Language of document : ECLI:EU:T:2010:355

Causa T‑29/05

Deltafina SpA

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Mercato spagnolo dell’acquisto e della prima trasformazione del tabacco greggio — Decisione che accerta una violazione dell’art. 81 CE — Fissazione dei prezzi e ripartizione del mercato — Concordanza tra la comunicazione degli addebiti e la decisione impugnata — Diritti della difesa — Definizione del mercato rilevante — Ammende — Gravità dell’infrazione — Circostanze aggravanti — Ruolo di impresa leader — Cooperazione»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Intese — Imputazione ad un’impresa — Decisione della Commissione che constata la responsabilità di un’impresa attiva in un mercato posto immediatamente a valle del mercato considerato e che ha partecipato attivamente e intenzionalmente all’intesa

[Artt. 3, n. 1, lett. g), CE e 81, n. 1, CE]

2.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Comunicazione degli addebiti — Contenuto necessario — Rispetto dei diritti della difesa — Portata

(Regolamenti del Consiglio n. 17 e n. 1/2003)

3.      Concorrenza — Intese — Accordi fra imprese — Pregiudizio per il commercio fra Stati membri — Criteri di valutazione

(Art. 81, n. 1, CE)

4.      Atti delle istituzioni — Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in caso di infrazioni alle regole di concorrenza

(Regolamento del Consiglio n. 17, art. 15; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

5.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Valutazione — Valutazione caso per caso

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2 e n. 1/2003, art. 23, n. 3; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

6.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Valutazione — Interdipendenza dei tre criteri espressamente menzionati negli orientamenti adottati dalla Commissione — Qualificazione di un’infrazione come molto grave — Ruolo fondamentale del criterio attinente alla natura dell’infrazione

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2 e n. 1/2003, art. 23, n. 3; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

7.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Impatto concreto sul mercato

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2 e n. 1/2003, art. 23, n. 3; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A, primo comma)

8.      Concorrenza — Ammende — Contesto giuridico — Determinazione — Incidenza della precedente prassi decisionale della Commissione — Insussistenza

(Regolamenti del Consiglio n. 17 e n. 1/2003)

9.      Atti delle istituzioni — Motivazione — Obbligo — Portata

(Art. 253 CE)

10.    Concorrenza — Procedimento amministrativo — Comunicazione degli addebiti — Contenuto necessario — Rispetto dei diritti della difesa

(Regolamenti del Consiglio n. 17 e n. 1/2003; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 2)

11.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze aggravanti — Ruolo di impresa leader dell’infrazione — Nozione

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2 e n. 1/2003, art. 23, n. 3; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 2)

12.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Circostanze attenuanti — Valutazione — Necessità di prendere in considerazione ciascuna delle circostanze separatamente — Insussistenza — Valutazione complessiva

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2 e n. 1/2003, art. 23, n. 3; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 3)

13.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Circostanze attenuanti — Comportamento divergente da quello convenuto in seno all’intesa — Valutazione

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15 e n. 1/2003, art. 23; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 3, secondo trattino)

14.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Circostanze attenuanti — Cessazione dell’infrazione prima dell’intervento della Commissione — Esclusione

(Regolamenti del Consiglio n. 17, art. 15, n. 2 e n. 1/2003, art. 23, n. 3; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 3, terzo trattino)

15.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Riduzione dell’importo dell’ammenda come corrispettivo di una cooperazione dell’impresa incriminata — Presupposti

(Regolamenti del Consiglio n. 17 e n. 1/2003; comunicazione della Commissione 96/C 207/04)

16.    Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Ammende — Determinazione — Criteri — Inasprimento generale delle ammende — Ammissibilità — Presupposti

(Artt. 81, n. 1, CE e 82 CE; regolamenti del Consiglio n. 17 e n. 1/2003)

1.      La Commissione non supera i limiti del divieto di cui all’art. 81, n. 1, CE dimostrando la responsabilità di un’impresa per un’infrazione a tale disposizione, qualora tale impresa, benché attiva sul mercato posto immediatamente a valle rispetto a quello in cui le pratiche restrittive della concorrenza sono state attuate, partecipi attivamente ed intenzionalmente ad un’intesa tra produttori attivi nell’ambito di un mercato diverso da quello nel quale essa stessa opera.

