SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
30 settembre 1998 (1)
«Politica agricola comune Polizia sanitaria Encefalopatia spongiforme bovina
Ricorso per risarcimento danni Regolamento (CE) n. 1357/96 Premi
supplementari Ricorso di annullamento Associazione di operatori economici
Irricevibilità»
Nella causa T-149/96,
Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti (Coldiretti), organizzazione sindacale
di diritto italiano, con sede in Roma,
110 imprenditori agricoli, i cui nomi figurano elencati in allegato alla presente
sentenza, residenti in Italia,
con gli avvocati Roberto G. Aloisio, del foro di Roma, e Fabrizio Massoni, del foro
di Bruxelles, con domicilio eletto in Lussemburgo presso lo studio dell'avvocato Jim
Penning, 31, Grand-rue,
contro
Consiglio dell'Unione europea, rappresentato in un primo tempo dalla signora
Moyra Sims-Robertson, consigliere giuridico, e dal signor Marco Umberto Moricca,
membro del servizio giuridico, quindi dalla signora Sims-Robertson e dal signor
Ignacio Díez Parra, consigliere giuridico, in qualità di agenti, con domicilio eletto
in Lussemburgo presso il signor Alessandro Morbilli, direttore generale della
direzione «Affari giuridici» della Banca europea per gli investimenti, 100,
boulevard Konrad Adenauer,
e
Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai signori Paolo Ziotti e
James Macdonald Flett, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti, con
domicilio eletto in Lussemburgo presso il signor Carlos Gómez de la Cruz, membro
del servizio giuridico, Centre Wagner, Kirchberg,
avente ad oggetto, da un lato, una domanda di risarcimento ai sensi degli artt. 178
e 215, secondo comma, del Trattato CE, mirante al risarcimento del danno che i
ricorrenti assumono di aver subito a seguito di atti ed omissioni del Consiglio e
della Commissione, successivi al manifestarsi della malattia nota con il nome di
encefalopatia spongiforme bovina, e, dall'altro, una domanda di annullamento del
regolamento (CE) del Consiglio 8 luglio 1996, n. 1357, che dispone pagamenti
supplementari da effettuarsi nel 1996 nel quadro dei premi di cui al regolamento
(CEE) n. 805/68 relativo all'organizzazione comune dei mercati nel settore delle
carni bovine e che modifica tale regolamento (GU L 175, pag. 9),
IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Quinta Sezione),
composto dai signori J. Azizi, presidente, R. García-Valdecasas e M. Jaeger, giudici,
cancelliere: signora B. Pastor, amministratore principale
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 10
marzo 1998,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
Fatti all'origine della controversia
- 1.
- L'encefalopatia spongiforme bovina (in prosieguo: la «BSE»), malattia detta «della
mucca pazza», fa parte di un gruppo di malattie chiamate encefalopatie
spongiformi trasmissibili, caratterizzate da una fase di degenerazione del cervello
e dall'aspetto spongiforme delle cellule nervose del medesimo, rilevabile all'analisi
microscopica.
- 2.
- L'origine probabile della BSE consisterebbe in una modificazione della
composizione dei mangimi destinati ai bovini, che conterrebbero proteine
provenienti da pecore affette dalla malattia detta «del trotto della pecora». La
malattia è caratterizzata da un periodo di incubazione di numerosi anni, durante
i quali essa non può essere rilevata sinché l'animale resta in vita.
- 3.
- La BSE è stata rilevata per la prima volta nel Regno Unito nel 1986. Dal 1988 più
di 160 000 casi accertati di BSE sono stati identificati negli allevamenti di questo
Stato membro e casi sporadici di BSE sono stati parimenti denunziati in Francia,
Irlanda, Portogallo e Svizzera.
- 4.
- Per far fronte a questa malattia e alle conseguenze da essa derivanti, oltre ai diversi
provvedimenti adottati dal Regno Unito, la Comunità europea ha adottato, a
partire dal luglio del 1988, una serie di decisioni, segnatamente quelle illustrate in
prosieguo.
- 5.
- La decisione 28 luglio 1989, 89/469/CEE, recante misure di protezione contro la
BSE nel Regno Unito (GU L 225, pag. 51), ha introdotto talune restrizioni agli
scambi intracomunitari di bovini nati nel Regno Unito prima del luglio 1988, vale
a dire anteriormente alla data in cui erano stati disposti in questo paese, da un lato,
il divieto di vendita dei mangimi destinati ai ruminanti e contenenti proteine di
ruminanti, nonché, dall'altro, il divieto di alimentare i ruminanti con mangimi di tal
genere [«Ruminant Feed Ban», contenuto nel Bovine Spongiform Encephalopathy
Order (1988, SI 1988/1039), e successive modifiche].
- 6.
- Questa decisione è stata modificata mediante la decisione della Commissione 7
febbraio 1990, 90/59/CEE (GU L 41, pag. 23), la quale ha reso generale il divieto
di esportare bovini dal Regno Unito, ad eccezione di quelli destinati alla
macellazione prima dell'età di sei mesi.
- 7.
- La citata decisione 89/469 è stata modificata una seconda volta dalla decisione della
Commissione 8 giugno 1990, 90/261/CEE (GU L 146, pag. 29), la quale ha stabilito
che il rispetto del divieto imposto al Regno Unito di esportare animali di età
superiore a sei mesi doveva essere garantito mediante l'apposizione sugli animali
di un marchio speciale e dell'uso di un sistema di registrazione computerizzato per
consentire l'identificazione degli animali. Essa ha inoltre imposto l'inserimento della
frase seguente nel certificato sanitario trasmesso unitamente alle carni bovine non
disossate provenienti dal Regno Unito: «Carni fresche ottenute da animali delle
specie bovina che non provengono da aziende in cui sia stata ufficialmente
accertata la presenza di BSE nei precedenti due anni». Per quanto concerne le
carni disossate, essa ha prescritto che il certificato sanitario menzionasse che si
trattava di «Carni fresche dalle quali durante il sezionamento [erano] stati asportati
i tessuti nervosi e linfatici apparenti», vale a dire quelli che, a parere degli esperti,
potevano contenere l'agente infettivo.
- 8.
- Queste decisioni sono state a loro volta sostituite dalla decisione della Commissione
27 luglio 1994, 94/474/CE, che stabilisce misure di protezione contro la BSE ed
abroga le decisioni 89/469/CEE e 90/200/CEE (GU L 194, pag. 96), la quale ha
ripreso il loro contenuto e lo ha parzialmente modificato. La nuova decisione ha
portato da due a sei anni il periodo durante il quale non dovevano risultare
confermati casi di BSE nell'azienda in cui i bovini erano stati allevati, affinché fosse
permessa l'esportazione delle loro carni non disossate verso altri Stati membri della
Comunità. Essa ha vietato l'esportazione a partire dal Regno Unito di tutti i
materiali e prodotti ottenuti da ruminanti non trattati secondo i sistemi ammessi
in base alla decisione della Commissione 27 giugno 1994, 94/382/CE,
sull'ammissione di sistemi alternativi di trattamento termico per la trasformazione
dei rifiuti di origine animale derivanti da ruminanti, ai fini dell'inattivazione degli
agenti dell'encefalopatia spongiforme (GU L 172, pag. 25), applicabile a partire dal
1° gennaio 1995.
- 9.
- La citata decisione 94/474, del 27 luglio 1994, è stata a sua volta modificata dalla
decisione della Commissione 18 luglio 1995, 95/287/CE (GU L 181, pag. 40).
Quest'ultima ha imposto il test ufficiale Elisa per l'identificazione di proteine di
ruminanti in mangimi destinati ai ruminanti ed ha inoltre modificato il contenuto
dei certificati sanitari trasmessi unitamente alle carni spedite dal Regno Unito e,
di conseguenza, la portata dei controlli incombenti alle autorità nazionali
competenti. Per quanto concerne, in particolare, le carni ottenute da bovini di età
superiore ai due anni e mezzo, il certificato doveva garantire che i bovini, nel
Regno Unito, avessero soggiornato esclusivamente in allevamenti nei quali non
fossero stati confermati focolai di BSE nei precedenti sei anni, o che, in caso
contrario, si trattasse di carni bovine fresche disossate, presentate in forma di
muscolo dal quale fossero stati asportati i tessuti aderenti, compresi i tessuti nervosi
e linfatici evidenti.
- 10.
- La decisione della Commissione 6 marzo 1990, 90/134/CEE, recante modifica della
direttiva del Consiglio 82/894/CEE concernente la notifica delle malattie degli
animali nella Comunità, e recante modifica a titolo temporaneo della frequenza di
notifica della BSE (GU L 76, pag. 23), ha aggiunto la BSE all'elenco delle malattie
per cui è necessaria la notifica in forza della direttiva del Consiglio 21 dicembre
1982, 82/894/CEE, concernente la notifica delle malattie degli animali nella
Comunità (GU L 378, pag. 58), al fine di garantire un'informazione rapida e
indispensabile all'applicazione delle misure di protezione previste dalla normativa
comunitaria. Quest'ultima direttiva è stata modificata una terza volta dalla
decisione della Commissione 30 luglio 1992, 92/450/CEE (GU L 248, pag. 77), la
quale ha prorogato sino al 31 dicembre 1997 l'obbligo di notifica settimanale dei
focolai della malattia, prescritto dalla citata decisione 90/134.
- 11.
- La decisione della Commissione 9 aprile 1990, 90/200/CEE, che stabilisce requisiti
supplementari per taluni tessuti ed organi in relazione alla BSE (GU L 105, pag.
24), ha introdotto una serie di misure destinate a limitare gli scambi intracomunitari
di taluni tessuti ed organi provenienti da animali della specie bovina in
considerazione della BSE, in particolare dei tessuti ed organi provenienti da bovini
di età superiore a sei mesi al momento della macellazione.
- 12.
- La decisione della Commissione 14 maggio 1992, 92/290/CEE, recante misure di
protezione contro la BSE nel Regno Unito (GU L 152, pag. 37), ha imposto a tutti
gli Stati membri di non spedire verso altri Stati membri della Comunità embrioni
di specie bovina raccolti da femmine nelle quali fosse confermata o sospettata la
BSE.
