Language of document : ECLI:EU:C:2024:232

Edizione provvisoria

SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

14 marzo 2024 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Articolo 258 TFUE – Direttiva (UE) 2018/1972 – Codice europeo delle comunicazioni elettroniche – Mancata trasposizione e comunicazione delle misure di trasposizione – Articolo 260, paragrafo 3, TFUE – Domanda di condanna al pagamento di una somma forfettaria e di una penalità – Criteri per stabilire l’importo della sanzione»

Nella causa C‑452/22,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE e dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, proposto l’8 luglio 2022,

Commissione europea, rappresentata da U. Małecka, L. Malferrari e. Manhaeve, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Repubblica di Polonia, rappresentata da B. Majczyna, in qualità di agente,

convenuta,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da J.‑C. Bonichot, facente funzione di presidente di sezione, S. Rodin e L.S. Rossi (relatrice), giudici,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso la Commissione europea chiede che la Corte voglia:

–        dichiarare che la Repubblica di Polonia, non avendo adottato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (GU 2018, L 321, pag. 36), o, in ogni caso, non avendo comunicato tali disposizioni alla Commissione, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi di tale direttiva;

–        condannare la Repubblica di Polonia a versare alla Commissione una somma forfettaria, basata su un importo di EUR 13 180,5 al giorno, con una somma forfettaria minima di EUR 3 270 000;

–        qualora l’inadempimento descritto al primo trattino dovesse perdurare fino alla pronuncia della sentenza nella presente causa, condannare la Repubblica di Polonia a versare alla Commissione una penalità pari a EUR 59 290,5 per ogni giorno a partire da tale data fino a quella del rispetto, da parte di tale Stato membro, degli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva 2018/1972, e

–        condannare la Repubblica di Polonia alle spese.

 Contesto normativo

2        I considerando 2 e 3 della direttiva 2018/1972 così recitano:

«(2)      Il funzionamento delle cinque direttive che fanno parte del quadro normativo in vigore per le reti e i servizi di comunicazioni elettroniche (...) è sottoposto a un riesame periodico da parte della Commissione al fine di determinare, in particolare, se siano necessarie modifiche alla luce del progresso tecnico e dell’evoluzione dei mercati.

(3)      Nella comunicazione del 6 maggio 2015 che ha stabilito una strategia per il mercato unico digitale in Europa, la Commissione ha dichiarato che la revisione del quadro delle telecomunicazioni si sarebbe concentrata su misure volte a incentivare gli investimenti nelle reti a banda larga ad alta velocità, promuovere un approccio più coerente improntato al mercato interno riguardo alla politica e alla gestione dello spettro radio, instaurare condizioni propizie a un autentico mercato interno grazie al superamento della frammentazione normativa, assicurare un’efficace protezione dei consumatori e parità di condizioni per tutti gli operatori del mercato e un’applicazione uniforme delle regole e garantire una maggiore efficacia del quadro regolamentare istituzionale».

3        L’articolo 1 di tale direttiva, intitolato «Oggetto, ambito di applicazione e finalità», prevede quanto segue:

«(1)      La presente direttiva istituisce un quadro normativo armonizzato per la disciplina delle reti di comunicazione elettronica, dei servizi di comunicazione elettronica, delle risorse e dei servizi correlati e per taluni aspetti delle apparecchiature terminali. Definisce i compiti delle autorità nazionali di regolamentazione e, se del caso, di altre autorità competenti e istituisce le procedure atte a garantire l’applicazione armonizzata del quadro normativo nell’Unione [europea].

(2)      Gli scopi della presente direttiva sono:

a)      realizzare un mercato interno delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica che si traduca in realizzazione e diffusione di reti ad altissima capacità, concorrenza sostenibile, interoperabilità dei servizi di comunicazione elettronica, accessibilità, sicurezza delle reti e dei servizi e vantaggi per gli utenti finali; e

b)      garantire la fornitura in tutta l’Unione di servizi di buona qualità accessibili al pubblico e a prezzi abbordabili, attraverso una concorrenza efficace e un’effettiva possibilità di scelta, disciplinare i casi in cui le esigenze degli utenti finali, compresi quelli con disabilità per consentire loro di accedere ai servizi su un piano di parità con gli altri, non sono adeguatamente soddisfatte mediante il mercato e stabilire i necessari diritti degli utenti finali.

