Language of document : ECLI:EU:C:2017:32

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 19 gennaio 2017(1)

Causa C591/15

The Queen, su istanza di:

The Gibraltar Betting and Gaming Association Limited

contro

Commissioners for Her Majesty’s Revenue & Customs

Her Majesty’s Treasury

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), Divisione del Queen’s Bench (Sezione per questioni di diritto amministrativo), (Regno Unito)]

«Articolo 355, paragrafo 3, TFUE – Ambito di applicazione territoriale dei Trattati – Status di Gibilterra – Articolo 56 TFUE – Libera prestazione dei servizi – Situazione puramente interna – Giochi d’azzardo – Nozione di restrizione – Misura fiscale applicabile indistintamente»






 Introduzione

1.        Nel 2014 il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (in prosieguo: il «Regno Unito») ha adottato un nuovo regime fiscale (in prosieguo: il «nuovo regime fiscale») per talune imposte sul gioco d’azzardo, che impone ai prestatori di servizi di gioco d’azzardo di pagare un’imposta su detto gioco con riferimento a tali servizi forniti a «soggetti del Regno Unito», indipendentemente dal fatto che il prestatore dei suddetti servizi sia stabilito nel Regno Unito o altrove. Il nuovo regime fiscale ha sostituito quello precedente, ai sensi del quale solo ai prestatori di servizi di gioco d’azzardo stabiliti nel Regno Unito erano applicate imposte sui loro profitti lordi sul gioco d’azzardo derivanti dalla prestazione di servizi di gioco d’azzardo a clienti in tutto il mondo.

2.        La Gibraltar Betting and Gaming Association (in prosieguo: la «GBGA»), società costituita a Gibilterra, contesta tale nuovo regime fiscale, in quanto i servizi di gioco d’azzardo offerti da Gibilterra al Regno Unito sono da allora soggetti a un’ulteriore imposta nel Regno Unito. Secondo la GBGA tale imposta è contraria alla libera prestazione dei servizi, sancita dall’articolo 56 TFUE.

3.        La possibilità di invocare o meno l’articolo 56 TFUE in una situazione in cui i fatti sono circoscritti al Regno Unito e a Gibilterra dipende dalla questione se, ai fini di tale norma, tali due entità facciano parte o meno dello stesso Stato membro. In altri termini, occorrerà stabilire se si è in presenza di quella che è generalmente definita una «situazione puramente interna».

4.        Benché il procedimento in esame verta sul rapporto fra un’isola (2) e una rupe non ricorrerò all’espediente narrativo del cliff hanger (lasciare in sospeso): nelle presenti conclusioni propongo alla Corte di dichiarare che, ai sensi dell’articolo 56 TFUE, Gibilterra e il Regno Unito devono essere trattati come un’unica entità. Si tratta di una situazione puramente interna che non comporta l’applicabilità dell’articolo 56 TFUE. In subordine, qualora la Corte decidesse in senso contrario, propongo di non considerare una restrizione alla libera prestazione dei servizi le norme del nuovo regime fiscale oggetto della presente controversia, giacché si applicano indistintamente e su base non discriminatoria ai prestatori di servizi di gioco d’azzardo stabiliti nel Regno Unito e altrove.

 Quadro giuridico

 Diritto dell’Unione

5.        L’articolo 355 TFUE così recita:

«Oltre alle disposizioni dell’articolo 52 del trattato sull’Unione europea relativo al campo di applicazione territoriale dei trattati, si applicano le disposizioni seguenti:

(…)

3.      Le disposizioni dei trattati si applicano ai territori europei di cui uno Stato membro assume la rappresentanza nei rapporti con l’estero».

6.        L’articolo 28 dell’Atto relativo alle condizioni di adesione e agli adattamenti dei trattati (3) così dispone:

«Gli atti delle istituzioni della Comunità concernenti i prodotti elencati nell’allegato II del trattato CEE ed i prodotti la cui importazione nella Comunità è sottoposta ad una regolamentazione specifica in conseguenza dell’applicazione della politica agricola comune, nonché gli atti in materia d’armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative all’imposta sulla cifra d’affari non s’applicano a Gibilterra, a meno che il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, disponga diversamente».

7.        Come emerge dal combinato disposto dell’articolo 29 del medesimo Atto di adesione e dell’Allegato I, punto 1.4, del suddetto Atto di adesione, Gibilterra è esclusa dal territorio doganale dell’Unione (4).

 Diritto del Regno Unito

8.        Nel Regno Unito esistono sette imposte sul gioco d’azzardo: l’imposta generale sulle scommesse, l’imposta sulle scommesse con montepremi («pool betting»), l’imposta sul gioco a distanza, l’imposta sul gioco, l’imposta sul bingo, l’imposta sulle lotterie e l’imposta sul gioco mediante macchine.

9.        La presente causa riguarda l’imposta sul gioco a distanza.

10.      Nel Regno Unito, il Finance Act 2014 (legge finanziaria per il 2014; in prosieguo: il «FA 2014») ha introdotto il nuovo regime fiscale per l’imposizione di accise sui servizi di gioco d’azzardo. L’articolo 154 del capo 3 della parte 3 del FA 2014 definisce il «gioco a distanza» come il gioco a cui le persone partecipano attraverso Internet, telefono, televisione, radio o qualsiasi altro tipo di dispositivo elettronico o altra tecnologia che agevoli la comunicazione. All’articolo 188, paragrafo 1, lettera a), del FA 2014 il «gioco» è così definito: «giocare ad un gioco di sorte per vincere un premio».

11.      L’articolo 155, paragrafo 1, di tale legge prevede un’accisa, conosciuta come «imposta sul gioco a distanza», prelevata sulla «partecipazione di un soggetto passivo al gioco a distanza in base ad accordi tra tale soggetto e un altro soggetto».

12.      La nozione di «soggetto passivo», come definito dall’articolo 155, paragrafo 2, del FA 2014, ricomprende «qualsiasi soggetto del Regno Unito». Ai sensi dell’articolo 186, paragrafo 1, del FA 2014, il «soggetto del Regno Unito» è definito come «un individuo che vive abitualmente nel Regno Unito» o «una persona giuridica legalmente costituita nel Regno Unito». Gli operatori (compresi i prestatori di servizi di gioco) devono tenere registri adeguati che consentano loro di verificare se i clienti vivano abitualmente nel Regno Unito («soggetto del Regno Unito») o al di fuori di esso (v. la guida HMRC, pubblicata conformemente a quanto prescritto dall’articolo 187 del FA 2014). In particolare, gli operatori, devono controllare l’indirizzo del cliente (su un estratto conto, associato ad una carta di credito, o sulla patente di guida) o il suo numero telefonico fornito come recapito. Se vi sono due o più indicatori di una localizzazione nel Regno Unito, gli operatori devono trattare tale cliente come soggetto del Regno Unito e presentare una dichiarazione agli HMRC.

13.      L’imposta sul gioco a distanza è applicabile ad un’aliquota del 15% dei «profitti del prestatore di servizi di gioco a distanza» relativi al gioco a distanza per un esercizio contabile. In sostanza, possono essere calcolate come profitti le puntate ricevute, detratte le vincite pagate (v. articolo 157 del FA 2014).

14.      Ai sensi dell’articolo 162 del FA 2014: «Un prestatore di servizi di gioco è responsabile per qualsiasi imposta sul gioco a distanza applicata sui suoi profitti relativi al gioco a distanza durante un esercizio contabile».

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

15.      La GBGA è un’associazione professionale composta prevalentemente da operatori del gioco d’azzardo stabiliti a Gibilterra, i quali prestano servizi di gioco d’azzardo a distanza a clienti nel Regno Unito e altrove. Almeno il 55% dei servizi di gioco d’azzardo a distanza forniti a clienti stabiliti nel Regno Unito è offerto da società stabilite a Gibilterra e quasi il 90% dell’attività economica generata da clienti stabiliti nel Regno Unito nel mercato del gioco d’azzardo a distanza ivi presente non era soggetto, [prima del nuovo regime fiscale], al versamento di un’accisa all’erario di tale paese.