- 13.
- La decisione della Commissione 27 giugno 1994, 94/381/CE, concernente misure
di protezione per quanto riguarda la BSE e la somministrazione, con la dieta, di
proteina derivata da mammiferi (GU L 172, pag. 23), ha proibito in tutta la
Comunità la somministrazione ai ruminanti di proteine ricavate da qualsiasi specie
di mammiferi, ad eccezione della possibilità per gli Stati membri di adottare un
sistema che consenta di distinguere le proteine ricavate da ruminanti da quelle
ricavate dai non ruminanti. Il contenuto di questa decisione è stato modificato e
chiarito mediante la decisione della Commissione 6 marzo 1995, 95/60/CE (GU
L 55, pag. 43).
- 14.
- Con comunicato 20 marzo 1996, lo Spongiform Encephalopathy Advisory
Committee (in prosieguo: il «SEAC»), organismo scientifico autonomo che svolge
funzioni di consulenza del governo del Regno Unito, ha affermato di avere
individuato dieci casi di una variante del morbo di Creutzfeldt-Jakob in persone
aventi 42 anni di età al massimo.
- 15.
- Tale comunicato era redatto in questi termini:
«Benché non esista nessuna prova diretta di un collegamento, alla luce dei dati
attualmente disponibili e in assenza di qualsiasi alternativa credibile, la spiegazione
al presente più verosimile è che tali casi siano collegati a un'esposizione alla BSE
prima dell'introduzione, nel 1989, del divieto concernente talune frattaglie
specifiche di carni bovine. Tale circostanza è motivo di grande inquietudine».
- 16.
- Il giorno stesso il ministro dell'Agricoltura, della Pesca e dell'Alimentazione del
Regno Unito ha adottato la decisione di vietare, da un lato, la vendita e la
fornitura di farine di carni e di ossa provenienti da mammiferi, nonché il loro uso
nei mangimi destinati a tutti gli animali d'allevamento, ivi compresi il pollame, i
cavalli e i pesci d'allevamento e, dall'altro, la vendita di carni provenienti da bovini
di oltre 30 mesi di età destinate al consumo umano.
- 17.
- Contemporaneamente, un certo numero di Stati membri e di paesi terzi ha
adottato provvedimenti volti a vietare l'importazione di bovini o di carni bovine
provenienti dal Regno Unito o, nel caso di taluni provvedimenti adottati da alcuni
paesi terzi, dall'Unione europea.
- 18.
- Il 22 marzo 1996 il comitato scientifico veterinario dell'Unione europea (in
prosieguo: il «comitato scientifico veterinario») ha concluso che i dati disponibili
non consentivano di provare la trasmissibilità della BSE all'uomo. Tuttavia, in
considerazione dell'esistenza di un rischio al riguardo, del resto sempre tenuto
presente dal comitato, quest'ultimo ha raccomandato l'attuazione dei provvedimenti
recentemente adottati dal Regno Unito in relazione al disossamento delle carcasse
di bovini di oltre 30 mesi di età in stabilimenti riconosciuti nell'ambito degli scambi
intracomunitari e l'adozione da parte della Comunità di provvedimenti adeguati in
materia di divieto di uso di farine di carne e di ossa nell'alimentazione degli
animali. Il comitato ha ritenuto inoltre che si dovesse evitare qualsiasi contatto tra
il midollo spinale, da un lato, e il grasso, le ossa e la carne, dall'altro, e che, in caso
contrario, la carcassa dovesse essere trattata al pari delle frattaglie specifiche di
carni bovine. Esso ha caldeggiato infine la prosecuzione delle ricerche relative al
problema della trasmissibilità della BSE all'essere umano.
- 19.
- Il 24 marzo 1996 il SEAC ha confermato le sue prime raccomandazioni, ma ha
sottolineato di non essere in grado di confermare se esistesse o no un nesso causale
tra la BSE e la variante del morbo di Creutzfeldt-Jakob scoperta di recente e chetale questione avrebbe richiesto studi scientifici più approfonditi.
- 20.
- Il 27 marzo 1996 la Commissione ha adottato la decisione 96/239/CE, relativa a
misure di emergenza in materia di protezione contro la BSE (GU L 78, pag. 47;
in prosieguo: la «decisione 96/239»).
- 21.
- Il quinto 'considerando di questa decisione è così formulato:
«considerando che, nel contesto attuale non è possibile pronunciarsi in maniera
definitiva sul rischio di trasmissione della BSE all'uomo; che l'esistenza di tale
rischio non può essere esclusa; che l'incertezza che ne deriva ha suscitato grandi
preoccupazioni nei consumatori; che, stando così le cose, appare opportuno, quale
misura di emergenza, vietare in via transitoria la spedizione di bovini vivi o di carni
bovine o di qualsiasi prodotto ottenuto da carni bovine dal territorio del Regno
Unito verso il territorio degli altri Stati membri; che, per evitare sviamenti di
traffico, è necessario applicare gli stessi divieti alle esportazioni a destinazione dei
paesi terzi».
- 22.
- L'art. 1 della stessa decisione così dispone:
«In attesa di un esame globale della situazione e ferme restando le disposizioni
comunitarie in vigore in materia di protezione contro la BSE, il Regno Unito non
spedisce dal proprio territorio negli altri Stati membri né nei paesi terzi:
bovini vivi, né sperma o embrioni di bovini;
carni della specie bovina macellate nel Regno Unito;
prodotti ottenuti da animali della specie bovina macellati nel Regno Unito,
che possono entrare nella catena alimentare umana o animale, nonché
prodotti destinati ad essere impiegati in medicina, prodotti cosmetici e
farmaceutici,
farine di carni e di ossa provenienti da mammiferi».
- 23.
- In seguito a due pareri, datati 9 e 18 aprile 1996, del comitato scientifico
veterinario, questa decisione 96/239 è stata modificata mediante la decisione della
Commissione 11 giugno 1996, 96/362/CE (GU L 139, pag. 17), che abroga il divieto
di esportazione per lo sperma bovino e per altri prodotti come la gelatina, il
difosfato di calcio, gli amminoacidi e peptidi, il sego, i prodotti del sego o i suoi
derivati, purché essi siano ottenuti con i metodi descritti nell'allegato alla decisione,
negli stabilimenti sottoposti al controllo ufficiale veterinario.
- 24.
- Parallelamente un gruppo di esperti internazionali, convocati dall'Organizzazione
mondiale della sanità, si è riunito a Ginevra, con la partecipazione
dell'Organizzazione delle Nazioni unite per l'alimentazione e l'agricoltura (FAO)
e dell'Ufficio internazionale delle epizoozie (OIE). Questi esperti sono giunti
anch'essi alla conclusione che il collegamento tra la BSE e la variante del morbo
di Creutzfeldt-Jakob non era dimostrato, ma che la spiegazione più probabile dei
casi di quest'ultima malattia scoperti nel Regno Unito era l'esposizione della
popolazione britannica alla BSE. Essi hanno raccomandato in particolare che tutti
i paesi provvedessero all'abbattimento degli animali colpiti da encefalopatia
spongiforme trasmissibile e all'eliminazione di tutte le parti degli animali e di tutti
i prodotti ottenuti da questi ultimi, per far sì che l'agente infettivo non potesse
penetrare in nessuna catena alimentare. Essi hanno ritenuto inoltre necessario che
i paesi modificassero i loro metodi di smaltimento delle carcasse per garantire
l'effettiva inattivazione degli agenti responsabili dell'encefalopatia spongiforme
trasmissibile.
- 25.
- A partire dall'aprile del 1996 la Comunità ha adottato una serie di misure di
sostegno per il mercato della carne bovina nell'intera Comunità, in particolare
ampliando sensibilmente i presupposti d'intervento. Nella cornice di tali misure, il
Consiglio ha adottato il regolamento (CE) 8 luglio 1996, n. 1357, che dispone
pagamenti supplementari da effettuarsi nel 1996 nel quadro dei premi di cui al
regolamento (CEE) n. 805/68 relativo all'organizzazione comune dei mercati nel
settore delle carni bovine e che modifica tale regolamento (GU L 175, pag. 9; in
prosieguo: il «regolamento n. 1357/96»).
- 26.
- Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 maggio
1996, iscritto al ruolo con il numero T-76/96, un'associazione di categoria, The
National Farmers' Union, e quattro società operanti nel settore dei prodotti
dell'industria bovina del Regno Unito hanno chiesto l'annullamento della decisione
96/239. Con istanza depositata presso la cancelleria del Tribunale il 25 maggio
1996, iscritta al ruolo con il numero T-76/96 R, esse hanno chiesto la sospensione
dell'esecuzione di tale decisione, ai sensi dell'art. 185 del Trattato CE.
- 27.
- Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 24 maggio 1996,
iscritto al ruolo con il numero C-180/96, il Regno Unito ha chiesto l'annullamento
della medesima decisione e di alcuni altri atti ad essa collegati. Con separata
istanza, depositata presso la cancelleria della Corte lo stesso giorno e iscritta al
ruolo con il numero C-180/96 R, esso ha chiesto la sospensione dell'esecuzione
della decisione 96/239 e/o la concessione di misure provvisorie.
- 28.
- Con ordinanza 12 luglio 1996, causa C-180/96 R, Regno Unito/Commissione (Racc.
pag. I-3903), la Corte ha respinto la domanda di sospensione di esecuzione
presentata dal ricorrente. Con ordinanza 13 luglio 1996, causa T-76/96 R, The
National Farmers' Union e a./Commissione (Racc. pag. II-815), il Presidente del
Tribunale ha parimenti respinto l'istanza di sospensione dell'esecuzione presentata
dalle ricorrenti.
- 29.
- Con ordinanza del Tribunale 5 dicembre 1996, la causa T-76/96, The National
Farmers' Union e a./Commissione, è stata cancellata dal ruolo in seguito alla
rinuncia agli atti da parte delle ricorrenti.
- 30.
- Con sentenza 5 maggio 1998, causa C-180/96, Regno Unito/Commissione (non
ancora pubblicata nella Raccolta), la Corte ha respinto il ricorso d'annullamento
presentato dallo Stato membro ricorrente.