Infatti, un’impresa può violare il divieto previsto dall’art. 81, n. 1, CE quando il suo comportamento, coordinato con quello di altre imprese, ha per obiettivo di restringere la concorrenza su un mercato rilevante particolare all’interno del mercato comune, senza che ciò presupponga necessariamente che essa stessa sia attiva su tale mercato rilevante.

Così, non è escluso che un’impresa possa partecipare all’attuazione di una restrizione della concorrenza anche se essa non restringe la propria libertà d’azione sul mercato su cui questa è principalmente attiva. Infatti, qualunque altra interpretazione potrebbe ridurre la portata del divieto sancito dall’art. 81, n. 1, CE in maniera contraria alla sua efficacia pratica e al suo principale obiettivo, come interpretato con riferimento all’art. 3, n. 1, lett. g), CE, cioè quello di assicurare il mantenimento di una concorrenza leale nel mercato comune, dato che essa non permetterebbe di agire nei confronti di un’impresa che contribuisca attivamente ad una restrizione della concorrenza per il solo fatto che tale contributo non deriverebbe da un’attività economica relativa al mercato rilevante su cui tale restrizione si materializzi o sia destinata a materializzarsi.

Una lettura dei termini «accordi tra imprese» alla luce degli obiettivi perseguiti dall’art. 81, n. 1, CE, e dall’art. 3, n. 1, lett. g), CE mira a confermare l’esistenza di una concezione dell’intesa e dell’impresa autrice di un’infrazione, in cui non viene operata alcuna distinzione a seconda del settore o del mercato su cui le imprese interessate sono attive.

L’imputazione ad un’impresa partecipante ad un’intesa dell’infrazione nel suo complesso è conforme alle esigenze del principio della responsabilità personale qualora soddisfi due condizioni, una oggettiva e l’altra soggettiva.

Quanto alla prima condizione, essa è soddisfatta, per quanto attiene alla relazione tra concorrenti operanti sullo stesso mercato rilevante nonché tra tali concorrenti e i loro clienti, quando l’impresa partecipante ha contribuito all’attuazione dell’intesa, anche in maniera subordinata, accessoria o passiva, per esempio approvando tacitamente tale intesa e non denunciandola alle autorità.

Quanto alla seconda condizione, l’imputazione di tutta l’infrazione all’impresa partecipante dipende altresì dalla manifestazione della sua volontà, che dimostra che essa approva, almeno tacitamente, gli obiettivi dell’intesa.

(v. punti 48‑49, 51, 57‑58, 62)

2.      Il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento suscettibile di concludersi con l’inflizione di sanzioni, in particolare ammende o penalità di mora, impone, in particolare, che la comunicazione degli addebiti inviata dalla Commissione ad un’impresa alla quale essa intende infliggere una sanzione per violazione delle norme in materia di concorrenza contenga gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova sui quali si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo attivato a suo carico.

Una violazione dei diritti della difesa nel corso del procedimento amministrativo si valuta alla luce delle censure formulate dalla Commissione nella comunicazione degli addebiti e nella decisione che definisce tale procedimento. In tali circostanze, l’accertamento di una violazione dei diritti della difesa presuppone che la censura che l’impresa sostiene non esserle stata contestata nella comunicazione degli addebiti venga formulata dalla Commissione nella sua decisione definitiva. Una semplice divergenza nella presentazione dei fatti, volta unicamente a esporre gli stessi in modo più preciso nella decisione impugnata non può costituire una modifica materiale delle censure.

(v. punti 113‑115, 120)

3.      Perché una decisione, un accordo o una prassi possano pregiudicare il commercio fra Stati membri è necessario che, in base ad un complesso di elementi obiettivi di diritto o di fatto, appaia con un sufficiente grado di probabilità che essi esercitano un’influenza diretta o indiretta, attuale o potenziale, sugli scambi tra Stati membri, in un modo tale da far temere che possano nuocere al conseguimento di un mercato unico fra Stati membri. Tale influenza deve inoltre essere significativa. Infatti, il pregiudizio per gli scambi intracomunitari deriva in generale dalla combinazione di diversi fattori che, considerati isolatamente, non sarebbero necessariamente determinanti.

Infatti, l’art. 81, n. 1, CE non impone che le intese da esso considerate abbiano pregiudicato in misura rilevante gli scambi intracomunitari, ma richiede che si provi che tali intese sono atte a produrre questo effetto.

