostenevano che la Commissione avesse commesso un falso ideologico ai sensi del diritto penale italiano e indipendentemente dal fatto che tale qualificazione non sia fondata, i capi della domanda della Commissione volti a che un’espressione sia espunta dalle memorie delle ricorrenti devono essere dichiarati irricevibili.

 Sulle richieste di risarcimento delle ricorrenti

52      La Commissione contesta la ricevibilità dei ricorsi. Tuttavia, spetta al Tribunale valutare cosa comporti una corretta amministrazione della giustizia nelle circostanze della causa (sentenza della Corte 26 febbraio 2002, causa C‑23/00 P, Consiglio/Boehringer, Racc. pag. I‑1873, punto 52). Nel caso di specie, il Tribunale ritiene che occorra pronunciarsi anzitutto sul merito dei ricorsi.

53      A sostegno dei loro ricorsi, le ricorrenti affermano che ricorrono le condizioni alle quali è subordinato il diritto al risarcimento ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE.

54      Secondo una giurisprudenza costante, la responsabilità extracontrattuale della Comunità per comportamento illecito dei suoi organi, ai sensi dell’art. 288, secondo comma, CE, dipende da un complesso di presupposti, vale a dire l’illegittimità del comportamento contestato alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra tale comportamento ed il danno asserito (sentenze della Corte 29 settembre 1982, causa 26/81, Oleifici Mediterranei/CEE, Racc. pag. 3057, punto 16, e del Tribunale 21 maggio 2008, causa T‑495/04, Belfass/Consiglio, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 119). Nel caso in cui una di tali condizioni non sia soddisfatta, il ricorso dev’essere respinto interamente, senza che sia necessario esaminare le altre condizioni (sentenza della Corte 15 settembre 1994, causa C‑146/91, KYDEP/Consiglio e Commissione, Racc. pag. I‑4199, punto 81, e sentenza Belfass/Consiglio, cit., punto 120).

55      Nel caso di specie, occorre verificare innanzitutto se sia soddisfatta la condizione relativa all’illegittimità del comportamento addebitato all’istituzione.

 Argomenti delle parti

56      Le ricorrenti osservano, in via preliminare, che, nonostante la posizione adottata dal Consiglio di Stato nel suo parere n. 55/2001 (punto 21 supra), esse ritengono che la procedura aperta con la prima domanda di agevolazione prosegua come un unico procedimento, di cui farebbero parte l’opzione per la riformulazione e la presentazione della domanda riformulata. Così, la scelta della riformulazione farebbe sorgere un diritto alla riformulazione. Tale diritto non si estinguerebbe con il decorso del termine di durata dell’autorizzazione del regime di aiuti, giacché tale estinzione non sarebbe prevista dalla normativa applicabile a detto regime.

57      In ogni caso, quand’anche vi fossero due procedimenti, il secondo inizierebbe non con la presentazione della domanda riformulata, ma con la rinuncia all’inserimento automatico. La normativa applicabile a tale secondo procedimento sarebbe quindi quella in vigore nel 1998.

58      A tale riguardo, le presenti cause si distinguerebbero dalla causa che ha dato luogo alla sentenza del Tribunale 14 gennaio 2004, causa T‑109/01, Fleuren Compost/Commissione (Racc. pag. II‑127), nella quale non sarebbe stata prevista la doppia partecipazione. Nel caso di specie, il diritto ad una seconda partecipazione sarebbe stato previsto e concesso alle ricorrenti prima della scadenza del regime di aiuti autorizzato con la decisione 21 maggio 1997. Le presenti cause si differenzierebbero altresì dalla causa che ha dato luogo all’ordinanza del Tribunale 21 novembre 2005, causa T‑426/04, Tramarin/Commissione (Racc. pag. II‑4765).

59      Piuttosto, la situazione delle ricorrenti presenterebbe numerosi punti in comune con la causa che ha condotto alla sentenza della Corte 22 giugno 2006, cause riunite C‑182/03 e C‑217/03, Belgio e Forum 187/Commissione (Racc. pag. I‑5479; in prosieguo: la «sentenza Forum 187»). In particolare, le ricorrenti avrebbero potuto ragionevolmente attendersi che la Commissione non si sarebbe opposta al loro diritto alla riformulazione e non avrebbe modificato la propria precedente valutazione senza concedere le disposizioni transitorie necessarie per potersi adeguare alle modificazioni e che avrebbe tutelato l’affidamento da essa stessa ingenerato tramite la mancata apposizione di riserve alla decisione di autorizzazione del 1997.