Procedimento e conclusioni delle parti
- 31.
- Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 settembre
1996, i ricorrenti, la Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti (Coldiretti),
organizzazione sindacale di diritto italiano, con sede in Roma, alla quale sono
iscritti gli allevatori italiani tramite le federazioni regionali e provinciali, nonché 110
singoli allevatori, hanno proposto il presente ricorso contro il Consiglio, la
Commissione e il comitato veterinario permanente.
- 32.
- Con ordinanza del Tribunale (Quinta Sezione) 12 marzo 1997, il ricorso è stato
dichiarato irricevibile per quanto concerne il comitato veterinario permanente.
- 33.
- Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di passare
alla fase orale e ha disposto alcune misure di organizzazione del procedimento,
consistenti nel chiedere alla Commissione di produrre le conclusioni della
commissione d'inchiesta sulla BSE istituita dal Parlamento europeo, presentate il
7 febbraio 1997. Il 9 ottobre 1997 la Commissione ha prodotto il documento
richiesto.
- 34.
- Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti orali del
Tribunale nel corso dell'udienza svoltasi il 10 marzo 1998.
- 35.
- I ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:
condannare in solido i convenuti, ai sensi dell'art. 215, secondo comma, del
Trattato, a pagare a ciascun ricorrente, per quanto di sua spettanza, un
importo a titolo di risarcimento del danno da accertare in corso di giudizio,
oltre gli interessi moratori calcolati al saggio del 10% e alla rivalutazione
monetaria sino all'effettivo versamento della somma;
annullare il regolamento n. 1357/96, per la parte in cui esso limita l'importo
del risarcimento da versare agli allevatori e, in ogni modo, quantifica il
risarcimento facendo riferimento solo alle perdite di reddito e non ai
maggiori costi;
condannare alle spese i convenuti o il convenuto ritenuto responsabile.
- 36.
- In udienza i ricorrenti hanno affermato che, qualora il Tribunale accogliesse la tesi
dei convenuti secondo la quale il regolamento n. 1357/96 non limita la
responsabilità extracontrattuale della Comunità, essi rinuncerebbero alla loro
domanda di annullamento del detto regolamento.
- 37.
- Il Consiglio conclude che il Tribunale voglia:
dichiarare la domanda di risarcimento manifestamente irricevibile per
quanto concerne la Coldiretti;
in ogni caso, respingere la domanda di risarcimento;
dichiarare la domanda di annullamento del regolamento n. 1357/96
manifestamente irricevibile;
in ogni caso respingerla;
condannare i ricorrenti alle spese.
- 38.
- La Commissione conclude che il Tribunale voglia:
dichiarare irricevibile la domanda di annullamento del regolamento
n. 1357/96;
dichiarare irricevibile la domanda di risarcimento presentata dalla Coldiretti;
dichiarare irricevibile la domanda di risarcimento, per la parte in cui essa
si basa su un diritto alla protezione della salute riconosciuto ad ogni
cittadino della Comunità;
respingere per il resto la domanda di risarcimento danni;
condannare i ricorrenti alle spese.
- 39.
- I ricorrenti chiedono una perizia volta a definire le misure tecniche necessarie per
impedire la comparsa e la diffusione della BSE relativamente alle carni bovine,
nonché a quantificare il danno, presente e futuro, che ciascuno degli odierni
ricorrenti ha subito o subirà, sia come danno emergente, sia come lucro cessante.
A tal riguardo, essi si riservano il diritto di mettere a disposizione del Tribunale,
e/o del collegio di periti da nominare, tutti i documenti necessari ai fini del
presente giudizio.
Sulla domanda di risarcimento
Sulla ricevibilità
Sull'eccezione di irricevibilità, sollevata dal Consiglio, relativa all'inosservanza,
nell'atto introduttivo, dei requisiti di cui all'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di
procedura
Argomenti delle parti
- 40.
- Il Consiglio ricorda che, conformemente ad una giurisprudenza costante relativa
alla portata dell'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura, il ricorso deve
contenere l'oggetto della controversia e l'esposizione sommaria dei motivi dedotti
in maniera sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di
predisporre la propria difesa e al giudice comunitario di decidere sulla domanda,
se del caso, senza altri documenti a sostegno.
- 41.
- Per quanto concerne, in particolare, i ricorsi per risarcimento come quello di cui
trattasi, esso fa richiamo ad una giurisprudenza consolidata, secondo la quale l'atto
introduttivo che non consenta al Tribunale di identificare il danno sofferto dal
ricorrente non soddisfa i presupposti minimi di cui all'art. 44, n. 1, lett. c), del
regolamento di procedura per essere dichiarato ammissibile (ordinanza del
Tribunale 29 novembre 1993, causa T-56/92, Koelman/Commissione, Racc. pag. II-1267).
- 42.
- Esso sostiene che i ricorrenti hanno palesemente disatteso tale precetto, in quanto
hanno omesso di specificare sia la precisa natura sia l'entità del danno direttamente
subito da ciascuno di essi. Il Consiglio ricorda segnatamente che, nel loro ricorso,
essi chiedono al Tribunale di conferire ad un gruppo di esperti l'incarico di valutare
l'importo da versare ad ognuno dei ricorrenti e affermano che il danno ha colpito
l'intero settore dell'allevamento bovino in Italia.
- 43.
- Di conseguenza, la domanda di risarcimento dovrebbe essere rigettata in quanto
manifestamente irricevibile per difetto di coerenza, chiarezza e precisione.
- 44.
- In udienza, i ricorrenti hanno contestato questa eccezione di irricevibilità,
ricordando come il Consiglio e la Commissione ammettano l'esistenza dei danni
causati agli allevatori. Essi hanno aggiunto che la valutazione esatta del danno
rappresenta un onere eccessivo al quale non possono far fronte, ragion per cui
hanno chiesto al Tribunale di disporre una perizia tecnica.
Giudizio del Tribunale
- 45.
- Ai sensi dell'art. 19 dello Statuto (CE) della Corte e dell'art. 44, n. 1, lett. c), del
regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve indicare l'oggetto della
controversia e l'esposizione sommaria dei motivi dedotti.
- 46.
- Tale indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al
convenuto di preparare la propria difesa e al Tribunale di statuire sul ricorso, se
del caso, senza basarsi su altre informazioni. Al fine di garantire la certezza del
diritto e una buona amministrazione della giustizia, occorre, perché un ricorso sia
ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali questo si fonda
risultino, quantomeno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal
testo del ricorso stesso (v. sentenze della Corte 13 dicembre 1990, causa C-347/88,
Commissione/Grecia, Racc. pag. I-4747, punto 28, e 31 marzo 1992, causa C-52/90,
Commissione/Danimarca, Racc. pag. I-2187, punti 17 e seguenti; ordinanzaKoelman/Commissione, citata, punto 21; sentenza del Tribunale 18 settembre 1996,
causa T-387/94, Asia Motor France/Commissione, Racc. pag. II-961, punto 106;
ordinanza del Tribunale 21 novembre 1996, causa T-53/96, Syndicat des
producteurs de viande bovine e a./Commissione, Racc. pag. II-1579, punto 21, e
sentenza del Tribunale 29 gennaio 1998, causa T-113/96, Dubois e Fils/Consiglio
e Commissione, Racc. pag. II-125, punto 29).
- 47.
- Per esser conforme a tali requisiti, un ricorso inteso al risarcimento del danno
causato da un'istituzione comunitaria deve contenere elementi che consentano di
identificare, segnatamente, il danno che il ricorrente asserisce di aver subito e, in
particolare, il carattere e l'entità di tale danno (ordinanza Koelman/Commissione,
citata, punti 22-24, e sentenza del Tribunale 13 dicembre 1995, cause riunite T-481/93 e T-484/93, Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, Racc. pag. II-2941, punto 75).
- 48.
- Nella fattispecie, il ricorso (pagg. 18 e 19) elenca le varie categorie di danni sofferti
dagli allevatori di carne bovina, vale a dire: in primo luogo, il danno emergente
derivante dalla vendita sottocosto degli animali vivi, ad un prezzo che, secondo i
ricorrenti, sarebbe inferiore del 40% alle loro aspettative; in secondo luogo, il
danno emergente derivante dai costi di mantenimento degli animali invenduti alla
fine del ciclo d'ingrasso; in terzo luogo, il lucro cessante derivante dalla mancata
vendita di animali per l'anno in corso e, in quarto luogo, il lucro cessante derivante
dal calo costante dei consumi di carne bovina nei prossimi anni.
- 49.
- Benché le memorie dei ricorrenti non contengano una valutazione esatta dei danni
sofferti da ciascun allevatore, ad esse sono non di meno allegate (allegati 10 e 11
al ricorso) stime particolareggiate delle perdite che si assumono subite dagli
allevamenti bovini italiani, e sono ivi indicati i criteri e parametri seguiti per tali
valutazioni. Nonostante la produzione di tali stime, i ricorrenti sottolineano le
enormi difficoltà che essi hanno incontrato per valutare e determinare
correttamente il danno sofferto da ciascun allevatore, e ribadiscono che proprio per
questa ragione essi hanno chiesto che questo accertamento complesso sia compiuto
da un collegio di periti.
- 50.
- Alla luce di ciò, occorre ammettere che il ricorso, integrato con le informazioni
prodotte negli allegati, è sufficientemente preciso per quanto riguarda la natura ed
il carattere dei danni allegati e non ha impedito né ai convenuti né al Tribunale di
conoscere l'entità approssimativa di tali danni. Di conseguenza, le parti hanno
potuto preparare la loro difesa senza il sostegno di altre informazioni e il Tribunale
è in grado di pronunciarsi sul ricorso, fatta salva l'eventuale necessità di
precisazioni ulteriori in merito alla portata esatta dei danni sofferti da ciascun
ricorrente.
- 51.
- Di conseguenza, il Consiglio allega a torto che il ricorso non soddisfa i requisiti di
chiarezza e precisione imposti dall'art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di
procedura.
- 52.
