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Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

29 luglio 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Concorrenza – Intese – Lesione della concorrenza – Divieto delle intese – Articolo 101 TFUE – Accordi fra imprese – Restrizione della concorrenza per oggetto – Scambi di informazioni tra enti di credito – Informazioni sulle condizioni commerciali e sui valori di produzione – Informazioni strategiche»

Nella causa C‑298/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal da Concorrência, Regulação e Supervisão (Tribunale della concorrenza, regolamentazione e vigilanza, Portogallo), con decisione del 3 maggio 2022, pervenuta in cancelleria il 4 maggio 2022, nel procedimento

Banco BPN / BIC Português SA,

Banco Bilbao Vizcaya Argentaria SA, succursale in Portogallo,

Banco Português de Investimento SA (BPI),

Banco Espírito Santo SA, in liquidazione,

Banco Santander Totta SA,

Barclays Bank plc,

Caixa Económica Montepio Geral – Caixa Económica Bancária SA,

Caixa Geral de Depósitos SA,

Unión de Créditos Inmobiliários SA, Establecimiento Financiero de Crédito, Sucursal em Portugal,

Caixa Central de Crédito Agrícola Mútuo CRL,

Banco Comercial Português SA

contro

Autoridade da Concorrência,

con l’intervento di:

Ministério Público,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan (relatore), presidente di sezione, Z. Csehi e I. Jarukaitis, giudici,

avvocato generale: A. Rantos

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 giugno 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Banco BPN/BIC Português SA, da C. Amorim, M. Gorjão-Henriques, F. Marques de Azevedo e A. Saavedra, advogados;

–        per la Banco Português de Investimento SA (BPI), da M. de Abreu Castelo Branco, A. Lucena e Vale e C. Pinto Correia, advogados;

–        per la Banco Santander Totta SA, da T.-L. Faria, M. Lopes Martins, G. Neves Lima e N. Salazar Casanova, advogados;

–        per la Barclays Bank Plc, da S. Estima Martins e L. Seifert Guincho, advogados;

–        per la Caixa Económica Montepio Geral – Caixa Económica Bancária SA, da D.N. Brito, P. Gouveia e Melo e J. Vieira Peres, advogados;

–        per la Caixa Geral de Depósitos SA, da G. Banha Coelho, C. Homem Ferreira Morais, L.D. Silva Morais e L. Tomé Feteira, advogados;

–        per la Unión de Créditos Inmobiliários SA, Establecimiento Financiero de Crédito, Sucursal em Portugal, da T.L. Faria, M. Lopes Martins e G. Neves Lima, advogados;

–        per la Caixa Central de Crédito Agrícola Mútuo CRL, da C. Coutinho da Costa e N. Mimoso Ruiz, advogados;

–        per la Banco Comercial Português SA, da R. Bordalo Junqueiro, N. Carrolo dos Santos e B. de Melo Alves, advogados;

–        per la Autoridade da Concorrência, da A. Cruz Nogueira e S. Parodi, advogadas;

–        per il Ministério Público, da P. Vieira, procurador;

–        per il governo portoghese, da P. Barros da Costa, C. Chambel Alves e S. Ramos Moura, in qualità di agenti;

–        per il governo ellenico, da K. Boskovits, in qualità di agente;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Caselli, avvocato dello Stato;

–        per il governo ungherese, da M.Z. Fehér e R. Kissné Berta, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da S. Baches Opi, P. Caro de Sousa e M. Domecq, in qualità di agenti;

–        per l’Autorità di vigilanza EFTA, da M.-M. Joséphidès, M.M. Sánchez Rydelski e C. Simpson, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 ottobre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 101, paragrafi 1 e 3, TFUE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra diversi enti creditizi e l’Autoridade da Concorrência (Autorità garante della concorrenza, Portogallo) (in prosieguo: l’«AdC»), in merito alla decisione di quest’ultima di infliggere a tali istituti un’ammenda per un’infrazione alle disposizioni nazionali del diritto della concorrenza e all’articolo 101 TFUE, costituita dalla loro partecipazione a una pratica concordata avente ad oggetto la restrizione della concorrenza sul mercato del credito immobiliare, sul mercato del credito al consumo e sul mercato del credito alle imprese, sotto forma di scambio di informazioni sulle condizioni attuali e future applicabili alle operazioni, segnatamente gli spread e le variabili di rischio, nonché sulle cifre di produzione personalizzate dei partecipanti a tale scambio.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        L’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), è rubricato «Rapporto fra gli articoli [101 e 102 TFUE] e le legislazioni nazionali in materia di concorrenza» e dispone, al suo paragrafo 1:

«Quando le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o le giurisdizioni nazionali applicano la legislazione nazionale in materia di concorrenza ad accordi, decisioni di associazioni di imprese o pratiche concordate ai sensi dell’articolo [101], paragrafo 1, [TFUE] che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri ai sensi di detta disposizione, esse applicano anche l’articolo [101 TFUE] a siffatti accordi, decisioni o pratiche concordate. (...)».

 Diritto portoghese

4        L’avviso n. 8/2009 del Banco de Portugal è stato pubblicato il 12 ottobre 2009 (Diário da República, 2a serie, n. 197, Parte E).

5        L’articolo 3, paragrafo 1, di tale avviso, intitolato «Listino prezzi», così recita:

«Gli enti creditizi devono disporre di un listino prezzi completo che contenga le condizioni generali, aventi effetti patrimoniali, per l’esecuzione delle transazioni e relative ai prodotti e servizi finanziari commercializzati al pubblico».

6        L’articolo 4 di detto avviso, intitolato «Obbligo di fornire informazioni sulla divulgazione del listino prezzi», ai paragrafi 1 e 2 precisa quanto segue:

«1.      Gli enti creditizi coperti da questo atto devono tenere i loro listini prezzi, organizzati in conformità all’articolo precedente, in tutte le filiali e i luoghi in cui servono il pubblico, in un luogo visibile e direttamente accessibile, in modo da consentire una consultazione facile e diretta, in particolare per via elettronica.

2      Tutti gli enti creditizi con un sito web devono rendere disponibile il listino prezzi completo e aggiornato sul loro sito web in un luogo ben visibile, con accesso diretto e in modo facilmente identificabile, senza la necessità di una registrazione preventiva da parte degli interessati».

7        L’articolo 7 dell’avviso n. 8/2009, intitolato «Opuscolo sui tassi di interesse», al paragrafo 1 afferma quanto segue:

«Le informazioni contenute nell’opuscolo sui tassi di interesse saranno aggiornate in base alle condizioni del mercato e consentiranno al pubblico, in particolare, di conoscere i tassi rappresentativi applicati dagli enti creditizi nelle operazioni che essi effettuano abitualmente, alle condizioni che saranno definite da un’Istruzione del Banco de Portugal».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

8        Il 9 settembre 2019, l’AdC ha adottato una decisione con la quale ha inflitto un’ammenda a taluni enti creditizi (in prosieguo: gli «enti creditizi partecipanti») per aver partecipato ad uno scambio di informazioni «autonomo», vale a dire ad uno scambio di cui non è stato fatto valere che fosse accessorio di una pratica concordata restrittiva della concorrenza. Tale scambio riguardava le condizioni applicabili alle loro operazioni di credito, in particolare gli spread e le variabili di rischio, attuali e future, nonché le cifre di produzione individualizzate dei partecipanti a tale scambio in violazione dell’articolo 101 TFUE e di diverse disposizioni del diritto nazionale.

