Language of document : ECLI:EU:C:1998:353

SENTENZA DELLA CORTE

14 luglio 1998 (1)

«Regolamento (CE) n. 3093/94 — Misure di protezione dello strato di ozono — Restrizioni relative all'uso degli idroclorofluorocarburi e degli halon — Validità»

Nel procedimento C-341/95,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del Trattato CE, dalla Pretura circondariale di Avezzano nella causa dinanzi ad essa pendente tra

Gianni Bettati

e

Safety Hi-Tech Srl,

domanda vertente sulla validità dell'art. 5 del regolamento (CE) del Consiglio 15 dicembre 1994, n. 3093, sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (GU L 333, pag. 1),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, C. Gulmann, H. Ragnemalm e M. Wathelet, presidenti di sezione, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida, P.J.G. Kapteyn, D.A.O. Edward, P. Jann, L. Sevón e K.M. Ioannou (relatore), giudici,

avvocato generale: P. Léger


cancelliere: H.A Rühl, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

—    per la Safety Hi-Tech Srl, dagli avv.ti Maurizio Maresca e Salvatore Elio La Rosa, del foro di Genova;

—    per il governo italiano, dal professor Umberto Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico presso il Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor Pier Giorgio Ferri, avvocato dello Stato;

—    per il governo austriaco, dal signor Wolf Okresek, Ministerialrat presso la Cancelleria federale, in qualità di agente;

—    per il Consiglio dell'Unione europea, dalla signora Anna Lo Monaco e dal signor Guus Houttuin, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti;

—    per la Commissione delle Comunità europee, dalla signora Laura Pignataro e dal signor Antonio Aresu, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti;

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Safety Hi-Tech Srl, con l'avv. Maurizio Maresca, del governo italiano, rappresentato dal signor Pier Giorgio Ferri, del governo spagnolo, rappresentato dalle signore Rosario Silva de Lapuerta e Nuria Díaz Abad, abogados del Estado, in qualità di agenti, del governo francese, rappresentato dal signor Romain Nadal, segretario aggiunto agli affari esteri presso la direzione «Affari giuridici» del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, del Consiglio, rappresentato dalla signora Anna Lo Monaco e dal signor Guus Houttuin, e della Commissione, rappresentata dalla signora Laura Pignataro e dal signor Paolo Stancanelli, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, all'udienza dell'11 novembre 1997,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 3 febbraio 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.
    Con ordinanza 16 ottobre 1995, pervenuta alla Corte il 30 ottobre successivo, la Pretura circondariale di Avezzano ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del trattato CE, una questione pregiudiziale relativa alla validità dell'art. 5 del regolamento (CE) del Consiglio 15 dicembre 1994, n. 3093, sulle sostanze che riducono lo strato di ozono (GU L 333, pag. 1).

2.
    Tale questione è stata sollevata nell'ambito di una controversia nella quale il signor Bettati, proprietario dell'impresa Bettati Antincendio di Reggio Emilia, ha rifiutato il pagamento alla Safety Hi-Tech Srl (in prosieguo: la «Safety») dell'importo dovuto per la fornitura di un prodotto denominato «NAF S III», composto di idroclorofluorocarburi (in prosieguo: gli «HCFC»), utilizzato nella lotta antincendio.

3.
    Risulta dagli atti della causa a qua che la Safety ha fornito al signor Bettati, in forza di un contratto stipulato il 12 maggio 1995, una determinata quantità del detto prodotto, per la quale la Safety aveva ricevuto una parte della somma dovuta. A seguito del rifiuto del signor Bettati di versare il saldo, pari alla somma di 22 294 730 ITL, la Safety ha adito la Pretura circondariale per l'emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti del signor Bettati.

4.
    Con decisione 31 luglio 1995 tale giudice ingiungeva al signor Bettati di versare il saldo alla Safety. Il signor Bettati proponeva opposizione contro questa decisione, deducendo che il prodotto acquistato successivamente alla conclusione del contratto si sarebbe rivelato inadeguato e privo di utilità, al punto da giustificare la risoluzione del contratto stesso ai sensi dell'art. 1497 del codice civile italiano, dal momento che l'art. 5 del regolamento avrebbe vietato, a decorrere dal 1° giugno 1995, l'immissione in commercio del detto prodotto.

5.
    La Safety, costituitasi nel procedimento, ha contestato la compatibilità di questo regolamento con gli artt. 3, 5, 30, 86, 92 e 130 R del Trattato CE, in quanto vieta l'uso degli HCFC nella lotta antincendio.

6.
    Come risulta dai suoi 'considerando‘, il regolamento, avente come base giuridica l'art. 130 S, n. 1, del Trattato CE, disposizione finalizzata alla realizzazione degli obiettivi dell'art. 130 R, ha per scopo, tenendo conto delle conoscenze scientifiche e tecniche e dell'esistenza di sostanze sostitutive, l'adozione di misure di eliminazione progressiva delle sostanze che riducono lo strato di ozono.