- Ne discende che occorre respingere l'eccezione di irricevibilità sollevata dal
Consiglio.
Sull'eccezione di irricevibilità, sollevata dai convenuti, relativa alla mancanza di
interesse ad agire della Coldiretti.
Argomenti delle parti
- 53.
- I convenuti contestano la ricevibilità della domanda di risarcimento presentata dalla
Coldiretti. Essi fanno richiamo alla giurisprudenza secondo la quale
un'organizzazione costituita per la difesa degli interessi collettivi di una determinata
categoria di amministrati non è legittimata ad introdurre una domanda diretta ad
ottenere un risarcimento dei danni subiti dai suoi aderenti. Secondo il giudice
comunitario, un diritto di azione ex art. 215 del Trattato può essere riconosciuto
in capo alle associazioni di categoria solo qualora esse possano far valere in
giudizio o un interesse proprio, distinto da quello degli associati, o un diritto al
risarcimento che sia stato a loro ceduto da terzi (sentenza della Corte 18 marzo
1975, causa 72/74, Union syndicale/Consiglio, Racc. pag. 401, punti 20-22, e
sentenza Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, citata, punto 64;
ordinanza Syndicat des producteurs de viande bovine e a./Commissione, citata,
punto 28). Ebbene, in nessun punto del ricorso risulterebbe dimostrato, anche solo
implicitamente, che la Coldiretti ha subito un danno proprio o che essa eserciti un
diritto di risarcimento cedutole dai suoi associati. La Coldiretti non avrebbe provato
e addirittura neanche allegato che nella fattispecie ricorresse una di queste ipotesi.
Di conseguenza, la sua domanda sarebbe manifestamente irricevibile.
- 54.
- I ricorrenti ammettono che la Coldiretti è un'associazione priva di personalità
giuridica. L'associazione avrebbe non di meno la legittimazione ad agire. La
mancanza di personalità giuridica sarebbe irrilevante e non le impedirebbe
assolutamente di essere un soggetto di diritto distinto dagli associati, dotato di una
propria capacità di agire. Per questa ragione, la Coldiretti sarebbe titolare di un
interesse acciocché sia accertata la responsabilità delle istituzioni e/o dei loro
dipendenti nel verificarsi dei danni menzionati nell'atto introduttivo.
- 55.
- Essa avrebbe la legittimazione ad agire, poiché le associazioni non riconosciute
sarebbero dotate di personalità giuridica distinta da quella dei loro associati, anche
se sotto il profilo della responsabilità patrimoniale non godono dell'autonomia
patrimoniale perfetta.
Giudizio del Tribunale
- 56.
- Come precisato dalla Commissione, l'eccezione di irricevibilità esaminata non è
fondata su argomenti collegati alla natura giuridica della ricorrente o all'assenza in
capo ad essa di personalità giuridica secondo l'ordinamento italiano, bensì si
ricollega ai requisiti stabiliti dalla giurisprudenza comunitaria in relazione
all'interesse ad agire di un'associazione professionale.
- 57.
- Un diritto di azione ex art. 215 del Trattato può essere riconosciuto in capo ad
associazioni professionali solo qualora esse possano far valere in giudizio o un
interesse proprio, distinto da quello degli associati, o un diritto al risarcimento che
sia stato loro ceduto da terzi (sentenza della Corte 4 ottobre 1979, causa 238/78,
Ireks-Arkady/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 2955, punto 5; sentenza
Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, citata, punti 76 e 77, e
ordinanza Syndicat des producteurs de viande bovine e a./Commissione, citata,
punti 28 e 29).
- 58.
- Benché, come sostenuto dai ricorrenti in udienza, la Coldiretti rappresenti gli
interessi degli agricoltori e degli allevatori (art. 2 del suo statuto), cionondimeno
possono esserne membri solo le associazioni, e non singoli allevatori. Infatti, ai sensi
dell'art. 7 del suo statuto, la Coldiretti è una confederazione composta dalle
federazioni regionali e provinciali dei coltivatori e allevatori diretti. A norma
dell'art. 10, possono anche diventarne membri le organizzazioni di imprenditori
agricoli che perseguono scopi analoghi a quelli della Coldiretti.
- 59.
- Ebbene, la Coldiretti non allega nessun danno proprio, di cui chieda il risarcimento,
né fa valere una cessione di diritti o un mandato espresso che la legittimi a
proporre una domanda di risarcimento dei danni sofferti dalle associazioni aderenti
e dai loro membri, singoli allevatori.
- 60.
- Ne discende che essa non dimostra di essere titolare di un interesse ad agire nella
fattispecie.
- 61.
- Di conseguenza, la domanda di risarcimento deve essere dichiarata irricevibile in
quanto è proposta dalla Coldiretti.
Sull'eccezione di irricevibilità, sollevata dalla Commissione, relativa alla circostanza
che la domanda si basa sul diritto alla tutela della salute riconosciuto a ogni
cittadino della Comunità.
Argomenti delle parti
- 62.
- La Commissione osserva che i ricorrenti, richiamandosi alla necessità che siano
protetti gli interessi economici dei consumatori e che sia tutelato il loro diritto alla
salute, e facendo valere il pregiudizio che i «singoli cittadini comunitari» avrebbero
subito a causa della crisi della BSE, intendono proporre un'azione, non già nel
proprio interesse, bensì nell'interesse generale di tutti i loro concittadini europei,
che, in tal modo, implicitamente pretendono di rappresentare. Sotto questo profilo,
l'interesse proprio dei ricorrenti si confonderebbe con l'interesse della collettività
o dei consumatori. Ebbene, un'azione volta a proteggere l'interesse collettivo non
sarebbe riconosciuta in diritto comunitario.
- 63.
- La Commissione ricorda peraltro la giurisprudenza relativa all'irricevibilità delle
domande di risarcimento quando esse non contengono nessun elemento, anche solo
sommario, che consenta di identificare i tre elementi chiave, vala a dire il danno
subito (il suo carattere e la sua entità), il comportamento illecito delle istituzioni
comunitarie e l'esistenza di un nesso di causalità (sentenze della Corte 21 maggio
1976, causa 26/74, Roquette frères/Commissione, Racc. pag. 677, punti 22-24, e del
Tribunale 10 luglio 1990, causa T-64/89, Automec/Commissione, Racc. pag. II-367,
punto 73). Essa ne deduce che il ricorso è irricevibile anche per omessa
determinazione del danno per la salute assertivamente subito dai ricorrenti.
Giudizio del Tribunale
- 64.
- La Commissione interpreta erroneamente il ricorso allorché ritiene che i ricorrenti
promuovano un'azione nell'interesse generale di tutti i loro concittadini europei.
- 65.
- E' bensì vero che, in un brano del ricorso, i ricorrenti richiamano gli artt. 3, lett. o),
129 e 129 A del Trattato ricordando che, in virtù di queste disposizioni, le
istituzioni comunitarie hanno il compito di contribuire a garantire un livello elevato
di protezione della salute e degli interessi dei consumatori. Nondimeno, tenuto
conto del contesto in cui sono enunciate queste affermazioni, del modo in cui sono
formulate le conclusioni del ricorso e dell'assenza di riferimenti, nelle loro
memorie, a danni causati alla salute delle persone, è giocoforza constatare che i
ricorrenti non lamentano danni arrecati alla salute di chicchessia e non chiedono
risarcimenti a tal riguardo.
- 66.
- Di conseguenza, occorre respingere l'eccezione di irricevibilità sollevata dalla
Commissione.
Nel merito
Argomenti delle parti
Sull'esistenza di un comportamento illecito del Consiglio e della Commissione
- 67.
- I ricorrenti sostengono che le istituzioni comunitarie, e la Commissione in
particolare, hanno fatto cattivo uso dei «poteri-doveri» loro attribuiti dalla
normativa vigente per prevenire la diffusione della BSE e che su di esse ricade
pertanto la responsabilità delle gravi perturbazioni verificatesi nel mercato della
carne bovina.
- 68.
- Essi osservano che il compito fondamentale della Comunità, proclamato dall'art.
2 del Trattato, si sostanzierebbe in una serie di compiti specifici affidati alla
Comunità da varie disposizioni del Trattato.
- 69.
- I ricorrenti rilevano in particolare che:
secondo l'art. 39 del Trattato, le finalità della politica agricola comune sono
l'incremento della produttività, il miglioramento del reddito individuale di
coloro che lavorano nel settore, la stabilizzazione dei mercati, la sicurezza
degli approvvigionamenti e prezzi ragionevoli per i consumatori;
ai sensi dell'art. 129 del Trattato, la Comunità contribuisce a garantire un
livello elevato di protezione della salute umana;
l'articolo 129 A ha ad oggetto la protezione dei consumatori.
- 70.
- Secondo i ricorrenti, benché la Commissione, sin dal 1989, fosse informata
dell'esistenza dei numerosi focolai BSE scoperti nel Regno Unito ed i rischi
rilevanti di trasmissione della malattia per gli animali vivi, le istituzioni comunitarie
hanno omesso di adottare le precauzioni necessarie per evitare la diffusione
dell'epidemia e si sono limitate ad interventi rivelatisi in seguito insufficienti ed
inefficaci.
- 71.
- In particolare, i ricorrenti sostengono che la Commissione:
non ha fatto uso dei poteri di sorveglianza ad essa spettanti per garantire
che gli Stati membri facessero il necessario per assicurare che i bovini e i
suini di allevamento, da produzione o da macello destinati agli scambi
intracomunitari non costituissero fonte di propagazione di malattie
contagiose;
non ha fatto quanto era necessario nella prospettiva del completamento del
mercato interno per garantire la protezione della salute e degli interessi
economici dei consumatori per gli scambi intracomunitari di derrate
alimentari, armonizzando e rendendo più efficacie a tal fine il controllo
ufficiale delle suddette derrate, in base alle direttive del Consiglio 14 giugno
1989, 89/397/CEE, relativa al controllo ufficiale dei prodotti alimentari (GU
L 186, pag. 23), 29 giugno 1992, 92/59/CEE, relativa alla sicurezza generale
dei prodotti (GU L 228, pag. 24), e 29 ottobre 1993, 93/99/CEE, riguardante
misure supplementari in merito al controllo ufficiale dei prodotti alimentari
(GU L 290, pag. 14);
non ha adottato le misure di salvaguardia e di controllo necessarie per
prevenire la diffusione di malattie tali da comportare gravi rischi per glianimali o la salute umana, come quelle di cui alle direttive del Consiglio 11
dicembre 1989, 89/662/CEE, relativa ai controlli veterinari applicabili negli
scambi intracomunitari, nella prospettiva della realizzazione del mercato
interno (GU L 395, pag. 13), e 26 giugno 1990, 90/425/CEE, relativa ai
controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di
taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della
realizzazione del mercato interno (GU L 224, pag. 29).