(...)».

4        L’articolo 124 di detta direttiva, intitolato «Recepimento», al paragrafo 1 così dispone:

«Entro il 21 dicembre 2020 gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva. Essi comunicano immediatamente alla Commissione il testo di tali disposizioni.

Essi applicano tali disposizioni a decorrere dal 21 dicembre 2020.

Le disposizioni adottate dagli Stati membri contengono un riferimento alla presente direttiva o sono corredate di tale riferimento all’atto della pubblicazione ufficiale. Esse recano altresì l’indicazione che, nelle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in vigore, i riferimenti alle direttive abrogate dalla presente direttiva si intendono fatti a quest’ultima. Le modalità del riferimento e la formulazione dell’indicazione sono stabilite dagli Stati membri».

 Procedimento precontenzioso e procedimento dinanzi alla Corte

5        Poiché la Repubblica di Polonia non ha trasmesso alla Commissione alcuna informazione relativa all’adozione delle disposizioni necessarie per recepire la direttiva 2018/1972 nel diritto polacco, conformemente all’articolo 124 di quest’ultima, il 3 febbraio 2021 la Commissione ha inviato a tale Stato membro una lettera di messa in mora.

6        Il 6 aprile 2021 le autorità polacche hanno risposto a tale lettera indicando, in particolare, che la direttiva 2018/1972 doveva essere recepita mediante due leggi che dovevano essere pubblicate e comunicate al più tardi all’inizio del mese di agosto 2021.

7        In assenza di altre informazioni sul recepimento della direttiva 2018/1972, il 23 settembre 2021 la Commissione ha inviato un parere motivato alla Repubblica di Polonia chiedendo a quest’ultima di conformarsi a tale parere entro il 23 novembre 2021.

8        Il 17 novembre 2021 le autorità polacche hanno risposto al parere motivato fornendo alla Commissione precisazioni sullo stato dei lavori legislativi relativi a tale recepimento. In particolare, esse hanno indicato che la pubblicazione delle leggi di recepimento era prevista per il mese di marzo 2022.

9        Ritenendo che la Repubblica di Polonia non avesse adottato le disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva 2018/1972, il 6 aprile 2022 la Commissione ha deciso di adire la Corte con il ricorso in esame.

10      Il 27 aprile 2022 le autorità polacche hanno informato la Commissione che il Consiglio dei ministri aveva trasmesso un progetto di legge volto a recepire la direttiva 2018/1972, alla commissione giuridica del centro governativo della legislazione.

11      L’8 luglio 2022 la Commissione ha proposto il presente ricorso.

12      La Repubblica di Polonia chiede alla Corte di respingere integralmente il ricorso, in subordine, di astenersi dall’imporre la somma forfettaria e la penalità richieste dalla Commissione, in ulteriore subordine, di ridurre sostanzialmente l’importo di tale somma forfettaria e di tale penalità nonché di condannare la Commissione alle spese.

13      Il 19 dicembre 2022 si è conclusa la fase scritta del presente procedimento.

 Sul ricorso

 Sullinadempimento ai sensi dellarticolo 258 TFUE

 Argomenti delle parti

14      Nel suo ricorso la Commissione ricorda che, in applicazione dell’articolo 288, terzo comma, TFUE, gli Stati membri sono tenuti ad adottare le disposizioni necessarie per garantire il recepimento delle direttive nel loro ordinamento giuridico nazionale, entro i termini prescritti da tali direttive, e a comunicare immediatamente tali disposizioni alla Commissione.

15      La Commissione precisa che l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro interessato quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato.

16      Orbene, nel caso di specie, alla scadenza di tale termine, o addirittura alla data di proposizione del ricorso in esame, la Repubblica di Polonia non avrebbe ancora adottato le disposizioni necessarie per recepire la direttiva 2018/1972 nel suo diritto nazionale e, in ogni caso, non le avrebbe comunicate alla Commissione.

17      Secondo la Commissione, la Repubblica di Polonia non contesta realmente l’inadempimento, limitandosi a far valere circostanze di carattere pratico e interno per giustificare tale inadempimento Orbene, il mancato recepimento di una direttiva entro il termine previsto non può essere giustificato da circostanze siffatte.