16.      Secondo il regime fiscale precedente al nuovo regime fiscale, la normativa fiscale del Regno Unito applicabile prevedeva che i prestatori di servizi di gioco d’azzardo a distanza ivi stabiliti versassero in tale paese un’imposta pari al 15% dei loro profitti lordi derivanti dai servizi di gioco d’azzardo a distanza forniti a clienti, a prescindere dal luogo di residenza. Secondo il giudice del rinvio, era pacifico che tale imposta poteva essere correttamente definita come imposta legata al «luogo della prestazione». I prestatori di servizi di gioco d’azzardo a distanza stabiliti al di fuori del Regno Unito (compreso a Gibilterra) non pagavano nel Regno Unito alcuna imposta su detti servizi, da essi forniti a soggetti all’interno di tale paese e goduti da questi ultimi. I prestatori di servizi di gioco d’azzardo a distanza stabiliti a Gibilterra pagavano a Gibilterra le imposte sui propri succitati servizi, forniti in tutto il mondo, a) ad un’aliquota dell’1% della cifra d’affari soltanto sulle scommesse a quota fissa online e scambi di scommesse online, e b) ad un’aliquota dell’1% del profitto lordo o degli introiti del gioco in relazione ai casinò online. Secondo il giudice del rinvio era altresì pacifico che tale imposta poteva essere correttamente definita come imposta legata al «luogo della prestazione».

17.      La GBGA impugna dinanzi al giudice del rinvio il nuovo regime fiscale del Regno Unito per talune imposte sul gioco d’azzardo introdotte dal FA 2014. Essa censura il fatto che i prestatori di servizi di gioco d’azzardo a distanza stabiliti a Gibilterra non sono più in grado di fornire tali servizi a soggetti del Regno Unito al netto da imposte in quest’ultimo paese. Tali prestatori sosterranno spese aggiuntive per conformarsi al nuovo regime fiscale e al nuovo quadro normativo e, fino quando non vi sarà un accordo sulla doppia imposizione o fino a quando Gibilterra non cambierà il proprio regime fiscale, pagheranno imposte tanto nel Regno Unito quanto a Gibilterra sulla medesima attività commerciale con soggetti del Regno Unito.

18.      Nell’ambito di tale procedimento, con ordinanza del 21 settembre 2015, ricevuta dalla Corte il 13 novembre 2015, la High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), Divisione del Queen’s Bench (Sezione per questioni di diritto amministrativo), (Regno Unito)] ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«(1)      Ai fini dell’articolo 56 TFUE e alla luce dei rapporti costituzionali tra Gibilterra e il Regno Unito:

(1)      Se ai fini del diritto dell’Unione Gibilterra e il Regno Unito debbano essere trattati come se facessero parte di un unico Stato membro, cosicché l’articolo 56 TFUE non troverebbe applicazione, se non nei limiti in cui esso possa essere applicato ad una misura interna. Oppure:

(2)      Se, alla luce dell’articolo 355, paragrafo 3, TFUE, Gibilterra abbia lo status costituzionale di territorio separato dal Regno Unito all’interno dell’Unione europea, cosicché la prestazione di servizi tra Gibilterra e il Regno Unito deve essere trattata al pari degli scambi all’interno dell’Unione ai fini dell’articolo 56 TFUE. Oppure:

(3)      Se Gibilterra debba essere trattata come un paese o un territorio terzo, con la conseguenza che il diritto dell’Unione si applica solo con riferimento agli scambi tra i due in circostanze in cui il diritto dell’Unione ha effetto tra uno Stato membro e uno Stato non membro. Oppure:

(4).      Se i rapporti costituzionali tra Gibilterra e il Regno Unito debbano essere trattati in altro modo ai fini dell’articolo 56 TFUE.

(2)      Se misure nazionali di imposizione che presentano caratteristiche quali quelle presenti nel nuovo regime fiscale costituiscano una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’articolo 56 TFUE.

(3)      Ove così fosse, [la Corte stabilisca] se gli obiettivi, che il giudice del rinvio ha accertato essere perseguiti da misure interne (quali il nuovo regime fiscale), costituiscano obiettivi legittimi idonei a giustificare la restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’articolo 56 TFUE».

19.      La GBGA e i governi del Regno Unito, del Belgio, della Repubblica ceca, d’Irlanda, della Spagna, del Portogallo e di Gibilterra hanno presentato osservazioni scritte, analogamente alla Commissione europea. Tutti, tranne la Repubblica ceca, hanno svolto le loro difese all’udienza tenutasi il 4 ottobre 2016.

 Analisi

 Prima questione: applicabilità dell’articolo 56 TFUE a una situazione circoscritta a Gibilterra e al Regno Unito

20.      Con la prima questione il giudice del rinvio chiede essenzialmente se l’articolo 56 TFUE possa essere invocato da un individuo in una situazione le cui circostanze di fatto sono circoscritte al Regno Unito e a Gibilterra.

 Problema: possibilità di invocare l’articolo 56 TFUE fra il Regno Unito e Gibilterra

21.      Il giudice del rinvio nutre dubbi, dato che, secondo il governo di Gibilterra, in virtù del suo distinto status costituzionale, la prestazione di servizi da parte di operatori residenti a Gibilterra nei confronti di persone residenti nel Regno Unito è «tutelata» dal diritto dell’Unione europea e qualsiasi restrizione deve essere giustificata. Ad avviso del governo di Gibilterra, tale principio non dipende dall’analisi della reale esistenza di effetti reali o potenziali sugli scambi tra gli Stati membri all’interno dell’Unione europea.

22.      Per quanto possa apparire sorprendente, la Corte non è stata ancora chiamata a stabilire se la libera prestazione dei servizi si applichi fra il Regno Unito e Gibilterra. Inoltre, a quanto mi consta, nemmeno la dottrina si è soffermata sulla questione del rapporto fra Gibilterra e il Regno Unito in relazione alla libera prestazione dei servizi. In questa fase posso soltanto intuirne il motivo: per il fatto che, generalmente, si ritiene che la risposta non possa che essere che le situazioni intercorrenti fra il Regno Unito e Gibilterra sono puramente interne quando si tratta della libera prestazione dei servizi ai sensi dell’articolo 56 TFUE. In ogni caso, ritengo che la fattispecie riguardi una situazione puramente interna; questo significa che l’articolo 56 TFUE non può essere invocato.

23.      Di seguito illustrerò le ragioni.

 Disposizioni del Trattato: articoli 52 TUE e 355 TFUE

24.      Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, TUE, i Trattati si applicano ai 28 Stati membri. Questa norma conferma un principio generale di diritto internazionale pubblico, secondo il quale le organizzazioni internazionali non dispongono di un territorio proprio ma sono composte dai territori degli Stati membri partecipanti (5). Inoltre, l’articolo 29 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969 (6) sancisce che, salvo che un diverso intendimento non risulti dal trattato o non sia stato altrimenti accertato, un trattato vincola ciascuna delle parti per tutto l’insieme del suo territorio. Il territorio di uno Stato membro è determinato dal diritto interno e dal diritto internazionale pubblico (7).

25.      L’articolo 52, paragrafo 2, TUE aggiunge che il campo di applicazione territoriale dei trattati è precisato all’articolo 355 TFUE.

26.      L’articolo 355, paragrafo 3, TFUE prevede, a sua volta, che, oltre alle disposizioni dell’articolo 52 TUE, le disposizioni dei Trattati si applicano ai territori europei di cui uno Stato membro assume la rappresentanza nei rapporti con l’estero. L’origine di tale disposizione risiede nell’articolo 79 del Trattato di Parigi del 1951 che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (8). La disposizione originaria del Trattato CECA era stata concepita per la regione della Saar (9). Successivamente, sia il Trattato CEE (10), sia il Trattato Euratom (11) contenevano una norma di tenore paragonabile. Attualmente alla situazione di Gibilterra si considera applicabile l’articolo 355, paragrafo 3, TFUE. Ciò è stato confermato dalla Corte, come si vedrà più dettagliatamente in prosieguo (12). Inoltre, nella dichiarazione n. 55, giuridicamente non vincolante ma nondimeno esplicativa, allegata all’Atto finale della conferenza intergovernativa che ha adottato il Trattato di Lisbona, il Regno di Spagna e il Regno Unito dichiarano che «i trattati si applicano a Gibilterra come territorio europeo di cui uno Stato membro assume la rappresentanza nei rapporti con l’estero» e che «ciò non implica modifiche delle posizioni degli Stati membri interessati».

