Language of document : ECLI:EU:C:2016:886

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 17 novembre 2016 (1)

Causa C‑68/15

X

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale, Belgio)]

«Normativa tributaria – Libertà di stabilimento – Articoli 4, paragrafo 3, e 5, della direttiva 2011/96/UE – Direttiva sulle società madri e figlie – Tassazione delle società in occasione delle distribuzioni di utili – Nozione di ritenuta alla fonte – “Fairness Tax”»





I –    Introduzione

1.        Nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale la Corte è chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità con la libertà di stabilimento e con la direttiva 2011/96/UE (2) (in prosieguo: la «direttiva sulle società madri e figlie») di un’imposta riscossa nel Regno del Belgio che le imprese sono tenute a versare, in presenza di determinate condizioni, all’atto della distribuzioni di utili.

2.        La normativa tributaria belga consente alle imprese di riportare illimitatamente le perdite ai periodi di imposta successivi nonché ad effettuare una deduzione per il cosiddetto capitale di rischio (3). In base alle indicazioni del governo belga, tali misure avevano tuttavia fatto sì che determinate imprese fossero pressoché esentate da imposte pur procedendo alla distribuzione di dividendi. Trattandosi di una situazione iniqua rispetto ad altri soggetti passivi, con l’imposta denominata Fairness Tax, applicata secondo tassazione separata, si è inteso limitare gli eccessi causati dalle deduzioni consentite (4).

3.        L’imposta si applica, in sostanza, quando le società distribuiscono utili pur avendo, nello stesso periodo d’imposta, ridotto effettivamente i propri oneri fiscali relativi alle imposte sui redditi per effetto del ricorso a tali suddette deduzioni. Semplificando, la base imponibile è collegata alla differenza tra gli utili distribuiti di una società e il suo risultato imponibile. Tale importo viene moltiplicato, prima di applicare l’aliquota fiscale, per un cosiddetto fattore di proporzionalità che indica la misura in cui il risultato è stato ridotto ricorrendo alla deduzione delle perdite e del capitale di rischio.

4.        La compatibilità della Fairness Tax con la libertà di stabilimento è messa in dubbio per il fatto che essa si applica parimenti alle società non residenti ove esse operino in Belgio attraverso una stabile organizzazione in luogo di una società controllata. Dato che l’imposta presenta caratteristiche sia di un’imposta sulle società sia di una ritenuta alla fonte sui dividendi, ci si chiede anche se essa sia in contrasto con la direttiva sulle società madri e figlie (5).

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

5.        Il contesto normativo di diritto dell’Unione della presente controversia è dato dalla libertà di stabilimento sancita negli articoli da 49 a 55 TFUE e dalla direttiva sulle società madri e figlie.

6.        La direttiva sulle società madri e figlie trova applicazione, a norma del suo articolo 1, paragrafo 1,

«a)      alla distribuzione degli utili percepiti da società di questo Stato membro e provenienti dalle loro filiali di altri Stati membri;

b)      alla distribuzione degli utili effettuata da società di questo Stato membro a società di altri Stati membri di cui esse sono filiali;

(…)».

7.        L’articolo 4 della direttiva sulle società madri e figlie dispone quanto segue:

«1.      Quando una società madre o la sua stabile organizzazione, in virtù del rapporto di partecipazione tra la società madre e la sua società figlia, riceve utili distribuiti in occasione diversa dalla liquidazione della società figlia, lo Stato membro della società madre e lo Stato della sua stabile organizzazione:

a)      si astengono dal sottoporre tali utili a imposizione nella misura in cui essi non sono deducibili per la società figlia e sottopongono tali utili a imposizione nella misura in cui essi sono deducibili per la società figlia; o

b)      li sottopongono a imposizione, autorizzando però detta società madre o la sua stabile organizzazione a dedurre dalla sua imposta la frazione dell’imposta societaria relativa ai suddetti utili e pagata dalla società figlia e da una sua sub‑affiliata, a condizione che a ciascun livello la società e la sua sub‑affiliata ricadano nelle definizioni di cui all’articolo 2 e soddisfino i requisiti di cui all’articolo 3 entro i limiti dell’ammontare dell’imposta corrispondente dovuta.

(…)

3.      Ogni Stato membro ha la facoltà di stipulare che oneri relativi alla partecipazione e minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia non siano deducibili dall’utile imponibile della società madre.

In tal caso, qualora le spese di gestione relative alla partecipazione siano fissate forfettariamente, l’importo forfettario non può essere superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società figlia.

(…)».