9        Per giungere a questa conclusione, tale autorità ha considerato che lo scambio di informazioni in questione costituiva una restrizione della concorrenza per oggetto, il che la dispensava dall’accertarne gli eventuali effetti sul mercato. Per contro, l’AdC non ha sostenuto che gli enti creditizi partecipanti avessero partecipato ad un’altra forma di pratica restrittiva della concorrenza alla quale lo scambio di informazioni sarebbe stato o avrebbe potuto essere collegato, come, ad esempio, un accordo sui prezzi o sulla ripartizione dei mercati.

10      La maggior parte degli enti creditizi partecipanti ha proposto ricorso avverso tale decisione dinanzi al Tribunal da Concorrência, Regulação e Supervisão (Tribunale della concorrenza, della regolamentazione e della vigilanza, Portogallo), che è il giudice del rinvio, con la motivazione che lo scambio di informazioni di cui trattasi non potrebbe essere considerato, di per sé, sufficientemente dannoso per la concorrenza. L’esame dei suoi effetti sarebbe quindi necessario. Inoltre, l’AdC non avrebbe tenuto conto del contesto economico, giuridico e normativo che caratterizza detto scambio al momento della sua attuazione, mentre ciò sarebbe stato necessario prima di poter concludere nel senso dell’esistenza di una restrizione per oggetto.

11      Il 28 aprile 2022 il giudice del rinvio ha emesso una sentenza interlocutoria nella quale ha indicato i fatti, tra quelli contenuti nella decisione della AdC, che dovevano essere considerati accertati.

12      Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio ha riassunto detta sentenza interlocutoria scindendo la descrizione di quest’ultima in cinque parti rispettivamente dedicate alla natura delle informazioni scambiate, alla forma del coordinamento, all’obiettivo perseguito da quest’ultima, al contesto giuridico ed economico nonché all’asserita esistenza di effetti favorevoli alla concorrenza.

13      In primo luogo, le informazioni scambiate avrebbero riguardato il mercato del credito immobiliare, il mercato del credito al consumo e il mercato del credito alle imprese. In merito a tali mercati sarebbero stati scambiati due tipi di informazioni, vale a dire:

–        le «condizioni» commerciali attuali e future, ossia le griglie degli «spread», vale a dire la differenza tra il tasso applicato a un mutuatario dall’ente creditizio e il tasso al quale, in linea di principio, quest’ultimo si rifinanzia, nonché le variabili di rischio con le quali, per ciascun livello di rischio «cliente», determinato in funzione di fattori quali i redditi, l’apporto finanziario o il costo del bene immobile del cliente interessato, è collegato un differenziale di tasso di credito da applicare al fine di compensare tale rischio. Tenuto conto del livello di completezza e sistematizzazione delle informazioni scambiate, tali informazioni non erano di dominio pubblico al momento dello scambio;

–        i «volumi di produzione», ossia le cifre personalizzate, per ente creditizio partecipante, dell’importo dei prestiti concessi nel corso del mese precedente. Tali dati erano comunicati in modo «disaggregato», vale a dire, come minimo, suddivisi in sottocategorie dettagliate, e non erano disponibili in questa forma a partire da un’altra fonte, né al momento dello scambio né successivamente.

14      La sintesi della sentenza interlocutoria precisa altresì che gli scambi di informazioni di cui trattasi sono stati regolari e organizzati in modo riservato, cosicché solo gli enti creditizi partecipanti ne erano a conoscenza. Inoltre, detti scambi avrebbero avuto ad oggetto informazioni strategiche di natura riservata o di difficile accesso o sistematizzazione. Infatti, le informazioni scambiate erano distinte dalle informazioni fornite ai consumatori dagli enti creditizi partecipanti, conformemente agli obblighi di informazione gravanti su di essi al riguardo. Peraltro, tali informazioni sono state scambiate in modo disaggregato e individualizzato da tali enti e vertevano su comportamenti attuali o futuri. Esse facevano riferimento, in particolare, alle intenzioni di cambiamento di comportamento strategico nel prossimo futuro o alle condizioni commerciali in vigore.

15      In secondo luogo, per quanto riguarda la durata e la forma di tale scambio di informazioni, il giudice del rinvio indica che quest’ultimo ha avuto luogo dal mese di maggio 2002 al mese di marzo 2013 e si è manifestato attraverso contatti bilaterali o multilaterali, effettuati mediante comunicazioni telefoniche o messaggi di posta elettronica, con piena cognizione della gerarchia degli enti creditizi partecipanti.

16      In terzo luogo, dato che lo scambio di informazioni consentiva a ciascuno degli enti creditizi partecipanti di ottenere dati dettagliati, sistematici, aggiornati e precisi sulle offerte dei loro concorrenti, anch’essi partecipanti, il giudice del rinvio ne deduce che tale scambio aveva lo scopo di ridurre l’incertezza legata al comportamento strategico degli uni e degli altri e quindi il rischio di pressione commerciale da parte di tali concorrenti.

17      In quarto luogo, per quanto riguarda il contesto giuridico ed economico di detto scambio, i sei maggiori enti creditizi in Portogallo hanno tutti partecipato allo scambio di informazioni. Orbene, tali enti gestivano, nel 2013, l’83% di tutti gli attivi bancari dell’intero settore bancario portoghese.

18      A partire dalla seconda metà del 2008, in senso contrario all’evoluzione dell’Euribor, vale a dire l’indice che riflette i tassi di interesse interbancari nella zona euro, il quale aveva registrato all’epoca un forte ribasso, gli spread applicati dalle istituzioni finanziarie portoghesi alle nuove operazioni di prestito immobiliare avrebbero registrato un aumento significativo, il che avrebbe attenuato la riduzione dei tassi d’interesse per i clienti finali. Per contro, almeno tra il 2010 e il 2014 il volume dei crediti ipotecari concessi ai privati è diminuito. In parallelo, durante gli anni 2010 e 2011, il tasso d’interesse di credito al consumo tornava ad aumentare, di pari passo con il forte e sostenuto aumento degli spread, venendo a superare, all’inizio del 2012, il valore più alto raggiunto nel 2008. Nel 2012 questi tassi hanno iniziato a calare, riflettendo una stabilizzazione degli spread e il calo dell’Euribor. Gli spread applicati dagli enti creditizi partecipanti sono tuttavia tornati a livelli più elevati rispetto ai periodi precedenti al 2012.

19      In quinto luogo, per quanto riguarda l’esistenza di effetti potenzialmente favorevoli alla concorrenza o quantomeno ambivalenti, gli enti creditizi partecipanti non sarebbero riusciti a dimostrare né l’esistenza di incrementi di efficienza generati dallo scambio di informazioni, né che tali incrementi di efficienza avrebbero avvantaggiato i consumatori, né che le restrizioni della concorrenza in questione erano indispensabili. In particolare, tale scambio non avrebbe potuto essere assimilato ad un’analisi concorrenziale (benchmarking) e il contenuto delle informazioni concretamente scambiate non sarebbe stato idoneo a prevenire o a risolvere il problema consistente in un’asimmetria informativa nella relazione tra il mutuante e il mutuatario (problema di selezione avversaria), in quanto non avrebbe riguardato il profilo di rischio individuale dei clienti, ma si sarebbe concentrato piuttosto sugli spread e sui volumi di produzione di credito senza disaggregazione per impresa, né connessione per cliente individuale.