27.      Come giustamente rilevato anche dal governo di Gibilterra, si può pertanto ragionevolmente concludere che l’applicazione del diritto dell’Unione a Gibilterra deriva da una disposizione del Trattato (articolo 355, paragrafo 3, TFUE) diversa da quella applicabile al Regno Unito (articolo 52, paragrafo 1, TUE).

28.      L’articolo 355, paragrafo 3, TFUE non si esprime sul rapporto fra il Regno Unito e Gibilterra per quanto concerne l’applicazione delle libertà fondamentali. Tutto ciò che emerge direttamente da tale norma è che il diritto dell’Unione è applicabile a Gibilterra.

 Giurisprudenza su Gibilterra

29.      In diverse occasioni la Corte si è occupata di situazioni che, in un modo o nell’altro, riguardavano Gibilterra.

–       Causa C145/04, Spagna/Regno Unito

30.      La suddetta causa costituisce uno dei rari casi in cui uno Stato membro ha proposto un ricorso per inadempimento contro un altro Stato membro ai sensi dell’articolo 259 TFUE. Il Regno di Spagna riteneva che il Regno Unito avesse violato il diritto dell’Unione in ragione delle modalità con cui aveva organizzato la partecipazione degli abitanti di Gibilterra alle elezioni per il Parlamento europeo e, in particolare, per aver fatto votare anche persone che risiedono in quel territorio ma non possiedono la cittadinanza di uno Stato membro né quindi la cittadinanza dell’Unione. In quella causa, la Corte veniva invitata principalmente a stabilire se il Regno Unito potesse riconoscere il diritto di voto alle elezioni per il Parlamento europeo a persone residenti a Gibilterra ma prive della cittadinanza di uno Stato membro e, quindi, della cittadinanza dell’Unione. La Corte ha respinto il ricorso presentato dal Regno di Spagna (13).

31.      La ragione per cui cito detta causa in questa sede risiede nel fatto che essa fornisce una chiara panoramica storica e politica, di utilità generale per la causa in esame.

32.      Come ricordato dalla Corte, «Gibilterra è stata ceduta dal Re di Spagna alla Corona britannica con il trattato di Utrecht, concluso fra il primo e la Regina di Gran Bretagna il 13 luglio 1713, nell’ambito dei trattati che hanno posto fine alla guerra di successione spagnola. L’art. X, seconda frase, di tale trattato precisa che, qualora la Corona britannica intendesse cedere, vendere o alienare in qualunque altro modo la proprietà della città di Gibilterra, essa dovrebbe riconoscere alla Corona di Spagna un diritto di prelazione rispetto a qualunque altro interessato. Gibilterra è attualmente una colonia della Corona britannica. Essa non fa parte del Regno Unito. Il potere esecutivo è esercitato da un governatore nominato dalla Regina e, per determinate materie interne, da un Chief minister e da ministri eletti a livello locale. Questi ultimi sono responsabili dinanzi all’assemblea legislativa (House of Assembly), eletta ogni cinque anni. L’assemblea legislativa vota le leggi relative a determinate materie interne. Il governatore può tuttavia rifiutarsi di promulgare una legge. Anche il Parlamento del Regno Unito e la Regina nell’ambito del suo Consiglio privato (Queen in Council) hanno il potere di emanare leggi applicabili a Gibilterra. Gibilterra è dotata di propri organi giurisdizionali. Sussiste tuttavia la possibilità di ricorrere, contro le sentenze della massima autorità giurisdizionale di Gibilterra, dinanzi alla sezione giudiziaria del Consiglio privato (Judicial Committee of the Privy Council). In base al diritto comunitario, Gibilterra è un territorio europeo di cui uno Stato membro assume la rappresentanza nei rapporti con l’estero, ai sensi dell’[articolo 355, paragrafo 3, TFUE] e a cui si applicano le disposizioni del Trattato CE. L’atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e agli adattamenti dei Trattati (GU 1972, L 73, pag. 14) prevede tuttavia che talune parti del Trattato non si applichino a Gibilterra». (14)

33.      Pertanto, la Corte è già consapevole del fatto che Gibilterra non fa effettivamente parte del Regno Unito.

–       Causa C30/01, Commissione/Regno Unito

34.      Nella causa C‑30/01, Commissione/Regno Unito, la Commissione ha chiesto alla Corte di dichiarare che il Regno Unito aveva omesso, per quanto riguarda Gibilterra, di adottare un certo numero di disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a una serie di atti di diritto derivato relativi al mercato interno dell’UE riguardanti la libera circolazione delle merci.

35.      Nel respingere il ricorso della Commissione, la Corte ha dichiarato che l’esclusione di Gibilterra dal territorio doganale dell’Unione europea comporta che ad essa non si applicano né le norme del Trattato relative alla libera circolazione delle merci né quelle del diritto dell’Unione derivato miranti, relativamente alla libera circolazione delle merci, ad assicurare un ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri, conformemente agli articoli 114 e 115 TFUE (15). Questa, a mio parere, è una conclusione logica alla luce del fatto che Gibilterra, come visto supra, è esclusa dal territorio doganale dell’Unione. A tal proposito, pertanto, come osservato dall’avvocato generale Tizzano in tale causa, «Gibilterra [deve] essere considerata alla stregua di un Paese terzo ai fini delle disposizioni comunitarie sulla circolazione delle merci» (16).

36.      A parte ciò, dalla causa C‑30/01 emerge che, allorché si tratta della situazione di Gibilterra, i ricorsi per inadempimento ai sensi degli articoli 258 e seguenti TFUE sono proposti contro il Regno Unito.

37.      A mio avviso questa è una prima indicazione del fatto che, nella causa in esame, siamo di fronte a una situazione puramente interna. È il Regno Unito e non Gibilterra ad aver assunto obblighi nei confronti degli altri Stati membri con la ratifica dei Trattati. Logicamente, pertanto, i ricorsi per inadempimento relativi a Gibilterra sono proposti contro il Regno Unito. Se la libera prestazione dei servizi dovesse applicarsi fra il Regno Unito e Gibilterra ciò comporterebbe, come sottolinea correttamente la Commissione, che in virtù dei Trattati il Regno Unito si assume un obbligo nei confronti di se stesso, il che sarebbe alquanto assurdo.

38.      Inoltre, se i ricorsi per inadempimento non possono essere proposti nei confronti di Gibilterra, logicamente essi non possono neanche essere proposti da quest’ultima, non avendo essa lo status di Stato membro dell’Unione (17). Qualora Gibilterra adottasse una normativa alla quale la Commissione o lo stesso Regno Unito o un altro Stato membro intendessero opporsi a norma dell’articolo 56 TFUE, ciò non potrebbe avvenire ai sensi degli articoli 258 o 259 TFUE. Il Regno Unito dovrebbe persino proporre ricorso contro se stesso per una normativa adottata da Gibilterra, il che sarebbe ancora più assurdo (18).

–       Cause relative alla libera prestazione dei servizi riguardanti scommesse su Internet

39.      Nel contesto specifico della libera prestazione dei servizi ai sensi del Trattato, la Corte ha costantemente considerato che un’impresa con sede a Gibilterra è un operatore privato stabilito in uno Stato membro (19), senza neanche citare l’articolo 355, paragrafo 3, TFUE (20). Ciò significa altresì che tale impresa può godere dei diritti sanciti dall’articolo 56 TFUE e offrire tramite Internet i propri servizi «in uno Stato membro diverso da quello nel quale egli è stabilito» (21). Ovviamente, tali cause dinanzi alla Corte riguardavano esclusivamente una situazione intercorrente fra Gibilterra e uno Stato membro diverso dal Regno Unito.

40.      Ancora una volta, da tali cause non emergono ulteriori spunti. Se, come è pacifico e chiaro, Gibilterra non è un paese terzo, logicamente, ai sensi dell’articolo 56 TFUE deve fare parte di uno Stato membro.

