Language of document : ECLI:EU:C:2017:579

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 20 luglio 2017(1)

Causa C201/16

Majid (alias Madzhdi) Shiri

con l’intervento di:

Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl

[Domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Corte suprema amministrativa, Austria)]

«Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Interpretazione del regolamento (UE) n. 604/2013 – Articolo 27, paragrafo 1, sul diritto a un ricorso effettivo – Articolo 29, relativo alle modalità e ai termini per il trasferimento di una persona dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro richiesto – Dies a quo del termine di cui all’articolo 29, paragrafo 1»






1.        Nel presente procedimento pregiudiziale si chiede nuovamente alla Corte di fornire chiarimenti sulla portata del diritto a un ricorso effettivo previsto dall’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III (2). Il Verwaltungsgerichtshof (Corte suprema amministrativa, Austria) intende accertare se un richiedente protezione internazionale possa far valere il fatto che lo Stato membro «A» (lo Stato richiedente) non ha eseguito la propria decisione di trasferirlo nello Stato membro «B» (lo Stato richiesto) entro il termine stabilito dall’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, invocando i diritti conferitigli dall’articolo 27, paragrafo 1, di detto regolamento. In caso affermativo, si chiede come debbano essere applicate le regole dell’articolo 29, paragrafo 2, che disciplina il rapporto tra lo Stato membro richiedente e lo Stato membro richiesto.

 Il regolamento Dublino III

2.        Il considerando 5 enuncia, tra l’altro, che dovrebbe essere possibile determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento della protezione internazionale e di non pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle relative domande. Il considerando 19 indica che, «[a]l fine di assicurare una protezione efficace dei diritti degli interessati, si dovrebbero stabilire garanzie giuridiche e il diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni relative ai trasferimenti verso lo Stato membro competente, ai sensi, in particolare, dell’articolo 47 della [Carta (3)]. Al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale è opportuno che un ricorso effettivo avverso tali decisioni verta tanto sull’esame dell’applicazione del presente regolamento quanto sull’esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito».

3.        Il considerando 32 ricorda che, per quanto concerne i richiedenti protezione internazionale, «gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi che a essi derivano dagli strumenti giuridici internazionali, compresa la pertinente giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo». Il considerando 39 enuncia che il regolamento Dublino III rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi protetti dalla Carta.

4.        Ai sensi del suo articolo 1, il regolamento Dublino III stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (4).

5.        All’articolo 3, paragrafo 1, il regolamento Dublino III sancisce il principio generale secondo cui gli Stati membri devono esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide sul territorio di qualunque Stato membro. Una tale domanda è esaminata da un solo Stato membro, che sarà quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III (5).

6.        Ai richiedenti protezione internazionale sono riconosciuti taluni diritti durante il procedimento volto a determinare lo Stato membro competente ad esaminare una domanda. Così, l’articolo 4, paragrafo 1, conferisce ai richiedenti un diritto di informazione, tra l’altro, sulla possibilità di impugnare una decisione di trasferimento e, ove applicabile, di chiedere la sospensione del trasferimento. A norma dell’articolo 5, paragrafo 1, i richiedenti hanno inoltre diritto a un colloquio personale.

7.        Il capo III è intitolato «Criteri per determinare lo Stato membro competente». L’articolo 7, paragrafo 1, dispone che tali criteri si applicano nell’ordine nel quale sono definiti in detto capo. Lo Stato membro competente viene determinato sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente ha presentato domanda di protezione internazionale per la prima volta (articolo 7, paragrafo 2). Il primo posto nella gerarchia è attribuito al criterio relativo ai minori (articolo 8) e ai familiari (articoli 9, 10 e 11). Il criterio applicato con maggiore frequenza è quello dell’articolo 13, paragrafo 1, relativo ai richiedenti che abbiano varcato illegalmente, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro. In tali casi, lo Stato membro del primo ingresso nel territorio dell’Unione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale.

8.        Gli obblighi dello Stato membro competente sono fissati nel capo V. Tra questi figura l’obbligo di riprendere in carico il richiedente la cui domanda è in corso d’esame e che ha presentato domanda in un altro Stato membro [articolo 18, paragrafo 1, lettera b)] (6).

9.        Le procedure per le richieste di ripresa in carico sono previste dalla sezione III del capo VI. L’articolo 23, paragrafo 1, dispone che, qualora uno Stato membro presso il quale una persona abbia presentato una nuova domanda di protezione internazionale ritenga che un altro Stato membro sia competente, può chiedere all’altro Stato membro di riprendere in carico tale persona. L’articolo 25, paragrafo 1, prevede che lo Stato membro richiesto deve decidere quanto prima in merito a detta richiesta (7). L’assenza di risposta entro la scadenza del termine stabilito è considerata come accettazione della richiesta di ripresa in carico (articolo 25, paragrafo 2).

10.      La sezione IV del capo VI prevede talune garanzie procedurali a favore dei richiedenti. L’articolo 26, paragrafo 1, dispone che gli Stati membri devono notificare ai richiedenti le decisioni di trasferimento. Detta notifica deve contenere informazioni sui mezzi di impugnazione disponibili, compreso il diritto di chiedere l’effetto sospensivo, e sui termini per esperirli nonché sui termini relativi all’esecuzione del trasferimento (articolo 26, paragrafo 2).

11.      L’articolo 27, paragrafo 1, dispone che il richiedente deve avere «diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale». A norma dell’articolo 27, paragrafo 3, ai fini di ricorsi avverso decisioni di trasferimento o di revisioni delle medesime, gli Stati membri devono prevedere disposizioni che tutelino la posizione del richiedente in attesa dell’esito del ricorso o della revisione contro la decisione di trasferimento consentendo all’interessato di rimanere nello Stato membro in attesa dell’esito di tali procedimenti [opzione (a)], sospendendo automaticamente il trasferimento [opzione (b)], oppure garantendo che il richiedente abbia la possibilità di chiedere all’organo giurisdizionale di sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso o della revisione della medesima [opzione (c)].

12.      La sezione VI è intitolata «Trasferimenti». L’articolo 29 così recita:

«1.      Il trasferimento del richiedente o di altra persona ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c) o d), dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente avviene conformemente al diritto nazionale dello Stato membro richiedente, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi a decorrere dall’accettazione della richiesta di un altro Stato membro di prendere o riprendere in carico l’interessato, o della decisione definitiva su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3.

(…)

2.      Se il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, lo Stato membro competente è liberato dall’obbligo di prendere o riprendere in carico l’interessato e la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento a causa della detenzione dell’interessato, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora questi sia fuggito.