60      Da quanto precede le ricorrenti deducono che godevano di un diritto alla riformulazione e alle condizioni di ammissibilità delle spese vigenti al momento della presentazione delle loro domande originarie o, al più tardi, al giorno della loro rinuncia all’inserimento automatico. Muovendo da tale premessa e dall’ipotesi secondo cui la decisione 21 maggio 1997 consentiva, anche dopo la sua scadenza, l’istituzione di un bando utile riservato all’escussione dei diritti alla riformulazione acquisiti nel corso della durata dell’autorizzazione del regime, le ricorrenti sostengono che la Commissione le ha danneggiate commettendo vari atti illeciti. Tali illeciti deriverebbero dal fatto che la Commissione, con la lettera 29 maggio 2000, avrebbe invitato le autorità italiane a modificare il loro progetto di misura transitoria e dall’adozione della decisione 12 luglio 2000.

61      In primo luogo, la Commissione avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione nel considerare come facente parte del nuovo regime di aiuti notificatole la proposta di norme transitorie inizialmente prevista. La Commissione avrebbe dovuto distinguere tra la parte rientrante nel nuovo regime e quella rientrante nel regime esistente. Le autorità italiane avrebbero del resto segnalato, alla riunione del 16 maggio 2000, che esse cercavano di salvaguardare le domande di agevolazioni presentate tanto a titolo del terzo bando quanto a titolo del quarto bando. Al fine di confermare tale fatto, le ricorrenti chiedono che siano ascoltate le persone che hanno partecipato a tale riunione. Inoltre, autorizzando la salvaguardia delle domande presentate nell’ambito del quarto bando, la Commissione ammetterebbe che alcuni diritti siano collegati alla situazione delle imprese che avevano presentato una domanda di agevolazione, ma non ne avevano beneficiato a causa dell’insufficienza dei fondi disponibili. I principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento avrebbero imposto la salvaguardia di tutti tali diritti.

62      In secondo luogo, la Commissione, avendo ritenuto che la proposta di autorizzazione alla riformulazione delle domande presentate nell’ambito del terzo bando non fosse compatibile con il principio della necessità degli aiuti di Stato, non avrebbe aperto il procedimento di indagine formale, violando così i diritti della difesa delle ricorrenti.

63      In terzo luogo, la Commissione avrebbe violato il principio sancito dalla sentenza della Corte 5 ottobre 1994, causa C‑47/91, Italia/Commissione (Racc. pag. I‑4635; in prosieguo: la «sentenza Italgrani»), secondo cui, una volta che la Commissione abbia approvato un regime generale di aiuti, le misure individuali di esecuzione non devono esserle notificate, salvo se alcune riserve siano state formulate al riguardo nella decisione di approvazione. Nel caso di specie, la Commissione si sarebbe resa conto che il progetto di regime di aiuti notificatole conteneva una proposta destinata a disciplinare situazioni già acquisite. Essa avrebbe quindi dovuto considerare che la possibilità di istituire un bando che consentisse alle imprese del terzo e quarto bando di riformulare le loro domande era già stata autorizzata dalla decisione 21 maggio 1997. Secondo il principio stabilito nella citata sentenza Italgrani, essa avrebbe quindi dovuto limitarsi a stabilire se tale proposta rientrasse nel regime autorizzato da tale decisione. La Commissione avrebbe così commesso un errore esaminando tale proposta in base alle nuove norme entrate in vigore dopo che si sarebbero costituite le situazioni giuridiche che la proposta delle autorità italiane mirava a tutelare. Essa avrebbe inoltre commesso un errore manifesto di valutazione nel ritenere estinte tali situazioni giuridiche e uno sviamento di potere occultando, nella lettera 29 maggio 2000, la circostanza di essere venuta a conoscenza dell’esistenza dei diritti alla riformulazione delle imprese del terzo bando.