7.
    In particolare, come risulta dal suo terzo, quarto e quinto 'considerando‘, il regolamento è stato adottato per rispettare gli obblighi derivanti dalla convenzione di Vienna 22 marzo 1985, per la protezione dello strato di ozono (in prosieguo: la «convenzione di Vienna»), e dal protocollo di Montreal 16 settembre 1987, relativo

alle sostanze che riducono lo strato di ozono (decisione del Consiglio 14 ottobre 1988, 88/540/CEE; GU L 297, pag. 8), modificato dall'emendamento 29 giugno 1990 (decisione del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/690/CEE; GU L 377, pag. 28), nonché dal secondo emendamento al protocollo di Montreal 25 novembre 1992, relativo alle sostanze che riducono lo strato di ozono (decisione del Consiglio 2 dicembre 1993, 94/68/CE; GU 1994, L 33, pag. 1), strumenti dei quali sono parti tutti gli Stati membri e la Comunità.

8.
    L'art. 1 del regolamento, che ne determina il campo d'applicazione, si applica alla produzione, importazione, esportazione, fornitura, uso e/o recupero delle diverse sostanze, denominate «sostanze controllate», che esso enumera, tra le quali figurano gli HCFC e gli halon.

9.
    Gli HCFC sono definiti dal dodicesimo trattino dell'art. 2 del regolamento come una delle sostanze controllate elencate nel gruppo VIII dell'allegato I, inclusi i loro isomeri. Gli halon sono definiti dal settimo trattino dello stesso articolo del regolamento come una delle sostanze controllate elencate nel gruppo III dell'allegato I, compresi i loro isomeri.

10.
    Per quanto riguarda, in particolare, il regime dell'uso degli HCFC, l'art. 4, nn. 8, 9, secondo comma, e 10, del regolamento prevede un regime speciale per gli HCFC immessi sul mercato o usati per proprio conto dai produttori o dagli importatori.

11.
    Qualsiasi altro uso degli HCFC, ad esclusione dell'uso per proprio conto da parte dei produttori o degli importatori, è regolato dall'art. 5 del regolamento, intitolato «Disciplina dell'uso degli idroclorofluorocarburi», che così dispone:

«1.     A decorrere dal primo giorno del sesto mese successivo all'entrata in vigore del presente regolamento, l'uso di idroclorofluorocarburi è vietato eccetto che:

—    come solventi;

—    come refrigeranti;

—    per la produzione di schiume isolanti rigide e schiume a pelle integrale per applicazioni di sicurezza;

—    in usi di laboratorio, inclusi la ricerca e lo sviluppo;

—    come materie prime nella produzione di altri prodotti chimici, e

—    come gas vettore di sostanze di sterilizzazione in sistemi a circuito chiuso.

2. A decorrere dal 1° gennaio 1996, l'uso di idroclorofluorocarburi è vietato:

—    come solvente in applicazioni non confinate, comprese le vasche di pulizia aperte alla sommità e i sistemi di asciugatura aperti alla sommità se privi di zona fredda, negli adesivi e negli agenti di distacco per sformatura se non utilizzati in apparecchiature chiuse, per la pulitura tramite drenaggio in cui gli idroclorofluorocarburi non vengono recuperati e negli aerosol, ad eccezione degli agenti di fissaggio per stampanti laser fabbricate prima del 1° gennaio 1996;

—    in apparecchiature prodotte dopo il 31 dicembre 1995 per i seguenti usi:

    a)    come refrigeranti in sistemi non confinati ad evaporazione diretta;

    b)    come refrigeranti in frigoriferi e congelatori domestici;

    c)    nel condizionamento d'aria sulle autovetture;

    d)    nel condizionamento d'aria dei mezzi di trasporto pubblico su strada.

3. A decorrere dal 1° gennaio 1998 è vietato l'uso di idroclorofluorocarburi in apparecchiature prodotte dopo il 31 dicembre 1997 per i seguenti usi:

—    nel condizionamento d'aria dei mezzi di trasporto pubblico su rotaia;

—    come gas di trasporto per sostanze sterilizzanti in sistemi chiusi.

4. A decorrere dal 1° gennaio 2000, l'uso degli idroclorofluorocarburi è vietato in apparecchiature prodotte dopo il 31 dicembre 1999 per i seguenti usi:

—    come refrigeranti in depositi di stoccaggio e in magazzini refrigerati pubblici e adibiti alla distribuzione;

—    come refrigeranti in apparecchiature di potenza misurata all'albero motore pari o superiore a 150 kw;

tranne nel caso esistano disposizioni, norme di sicurezza o altri analoghi impedimenti all'uso di ammoniaca.

5. L'importazione, l'immissione in libera pratica o l'immissione in commercio di apparecchiature soggette ad un uso limitato a norma del presente articolo sono vietate dalla data di entrata in vigore della limitazione dell'uso. Le apparecchiature che dimostrano di essere state prodotte prima della data della limitazione dell'uso sono escluse dal divieto.

6. La Commissione, conformemente alla procedura di cui all'articolo 16, può integrare, ridurre e modificare l'elenco di cui ai paragrafi da 1 a 4 alla luce del progresso tecnico».