3.      Se una persona è stata trasferita erroneamente o se la decisione di trasferimento è riformata in appello o in seguito a revisione dopo l’esecuzione del trasferimento, lo Stato membro che ha provveduto al trasferimento l[a] riprende in carico immediatamente.

(…)».

13.      Modalità specifiche per l’applicazione effettiva del regolamento Dublino III sono previste dal regolamento di esecuzione (8). L’articolo 9, paragrafo 2, enuncia quanto segue: «Lo Stato membro che non può eseguire il trasferimento entro il normale termine di sei mesi dalla data di accettazione della richiesta di presa in carico o di ripresa in carico dell’interessato, o della decisione definitiva su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo, per uno dei motivi di cui all’articolo 29, paragrafo 2, del [regolamento Dublino III], ne informa lo Stato membro competente prima dello scadere del termine. In mancanza di ciò, la competenza per l’esame della domanda di protezione internazionale e le altre obbligazioni a norma del [regolamento Dublino III] ricadono sullo Stato membro richiedente, in conformità dell’articolo 29, paragrafo 2, di detto regolamento».

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

14.      Il sig. Majid (alias Madzhdi) Shiri è un cittadino iraniano. Non è nota la data precisa in cui egli ha lasciato l’Iran: sembrerebbe che ciò sia avvenuto intorno alla fine del 2014. Il sig. Shiri è entrato nell’Unione europea attraverso la Turchia. Giunto in Bulgaria, il 19 febbraio 2015 ha presentato domanda di protezione internazionale in detto Stato membro. Successivamente si è recato in Austria e il 7 marzo 2015 ha presentato domanda di protezione internazionale in tale Stato.

15.      Il 9 marzo 2015 le autorità austriache chiedevano ai loro omologhi bulgari di riprendere in carico il sig. Shiri conformemente all’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), del regolamento Dublino III. Il 23 marzo 2015 la Bulgaria accoglieva espressamente tale richiesta di ripresa in carico.

16.      Il 2 luglio 2015, il Bundesamt für Fremdenwesen und Asyl (Ufficio federale competente per l’immigrazione e l’asilo, Austria; in prosieguo: il «BFA») respingeva in quanto inammissibile la domanda di protezione internazionale del sig. Shiri. Il BFA disponeva inoltre l’espulsione del sig. Shiri e confermava che egli poteva essere trasferito in Bulgaria (in prosieguo: il «primo provvedimento del BFA»). Il sig. Shiri presentava reclamo avverso tale provvedimento dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale, Austria), chiedendo la sospensione della decisione di trasferimento. Con ordinanza del 20 luglio 2015 detto giudice accoglieva il reclamo del sig. Shiri, annullava il primo provvedimento del BFA e rinviava la questione a quest’ultimo affinché adottasse una nuova decisione. Il giudice amministrativo non si pronunciava sulla domanda di sospensione della decisione di trasferimento. Nel rinviare il caso del sig. Shiri alle autorità nazionali competenti, detto giudice chiedeva al BFA di valutare in particolare se il sig. Shiri dovesse essere considerato un soggetto vulnerabile, tenuto conto delle preoccupazioni espresse riguardo al suo stato di salute. Il giudice nazionale intendeva assicurare che qualsiasi decisione relativa al trasferimento dell’interessato rispettasse la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (9).

17.      Con ulteriore provvedimento del 3 settembre 2015, il BFA respingeva nuovamente la domanda di protezione internazionale del sig. Shiri in quanto inammissibile (in prosieguo: il «secondo provvedimento del BFA»). Esso dichiarava che la Bulgaria era lo Stato membro competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale del sig. Shiri e disponeva nuovamente l’espulsione del medesimo nonché il suo trasferimento in Bulgaria.

18.      Il 17 settembre 2015 il sig. Shiri impugnava detta decisione dinanzi al Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale), la quale non si pronunciava sulla domanda di effetto sospensivo presentata nel contesto di tale reclamo. Basandosi sul primo provvedimento del BFA, il sig. Shiri sosteneva che la competenza ad esaminare la domanda di protezione internazionale era passata in capo all’Austria, in quanto il trasferimento in Bulgaria non era stato effettuato entro il termine di sei mesi previsto dall’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento Dublino III. Egli affermava che il dies a quo del termine di trasferimento era il 23 marzo 2015 (data in cui la Bulgaria aveva accolto la richiesta di ripresa in carico presentata dall’Austria) e che il termine di sei mesi era scaduto il 23 settembre 2015, poiché il giudice nazionale non aveva dichiarato che il reclamo contro la prima decisione di trasferimento del BFA avesse effetto sospensivo.

19.      Il reclamo del sig. Shiri veniva respinto con decisione del 30 settembre 2015. Il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) dichiarava che gli effetti giuridici dell’annullamento del primo provvedimento del BFA e del rinvio del caso del sig. Shiri ai fini di una nuova pronuncia consistevano nel fatto che egli non poteva essere riportato in Bulgaria prima che il BFA avesse riesaminato la sua situazione. Pertanto, la decisione di detto giudice del 20 luglio 2015 equivaleva a una sospensione della decisione di trasferimento ai fini dell’articolo 27, paragrafo 3, in combinato disposto con l’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.

20.      Con ricorso presentato in data 4 ottobre 2015, il sig. Shiri ha impugnato detta decisione dinanzi al giudice del rinvio (10). Egli sostiene che la decisione di trasferimento non è automaticamente sospesa ai sensi del diritto austriaco, in quanto l’Austria ha scelto di attuare l’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento Dublino III offrendo ai richiedenti la possibilità di chiedere la sospensione dell’attuazione della decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, lettera c) (11).

21.      Il giudice del rinvio chiede di chiarire se, in linea di principio, un richiedente protezione internazionale abbia diritto a un ricorso effettivo sotto forma di ricorso o domanda di revisione avverso una decisione di trasferimento ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III in ragione del fatto che la competenza ad esaminare la sua domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro richiedente per effetto del decorso termine di sei mesi di cui all’articolo 29, paragrafo 2, in combinato disposto con l’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento Dublino III.

22.      Di conseguenza, il giudice del rinvio chiede:

«1)      Se le disposizioni del [regolamento Dublino III], che prevedono il diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, in particolare, l’articolo 27, paragrafo 1, debbano essere interpretate, alla luce del considerando 19, nel senso che un richiedente [protezione internazionale] può far valere il passaggio di competenza in capo allo Stato membro richiedente in ragione del decorso del termine di trasferimento di sei mesi (articolo 29, paragrafo 2, in combinato disposto con l’articolo 29, paragrafo 1, del [regolamento Dublino III]).