41.      Tuttavia, il giudice del rinvio si domanda se, invece di trattare il Regno Unito e Gibilterra come un’unica entità ai sensi dell’articolo 56 TFUE, sia possibile ritenere che Gibilterra abbia lo status costituzionale di territorio separato dal Regno Unito all’interno dell’Unione europea cosicché le prestazioni di servizi fra Gibilterra e il Regno Unito devono essere trattate come commercio intracomunitario ai sensi dell’articolo 56 TFUE.

42.      Non vedo, in base a qualunque interpretazione dell’articolo 355, paragrafo 3, TFUE, come ciò sarebbe possibile.

 Giurisprudenza relativa agli altri territori

–       Causa C355/89, Barr e Montrose

43.      Il governo di Gibilterra fa riferimento alle conclusioni dell’avvocato generale Jacob nella causa BarreMontrose Holdings, in cui il suddetto avvocato sosteneva che la circolazione dei lavoratori fra il Regno Unito e l’isola di Man «non [era] “meramente intern[a] ad uno Stato membro” poiché (…) l’isola di Man non fa parte del Regno Unito» (22).

44.      Sinceramente non riesco a scorgere un nesso giuridico con la causa in questione, dato che l’isola di Man è soggetta a un regime giuridico differente rispetto a quello di Gibilterra. L’elemento in comune tra l’isola di Man e Gibilterra è il fatto di non fare parte del Regno Unito.

45.      L’articolo 355, paragrafo 5, lettera c), TFUE dispone che, in deroga all’articolo 52 TUE e all’articolo 355, paragrafi da 1 a 4, TFUE, le disposizioni dei Trattati sono applicabili alle isole Normanne ed all’isola di Man soltanto nella misura necessaria per assicurare l’applicazione del regime previsto per tali isole dal Trattato relativo all’adesione di nuovi Stati membri alla Comunità economica europea e alla Comunità europea dell’energia atomica, firmato il 22 gennaio 1972. L’articolo 2 del Protocollo n. 3 dell’Atto di adesione del Regno Unito prevede a sua volta che la libera circolazione dei lavoratori, come sancita dall’articolo 45 TFUE, non si applica all’isola di Man. È logico quindi che, per quanto riguarda l’articolo 45 TFUE, la situazione intercorrente fra il Regno Unito e l’isola di Man non è una situazione puramente interna. La Corte, inoltre, ha affermato, anzi ha confermato che, ai sensi dell’articolo 2 del Protocollo n. 3, i diritti di cui beneficiano i cittadini dell’isola di Man nel Regno Unito non sono pregiudicati dall’Atto di adesione, ma che tale articolo specificava che tali cittadini non beneficiano delle disposizioni comunitarie relative alla libera circolazione delle persone e dei servizi (23) e che né quella norma né altre norme di quel Protocollo potevano essere interpretate nel senso che obbligano le autorità dell’isola di Man a trattare le persone fisiche o giuridiche della Comunità nello stesso modo in cui i cittadini di quest’isola sono trattati nel Regno Unito (24). Pertanto, come sottolinea anche la Commissione, sotto il profilo del diritto dell’Unione europea un cittadino del Regno Unito che si trasferisce sull’isola di Man ha gli stessi diritti di qualsiasi altro cittadino dell’Unione. L’affermazione dell’avvocato generale Jacobs va pertanto considerata in questo contesto e, in quanto tale, non ha rilevanza diretta nella causa in esame.

–       Causa C‑293/02, Jersey Produce Marketing Organisation

46.      Molto più utile per la soluzione della prima questione del presente procedimento è la causa Jersey Produce Marketing Organisation.

47.      Ai produttori di Jersey era stata vietata l’esportazione di patate verso il Regno Unito in assenza di registrazione presso il Jersey Potato Export Marketing Board e di conclusione di un accordo di commercializzazione con quest’ultimo. Detti produttori intendevano far valere l’articolo 35 TFUE. Pertanto, la Corte doveva stabilire se, ai sensi del Trattato FUE, lo scambio di tali beni fra Jersey e il Regno Unito doveva essere trattato come uno scambio di beni fra Stati membri o se, ai fini di tale causa, Jersey e il Regno Unito dovevano essere trattati come facenti parte di un singolo Stato membro.

48.      Proprio come Gibilterra, Jersey non fa parte del Regno Unito. Invero, la Corte stessa ha affermato che essa è, ai sensi dell’articolo 355, paragrafo 3, TFUE, un territorio di cui il detto Stato membro assume la rappresentanza nei rapporti con l’estero (25). La sola differenza nel trattamento giuridico fra Gibilterra e Jersey è che, in relazione a quest’ultima, vige la norma di cui all’articolo 355 paragrafo 5, lettera c), TFUE, che costituisce una lex specialisrispetto all’articolo 355, paragrafo 3, TFUE. Come conseguenza di tale norma speciale, le disposizioni del Trattato non si applicano a Jersey integralmente, ma solo in parte, entro i limiti stabiliti dal particolare regime creato per essa. In tal senso, la situazione giuridica generale di Jersey è identica a quella dell’isola di Man.

49.      Orbene, e questo è il fulcro del problema: la causa Jersey Produce Marketing Organisation riguardava le disposizioni del Trattato sulla libera circolazione delle merci. Diversamente dalla situazione oggetto della causa Barr e Montrose Holdings, nessuna norma del regime speciale era applicabile alle isole Normanne. Di conseguenza, la Corte ha statuito che «ai fini dell’applicazione degli [articoli 28, 30, 34 e 35 TFUE], le isole Normanne, l’isola di Man e il Regno Unito devono essere equiparati ad uno Stato membro» (26).

50.      A mio parere nulla di diverso si può o si dovrebbe affermare in relazione alla situazione di Regno Unito e Gibilterra con riguardo alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’articolo 56 TFUE.

 Ulteriori considerazioni

51.      Il governo di Gibilterra sottolinea che, poiché l’articolo 355, paragrafo 3, TFUE deve essere interpretato facendo riferimento al suo oggetto e scopo, che consiste nel garantire l’effettiva applicazione del diritto dell’Unione in relazione ai territori europei interessati da tale norma, e poiché tale scopo comprende l’istituzione di un mercato interno «senza frontiere interne» (v. articolo 26, paragrafo 2, TFUE), la corretta interpretazione dell’articolo 355, paragrafo 3, TFUE richiede pertanto che sussista la libera circolazione dei servizi fra Gibilterra e il Regno Unito. Basarsi su un’analogia fra Gibilterra e le isole Normanne e l’isola di Man – cui si applica l’articolo 355, paragrafo 5, lettera c), TFUE – sarebbe errato.

52.      Non condivido tale ragionamento.

53.      Applicando tale logica si potrebbe ricondurre qualsiasi situazione interna nell’ambito delle libertà del mercato interno. La Corte si è avvalsa dei termini «senza frontiere interne» di cui all’articolo 26, paragrafo 2, TFUE, a sostegno delle proprie motivazioni. Ad esempio, nella causa Carbonati Apuani, relativa a una tassa sul marmo riscossa sui marmi estratti nel territorio di un determinato comune (27), la Corte ha fatto riferimento all’articolo 26, paragrafo 2, TFUE (28) a sostengo del suo argomento più importante, secondo cui il principio stesso dell’unione doganale esige che sia garantita in generale la libera circolazione delle merci non solo nell’ambito del commercio tra gli Stati membri, ma più ampiamente su tutto il territorio dell’unione doganale (29).

54.      Tali considerazioni hanno specifica attinenza alla creazione di un’unione doganale (30). Qualsiasi demarcazione territoriale, anche interna a uno Stato membro, ha necessariamente conseguenze sulla libera circolazione delle merci attraverso l’Unione. Dette considerazioni non possono pertanto essere trasposte alla libera prestazione dei servizi in quanto tale.

55.      Inoltre, come altresì sottolineato dalla Commissione nelle sue osservazioni, la causa Carbonati Apuani non riguardava soltanto una situazione puramente interna. Invero, la tassa in questione, per la sua natura e i termini in cui era formulata, incideva sul commercio fra gli Stati membri (31). Lo stesso vale per cause precedenti, alle quali la Corte ha fatto specifico riferimento in quella causa (32).

56.      Comunque lo si esamini, l’articolo 56 TFUE parla dei «cittadini degli Stati membri» (33) nel quadro della libera prestazione dei servizi. L’articolo 355, paragrafo 3, TFUE non aggiunge un nuovo Stato membro. Pertanto, Gibilterra e il Regno Unito non possono essere altro se non un solo Stato membro ai fini dell’applicazione dell’articolo 56 TFUE.