8.        Il successivo articolo 5 stabilisce così recita:

«Gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti dalla ritenuta alla fonte».

B –    Normativa nazionale

9.        La Fairness Tax si fonda sulla legge del 30 luglio 2013 (6) i cui articoli da 43 a 50 hanno modificano il Wetboek van de inkomstenbelastingen 1992 (codice delle imposte sui redditi del 1992; in prosieguo: il «WIB 1992»). In base all’articolo 219ter, paragrafo 1, del WIB 1992, articolo introdotto con detta legge, a decorrere dall’esercizio fiscale 2014, le società belghe sono soggette, nell’ambito dell’imposta sui redditi delle società, ad un’imposta distinta(7).

10.      La determinazione della base imponibile dell’imposta de qua si fonda, a norma dell’articolo 219ter, paragrafo 2, del WIB 1992 sulla differenza positiva tra i dividendi lordi distribuiti nel periodo d’imposta e il risultato imponibile definitivo effettivamente soggetto all’aliquota dell’imposta sulle società. Tale importo è ridotto, ai sensi dell’articolo 219ter, paragrafo 3, del WIB 1992, di una somma pari ai dividendi distribuiti derivanti da accantonamenti soggetti a tassazione in precedenza, ma non oltre l’esercizio fiscale 2014.

11.      Il saldo così ottenuto viene poi moltiplicato, in base all’articolo 219ter, paragrafo 4, del WIB 1992, per un coefficiente (il cosiddetto fattore di proporzionalità) composto da una frazione che esprime il rapporto tra:

–        da un lato, al numeratore, le deduzioni per perdite riportate e capitale di rischio effettivamente applicate per il periodo d’imposta,

–        dall’altro, al denominatore, il risultato fiscale del periodo d’imposta, al netto delle minusvalenze, degli accantonamenti e delle plusvalenze esenti.

12.      L’articolo 219ter, paragrafo 5, del WIB 1992 stabilisce che la base imponibile non può essere limitata o ridotta in nessun’altro modo.

13.      In base all’articolo 219ter, paragrafo 6, in combinato disposto con l’articolo 463bis, paragrafo 1, punto 1, del WIB 1992, l’aliquota fiscale è pari al 5,15%.

14.      A norma dell’articolo 233, paragrafo 3, del WIB 1992, anche le società straniere provviste di una stabile organizzazione in Belgio sono soggette, in caso di distribuzione di utili, alla Fairness Tax. Ai fini della determinazione della base imponibile si tiene conto, in tal caso, solo dei dividendi lordi distribuiti dalla società, corrispondenti alla quota parte del risultato complessivo della società riconducibile alla stabile organizzazione belga.

III – Controversia principale e procedimento dinanzi alla Corte

15.      Oggetto della controversia principale è un ricorso proposto dalla X NV dinanzi alla Corte costituzionale belga volto ad ottenere la declaratoria di nullità dell’articolo della legge del 30 luglio 2013 con cui è stata introdotta la Fairness Tax.

16.      In data 28 gennaio 2015, la Corte costituzionale, a fronte di dubbi in merito alla compatibilità della Fairness Tax con la libertà di stabilimento e con la direttiva sulle società madri e figlie, ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le seguenti questioni:

1)      Se l’articolo 49 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso osti ad un regime nazionale ai sensi del quale:

a)      società stabilite in un altro Stato membro provviste di una stabile organizzazione nel Belgio siano assoggettate ad imposta laddove procedano a distribuzione di utili non ricompresi nel rispettivo risultato d’esercizio definitivo imponibile, a prescindere dalla circostanza se gli utili realizzati dalla stabile organizzazione nel Belgio siano confluiti o meno nella società madre, mentre società stabilite in un altro Stato membro con una società controllata nel Belgio non sono soggette a tale imposizione qualora decidano di procedere ad una distribuzione di utili non ricompresi nel rispettivo risultato d’esercizio definitivo imponibile della società, a prescindere dalla circostanza se la società controllata abbia distribuito o meno dividendi;

b)      società stabilite in un altro Stato membro con una stabile organizzazione nel Belgio, in caso di accantonamento integrale dell’utile realizzato in Belgio, sono assoggettate ad imposta laddove procedano a distribuzione di utili non ricompresi nel rispettivo risultato d’esercizio definitivo, mentre società belghe, in caso di accantonamento integrale degli utili, non sono soggette a tale imposizione.