In caso di risposta affermativa alla prima questione:

2)      Se il passaggio di competenza ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 2, primo periodo, del [regolamento Dublino III] si verifichi con il solo avvenuto decorso del termine di trasferimento o se un passaggio di competenza per decorso del termine richieda anche il diniego dell’obbligo di prendere o riprendere in carico la persona interessata da parte dello Stato membro competente».

23.      Hanno presentato osservazioni scritte il sig. Shiri, l’Austria, la Repubblica ceca, la Svizzera, il Regno Unito e la Commissione europea. All’udienza tenutasi il 14 marzo 2017 le suddette parti, ad eccezione della Repubblica ceca e della Svizzera, hanno svolto osservazioni orali.

 Analisi

 Osservazioni preliminari

24.      Come rilevato dal giudice del rinvio, un’importante questione di principio sollevata dal caso del sig. Shiri è se l’inosservanza da parte di uno Stato membro del termine di esecuzione di una decisione previsto dal regolamento Dublino III per il trasferimento di un richiedente protezione internazionale dallo Stato membro «A» verso lo Stato membro «B» debba essere soggetta a controllo giurisdizionale (12).

25.      Il sig. Shiri invita la Corte ad esaminare, per risolvere tale questione di principio, anche questioni più ampie, come quella della compatibilità del regolamento Dublino III con i diritti fondamentali sanciti dalla Carta. Tale questione riguarda la sostanza della validità del regolamento stesso. Tuttavia, dal momento che il giudice del rinvio non ha sollevato detta specifica questione, essa esula dall’ambito della presente domanda di pronuncia pregiudiziale. Inoltre, non occorre risolvere tale questione per rispondere a quelle effettivamente poste.

 Sulla prima questione

26.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede se le disposizioni del regolamento Dublino III, che prevede il diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, in particolare l’articolo 27, paragrafo 1, debbano essere interpretate nel senso che un richiedente può far valere che la competenza ad esaminare la sua domanda di protezione internazionale spetta allo Stato membro richiedente (nella fattispecie, l’Austria) in ragione del decorso del termine di sei mesi per l’esecuzione della decisione di trasferimento previsto dall’articolo 29, paragrafo 1, di detto regolamento.

27.      Il sig. Shiri, l’Austria, la Repubblica ceca e la Svizzera sostengono che un ricorso o una domanda di revisione avverso una decisione di trasferimento fondati su tale motivo rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 27, paragrafo 1. Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione si è parimenti espressa in tal senso. Tuttavia, in udienza essa ha modificato la sua posizione e ora condivide la tesi del Regno Unito, che ha espresso la tesi contraria a quella delle altre parti del presente procedimento.

28.      È vero che il regolamento Dublino III non delinea espressamente il diritto a un ricorso effettivo previsto all’articolo 27, paragrafo 1. Ciò detto, mi sembra che la finalità, l’impianto e il contesto del regolamento avvalorino la tesi secondo cui detta disposizione deve essere interpretata nel senso che si applica alla violazione da parte di uno Stato membro dei termini stabiliti, in particolare del termine di sei mesi per l’esecuzione di una decisione di trasferimento indicato all’articolo 29, paragrafo 1 (13).

29.      A mio parere, a seguito delle modifiche introdotte dal regolamento Dublino III (la terza versione delle norme che definiscono i criteri e le modalità per determinare lo Stato membro competente ad esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un richiedente in uno degli Stati membri) (14), la sentenza della Corte nella causa Abdullahi (15), che riguarda l’interpretazione del regolamento Dublino II (16), risulta superata. Questa tesi trova conferma nelle successive sentenze pronunciate dalla Grande Sezione nelle cause Ghezelbash (17) e Karim (18).

30.      Nella sentenza Abdullahi, la Corte ha dichiarato che un accordo tra Stati membri relativo a una richiesta di presa in carico basato sul criterio secondo cui lo Stato membro del primo ingresso nell’Unione europea è competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale dell’interessato può essere contestato solo se il richiedente deduce carenze sistemiche delle condizioni di accoglienza dei richiedenti nello Stato membro di cui trattasi, che costituiscono motivi seri e comprovati di credere che, in caso di trasferimento in tale Stato membro, detto richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti, ai sensi dell’articolo 4 della Carta (19).

31.      La Corte ha riesaminato la sentenza Abdullahi (20) alla luce delle modifiche apportate alle disposizioni del regolamento Dublino II dal regolamento Dublino III per interpretare l’articolo 27, paragrafo 1, di quest’ultimo regolamento nella sentenza Ghezelbash. La Corte ha statuito in detta sentenza che i) il ricorso previsto da tale disposizione deve essere effettivo e verte tanto sulle questioni di diritto quanto su quelle di fatto; ii) non esistono limiti circa gli argomenti che il richiedente protezione internazionale può dedurre in forza di detta disposizione; iii) non esiste una correlazione specifica tra il diritto di presentare un ricorso o una domanda di revisione di una decisione di trasferimento e l’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento Dublino III; e iv) il considerando 19 del regolamento Dublino III specifica che il diritto a un ricorso effettivo deve avere ad oggetto l’esame sia dell’applicazione di tale regolamento sia della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito (21).

32.      Tali principi generali sono parimenti applicabili nel caso di specie.

33.      La questione sollevata nella causa Ghezelbash era se i criteri del capo III pertinenti ai fini della determinazione dello Stato membro competente fossero stati applicati in modo corretto (22). Il ragionamento seguito nella sentenza Ghezelbash è stato applicato nella sentenza Karim, che verteva sulla questione se un richiedente protezione internazionale potesse far valere il fatto che l’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento Dublino III non era stato applicato correttamente per determinare lo Stato membro competente (23). La Corte ha ivi dichiarato che l’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento Dublino III definisce il quadro in cui deve essere svolto l’esame dei criteri di cui al capo III (24).

34.      È vero che tanto la causa Ghezelbash quanto la causa Karimvertevano su elementi del procedimento contemplato dal regolamento Dublino III che si applicano prima che le autorità di uno Stato membro adottino una decisione di trasferimento. Il caso del sig. Shiri è diverso, in quanto riguarda l’iter successivo all’adozione di tale decisione (25). Tuttavia, ciò non implica, a mio avviso, che il diritto a un ricorso effettivo cessi di trovare applicazione.

35.      Tale differenza non modifica il punto di principio, ossia che il diritto a un ricorso effettivo comprende il diritto a contestare un’applicazione errata del regolamento Dublino III. Questa tesi è del tutto coerente con la giurisprudenza della Corte (26).