18      Nel suo controricorso, la Repubblica di Polonia contesta ogni inadempimento. Tale Stato membro sostiene che, data la natura orizzontale della direttiva 2018/1972 e la libertà riconosciuta agli Stati membri di scegliere le misure di attuazione di quest’ultima, esso ha deciso di applicare una soluzione analoga a quella del legislatore dell’Unione, vale a dire di adottare un nuovo atto giuridico che disciplini in modo globale il mercato delle telecomunicazioni, vale a dire l’ustawa Prawo komunikacji elektronicznej (legge sulle comunicazioni elettroniche), accompagnata dall’ustawa – Przepisy wprowadzające ustawę – Prawo komunikacji elektronicznej (legge di attuazione della legge sulle comunicazioni elettroniche).

19      Secondo la Repubblica di Polonia, anzitutto, l’adozione dei progetti di queste due leggi, a causa della loro ampia portata, ha dovuto essere preceduta dalla produzione di un certo numero di analisi nel merito e dal punto di vista legislativo, nonché da un’ampia consultazione tanto dell’amministrazione pubblica quanto dei consumatori e dei professionisti.

20      Inoltre, il carattere complesso e impreciso delle disposizioni della direttiva 2018/1972 sarebbe stato all’origine di un certo numero di dubbi quanto alla loro interpretazione che avrebbero condotto a divergenze di vedute tra gli attori coinvolti nell’attività legislativa. In particolare, tali dubbi avrebbero riguardato la questione della determinazione dell’ambito di applicazione ratione personae di tale direttiva nonché quella relativa alla categoria di servizi di comunicazione elettronica in cui dovevano rientrare taluni servizi RCS (Rich Communication Services). A quest’ultimo riguardo, la Commissione stessa non avrebbe risposto in modo utile a una domanda della Repubblica di Polonia.

21      In ultimo, i lavori legislativi sarebbero stati ritardati a causa della pandemia di COVID-19, che avrebbe reso più difficile l’organizzazione delle riunioni di concertazione e delle consultazioni e comportato numerose assenze di persone coinvolte in tali lavori. Peraltro, detta pandemia avrebbe imposto un trattamento parallelo di numerose questioni importanti, attinenti in particolare alla sanità pubblica, alla sicurezza dello Stato nonché alla sicurezza e all’ordine pubblico.

22      Nella sua replica, la Commissione risponde che nessuna delle circostanze invocate dalla Repubblica di Polonia può giustificare il fatto che, alla data del deposito di tale replica, detto Stato membro non abbia soddisfatto i suoi obblighi relativi al recepimento della direttiva 2018/1972.

 Giudizio della Corte

23      Secondo una giurisprudenza costante, l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e i mutamenti avvenuti in seguito non possono essere presi in considerazione dalla Corte [sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Spagna (Direttiva dati personali – Ambito penale), C‑658/19, EU:C:2021:138, punto 15 e giurisprudenza ivi citata].

24      La Corte ha peraltro ripetutamente statuito che, se una direttiva prevede espressamente l’obbligo per gli Stati membri di garantire che le disposizioni necessarie per la sua attuazione contengano un riferimento a tale direttiva o siano corredate da tale riferimento all’atto della loro pubblicazione ufficiale, è in ogni caso necessario che gli Stati membri adottino un atto di recepimento positivo della direttiva in questione [sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Spagna (Direttiva dati personali – Ambito penale), C‑658/19, EU:C:2021:138, punto 16 e giurisprudenza ivi citata].

25      Nel caso di specie, il termine di risposta al parere motivato è scaduto il 23 novembre 2021. Di conseguenza, occorre valutare l’esistenza o meno dell’inadempimento addebitato alla luce dello stato della normativa interna vigente in tale data [v., in tal senso, sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Spagna (Direttiva dati personali – Ambito penale), C‑658/19, EU:C:2021:138, punto 17 e giurisprudenza ivi citata].

26      A tale riguardo, è pacifico che, alla data suddetta, la Repubblica di Polonia non aveva adottato le misure necessarie per garantire il recepimento della direttiva 2018/1972, né, pertanto, aveva comunicato tali misure alla Commissione.

27      Per giustificare il suo inadempimento, la Repubblica di Polonia deduce vari argomenti vertenti, in primo luogo, sulla sua scelta di adottare nuovi atti legislativi che disciplinano in modo globale il mercato delle telecomunicazioni, il cui processo di adozione è stato particolarmente complesso, in secondo luogo, sul carattere impreciso delle disposizioni della direttiva 2018/1972 e, in terzo luogo, sulle conseguenze della pandemia di COVID‑19.