12.
    Quanto agli halon, l'art. 3, n. 3, del regolamento prevede, salve alcune eccezioni previste ai nn. 8-12 dello stesso articolo che:

«(...) ciascun produttore provvede a che cessi la produzione di halon dopo il 31 dicembre 1993.

Alla luce delle proposte specifiche effettuate dagli Stati membri, la Commissione, conformemente alla procedura di cui all'articolo 16, applica i criteri indicati nella decisione IV/25 adottata dalle parti del protocollo di Montreal, al fine di determinare ogni anno gli usi essenziali per i quali possono essere consentite la produzione e l'importazione di halon nella Comunità dopo il 31 dicembre 1993 e gli utilizzatori che possono avvalersi di tali usi essenziali per conto proprio. La produzione e l'importazione sono consentite solo se non sono ottenibili da nessuna delle parti del protocollo adeguate alternative o halon riciclati.

La Commissione rilascia licenze agli utilizzatori definiti al precedente comma e notifica loro l'uso per il quale è stata concessa l'autorizzazione, le sostanze che essi sono autorizzati a usare nonché i relativi quantitativi.

Un produttore può essere autorizzato, dall'autorità competente dello Stato membro in cui è eseguita la produzione di cui trattasi, a produrre halon dopo il 31 dicembre 1993 al fine di soddisfare le richieste presentate dai summenzionati utilizzatori che dispongono di licenza. L'autorità competente dello Stato membro interessato notifica preliminarmente alla Commissione le suddette autorizzazioni».

13.
    L'art. 4, n. 3, del regolamento prevede inoltre ugualmente, per quanto riguarda gli halon, che:

«(...) ciascun produttore provvede a che non siano da esso immessi sul mercato o usati per proprio conto halon dopo il 31 dicembre 1993.

Un produttore può essere autorizzato, dall'autorità competente dello Stato membro in cui è eseguita la produzione di cui trattasi, a immettere sul mercato halon dopo il 31 dicembre 1993 al fine di soddisfare le richieste degli utilizzatori che dispongono della licenza di cui all'articolo 3, paragrafo 3».

14.
    Inoltre, salva autorizzazione accordata dalla Commissione, l'art. 8, n. 1, del regolamento vieta l'immissione in libera pratica nella Comunità, tra l'altro, di halon importati da Stati che non sono parti del protocollo, che si tratti di sostanze vergini, recuperate o rigenerate; l'art. 9 del regolamento vieta del pari l'immissione in libera pratica nella Comunità di prodotti contenenti, tra l'altro, halon importati da Stati che non sono parti del protocollo.

15.
    Per quanto riguarda l'uso degli halon, è pacifico che il regolamento non comporta disposizioni analoghe all'art. 5, disposizione che si riferisce all'utilizzo degli HCFC.

16.
    La Pretura circondariale ha dubitato della validità dell'art. 5 del regolamento, in quanto vieta senza riserve, a decorrere dal 1° giugno 1995, l'uso degli HCFC quali sostanze destinate alla lotta antincendio, tenuto conto delle disposizioni del Trattato relative alla politica ambientale della Comunità, alla libera circolazione delle mercie alla libera concorrenza, dal momento che questa disposizione non prevede un divieto analogo nei confronti degli halon, ugualmente impiegati nel settore considerato, che hanno un potenziale distruttivo dello strato di ozono superiore a quello degli HCFC e un impatto ambientale ancora più negativo.

17.
    Considerato quanto precede, il Pretore di Avezzano ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia o meno valido, in relazione agli artt. 3, 5, 30, 86, 92 e 130 R del Trattato di Roma, l'art. 5 del regolamento (CE) del Consiglio 15 dicembre 1994, n. 3093, nella parte in cui tale ultima norma vieta incondizionatamente dal 1° giugno 1995 l'uso di HCFC nel settore antincendio».

18.
    Con la sua questione, il giudice a quo domanda unicamente se il divieto di usare gli HCFC nella lotta antincendio a decorrere dal 1° giugno 1995 sia compatibile con alcune disposizioni del Trattato. Tuttavia, sebbene tale giudice consideri che tale divieto risulti incontestabilmente dal regolamento, occorre esaminare le disposizioni pertinenti di quest'ultimo.

19.
    Si deve, in limine, ricordare che il regolamento, compreso il suo art. 5, mira all'attuazione degli impegni assunti dalla Comunità ai sensi della convenzione di Vienna, del protocollo di Montreal, nonché del secondo emendamento di quest'ultimo.

20.
    E' pacifico che le norme di diritto comunitario devono essere interpretate, per quanto possibile, alla luce del diritto internazionale, in particolare quando tali testi siano diretti, precisamente, ad eseguire un accordo internazionale concluso dalla Comunità (v., in tal senso, sentenza 10 settembre 1996, causa C-61/94, Commissione/Germania, Racc. pag. I-3989, punto 52).