64      Le ricorrenti contestano la posizione della Commissione secondo la quale la decisione 21 maggio 1997 non ha influito sulla loro situazione. Al contrario, le disposizioni del decreto n. 527/95, seconda versione, e gli altri atti normativi italiani che le completavano sarebbero state esaminate nel 1997. La Commissione sarebbe responsabile di non essersi accorta dell’affidamento che avrebbe ingenerato nei partecipanti ad un bando la norma recata dall’art. 6, comma 8, di tale decreto. Essa avrebbe dovuto precisare e far precisare che i diritti sorti prima della data di scadenza della decisione 21 maggio 1997 si sarebbero estinti se le autorità italiane non avessero provveduto ad istituire un bando nel quale farli escutere dai loro titolari.

65      In quarto luogo, la Commissione avrebbe violato il principio della certezza del diritto e il «principio della tutela delle situazioni giuridiche acquisite». Infatti, esaminando la compatibilità con il mercato comune della proposta di consentire la riformulazione delle domande di aiuto alle imprese del terzo bando, e concludendo per la sua incompatibilità senza ascoltare gli interessati, la Commissione avrebbe in realtà modificato la sua decisione 21 maggio1997.

66      In quinto luogo, la Commissione avrebbe revocato la decisione 21 maggio 1997, ma non avrebbe rispettato le garanzie di procedura previste dal regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’art. [88] CE (GU L 83, pag. 1) in caso di revoca di un aiuto.

67      In sesto luogo, omettendo di precisare, nella decisione 12 luglio 2000, che i diritti alla riformulazione sorti nel 1998 erano da considerarsi non più compatibili con il mercato comune e di far riferimento al fatto che il problema della sussistenza dei diritti delle imprese del terzo bando era stato affrontato nel corso del negoziato, la Commissione avrebbe violato il principio dell’irretroattività delle norme. In ogni caso, avrebbe violato il precetto per il quale le norme comunitarie di diritto sostanziale possono incidere su situazioni giuridiche createsi anteriormente alla loro entrata in vigore soltanto qualora ciò risulti chiaramente dalla lettera, dallo scopo o dallo spirito delle stesse. In tal modo, la Commissione si sarebbe resa colpevole di uno sviamento di potere, adottando una decisione di autorizzazione senza obiezioni, mentre la mancata autorizzazione della proposta di consentire la riformulazione delle domande presentate in occasione del terzo bando costituirebbe una decisione negativa, che avrebbe dovuto essere adottata al termine di un diverso procedimento.

68      In settimo luogo, la Commissione avrebbe violato gli artt. 17, 18 e 19 del regolamento n. 659/1999. Poiché i diritti di riformulazione legittimamente sorti nel 1998 non si sarebbero estinti solo per la scadenza della decisione 21 maggio 1997, la Commissione, pretendendone da parte delle autorità italiane l’esclusione dalla proposta originaria, avrebbe surrettiziamente proposto a tali autorità l’adozione di misure modificative del regime d’aiuti autorizzato nel 1997, senza rispettare le garanzie previste da tali disposizioni. Il comportamento della Commissione sarebbe quindi viziato anche da uno sviamento di potere.

69      In subordine, per il caso in cui il Tribunale ritenesse che i diritti alla riformulazione acquisiti dalle imprese del terzo bando si siano automaticamente estinti il 31 dicembre 1999, le ricorrenti fanno valere che la Commissione ha comunque violato in maniera manifesta e grave il principio di proporzionalità e l’obbligo di motivazione che le incombe in forza dell’art. 253 CE, per avere autorizzato la partecipazione al primo bando di attuazione del regime di aiuti approvato con la decisione 12 luglio 2000 delle imprese che avevano preso parte al quarto bando, e non quella delle imprese del terzo bando. Queste due categorie di imprese si troverebbero in un’identica situazione e non si riuscirebbe a comprendere per quali ragioni la Commissione abbia limitato il beneficio della norma transitoria in questione alle sole imprese che avevano presentato le domande a titolo del quarto bando.