2)      Se l’articolo 5, della direttiva sulle società madri e figlie debba essere interpretato nel senso che sussista una ritenuta alla fonte nel caso in cui una disposizione di diritto nazionale preveda, in caso di distribuzione degli utili da una società controllata alla propria società madre, la riscossione di un’imposta, in considerazione della distribuzione, nello stesso periodo imponibile, di dividendi con riduzione, totale o parziale, del risultato d’esercizio imponibile in misura pari alla deduzione del capitale di rischio e/o del trasferimento delle perdite fiscali, mentre gli utili non risulterebbero imponibili, in base alla normativa nazionale, ove rimanessero presso la società controllata e non venissero distribuiti alla società madre.

3)      Se l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva sulle società madri e figlie debba essere interpretato nel senso che esso osti ad un regime nazionale ai sensi del quale la distribuzione di dividendi venga soggetta a tassazione, qualora dal regime medesimo discenda che, laddove una società distribuisca dividendi in un esercizio successivo a quello del loro percepimento, tale distribuzione venga assoggettata ad imposizione per la parte dei dividendi eccedenti la soglia di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva, mentre ciò non avvenga laddove la società medesima distribuisca nuovamente dividendi nell’esercizio del loro percepimento.

17.      Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte comparendo all’udienza del 22 giugno 2016 la ricorrente nella controversia principale, il Regno del Belgio, la Repubblica francese e la Commissione europea.

IV – Analisi

A –    Sulla prima questione pregiudiziale

18.      La prima questione del giudice del rinvio verte sulla compatibilità della Fairness Tax con la libertà di stabilimento sotto due diversi profili. Mentre il primo capo della questione si riferisce alle diverse conseguenze fiscali derivanti per una società non residente in funzione della scelta della veste giuridica scelta per le proprie attività in Belgio, il secondo capo si riferisce a una disparità di trattamento tra le società residenti e quelle non residenti con riguardo all’accantonamento degli utili realizzati in Belgio.

1.      Asserita disparità di trattamento in ragione della scelta della veste giuridica

19.      Il primo capo della prima questione pregiudiziale è essenzialmente volto ad acclarare se la libertà di stabilimento osti ad una normativa nazionale per effetto della quale le società non residenti provviste di una stabile organizzazione in Belgio sono soggette a imposta in caso di distribuzione di utili, mentre non lo sono qualora svolgano la propria attività in Belgio per mezzo di una controllata.

20.      Secondo la ricorrente, nella controversia principale, le modalità di riscossione della Fairness Tax limitano le società non residenti nella libera scelta della veste giuridica per le loro attività in Belgio. Una società non residente che operi nel paese per mezzo di una società controllata verrebbe ad essere gravata dall’imposta solo in maniera indiretta, laddove sia destinataria di distribuzioni di utili da parte della controllata. In caso di esercizio delle proprie attività in Belgio per mezzo di una stabile organizzazione, essa sarebbe invece soggetta alla Fairness Tax anche ove proceda essa stessa a una distribuzione di utili. Una società non residente provvista di stabile organizzazione in Belgio sarebbe quindi oggetto di un trattamento meno favorevole rispetto a quello di cui beneficerebbe se disponesse in loco di una controllata.

21.      Occorre quindi verificare se sussista una restrizione alla libertà di stabilimento quando la riscossione di un’imposta da parte di uno Stato membro implichi, in definitiva, un trattamento diverso delle società non residenti a seconda che esse operino all’interno di detto Stato membro per mezzo di una stabile organizzazione ovvero di una società controllata.

22.      La libertà di stabilimento delle società è sancita dagli articoli 49 e 54 TFUE. In base ad essi, le società con sede in uno Stato membro dell’Unione hanno diritto di svolgere la loro attività in un altro Stato membro mediante una controllata, una succursale o un’agenzia (8). Una succursale corrisponde, dal punto di vista della normativa tributaria, a una stabile organizzazione (9).

23.      Considerato, inoltre, che l’articolo 49, primo comma, secondo periodo, TFUE lascia espressamente agli operatori economici la possibilità di scegliere liberamente la forma giuridica idonea per l’esercizio delle loro attività in un altro Stato membro, questa libera scelta non dev’essere limitata da disposizioni fiscali discriminatorie nello Stato membro ospitante (10). La libertà di scegliere la forma giuridica idonea all’esercizio di attività in un altro Stato membro mira, in particolare, a consentire alle società aventi la loro sede in uno Stato membro di aprire una succursale in un altro Stato membro per esercitarvi le loro attività alle stesse condizioni di quelle che si applicano alle controllate (11). Lo Stato ospitante non può eccepire che la società estera potrebbe evitare un’eventuale disparità di trattamento svantaggiosa scegliendo un’altra forma per operare nello Stato membro ospitante, ad esempio creando una consociata invece di una succursale (12).