21.
    Secondo l'art. 2, n. 3, della convenzione di Vienna, le parti contraenti possono adottare misure interne più severe qualora queste siano dirette, tenuto conto delle valutazioni scientifiche, a promuovere l'impiego di sostanze sostitutive i cui effetti siano meno nocivi per lo strato di ozono.

22.
    Tenuto conto di questa facoltà, il sesto 'considerando‘ del regolamento indica che, in base ai risultati scientifici, è opportuno adottare, in taluni casi, misure di

controllo più severe di quelle previste dal secondo emendamento al protocollo di Montreal.

23.
    Al fine di raggiungere questo obiettivo, l'art. 5 del regolamento vieta l'uso degli HCFC.

24.
    Questo divieto di principio, applicabile dal 1° giugno 1995, prevede tuttavia una serie di deroghe, limitativamente elencate dall'art. 5, n. 1, dello stesso regolamento. Secondo tale disposizione gli HCFC possono essere così utilizzati, dal 1° giugno 1995, come solventi, come refrigeranti, per la produzione di schiume isolanti rigide e schiume a pelle integrale per applicazioni di sicurezza, in usi di laboratorio, inclusi la ricerca e lo sviluppo, come materie prime nella produzione di altri prodotti chimici e come gas vettore di sostanze di sterilizzazione in sistemi a circuito chiuso.

25.
    Inoltre, conformemente al divieto di uso in via di principio, l'art. 5, nn. 2, 3 e 4, del regolamento stabilisce il divieto di altri usi degli HCFC a decorrere dal 1° gennaio 1996, dal 1° gennaio 1998 e dal 1° gennaio 2000.

26.
    Risulta da tali disposizioni che l'uso degli HCFC nel settore della lotta antincendio non è previsto dal regolamento, di modo che, ai sensi dell'art. 5, n. 1, dello stesso, ne è vietato l'uso a partire dal 1° giugno 1995.

27.
    Occorre quindi esaminare se il divieto totale di usare gli HCFC nel settore della lotta antincendio comporti ugualmente quello della loro immissione in commercio.

28.
    A questo proposito, si deve rilevare che l'immissione in commercio degli HCFC quali sostanze destinate alla lotta antincendio non è menzionata all'art. 5 del regolamento. Tuttavia, dato che l'immissione nel circuito commerciale degli HCFC a tali fini è un atto situato a monte dell'uso di tali sostanze e ha l'esclusiva finalità del loro uso agli stessi fini, se ne deve concludere che, poiché l'uso degli HCFC è stato totalmente vietato a decorrere dal 1° giugno 1995, la loro immissione in commercio quali sostanze destinate alla lotta antincendio dev'essere considerata come ugualmente vietata a decorrere dalla stessa data.

29.
    Questa interpretazione è corroborata sia dall'art. 3 sia dagli artt. 6-13 del regolamento, che riguardano, rispettivamente, la produzione di sostanze controllate e la loro importazione, atti che si situano parimenti a monte del loro uso. Infatti, la mancanza in queste disposizioni di qualsiasi menzione relativa alla produzione o all'importazione di HCFC destinati alla lotta antincendio indica che il legislatore comunitario, avendo disposto il divieto di principio dell'uso delle stesse sostanze a tali fini, ha considerato che la disciplina del regime della produzione, importazione e, di conseguenza, dell'immissione in commercio di tali sostanze fosse priva di oggetto.

30.
    Di conseguenza, l'art. 5 del regolamento dev'essere interpretato nel senso che esso vieta in modo totale l'uso e, di conseguenza, l'immissione in commercio degli HCFC destinati alla lotta antincendio.

Sulla compatibilità dell'art. 5 del regolamento con l'art. 130 R del Trattato

31.
    La Safety ritiene che il divieto di usare gli HCFC quali sostanze destinate alla lotta antincendio sia illegittimo rispetto all'art. 130 R del Trattato, poiché il Consiglio, non rispettando l'obiettivo, i principi e i criteri di questa disposizione, avrebbe esorbitato dal proprio potere discrezionale.

32.
    Il Consiglio sostiene, per contro, che l'art. 130 R del Trattato gli conferisce un ampio potere discrezionale e che la Corte non può controllare il risultato della sua valutazione. Esso ritiene del pari che tale disposizione gli conferisca un ampio potere discrezionale quanto alla scelta delle misure per realizzare la politica di protezione dell'ambiente. Solo il carattere manifestamente inappropriato di tali misure rispetto allo scopo perseguito potrebbe inficiarne la legittimità.

33.
    L'art. 130 R del Trattato così dispone:

«1.    La politica della Comunità in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi:

—    salvaguardia, tutela e miglioramento della qualità dell'ambiente;

—    protezione della salute umana;

—    utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;

—    promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale.

2. La politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio ”chi inquina paga” (...).

(...)

3. Nel predisporre la sua politica in materia ambientale la Comunità tiene conto:

—    dei dati scientifici e tecnici disponibili;

—    delle condizioni dell'ambiente nelle varie regioni della Comunità;

—    dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall'azione o dall'assenza di azione;

—    dello sviluppo socioeconomico della Comunità nel suo insieme e dello sviluppo equilibrato delle sue singole regioni.