20      Sebbene il giudice del rinvio indichi che, alla luce di quanto precede, lo scambio di informazioni di cui trattasi è idoneo a contribuire a ridurre la pressione commerciale e l’incertezza legata al comportamento strategico dei concorrenti sul mercato, il che potrebbe sfociare in un coordinamento informale restrittivo della concorrenza, esso ritiene necessario interrogare la Corte sulle condizioni di applicazione dell’articolo 101 TFUE, a causa dell’assenza di precedenti riguardanti gli scambi di informazioni autonomi e informali.

21      È in tale contesto che il Tribunal da Concorrência, Regulação e Supervisão (Tribunale per la concorrenza, la regolamentazione e la vigilanza) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 101 TFUE (...) osti alla qualificazione di “restrizione della concorrenza per oggetto” di uno scambio, tra soggetti concorrenti, di informazioni sulle condizioni commerciali (ad esempio, spread e variabili di rischio, attuali e future) e sui risultati di produzione (mensili, individualizzati e disaggregati), con ambito di applicazione ampio e frequenza mensile, nel quadro dell’offerta di prestiti immobiliari, a imprese e al consumo, trasmessi in modo regolare e su base di reciprocità, nel settore dei prodotti bancari al dettaglio, nell’ambito di un mercato concentrato e con barriere all’entrata, che, in questo modo, ha artificialmente incrementato la trasparenza e ridotto l’incertezza associata a un comportamento strategico dei soggetti concorrenti.

2)      In caso affermativo, se la medesima normativa osti alla summenzionata qualificazione nel caso in cui non si sono accertati, né si è cercato di individuare efficienze, effetti ambivalenti o favorevoli alla concorrenza risultanti da tale scambio d’informazioni».

 Procedimento dinanzi alla Corte

22      Il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di sottoporre la presente causa a un procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

23      A sostegno del ricorso, essa ha sostenuto che, da un lato, «[s]econdo una valutazione preliminare relativa allo scadere del termine di prescrizione, i fatti oggetto della presente causa si prescriveranno il 30 marzo 2023, fatte salve le cause di sospensione e interruzione, da valutare in concreto». D'altra parte, «ragioni di prevenzione generale e speciale contribuiscono alla necessità di ottenere una rapida soluzione del caso», poiché i fatti sono avvenuti tra il 2002 e il 2013.

24      A tale proposito, dall'articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura risulta che, su richiesta del giudice del rinvio o, eccezionalmente, d'ufficio, il presidente della Corte può, qualora la natura della causa richieda una trattazione in tempi brevi, sentiti il giudice relatore e l'avvocato generale, decidere di sottoporre il rinvio pregiudiziale a un procedimento accelerato in deroga alle disposizioni di tale regolamento di procedura.

25      Il 14 giugno 2022, il Presidente della Corte di giustizia ha deciso, dopo aver sentito il giudice relatore e l'avvocato generale, di respingere la richiesta del giudice del rinvio di sottoporre la presente causa a un procedimento accelerato.

26      Tale decisione si basava sul fatto che, in primo luogo, secondo lo stesso giudice del rinvio, la fissazione del termine di prescrizione al 30 marzo 2023 «non pregiudicava le cause di sospensione e interruzione, da valutare in concreto». Tuttavia, il giudice del rinvio ha anche dichiarato di ritenere che, ai sensi della normativa nazionale applicabile, «il presente rinvio, comportando una sospensione del procedimento, costituisce una causa di sospensione del termine di prescrizione in corso».

27      In secondo luogo, il fatto che, sebbene la causa nel procedimento principale sia stata sottoposta al giudice del rinvio dal 22 ottobre 2019, quest'ultimo abbia scelto di adire la Corte solo il 4 maggio 2022 relativizza l'urgenza della controversia. (v., per analogia, sentenza dell’11 novembre 2021, Energieversorgungscenter Dresden-Wilschdorf, C‑938/19, EU:C:2021:908, punto 44).

28      Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte emerge che il semplice fatto che il giudice del rinvio sia tenuto a garantire la rapida definizione della causa di cui è investito, per qualsiasi motivo, non è di per sé sufficiente a giustificare il ricorso a un procedimento accelerato ai sensi dell'articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura (ordinanza del presidente della Corte del 1  febbraio 2017, Air Serbia e Kondić, C‑476/16, EU:C:2017:170, punto 8).

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

29      Le ricorrenti nel procedimento principale, vale a dire gli enti creditizi partecipanti, hanno dedicato una parte significativa delle loro osservazioni scritte a contestare la descrizione, effettuata dal giudice del rinvio, dei fatti in discussione nel procedimento principale, arrivando a sostenere che la Corte sarebbe tenuta a modificare l’ipotesi di fatto descritta da tale giudice al fine di fornirgli una risposta utile.

30      Orbene, va ricordato che risulta da costante giurisprudenza della Corte che, nel contesto della procedura ai sensi dell’articolo 267 TFUE, che si basa su una chiara separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, spetta al giudice nazionale, piuttosto che alla Corte, stabilire i fatti che hanno dato origine alla controversia nel procedimento principale (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, Consorzio Italian Management e Catania Multiservizi, C‑561/19, EU:C:2021:799, punto 35).

31      Ne consegue che la Corte, potendosi pronunciare unicamente sull’interpretazione o sulla validità del diritto dell’Unione, non può verificare l’esattezza del quadro fattuale esposto da detto giudice né statuire sulla fondatezza delle affermazioni di alcune delle parti che contestano la pertinenza dell’ipotesi di fatto descritta dal giudice del rinvio nella sua domanda.

32      Ciò premesso, come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 20 delle sue conclusioni, l’interpretazione che la Corte è chiamata a dare di una disposizione del diritto dell’Unione nel contesto di fatto descritto dal giudice del rinvio non comporta alcuna presunzione che tale ipotesi sia effettivamente quella della situazione di cui al procedimento principale. Pertanto, spetta sempre in ultima analisi al giudice del rinvio verificare che gli elementi di fatto da esso trasmessi alla Corte corrispondano effettivamente a tale situazione e che quelli relativi alla normativa nazionale fossero completi e effettivamente applicabili a detta situazione.

33      Tale conclusione non può essere messa in discussione dall’obbligo dei giudici nazionali, a cui fanno riferimento le ricorrenti nel procedimento principale, di fornire una descrizione precisa del contesto fattuale in cui si inseriscono le questioni pregiudiziali, in particolare nel settore della concorrenza, caratterizzato da situazioni fattuali e giuridiche complesse (sentenza del 3 marzo 2021, Poste Italiane e Agenzia delle entrate – Riscossione, C‑434/19 e C‑435/19, EU:C:2021:162, punto 77).

34      Infatti, sebbene detto obbligo sia inteso a permettere alla Corte di assicurarsi che la domanda pregiudiziale non sia irricevibile, resta il fatto che, secondo costante giurisprudenza, affinché una siffatta domanda sia irricevibile, l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non deve avere alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della causa principale, il problema deve essere di natura ipotetica o la Corte non deve disporre degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 19 aprile 2007, Asemfo, C‑295/05, EU:C:2007:227, punto 31), il che non si verifica nel presente procedimento.

35      Dato che il controllo della ricevibilità delle domande di pronuncia pregiudiziale è quindi limitato all’inosservanza manifesta dei requisiti menzionati al punto precedente della presente sentenza, non si può dedurre dall’obbligo gravante sui giudici nazionali di descrivere in modo preciso il contesto di fatto in cui si inseriscono le questioni pregiudiziali, che la Corte ha l’obbligo di verificare che l’ipotesi descritta dal giudice del rinvio corrisponda effettivamente alla situazione di cui al procedimento principale. Inoltre, nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte non risulta in modo manifesto che tali requisiti non siano stati rispettati.