36.      Il regolamento Dublino III ha apportato una serie di modifiche al regime precedentemente disciplinato dal regolamento Dublino II. Il considerando 19 sottolinea una delle modifiche maggiormente degne di nota introdotte dal legislatore dell’Unione per concedere una protezione rafforzata ai singoli richiedenti (27). Pertanto, il regolamento Dublino III presenta differenze significative rispetto al regolamento Dublino II.

37.      Inoltre, è necessario realizzare gli scopi del regolamento Dublino III garantendo che esso sia applicato in modo da consentire agli Stati membri di agire in conformità con gli obblighi loro imposti dal diritto internazionale (28). Inoltre, il regolamento mira a garantire il rispetto dei diritti fondamentali (29). I diritti a una buona amministrazione e a un ricorso effettivo (articoli 41 e 47 della Carta) forniscono criteri particolarmente importanti ai fini della corretta interpretazione dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III (30).

38.      Il Regno Unito deduce una serie di argomenti a sostegno dell’interpretazione opposta. In primo luogo, lo stesso sottolinea che occorrerebbe adottare un approccio teleologico ai fini dell’interpretazione del regolamento Dublino III. L’obiettivo fondamentale è che uno Stato membro sia competente ad esaminare una domanda di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1 (31). Condivido tale affermazione, ma ritengo che il fatto di consentire il controllo giurisdizionale di una violazione dei termini previsti dal regolamento Dublino III da parte di uno Stato membro non sia in contrasto con il principio fondamentale del sistema di Dublino.

39.      In secondo luogo, il Regno Unito esprime la preoccupazione che, se i richiedenti potessero impugnare le decisioni di trasferimento in ragione del decorso del termine di esecuzione di tali decisioni, ciò sarebbe incompatibile con l’obiettivo dichiarato del regolamento Dublino III di impedire il «forum shopping». Tutavia, nei limiti in cui tale espressione denota le domande multiple di protezione internazionale presentate in più Stati membri dal medesimo richiedente (32), lo stesso regolamento Dublino III include una disposizione specifica per affrontare tale problema (33).

40.      L’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III prevede che, qualora uno Stato membro non rispetti il termine di sei mesi per effettuare il trasferimento, diviene esso stesso competente ad esaminare la domanda di protezione internazionale. Pertanto, l’interessato rimarrebbe nello Stato membro richiedente. Tale conseguenza discende dall’applicazione delle norme dello stesso regolamento Dublino III. Lo scopo dell’articolo 29, paragrafo 2, di detto regolamento è incentivare lo Stato membro richiedente a rispettare l’obiettivo comune dell’osservanza dei termini stabiliti, in modo da garantire la rapida trattazione delle domande ed evitare di creare situazioni nelle quali il richiedente protezione internazionale sia lasciato «in orbita» in assenza di uno Stato membro competente ad esaminarne la sua domanda (34). Se un richiedente nella situazione del sig. Shiri presenta una domanda di protezione internazionale in più di uno Stato membro, il legislatore dell’Unione ha deliberatamente scelto di incentivare lo Stato membro richiedente ad effettuare rapidamente il trasferimento. Se lo Stato membro richiedente non raggiunge tale obiettivo fondamentale, la conseguenza è che il richiedente rimane in tale Stato. Questo è esattamente il modo in cui la normativa dovrebbe funzionare e non corrisponde né equivale al «forum shopping».

41.      In terzo luogo, la distinzione che il Regno Unito tenta di tracciare tra questioni sostanziali e questioni procedurali, pur apparendo attrattiva a prima vista, non supera un esame più approfondito. Tale distinzione non risolve il problema in esame. I termini previsti dal regolamento Dublino III riguardano certamente aspetti procedurali, ma hanno del pari implicazioni sostanziali sia per i richiedenti, sia per gli Stati membri interessati. Per i richiedenti, detti termini forniscono un certo grado di certezza e influiscono anche in modo sostanziale sull’individuazione dello Stato membro che esaminerà la domanda di protezione internazionale. I profili sostanziali e procedurali dei termini previsti sono analogamente interconnessi per quanto riguarda gli Stati membri.

42.      In quarto luogo, mi sembra che le preoccupazioni del Regno Unito relative all’autonomia procedurale nazionale siano fuori luogo. La questione di principio che la Corte è chiamata a risolvere non riguarda il funzionamento di norme di procedura nazionali in quanto tali.

43.      Infine, il fatto che il richiedente abbia il diritto di proporre un ricorso o una domanda di revisione avverso una decisione di trasferimento in ragione del decorso del termine di sei mesi previsto per la sua esecuzione non implica che tutte le azioni di questo tipo siano necessariamente accolte. Semmai, mi sembra che i giudici nazionali possano e debbano esaminare nel merito il ricorso o la domanda di revisione. A tal fine, occorre tenere conto dello scopo della disposizione di cui trattasi. Il termine di sei mesi per l’attuazione delle decisioni di trasferimento è stato fissato originariamente per consentire agli Stati membri di definire le modalità di realizzazione del trasferimento (35). Come già rilevato, uno degli obiettivi tanto del termine quanto dell’incentivo agli Stati membri affinché lo rispettino è garantire che i richiedenti non siano lasciati in una situazione nella quale nessuno Stato membro assuma la competenza ad esaminare le loro domande di protezione internazionale. Per stabilire se l’articolo 29, paragrafo 2, debba essere applicato ad un caso specifico è necessario altresì accertare se l’interessato corra o possa correre un rischio di questo tipo (36).

44.      Pertanto, ritengo che l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che, in linea di principio, un richiedente protezione internazionale può impugnare una decisione di trasferimento in ragione dell’inosservanza da parte dello Stato membro richiedente del termine di sei mesi stabilito dall’articolo 29, paragrafo 1, di detto regolamento.

 Sulla seconda questione

45.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede chiarimenti sull’interpretazione dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III (37). Qualora lo Stato membro richiedente non dia attuazione alla decisione di trasferimento entro il termine di sei mesi previsto dall’articolo 29, paragrafo 1, lo Stato membro richiesto è sollevato dalla sua responsabilità di esaminare la domanda di protezione internazionale dell’interessato solo perché detto termine è scaduto? Oppure esiste una condizione supplementare che si applica prima del passaggio allo Stato membro richiedente della competenza ad esaminare la domanda di protezione internazionale? In altre parole, lo Stato membro richiesto deve comunicare allo Stato membro richiedente il proprio rifiuto di riprendere in carico il richiedente protezione internazionale?

46.      Ad eccezione del Regno Unito, tutti coloro che hanno presentato osservazioni scritte nel presente procedimento concordano sul fatto che l’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III non dovrebbe essere interpretato nel senso che impone siffatta condizione supplementare. Il Regno Unito sostiene, al contrario, che il decorso di un termine non è sufficiente di per sé a determinare il passaggio della competenza allo Stato membro richiedente e che lo Stato membro richiesto conserva un margine di discrezionalità per esaminare la domanda di protezione internazionale dell’interessato.