57.      In breve, intendo l’articolo 355, paragrafo 3, TFUE nel senso che esso non istituisce diritti (od obblighi) nuovi o supplementari fra il Regno Unito e Gibilterra che si aggiungano a quelli derivanti dal diritto costituzionale del Regno Unito e di Gibilterra.

 Conclusione

58.      Propongo pertanto alla Corte di rispondere alla prima questione nel senso che il Regno Unito e Gibilterra devono essere considerati un solo Stato membro ai fini dell’applicazione dell’articolo 56 TFUE.

 Seconda questione: sull’esistenza di una restrizione ai sensi dell’articolo 56 TFUE

 Natura ipotetica della seconda questione

59.      Con la questione sollevata il giudice del rinvio intende sapere se l’introduzione di un’imposta sul gioco a distanza costituisca una restrizione alla libera prestazione dei servizi ai sensi dell’articolo 56 TFUE.

60.      Poiché le disposizioni del Trattato FUE sulla libera prestazione dei servizi non sono applicabili a una fattispecie i cui elementi si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro (34), la seconda questione è ipotetica.

61.      Tuttavia, per l’ipotesi in cui la Corte dovesse giungere a una conclusione diversa in relazione alla prima questione e ritenere che l’articolo 56 TFUE si applichi alla causa in esame, occorre analizzare tale disposizione.

62.      Lo stesso vale, incidentalmente, nell’eventualità in cui la Corte concluda che, sebbene la controversia di cui al procedimento principale sia circoscritta all’interno di un solo Stato membro (ai sensi dell’articolo 56 TFUE), sussiste un interesse a che la Corte risponda a una questione nel merito per una delle ragioni recentemente sintetizzate nella sentenza Ullens de Schooten (35). Ciò detto, vorrei aggiungere in questa fase qualche parola di avvertimento: supponendo che la situazione in esame sia puramente interna, non vedo come il giudice del rinvio abbia chiarito, in conformità a quanto richiesto dall’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, sotto quale profilo la controversia dinanzi ad esso pendente, malgrado il suo carattere puramente interno, presenta un elemento di collegamento con le disposizioni del diritto dell’Unione relative alle libera prestazione di servizi che rende necessaria l’interpretazione in via pregiudiziale richiesta per la soluzione di tale controversia (36). E ciò in quanto il giudice del rinvio sembra concentrarsi soltanto sulla questione se la situazione oggetto del procedimento principale abbia natura interna o meno e non sulla questione se, nel caso in cui detta situazione fosse interna, sussistano di elementi di collegamento con il diritto dell’Unione.

63.      Le considerazioni che seguono sono quindi svolte unicamente su questa base ipotetica.

 Caratteristiche essenziali del nuovo regime fiscale

64.      Il giudice del rinvio ha rilevato che, dopo l’introduzione del nuovo regime fiscale: 1) l’imposta del Regno Unito (detta anche «imposta sul gioco a distanza») è applicata in relazione alla partecipazione di un «soggetto passivo» al gioco d’azzardo a distanza con prestatori di servizi di gioco d’azzardo a prescindere dal fatto che questi siano stabiliti nel Regno Unito, a Gibilterra o altrove nel mondo; 2) un «soggetto passivo» è qualsiasi soggetto del Regno Unito (un soggetto del Regno Unito che sia, a sua volta, «un individuo che vive abitualmente nel Regno Unito» o «una persona giuridica legalmente costituita nel Regno Unito»); 3) l’aliquota dell’imposta sul gioco a distanza nel Regno Unito è pari al 15% dei profitti del prestatore di servizi di gioco d’azzardo (come definiti) per il periodo pertinente; 4) l’imposta è versata dai prestatori di servizi di gioco d’azzardo e tale versamento è una condizione per la conservazione della loro licenza a prestare i servizi; 5) per calcolare l’importo dei profitti di un prestatore di servizi di gioco in un esercizio contabile rispetto alla normale attività di gioco, si prendono in considerazione le entrate complessive che un prestatore ricava nell’esercizio contabile per la normale attività di gioco, detratto l’importo pagato dal prestatore nel periodo per le vincite in relazione a tale attività di gioco; 6) la parte delle entrate e delle uscite del prestatore di cui si deve tenere conto per determinare i profitti deve essere individuata nei suoi libri e registri e quindi scorporata dalle altre entrate e uscite del prestatore di servizi; 7) il risultato di tale individuazione può, in quanto tale, essere inserito nel calcolo dei profitti del prestatore di servizi derivanti dal complesso delle sue attività; 8) tale risultato viene individuato e quantificato senza considerare eventuali spese amministrative o di altro genere (ad esempio per canoni e stipendi) o l’imposta del 15% dovuta su tale somma (ossia sulla differenza fra le entrate definite e le uscite definite).

65.      Aspetto fondamentale, come rileva il giudice del rinvio, è il fatto che la modifica e l’effetto sostanziali dell’imposta sul gioco a distanza risiedono nell’individuazione e nell’assoggettamento ad imposizione di un determinato ricavo netto ottenuto in un mercato individuato; tale mercato e tale ricavo sono definiti poi in modo identico per tutti i prestatori di servizi di gioco a distanza in tale mercato.

 «Extraterritorialità»

66.      La GBGA e il governo di Gibilterra affermano che le imposte esigibili ai sensi del nuovo regime fiscale devono essere considerate come imposte extraterritoriali, dal momento che non sono imposte sul consumo o sui consumatori, bensì imposte sui profitti dei prestatori stabiliti al di fuori del Regno Unito. Poiché l’imposta viene fissata al 15% dei profitti lordi di un prestatore derivanti dal gioco d’azzardo, ossia le «puntate nette» – vale a dire le entrate complessive che un prestatore ricava da soggetti del Regno Unito detratto l’importo pagato per le vincite a soggetti di detto paese, l’imposta medesima è determinata come proporzione fissa di quanto ricavato complessivamente dal prestatore dalle operazioni di gioco d’azzardo con soggetti del Regno Unito. Dal momento che il prestatore non ottiene un profitto da ogni operazione (giacché talvolta il giocatore vince), essa non può essere intesa come un’imposta sulla partecipazione ad attività di gioco d’azzardo. I consumatori possono giocare a lungo, ma, nella misura in cui vincono, non sarà dovuta dall’operatore alcuna imposta con riferimento al loro consumo. Poiché le puntate nette vengono calcolate globalmente su un periodo di tre mesi, non è possibile imputare alcuna parte dell’imposta dovuta dall’operatore ad un particolare consumo di servizi di gioco da parte di un consumatore.

67.      L’argomentazione opposta, addotta dal governo del Regno Unito, verte sul fatto che il nuovo regime fiscale prevede imposte interne sul gioco d’azzardo di natura non discriminatoria. Esso assoggetta ad imposizione attività economiche consistenti nella fruizione di servizi di gioco d’azzardo nel Regno Unito da parte di soggetti che vivono abitualmente in tale paese o di società dello stesso. L’imposta sul gioco a distanza si applica alla partecipazione di un soggetto passivo al gioco a distanza. Il soggetto passivo è il destinatario del servizio di gioco, sebbene l’imposta sia dovuta dal prestatore del servizio di gioco. L’imposta dovuta in relazione a tale partecipazione non viene calcolata con riferimento ai profitti del prestatore del servizio, bensì facendo riferimento agli importi ottenuti dalle attività di gioco detratti gli importi pagati dal prestatore del servizio a titolo di vincite. Si tratta perciò di un’imposta sulle puntate nette complessive. A prescindere dal metodo di calcolo, rimane un’imposta sulla partecipazione ai giochi a distanza. Non si tratta, pertanto, di un’imposta extraterritoriale.

68.      A mio avviso, il termine «extraterritorialità» risulta infelice nell’ambito della presente causa. Di norma, in assenza di armonizzazione, uno Stato (membro) è libero, in virtù della propria sovranità fiscale, di stabilire unilateralmente chi assoggettare a imposta e a quali condizioni, sia per quanto riguarda le imposte dirette sia per quanto concerne quelle indirette. Soltanto in casi estremi, in cui non può essere stabilito alcun collegamento con il suo potere impositivo, si può parlare di imposta vietata per la sua natura extraterritoriale.