(v. punti 167‑169)

4.      Anche se gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA non possono essere qualificati come norme giuridiche che l’amministrazione deve rispettare in ogni caso, essi enunciano pur sempre una regola di condotta indicativa della prassi da seguire da cui l’amministrazione non può discostarsi, in un’ipotesi specifica, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento.

(v. punto 230)

5.      Il fatto che con gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2 del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, la Commissione abbia precisato il proprio approccio nel valutare la gravità di un’infrazione non le impedisce di esaminare tale criterio in maniera globale, in funzione di tutte le circostanze pertinenti, compresi elementi che non sono espressamente menzionati negli orientamenti.

(v. punto 230)

6.      I tre criteri da prendere in considerazione nel valutare la gravità di un’infrazione alle regole comunitarie sulla concorrenza, ai sensi degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, sono la natura dell’infrazione, il suo impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante. Questi tre aspetti della valutazione della gravità dell’infrazione non hanno lo stesso peso nell’ambito dell’esame complessivo. La natura dell’infrazione svolge un ruolo fondamentale, in particolare al fine di qualificare le infrazioni come «molto gravi».

A tale riguardo, dalla descrizione delle infrazioni molto gravi operata negli orientamenti risulta che accordi o pratiche concordate miranti specificamente alla fissazione dei prezzi o alla ripartizione dei mercati possono già solo per questa loro natura essere qualificati come «molto gravi», senza che sia necessario che tali comportamenti siano caratterizzati da un impatto o da un’estensione geografica particolare. Tale conclusione è corroborata dal fatto che, mentre la descrizione delle infrazioni gravi menziona espressamente l’impatto sul mercato e gli effetti su ampie zone del mercato comune, quella delle infrazioni molto gravi, viceversa, non indica alcuna necessità di un concreto impatto sul mercato, né di spiegamento degli effetti in una zona geografica particolare.

Sussiste un’interdipendenza tra i tre aspetti della valutazione della gravità dell’infrazione, nel senso che un livello elevato di gravità in base all’uno o all’altro di tali aspetti può compensare la minor gravità dell’infrazione sotto altri aspetti.

Per quanto concerne l’estensione del mercato geografico, questo costituisce solo uno dei tre criteri rilevanti ai fini della valutazione complessiva della gravità dell’infrazione e non è un criterio autonomo nel senso che solo infrazioni concernenti la maggior parte degli Stati membri potrebbero essere qualificate come «molto gravi». Né il Trattato CE, né il regolamento n. 17 o il regolamento n. 1/2003, né gli orientamenti, né la giurisprudenza consentono di ritenere che solo restrizioni geograficamente molto estese possano essere qualificate come tali. Pertanto, la dimensione limitata del mercato geografico rilevante non osta alla qualificazione dell’infrazione constatata nel caso di specie come «molto grave». Tale soluzione si impone a fortiori per quanto attiene alla limitata dimensione del mercato del prodotto rilevante, posto che la dimensione del mercato del prodotto in linea di principio non è un elemento che debba essere obbligatoriamente preso in considerazione, ma solo uno dei fattori pertinenti per valutare la gravità dell’infrazione e stabilire l’ammontare dell’ammenda.

Orbene, è chiaro che l’infrazione, ascritta ai trasformatori di tabacco ed all’impresa di cui trattasi, tra le cui attività figura la commercializzazione del tabacco trasformato, consistente nella fissazione dei prezzi delle singole varietà di tabacco greggio in uno Stato membro e nella ripartizione delle quantità di tabacco greggio da acquistare dai produttori, configura un’infrazione molto grave per sua stessa natura. Le infrazioni di questo tipo sono considerate come particolarmente gravi dal momento che esse comportano un intervento diretto sui parametri essenziali della concorrenza nel mercato considerato o come violazioni manifeste delle regole comunitarie sulla concorrenza.

(v. punti 231, 233‑234, 238, 240‑242)

7.      Nell’ambito della valutazione della gravità dell’infrazione alle regole comunitarie sulla concorrenza ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda, il fatto che la Commissione non abbia dimostrato in modo giuridicamente valido che il cartello abbia un impatto concreto sul mercato è ininfluente ai fini della qualifica dell’infrazione come «molto grave».

La mancanza di una sufficiente dimostrazione di un impatto concreto sul mercato non è atta a rimettere in discussione l’importo iniziale dell’ammenda, stabilito dalla Commissione in funzione della gravità dell’infrazione.