47.      Non condivido la tesi del Regno Unito.

48.      Il testo dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III [«[s]e il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, lo Stato membro competente è liberato dall’obbligo di prendere o riprendere in carico l’interessato e la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente. (…)»] non contiene parole dalle quali risulti che il legislatore ha introdotto una condizione supplementare nel procedimento tra lo Stato membro richiedente e lo Stato membro richiesto. Il Regno Unito afferma che le parole «la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente» dimostrano che lo Stato membro richiesto deve prendere provvedimenti concreti prima di poter essere liberato dai suoi obblighi. Tuttavia, interpreto tali parole nel senso che, semplicemente, la competenza è trasferita allo Stato membro richiedente alla scadenza del termine di sei mesi. Dal testo della disposizione non risulta che esista una (imprecisata) fase supplementare del procedimento in aggiunta alla scadenza del termine di sei mesi prevista dall’articolo 29, paragrafo 1, che occorra esperire ai fini del passaggio allo Stato membro richiedente della competenza ad esaminare la domanda di protezione internazionale. Tale passaggio di competenza deriva dall’applicazione stessa dell’articolo 29, paragrafo 2 (38).

49.      Questa tesi è del tutto coerente con la finalità della disposizione (39). L’introduzione di una condizione supplementare nel procedimento tra lo Stato membro richiedente e quello richiesto sarebbe incompatibile con l’obiettivo di determinare rapidamente lo Stato membro competente. Sarebbe inoltre incoerente con un obiettivo chiave del sistema di Dublino, ossia garantire che un richiedente non sia lasciato in una situazione nella quale nessuno Stato membro assuma la competenza ad esaminare la sua domanda di protezione internazionale.

50.      Rilevo inoltre che, secondo il regime normativo del regolamento Dublino III, la competenza torna allo Stato membro richiedente qualora esso non rispetti i termini previsti per le richieste di presa in carico (articolo 22, paragrafo 7) e di ripresa in carico (articolo 25, paragrafo 2). Non esiste alcuna condizione supplementare in nessuno di questi due casi. Sarebbe incoerente con tale regime introdurre una simile condizione per il caso in cui lo Stato membro richiedente non rispetti il termine previsto per eseguire una decisione di trasferimento (articolo 29, paragrafi 1 e 2). Infine, come osservato dall’Austria, dalla Repubblica ceca e dalla Svizzera, dal contesto più ampio del sistema di Dublino emerge che nel procedimento tra Stati non esiste alcuna condizione aggiuntiva siffatta. Nulla del genere è riscontrabile nell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento recante modalità di applicazione del regolamento Dublino (40).

51.      Pertanto, ritengo che l’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che, per quanto riguarda gli accordi tra lo Stato membro richiedente e lo Stato membro richiesto in merito al trasferimento, il decorso del termine di sei mesi previsto dall’articolo 29, paragrafo 1, sia sufficiente di per sé a determinare il passaggio allo Stato membro richiedente della competenza ad esaminare la domanda di protezione internazionale dell’interessato.

 Il caso del sig. Shiri

52.      Il caso del sig. Shiri solleva la difficile questione di come si debbano interpretare le norme che disciplinano il diritto del richiedente a un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento Dublino III congiuntamente alle modalità e ai termini per l’esecuzione delle decisioni di trasferimento di cui all’articolo 29.

53.      Il sig. Shiri sostiene che, nel suo caso, il dies a quo del termine di esecuzione della decisione di trasferimento è il 23 marzo 2015, data in cui le autorità bulgare hanno accolto la richiesta di ripresa in carico presentata dai loro omologhi austriaci. Egli afferma che tale termine è scaduto sei mesi dopo, il 23 settembre 2015. Ne conseguirebbe che, a termini dell’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III, egli non potrebbe essere trasferito in Bulgaria: tale Stato membro sarebbe stato liberato dall’obbligo di riprenderlo in carico, in quanto il trasferimento non è stato eseguito entro il termine di sei mesi. In sintesi, il sig. Shiri sostiene che è ormai troppo tardi per attuare la decisione di trasferimento e aggiunge che il Bundesverwaltungsgericht (Corte amministrativa federale) non si è pronunciato sulla sua domanda di sospensione della decisione di trasferimento.

54.      Ritengo che la situazione non sia così semplice come sostiene il sig. Shiri.

55.      Per esaminare le circostanze specifiche del suo caso occorre anzitutto distinguere tra le norme di cui all’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento Dublino III, che disciplinano la sospensione dell’esecuzione delle decisioni di trasferimento, e le disposizioni di cui all’articolo 29 del medesimo regolamento relative alle modalità e ai termini di attuazione di tali decisioni, prima di stabilire come si possano leggere congiuntamente le suddette norme.

56.      L’articolo 27, paragrafo 3, dispone che gli Stati membri devono prevedere la sospensione dell’esecuzione delle decisioni di trasferimento. Essi possono scegliere di: i) conferire all’interessato il diritto di rimanere nello Stato membro interessato in attesa dell’esito del ricorso o della revisione (41), ii) prevedere la sospensione automatica della decisione di trasferimento (42), o iii) garantire che all’interessato sia offerta la possibilità di chiedere all’organo giurisdizionale di sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso o della revisione della medesima (43). L’obiettivo del legislatore per il quale viene consentito alle autorità competenti degli Stati membri di decidere se sospendere l’attuazione di una decisione di trasferimento era di potenziare le garanzie giuridiche per i richiedenti protezione internazionale e consentire loro di difendere meglio i loro diritti (44).

57.      Il testo dell’articolo 27, paragrafi 1 e 3, e gli obiettivi generali di tali disposizioni non si estendono fino a disciplinare l’applicazione dei termini previsti dall’articolo 29 del regolamento Dublino III. Tuttavia, qualora una decisione di trasferimento venga contestata, come nel caso del sig. Shiri, occorre interpretare le due serie di disposizioni in modo coerente con l’impianto normativo. In generale, se un richiedente protezione internazionale impugna una decisione di trasferimento in quanto lo Stato membro interessato non ha rispettato il termine di sei mesi previsto dall’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, ritengo che le norme in questione operino nel modo seguente. Si deve ricordare che l’impugnazione viene presentata dopo l’adozione della decisione con cui è stato determinato lo Stato membro competente secondo i criteri di cui al capo III. Lo Stato membro competente (nel caso del sig. Shiri, la Bulgaria) è tenuto a riprendere in carico il richiedente (45).