24.      Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nella controversia principale, la libertà di scelta della forma giuridica non dev’essere peraltro intesa come un precetto autonomo. Correttamente la Corte vi ravvisa soltanto un riflesso dell’obbligo di parità di trattamento con i cittadini nazionali senza che occorra attribuirle un grado di tutela ulteriore (13). Infatti, se le libertà fondamentali sono dirette a realizzare il mercato interno mediante l’eliminazione di ostacoli proprio al commercio transfrontaliero, non può esserci alcuno spazio per un obbligo – da esso indipendente – di strutturare le disposizioni fiscali in maniera neutrale rispetto alla forma.

25.      Il diverso trattamento fiscale di una società non residente, che in definitiva ne consegue, a seconda che essa operi nello Stato membro ospitante per mezzo di una stabile organizzazione ovvero di una controllata non può pertanto fondare, di per sé, una restrizione alla libertà di stabilimento, il cui riconoscimento presuppone invece sempre un trattamento sfavorevole della fattispecie transfrontaliera rispetto a una fattispecie, comparabile, puramente interna.

26.      Nella specie, l’accertamento di una restrizione alla libertà di stabilimento presuppone, pertanto, che la società non residente, che svolga la propria attività in Belgio per mezzo di una stabile organizzazione sia oggetto, con riguardo alla riscossione della Fairness Tax belga, di un trattamento sfavorevole rispetto a una società residente che può, a sua volta, essere la controllata di una società non residente.

27.      Non ravviso tuttavia, nella specie, la sussistenza di siffatto trattamento sfavorevole.

28.      Sia le società residenti sia quelle non residenti sono soggette, per quanto attiene alla riscossione della Fairness Tax, alla stessa aliquota fiscale. Anche il fatto generatore dell’imposta è, in entrambi i casi, lo stesso. Esso si collega alla distribuzione di dividendi, a condizione che nello stesso periodo di imposta siano state operate deduzioni per perdite riportate o capitale di rischio. Nella misura in cui, inoltre, nel caso delle società non residenti, i dividendi sono presi in considerazione, ai fini della determinazione della base imponibile, pro quota in ragione della percentuale del risultato complessivo d’esercizio della casa madre imputabile alla stabile organizzazione belga, tale modus operandi rispecchia l’assoggettamento limitato all’imposta delle società non residenti in Belgio.

29.      È pur vero che la parte dei dividendi distribuiti di una società non residente, assunta a base del calcolo della Fairness Tax, non rappresenta necessariamente l’utile esatto realizzato dalla stabile organizzazione belga di detta società sul territorio belga. Lo stesso vale però, allo stesso modo, anche per i dividendi di una società residente che disponga, a sua volta, di stabili organizzazioni all’estero. Anche gli utili di tali stabili organizzazioni non sono, di norma, effettivamente soggetti a tassazione dei redditi in Belgio, rientrando invece tra i dividendi rilevanti ai fini del calcolo della Fairness Tax delle società residenti. In quest’ottica, le modalità di calcolo dell’imposta sembrano addirittura avvantaggiare tendenzialmente le società non residenti, il che esclude un trattamento sfavorevole rilevante ai fini della libertà di stabilimento.

30.      Occorre pertanto rispondere al primo capo della prima questione nel senso che la libertà di stabilimento non osta ad una disposizione nazionale in base alla quale le società non residenti provviste di una stabile organizzazione in Belgio sono soggette, all’atto della distribuzione di utili, ad un’imposta quale la Fairness Tax belga pur non essendovi soggette laddove svolgano nel paese medesimo la propria attività per mezzo di una controllata.

2.      Asserita disparità di trattamento con riguardo alla costituzione degli accantonamenti

31.      Con il secondo capo della prima questione il giudice del rinvio chiede se la libertà di stabilimento osti alla riscossione della Fairness Tax quando questa si applichi – all’atto della distribuzione di utili – a società non residenti operanti in Belgio mediante una stabile organizzazione, benché l’utile conseguito dalla stabile organizzazione sia stato destinato ad accantonamenti, laddove le società residenti non sono soggette all’imposta medesima in caso di accantonamento integrale dell’utile.

32.      Nella fattispecie sopra descritta si ravvisa la sussistenza di un trattamento sfavorevole a danno della società non residente rispetto a quella residente per il fatto che solo la prima è soggetta alla Fairness Tax. È peraltro evidente che le due fattispecie non sono oggettivamente comparabili sotto il profilo della riscossione dell’imposta.