28      Orbene, tali argomenti non possono giustificare l’inadempimento contestato dalla Commissione.

29      Infatti, in primo luogo, l’asserita complessità dell’iter legislativo interno di recepimento della direttiva 2018/1972 non è pertinente, dal momento che, secondo una giurisprudenza costante, prassi o situazioni dell’ordinamento giuridico interno di uno Stato membro non possono giustificare l’inosservanza degli obblighi e dei termini stabiliti dalle direttive dell’Unione, né, quindi, il tardivo o incompleto recepimento delle stesse [sentenza del 13 gennaio 2021, Commissione/Slovenia (MiFID II), C‑628/18, EU:C:2021:1, punto 79 e giurisprudenza ivi citata].

30      In secondo luogo, l’asserita natura imprecisa e complessa delle disposizioni della direttiva 2018/1972 non sarebbe tale da escludere l’inadempimento in questione. Infatti, quando il legislatore dell’Unione ha fissato il termine di recepimento di tale direttiva, esso era a conoscenza del grado di complessità e di precisione di quest’ultima e, in ogni caso, sarebbe spettato unicamente a detto legislatore prorogare tale termine e non agli Stati membri derogarvi né alla Commissione tollerare siffatte deroghe. Orbene, la Repubblica di Polonia non afferma di aver intrapreso le iniziative necessarie per tentare di ottenere una proroga.

31      In terzo luogo, per quanto riguarda gli effetti della pandemia di COVID‑19, che si è manifestata all’inizio del 2020, è sufficiente rilevare che sarebbe spettato al legislatore dell’Unione prorogare il termine di recepimento della direttiva 2018/1972 se avesse ritenuto che gli effetti di tale pandemia, che ha colpito l’intero territorio dell’Unione, fossero tali da impedire agli Stati membri di conformarsi agli obblighi ad essi incombenti in forza di tale direttiva.

32      Di conseguenza, occorre dichiarare che la Repubblica di Polonia, non avendo adottato, entro la scadenza del termine prescritto nel parere motivato, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva 2018/1972 e, pertanto, non avendo comunicato tali disposizioni alla Commissione, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’articolo 124, paragrafo 1, di tale direttiva.

 Sulle domande presentate ai sensi dellarticolo 260, paragrafo 3, TFUE

 Argomenti delle parti

33      Nel ricorso la Commissione sottolinea, da un lato, che la direttiva 2018/1972 è stata adottata secondo la procedura legislativa ordinaria e rientra quindi nell’ambito di applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE e, dall’altro, che l’inadempimento da parte della Repubblica di Polonia degli obblighi previsti all’articolo 124 di tale direttiva, atteso che tale Stato membro non le ha comunicato le disposizioni di recepimento di quest’ultima, costituisce manifestamente una mancata comunicazione delle misure di recepimento di detta direttiva, ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE.

34      La Commissione ricorda che, al punto 23 della sua comunicazione 2011/C 12/01, intitolata «Applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, del TFUE» (GU 2011, C 12, pag. 1) (in prosieguo: la «comunicazione del 2011»), essa ha precisato che le sanzioni che essa proporrà ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, saranno calcolate secondo lo stesso metodo usato nei casi in cui sia adita la Corte ai sensi di tale articolo 260, paragrafo 2, quale esposto ai punti da 14 a 18 della comunicazione SEC (2005) 1658, intitolata «Applicazione dell’articolo [260 TFUE]» (GU 2007, C 126, pag. 15) (in prosieguo: la «comunicazione del 2005»).

35      Di conseguenza, la determinazione della sanzione dovrebbe basarsi, innanzitutto, sulla gravità dell’infrazione, poi, sulla durata di quest’ultima e, infine, sulla necessità di garantire l’effetto dissuasivo della sanzione stessa, onde evitare recidive.

36      Per quanto riguarda, in primo luogo, la gravità dell’infrazione, conformemente al punto 16 della comunicazione del 2005 e alla comunicazione del 2011, la Commissione fisserebbe il coefficiente di gravità tenendo conto di due parametri, vale a dire, da un lato, l’importanza delle norme dell’Unione oggetto dell’infrazione e, dall’altro, le loro conseguenze per gli interessi generali e particolari in gioco.