58.      Può darsi che, in Austria, le decisioni di trasferimento divengano eseguibili subito dopo l’adozione da parte delle autorità competenti: se sia così è una questione di diritto nazionale.

59.      L’articolo 29, paragrafo 1, dispone che il trasferimento del richiedente dallo Stato membro richiedente (nella fattispecie, l’Austria) verso lo Stato membro competente (nella fattispecie, la Bulgaria) deve avvenire conformemente al diritto nazionale dello Stato membro richiedente non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi a decorrere dall’accettazione della richiesta di un altro Stato membro di prendere o riprendere in carico l’interessato (in prosieguo: la «prima condizione»), o della decisione definitiva su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3 (in prosieguo: la «seconda condizione»). La prima condizione si basa sul presupposto che restano da disciplinare soltanto le modalità pratiche dell’esecuzione del trasferimento e, in particolare, da fissare la data di quest’ultimo (46). La seconda condizione si basa sul presupposto che lo Stato membro interessato dia attuazione alla procedura di sospensione dell’esecuzione delle decisioni di trasferimento di cui all’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento Dublino III.

60.      Aggiungo che l’articolo 29, paragrafo 3, dispone che, se una persona è stata trasferita erroneamente o se la decisione di trasferimento è riformata in appello o in seguito a revisione dopo l’esecuzione del trasferimento, lo Stato membro che ha provveduto al trasferimento la riprende in carico immediatamente. Ovviamente, tale disposizione non è applicabile in caso di sospensione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito di un procedimento giurisdizionale (47). Sebbene la decisione di trasferimento non sia stata sospesa nei confronti del sig. Shiri, di fatto egli è rimasto in Austria. Pertanto, l’articolo 29, paragrafo 3, non è pertinente.

61.      Il caso del sig. Shiri non corrisponde esattamente né alla prima né alla seconda condizione previste dall’articolo 29, paragrafo 1. Tuttavia, per pronunciarsi sul reclamo proposto dal sig. Shiri avverso la decisione di trasferimento del BFA, il giudice del rinvio dovrà affrontare la complessa questione dell’interazione e dell’applicazione delle norme del regolamento Dublino III e delle pertinenti disposizioni di diritto nazionale. Mi permetto di formulare le seguenti osservazioni.

62.      Per quanto riguarda il primo provvedimento del BFA, sebbene l’Austria abbia dato attuazione all’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento Dublino III, nei limiti in cui ha previsto che i richiedenti possano chiedere a un organo giurisdizionale di sospendere l’esecuzione di una decisione di trasferimento, è pacifico che nel caso del sig. Shiri non vi sia stata alcuna decisione del genere. Tuttavia, di fatto gli è stato consentito di rimanere in Austria. Il termine per effettuare il trasferimento stabilito dall’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento Dublino III ha iniziato a decorrere il 23 marzo 2015. Detto termine si è interrotto il 20 luglio 2015 in occasione dell’annullamento del primo provvedimento del BFA. A partire da quella data, non vi è più stata una decisione di trasferimento da eseguire: il giudice nazionale ha rinviato il caso del sig. Shiri al BFA affinché adottasse una nuova decisione (48). La questione se l’annullamento del primo provvedimento del BFA sia una decisione ex nunc (invalida dal 20 luglio 2015, data della sentenza) o ex tunc (nel senso che il primo provvedimento del BFA del 2 luglio 2015 si considera come non adottato) non è disciplinata dal regolamento Dublino III. Si tratta di una questione che spetta esclusivamente al diritto austriaco definire.

63.      Pertanto, dal momento che non sussisteva una decisione di trasferimento a far data (quanto meno) dal 20 luglio 2015, non era soddisfatta né la prima né la seconda condizione di cui all’articolo 29, paragrafo 1. Di conseguenza, la Bulgaria era sollevata, in forza dell’articolo 29, paragrafo 2, dall’obbligo di ripresa in carico del richiedente.

64.      Per quanto riguarda il secondo provvedimento del BFA, adottato prima del 23 settembre 2015 (data di scadenza del termine di sei mesi), il giudice del rinvio afferma che non vi sono state ulteriori comunicazioni da parte delle autorità bulgare. Ciò non è sorprendente, dato che nulla nel regolamento impone alla Bulgaria di confermare la sua accettazione.

65.      Tuttavia, il caso del sig. Shiri non soddisfa comunque i presupposti né della prima né della seconda condizione previste all’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento Dublino III. Tale disposizione non indica quando inizi a decorrere in siffatte circostanze il termine per l’esecuzione di una decisione di trasferimento. Dal tenore letterale di detta disposizione si deduce che il presupposto della prima condizione è che essa trova applicazione quando non siano stati presentati un ricorso né una domanda di revisione ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 1. Pertanto, fatta salva la definizione delle modalità pratiche, la decisione di trasferimento è effettivamente certa (49). Ciò non vale evidentemente nel caso del sig. Shiri, in cui vi sono state serie successive di procedimenti giudiziari e il secondo provvedimento del BFA è attualmente oggetto di impugnazione. Detto provvedimento non è ancora stato oggetto di una pronuncia nel merito. Pertanto, il caso del sig. Shiri non soddisfa la suddetta condizione.

66.      Il sig. Shiri ha proposto reclamo contro il secondo provvedimento del BFA. Non sussiste effetto sospensivo de iure in quanto i giudici nazionali non si sono pronunciati sulla sua domanda presentata in forza delle norme nazionali di attuazione dell’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento Dublino III. Pertanto, nel caso del sig. Shiri non ricorrono nemmeno i presupposti della seconda condizione di cui all’articolo 29, paragrafo 1 (50). Ciò potrebbe essere dovuto semplicemente al fatto che, secondo il diritto austriaco, la mera proposizione di un reclamo contro una decisione di trasferimento è sufficiente a garantire che l’interessato non venga trasferito in un altro Stato membro; oppure potrebbe vigere in Austria una prassi generale in base alla quale gli organi giurisdizionali non si pronunciano sulle domande di effetto sospensivo (come sostenuto dal sig. Shiri). Il caso del sig. Shiri rivela che potrebbe esistere una lacuna nella normativa applicata in Austria(51).

67.      A mio parere, l’articolo 29, paragrafo 1, prevede che il termine per effettuare il trasferimento inizia a decorrere nel momento in cui la realizzazione futura del trasferimento è, in linea di massima, convenuta e assicurata e restano da disciplinare soltanto le modalità pratiche dell’esecuzione di quest’ultimo (52). Ciò vale a fortiori quando il giudice nazionale adito con un reclamo contro la decisione di trasferimento non si sia ancora pronunciato nel merito e il procedimento sia stato sospeso a motivo di un rinvio pregiudiziale alla Corte. L’attuazione della decisione di trasferimento non può essere certa fino a quando tale procedimento non si sia concluso.