36      Di conseguenza, non occorre pronunciarsi sulle critiche formulate dalle ricorrenti nel procedimento principale sulla pertinenza dell’ipotesi di fatto considerata dal giudice del rinvio nelle sue questioni, né sulle domande di riformulazione delle questioni pregiudiziali presentate da queste ultime, in occasione delle quali esse invitavano la Corte a modificare tale ipotesi di fatto.

 Sulla prima questione

37      In via preliminare, si deve rilevare che dalla domanda di pronuncia pregiudiziale nonché dalle osservazioni delle ricorrenti nel procedimento principale risulta che la controversia di cui trattasi nel procedimento principale verte principalmente sulla qualificazione giuridica della restrizione della concorrenza «per oggetto».

38      Si deve pertanto ritenere che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE debba essere interpretato nel senso che un ampio scambio di informazioni reciproche e mensili tra enti creditizi concorrenti, avvenuto in mercati che presentano una forte concentrazione, nonché barriere all’ingresso, e che verte sulle condizioni applicabili alle operazioni realizzate in tali mercati, in particolare gli spread e le variabili di rischio, attuali e future, nonché le cifre di produzione individualizzate dei partecipanti a tale scambio, debba essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto.

 Sulle condizioni alle quali un accordo tra imprese, una decisione di associazione o una pratica concordata possono essere qualificati come restrizione per oggetto

39      L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, dichiara incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza nell’ambito del mercato interno.

40      Di conseguenza, per poter considerare, in un determinato caso, che un accordo, una decisione di un’associazione di imprese o una pratica concordata rientra nel divieto enunciato all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, è necessario, conformemente ai termini stessi di detta disposizione, dimostrare che detto comportamento ha per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, o che detto comportamento ha un siffatto effetto (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2023, International Skating Union/Commissione, C‑124/21 P, EU:C:2023:1012, punto 98; del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 158, e del 21 dicembre 2023, Royal Antwerp Football Club, C‑680/21, EU:C:2023:1010, punto 85).

41      A questo proposito, mentre l’esistenza di un precedente in cui uno scambio di informazioni nella stessa forma e nello stesso settore di attività di quello oggetto del procedimento principale è stato classificato come restrizione per oggetto è tale da facilitare la prova che anche quest’ultimo introduce una restrizione di questo tipo, l’assenza di un tale precedente, che, secondo il giudice del rinvio, si verificherebbe nella specie, non può impedire che, eventualmente, lo scambio in questione sia classificato in tal modo [v., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2021, Generics (UK)/Commissione, C‑588/16 P, EU:C:2021:242, punto 79].

42      Infatti, ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, occorre procedere, in un primo tempo, all’esame dell’oggetto dell’accordo tra imprese, della decisione di un’associazione di imprese o della pratica concordata di cui trattasi. Nell’ipotesi in cui, al termine di un siffatto esame, detto accordo, decisione o pratica risultino avere un oggetto anticoncorrenziale, non è necessario procedere all’esame del loro effetto sulla concorrenza. È quindi solo nel caso in cui non si possa ritenere che tale accordo, decisione o pratica abbia un oggetto anticoncorrenziale che è necessario, in una seconda fase, esaminare tale effetto (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2023, International Skating Union/Commissione, C‑124/21 P, EU:C:2023:1012, punto 99; del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 159, e del 21 dicembre 2023, Royal Antwerp Football Club, C‑680/21, EU:C:2023:1010, punto 86).

43      Orbene, la Corte ha dichiarato che la nozione di «restrizione per oggetto», sulla quale verte esclusivamente la presente questione pregiudiziale, deve essere interpretata restrittivamente nel senso che rinvia esclusivamente a talune forme di coordinamento tra imprese che rivelano un grado di nocività per la concorrenza sufficiente perché si possa ritenere che un esame dei loro effetti non sia necessario. Infatti, talune forme di coordinamento tra imprese possono essere considerate, per loro stessa natura, dannose per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2023, International Skating Union/Commissione, C‑124/21 P, EU:C:2023:1012, punti 101 e 102; del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punti 161 e 162, nonché del 21 dicembre 2023, Royal Antwerp Football Club, C‑680/21, EU:C:2023:1010, punti 88 e 89).

44      Per stabilire, in un determinato caso, se un accordo, una decisione di un’associazione di imprese o una pratica concordata costituiscano una forma di coordinamento che, per sua natura, deve essere considerato dannoso per il corretto funzionamento del normale gioco della concorrenza, è necessario esaminare, in primo luogo, i termini di tale accordo, decisione o pratica, in secondo luogo, il contesto economico e giuridico in cui ha luogo e, in terzo luogo, gli obiettivi che cerca di raggiungere (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2023, International Skating Union/Commissione, C‑124/21 P, EU:C:2023:1012, punto 105; del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 165, e del 21 dicembre 2023, Royal Antwerp Football Club, C‑680/21, EU:C:2023:1010, punto 92).

45      In primo luogo, l’esame dei termini dell’accordo, della decisione di associazioni di imprese o della pratica concordata in questione richiede un esame dei suoi vari aspetti, al fine di determinare se la pratica concordata in questione abbia caratteristiche che permettono di collegarla a una forma di coordinamento tra imprese che deve essere considerato, per sua natura, dannoso per il corretto funzionamento del gioco normale della concorrenza, ciò che si verifica in particolare se un coordinamento con tali caratteristiche è, proprio a causa di queste ultime, suscettibile di portare a condizioni di concorrenza che non corrispondono alle normali condizioni del mercato in questione (v., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punti 115 e 120).

46      Per quanto riguarda, poi, il contesto economico e giuridico in cui si inseriscono l’accordo, la decisione di un’associazione di imprese o la pratica concordata di cui trattasi, posto che la nozione di restrizione per oggetto si riferisce unicamente agli accordi, alle decisioni di un’associazione di imprese e alle pratiche concordate che comportano una forma di coordinamento che deve essere considerata per sua natura lesiva del corretto funzionamento del normale gioco della concorrenza, essa non implica in alcun modo l’esame, né tanto meno la dimostrazione, degli effetti di tale accordo, decisione o pratica sulla concorrenza, siano essi reali o potenziali, negativi o positivi (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2023, International Skating Union/Commissione, C‑124/21 P, EU:C:2023:1012, punto 106; del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 166, e del 21 dicembre 2023, Royal Antwerp Football Club, C‑680/21, EU:C:2023:1010, punto 93).

47      D’altra parte, ciò non esclude la necessità di prendere in considerazione la natura dei prodotti o dei servizi interessati, nonché le condizioni effettive che caratterizzano la struttura e il funzionamento del settore o mercato o dei settori o mercati in questione (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2023, International Skating Union/Commissione, C‑124/21 P, EU:C:2023:1012, punto 106; del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 166, e del 21 dicembre 2023, Royal Antwerp Football Club, C‑680/21, EU:C:2023:1010, punto 93).