4.    (...)».

34.
    Questa disposizione prevede pertanto una serie di obiettivi, principi e criteri che il legislatore comunitario deve rispettare nell'attuazione della politica ambientale.

35.
    Tuttavia, in ragione della necessità di prendere in considerazione alcuni obiettivi e principi enunciati all'art. 130 R, nonché della complessità dell'attuazione dei criteri stessi, il controllo giurisdizionale deve necessariamente limitarsi a verificare se il Consiglio, nell'adottare il regolamento, abbia commesso un errore di valutazione manifesto quanto alle condizioni di applicabilità dell'art. 130 R del Trattato.

36.
    Si deve quindi esaminare se, tenuto conto dell'obiettivo del regolamento, quest'ultimo sia stato adottato in violazione dell'art. 130 R del Trattato.

37.
    A questo proposito, la Safety invoca tre argomenti.

38.
    In primo luogo, il regolamento, autorizzando l'uso di altre sostanze quali gli halon non terrebbe conto di altri due parametri fondamentali per la protezione dell'ambiente, cioè l'incidenza degli HCFC sul riscaldamento del pianeta (Global Warming Potential; in prosieguo: il «GWP») e la loro durata nell'atmosfera (Atmospheric Lifetime; in prosieguo: l'«ALT»), fattori che dovrebbero essere presi congiuntamente in considerazione con il potenziale di riduzione dell'ozono (Ozone Depletion Potential; in prosieguo: l'«ODP»). Secondo la Safety, se tutti questi fattori fossero presi in considerazione, gli HCFC si dimostrerebbero molto meno nocivi degli halon. Di conseguenza, il regolamento, avendo solamente preso in considerazione l'indice ODP e limitandosi a stabilire misure contro la riduzione dello strato di ozono, non avrebbe assicurato la protezione dell'ambiente nel suo complesso, come prevede l'art. 130 R del Trattato, ma solamente in parte.

39.
    In limine, si deve rilevare che, anche volendo supporre illegittima l'assenza di divieto per l'uso di altre sostanze, tale elemento non potrebbe da solo influire sulla validità del divieto di utilizzare gli HCFC.

40.
    Quanto alla censura relativa alla mancanza di presa in considerazione del GWP e dell'ALT degli HCFC, si deve ricordare che l'art. 130 R, n. 1, del Trattato prevede, tra gli altri obiettivi della politica della Comunità nel settore dell'ambiente, la salvaguardia, la tutela e il miglioramento della qualità dell'ambiente.

41.
    Come dichiarato dalla Corte nella sentenza 14 luglio 1994, causa C-379/92, Peralta, (Racc. pag. I-3453, punto 57), l'art. 130 R del Trattato si limita a definire gli obiettivi generali della Comunità in materia di ambiente. Il compito di decidere circa l'azione che deve essere intrapresa è affidato al Consiglio dall'art. 130 S del Trattato. L'art. 130 T del Trattato precisa inoltre che i provvedimenti di protezione adottati in comune in virtù dell'art. 130 S non impediscono ai singoli Stati membri di mantenere e di prendere provvedimenti compatibili con il Trattato, per una protezione ancora maggiore.

42.
    Da queste disposizioni non discende che l'art. 130 R, n. 1, del Trattato impone al legislatore comunitario, ogni volta che adotta misure di salvaguardia, di tutela e di miglioramento dell'ambiente miranti a uno specifico problema ambientale, di adottare al tempo stesso misure che riguardano l'ambiente nel suo complesso.

43.
    Ne consegue che l'art. 130 R, n. 1, del Trattato autorizza l'adozione di misure dirette unicamente a determinati aspetti, ben definiti, della politica dell'ambiente, in quanto queste misure contribuiscono alla salvaguardia, alla tutela e al miglioramento della qualità di quest'ultimo.

44.
    A questo proposito, il regolamento ha ad oggetto, come risulta dal suo titolo, la disciplina delle sostanze che riducono lo strato di ozono. Il fatto che esso consideri il solo aspetto della salvaguardia, della tutela e del miglioramento dell'ambiente non può quindi essere considerato come incompatibile con la finalità dell'art. 130 R, n. 1, del Trattato.

45.
    In secondo luogo, a parere della Safety, il regolamento, autorizzando l'uso degli halon, che hanno un ODP molto più elevato rispetto agli HCFC e presentano quindi una pericolosità molto maggiore per l'ozono, non avrebbe assicurato un livello di tutela elevato, come esige l'art. 130 R, n. 2, del Trattato.