33.      Mentre la società residente procede, nella fattispecie oggetto della questione pregiudiziale, all’accantonamento del proprio intero utile, nel caso della società non residente si verifica una distribuzione di utili. È peraltro evidente che un’imposta quale la Fairness Tax, riscossa esclusivamente in caso di distribuzione di utili, può – già a priori – colpire negativamente solo società che effettuino distribuzioni di utili. Alla luce di tali circostanze, si deve negare la sussistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento.

34.      Occorre quindi rispondere al secondo capo della prima questione pregiudiziale nel senso che la libertà di stabilimento non osta alla riscossione di un’imposta quale la Fairness Tax belga che si applichi ad una società non residente avente stabile organizzazione in uno Stato membro all’atto della distribuzione di utili benché l’utile della stabile organizzazione sia stato accantonato, mentre non è soggetta all’imposta medesima una società residente che accantoni l’intero utile.

B –    Sulla seconda questione pregiudiziale

35.      La seconda questione del giudice del rinvio è volta a stabilire se la riscossione della Fairness Tax debba essere qualificata come ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 5 della direttiva sulle società madri e figlie.

36.      In caso di risposta affermativa a tale questione, l’imposta contrasterebbe con l’articolo 5 della direttiva sulle società madri e figlie poiché, in base alla disposizione de qua, gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti da ritenuta alla fonte.

37.      La direttiva sulle società madri e figlie non definisce la nozione di ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 5. Con giurisprudenza costante, la Corte ha tuttavia interpretato tale disposizione nel senso che l’imponibilità di redditi percepiti nello Stato in cui i dividendi sono distribuiti, il cui fatto generatore sia il versamento di dividendi o di ogni altro rendimento di titoli, costituisce una ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 5 della direttiva sugli utili distribuiti laddove la base imponibile di tale imposta sia costituita dal rendimento dei titoli medesimi e il soggetto passivo ne sia il detentore (14).

38.      Ne consegue che, per ravvisare la sussistenza di una ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 5 della direttiva sulle società madri e figlie, devono ricorrere tre condizioni: che l’imposizione tragga origine dalla distribuzione di utili, che la base imponibile si fondi sull’entità della distribuzione e il soggetto passivo sia il destinatario della distribuzione.

39.      È pacifico inter partes che la Fairness Tax soddisfa le prime due menzionate condizioni. L’imposta si collega, in primis, alla distribuzione di utili; in assenza di distribuzione, l’imposta non viene riscossa. In secondo luogo, la sua base imponibile è determinata sulla scorta dell’entità della distribuzione. A tal riguardo, non rileva il fatto che la base imponibile della Fairness Tax venga successivamente modificata. Secondo la giurisprudenza, è, infatti, sufficiente che la distribuzione di utili sia inclusa nella base imponibile (15).

40.      Non è soddisfatta invece la terza condizione, poiché il soggetto passivo della Fairness Tax è la società che distribuisce gli utili e non suo destinatario.

41.      È pur vero che la Corte, nella sentenza Athinaïki Zythopoiia (16), ha – in una sola occasione – classificato l’imposizione di una controllata come ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 5 della direttiva sulle società madri e figlie, aderendo in tal modo ad un approccio economico che fa riferimento all’effetto dell’imposizione della controllata presso la controllante (17). Nella sua ulteriore giurisprudenza sulla disposizione medesima, la Corte si è peraltro sempre richiamata alla condizione dello status di debitore d’imposta della società distributrice dei dividendi (18). Nella sentenza Burda (19) la Corte ha correttamente precisato, a tal riguardo, in termini espliciti, che la sussistenza di una ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 5 continua a dipendere dal fatto che il soggetto passivo sia il possessore dei titoli che documentano la partecipazione alla società distributrice degli utili (20).

42.      La prima imposizione dei redditi di una controllata non ricade, infatti, nella sfera della direttiva sulle società madri e figlie (21). Il divieto di riscossione di una ritenuta alla fonte sulla distribuzione di utili alla società controllante dettato dall’articolo 5, non si estende – conseguentemente – alla riscossione dell’imposta gravante sui redditi prodotti dalla controllata con la propria attività economica, anche se tale imposta viene prelevata solo all’atto della distribuzione degli utili (22). Ciò trova conferma nell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva, in base al quale la nozione di ritenuta alla fonte espressamente non comprende il pagamento anticipato o preliminare (ritenuta) dell’imposta sulle società della controllata. Lo stesso deve valere anche per un’imposta quale la Fairness Tax in base alla quale, in presenza di determinate condizioni, il reddito di una società è soggetto, in definitiva, a un’imposizione a posteriori.