48      Infatti, è possibile che solo qualora siano soddisfatte determinate condizioni particolari si possa presumere che talune forme di coordinamento e, pertanto, gli accordi, le decisioni di associazioni e le pratiche concordate che vi rientrano, siano dannosi per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza. Pertanto, come sottolineato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 43 delle sue conclusioni, l’esame del contesto economico e giuridico in cui si inseriscono tali forme di coordinamento deve consentire di verificare che, qualora una forma di accordo, di decisione di un’associazione di imprese o di pratica concordata sia, per sua stessa natura, dannosa per la concorrenza unicamente in talune circostanze relative, segnatamente, alla natura dei beni o dei servizi di cui trattasi, alle condizioni reali di funzionamento del mercato e alla sua struttura, tali circostanze siano presenti. La presa in considerazione di tale contesto mira quindi a verificare che nessuna circostanza particolare che riguarda l’accordo, la decisione o la pratica concordata di cui trattasi sia tale da rimettere in discussione la presunzione di nocività nei confronti della concorrenza connessa alla forma di coordinamento di cui esso o essa fa parte.

49      Infine, per quanto riguarda gli scopi perseguiti dall’accordo, dalla decisione di un’associazione di imprese o dalla pratica concordata di cui trattasi, occorre determinare gli scopi oggettivi che tale accordo, tale decisione o tale pratica mirano a raggiungere nei confronti della concorrenza. Per contro, il fatto che le imprese coinvolte abbiano agito senza avere, dal punto di vista soggettivo, l’intento di impedire, restringere o falsare la concorrenza e il fatto che esse abbiano perseguito taluni obiettivi legittimi non sono determinanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2023, International Skating Union/Commissione, C‑124/21 P, EU:C:2023:1012, punto 107; del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 167, e del 21 dicembre 2023, Royal Antwerp Football Club, C‑680/21, EU:C:2023:1010, punto 94).

50      L’esame di tutti questi fattori deve, in ogni caso, far emergere le ragioni precise per cui l’accordo, la decisione di un’associazione di imprese o la pratica concordata in questione sono sufficientemente dannosi per la concorrenza da giustificare la conclusione che l’accordo, la decisione o la pratica hanno lo scopo di impedire, restringere o falsare la concorrenza (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2023, International Skating Union/Commissione, C‑124/21 P, EU:C:2023:1012, punto 108; del 21 dicembre 2023, European Superleague Company, C‑333/21, EU:C:2023:1011, punto 168, e del 21 dicembre 2023, Royal Antwerp Football Club, C‑680/21, EU:C:2023:1010, punto 98).

 Sull’interpretazione della nozione di restrizione della concorrenza con riferimento agli scambi di informazioni

51      Come indicato, in sostanza, dall’avvocato generale al paragrafo 52 delle sue conclusioni, occorre sottolineare che, anche se non accompagnato da un accordo di cooperazione, uno scambio di informazioni tra concorrenti può costituire una restrizione della concorrenza, anche per oggetto, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE. Infatti, come risulta dai punti da 43 a 49 della presente sentenza, è necessario che tale scambio costituisca una forma di coordinamento che, per la sua stessa natura, deve essere considerato dannoso per il corretto funzionamento del normale gioco della concorrenza nel contesto dello scambio in questione.

52      Ciò implica, per quanto riguarda anzitutto il suo contenuto, che lo scambio di informazioni presenta caratteristiche che lo ricollegano ad una forma di coordinamento tra imprese idonea a determinare condizioni di concorrenza che non corrispondono alle condizioni normali del mercato di cui trattasi.

53      Orbene, occorre ricordare che il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza su un mercato presuppone una certa trasparenza rispetto alla situazione esistente attualmente su quest’ultimo. Solo a tale condizione, infatti, un mercato può essere efficiente. Pertanto, la Corte ha già riconosciuto che, in linea di principio, la trasparenza tra gli operatori economici, almeno in un mercato non oligopolistico, può contribuire a intensificare la concorrenza tra i fornitori (v., in tal senso, sentenza del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione, C‑194/99 P, EU:C:2003:527, punto 84).

54      D’altra parte, affinché un mercato funzioni in condizioni normali, ciascun operatore deve, da un lato, essere obbligato a determinare autonomamente la politica che intende seguire sul mercato unico (v., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punto 119) e, dall’altro, essere incerto almeno quanto alla data, alla misura e alle modalità della futura modifica del comportamento dei suoi concorrenti su tale mercato (v., in tal senso, sentenze del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 41, nonché del 12 gennaio 2023, HSBC Holdings e a./Commissione, C‑883/19 P, EU:C:2023:11, punto 116).

55      Inoltre, per quanto riguarda il contesto in cui si inserisce lo scambio di informazioni in questione, è necessario che, in tale contesto, qualsiasi coordinamento avente caratteristiche simili a quelle di tale scambio non possa portare a condizioni di concorrenza che non corrispondano alle normali condizioni di funzionamento del mercato in questione, tenuto conto della natura dei beni o servizi in questione, delle condizioni effettive di funzionamento del mercato e della struttura di tale mercato (v., in tal senso, sentenze del 28 maggio 1998, Deere/Commissione, C‑7/95 P, EU:C:1998:256, punto 87; del 4 giugno 2009, T‑Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punto 33, nonché del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punti 120).

56      Infine, per quanto riguarda gli «scopi oggettivi» perseguiti da detto scambio, occorre sottolineare che tale nozione rinvia, nel suo senso giuridico, alla ragion d’essere primaria dell’accordo, della decisione di un’associazione di imprese o della pratica concordata, vale a dire agli scopi immediati e diretti perseguiti dal coordinamento di cui trattasi che ha indotto le imprese interessate a parteciparvi. Pertanto, deve essere considerato come costitutivo di una restrizione per oggetto uno scambio di informazioni che, pur non essendo formalmente presentato come volto a perseguire un oggetto anticoncorrenziale, può spiegarsi altrimenti, tenuto conto della sua forma e del contesto nel quale è intervenuto, solo con il perseguimento di un obiettivo contrario a uno degli elementi costitutivi del principio di libera concorrenza.

57      Alla luce di quanto precede, dato che ogni operatore economico ha l’obbligo di determinare autonomamente la politica che intende seguire sul mercato unico, si deve ritenere che uno scambio di informazioni presenti le caratteristiche che lo ricollegano ad una forma di coordinamento tra imprese che deve essere considerato, per sua stessa natura, dannoso per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza, qualora il suo contenuto riguardi informazioni che, indipendentemente dal loro carattere sensibile o riservato, sono tali che, nel contesto in cui avviene tale scambio, non possono che indurre i partecipanti a tale scambio, che sarebbero ragionevolmente attivi ed economicamente razionali, a seguire tacitamente una stessa linea di condotta per quanto riguarda uno dei parametri in base ai quali si stabilisce la concorrenza sul mercato di cui trattasi.

58      Per pervenire a una siffatta valutazione occorre tener conto non solo della natura delle informazioni scambiate, ma anche del contesto economico in cui si inserisce lo scambio. Infatti, anche se vi sono motivi per presumere che le imprese che partecipano a uno scambio e che rimangono attive sul mercato rilevante tengano conto delle informazioni scambiate con i loro concorrenti nel determinare il loro comportamento su tale mercato (v., in tal senso, sentenze dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione, C‑199/92 P, EU:C:1999:358, punti 161 e 162; del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punti 51 e 52, nonché del 19 marzo 2015, Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione, C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punti 126 e 127), resta il fatto che le imprese ragionevolmente attive ed economicamente razionali seguiranno la stessa linea di condotta solo se, segnatamente, tenuto conto del contesto in cui l’accordo ha luogo, non devono temere la reazione dei loro concorrenti attuali e potenziali, nonché dei consumatori. Ciò avviene, in linea di principio, se lo scambio è avvenuto tra i principali operatori di un mercato oligopolistico o, quantomeno, altamente concentrato e se esistono barriere all’ingresso in tale mercato (v., in tal senso, sentenza del 2 ottobre 2003, Thyssen Stahl/Commissione, C‑194/99 P, EU:C:2003:527, punti 86 e 87).