70      La violazione del principio di proporzionalità sarebbe evidente, nonostante la Commissione abbia omesso di menzionare, nella lettera 29 maggio 2000, di essere a conoscenza dell’esistenza delle imprese che avevano partecipato al terzo bando. L’ordinamento comunitario prevedrebbe l’obbligo di non imporre il recupero di un aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario e, in determinate condizioni, esso non osterebbe a una normativa nazionale che consenta di escludere la ripetizione di un aiuto anche quando si tratti di aiuti indebitamente versati. Ciò dovrebbe valere a maggior ragione qualora si tratti, come nella fattispecie, della semplice possibilità di ottenere un aiuto, creata senza obiezioni da parte della Commissione, ancor più quando tale possibilità sia divenuta incompatibile con la normativa comunitaria, quod non, solo a causa della negligenza di un’autorità nazionale. La mancanza di proporzionalità sarebbe ancora più evidente quando, come nel caso di specie, la proposta in questione imponga a tali imprese le altre limitazioni introdotte dai nuovi orientamenti in materia di aiuti di Stato, che avrebbero già modificato in modo rilevante i diritti acquisiti dalle imprese che avevano partecipato al terzo bando.

71      La Commissione avrebbe inoltre violato l’art. 87 CE, per avere considerato incompatibile con il mercato comune la proposta originaria delle autorità italiane diretta a consentire la riformulazione delle domande d’aiuto presentate dalle imprese che avevano partecipato al terzo ed al quarto bando.

72      All’udienza, le ricorrenti hanno aggiunto, rispondendo ad un quesito del Tribunale, che la sentenza Nuova Agricast, punto 19 supra, avente ad oggetto in particolare la legittimità della decisione 12 luglio 2000 quanto all’obbligo di motivazione, aveva soltanto scarsa importanza nella fattispecie, in quanto non era stata pronunciata nell’ambito di un’impugnazione contro una sentenza del Tribunale, ma nell’ambito di un procedimento pregiudiziale. Inoltre, la Corte non si sarebbe pronunciata sulla questione della legittimità della decisione 12 luglio 2000 quanto alla questione della motivazione di tale decisione alla luce di tutti gli argomenti presentati nelle presenti cause. Occorrerebbe quindi che il Tribunale si pronunci nella fattispecie.

73      La Commissione ribatte che non esiste alcun atto della Commissione idoneo ad arrecare pregiudizio alle ricorrenti.

74      Ciò posto, anche a voler prendere in considerazione gli atti e i comportamenti denunciati dalle ricorrenti, nessuno di essi comporterebbe la minima illegittimità, in quanto la premessa dell’argomentazione delle ricorrenti sarebbe errata. Infatti, la decisione 21 maggio 1997 non avrebbe fatto sorgere in capo agli interessati l’affidamento nel fatto che gli aiuti sarebbero stati concessi anche dopo la data di scadenza. Il regime di aiuti nel cui ambito le ricorrenti avevano presentato una domanda di partecipazione al terzo bando era stato autorizzato da tale decisione fino al 31 dicembre 1999 e tale decisione non avrebbe coperto gli aiuti che sarebbero stati accordati dopo tale data. La nozione di «diritto alla riformulazione» non avrebbe alcun senso, dato che il Trattato CE non sancisce alcun diritto a ricevere aiuti di Stato, bensì prevede un divieto generale degli stessi, le cui eccezioni andrebbero interpretate restrittivamente. Tutti gli argomenti presentati dalle ricorrenti sarebbero dunque irrilevanti.

75      In ogni caso, gli argomenti formulati dalle ricorrenti sarebbero privi di qualsiasi fondamento. In particolare, sarebbe manifestamente errato sostenere che il regime autorizzato dalla decisione 21 maggio 1997 avesse l’attitudine a produrre effetti perduranti nel tempo. Sarebbe errato anche affermare che le autorità italiane abbiano qualificato il regime di aiuti notificato come regime esistente. Infine, sarebbero inoperanti gli argomenti fondati sull’assunto secondo cui le imprese quali le ricorrenti godevano di una situazione giuridica protetta in quanto beneficiarie di aiuti esistenti. Inoltre, andrebbero disattese le censure desunte dalla violazione del principio di proporzionalità, dell’obbligo di motivazione e dell’art. 87 CE. D’altro canto, non si potrebbe contestare alla Commissione di avere violato norme di diritto escludendo le imprese che avevano partecipato al terzo bando e che, in seguito alle modifiche apportate, non erano ammissibili a partecipare al primo bando del nuovo regime secondo il progetto presentato dall’Italia. Pertanto, i ricorsi dovrebbero essere respinti.