43.      Non può quindi essere accolta neppure l’eccezione sollevata dalla ricorrente nella controversia principale secondo cui, nel caso della Fairness Tax, il soggetto passivo sarebbe costituito solo formalmente dalla società distributrice, essendo invece, in realtà, il titolare della partecipazione, dal momento che la distribuzione di utili si ridurrebbe in ragione dell’imposta dovuta. Ogni imposizione a carico del reddito di una società comporta piuttosto necessariamente una corrispondente contrazione dell’importo liquidabile ai soci a titolo di utili.

44.      Occorre quindi rispondere alla seconda questione pregiudiziale nel senso che la riscossione di un’imposta quale la Fairness Tax belga non costituisce una ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 5 della direttiva sulle società madri e figlie.

C –    Sulla terza questione pregiudiziale

45.      Con la sua terza questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, infine, se l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva sulle società madri e figlie osti alla riscossione della Fairness Tax laddove implichi la tassazione della società sulla parte dei dividendi eccedente la misura consentita dalla disposizione de qua, qualora la distribuzione abbia luogo in un esercizio differente da quello del percepimento degli utili stessi.

46.      Oggetto della questione pregiudiziale è la fattispecie in cui una società con sede in Belgio, quale anello intermedio di una catena di affiliate, percepisca essa stessa dividendi che poi, a sua volta, (ri)distribuisca. La questione si fonda, inoltre, sulla premessa che tali dividendi, nella misura in cui sono poi (ri)distribuiti in un esercizio successivo a quello di loro percepimento, vengono assoggettati, in definitiva, per effetto delle modalità di riscossione della Fairness Tax, a un onere fiscale maggiore rispetto a quanto consentito dall’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva sulle società madri e figlie.

47.      L’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva sulle società madri e figlie consente agli Stati membri di prevedere l’indeducibilità, dall’utile imponibile della società madre, degli oneri relativi alla partecipazione e delle minusvalenze risultanti dalla distribuzione degli utili della società figlia. Qualora le spese di gestione relative alla partecipazione siano fissate in tal caso forfettariamente, l’importo forfettario non può essere superiore al 5% degli utili distribuiti dalla società figlia.

48.      In base alle indicazioni del giudice del rinvio, il legislatore belga ha emanato – in attuazione dell’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva sulle società madri e figlie ‑ una disciplina in base alla quale, in caso di soddisfacimento delle condizioni fissate ex lege, i dividendi percepiti a livello di società controllante possono essere dedotti per il 95% dall’utile di detta società. Il residuo 5% viene infine assoggettato all’imposta sui redditi della società.

49.      Le parti del procedimento non concordano sulle condizioni in presenza delle quali i dividendi percepiti possono effettivamente essere oggetto di un’imposizione superiore in caso di loro ridistribuzione. Tuttavia, già dalle affermazioni del governo belga si evince che una siffatta maggiore imposizione è possibile. La causa va ravvisata nel fatto che la determinazione della base imponibile della Fairness Tax si fonda sui dividendi lordi distribuiti per un determinato periodo di imposta. Non viene effettuata alcuna distinzione a seconda che siano compresi anche dividendi che la società distributrice abbia essa stessa percepito.

50.      Secondo il governo belga, ricorrono comunque i requisiti di cui all’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva sulle società madri e figlie. Infatti, nella misura in cui l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva prevedrebbe l’esenzione o la deduzione dei dividendi percepiti, dal tenore letterale della disposizione si evincerebbe che tale obbligo vigerebbe soltanto rispetto al percepimento dei dividendi stessi, mentre non sussisterebbe, invece, in caso di successiva ridistribuzione. Lo stesso varrebbe per l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva.

51.      La tesi non può essere accolta. Tale interpretazione contrasterebbe con la sistematica e l’obiettivo della direttiva sulle società madri e figlie e ne pregiudicherebbe l’efficacia pratica.

52.      Con gli articoli 4 e 5 la direttiva sulle società madri e figlie compie una scelta fondamentale per quanto attiene all’attribuzione della potestà impositiva sugli utili di una controllata. In linea di principio, allo Stato membro della controllata è riconosciuto il diritto di assoggettare a tassazione gli utili della controllata stessa. In tal modo s’intende garantire che le distribuzioni di utili che ricadono nell’ambito di applicazione della direttiva sulle società madri e figlie siano fiscalmente neutrali (23). Ciò vale allo stesso modo per le catene di affiliate, posto che un’imposizione doppia o plurima deve essere evitata anche in caso di distribuzione di utili attraverso la catena di affiliate alla società madre (24).