46.
    In relazione a questo requisito, si deve rilevare che il regolamento assicura un livello di tutela elevato. Dal suo quarto e quinto 'considerando‘ risulta infatti che esso, tenuto conto dei risultati scientifici e al fine di adempiere gli obblighi derivanti per la Comunità in virtù della convenzione di Vienna e del secondo emendamento al protocollo di Montreal, ha ad oggetto l'adozione di misure per il controllo, segnatamente, dell'uso degli HCFC. Il sesto 'considerando‘ del regolamento precisa, peraltro, che in base ai risultati scientifici è opportuno adottare, in taluni casi, misure di controllo più severe di quelle previste dal secondo emendamento al protocollo. Vietando, mediante l'art. 5, n. 1, del regolamento, l'uso degli HCFC e adottando così una misura più rigorosa di quelle imposte dai suoi obblighi internazionali, il legislatore comunitario non è venuto meno al principio di tutela elevata enunciato all'art. 130 R, n. 2, del Trattato.

47.
    Infine, se è pacifico che l'art. 130 R, n. 2, del Trattato esige che la politica della Comunità nel settore ambientale richieda un livello di tutela elevato, tale livello,

per essere compatibile con questa disposizione, non deve essere necessariamenteil più elevato possibile sotto il profilo tecnico. Infatti, come si è indicato al punto 43 di questa sentenza, l'art. 130 T del Trattato autorizza gli Stati membri a mantenere o istituire misure di protezione rinforzata.

48.
    In ultimo luogo, la Safety ritiene che, non vietando l'uso di altre sostanze destinate ugualmente alla lotta antincendio, tra cui gli idrofluorocarburi e i perfluorocarburi, il regolamento non avrebbe tenuto conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, come esige l'art. 130 R, n. 3, del Trattato, poiché queste sostanze, che possiedono indici GWP e ALT assai elevati, sarebbero più nocive per l'ambiente degli HCFC, i cui indici ODP, GWP e ALT sono considerati accettabili.

49.
    L'art. 130 R, n. 3, del Trattato richiede che, nell'elaborazione della sua politica nel settore ambientale, la Comunità tenga conto, segnatamente, dei dati scientifici e tecnici disponibili. Tuttavia, non può ritenersi che il regolamento non rispetti tale esigenza.

50.
    Infatti, oltre alla presa in considerazione delle conoscenze scientifiche menzionate al quarto e quinto 'considerando‘, il settimo 'considerando‘ del regolamento sottolinea «che è auspicabile una revisione periodica (...) degli usi ammessi delle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono», e l'ottavo 'considerando‘ «che è necessario vigilare costantemente sull'evoluzione del mercato delle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono, valutando in particolare quali sono i quantitativi sufficienti a soddisfare le necessità di approvvigionamento per gli usi essenziali e i progressi compiuti nello sviluppo di sostanze di sostituzione, ma anche tenendo presente la necessità di mantenere su valori minimi i quantitativi di sostanze che riducono lo strato di ozono, vergini, recuperate o rigenerate, importate per la libera circolazione nella Comunità».

51.
    E' precisamente al fine di prendere in considerazione i dati scientifici e tecnici disponibili che l'art. 5, n. 6, del regolamento, che riguarda l'uso degli HCFC, prevede che la Commissione possa integrare, ridurre e modificare l'elenco degli usi vietati.

52.
    Occorre aggiungere, peraltro, che, come risulta dagli atti della causa a qua, dal punto di vista scientifico esistevano, al momento dell'adozione del regolamento, sostanze sostitutive, mediante l'impiego di prodotti meno nocivi, degli HCFC per lo strato di ozono, come l'acqua, la polvere e i gas inerti.

53.
    Di conseguenza, il legislatore comunitario, sancendo il divieto di uso e, quindi, di immissione in commercio degli HCFC quali sostanze destinate alla lotta antincendio, non è incorso in alcun errore manifesto di valutazione. Ciò considerato, si deve disattendere la censura sopra esaminata, basata sull'illegittimità del regolamento rispetto all'art. 130 R del Trattato.

54.
    La Safety ritiene ugualmente che il divieto di utilizzare e, di conseguenza, di immettere in commercio gli HCFC quali sostanze destinate alla lotta antincendio sarebbe sproporzionato rispetto alla tutela dell'ambiente.

55.
    Per l'esame di questa censura va ricordato che, secondo una costante giurisprudenza, al fine di stabilire se una norma di diritto comunitario sia conforme al principio di proporzionalità, si deve accertare se i mezzi da essa predisposti siano idonei a conseguire lo scopo perseguito e non eccedano quanto è necessario per raggiungere detto scopo (v., segnatamente, sentenza 13 maggio 1997, causa C-233/94, Germania/Parlamento e Consiglio, Racc. pag. I-2405, punto 54).

56.
    Tenuto conto dell'obiettivo del regolamento, che è la protezione dello strato di ozono, si deve constatare che il mezzo predisposto dallo stesso regolamento, all'art. 5, n. 1, vale a dire il divieto di utilizzare, e, di conseguenza, di immettere in commercio HCFC quali sostanze destinate alla lotta antincendio, era idoneo a perseguire detto obiettivo. Tenuto conto, tuttavia, del fatto che altre sostanze ugualmente, o anche maggiormente, nocive per lo strato di ozono, quali gli halon, sono autorizzate nell'ambito della lotta agli incendi, si deve esaminare se tale divieto non superi i limiti che il rispetto del principio di proporzionalità comporta.