(v. punti 250‑251)

8.      La precedente prassi in materia di decisioni della Commissione non funge di per sé da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza.

(v. punti 292, 426)

9.      La motivazione di una decisione individuale deve fare apparire, in forma chiara e inequivocabile, l’iter logico seguito dall’istituzione da cui essa promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo. L’obbligo di motivazione dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento del rispetto, nella motivazione, dei requisiti di cui all’art. 253 CE va effettuato alla luce non solo del tenore dell’atto in questione, ma anche del contesto in cui esso è stato adottato nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia interessata.

(v. punto 319)

10.    La Commissione, quando dichiara espressamente nella comunicazione degli addebiti che vaglierà l’eventualità di infliggere ammende alle imprese interessate, indicando le principali considerazioni di fatto e di diritto che potrebbero implicare l’irrogazione di un’ammenda, quali la gravità e la durata della presunta infrazione ed il fatto che essa sia stata commessa «intenzionalmente o per negligenza», adempie il proprio obbligo di rispettare il diritto delle imprese al contraddittorio. Così operando, fornisce loro le indicazioni necessarie per difendersi non solo dall’addebito dell’infrazione, ma anche dall’inflizione di ammende. Tuttavia, imporre alla Commissione di comunicare alle imprese interessate, nella fase della comunicazione degli addebiti, indicazioni concrete circa l’entità delle ammende previste equivarrebbe ad obbligarla ad anticipare in modo inopportuno la sua decisione definitiva.

A tal proposito, l’attribuzione della qualità di leader ad un’impresa comporta rilevanti conseguenze in ordine all’importo dell’ammenda da infliggere alla stessa. Infatti, ai sensi del punto 2 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17, e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, si tratta di una circostanza aggravante che comporta una maggiorazione non trascurabile dell’importo di base dell’ammenda. Allo stesso modo, a termini del punto B, lett. e), della comunicazione sulla cooperazione, siffatta qualifica esclude sin da subito il beneficio di una riduzione notevole dell’ammenda, anche qualora l’impresa qualificata come leader soddisfi tutte le condizioni enunciate per poter ottenere una simile riduzione. Pertanto, spetta alla Commissione esporre nella comunicazione degli addebiti gli elementi che essa reputa pertinenti onde consentire all’impresa che può essere qualificata leader del cartello di replicare ad una simile censura. Tuttavia, in considerazione del fatto che tale comunicazione resta una fase nel processo di adozione della decisione definitiva e che, pertanto, non rappresenta la posizione irrevocabile della Commissione, a quest’ultima non può imporsi di procedere, già in tale fase, ad una qualificazione giuridica degli elementi in base ai quali la stessa qualificherà nella propria decisione definitiva un’impresa come leader dell’intesa.

(v. punti 324‑325, 327)

11.    Nell’ambito della determinazione dell’importo dell’ammenda per violazione delle regole comunitarie sulla concorrenza, l’impresa di cui trattasi, per essere qualificata come leader, deve aver rappresentato una forza motrice significativa per l’intesa e aver avuto una responsabilità particolare e concreta nel funzionamento di quest’ultima.

Sebbene gli elementi fatti valere dalla Commissione dimostrino che tale impresa ha svolto un ruolo attivo e diretto in un cartello, essi tuttavia non sono sufficienti per dimostrare che essa abbia rappresentato una forza motrice significativa per detto cartello, in particolare se nessun elemento del fascicolo mostri che l’impresa in questione abbia assunto una qualsivoglia iniziativa allo scopo di creare detto cartello o di indurre una qualunque delle altre imprese ad aderirvi, e se non vi sia nessun elemento che consenta di dimostrare che l’impresa in questione abbia assunto la responsabilità di attività generalmente connesse all’esercizio del ruolo di leader di un cartello, come la presidenza di riunioni o la centralizzazione e la distribuzione di determinati dati.

(v. punti 332‑335)

12.    La Commissione deve in linea di principio conformarsi ai termini dei propri orientamenti nel fissare l’importo delle ammende per violazione delle regole comunitarie sulla concorrenza. Tuttavia, negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, non è previsto che la Commissione debba sempre tener conto singolarmente di ciascuna delle circostanze attenuanti elencate al punto 3 di tali orientamenti, ed essa non è tenuta a concedere una riduzione supplementare a tale titolo e in modo automatico, dal momento che il carattere adeguato di un’eventuale riduzione dell’ammenda per circostanze attenuanti deve essere valutato da un punto di vista complessivo, tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti.