37      Così, da un lato, la Commissione rileva che la direttiva 2018/1972 è il principale atto legislativo nel settore delle comunicazioni elettroniche. Anzitutto, il codice europeo delle comunicazioni elettroniche (in prosieguo: il «CECE») modernizzerebbe il quadro normativo dell’Unione relativo alle comunicazioni elettroniche rafforzando le scelte e i diritti dei consumatori, garantendo norme più elevate in materia di servizi di comunicazione, favorendo gli investimenti in reti ad altissima capacità e promuovendo l’accesso senza fili alla connettività ad altissima capacità in tutta l’Unione. Inoltre, il CECE fisserebbe norme di organizzazione del settore delle comunicazioni elettroniche, ivi compresa la sua struttura istituzionale e la sua governance. Le disposizioni di quest’ultimo rafforzerebbero il ruolo delle autorità nazionali di regolamentazione stabilendo un insieme minimo di competenze per tali autorità e rafforzandone l’indipendenza, stabilendo criteri per le nomine e aumentando gli obblighi in materia di comunicazione delle informazioni. Inoltre, il CECE assicurerebbe anche una gestione efficace ed effettiva dello spettro radio (in prosieguo: lo «spettro»). Tali disposizioni rafforzerebbero la coerenza delle prassi degli Stati membri per quanto riguarda gli aspetti essenziali delle autorizzazioni relative allo spettro. Dette disposizioni promuoverebbero la concorrenza tra infrastrutture e lo sviluppo di reti ad altissima capacità in tutta l’Unione. Infine, il CECE disciplinerebbe diversi aspetti della fornitura di servizi di comunicazione elettronica, compresi gli obblighi di servizio universale, le risorse di numerazione e i diritti degli utenti finali. Il rafforzamento di tali norme mirerebbe ad aumentare la sicurezza e la protezione dei consumatori, in particolare per quanto riguarda l’accesso a tali servizi a costi accessibili.

38      Dall’altro lato, il mancato recepimento della direttiva 2018/1972 nel diritto polacco, in primis, nuocerebbe alle prassi di regolamentazione in tutta l’Unione per quanto riguarda la gestione del sistema di comunicazioni elettroniche, le autorizzazioni connesse allo spettro e le norme di accesso al mercato. Di conseguenza, le imprese non beneficerebbero né di procedure più coerenti e prevedibili per la concessione o il rinnovo dei diritti d’uso dello spettro esistente né della prevedibilità della regolamentazione risultante dalla durata minima di 20 anni delle licenze d’uso dello spettro. Tali carenze inciderebbero direttamente sulla disponibilità e l’installazione di reti ad altissima capacità all’interno dell’Unione. In secundis, i consumatori non potrebbero beneficiare di una serie di vantaggi tangibili loro conferiti da tale direttiva, quali soluzioni relative all’accesso alla fornitura di servizi di comunicazione accessibili, l’esigenza di fornire loro informazioni chiare sui contratti, l’obbligo di applicare tariffe trasparenti, la semplificazione del cambiamento di fornitore di reti al fine di promuovere prezzi al dettaglio più accessibili e l’obbligo per gli operatori di offrire agli utenti finali disabili un accesso equivalente ai servizi di comunicazione.

39      Non avendo individuato fattori aggravanti o attenuanti, la Commissione propone un coefficiente di gravità pari a 10 nella presente causa.

40      In secondo luogo, per quanto riguarda la durata dell’inadempimento, la Commissione sostiene che essa corrisponde al periodo che va dalla data successiva a quella della scadenza del termine di recepimento della direttiva 2018/1972, vale a dire il 22 dicembre 2020, alla data di adozione della decisione di investire la Corte del presente ricorso, ovvero il 6 aprile 2022. Ne conseguirebbe che il termine pertinente è di quindici mesi. Applicando il coefficiente di 0,10 al mese previsto al punto 17 della comunicazione del 2005, letto in combinato disposto con la comunicazione del 2011, il coefficiente di durata sarebbe quindi di 1,5.