 Giudizio del Tribunale

76      Per quanto riguarda la condizione perché sorga la responsabilità della Comunità consistente nell’illegittimità del comportamento contestato all’istituzione in causa, la giurisprudenza esige che sia comprovata una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli. Il criterio decisivo per considerare sufficientemente qualificata una violazione del diritto comunitario è quello della violazione manifesta e grave, da parte dell’istituzione comunitaria interessata, dei limiti posti al suo potere discrezionale. Nell’ipotesi in cui tale istituzione disponga solamente di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto comunitario può essere sufficiente per accertare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata (sentenze della Corte 4 luglio 2000, causa C‑352/98 P, Bergaderm e Goupil/Commissione, Racc. pag. I‑5291, punti 41‑44, e del Tribunale 12 settembre 2007, causa T‑259/03, Nikolaou/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punti 39 e 40).

77      Occorre dunque verificare se le ricorrenti abbiano dimostrato che la Commissione ha violato una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli e, in tal caso, se tale violazione sia sufficientemente qualificata.

78      In limine, occorre osservare che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti all’udienza, le sentenze pregiudiziali di valutazione della validità di un atto comunitario vincolano non soltanto il giudice nazionale che ha adito la Corte con la questione della validità dell’atto di cui trattasi, ma anche qualsiasi altro giudice tenuto a esaminare la legittimità dello stesso atto ai fini di una decisione che esso deve emettere (v., in tal senso, sentenza 13 maggio 1981, causa 66/80, International Chemical Corporation, Racc. pag. 1191, punti 9‑13). Ne consegue che quanto constatato dalla Corte nella sentenza Nuova Agricast, punto 19 supra, vincola il Tribunale.

79      In tale sentenza la Corte ha constatato che, anche nell’ipotesi in cui le autorità italiane non avessero preso l’iniziativa di informare in modo specifico e completo i servizi della Commissione sulle rispettive situazioni giuridiche delle imprese interessate ad ottenere agevolazioni ai sensi della legge n. 488/1992, emerge dalla decisione 12 luglio 2000 e dal contesto in cui essa è stata adottata che la Commissione doveva conoscere tanto l’esistenza di imprese come le ricorrenti, che avevano partecipato al terzo bando, che non avevano ottenuto l’aiuto richiesto per mancanza di fondi e che avevano rinunciato all’inserimento automatico allo scopo di presentare una domanda riformulata in base al primo bando utile successivo al quarto bando, quanto l’esistenza di imprese la cui domanda era stata inserita nella graduatoria del quarto bando, che non avevano ottenuto l’aiuto richiesto per mancanza di fondi disponibili (v., in tal senso, sentenza Nuova Agricast, punto 19 supra, punti 38, 61 e 62). Pertanto, nell’ambito della presente analisi, il Tribunale deve tener presente il fatto che la Commissione non poteva ignorare la situazione delle ricorrenti e dovrà esaminare quindi le argomentazioni delle ricorrenti alla luce di tale elemento.

80      Quanto all’argomento principale delle ricorrenti volto a dimostrare gli illeciti che sarebbero stati commessi dalla Commissione, esso si basa in sostanza sulla premessa secondo cui, con la decisione 21 maggio 1997, la Commissione ha deciso di non sollevare obiezioni nei confronti della seconda partecipazione delle ricorrenti a un bando di attuazione del regime di aiuti basato sulla legge n. 488/92 che sarebbe stato indetto dopo il 31 dicembre 1999. A questo proposito, occorre ricordare che il principio generale stabilito dall’art. 87, n. 1, CE è quello del divieto degli aiuti di Stato. Secondo la giurisprudenza, le deroghe a tale principio devono essere interpretate restrittivamente (sentenza Fleuren Compost/Commissione, punto 58 supra, punto 75). Al fine di poter valutare se un aiuto rientri nella sfera d’applicazione temporale di una decisione di non sollevare obiezioni a un regime di aiuti, occorre esaminare se possa ritenersi che l’aiuto sia stato concesso prima della scadenza di tale decisione, e il criterio pertinente al riguardo è quello dell’atto giuridicamente vincolante con il quale l’autorità nazionale competente si impegna a concedere l’aiuto (v., in tal senso, sentenza Fleuren Compost/Commissione, punto 58 supra, punti 68 e 71‑74). Ne consegue che una decisione di non sollevare obiezioni ad un regime di aiuti riguarda soltanto la concessione effettiva degli aiuti appartenenti a detto regime, dovendo le autorità nazionali interessate impegnarsi ad accordare l’aiuto di cui trattasi prima della scadenza di detta decisione.