57.
    A questo riguardo, occorre ricordare che, come risulta dagli atti della causa a qua, gli halon presentano una capacità di estinzione insostituibile, segnatamente per fronteggiare incendi in uno spazio ridotto, con effetti tossici estremamente limitati, laddove, per ottenere lo stesso risultato, sarebbe necessaria una quantità maggiore di HCFC, con un maggiore impatto tossico.

58.
    Poiché per gli HCFC esistono, come indicato al punto 52 della presente sentenza, prodotti sostitutivi efficaci, quali l'acqua, la polvere e i gas inerti, e, per determinati usi essenziali, prodotti insostituibili, quali gli halon, come indicato al punto 57 della presente sentenza, il divieto di utilizzare gli HCFC non può essere considerato contrario al principio di proporzionalità.

59.
    Si deve quindi concludere nel senso che l'esame dell'art. 5, n. 1, del regolamento rispetto all'art. 130 R del Trattato non ha rivelato alcun elemento atto a inficiarne la validità.

Sulla compatibilità dell'art. 5 del regolamento con l'art. 30 del Trattato

60.
    Il giudice nazionale chiede ugualmente alla Corte una pronuncia sulla validità, rispetto all'art. 30 del Trattato, del divieto di utilizzare e immettere in commercio gli HCFC quali sostanze destinate alla lotta antincendio, divieto sancito dall'art. 5, n. 1, del regolamento.

61.
    Si deve ricordare, in via preliminare, che, per giurisprudenza costante, il divieto di restrizioni quantitative nonché di misure di effetto equivalente vale non solo per

i provvedimenti nazionali, ma del pari per quelli adottati dalle istituzioni comunitarie (v., segnatamente, sentenze 17 maggio 1984, causa 15/83, Denkavit Nederland, Racc. pag. 2171, punto 15, e 9 agosto 1994, causa C-51/93, Meyhui, Racc. pag. I-3879, punto 11).

62.
    La tutela dell'ambiente è già stata considerata dalla Corte come uno degli obiettivi essenziali della Comunità (v. sentenza 7 febbraio 1985, causa 240/83, Association de défense des brûleurs d'huiles usagées, Racc. pag. 531, punto 13). Nella sentenza 20 settembre 1988, causa 302/86, Commissione/Danimarca (Racc. pag. 4607, punto 9), la Corte ha dichiarato che la tutela dell'ambiente costituisce un'esigenza imperativa, che può limitare l'applicazione dell'art. 30 del Trattato.

63.
    Tuttavia, la Safety ritiene che, rispetto all'art. 30 del Trattato, non sia stato rispettato nemmeno il principio di proporzionalità.

64.
    A questo proposito, è sufficiente ricordare che, come risulta dall'obiettivo del regolamento e da quanto considerato ai punti 57-59 della presente sentenza, il divieto di utilizzare e immettere in commercio gli HCFC per proteggere lo strato di ozono non può essere considerato una misura sproporzionata rispetto allo scopo perseguito.

65.
    Si deve quindi dichiarare che l'esame della questione sottoposta non ha rivelato alcun elemento atto a inficiare la validità dell'art. 5 del regolamento.

Sulla compatibilità dell'art. 5 del regolamento con l'art. 86 del Trattato

66.
    Il giudice a quo domanda in sostanza se l'art. 5, n. 1, del regolamento, sancendo il divieto di utilizzare e immettere in commercio gli HCFC, abbia per effetto, in violazione dell'art. 86 del Trattato, di favorire un abuso di posizione dominante dei produttori e venditori di sostanze diverse dagli HCFC che non siano vietate dallo stesso regolamento.

67.
    A questo proposito, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza, l'esigenza di giungere ad un'interpretazione del diritto comunitario che sia utile per il giudice nazionale impone che quest'ultimo definisca l'ambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate (v., segnatamente, sentenza 26 gennaio 1993, cause riunite da C-320/90 a C-322/90, Telemarsicabruzzo e a., Racc. pag. I-393, punto 6, e ordinanza 19 marzo 1993, causa C-157/92, Banchero, Racc. pag. I-1085, punto 4).

68.
    Come statuito dalla Corte nella sentenza Telemarsicabruzzo e a. e ordinanza Banchero, già citate (rispettivamente punti 7 e 5), tali esigenze valgono in particolare in determinati settori, quale quello della concorrenza, caratterizzati da complesse situazioni di fatto e di diritto.

69.
    Ora, l'ordinanza di rinvio non contiene indicazioni sufficienti a soddisfare tali esigenze.

70.
    Essa non fornisce infatti le indicazioni necessarie alla determinazione del mercato in questione né spiega l'incidenza del divieto di immissione in commercio degli HCFC sul funzionamento di tale mercato. Inoltre, il giudice a quo si è limitato a menzionare l'art. 86 del Trattato senza indicare le ragioni precise che lo hanno indotto a interrogarsi sulla validità del divieto sancito dall'art. 5, n. 1, del regolamento, tenuto conto della situazione di cui è stato investito.