- 72.
- In particolare, i ricorrenti fanno carico alla Commissione di non aver esercitato i
poteri seguenti, ad essa attribuiti dalla citata direttiva 11 dicembre 1989, 89/662,
vale a dire:
quello, ex art. 8, n. 1, di inviare in loco una missione di ispezione, di
incaricare un veterinario ufficiale di accertare i fatti e di chiedere allo Stato
membro di intensificare i controlli;
quello, ex artt. 9, n. 2, e 15, di inviare in loco suoi rappresentanti e di
esaminare le misure prese dall'autorità nazionale, nonché esprimere un
parere;
quello, ex art. 9, n. 3, di adottare i provvedimenti cautelativi del caso, da
sottoporre in seguito al comitato veterinario permanente;
quello, ex artt. 9, n. 4, 16, nn. 2 e 3, e 17, di adottare le misure, le
raccomandazioni e le decisioni necessarie.
- 73.
- Essi sostengono peraltro che diverse misure e comportamenti adottati dalle
istituzioni dimostrano la loro negligenza.
- 74.
- In primo luogo, la citata decisione 27 luglio 1994, 94/474, che stabilisce misure di
protezione contro la BSE, ha autorizzato l'esportazione di carni bovine fresche
provenienti dal Regno Unito, alla sola condizione che nel certificato sanitario fosse
aggiunta la seguente formula neutrale: «Carni bovine fresche disossate, presentate
sotto forma di muscolo dal quale sono stati asportati i tessuti aderenti, compresi i
tessuti nervosi e linfatici evidenti». Ebbene, secondo i ricorrenti, una misura del
genere non era manifestamente in grado di bloccare la diffusione dell'epidemia.
- 75.
- In secondo luogo, la citata decisione 18 luglio 1995, 95/287, ha autorizzato, in una
prospettiva assolutamente ingiustificata, l'esportazione delle carni bovine originarie
del Regno Unito, provenienti persino da allevamenti in cui erano stati confermati
uno o più casi di BSE, alla sola condizione che nel certificato sanitario fosse
apposta la frase anodina di cui sopra.
- 76.
- A sostegno delle precedenti osservazioni e dell'allegata responsabilità della
Comunità ex art. 215 del Trattato, i ricorrenti richiamano le conclusioni del
rapporto della commissione d'inchiesta sulla BSE, istituita dal Parlamento europeo
per l'accertamento delle eventuali responsabilità politiche della Commissione e del
Consiglio. Essi citano in particolare alcuni brani del detto rapporto.
- 77.
- Per quanto concerne la natura giuridica della responsabilità denunciata, i ricorrenti
concludono che si tratterebbe nella fattispecie di una responsabilità oggettiva,
derivante da un comportamento negligente. I convenuti avrebbero commesso talune
mancanze, venendo meno al loro dovere di intervenire per limitare la diffusione di
un'epidemia e a quello di reagire contro il persistente inadempimento, da parte del
Regno Unito, degli obblighi ad esso incombenti in base alle disposizioni adottate
per contrastare la malattia. Poiché il «risultato» non sarebbe stato affatto
conseguito e, anzi, le istituzioni avrebbero prodotto il risultato opposto a quello che
dovevano avere di mira, il loro obbligo di risarcimento sarebbe evidente, e non
occorrerebbe neppure procedere all'esame delle singole negligenze commesse dai
convenuti ai fini della loro condanna.
- 78.
- Le istituzioni comunitarie non potrebbero trincerarsi dietro nozioni quali quelle di
«attività legislativa» e «potere discrezionale», poiché l'addebito mosso nei loro
confronti riguarderebbe anche diverse omissioni e vari atti di natura amministrativa
e il potere discrezionale di cui esse dispongono per adottare o no una disposizione
non potrebbe tradursi in un comportamento arbitrario.
- 79.
- In udienza i ricorrenti hanno dichiarato che, in definitiva, essi contestano alle
istituzioni comunitarie il fatto di non aver adottato nel 1990 le stesse misure che
hanno adottato nel 1996, vale a dire un divieto di vendita di carni bovine
provenienti dal Regno Unito e dirette verso l'Europa continentale.
- 80.
- La Commissione ricorda le disposizioni adottate dalla Comunità per far fronte alla
crisi della BSE. Alla luce dei progressi realizzati in seguito nella conoscenza
dell'epidemiologia della malattia, la Commissione ha adottato, a partire dal 1989,
diverse misure destinate, da un lato, a prevenire la diffusione della BSE negli Stati
membri diversi dal Regno Unito, dove erano stati individuati i primi focolai, e,
dall'altro, a sradicare questa malattia. Queste misure sarebbero state adottate di
pari passo con quelle prese parallelamente dalle autorità del Regno Unito.
- 81.
- La Commissione osserva che, per formulare un giudizio di illiceità del suo
comportamento, occorre analizzare l'adeguatezza delle misure adottate a partire
dal luglio 1989, in seguito alla pubblicazione del rapporto del SEAC sull'evoluzione
della patologia nel Regno Unito, rapporto che constatava i primi casi di BSE e
illustrava le conoscenze scientifiche esistenti al riguardo. L'adeguatezza di queste
misure dovrebbe essere valutata alla luce delle conoscenze scientifiche disponibili
al momento della loro adozione. A tale proposito, la Commissione ricorda di aver
ripetutamente richiesto al comitato scientifico veterinario, e specificamente al
sottogruppo BSE appositamente costituito, di discutere e di esprimersi su varie
problematiche connesse alla malattia. Essa aggiunge di avere organizzato due
simposi internazionali sul tema, nel novembre 1990 e nel settembre 1993, di avere
partecipato all'organizzazione di una conferenza internazionale svoltasi nel mese
di settembre del 1991 e di avere peraltro direttamente contribuito al finanziamento
della ricerca in materia.
- 82.
- A suo parere, sarebbe incompatibile con le responsabilità spettanti alle istituzioni
in forza dell'art. 39 del Trattato l'adozione, a fronte del manifestarsi di una
determinata patologia, di misure restrittive che non abbiano giustificazione e basi
scientifiche ragionevoli. Ebbene, per lungo tempo gli ambienti scientifici avrebbero
considerato remota la possibilità di una trasmissibilità della malattia all'uomo e in
questo senso si sarebbe espresso il comitato scientifico veterinario nei pareri
espressi in data 27 settembre 1989, 8 gennaio 1990, 6 giugno 1990 e 17 gennaio
1992. Tale punto di vista sarebbe stato inoltre condiviso dall'Ufficio internazionale
delle epizoozie (OIE), in un suo rapporto del settembre 1990, nonché
dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), in un rapporto del 1991.
- 83.
- Solo a partire dal 1993 le possibili connessioni tra la BSE e il morbo di Creutzfeldt-Jakob nell'uomo sarebbero state oggetto di riflessione e di accertamenti
approfonditi, pur se si trattava all'epoca di una mera «ipotesi di studio», che non
trovava alcun supporto a livello medico-scientifico.
- 84.
- A tal riguardo, la Commissione fa rinvio al memorandum dell'OMS del 1993
relativo all'evoluzione della BSE nel Regno Unito, alle conclusioni degli esperti del
gruppo ad hoc dell'OIE relativo alla BSE, nel simposio svoltosi a Parigi nel
settembre del 1994, alle conclusioni cui è giunta l'OMS al termine di un simposio
svoltosi sul tema della BSE a Ginevra nei giorni 17-19 maggio 1995 e, infine, ai
pareri del comitato scientifico per l'alimentazione 21 settembre 1995 e del comitato
scientifico veterinario 7 e 20 novembre 1995.
- 85.
- A suo parere, sono le nuove informazioni pubblicate il 20 marzo 1996 nel quadro
del comunicato del SEAC che hanno reso necessaria l'adozione in via d'urgenza
delle misure restrittive di cui alla decisione 96/239, in quanto in tale comunicato
veniva sostenuto per la prima volta in ambito scientifico che l'agente responsabile
della BSE era probabilmente un agente patogeno, pericoloso per la salute
dell'uomo.
- 86.
- Sarebbe pertanto improprio valutare a posteriori il comportamento tenuto dalle
istituzioni comunitarie anteriormente a tale data. Fino al momento in cui la
possibilità di trasmissione della BSE all'uomo è rimasta una mera ipotesi scientifica,
la Commissione avrebbe ritenuto che il contemperamento dei diversi interessi in
gioco, vale a dire quelli degli operatori del settore, in particolare l'interesse alla
stabilità del mercato, e quelli dei consumatori, fosse adeguatamente realizzato con
il divieto di esportazione dal Regno Unito dei bovini vivi di più di sei mesi e di
tutta un'altra serie di prodotti che potevano costituire un veicolo di trasmissione
della malattia. Orbene, secondo una consolidata giurisprudenza, il principio di
proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto comunitario, richiede
che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti di ciò che è idoneo e
necessario per il conseguimento degli scopi perseguiti dalla normativa di cui trattasi,
fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si
deve ricorrere alla meno restrittiva, e che gli inconvenienti causati non devono
essere sproporzionati agli scopi perseguiti (sentenza della Corte 29 febbraio 1996,
cause riunite C-296/93 e C-307/93, Francia e Irlanda/Commissione, Racc. pag. I-795, punto 30). Pertanto, non si potrebbe imputare alla Commissione alcun errore
nella valutazione fatta anteriormente al 20 marzo 1996 dei rischi collegati alla BSE
sulla base delle conoscenze scientifiche esistenti all'epoca.