68.      Pertanto, concludo che, nella specifica situazione del sig. Shiri, il termine per eseguire il trasferimento può iniziare a decorrere solo nel momento in cui la realizzazione futura del trasferimento è, in linea di massima, convenuta e assicurata e restano da disciplinare soltanto le modalità pratiche dell’esecuzione di quest’ultimo. Spetta alle autorità nazionali competenti definire dette modalità conformemente al diritto nazionale dello Stato membro richiedente. Siffatto trasferimento del richiedente protezione internazionale dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro richiesto deve essere effettuato il prima possibile e non oltre sei mesi dopo il passaggio in giudicato della decisione sul merito del ricorso o della domanda di revisione avverso la decisione di trasferimento.

 Conclusione

69.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo che la Corte risponda come segue alle questioni sollevate dal Verwaltungsgerichthof (Corte suprema amministrativa, Austria):

–        Ai sensi dell’articolo 27, paragrafo, 1, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, il richiedente protezione internazionale può, in linea di principio, impugnare una decisione di trasferimento in ragione del fatto che lo Stato membro richiedente non ha eseguito tale decisione entro il termine di sei mesi previsto dall’articolo 29, paragrafo 1, di detto regolamento.

–        Conformemente all’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento n. 604/2013 il decorso del termine di sei mesi previsto dall’articolo 29, paragrafo 1, del medesimo regolamento è sufficiente di per sé a determinare la competenza dello Stato membro richiedente ad esaminare la domanda di protezione internazionale dell’interessato.


1 –      Lingua originale: l’inglese.


2 –      Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31) (in prosieguo: il «regolamento Dublino III»). V. infra, paragrafo 29 per casi precedenti e nota 12 per tre procedimenti in corso riguardanti tale regolamento.


3 –      Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (GU 2010, C 83, pag. 389; in prosieguo: la «Carta»).


4 –      Il regolamento Dublino III è applicabile alla Svizzera in virtù dell’accordo (e del relativo protocollo) con la Confederazione svizzera e il Principato del Liechtenstein, entrato in vigore il 1o marzo 2008 (GU 2008, L 53, pag. 5). Detto accordo è stato approvato con decisione 2008/147/CE del Consiglio, del 28 gennaio 2008 (GU 2008, L 53, pag. 3), e decisione 2009/487/CE del Consiglio, del 24 ottobre 2008 (GU 2009, L 161, pag. 6). Il sistema di Dublino è applicabile in Islanda e Norvegia in virtù di accordi bilaterali con l’Unione europea approvati con decisione 2001/258/CE del Consiglio, del 15 marzo 2001 (GU 2001, L 93, pag. 38). V. anche paragrafo 23 e nota 32 delle mie conclusioni nelle cause riunite A.S. e Jafari, C‑490/16 e C‑646/16, EU:C:2017:443.


5 –      L’articolo 3, paragrafo 2, secondo comma, prevede una deroga al principio generale stabilito dall’articolo 3, paragrafo 1, qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’articolo 4 della Carta.


6 –      Gli obblighi di cui all’articolo 18, paragrafo 1, vengono meno se lo Stato membro competente può stabilire che l’interessato si è allontanato dal territorio dell’Unione per almeno tre mesi (articolo 19, paragrafo 2).


7 –      Quando la richiesta di ripresa in carico è basata su dati ottenuti dal sistema Eurodac, tale termine è ridotto a due settimane.


8 –      Regolamento di esecuzione (UE) n. 118/2014 della Commissione, del 30 gennaio 2014, che modifica il regolamento (CE) n. 1560/2003 recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003 (GU 2014, L 39, pag. 1) (i due regolamenti di esecuzione della Commissione sono congiuntamente indicati in prosieguo come «il regolamento recante modalità di applicazione del regolamento Dublino»).


9 –      Firmata a Roma il 4 novembre 1950.


10 –      In base al mio esame del fascicolo nazionale, posso confermare che il ricorso è stato firmato in tale data dai legali del sig. Shiri, sebbene risulti che esso è stato depositato il 6 ottobre 2015.


11 –      L’ordinanza di rinvio non indica chiaramente se l’Austria abbia scelto di dare attuazione all’obbligo di provvedere affinché il richiedente sia tutelato in attesa dell’esito del reclamo proposto contro la decisione di trasferimento introducendo misure ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, lettere b) o c), del regolamento Dublino III. Al punto 9 della sua ordinanza, il giudice del rinvio afferma che l’Austria ha dato attuazione all’articolo 27, paragrafo 3, lettera b) (che prevede la sospensione automatica del trasferimento). Tuttavia, detto giudice indica poi che un reclamo «(…) proposto contro una decisione di trasferimento non avrebbe quindi automaticamente effetto sospensivo; sarebbe invece il Bundesverwaltungsgericht a dover decidere sulla concessione dell’effetto sospensivo dopo un esame attento e rigoroso». Tale descrizione corrisponde al testo dell’articolo 27, paragrafo 3, lettera c), e sembra indicare che l’Austria ha optato per tale soluzione. V. anche infra, paragrafi da 52 a 68.


12 –      V. le mie conclusioni nelle cause A.S. e Jafari, C‑490/16 e C‑646/16, EU:C:2017:443, Mengesteab, C‑670/16, EU:C:2017:480, ancora pendente, e, altresì, e nella causa Hasan, C‑360/16, ancora pendente.


13 –      V. paragrafi da 244 a 247 delle mie conclusioni nelle cause riunite A.S. e Jafari, C‑490/16 e C‑646/16, EU:C:2017:443, e paragrafi da 77 a 110 delle mie conclusioni nella causa Mengesteab, C‑670/16, EU:C:2017:480.


14 –      Per una descrizione più dettagliata, v. le mie recenti conclusioni nella causa Mengesteab, C‑670/16, EU:C:2017:480, paragrafo 79.


15 –      Sentenza del 10 dicembre 2013, C‑394/12, EU:C:2013:813.


16 –      Regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo (GU 2003, L 50, pag. 1) (in prosieguo: il «regolamento Dublino II»); tale regolamento è stato a sua volta abrogato e sostituito dal regolamento Dublino III. La causa Abdullahi verteva sull’interpretazione dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento Dublino II, che prevedeva il diritto di presentare ricorso o domanda di revisione avverso la decisione di trasferimento nel caso in cui lo Stato membro richiesto accettasse di prendere in carico il richiedente protezione internazionale conformemente a detto regolamento.


17 –      Sentenza del 7 giugno 2016, C‑63/15, EU:C:2016:409.