59      Pertanto, segnatamente in tale ultima ipotesi, la circostanza che, come sottolineato dal giudice del rinvio nella sua questione, il mercato presenti una certa concentrazione nonché barriere all’ingresso, deve essere considerata pertinente.

60      Ciò premesso, per dimostrare che uno scambio di informazioni costituisce una restrizione per oggetto, non è sempre necessario dimostrare che esso verte su informazioni tali che, nel contesto in cui avviene tale scambio, queste ultime non possono che indurre i partecipanti a detto scambio che siano ragionevolmente attivi ed economicamente razionali a seguire tacitamente una stessa linea di condotta per quanto riguarda uno dei parametri in base ai quali si stabilisce la concorrenza sul mercato di cui trattasi, contravvenendo così all’obbligo gravante su ciascun operatore di determinare autonomamente la politica che intende seguire sul mercato unico.

61      Infatti, come risulta dal punto 54 della presente sentenza, affinché un mercato funzioni in condizioni normali, gli operatori su tale mercato devono non solo determinare autonomamente la politica che intendono seguire nel mercato unico, ma anche, e più in genere, restare nell’incertezza quanto ai comportamenti futuri degli altri partecipanti a detto mercato.

62      Di conseguenza, uno scambio di informazioni può essere considerato rientrante in una forma di coordinamento tra imprese che, per sua stessa natura, è dannosa per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza senza che sia nemmeno necessario dimostrare che, nel contesto di detto scambio, le informazioni scambiate possono solo indurre i partecipanti che sarebbero ragionevolmente attivi ed economicamente razionali a seguire tacitamente una stessa linea di condotta per quanto riguarda uno dei parametri in base ai quali si stabilisce la concorrenza sul mercato di cui trattasi, qualora detto scambio consenta di eliminare tale incertezza. Orbene, a tal fine, è sufficiente che le informazioni scambiate siano, da un lato, riservate, e, dall’altro, strategiche.

63      Devono essere considerate «informazioni riservate» tutte le informazioni non ancora note a qualsiasi operatore economico attivo sul mercato interessato, mentre per «informazioni strategiche» devono intendersi le informazioni che possono rivelare, se del caso dopo essere state combinate con altre informazioni già note ai partecipanti a uno scambio di informazioni, la strategia che alcuni di questi partecipanti intendono attuare in relazione a ciò che costituisce uno o più parametri in base ai quali viene stabilita la concorrenza sul mercato in parola (v., in tal senso, sentenza del 12 gennaio 2023, HSBC Holdings e a./Commissione, C‑883/19 P, EU:C:2023:11, punto 117).

64      Inoltre, sebbene, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 69 e 70 delle sue conclusioni, qualsiasi scambio di informazioni riguardanti prezzi futuri, o taluni fattori determinanti questi ultimi, sia intrinsecamente anticoncorrenziale alla luce, segnatamente, del rischio di danno alla concorrenza che esso comporta, la nozione di informazione strategica è tuttavia più ampia e include qualsiasi dato non già noto agli operatori economici che, nel contesto in cui si inserisce tale scambio, sia idoneo a ridurre l’incertezza dei partecipanti a quest’ultimo quanto al comportamento futuro degli altri partecipanti riguardo a ciò che costituisce, a causa della natura dei beni o dei servizi in questione, delle condizioni reali del funzionamento del mercato e della struttura di quest’ultimo, uno o più parametri in base ai quali viene stabilita la concorrenza sul mercato di cui trattasi.

65      Infine, quando le informazioni scambiate vertono non su intenzioni di modifica del comportamento dei partecipanti allo scambio sul mercato in questione, ma su fatti attuali o passati, tali informazioni devono tuttavia essere considerate strategiche se, a causa, segnatamente, della natura dei beni o dei servizi in questione, delle condizioni reali del funzionamento del mercato, della struttura dei costi o dei metodi di produzione e di gestione dei partecipanti a tale scambio, un siffatto partecipante può dedurne con sufficiente precisione il comportamento futuro degli altri partecipanti a tale scambio o le loro reazioni ad un eventuale movimento strategico sul mercato.

 Sulla qualificazione, come restrizione per oggetto, di uno scambio di informazioni con caratteristiche come quelle menzionate dal giudice del rinvio nella sua questione

66      Sebbene spetti al giudice del rinvio stabilire se lo scambio in questione nel procedimento principale costituisca una forma di coordinamento tra imprese che, per la sua stessa natura, deve essere considerato dannoso per il corretto funzionamento del normale gioco della concorrenza, e compiere le valutazioni fattuali necessarie a tal fine, la Corte, pronunciandosi su una domanda di pronuncia pregiudiziale, può tuttavia fornire chiarimenti volti a guidare tale giudice nella sua interpretazione (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2024, Lietuvos notarų rūmai e a., C‑128/21, EU:C:2024:49, punti 89 e 90).

67      Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha fatto riferimento, nella sua questione, ad un ampio scambio di informazioni reciproche e mensili tra enti creditizi concorrenti, intervenuto su mercati che presentano una forte concentrazione nonché barriere all’ingresso, che verte sulle condizioni applicabili alle operazioni realizzate su tali mercati, segnatamente gli spread e le variabili di rischio, attuali e future, nonché sulle cifre di produzione individualizzate degli uni e degli altri.

68      Orbene, da un lato, dalla descrizione effettuata dal giudice del rinvio risulta che le informazioni relative agli spread, che erano scambiate in modo riservato tra gli enti creditizi partecipanti, non erano, con lo stesso livello di completezza e di sistematizzazione, di dominio pubblico al momento dello scambio e che tali informazioni vertevano, essenzialmente, su eventuali azioni future. Più precisamente, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che tali informazioni vertevano sulle intenzioni di modifica delle condizioni applicabili alle operazioni realizzate sul mercato in questione o, quantomeno, sulle modifiche adottate, ma non ancora applicate.

69      Dall’altro lato, dato che la nozione di «spread» rinvia alla differenza tra il tasso applicato a un mutuatario dall’ente creditizio e il tasso al quale, in linea di principio, quest’ultimo si rifinanzia, essendo questo secondo tasso, in linea di principio, noto, un differenziale di tasso è tale da rivelare l’offerta di tasso che gli enti creditizi propongono ai loro clienti prima della negoziazione.

70      Poiché gli spread riguardano quindi uno dei parametri in base ai quali la concorrenza si stabilisce sui tre mercati di cui trattasi nel procedimento principale, qualsiasi informazione relativa alle intenzioni future degli enti creditizi di modificare tali spread deve essere considerata un’informazione strategica.

71      Di conseguenza, alla luce di quanto constatato al punto 62 della presente sentenza, uno scambio di informazioni che, come quello descritto dal giudice del rinvio nella sua questione, è organizzato in modo riservato e che verte sulle intenzioni future degli enti creditizi in materia di spread, che serve a determinare quello proposto ai loro clienti, rientra in una forma di coordinamento tra imprese che deve essere considerato, per sua stessa natura, dannoso per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza e, quindi, come costitutiva di una restrizione per oggetto ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE.