- 87.
- Essa perviene così alla conclusione che è inesistente un suo comportamento illecito
e chiede di conseguenza il rigetto del ricorso.
- 88.
- Il Consiglio sostiene parimenti che la domanda di risarcimento è infondata e
ricorda i presupposti necessari per il sorgere di una responsabilità extracontrattuale
in capo alla Comunità, sottolineando che è sui ricorrenti che ricade l'onere di
provare l'illegittimità della condotta della Comunità nel far fronte alla diffusione
dell'epidemia di BSE.
- 89.
- Per quanto riguarda gli atti del Consiglio e della Commissione adottati nel settore
veterinario e giudicati dai ricorrenti inadeguati per arrestare la diffusione della
BSE, esso fa richiamo alla giurisprudenza costante della Corte secondo la quale in
un contesto normativo caratterizzato dall'esercizio di un ampio potere
discrezionale, indispensabile per l'attuazione della politica agricola comune, la
responsabilità della Comunità può sorgere solo eccezionalmente, qualora
l'istituzione di cui trattasi abbia disconosciuto in modo palese e grave i limiti che
si impongono all'esercizio dei suoi poteri (sentenze della Corte 2 dicembre 1971,
causa 5/71, Zuckerfabrik Schöppenstedt/Consiglio, Racc. pag. 975, punto 115, e 5
dicembre 1979, cause riunite 116/77 e 124/77, Amylum e Tunnel
Refineries/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 3497, punto 13).
- 90.
- Esso fa valere che tale normativa ha conferito alla Commissione i poteri di
adottare misure di salvaguardia o di tutela, ove occorra, al fine di proteggere la
salute umana e degli animali, pur riservando agli Stati membri poteri di attuazione.
- 91.
- Inoltre, esso ricorda la ripartizione delle competenze tra il Consiglio e la
Commissione nell'ambito veterinario e sottolinea che dallo stesso Trattato, in
particolare dagli artt. 5, 145 e 155, si evince che la legislazione in questo ambito
deve essere attuata congiuntamente dagli Stati membri e dalla Commissione. Esso
aggiunge che spetta alla Commissione presentargli proposte affinché esso possa
adottare disposizioni legislative specifiche concernenti la BSE e che, sin dal
manifestarsi dell'epidemia nel 1986, la Commissione non gli ha mai presentato una
proposta per affrontare specificamente il problema della BSE. Di conseguenza, il
Consiglio contesta che la normativa quadro fosse in qualche modo inadeguata,
giacché esso aveva già investito la Commissione dell'esercizio del potere
discrezionale di agire nel modo da questa ritenuto necessario per combattere le
patologie animali, anche nuove, pur riservando taluni poteri agli Stati membri.
- 92.
- Il Consiglio ritiene che i ricorrenti non abbiano dimostrato che esso ha adottato atti
che violavano in modo grave e manifesto norme giuridiche di rango superiore poste
a tutela dei singoli, né che esso è venuto meno ad un obbligo di agire, giacché esso
non ha potere esecutivo in questo campo né può agire motu proprio in assenza di
una proposta della Commissione.
- 93.
- Pertanto, esso ritiene che uno dei presupposti della sua responsabilità non sia
soddisfatto e che, di conseguenza, la domanda di risarcimento debba essere
respinta, senza che occorra esaminare la questione relativa all'esistenza di eventi
dannosi, né quella concernente il nesso di causalità.
Sull'esistenza di un danno e di un nesso di causalità
- 94.
- I ricorrenti asseriscono che il danno risarcibile è costituito, da un lato, dal danno
emergente derivante dalla vendita sottocosto di animali vivi a causa del crollo dei
prezzi sul mercato e dagli accresciuti costi di mantenimento dei capi invenduti alla
fine del ciclo d'ingrasso e, dall'altro, dal lucro cessante dovuto alle mancate vendite
per l'anno in corso e alla costante contrazione dei consumi di carne bovina nei
prossimi anni.
- 95.
- Essi richiedono una perizia ai fini della determinazione dell'importo dei danni subiti
da ciascun allevatore e precisano di riservarsi il diritto di mettere a disposizione del
Tribunale e/o dei consulenti da nominare tutta la documentazione all'uopo
necessaria.
- 96.
- In udienza essi hanno dichiarato che, se le istituzioni avessero deciso nel 1990 un
embargo totale nei confronti delle vendite di carni bovine provenienti dal Regno
Unito, il mercato della carne bovina negli altri Stati membri non sarebbe crollato,
poiché misure del genere avrebbero immediatamente circoscritto il focolaio
dell'infezione al Regno Unito e sarebbero state interpretate dai consumatori come
un segno chiarissimo del controllo esercitato da parte delle istituzioni comunitarie.
Di conseguenza, l'inattività delle istituzioni sarebbe il fattore all'origine del danno
causato dalla caduta del mercato.
- 97.
- La Commissione non contesta l'ampiezza delle perdite economiche subite,
segnatamente dagli allevatori, a causa della crisi della BSE. Tuttavia, essa ritiene
che i ricorrenti non abbiano assolutamente dimostrato che il danno da essi subito
tragga origine dal comportamento delle istituzioni comunitarie. La caduta della
domanda di carne bovina all'origine del danno lamentato sarebbe stata provocata,
come riconosciuto dalla Corte nella sua ordinanza 12 luglio 1996, Regno
Unito/Commissione, citata (punto 87), e come avrebbero ammesso implicitamente
gli stessi ricorrenti nel loro atto introduttivo (pag. 18), dalla dichiarazione del 20
marzo 1996 del SEAC, concernente l'esistenza probabile di un nesso tra la BSE e
la variante del morbo di Creutzfeldt-Jakob.
- 98.
- Il Consiglio non nega che possano essersi verificati danni, ma sostiene che i
ricorrenti non precisano né l'esatta natura né la misura del danno direttamente
subito da ciascuno di essi, come sarebbe dimostrato, in particolare, dall'istanza di
perizia presentata al Tribunale.
Giudizio del Tribunale
- 99.
- Il sorgere della responsabilità della Comunità ex art. 215, secondo comma, del
Trattato è subordinato alla compresenza di un insieme di condizioni, riguardanti
l'illiceità del comportamento contestato alle istituzioni comunitarie, l'effettività del
danno e l'esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento dell'istituzione
interessata e il danno lamentato (sentenze della Corte 27 marzo 1990,
Grifoni/CEEA, Racc. pag. I-1203, punto 6, e 7 maggio 1992, cause riunite C-258/90
e C-259/90, Pesquerías De Bermeo e Naviera Laida/Commissione, Racc. pag. I-2901, punto 42, e sentenza del Tribunale 18 settembre 1995, causa T-168/94,
Blackspur e a./Consiglio e Commissione, Racc. pag. II-2627, punto 38).
- 100.
- Nella fattispecie, occorre esaminare anzitutto la questione relativa all'esistenza di
un nesso di causalità tra il comportamento, che si assume illecito, delle istituzioni
comunitarie e il danno lamentato dai ricorrenti.
- 101.
- La presenza di un nesso di causalità ex art. 215, secondo comma, del Trattato è
ammessa quando esiste un nesso diretto di causalità fra l'illecito commesso
dall'istituzione interessata e il danno lamentato, nesso di cui spetta ai ricorrenti
fornire la prova (sentenze della Corte 14 luglio 1961, cause riunite 9/60 e 12/60,
Société commerciale Antoine Vloeberghs/Alta Autorità, Racc. pag. 379, in
particolare pag. 415; 30 gennaio 1992, cause riunite C-363/88 e C-364/88, Finsider
e a./Commissione, Racc. pag. I-359, punto 25; sentenza Blackspur e a./Consiglio e
Commissione, citata, punto 40).
- 102.
- L'inadempienza contestata dai ricorrenti consiste essenzialmente nell'adozione di
norme e misure insufficienti, errate o inadeguate, per far fronte alla BSE. Per la
precisione, essa consisterebbe nella mancata adozione, nel 1990, di una decisione
di isolamento totale o di divieto di circolazione verso l'Europa continentale dei
prodotti derivati da carni bovine provenienti dal Regno Unito, come quella adottata
nel marzo del 1996. Il comportamento illecito contestato alle istituzioni
consisterebbe pertanto nella persistenza di questa condotta omissiva tra il 1990 e
il 1996 e, inoltre, nell'insufficienza delle misure adottate durante tale periodo.
- 103.
- I convenuti non contestano l'esistenza di un danno economico subito dagli allevatori
di bovini del continente in seguito agli eventi verificatisi nel marzo del 1996.
- 104.
- Da un lato, sembra che l'esistenza della BSE negli allevamenti zootecnici del
Regno Unito, rilevata per la prima volta nel 1986, sia un fatto ampiamente notorio,
essendo stati accertati più di 160 000 casi di BSE in questo Stato membro sin dal
1988 e, dall'altro, che casi sporadici di BSE siano stati parimenti rilevati in Francia,
Irlanda, Portogallo e Svizzera.
- 105.
- A partire dal 1989 le istituzioni comunitarie hanno adottato una serie di norme (v.
supra, punti 4-13) allo scopo di far fronte alla crisi della BSE. Tuttavia queste
misure, benché destinate a prevenire la diffusione della BSE negli Stati membri
della Comunità diversi dal Regno Unito, a debellare la malattia e ad eliminare i
suoi effetti nocivi, non prevedevano un isolamento totale dei capi bovini e dei
prodotti derivati dalla carne bovina del Regno Unito nel territorio di quest'ultimo,
poiché alcuni animali vivi di età inferiore a sei mesi, procreati da mucche per le
quali la presenza di BSE non era stata né accertata né sospettata, e taluni prodotti
ottenuti da carni bovine, sperma ed embrioni, potevano continuare ad essere posti
in commercio sul continente sino all'adozione, da parte della Commissione, della
decisione 96/239.
- 106.