41      In terzo luogo, quanto alla capacità finanziaria della Repubblica di Polonia, la Commissione ha applicato il fattore «n» previsto dalla sua comunicazione 2019/C 70/01, intitolata «Modifica del metodo di calcolo delle somme forfettarie e delle penalità giornaliere alla Corte di giustizia dell’Unione europea» (GU 2019, C 70, pag. 1). Tale fattore terrebbe conto di due elementi, vale a dire il prodotto interno lordo (PIL) e il peso istituzionale dello Stato membro interessato, rappresentato dal numero di seggi assegnati a tale Stato membro al Parlamento europeo.

42      Anche se la Corte, nella sentenza 20 gennaio 2022, Commissione/Grecia (Recupero di aiuti di Stato – Ferronickel) (C‑51/20, EU:C:2022:36), ha già messo in discussione la pertinenza sia di questo secondo elemento sia del coefficiente di adeguamento pari a 4,5 previsti da tale comunicazione, la Commissione ha tuttavia deciso di applicare nel caso di specie i criteri previsti da quest’ultima, in attesa dell’adozione di una nuova comunicazione che tenga conto di tale giurisprudenza recente della Corte.

43      Pertanto, conformemente alla comunicazione 2022/C 74/02 della Commissione, intitolata «Aggiornamento dei dati utilizzati per il calcolo delle somme forfettarie e delle penalità che la Commissione propone alla Corte di giustizia dell’Unione europea nell’ambito dei procedimenti d’infrazione» (GU 2022, C 74, pag. 2) (in prosieguo: la «comunicazione del 2022»), il fattore «n» per la Repubblica di Polonia sarebbe pari a 1,45.

44      Conformemente alla sua comunicazione 2017/C 18/02, intitolata «Diritto dell’[Unione]: risultati migliori attraverso una migliore applicazione» (GU 2017, C 18, pag. 10»), la Commissione chiederebbe alla Corte di infliggere alla Repubblica di Polonia, da un lato, una penalità per il periodo compreso tra la data di pronuncia della sentenza nella presente causa e quella della sua piena esecuzione e, dall’altro, una somma forfettaria a titolo del periodo compreso tra la data successiva a quella della scadenza del termine di recepimento previsto dalla direttiva 2018/1972 e quella in cui tale Stato membro si conformerà pienamente agli obblighi ad esso incombenti in forza di tale direttiva o quella di tale pronuncia.

45      Per quanto riguarda la penalità, la Commissione ricorda che, conformemente al punto 18 della comunicazione del 2005, l’importo di quest’ultima deve far sì che la sanzione sia nel contempo proporzionata e dissuasiva. A tal fine, l’importo della penalità giornaliera sarebbe calcolato moltiplicando l’importo forfettario di base uniforme per un coefficiente di gravità e per un coefficiente di durata, poi per il fattore «n» applicabile allo Stato membro interessato. Orbene, tale importo forfettario di base uniforme per il calcolo della penalità sarebbe, conformemente alla comunicazione del 2022, pari a EUR 2 726 al giorno. Come rilevato ai punti 39 e 40 della presente sentenza, i coefficienti di gravità e di durata proposti dalla Commissione sarebbero rispettivamente pari a 10 e pari a 1,5. Il fattore «n» per la Repubblica di Polonia sarebbe pari a 1,45. Pertanto, l’importo della penalità giornaliera proposto dalla Commissione è pari a EUR 59 290,5, a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza nella presente causa.

46      Per quanto riguarda la somma forfettaria, dal punto 20 della comunicazione del 2005 risulterebbe che essa dovrebbe avere almeno una base minima fissa, che riflette il principio secondo cui ogni caso di persistente mancata esecuzione del diritto dell’Unione rappresenta di per sé, indipendentemente da qualsiasi circostanza aggravante, una violazione del principio di legalità in una comunità di diritto che richiede una sanzione reale. Conformemente alla comunicazione del 2022, la somma forfettaria minima per la Repubblica di Polonia sarebbe pari a EUR 3 270 000.