72      Lo stesso vale per le informazioni relative alle modifiche future delle variabili di rischio applicate agli spread in funzione del profilo di rischio individuale dei clienti, poiché, combinate con le informazioni relative alle intenzioni future degli enti creditizi in materia di spread, esse sono tali da consentire ai partecipanti allo scambio di avere una visione più precisa delle strategie di determinazione dei prezzi che gli altri partecipanti intendono attuare.

73      Quanto alle informazioni relative ai «volumi di produzione», occorre sottolineare che, certamente, tale tipo di informazioni è, in linea di principio, idoneo a rivelare, in particolare, quando, come nel procedimento principale, esse sono trasmesse in modo disaggregato e individualizzato da tali partecipanti, qualsiasi comportamento di uno di essi che deroghi da un eventuale equilibrio prevalente sul mercato.

74      Di conseguenza, l’esistenza di uno scambio di informazioni vertente su tali informazioni potrebbe rivelare, in talune circostanze, l’esistenza di una forma di coordinamento che deve essere considerato, per sua stessa natura, dannoso per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza, di cui esso costituirebbe una componente.

75      Tuttavia, nel procedimento principale, dalle indicazioni del giudice del rinvio risulta che l’AdC ha contestato alle ricorrenti di aver partecipato ad uno scambio di informazioni «autonomo» e non ad uno scambio che sarebbe accessorio ad una pratica concordata restrittiva della concorrenza.

76      Orbene, dal momento che si tratta di uno scambio di informazioni «autonomo», poiché, come nel procedimento principale, siffatte informazioni vertono sui volumi di vendite passate, risulta poco probabile che, considerate isolatamente e in assenza di circostanze particolari, tali informazioni siano tali da rivelare le intenzioni future degli enti creditizi interessati o da indurre i partecipanti allo scambio, che sarebbero ragionevolmente attivi ed economicamente razionali, a seguire tacitamente una stessa linea di condotta per quanto riguarda uno dei parametri alla luce dei quali la concorrenza si stabilisce in uno dei mercati interessati.

77      Ciò posto, la nocività di una forma di scambio di informazioni deve essere valutata tenendo conto anche della possibilità di incrociare le diverse categorie di informazioni scambiate.

78      Pertanto, uno scambio di informazioni «autonomo», in quanto verte, segnatamente, su volumi di produzione, potrebbe rientrare in una forma di coordinamento tra imprese da considerare, per sua stessa natura, dannoso per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza se tali informazioni erano, in particolare combinate con altri tipi di informazioni scambiate, nonché, eventualmente, con altre informazioni già liberamente disponibili, tali che un’impresa ragionevolmente attiva ed economicamente razionale possa dedurne, tenuto conto della natura, delle condizioni reali di funzionamento dei mercati di cui trattasi e della loro struttura, le intenzioni future degli altri partecipanti o essere portata a seguire tacitamente, con questi ultimi, una stessa linea di condotta per quanto riguarda uno dei parametri in base ai quali si stabilisce la concorrenza su tali mercati.

79      In ogni caso, quanto a uno scambio di informazioni come quello descritto dal giudice del rinvio nella sua questione, si deve ritenere che esso costituisca una restrizione per oggetto, dal momento che le informazioni scambiate vertono, segnatamente, sulle intenzioni di modifica futura degli spread dei partecipanti a tale scambio.

80      Una siffatta conclusione può essere confermata dall’esame degli scopi oggettivi perseguiti da uno scambio vertente su tali informazioni, esame che è anche rilevante per valutare l’esistenza di una restrizione per oggetto, come indicato al punto 49 della presente sentenza. Infatti, uno scambio di informazioni sulle intenzioni future dei suoi partecipanti in merito ad uno dei parametri in base ai quali la concorrenza si stabilisce in un mercato, come gli spread, non può perseguire obiettivi diversi da quello di falsare la concorrenza in tale mercato.

81      Nel procedimento principale, le ricorrenti tentano tuttavia di dimostrare che lo scambio di informazioni di cui trattasi non costituisce una restrizione della concorrenza per oggetto, deducendo vari argomenti.

82      In primo luogo, esse sostengono di essere soggette, in forza del diritto del consumo, ad obblighi di trasparenza tariffaria e, conformemente alle norme contabili e finanziarie loro applicabili, se non addirittura, eventualmente, a causa del loro status di società i cui titoli sono ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato, a obblighi di comunicazione del loro volume di vendita, delle loro quote di mercato e della media dei loro spread. Orbene, a causa di tali diversi obblighi giuridici, qualsiasi attore dei mercati in questione poteva raccogliere le condizioni commerciali degli enti creditizi partecipanti recandosi agli sportelli di questi ultimi o consultando il loro sito Internet.

83      A questo proposito, va certamente sottolineato che uno scambio di informazioni la cui divulgazione sarebbe stata altrimenti resa obbligatoria da una normativa nazionale non può violare l’articolo 101 TFUE, nei limiti in cui tale scambio non è idoneo a produrre un’influenza sul mercato oltre a quella già causata dall’osservanza di tale normativa e per la quale le imprese interessate non possono essere ritenute responsabili (v., per analogia, sentenze dell’11 novembre 1997, Commissione e Francia/Ladbroke Racing, C‑359/95 P e C‑379/95 P EU:C:1997:531, punto 33, nonché del 9 settembre 2003, CIF, C‑198/01, EU:C:2003:430, punti 52 e 53).

84      Tuttavia, i partecipanti a uno scambio di informazioni non possono avvalersi di una situazione del genere se le informazioni scambiate vanno al di là di quelle che devono essere rese pubbliche da qualsiasi ente creditizio attivo sui tre mercati di cui trattasi nell’ambito dei suoi obblighi regolamentari e sono state scambiate prima che tali obblighi imponessero a detti partecipanti di rendere pubbliche informazioni di tale natura, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio determinare.

85      In secondo luogo, le ricorrenti nel procedimento principale osservano che uno scambio di informazioni la cui frequenza, come in quello di cui trattasi nel procedimento principale, sia molto sporadica, vale a dire una o due volte all’anno, non potrebbe costituire una restrizione per oggetto. Ciò premesso, occorre ricordare che una siffatta frequenza non esclude, di per sé, l’oggetto anticoncorrenziale di uno scambio di informazioni. Infatti, un unico contatto può essere sufficiente per eliminare le incertezze delle parti interessate circa il futuro comportamento delle altre imprese interessate sul mercato rilevante (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2009, T-Mobile Netherlands e a., C‑8/08, EU:C:2009:343, punti 59 e 62).

86      In terzo luogo, le ricorrenti nel procedimento principale contestano il fatto che uno scambio di informazioni, come quello descritto dal giudice del rinvio nella sua questione, possa rientrare in una forma di coordinamento che sarebbe, per sua stessa natura, dannosa per il buon funzionamento del normale gioco della concorrenza, qualora tale scambio sia in grado di facilitare l’attività di analisi concorrenziale (benchmarking) dei partecipanti a detto scambio, consentendo loro di confrontare tra loro le loro rispettive offerte, riducendo al contempo i costi associati a tale esercizio di comparazione, in quanto lo stesso scambio potrebbe allora avere effetti favorevoli sulla concorrenza.

87      Certamente, occorre rilevare che gli scambi di informazioni vertenti sui migliori metodi di gestione o di produzione da attuare possono essere tali da favorire la concorrenza e non si può quindi ritenere che introducano una restrizione per oggetto. Tuttavia, ciò non può avvenire nel caso di scambi di informazioni riservate vertenti, per l’appunto, sulle intenzioni future dei partecipanti a tali scambi in merito ad uno dei parametri in base ai quali si stabilisce la concorrenza sul mercato di cui trattasi.