53.      La direttiva sulle società madri e figlie osta, quindi, a che gli utili di una società siano assoggettati, a livello di una società posta a monte nella catena di affiliate, ad un onere fiscale superiore a quanto consentito dall’articolo 4 della direttiva. A tal fine, non può rilevare se tale onere insorga all’atto del percepimento dei dividendi o all’atto della loro ridistribuzione. Una diversa interpretazione diversa permetterebbe ad uno Stato membro di sottrarsi agli obblighi ad esso incombenti in base alla direttiva semplicemente modificando la tecnica di riscossione. A prescindere da tali considerazioni, devono sempre essere soddisfatte – con riferimento alla rispettiva distribuzione – le condizioni di applicabilità della direttiva ai sensi dei suoi articoli da 1 a 3.

54.      La sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation (25) citata dai governi belga e francese non osta a tale conclusione. Detta causa riguardava il caso specifico di un sistema di pagamento anticipato dell’imposta sulle società dovuta da una società capogruppo residente quando essa distribuiva, a sua volta, i dividendi percepiti da una controllata non residente. A tal proposito la Corte ha precisato che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva sulle società madri e figlie non obbliga uno Stato membro a garantire che l’importo da versare anticipatamente debba essere, in ogni caso, determinato in base all’imposta sulle società versata dalla controllata nel proprio Stato membro di residenza (26). Da ciò non si può tuttavia desumere che la direttiva non trovi applicazione nel caso di ridistribuzione di dividendi percepiti.

55.      Occorre quindi rispondere alla terza questione pregiudiziale nel senso che l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva sulle società madri e figlie osta alla riscossione un’imposta qualora ne derivi che una società, laddove proceda alla distribuzione di utili, sia assoggettata, rispetto ai dividendi di volta in volta percepiti nella sfera di applicazione della direttiva e ora ridistribuiti, ad un onere fiscale superiore a quello consentito in base all’articolo 4, paragrafo 3.

V –    Conclusione

56.      In conclusione, propongo pertanto di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta dal Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale, Belgio) nei termini seguenti:

1)         L’articolo 49, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una disciplina di uno Stato membro per effetto della quale:

a)      a determinate condizioni, una società non residente provvista di una stabile organizzazione in detto Stato membro e che ivi consegua utili sia assoggettata, all’atto della distribuzione di utili, ad imposta, laddove dall’imposta stessa sarebbe esente una società non residente che ivi svolga la propria attività per mezzo di una controllata;

b)      in presenza di determinate condizioni, una società non residente avente una stabile organizzazione che consegua utili nello Stato membro medesimo sia assoggettata, all’atto della distribuzione di utili, ad imposizione qualora proceda all’accantonamento integrale dell’utile ivi conseguito, laddove una società residente non sia assoggettata all’imposta stessa in caso di accantonamento dell’intero utile.

2)         Una disciplina nazionale in base alla quale una società sia assoggettata, all’atto della distribuzione di utili, ad una imposta complementare sui redditi non costituisce una ritenuta alla fonte ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 2011/96/UE.

3)         L’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2011/96/UE osta a una normativa nazionale per effetto della quale una società, laddove proceda alla distribuzione di utili, sia assoggettata, rispetto ai dividendi di volta in volta percepiti nella sfera di applicazione della direttiva e ora ridistribuiti, ad un onere fiscale superiore a quello consentito in base all’articolo 4, paragrafo 3.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – Direttiva del Consiglio, del 30 novembre 2011, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 345, pag. 8) nel testo di cui alla direttiva 2015/121/UE del Consiglio, del 27 gennaio 2015 (GU L 21, pag. 1).


3 – La deduzione consente di dedurre fittiziamente dalla base imponibile dell’imposta gravante sul reddito dell’impresa gli interessi considerati remunerativi del capitale proprio dell’impresa. La Corte si è già occupata della deduzione in parola nella sentenza Argenta Spaarbank (C‑350/11, EU:C:2013:447).


4 – V. le considerazioni del ministro competente riportate nella relazione redatta a nome della commissione per gli affari sociali della Camera dei deputati del Belgio del 15 luglio 2013 (Parl. St., Kamer, 2012-2013, DOC 53-2891/007, pag. 38).


5 – Dinanzi alla Corte pende, inoltre, un procedimento vertente su un’imposta riscossa in Francia che presenta analogie strutturali con la Fairness Tax belga; v. causa Association française des entreprises privées e a. (C‑365/16).