69.      Nel caso in esame, tuttavia, vi sono chiari collegamenti con il Regno Unito. Il punto di partenza è il consumo da parte di un soggetto del Regno Unito che, in modo preponderante, è un consumo avente fisicamente luogo nel Regno Unito. Inoltre, come rileva il giudice del rinvio, il pagamento dell’imposta costituisce per il prestatore di attività di gioco d’azzardo un presupposto per mantenere la licenza per la prestazione dei servizi a clienti nel Regno Unito. Pertanto è difficile parlare di una tassa illegale per una presunta extraterritorialità.

 Imposta diretta o indiretta?

70.      Per quanto riguarda la questione se l’imposta in esame costituisca un’imposta diretta o indiretta, ritengo che essa non sia pertinente nel contesto che ci occupa. Entrambe sono valutate allo stesso modo alla luce della libera prestazione dei servizi. Inoltre, non sono in grado di fornire una risposta definitiva a tale questione che, a mio giudizio, dovrebbe essere lasciata al giudice del rinvio.

71.      Vi sono tanto elementi che indicano che l’imposta sul gioco a distanza è un’imposta diretta sulla fornitura di servizi offerti da Gibilterra, quanto elementi per cui essa appare come un’imposta sul consumo realizzato nel Regno Unito.

72.      Gli elementi indicativi di un’imposta diretta sono i seguenti: mi sembra che l’onere economico dell’imposta sia, in definitiva, sopportato dal fornitore del servizio e che, a tale riguardo, l’imposta in questione si avvicini a un’imposta sui profitti. Inoltre, non ritengo che l’imposta sia già compresa nel prezzo del servizio offerto al consumatore. Lo stesso giudice del rinvio rileva a tal proposito che l’effetto del nuovo regime fiscale consiste nell’assoggettare ad imposizione una determinata parte delle entrate di un prestatore di servizi, detratta una determinata parte delle sue uscite. La definizione e quindi la valutazione di tale parte dei profitti è collegata alla fonte dell’attività economica ossia, in termini generali, il mercato del Regno Unito.

73.      Detto questo, ciò che innesca l’intera operazione di assoggettamento ad imposta è la fruizione di servizi di gioco d’azzardo da parte del consumatore (un soggetto del Regno Unito), anche se non è tassato tutto il consumo, essendo escluso quello che porta a una vincita del consumatore.

 Luogo del consumo

74.      Resta da analizzare più approfonditamente la questione specifica del consumo.

75.      La GBGA e il governo di Gibilterra contestano il fatto che le imposte in questione non sono limitate al consumo effettivo che avviene nel Regno Unito, perché il cliente, ossia il soggetto passivo ai sensi del nuovo regime fiscale, può non trovarsi nel Regno Unito al momento dell’operazione.

76.      Quest’argomento non mi convince; mi sembra anzi che tenti di sovvertire il principio secondo cui un’operazione via Internet può e deve sempre avere un collegamento con uno specifico Stato (membro). È certamente vero che una persona residente nel Regno Unito e registrata come soggetto del Regno Unito con gli estremi della sua carta di credito può partecipare a un gioco d’azzardo online, ossia effettuare un’operazione, mentre si trova in vacanza da qualche altra parte all’estero. Tuttavia, non è questo il problema. L’aspetto fondamentale è dato dalla giurisdizione cui detto soggetto è sottoposto. Se un soggetto è registrato nel Regno Unito perché in quel luogo si trova il centro dei suoi interessi, comprendo allora pienamente che, ai fini dell’imposta sul consumo, il suo consumo si considera avvenuto nel Regno Unito.

77.      In altri termini: solo perché Internet è così universale e solo per il fatto che si possono effettuare operazioni senza trovarsi fisicamente nel proprio Stato membro di origine non significa che il consumo non abbia luogo in quello Stato membro. Uno Stato membro può pertanto determinare il luogo del consumo, anche se, in alcuni casi, vi è una divergenza fra il luogo fisico in cui si trova il consumatore e il luogo di consumo stabilito.

78.      Ciò può anche condurre a situazioni in cui diversi Stati assoggettano a tassazione il medesimo consumo, come quando un consumatore del Regno Unito consuma mentre viaggia. Tuttavia, come si vedrà in prosieguo, tale doppia imposizione non determina in quanto tale una violazione dell’articolo 56 TFUE.

 Restrizione?

79.      Ai sensi dell’articolo 56 TFUE, sono vietate le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione.

80.      Come è noto, l’articolo 56 TFUE impone non solo l’eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti dei prestatori di servizi in base alla cittadinanza o al fatto che essi siano stabiliti in uno Stato membro diverso da quello in cui deve essere effettuata la prestazione, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, quando sia tale da vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro, ove fornisca legittimamente servizi analoghi (37).

81.      In base a una siffatta lettura estensiva dell’articolo 56 TFUE, le misure in questione sono tali da rendere meno attraente l’esercizio della libera prestazione dei servizi fra Gibilterra e il Regno Unito. Dal momento che costituiscono un onere aggiuntivo per gli operatori economici di Gibilterra, si potrebbe essere inclini a pensare che esse costituiscano una restrizione ai sensi dell’articolo 56 TFUE.

82.      Il problema di tale approccio è che, quando si tratta di imposte nazionali, il mero assoggettamento ad imposta comporta una restrizione. Invero, l’applicazione di qualsiasi imposta ostacola l’attività economica o la scoraggia (38). Spesso, è proprio questo lo scopo della tassazione. È questa la ragione per cui la Corte, come ritengo si possa oramai tranquillamente considerare, adotta un approccio più flessibile quando si tratta di imposte nel quadro delle libertà del mercato interno, in particolare della libera prestazione dei servizi, della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali.

83.      L’avvocato generale Kokott è stata la più esplicita a tal proposito e, in varie sue conclusioni (39), ha sostenuto ripetutamente e ampiamente un approccio più articolato in materia tributaria. Mi avvarrò in questa fase delle sue argomentazioni, poiché ritengo che stiano alla base delle motivazioni della Corte nelle relative cause.

84.      Se un’imposta fosse passibile di «un controllo sotto il profilo del diritto dell’Unione alla luce delle libertà fondamentali anche nei casi in cui non è applicata né palesemente né dissimulatamente in modo discriminatorio e, pertanto, viene applicata allo stesso modo a tutti cittadini dell’Unione, anche la decisione di uno Stato membro di applicare un’imposta ad una determinata fattispecie e qualsiasi aumento di tale imposta avrebbero una rilevanza sotto il profilo del diritto dell’Unione. Con ciò si finirebbe col violare la potestà impositiva degli Stati membri, loro spettante in base alla vigente ripartizione delle competenze dell’Unione. Un’imposta applicata in modo assolutamente non discriminatorio, pertanto, non può comportare, in linea di principio, una restrizione ad una libertà fondamentale» (40).

85.      Ciò detto, la Corte ha individuato la possibilità di una restrizione ai sensi dell’articolo 56 TFUE quando un’imposta viene applicata con un’aliquota proibitiva (41). Nel caso di cui trattasi, tuttavia, non è possibile sostenere che il 15% costituisca un’aliquota proibitiva.

86.      Di conseguenza, l’imposta sul gioco a distanza non costituisce una restrizione ai sensi dell’articolo 56 TFUE, qualora si applichi indistintamente tanto agli operatori economici del Regno Unito quanto a quelli esterni ad esso e non sia discriminatoria. Esaminerò più avanti quest’ultimo aspetto.

 Doppia imposizione

87.      La questione della doppia imposizione è indissolubilmente connessa a quella sulla restrizione ai sensi dell’articolo 56 TFUE. Come sottolinea correttamente la Commissione nelle sue osservazioni, l’esistenza di una doppia imposizione non costituisce una restrizione. In mancanza di armonizzazione, la doppia imposizione, in quanto tale, non è vietata dalle libertà fondamentali ma è una semplice conseguenza del principio che gli Stati (membri) hanno potere impositivo, derivante dalla loro sovranità fiscale (42).

88.      A proposito delle imposte dirette, secondo giurisprudenza consolidata della Corte la doppia imposizione non è contraria alle libertà fondamentali (43).