81      Di conseguenza, nella fattispecie, benché, nella decisione 21 maggio 1997, la Commissione non si sia opposta a che il regime di cui trattasi consentisse alle ricorrenti di presentare una domanda di aiuto riformulata nell’ambito di un bando utile successivo al quarto bando, era necessario, al fine di rientrare nella sfera di applicazione di detta decisione, che, da un lato, tale seconda partecipazione avvenisse prima della scadenza dell’autorizzazione concessa con la decisione e che, dall’altro, le autorità italiane si impegnassero ad erogare l’aiuto richiesto nell’ambito di questa seconda partecipazione del pari prima di tale scadenza. Orbene, è pacifico che, con la decisione 21 maggio 1997, la Commissione ha deciso di non sollevare obiezioni al regime di aiuti di cui trattasi fino al 31 dicembre 1999. È anche pacifico che nessun bando che permettesse la seconda partecipazione delle ricorrenti è stato pubblicato prima del 1° gennaio 2000 e che, prima di questa data, le autorità italiane non hanno adottato alcun atto vincolante con il quale esse si impegnavano a concedere alle ricorrenti gli aiuti richiesti.

82      Inoltre, è escluso, come giustamente osserva la Commissione, che la mera possibilità di partecipare una seconda volta ad un bando nell’ambito del quale potrebbe eventualmente essere erogato un aiuto sia sufficiente a consentire di considerare che gli aiuti richiesti sono stati accordati quando tale possibilità è stata offerta. Tanto il testo della decisione 21 maggio 1997 quanto la regola d’interpretazione restrittiva delle deroghe al principio generale del divieto degli aiuti di Stato stabilito dall’art. 87, n. 1, CE ostano ad una siffatta estensione della sfera di applicazione temporale del regime di aiuti approvato. Inoltre, è pacifico che le ricorrenti non avevano alcuna certezza, se avessero presentato una domanda riformulata, di ottenere gli aiuti richiesti.

83      Di conseguenza, il «diritto alla riformulazione» cui si riferiscono le ricorrenti, ammesso che esista, era garantito dalla decisione 21 maggio 1997 soltanto se fosse stato esercitato anteriormente al 1° gennaio 2000 e qualora le autorità italiane si fossero impegnate, prima di tale data, a concedere alle ricorrenti gli aiuti che queste avessero chiesto per la seconda volta. Orbene, come si è già rilevato, è assodato che ciò non si è verificato.

84      Non potendosi considerare la decisione 21 maggio 1997 come un’autorizzazione per le ricorrenti a presentare una domanda di aiuto riformulata nell’ambito di un bando pubblicato dopo la scadenza di detta decisione, la premessa del ragionamento delle ricorrenti è errata. Pertanto, tutti gli argomenti che le ricorrenti basano su tale premessa devono essere disattesi in quanto infondati.

85      Tale conclusione non è messa in discussione dalla soluzione adottata nella causa che ha dato luogo alla sentenza Forum 187, punto 59 supra, invocata dalle ricorrenti. In detta causa è vero che la Corte ha osservato che i beneficiari di un regime fiscale potevano attendersi che una decisione della Commissione modificante la sua valutazione precedente concedesse loro il tempo necessario per trarre le conseguenze di tale cambiamento di valutazione (sentenza Forum 187, punto 59 supra, punto 161) e che tali beneficiari avevano il diritto di nutrire un legittimo affidamento circa la concessione di un ragionevole periodo transitorio per adeguarsi alle conseguenze derivanti dalla citata decisione (sentenza Forum 187, punto 59 supra, punto 163).

86      Tuttavia, in detta causa, le ricorrenti avevano beneficiato del regime fiscale in questione. Inoltre, la Commissione aveva precedentemente adottato varie decisioni in cui dichiarava che il regime fiscale in questione non conteneva elementi di aiuto, creando così le condizioni che permettevano di fare affidamento sul fatto che le norme del Trattato CE non si opponessero al rinnovo dell’autorizzazione fiscale di cui beneficiavano le ricorrenti (sentenza Forum 187, punto 59 supra, punti 155‑158).