18 –      Sentenza del 7 giugno 2016, C‑155/15, EU:C:2016:410.


19 –      Sentenza del 10 dicembre 2013, C‑394/12, EU:C:2013:813, punto 62.


20 –      Sentenza del 10 dicembre 2013, C‑394/12, EU:C:2013:813.


21 –      Sentenza del 7 giugno 2016, C‑63/15, EU:C:2016:409, rispettivamente punti 36, 37 e 38.


22 –      Tali criteri concernenti il rilascio dei visti sono enunciati all’articolo 12, paragrafi 1 e 4, del regolamento Dublino III.


23 –      L’articolo 19 del regolamento Dublino III stabilisce le norme applicabili nel caso in cui uno Stato membro rilasci un titolo di soggiorno a un richiedente e assuma così la competenza ad esaminarne la domanda di protezione internazionale (articolo 19, paragrafo 1). Tale competenza cessa se lo Stato membro in tal modo designato può stabilire che l’interessato si è allontanato dal territorio degli Stati membri per almeno tre mesi, sempre che l’interessato non sia titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità rilasciato dallo Stato membro competente (articolo 19, paragrafo 2).


24 –      Sentenza del 7 giugno 2016, Karim, C‑155/15, EU:C:2016:410, punto 23.


25 –      V. infra, paragrafo 57.


26 –      Sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash, C‑63/15, EU:C:2016:409, punti da 40 a 44.


27 –      Sentenza del 7 giugno 2016, Ghezelbash, C‑63/15, EU:C:2016:409, punti da 45 a 52. V. anche proposta della Commissione di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, del 3 dicembre 2008 [COM(2008) 820 definitivo], pagg. 6 e 7.


28 –      Considerando 32.


29 –      Considerando 39.


30 –      V. paragrafo 104 e nota 97 delle mie conclusioni nella causa Mengesteab, C‑670/16, EU:C:2017:480.


31 –      Nel caso del sig. Shiri, le regole che determinano lo Stato membro competente sono contenute nell’articolo 29 del regolamento Dublino III. Non è in discussione l’applicabilità dei criteri di cui al capo III: v. supra, paragrafo 34.


32 –      A mio avviso, la nozione di «forum shopping» si riferisce agli abusi delle procedure di asilo in forma di domande multiple presentate da uno stesso richiedente in diversi Stati membri all’unico scopo di prolungare il soggiorno negli Stati membri, v. COM(2008) 820 definitivo del 3 dicembre 2008, pag. 4. Detta espressione viene utilizzata anche in senso più ampio per indicare i cittadini di paesi terzi che desiderino presentare la loro domanda di protezione internazionale in un determinato Stato membro. Tuttavia, nelle presenti conclusioni non utilizzo l’espressione «forum shopping» in tal senso. Come ho rilevato al paragrafo 69 e alla nota 66 delle mie conclusioni nella causa Mengesteab (C‑670/16, EU:C:2017:480), quest’ultimo utilizzo dell’espressione «forum shopping» è stato contestato in quanto fuorviante e inappropriato, v. «The reform of the Dublin III Regulation», (studio per la commissione LIBE per il quale è stato conferito l’incarico dal Dipartimento tematico Diritti dei cittadini e affari costituzionali del Parlamento europeo), pag. 21.


33 –      Articoli da 23 a 25 del regolamento Dublino III.


34 –      Considerando 5 del regolamento Dublino III.


35 –      Sentenza del 29 gennaio 2009, Petrosian e a., C‑19/08, EU:C:2009:41, punti 40 e 41.


36 –      V. anche paragrafi da 96 a 98 delle mie conclusioni nella causa Mengesteab, C‑670/16, EU:C:2017:480.


37 –      V. anche paragrafi da 248 a 257 delle mie conclusioni nelle cause A.S. e Jafari, C‑490/16 e C‑646/16, EU:C:2017:443.


38 –      Mentre il testo dell’articolo 9, paragrafo 2, del regolamento recante modalità di applicazione del regolamento Dublino (v. supra al paragrafo 13) induce a considerare che il termine può essere prorogato purché lo Stato membro richiedente informi debitamente lo Stato membro richiesto che non può eseguire il trasferimento entro sei mesi, tale possibilità è espressamente limitata alle particolari circostanze enunciate all’articolo 29, paragrafo 2, del regolamento Dublino III. Se lo Stato membro richiedente non provvede in tal senso, ricade sullo stesso la competenza, ai sensi della normale regola dei sei mesi, a esaminare la domanda nel merito.


39 –      V. supra, paragrafo 40.


40 –      V. supra, nota 38.


41 –      Articolo 27, paragrafo 3, lettera a), del regolamento Dublino III.


42 –      Articolo 27, paragrafo 3, lettera b), del regolamento Dublino III.


43 –      Articolo 27, paragrafo 3, lettera c), del regolamento Dublino III; v. anche supra, paragrafo 20 e nota 11.


44 –      COM(2008) 820 definitivo del 3 dicembre 2008, pag. 7.


45 –      In applicazione dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), la Bulgaria (lo Stato membro richiesto) è tenuta a riprendere in carico il sig. Shiri alle condizioni previste dagli articoli 23, 24, 25 e 29 del regolamento Dublino III.


46 –      Sentenza del 29 gennaio 2009, Petrosian e a., C‑19/08, EU:C:2009:41.


47 –      Sebbene sia indubbiamente opportuno che una disposizione consenta alle autorità competenti di correggere gli errori, ritengo che l’articolo 29, paragrafo 3, debba essere utilizzato come eccezione, anziché come regola, dal momento che non sarebbe coerente con l’obiettivo che i trasferimenti avvengano nel pieno rispetto dei diritti dell’uomo e della dignità umana (v. considerando 24 e articolo 29, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento Dublino III) permettere che, di norma, i richiedenti siano ripetutamente trasferiti fra Stati membri.


48 –      V. supra, paragrafo 16.


49 –      V. supra, paragrafo 59.


50 –      Pur in assenza di una decisione giurisdizionale ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, lettera c), del regolamento Dublino III, di fatto è stato consentito al sig. Shiri di rimanere in Austria.


51 –      Spetta alla Commissione valutare se esista una prassi in una certa misura costante e generale e se occorra proporre un ricorso per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE: v., per analogia, sentenza del 26 aprile 2005, Commissione/Irlanda, C‑494/01, EU:C:2005:250, punto 28; v. anche conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed nella causa Commissione/Irlanda, C‑494/01, EU:C:2004:546, paragrafo 48.


52 –      Sentenza del 29 gennaio 2009, Petrosian e a., C‑19/08, EU:C:2009:41, punto 45.