Infatti, l’adozione degli orientamenti non ha privato di rilievo la giurisprudenza precedente, secondo cui la Commissione dispone di un potere discrezionale che le consente di prendere o di non prendere in considerazione taluni elementi all’atto di stabilire l’importo delle ammende che essa intende infliggere, in particolare in funzione delle circostanze del caso di specie.

Pertanto, in assenza di indicazioni di carattere imperativo negli orientamenti riguardo alle circostanze attenuanti che possono essere prese in considerazione, deve ritenersi che la Commissione abbia conservato un certo margine per valutare in modo globale l’entità di un’eventuale riduzione dell’importo delle ammende in ragione di circostanze attenuanti.

(v. punti 347‑348)

13.    Nell’ambito della determinazione dell’importo dell’ammenda per violazione alle regole comunitarie sulla concorrenza, la Commissione è tenuta a riconoscere l’esistenza di una circostanza attenuante per il fatto della mancata attuazione di un’intesa solo se l’impresa, che fa valere tale circostanza, può dimostrare di essersi opposta chiaramente e considerevolmente all’attuazione di tale intesa, al punto da aver perturbato il funzionamento stesso di quest’ultima e di non aver aderito in apparenza all’accordo, né, con ciò, istigato altre imprese ad attuare l’intesa in questione. Sarebbe troppo semplice per le imprese minimizzare il rischio di dover pagare un’ammenda ingente qualora potessero approfittare di un’intesa illecita e beneficiare in seguito di una riduzione dell’ammenda per il fatto di aver svolto solo un ruolo limitato nell’attuazione dell’infrazione, laddove il loro atteggiamento abbia istigato altre imprese a comportarsi in maniera più dannosa per la concorrenza.

(v. punto 350)

14.    Nell’ambito della determinazione dell’importo dell’ammenda per violazione alle regole comunitarie sulla concorrenza, l’«aver posto fine alle attività illecite sin dai primi interventi della Commissione (in particolare allo stadio degli accertamenti)», di cui al punto 3, terzo trattino, degli orientamenti, per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, n. 5, del Trattato CECA, può logicamente costituire una circostanza attenuante solo se esistono motivi per supporre che le imprese in causa siano state spinte a porre fine ai loro comportamenti anticoncorrenziali dagli interventi in questione, dato che il caso in cui l’infrazione sia già terminata anteriormente ai primi interventi della Commissione non è coperto da tale disposizione degli orientamenti.

(v. punti 354‑355)

15.    La Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende per violazione alle regole comunitarie sulla concorrenza e può, a questo proposito, tener conto di molteplici elementi, tra i quali figura la cooperazione delle imprese interessate in occasione dell’indagine condotta dai servizi di detta istituzione. Essa dispone a questo riguardo di un ampio potere discrezionale per valutare la qualità e l’utilità della cooperazione fornita da un’impresa, segnatamente in rapporto ai contributi offerti da altre imprese. Per giustificare la riduzione dell’importo di un’ammenda a titolo di collaborazione, il comportamento di un’impresa deve consentire alla Commissione di accertare e sanzionare tali infrazioni. Nell’ambito della sua valutazione della cooperazione fornita dalle imprese, la Commissione non può violare il principio di parità di trattamento, che viene trasgredito quando situazioni analoghe sono trattate in maniera differenziata o quando situazioni diverse sono trattate in maniera identica, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato.

(v. punti 389‑390, 399)

16.    Il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per determinati tipi di infrazioni non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 1/2003, ove ciò sia necessario per garantire l’attuazione della politica comunitaria della concorrenza.

Gli operatori economici non possono riporre un legittimo affidamento nella conservazione di una situazione esistente che può essere modificata dalla Commissione nell’ambito del proprio potere discrezionale.

Ne consegue che le imprese coinvolte in un procedimento amministrativo, che può concludersi con un’ammenda, non possono maturare un legittimo affidamento sul fatto che la Commissione non superi il livello delle ammende praticato precedentemente.

Infatti, ogni impresa implicata in un procedimento amministrativo che può dar luogo all’irrogazione di un’ammenda deve tener conto della possibilità che, in ogni momento, la Commissione decida di innalzare il livello dell’importo delle ammende rispetto a quello applicato in passato.

(v. punti 426, 435)