87      Ciò non si verifica nella fattispecie. Nella decisione 21 maggio 1997 la Commissione ha accertato che il regime di aiuti di cui trattavasi costituiva un aiuto di Stato ed essa si è limitata a non sollevare obiezioni nei suoi confronti fino al 31 dicembre 1999. Così, considerati il principio del divieto degli aiuti di Stato ed i limiti posti alla sfera di applicazione temporale di una decisione di non sollevare obiezioni ad un regime di aiuti (punto 80 supra), le ricorrenti non potevano legittimamente credere che, con detta decisione, la Commissione avesse del pari deciso di non opporsi ad un’applicazione del regime degli aiuti di cui trattavasi che avrebbe avuto luogo dopo la data di scadenza di tale decisione. Contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, le circostanze delle presenti cause sono quindi sostanzialmente diverse da quelle della causa che è sfociata nella sentenza Forum 187 e, pertanto, la soluzione adottata in quella sentenza è priva di effetti nella fattispecie.

88      Occorre dunque esaminare gli argomenti presentati dalle ricorrenti in subordine al fine di dimostrare l’illegittimità dei comportamenti contestati alla Commissione.

89      Per quanto riguarda l’argomentazione delle ricorrenti diretta a dimostrare che la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione, occorre ricordare che, nella sentenza Nuova Agricast, punto 19 supra, la Corte ha dichiarato che, sebbene la Commissione non abbia indicato, nella decisione 12 luglio 2000, le ragioni per cui il beneficio della disposizione transitoria non è stato esteso alle imprese, come le ricorrenti, che avevano partecipato al terzo bando e che avevano optato per la riformulazione nell’ambito del primo bando utile successivo, la Commissione non era venuta meno al suo obbligo di motivazione (sentenza Nuova Agricast, punto 19 supra, punto 86). La Corte ha quindi concluso che l’esame della decisione 12 luglio 2000 in relazione all’obbligo di motivazione non ha rivelato alcun elemento tale da inficiarne la validità (sentenza Nuova Agricast, punto 19 supra, punto 86 e dispositivo). Alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 78 supra, tale constatazione si impone al Tribunale.

90      Inoltre, e in ogni caso, secondo giurisprudenza costante la violazione dell’obbligo di motivazione non è tale da comportare la responsabilità extracontrattuale della Comunità (sentenza della Corte 15 settembre 1982, causa 106/81, Kind/CEE, Racc. pag. 2885, punto 14, e sentenza Nikolaou/Commissione, punto 76 supra, punto 271). Ne consegue che gli argomenti delle ricorrenti relativi all’illegittimità dei comportamenti contestati alla Commissione in relazione all’obbligo di motivazione devono, in ogni caso, essere respinti in quanto inoperanti.

91      Quanto all’argomentazione delle ricorrenti diretta a dimostrare che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, tale principio richiede che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla misura meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza del Tribunale 12 dicembre 2007, causa T‑308/05, Italia/Commissione, Racc. pag. II‑5089, punto 153 e giurisprudenza ivi citata).

92      Nella fattispecie, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha violato il principio di proporzionalità, da un lato, autorizzando la partecipazione al primo bando di attuazione del regime di aiuti approvato con la decisione 12 luglio 2000 delle imprese che avevano partecipato al quarto bando, e non di quelle che avevano partecipato al terzo bando, e, dall’altro, opponendosi alla misura transitoria inizialmente prevista dalle autorità italiane, mentre il diritto comunitario consentirebbe la mancata ripetizione di un aiuto anche se lo stesso non avrebbe dovuto essere erogato, e, nella fattispecie, si sarebbe soltanto trattato della possibilità di ottenere un aiuto.

93      Tale argomentazione non può essere accolta. Con il loro primo argomento le ricorrenti contestano, in sostanza, la differenza di trattamento accordata con la misura transitoria di cui trattasi alle imprese che avevano partecipato al terzo bando e optato per la riformulazione, quali le ricorrenti, e alle imprese che avevano partecipato al quarto bando. Orbene, la Corte nella sentenza Nuova Agricast, punto 19 supra, ha constatato che queste due categorie di imprese non si trovavano in una situazione analoga e che, pertanto, autorizzando il regime di aiuti in questione, ivi compresa la disposizione transitoria, la Commissione non aveva violato il principio della parità di trattamento (sentenza Nuova Agricast, punto 19 supra, punti 38, 77 e 78). Alla luce della giurisprudenza richiamata al punto 78 supra, questo primo argomento deve dunque essere respinto in quanto infondato.