88      In quarto luogo, le ricorrenti nel procedimento principale sostengono che gli spread riflettevano non il prezzo complessivo dei servizi di credito proposti, bensì una sola delle sue componenti, in particolare non menzionando l’importo delle commissioni e delle altre spese. Inoltre, quanto meno sul mercato del credito immobiliare, i tassi di credito proposti ai clienti, che risultano da tali spread, corrisponderebbero non ai tassi di interesse finali praticati, bensì a tassi indicativi che erano utilizzati come punto di partenza di negoziazioni individuali con ciascun cliente in funzione del particolare profilo di rischio di quest’ultimo. Di conseguenza, non si può ritenere che uno scambio di informazioni, anche relativo alle intenzioni future degli enti creditizi partecipanti, vertente sugli spread, istituisca una restrizione per oggetto.

89      Tuttavia, come sottolineato dall’avvocato generale ai paragrafi 74 e 75 delle sue conclusioni, per rientrare nella nozione di restrizione per oggetto non è necessario che una pratica concordata verta sull’insieme dei parametri in base ai quali la concorrenza si stabilisce sul mercato o, nel caso di informazioni tariffarie, che queste riguardino l’insieme delle componenti del prezzo finale praticato. Di conseguenza, uno scambio di informazioni può costituire una forma di coordinamento tra imprese che, per sua natura, deve essere considerata dannosa per il corretto funzionamento del normale gioco della concorrenza, anche se riguarda solo uno di questi parametri (v., in tal senso, sentenza del 12 gennaio 2023, HSBC Holdings e a./Commissione, C‑883/19 P, EU:C:2023:11, punto 204).

90      Orbene, il tasso utilizzato come punto di partenza delle trattative individuali con ciascun cliente in funzione del suo profilo di rischio riflette uno dei parametri della concorrenza nei mercati interessati dal momento che, sulla base di tale tasso, i clienti potenziali procederanno a una prima selezione tra offerte di credito proposte dagli enti creditizi per avviare trattative solo con alcuni.

91      In quinto luogo, le ricorrenti nel procedimento principale contestano il fatto che, nelle circostanze del procedimento principale, le informazioni trasmesse vertenti sugli spread riguardassero un comportamento futuro la cui conoscenza avrebbe potuto procurare un vantaggio ai partecipanti allo scambio di informazioni. Anzitutto, a loro avviso, tali informazioni vertevano su modifiche sul punto di entrata in vigore, ossia il giorno stesso o, al più tardi, il giorno lavorativo successivo, quando la comunicazione aveva avuto luogo il venerdì. Inoltre, i tassi proposti prima della negoziazione sarebbero stati indicati sulla pagina Internet e nei simulatori di credito dell’ente creditizio interessato poco tempo dopo lo scambio vertente sulle variazioni degli spread, se non addirittura contemporaneamente. Infine, diverse settimane sarebbero state, in ogni caso, necessarie ad un ente creditizio per modificare i propri spread, cosicché i partecipanti a tale scambio non potevano reagire immediatamente alle informazioni che ricevevano.

92      A tal riguardo, occorre ricordare che la mera circostanza che le informazioni relative agli spread siano scambiate prima di diventare effettive o pubbliche è sufficiente a dimostrare che detto scambio aveva la capacità di ridurre l’incertezza nella mente dei partecipanti allo scambio di informazioni circa i comportamenti futuri degli altri enti creditizi partecipanti, quand’anche l’incertezza che avrebbe colpito gli altri concorrenti si fosse dissipata poco tempo dopo. Infatti, anche considerando che sia impossibile per i partecipanti a tale scambio prendere immediatamente in considerazione tali informazioni al fine di modificare immediatamente il loro comportamento sul mercato, resta il fatto che qualsiasi scambio vertente su intenzioni future non già rivelate consentiva a tali partecipanti di reagire in ogni caso più rapidamente di quanto avrebbe consentito il normale funzionamento del mercato di cui trattasi.

93      In sesto luogo, le ricorrenti nel procedimento principale affermano che il fascicolo di cui dispone la Corte non menzionerebbe alcun caso in cui uno degli enti creditizi partecipanti avrebbe modificato la sua tabella tariffaria dopo aver ricevuto l’informazione secondo cui gli spread di un altro partecipante sarebbero stati modificati. Tuttavia, una siffatta circostanza non può essere considerata pertinente, dal momento che l’applicazione della nozione di restrizione per oggetto ad uno scambio di informazioni non richiede la dimostrazione né di eventuali effetti concreti sul mercato interessato dallo scambio di informazioni di cui trattasi né di una presa in considerazione effettiva dell’informazione da parte dei partecipanti allo scambio.

94      In settimo luogo, le ricorrenti nel procedimento principale fanno valere che la nozione di «variabile di rischio», come utilizzata dal giudice del rinvio, designa tabelle di valutazione, nelle quali un livello di rischio è attribuito a una categoria di clienti determinata in funzione di fattori quali i redditi, il contributo finanziario o il costo del bene immobile, al quale è collegato uno spread da applicare al fine di compensare tale rischio. Orbene, tali fattori sottesi a ciascun livello di rischio non sarebbero stati in alcun caso divulgati durante lo scambio di informazioni, come risulterebbe dalle testimonianze riportate nella sentenza interlocutoria, cosicché lo scambio di tali tabelle non potrebbe costituire un’informazione strategica.

95      A tal riguardo, spetta al giudice del rinvio stabilire se, alla luce in particolare delle informazioni di cui disponevano i partecipanti allo scambio e della metodologia generalmente utilizzata per costruire tale tipo di tabella, le informazioni contenute in una siffatta tabella fossero sufficientemente intelligibili da consentire a tali partecipanti, dopo averle combinate con gli spread in base ai quali un tasso era proposto ai clienti prima della negoziazione e ai volumi di vendita realizzati, di ridurre la loro incertezza quanto al comportamento futuro degli altri partecipanti a tale scambio riguardo a ciò che costituisce, in ragione della natura dei servizi in questione, delle condizioni reali del funzionamento del mercato e della struttura di quest’ultimo, uno o più parametri in base ai quali si stabilisce la concorrenza sui mercati in questione.

96      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che un ampio scambio di informazioni reciproche e mensili tra enti creditizi concorrenti, avvenuto in mercati che presentano una forte concentrazione, nonché barriere all’ingresso, e che verte sulle condizioni applicabili alle operazioni realizzate in tali mercati, segnatamente gli spread e le variabili di rischio, attuali e future, nonché le cifre di produzione individualizzate dei partecipanti a tale scambio, nei limiti in cui, quantomeno, tali spread così scambiati sono quelli che tali enti intendono applicare in futuro, deve essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto.

Sulla seconda questione

97      Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda questione.

 Sulle spese

98      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che un ampio scambio di informazioni reciproche e mensili tra enti creditizi concorrenti, avvenuto in mercati che presentano una forte concentrazione, nonché barriere all’ingresso, e che verte sulle condizioni applicabili alle operazioni realizzate in tali mercati, segnatamente gli spread e le variabili di rischio, attuali e future, nonché le cifre di produzione individualizzate dei partecipanti a tale scambio, nei limiti in cui, quantomeno, tali spread così scambiati sono quelli che tali enti intendono applicare in futuro, deve essere qualificato come restrizione della concorrenza per oggetto.

Firme


*      Lingua processuale: il portoghese.