- Malgrado la conoscenza della malattia e l'assenza di embargo totale prima del
marzo 1996, la fiducia dei consumatori nella carne bovina non è stata scalfita, come
dimostra il fatto che la domanda non è diminuita bruscamente sino al 20 marzo
1996. A tal riguardo, né la conoscenza dell'esistenza di questa malattia nell'ambito
del patrimonio bovino del Regno Unito, della sua gravità e della possibilità di
diffusione tra gli animali del continente, né l'assenza di certezza riguardo alla
questione se la carne venduta sul continente potesse o meno provenire da animali
contaminati, né, infine, la valutazione da parte dell'opinione pubblica dei
comportamenti dei convenuti nella loro lotta contro la BSE hanno provocato presso
i consumatori una reazione paragonabile a quella prodotta dal comunicato del
SEAC nel marzo del 1996.
- 107.
- Come giustamente sottolineato dalla Commissione, gli stessi ricorrenti riconoscono
nell'atto introduttivo (pag. 18) che essi non avevano nessuna ragione di prevedere
una modifica della domanda e che quando, nel novembre del 1995, si è iniziato il
ciclo d'ingrasso, essi potevano legittimamente pronosticare una domanda di carne
bovina almeno pari a quella dell'anno precedente.
- 108.
- Solo il 20 marzo 1996 il SEAC ha annunciato la probabile trasmissibilità della
malattia all'uomo quando, presentando dieci casi di una variante del morbo di
Creutzfeldt-Jakob rilevati in persone aventi 42 anni di età al massimo, esso ha
proclamato: «Benché non esista nessuna prova diretta di un collegamento, alla luce
dei dati attualmente disponibili e in assenza di qualsiasi alternativa credibile, la
spiegazione al presente più verosimile è che tali casi siano collegati a
un'esposizione alla BSE prima dell'introduzione, nel 1989, del divieto concernente
talune frattaglie specifiche di carni bovine. Tale circostanza è motivo di grande
inquietudine».
- 109.
- La nuova informazione contenuta in questo comunicato del SEAC era il passaggio
da un'ipotesi alla possibilità di un collegamento tra la BSE e il morbo di
Creutzfeld-Jakob. Di conseguenza, anche se la BSE esisteva già prima, è questa
nuova informazione che ha modificato notevolmente la percezione presso i
consumatori del pericolo che questa malattia rappresentava per la salute umana
(sentenza 5 maggio 1998, Regno Unito/Commissione, citata, punti 52 e 53).
- 110.
- In seguito al comunicato di cui trattasi, le autorità del Regno Unito hanno adottato
alcuni provvedimenti d'urgenza, come la decisione di vietare, da un lato, la vendita
e la fornitura di farine di carne e di ossa provenienti da mammiferi, nonché il loro
uso nell'alimentazione destinata a tutti gli animali d'allevamento, ivi compresi il
pollame, i cavalli e i pesci d'allevamento, e, dall'altro, la vendita di carni
provenienti da bovini di età superiore a 30 mesi per il consumo umano.
Contemporaneamente, un certo numero di Stati membri e di paesi terzi ha
adottato misure che vietavano le importazioni di bovini o di carne bovina
provenienti dal Regno Unito o, per quanto concerne talune misure adottate da
alcuni paesi terzi, dall'Unione europea.
- 111.
- Come riconosciuto dagli stessi ricorrenti, il comunicato del SEAC, nonché le misure
adottate dagli Stati membri, hanno trovato grande eco presso i mezzi di
informazione nella Comunità e la natura e l'intensità di tale eco ha avuto poi
un'incidenza rilevante e diretta sulle preoccupazioni immediate dei consumatori.
A tale riguardo, il Tribunale rileva che in certi passi dell'allegato 8 al loro ricorso,
gli stessi ricorrenti attribuiscono in gran parte la crisi del settore al trattamento
allarmistico, secondo loro irresponsabile, che sarebbe stato riservato dai giornali e
dalla televisioni alle scoperte sulla possibile trasmissibilità della malattia all'uomo.
Così, a pag. 1 del documento intitolato «La filiera delle carni bovine in Italia: BSE
Situazione e prospettive», si legge: «La filiera della carni bovine sta attraversando
nell'Unione europea ed in Italia un drammatico momento di difficoltà, reso ancor
più profondo dalle informazioni allarmistiche della stampa e della televisione sulla
possibile trasmissione all'uomo della BSE bovina, che hanno determinato un
improvviso e sensibile crollo dei consumi e che, in mancanza di contromisure
adeguate, rischiano di porre il settore in una crisi irreversibile». A pag. 4 si precisa
poi: «La variabile BSE può dare un colpo di grazia al settore, dato l'allarmismo
ingiustificato ed irresponsabile della stampa e della televisione, preoccupate
soltanto del sensazionale, senza il minimo tentativo di informare con chiarezza ed
obiettività».
- 112.
- E' pacifico che è a partire da questo momento che si è verificata la caduta del
mercato di carni bovine, causata da una diminuzione notevole della domanda.
- 113.
- Di conseguenza, è giocoforza constatare che il crollo della domanda all'origine dei
danni lamentati nella fattispecie è stato provocato dagli effetti del comunicato del
SEAC sull'opinione pubblica, vale a dire, dalla preoccupazione che la conoscenza
della possibile trasmissibilità all'uomo della malattia della BSE ha fatto sorgere
presso i consumatori di carne bovina in Europa.
- 114.
- Del resto, è in tal senso che la Corte, nella sua ordinanza 12 luglio 1996, Regno
Unito/Commissione, citata (punto 87), è giunta alla conclusione che il calo nella
domanda di carni bovine è stato provocato, una settimana prima dell'adozione della
decisione 96/239, dall'annuncio fatto il 20 marzo 1996 dal SEAC e dallo stesso
governo del Regno Unito della probabilità di un nesso tra la BSE e la variante del
morbo di Creutzfeldt-Jakob.
- 115.
- Tuttavia, occorre esaminare se i ricorrenti abbiano addotto prove o indizi tali da
dimostrare che vi è stata una relazione di causa ad effetto tra le presunte azioni e
omissioni negligenti dei convenuti e i danni allegati.
- 116.
- Il Tribunale rileva a tal riguardo che i ricorrenti si sono limitati ad affermare che
un intervento drastico, emanato in tempo utile, avrebbe avuto l'effetto di
circoscrivere immediatamente il focolaio di infezione nel Regno Unito e avrebbe
evitato ripercussioni sul mercato europeo. Indubbiamente, nelle circostanze della
fattispecie è difficile determinare quel che sarebbe avvenuto se le istituzioni
comunitarie avessero deciso nel 1990 un embargo totale nei confronti del mercato
del Regno Unito. Cionondimeno, i ricorrenti non hanno prodotto nessun elemento
o indizio atto a suffragare la plausibilità delle loro tesi e a dimostrare che misure
del genere avrebbero potuto impedire la caduta della domanda dopo l'annuncio,
il 20 marzo 1996, della possibilità di trasmissione della malattia all'uomo.
- 117.
- Nulla lascia pensare che, nonostante un embargo totale deciso sin dal 1990, il
mercato non sarebbe andato incontro ad una caduta al momento della
pubblicazione di informazioni sulla trasmissibilità della malattia all'uomo, a causa
delle preoccupazioni che tale pubblicazione avrebbe suscitato presso i consumatori,
analogamente a quanto successo con la pubblicazione del 20 marzo 1996.
- 118.
- Infatti, la paura dei consumatori non è collegata direttamente alle importazioni di
carne bovina contaminata proveniente dal Regno Unito, bensì alla possibile
trasmissibilità della malattia all'uomo. Di conseguenza, è poco probabile, in
un'ipotesi del genere, che l'annuncio dell'adozione, sin dal 1990, di tutte le misure
idonee per lottare contro la diffusione della malattia avrebbe potuto evitare che un
forte timore si propagasse presso i consumatori.
- 119.
- A tale proposito, occorre constatare che le conclusioni del comunicato del SEAC,
che hanno generato la perdita di fiducia dei consumatori, erano tratte dallo studio
di dieci casi del morbo di Creutzfeldt-Jacob verificatisi in alcuni consumatori, la cui
spiegazione più verosimile, secondo il parere del SEAC, consisteva nell'esposizione
all'agente della BSE prima del 1989, vale a dire durante un periodo anteriore alla
data in cui la Comunità avrebbe dovuto adottare le misure richieste dai ricorrenti.
- 120.
- Inoltre, sussistevano altre circostanze in grado di suscitare i timori dei consumatori,
quali:
il fatto che, sin dal 1988, alcuni casi di BSE erano stati riscontrati anche nel
continente, il che poteva rendere meno efficaci le misure di isolamento del
mercato del Regno Unito;
la possibilità che carni bovine provenienti dal Regno Unito entrassero nel
continente a dispetto di un tale embargo;
il lunghissimo periodo di incubazione, da cinque a dieci anni, della malattia
della BSE presso i bovini, implicante che gli animali potessero avere
contratto la malattia senza presentarne i sintomi clinici durante tale periodo;
i dubbi seri sussistenti ancora oggi riguardo alle modalità di contaminazione
degli animali.
- 121.
- Occorre infine rilevare che, del resto, nel suo parere il SEAC menzionava
l'incertezza relativa al numero di casi rilevabili in futuro.
- 122.
- Alla luce di ciò, non è dimostrato che la caduta della domanda sia stata provocata
da presunte azioni ed omissioni negligenti dei convenuti. Peraltro, non è dimostrato
che, anche se i convenuti avessero adottato le misure la cui mancata adozione è
loro contestata, gli allevatori di bovini non avrebbero ugualmente subito un danno
a seguito della caduta del mercato.
- 123.
- In considerazione di quanto precede, il Tribunale ritiene che non risulti dimostrata
l'esistenza di un nesso di causalità tra il danno allegato e il presunto
comportamento negligente delle istituzioni comunitarie.
- 124.
- Pertanto, occorre respingere la domanda di risarcimento, senza che sia necessario
pronunciarsi, da un lato, sul ricorrere nella fattispecie degli altri presupposti di una
responsabilità extracontrattuale della Comunità, vale a dire l'illiceità dei
comportamenti contestati alle istituzioni e la realtà del danno, e, dall'altro,
sull'istanza di perizia presentata dai ricorrenti.