6 – Legge recante disposizioni diverse (Wet van 30 juli 2013 houdende diverse bepalingen), pubblicata nella Gazzetta ufficiale belga del 1o agosto 2013.


7 –      A norma dell’articolo 1, paragrafo 1, punto 2, del WIB 1992, per imposta sulle società si intende l’imposta applicata sulla totalità delle entrate delle società con sede in Belgio.


8 – V., in particolare, sentenze Commissione/Francia (270/83, EU:C:1986:37, punto 18); Saint‑Gobain ZN (C‑307/97, EU:C:1999:438, punto 35); X Holding (C‑337/08, EU:C:2010:89, punto 17), e Philips Electronics UK (C‑18/11, EU:C:2012:532, punto 12).


9 – V. articolo 5, paragrafo 1, lettera b); della proposta della Commissione europea di direttiva del Consiglio, del 3 ottobre 2011, relativa a una base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società (CCCTB) [COM(2011) 121 definitivo].


10 – V., in particolare, sentenze Commissione/Francia (270/83, EU:C:1986:37, punto 22); CLT‑UFA (C‑253/03, EU:C:2006:129, punto 14); Oy AA (C‑231/05, EU:C:2007:439, punto 40), e Philips Electronics UK (C‑18/11, EU:C:2012:532, punto 13) e ordinanza KBC Bank e Beleggen, Risicokapitaal, Beheer (C‑439/07 e C‑499/07, EU:C:2009:339, punto 77).


11 – Sentenze CLT‑UFA (C‑253/03, EU:C:2006:129, punto 15), e Philips Electronics UK (C‑18/11, EU:C:2012:532, punto 14).


12 – V. sentenza Oy AA (C‑231/05, EU:C:2007:439, punto 40).


13 – V. sentenze Commissione/Francia (270/83, EU:C:1986:37, punto 15), e Saint‑Gobain ZN (C‑307/97, EU:C:1999:438, punto 44) nelle quali la Corte ha riconosciuto, in tale contesto, un’unica violazione della libertà di stabilimento. V. anche sentenza Philips Electronics UK (C‑18/11, EU:C:2012:532, punti da 13 a 15). Benché nella sentenza CLT‑UFA (C‑253/03, EU:C:2006:129) la Corte abbia circoscritto il suo esame all’aspetto della restrizione alla libertà di scelta della forma giuridica, ciò non incide sul fatto che anche tale causa si fondava su un trattamento sfavorevole di una fattispecie transfrontaliera rispetto a una interna.


14 – V. sentenze Epson Europe (C‑375/98, EU:C:2000:302, punto 23); Océ van der Grinten (C‑58/01, EU:C:2003:495, punto 47); Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑446/04, EU:C:2006:774, punto 108); Burda (C‑284/06, EU:C:2008:365, punto 52), e P. Ferrero e General Beverage Europe (C‑338/08 e C‑339/08, EU:C:2010:364, punto 26).


15 – V. sentenza Océ van der Grinten (C‑58/01, EU:C:2003:495, punto 52).


16 – C‑294/99, EU:C:2001:505.


17 – V. sentenza Athinaïki Zythopoiia (C‑294/99, EU:C:2001:505, punto 29) e paragrafo 32 delle conclusioni presentate dall’avvocato generale Alber nella causa medesima (EU:C:2001:263).


18 – V. sentenze Epson Europe (C‑375/98, EU:C:2000:302, punto 23); Océ van der Grinten (C‑58/01, EU:C:2003:495, punto 47); Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑446/04, EU:C:2006:774, punto 108); Burda (C‑284/06, EU:C:2008:365, punto 52), e P. Ferrero und General Beverage Europe (C‑338/08 e C‑339/08, EU:C:2010:364, punto 26).


19 – C‑284/06, EU:C:2008:365.


20 – V. sentenza Burda (C‑284/06, EU:C:2008:365, punti 61 e segg.).


21 – V. sentenze Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C‑374/04, EU:C:2006:773, punto 60), e Oy AA (C‑231/05, EU:C:2007:439, punto 27).


22 – V. conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Burda (C‑284/06, EU:C:2008:60, paragrafo 55).


23 – V. sentenze Banque Fédérative du Crédit Mutuel (C‑27/07, EU:C:2008:195, punto 24), e Cobelfret (C‑138/07, EU:C:2009:82, punto 29), e considerando 8 della direttiva sulle società madri e figlie.


24 – V. considerando 11 della direttiva sulle società madri e figlie.


25 – C‑446/04, EU:C:2006:774.


26 – V. sentenza Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑446/04, EU:C:2006:774, punto 105).