94      Quanto al secondo argomento presentato dalle ricorrenti, si è già ricordato supra al punto 80 che il principio posto dal Trattato CE è quello del divieto degli aiuti di Stato e non, come sottintende l’argomento delle ricorrenti, quello della loro autorizzazione, e che le deroghe a tale divieto devono essere interpretate restrittivamente. Di conseguenza, il fatto che, in talune circostanze eccezionali, il diritto comunitario possa non opporsi alla mancata ripetizione di un aiuto versato illegittimamente non consente di ritenere che, cercando di ottenere una limitazione della sfera di applicazione di una misura transitoria al fine di rispettare nel modo migliore possibile il principio della necessità degli aiuti di Stato, la Commissione sia andata al di là dell’obiettivo perseguito dalla normativa di cui trattasi e abbia violato il principio di proporzionalità. Questo secondo argomento deve quindi del pari essere respinto in quanto infondato. Ne consegue che l’asserita violazione del principio di proporzionalità non è provata.

95      Quanto all’argomento delle ricorrenti volto a dimostrare che la Commissione ha violato l’art. 87 CE, in quanto essa avrebbe considerato incompatibile con il mercato comune la proposta iniziale delle autorità italiane mirante a consentire anche alle imprese che avevano partecipato al terzo bando di riformulare le loro domande di aiuto nell’ambito del primo bando di attuazione del nuovo regime di aiuti previsto, è sufficiente constatare che, nel corso del procedimento che ha preceduto l’adozione della decisione 12 luglio 2000, la Commissione si è limitata ad invitare le autorità italiane a restringere la sfera di applicazione della misura transitoria di cui trattasi e che, nella decisione 12 luglio 2000, la Commissione ha deciso di non sollevare obiezioni contro il regime di aiuti notificato, quale era stato modificato dalle autorità italiane. Pertanto, l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe dichiarato incompatibile con il mercato comune la proposta in esame non è suffragato dai fatti e dev’essere respinto. L’asserita violazione dell’art. 87 CE, che essa risulti dall’adozione della decisione 12 luglio 2000 o dal comportamento adottato dalla Commissione nel corso dei negoziati che hanno preceduto tale adozione, non è quindi provata.

96      Da tutto quanto precede risulta che le violazioni dedotte dalle ricorrenti non sono provate, oppure, quanto all’obbligo di motivazione, che la sua inosservanza non può in ogni caso comportare la responsabilità della Comunità. Ne consegue che le ricorrenti non hanno dimostrato che la Commissione abbia violato una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli e pertanto non hanno provato che la Commissione abbia commesso una violazione sufficientemente qualificata tale da comportare la responsabilità extracontrattuale della Comunità.

97      Di conseguenza, non ricorrendo uno dei requisiti della responsabilità extracontrattuale della Comunità, i ricorsi devono essere interamente respinti, senza che occorra pronunciarsi sulla loro ricevibilità, sul documento prodotto dalle ricorrenti all’udienza o sulla domanda delle ricorrenti diretta a ottenere che siano sentite alcune persone che avevano partecipato alla riunione del 16 maggio 2000.

 Sulle spese

98      Ai sensi dell’art. 87, n. 3, del regolamento di procedura, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, o per ragioni eccezionali, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

99      Nel caso di specie, la Commissione è risultata soccombente su un capo delle conclusioni. Tuttavia, in considerazione della constatazione effettuata supra al punto 50, e del fatto che i ricorsi sono stati respinti, si deve decidere che ciascuna ricorrente sopporterà le proprie spese, nonché le spese della Commissione relative al proprio ricorso.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Le cause T‑362/05 e T‑363/05 sono riunite ai fini della sentenza.

2)      I ricorsi sono respinti.

3)      La Nuova Agricast Srl sopporterà le proprie spese, nonché quelle della Commissione nella causa T‑362/05.

4)      La Cofra Srl sopporterà le proprie spese, nonché quelle della Commissione nella causa T‑363/05.

Tiili

Dehousse

Wiszniewska-Białecka

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 2 dicembre 2008.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.