 Discriminazione?

89.      La presente causa rappresenta tuttavia un’ipotesi di discriminazione fra gli operatori del gioco d’azzardo stabiliti nel Regno Unito e quelli stabiliti a Gibilterra. Se così fosse, allora effettivamente, sussisterebbe una violazione dell’articolo 56 TFUE, qualora siffatta discriminazione non fosse giustificata.

90.      L’articolo 56 TFUE sancisce anche l’abolizione delle discriminazioni fra i cittadini degli Stati membri in relazione alla libera prestazione dei servizi. Questa norma, pertanto, è un’espressione particolare del principio generale di non discriminazione sotteso ai Trattati (44).

91.      La GBGA e il governo di Gibilterra sostengono che le imposte esigibili ai sensi del nuovo regime fiscale sono (indirettamente) discriminatorie. Sebbene indistintamente applicabile, il nuovo regime fiscale pone i prestatori di servizi di gioco d’azzardo al di fuori del Regno Unito, compresi quelli stabiliti a Gibilterra, in una situazione di particolare svantaggio rispetto ai prestatori stabiliti nel Regno Unito. Ciò in quanto i prestatori di servizi a Gibilterra saranno assoggettati a una doppia imposizione in relazione ai servizi da essi forniti ai soggetti del Regno Unito, diversamente dagli operatori stabiliti nel Regno Unito che forniscano servizi agli stessi consumatori.

92.      Non condivido tale ragionamento.

93.      Piuttosto, come sostiene il Regno Unito, il nuovo regime fiscale prevede imposte interne sul gioco d’azzardo prive di natura discriminatoria. Pur creando un costo aggiuntivo per i prestatori di servizi, il nuovo regime fiscale si applica allo stesso modo a tutti i prestatori di servizi di gioco d’azzardo che svolgono un’attività economica nell’ambito del mercato del gioco d’azzardo del Regno Unito, a prescindere dal luogo in cui sono stabiliti. In quanto tale, esso non è quindi atto a restringere la libera prestazione dei servizi ai sensi dell’articolo 56 TFUE.

94.      Mi sembra chiaro che se l’applicazione di un’imposta avesse un impatto maggiore sulle situazioni transfrontaliere rispetto alle situazioni puramente interne vi sarebbe di fatto una violazione del principio della libera prestazione dei servizi. Ciò non si verifica però nel caso in questione.

95.      La fattispecie in esame non è un caso di discriminazione. L’imposta in questione si applica indistintamente ai fornitori di servizi, indipendente dal fatto se siano stabiliti o meno nel Regno Unito. Ancora una volta, come evidenziato dallo stesso giudice del rinvio, la modifica e l’effetto sostanziali dell’imposta sul gioco a distanza risiedono nell’individuazione e nell’assoggettamento a tassazione di un determinato ricavo netto ottenuto in un mercato individuato; tale mercato e tale ricavo sono definiti poi in modo identico per tutti i prestatori di servizi di gioco d’azzardo in tale mercato.

96.      Ciò che in realtà la GBGA e il governo di Gibilterra mettono in discussione è il principio della potestà impositiva del Regno Unito e la questione della doppia imposizione. Tale questione però è stata già affrontata in queste conclusioni.

 Conclusione

97.      Ritengo pertanto che l’articolo 56 TFUE non osti all’applicazione di misure tributarie nazionali con caratteristiche come quelle rilevate nel sistema dell’imposta sul gioco a distanza.

 Terza questione

98.      Con la terza questione il giudice del rinvio intende accertare se sia giustificata una limitazione all’articolo 56 TFUE.

99.      Alla luce delle risposte fornite alla prima e alla seconda questione, la questione è ipotetica. Le considerazioni che seguono sono quindi esposte per il caso in cui la Corte dovesse ritenere che, nel procedimento in esame, non sussista una situazione puramente interna e che vi sia una restrizione alla libera prestazione dei servizi.

100. Il Regno Unito afferma che il nuovo regime fiscale persegue i seguenti scopi legittimi: 1) consentire condizioni analoghe per gli operatori del Regno Unito e gli operatori d’oltremare; 2) garantire che il Regno Unito possa esercitare una corretta supervisione fiscale sul mercato del gioco d’azzardo, inclusa una riduzione al minimo del rischio che gli operatori eludano le imposte sull’attività economica con consumatori del Regno Unito, in base al principio della territorialità fiscale (45); 3) consentire al Regno Unito di mantenere la coerenza del proprio regime fiscale (46), e 4) aumentare il gettito fiscale.

101. Per quanto concerne l’ultimo punto, ossia l’aumento del gettito fiscale, nella sua costante giurisprudenza la Corte ha dichiarato che il solo obiettivo di incrementare al massimo gli introiti del pubblico erario non può consentire una restrizione alla libera prestazione dei servizi (47)Tuttavia, la circostanza che una restrizione delle attività di gioco d’azzardo rechi accessoriamente beneficio al bilancio dello Stato membro interessato non impedisce a detta restrizione di essere giustificata, se e in quanto essa anzitutto persegua realmente obiettivi relativi a motivi imperativi di interesse generale (48) Pertanto, pur se l’aumento del gettito fiscale non costituisce un motivo giustificativo di per sé, esso non costituisce un ostacolo qualora vi siano validi motivi giustificativi, i quali accessoriamente conducono ad un incremento del gettito fiscale.

102. Per quanto riguarda gli altri tre motivi giustificativi proposti dal Regno Unito, non avrei obiezioni rispetto ai motivi in sé considerati. Tuttavia, relativamente al test di proporzionalità, poiché il giudice del rinvio ha fornito scarse informazioni, non sono in grado di offrire indicazioni adeguate. Spetterà pertanto al giudice del rinvio stabilire se l’imposta sul gioco a distanza sia idonea e necessaria per conseguire gli scopi invocati dal Regno Unito.

 Conclusione

103. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), Divisione del Queen’s Bench (Sezione per questioni di diritto amministrativo), (Regno Unito)] nel modo seguente:

Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e Gibilterra devono essere considerati un solo Stato membro ai fini dell’applicazione dell’articolo 56 TFUE.


1      Lingua originale: l’inglese.


2 –      Più precisamente: un’isola, un certo numero di isole minori e parte di un’isola.


3 –      Del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU 1972, L 73, pag. 14).


4 –      Ciò risulta ora chiaramente anche dall’articolo 4 del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione (GU 2013, L 269, pag. 1).


5 –      V. Kokott, J., in Streinz, R. (a cura di), EUV/AEUV, Beck, seconda edizione, Munich 2012, Artikel 52 EUV, punto 1.


6 –      United Nations Treaty Series, vol. 788, pag. 354.


7 –      V. in proposito anche sentenza del 29 marzo 2007, Aktiebolaget NN (C‑111/05, EU:C:2007:195, punto 54), in cui la Corte ha statuito, con riferimento all’articolo 299 CE, predecessore dell’articolo 355 TFUE, che «mancando nel Trattato definizioni più precise del territorio compreso nella sovranità di ogni Stato membro, spetta ad ogni Stato membro stabilire l’estensione e i limiti di tale territorio, conformemente alle regole del diritto internazionale pubblico».


8 –      V. articolo 79, primo comma, del trattato CECA: «Il presente trattato è applicabile ai territori europei delle Alte Parti Contraenti. Esso si applica parimenti ai territori europei di cui uno Stato firmatario assuma le relazioni con l’estero; per quanto concerne la Sarre, al presente trattato sono allegate le lettere scambiate tra il governo della Repubblica federale tedesca e il governo della Repubblica francese».


9 –      È interessante notare che la questione della Saar è stata risolta con l’entrata in vigore del Trattato di Roma il 1o gennaio 1958. Tuttavia, la pertinente disposizione del Trattato CECA è stata riprodotta nel Trattato CEE, sebbene la situazione della Saar fosse stata affrontata nel Saarvertrag del 1956, in seguito al quale la Saar è divenuta il decimo Bundesland della Repubblica federale di Germania in data 1o gennaio 1957. La piena integrazione economica nella Repubblica federale, compresa l’introduzione del marco tedesco, è avvenuta a metà del 1959.