71.
    Perciò, le indicazioni dell'ordinanza di rinvio, con il loro riferimento troppo impreciso alle situazioni di diritto e di fatto considerate dal giudice nazionale, non consentono alla Corte di fornire un'interpretazione utile del diritto comunitario.

72.
    Considerato quanto precede, si deve dichiarare, in applicazione degli artt. 92 e 103, n. 1, del regolamento di procedura, che questa parte della questione sottoposta alla Corte è manifestamente irricevibile.

Sulla compatibilità dell'art 5 del regolamento con l'art. 92 del Trattato

73.
         Secondo una costante giurisprudenza della Corte, solo i vantaggi concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali vanno considerati aiuti ai sensi dell'art. 92, n. 1, del Trattato. Invero, emerge dal tenore stesso di questa disposizione e dalle regole procedurali dettate dall'art. 93 del Trattato che i vantaggi concessi con mezzi diversi dalle risorse statali esulano dall'ambito di applicazione di queste disposizioni (v. sentenze 24 gennaio 1978, causa 82/77, Van Tiggele, Racc. pag. 25, punti 24 e 25, e 17 marzo 1993, cause riunite C-72/91 e C-73/91, Sloman Neptun, Racc. pag. I-887, punto 19).

74.
    Nel caso di specie, l'eventuale vantaggio proveniente per le imprese produttrici di halon dal divieto di usare gli HCFC nel settore della lotta antincendio risulterebbe da una misura adottata dal legislatore comunitario in materia di ambiente, e non da una misura statale, e non comporterebbe così alcun trasferimento, diretto o indiretto, di risorse statali a imprese produttrici di halon. Di conseguenza, l'art. 5 del regolamento non rientra nell'ambito di applicazione dell'art. 92 del Trattato.

Sulla compatibilità dell'art. 5 del regolamento con gli artt. 3 e 5 del Trattato

75.
    L'art. 3 del Trattato determina gli ambiti e gli obiettivi sui quali deve vertere l'azione della Comunità. Esso enuncia così i principi generali del mercato comune, che sono applicati unitamente ai capi rispettivi del Trattato destinati ad attuare tali principi (sentenza 10 gennaio 1985, causa 229/83, Leclerc e a., Racc. pag. 1, punto 8).

76.
    Gli obiettivi generali ripresi all'art. 3 cui si riferisce il caso di specie, vale a dire «un mercato interno caratterizzato dall'eliminazione (...) degli ostacoli alla libera circolazione delle merci (...)» [lett. c)] e «un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata nel mercato interno» [lett. g)], sono stati rispettivamente esplicitati, segnatamente, dalle disposizioni di cui agli artt. 30 e seguenti e 86 e seguenti del Trattato. Ora, si è dichiarato in precedenza che l'art. 5 del regolamento è compatibile con l'art. 30 del Trattato e che non è possibile fornire una soluzione alla questione della sua compatibilità con l'art. 86 del Trattato, in mancanza delle necessarie indicazioni nell'ordinanza di rinvio. Così, non vi è luogo a risolvere la questione relativa alla compatibilità con l'art. 3 del Trattato.

77.
    Quanto all'art. 5 del Trattato, esso impone, conformemente alla giurisprudenza della Corte, doveri reciproci di leale cooperazione tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie (ordinanza 13 luglio 1990, causa C-2/88 Imm., Zwartveld e a., Racc. pag. I-3365, punto 17, e sentenza 13 ottobre 1992, cause riunite C-63/90 e C-67/90, Portogallo e Spagna/Consiglio, Racc. pag. I-5073, punto 52). Di conseguenza, questa disposizione non può riguardare una misura adottata dal legislatore comunitario in materia di ambiente, che potrebbe eventualmente comportare vantaggi oppure inconvenienti per determinate imprese. Di conseguenza, non occorre risolvere la questione relativa alla compatibilità dell'art. 5 del regolamento con l'art. 5 del Trattato.

78.
    Considerato quanto precede, si deve rispondere al giudice a quo che l'esame della questione sottoposta non ha rivelato alcun elemento atto a inficiare la validità dell'art. 5 del regolamento.

Sulle spese

79.
    Le spese sostenute dai governi italiano, spagnolo, francese e austriaco, nonché dalConsiglio e dalla Commissione, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE,

pronunciandosi sulla questione sottopostale dalla Pretura circondariale di Avezzano con ordinanza 16 ottobre 1995, dichiara:

L'esame della questione sottoposta non ha rivelato alcun elemento atto a inficiare la validità dell'art. 5 del regolamento (CE) del Consiglio 15 dicembre 1994, n. 3093, sulle sostanze che riducono lo strato di ozono.

Rodríguez Iglesias        Gulmann                Ragnemalm

            Wathelet                    Mancini

Moitinho de Almeida            Kapteyn

Edward

    Jann                    Sevón                Ioannou

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 luglio 1998.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

G.C. Rodríguez Iglesias


1: Lingua processuale: l'italiano.