Sulla domanda di annullamento del regolamento n. 1357/96
Argomenti delle parti
- 125.
- I ricorrenti chiedono l'annullamento del regolamento n. 1357/96, il quale ha
previsto il pagamento di premi supplementari agli allevatori di bovini «per
assicurare l'avvenire del settore». Queste disposizioni sarebbero illegittime, in
quanto esse prevedono l'erogazione di premi supplementari per le diminuzioni di
reddito degli allevatori e non per i maggiori costi che questi ultimi sono stati
costretti a sopportare. Il pagamento di questi premi supplementari non potrebbe
privare le vittime dei danni di un risarcimento integrale di questi ultimi.
- 126.
- Il regolamento impugnato sarebbe inficiato da carenza di motivazione, in violazione
dell'art. 190 del Trattato. In particolare, esso non preciserebbe né il motivo per il
quale il Consiglio ha deciso di utilizzare lo strumento del pagamento dei premi
supplementari anziché quello del risarcimento dei danni, né il motivo per il quale
i premi risarcimento sono stati fortemente limitati nel loro ammontare rispetto ai
danni effettivamente causati, né, infine, il motivo per il quale il Consiglio non ha
considerato i maggiori costi ai quali gli allevatori sono attualmente soggetti.
- 127.
- Nondimeno, i ricorrenti precisano che essi domandano l'annullamento di questo
regolamento solo per l'ipotesi in cui esso osti alla loro domanda di risarcimento
integrale del danno sofferto.
- 128.
- Il Consiglio e la Commissione sollevano un'eccezione di irricevibilità per quanto
concerne la domanda di annullamento di questo regolamento. A loro parere, i
ricorrenti diversi dalla Coldiretti non sono individualmente interessati da
quest'ultimo. Quanto alla Coldiretti, essa non avrebbe dimostrato che la sua
posizione di negoziatrice sia stata lesa dall'atto di cui trattasi, né avrebbe
dimostrato di essersi sostituita ad allevatori, membri dell'organizzazione, che
sarebbero stati legittimati a proporre essi stessi un ricorso.
- 129.
- La Commissione sostiene che scopo del regolamento impugnato non è, come
erroneamente ritenuto dai ricorrenti, quello di introdurre una limitazione della
responsabilità eventualmente esistente a carico della Comunità per i pretesi ritardi
nell'affrontare l'emergenza sanitaria, bensì quello di stabilire misure urgenti di aiuto
al reddito degli allevatori, al fine di far fronte alle difficoltà eccezionali del mercato
a seguito della crisi della BSE. Essa osserva che, in ogni caso, questo limite non
traduce in alcun modo la volontà delle istituzioni comunitarie di limitare il
risarcimento cui i ricorrenti sostengono di aver diritto.
- 130.
- Il Consiglio sostiene parimenti che l'obiettivo del regolamento è chiaramente privo
di qualsiasi correlazione con il diritto ad intentare un'azione a norma dell'art. 215
del Trattato.
- 131.
- Nella memoria di replica, i ricorrenti affermano che, in base alle asserzioni del
Consiglio e della Commissione, i quali hanno escluso in modo categorico qualsiasi
incidenza del regolamento n. 1357/96 sulla questione della loro responsabilità
extracontrattuale, non è necessario formulare repliche avverso le eccezioni di
irricevibilità sollevate. Essi concludono che non vi è più motivo di affrontare la
questione dell'annullamento del regolamento, a condizione che il Tribunale
confermi la tesi dei convenuti.
- 132.
- In udienza essi hanno riaffermato che, se accoglierà questa tesi, il Tribunale potrà
ritenere abbandonata la loro domanda di annullamento.
Giudizio del Tribunale
- 133.
- Il Tribunale rileva che il Consiglio e la Commissione, sia nelle loro memorie sia in
udienza, hanno confermato che il regolamento n. 1357/96 non è diretto a limitare
la responsabilità extracontrattuale della Comunità.
- 134.
- Dal testo del primo e del secondo 'considerando del regolamento impugnato si
evince effettivamente che lo scopo perseguito da quest'ultimo non è, come ritenuto
a torto dai ricorrenti, quello di introdurre una limitazione della responsabilità
eventuale della Comunità per l'asserito ritardo con il quale essa ha fatto fronte
all'emergenza sanitaria, bensì quello di stabilire provvedimenti d'urgenza volti a
sostenere il reddito degli allevatori, al fine di far fronte alle difficoltà eccezionali
del mercato dovute alla crisi della BSE, nell'intento di preservare l'avvenire del
settore.
- 135.
- Alla luce di ciò, non è necessario pronunciarsi né sulla ricevibilità, né sul merito.
E' sufficiente prendere atto della rinuncia dei ricorrenti alla loro domanda di
annullamento e constatare che non occorre pronunciarsi sulla medesima domanda.
Sulle spese
- 136.
- Ai sensi dell'art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è
condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché i ricorrenti sono rimasti
soccombenti, occorre condannarli alle spese, conformemente a quanto chiesto dai
convenuti.
Per questi motivi,
IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)
dichiara e statuisce:
- 1.
- La domanda di risarcimento presentata dall'organizzazione sindacale
Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti (Coldiretti) è irricevibile.
- 2.
- La domanda di risarcimento presentata dagli altri ricorrenti, imprenditori
agricoli, è respinta.
- 3.
- Non occorre pronunciarsi sulla domanda di annullamento del regolamento
(CEE) del Consiglio 8 luglio 1996, n. 1357, che dispone pagamenti
supplementari da effettuarsi nel 1996 nel quadro dei premi di cui al
regolamento (CEE) n. 805/68 relativo all'organizzazione comune dei mercati
nel settore delle carni bovine, e che modifica tale regolamento.
- 4.
- I ricorrenti sono condannati alle spese.
Azizi García-Valdecasas
Jaeger
|
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 settembre 1998.
Il cancelliere
Il presidente
H. Jung
J. Azizi
Allegato: elenco dei 110 imprenditori agricoli ricorrenti
Paolo Micolini
Armido Gemin
Sebastiano Comazzetto
Luciano Campagnola
Egidio Rostirolla
Francesco Tonello
Cirillo Mondin
Giuseppe Marin
Walter Girolametto
Attilio Tessaro
Stefano Dametto
Candido Dametto
Sante Parolin
Clemente Torresin
Angelo Morosinotto
Giampaolo Sartor
Vittorio Viel
Lino Minato
Delio Mazzoccato
Pietro Vidotto
Renato Libralato
Antonio Basso
Mirella Baron
Franco Gardin
Gianni Capovilla
Giancarlo Beltrame
Bruno Marchetti
Onorio Stradiotto
Bruno Zardo
Paolo Marostica
Domenico Cremasco
Giovanni Battocchio
Danilo Ferronato
Angelo Gardenal
Mario Gardenal
Iseo Scremin
Sergio Martinello
Vittorio Battaglia
Lorenzo Gaiotti
Flavio Marcon
Fausto Dall'Armellina
Antonio Busellato
Tarcisio Brugnera
Dante Davanzo
Giuseppe Cracco
Lino Gottardi
Fernando Poncina
Carlo Vencato
Pietro Bovo
Amedeo Niero
Franco Bizzo
Mario De Rossi
Gaetano Scattolin
Gianni Bortolato
Nicola Bettin
Gino Frasson
Giuseppe Carpin
Santina Carraro
Roberto Ragazzo
Stefano Baldan
Gino Manfrè
Davino Florian
Gioele Billoto
Giovanni Costa
Dario Vio
Gianni Righetto
Salvatore Beggio
Ernestino Prevedello
Mario Riondato
Fernando Bianchi
Gianni Ruffato
Luigi Bianchi
Bruno Tergolina
Fabio Zoggia
Gianantonio Zoggia
Gino Zoggia
Attilio Zoggia
Francesco Zoggia
Marco Zoggia
Lorenzo Zoggia
Michele Zoggia
Luciana Bellù
Gianluigi Zoggia
Claudio Zoggia
Sergio Zoggia
Mario Gallo
Pietro Gamba
Ernesto Mason
Carla Trevisan Piaserico
Claudio Severin
Valter Mattara
Armando Broggian
Romildo Favaretto
Adone Caccaro
Agapito Marzari
Alessandro Formentin
Giorgio Corò
Roberto Pelosin
Valter Pegoraro
Italo Gallo
Stanislao Gallo
Giuliano Pinton
Sergio Zanchin
Enrichetto Zanchin
Narciso Parpaiola
Dino Zoccarato
Renzo Beltrame
Giovanni Fuson
Roberto Tosatto
Egidio Marcolongo
Michele Tosatto
Indice
Fatti all'origine della controversia
II - 2
Procedimento e conclusioni delle parti
II - 8
Sulla domanda di risarcimento
II - 10
Sulla ricevibilità
II - 10
Sull'eccezione di irricevibilità, sollevata dal Consiglio, relativa all'inosservanza,
nell'atto introduttivo, dei requisiti di cui all'art. 44, n. 1, lett. c), del
regolamento di procedura
II - 10
Argomenti delle parti
II - 10
Giudizio del Tribunale
II - 11
Sull'eccezione di irricevibilità, sollevata dai convenuti, relativa alla mancanza di
interesse ad agire della Coldiretti
II - 12
Argomenti delle parti
II - 12
Giudizio del Tribunale
II - 13
Sull'eccezione di irricevibilità, sollevata dalla Commissione, relativa alla
circostanza che la domanda si basa sul diritto alla tutela della salute
riconosciuto a ogni cittadino della Comunità
II - 14
Argomenti delle parti
II - 14
Giudizio del Tribunale
II - 14
Nel merito
II - 15
Argomenti delle parti
II - 15
Sull'esistenza di un comportamento illecito del Consiglio e della
Commissione
II - 15
Sull'esistenza di un danno e di un nesso di causalità
II - 20
Giudizio del Tribunale
II - 21
Sulla domanda di annullamento del regolamento n. 1357/96
II - 26
Argomenti delle parti
II - 26
Giudizio del Tribunale
II - 27
Sulle spese
II - 27
Allegato: elenco dei 110 imprenditori agricoli ricorrenti
II - 29