10 –      V. articolo 227, paragrafo 4, del Trattato CEE, divenuto, con la nuova numerazione a seguito del Trattato di Amsterdam, l’articolo 299, paragrafo 4, del Trattato CE. Il testo di tale norma, ora contenuto all’articolo 355, paragrafo 3, TFUE, è rimasto invariato dal 1957.


11 –      V. articolo 198, secondo comma, del Trattato Euratom.


12 –      V. sentenza del 12 settembre 2006, Spagna/Regno Unito (C‑145/04, EU:C:2006:543, punto 19).


13 –      V. sentenza del 12 settembre 2006, Spagna/Regno Unito(C‑145/04, EU:C:2006:543, punto 80). Tale causa, che fornisce un buon esempio di collaborazione fra le Corti di Strasburgo e Lussemburgo, ha avuto in definitiva ad oggetto l’esecuzione da parte del Regno Unito della sentenza Matthews della Corte europea dei diritti dell’uomo. V. sentenza della Corte EDU del 18 febbraio 1999, n. 24833/94, Matthews/Regno Unito, ECLI:CE:ECHR:1999:0218JUD002483394.


14 –      V. sentenza del 12 settembre 2006, Spagna/Regno Unito (C‑145/04, EU:C:2006:543, punti da 14 a 19). V. anche sentenza del 30 aprile 2002, Government of Gibraltar/Commissione (T‑195/01 e T‑207/01, EU:T:2002:111, punto 12).


15 –      V. sentenza del 23 settembre 2003, Commissione/Regno Unito (C‑30/01, EU:C:2003:489, punto 59).


16 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Tizzano in Commissione/Regno Unito (C‑30/01, EU:C:2003:25, paragrafo 62).


17 –      V. articolo 259 TFUE.


18 –      Né, incidentalmente, Gibilterra può proporre un ricorso per annullamento sulla base dell’articolo 263, primo comma, TFUE; v. sentenza del 29 giugno 1993, Gibilterra/Consiglio (C‑298/89, EU:C:1993:267, punto 14). Nell’ambito dei ricorsi di annullamento contro atti dell’Unione europea essa è considerata un ricorrente non privilegiato, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, che può proporre ricorso solo conformemente alle condizioni restrittive di cui a tale norma.


19 –      V. ad esempio, sentenza dell’8 settembre 2009, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Baw International (C‑42/07, EU:C:2009:519, punto 20). Tale causa riguardava la commercializzazione in Portogallo di taluni giochi d’azzardo offerti tramite Internet da un’impresa con sede a Gibilterra. Al punto 49 della sentenza, la Corte ha rilevato che detta impresa era un «operatore privato stabilito in un altro Stato membro».


20 –      Per contro, l’avvocato generale Bot fa riferimento all’articolo 355, paragrafo 3, TFUE nelle sue conclusioni nella causa Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Baw International (C‑42/07, EU:C:2008:560, paragrafi 184 e segg.), benché, ai paragrafi 225 e 232, prosegua assumendo che l’impresa in questione era stabilita in uno Stato membro.


21 –      V. sentenza dell’8 settembre 2010, Carmen Media Group (C‑46/08, EU:C:2010:505, punto 52).


22 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Jacobs in Barr e Montrose Holdings (C‑355/89, EU:C:1991:5, paragrafo 22).


23 –      V. sentenza del 3 luglio 1991, Barr e Montrose Holdings (C‑355/89, EU:C:1991:287, punto 22).


24 –      V. sentenza del 3 luglio 1991, Barr e Montrose Holdings (C‑355/89, EU:C:1991:287, punto 23).


25 –      V. sentenza dell’8 novembre 2005, Jersey Produce Marketing Organisation (C‑293/02, EU:C:2005:664, punto 43).


26 –      V. sentenza dell’8 novembre 2005, Jersey Produce Marketing Organisation (C‑293/02, EU:C:2005:664, punto 54).


27 –      Il comune di Carrara in Toscana (Italia).


28 –      V. sentenza del 9 settembre 2004, Carbonati Apuani (C‑72/03, EU:C:2004:506, punto 23).


29 –      V. sentenza del 9 settembre 2004, Carbonati Apuani (C‑72/03, EU:C:2004:506, punto 22).


30 –      In ogni caso, come visto supra, Gibilterra non fa parte dell’unione doganale.


31 –      V. sentenza del 9 settembre 2004, Carbonati Apuani (C‑72/03, EU:C:2004:506, punto 26).


32 –      V. sentenza del 9 agosto 1994, Lancry e a. (C‑363/93 e da C‑407/93 a C‑411/93, EU:C:1994:315, punto 30); v., nello stesso senso, in relazione a misure aventi effetto equivalente a restrizioni quantitative, sentenze del 15 dicembre 1982, Oosthoek’s Uitgeversmaatschappij (286/81, EU:C:1982:438, punto 9); del 15 dicembre 1993, Ligur Carni e a. (C‑277/91, C‑318/91 e C‑319/91, EU:C:1993:927, punti 36 e 37); del 13 gennaio 2000, TK-Heimdienst (C‑254/98, EU:C:2000:12, punti da 27 a 31), e del 5 dicembre 2000, Guimont (C‑448/98, EU:C:2000:663, punti da 21 a 23).


33      Il corsivo è mio.


34 –      V., per una recentissima affermazione di tale costante giurisprudenza, sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata).


35 –      V. sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C‑268/15, EU:C:2016:874, punti da 50 a 53).


36 –      V. sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 55).


37 –      V. sentenza del 17 dicembre 2015, X-Steuerberatungsgesellschaft (C‑342/14, EU:C:2015:827, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).


38 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa X(C‑686/13, EU:C:2015:31, paragrafo 40).


39 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Viacom Outdoor (C‑134/03, EU:C:2004:676, paragrafi da 58 a 67) (sulla libera prestazione dei servizi, articolo 56 TFUE); conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa X (C‑498/10, EU:C:2011:870, punti da 17 a 29) (sulla libertà di stabilimento, articolo 49 TFUE), e conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa X(C‑686/13, EU:C:2015:31, punti da 38 a 45) (sulla libertà di stabilimento, articolo 49 TFUE). V. anche Kokott, J., Ost, H., «Europäische Grundfreiheiten und nationales Steuerrecht», Europäische Zeitschrift für Wirtschaftsrecht 2011, pagg. da 496 a 503.


40 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa X (C‑686/13, EU:C:2015:31, paragrafi da 38 a 40).


41      V. sentenza dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a. (C‑98/14, EU:C:2015:386, punto 42).


42 –      Un rimedio adeguato contro la doppia imposizione è costituito pertanto (principalmente) da convenzioni bilaterali fra gli Stati (membri) che si occupano della questione. V. anche sentenza del 14 novembre 2006, Kerckhaert e Morres (C‑513/04, EU:C:2006:713, punto 21).


43 –      V., ad esempio, sentenze del 14 novembre 2006, Kerckhaert e Morres (C‑513/04, EU:C:2006:713, punti 20 e segg.) e del 16 luglio 2009, Damseaux (C‑128/08, EU:C:2009:471, punti 30 e segg.) in relazione alla libera circolazione dei capitali.


44 –      Sentenza dell’11 dicembre 2003, AMOK (C‑289/02, EU:C:2003:669, punti 25 e 26 e giurisprudenza ivi citata).


45 –      Il Regno Unito fa riferimento in proposito alle sentenze del 14 novembre 2006, Kerckhaert e Morres (C‑513/04, EU:C:2006:713, punto 20), e del 20 maggio 2008, Orange European Smallcap Fund (C‑194/06, EU:C:2008:289, punti 37 e 48). V. anche sentenze del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punti 43 e 44); del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (C‑524/04, EU:C:2007:161, punti 68 e 72), e del 28 febbraio 2008, Deutsche Shell (C‑293/06, EU:C:2008:129, punto 37).


46 –      Il Regno Unito richiama in proposito le sentenze del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punti 43 e 44); del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (C‑524/04, EU:C:2007:161, punti 68 e 72), e del 28 febbraio 2008, Deutsche Shell (C‑293/06, EU:C:2008:129, punto 37).


47 –      V. sentenza dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a. (C‑98/14, EU:C:2015:386, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).


48 –      V. sentenza dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a. (C‑98/14, EU:C:2015:386, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).