47      In applicazione del metodo stabilito dalle comunicazioni del 2005 e del 2011, se il risultato del calcolo della somma forfettaria superasse tale somma forfettaria minima, la Commissione proporrebbe alla Corte di determinare la somma forfettaria moltiplicando un importo giornaliero per il numero di giorni durante i quali l’infrazione di cui trattasi si è protratta tra la data successiva a quella di scadenza del termine di recepimento previsto dalla direttiva in questione e quella in cui tale infrazione cessa o, in mancanza, quella della pronuncia della sentenza pronunciata ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE. Pertanto, l’importo giornaliero della somma forfettaria dovrebbe essere calcolato moltiplicando l’importo forfettario di base uniforme applicabile al calcolo dell’importo giornaliero della somma forfettaria per il coefficiente di gravità e per il fattore «n». Orbene, tale importo forfettario di base uniforme sarebbe, conformemente alla comunicazione del 2022, pari a EUR 909. Nel caso di specie, il coefficiente di gravità e il fattore «n» erano rispettivamente pari a 10 e a 1,45. Ne risulterebbe che l’importo giornaliero della somma forfettaria sarebbe pari a EUR 13 180,5. L’importo di tale somma corrisponderebbe alla moltiplicazione di tale importo giornaliero per il numero di giorni trascorsi tra la data successiva a quella della scadenza del termine di recepimento fissato dalla direttiva 2018/1972, ossia il 22 dicembre 2020, e quella alla quale la Repubblica di Polonia si conformerà agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale direttiva o quella della pronuncia della sentenza nella presente causa, non potendo detta somma essere inferiore alla somma forfettaria minima di EUR 3 270 000, fissata dalla comunicazione del 2022 riguardante tale Stato membro.

48      Nel suo controricorso, la Repubblica di Polonia sostiene che gli importi della somma forfettaria e della penalità proposti dalla Commissione sono eccessivi e sproporzionati rispetto alla gravità dell’asserito inadempimento.

49      Per quanto riguarda, da un lato, la fissazione del coefficiente di gravità, la Repubblica di Polonia contesta alla Commissione di non aver proceduto ad un’analisi dettagliata, come imposta dalla comunicazione del 2005 e dalla giurisprudenza della Corte. La Commissione si sarebbe limitata a formulazioni generiche che non consentirebbero di determinare l’importanza delle disposizioni del diritto dell’Unione violate né l’incidenza del mancato recepimento della direttiva 2018/1972 sull’interesse generale e sugli interessi particolari.

50      La Commissione avrebbe effettuato una valutazione erronea del grado di importanza reale delle norme del diritto dell’Unione interessate dall’asserito inadempimento. Infatti, la direttiva 2018/1972 riprenderebbe in gran parte le disposizioni di direttive precedentemente in vigore, che sarebbero state pienamente recepite nell’ordinamento giuridico polacco, senza introdurre modifiche di natura sistemica. Infatti, alcune di tali modifiche avrebbero solo un valore redazionale o un’importanza minore.

51      Per quanto riguarda le modifiche considerate essenziali dalla Commissione, la Repubblica di Polonia fa valere che il diritto polacco contiene già disposizioni che, in sostanza, sono simili a quelle previste dalla direttiva 2018/1972 e garantiscono la realizzazione degli obiettivi perseguiti da quest’ultima. Tali disposizioni sarebbero entrate in vigore il 21 dicembre 2020, vale a dire alla data di scadenza del termine di recepimento di tale direttiva.

52      Anche se, a causa della mancata comunicazione di dette disposizioni alla Commissione, queste ultime non fossero prese in considerazione nella valutazione dell’esistenza dell’inadempimento in questione, la Repubblica di Polonia ritiene che occorrerebbe tenerne conto per il calcolo del coefficiente di gravità di tale inadempimento e, in particolare, per la valutazione degli effetti del mancato recepimento in tempo utile della direttiva 2018/1972 sull’interesse generale e sugli interessi particolari.

53      Per quanto riguarda, dall’altro lato, la presa in considerazione dell’effetto dissuasivo, e in particolare dell’applicazione del fattore «n», la Repubblica di Polonia ritiene che, come nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Grecia (Recupero di aiuti di Stato – Ferronickel) (C‑51/20, EU:C:2022:36), non occorra tener conto del peso istituzionale dello Stato membro convenuto nell’Unione, e che sia sufficiente basarsi sul suo PIL. In tal caso, il fattore «n» dovrebbe essere ridotto a 1,03.

54      In conclusione, la Repubblica di Polonia chiede una riduzione del coefficiente di gravità e del fattore «n» e, di conseguenza, una riduzione dell’importo delle sanzioni richieste dalla Commissione.

55      Nella sua replica la Commissione considera, anzitutto, che l’argomento della Repubblica di Polonia è incoerente, poiché essa afferma, da un lato, che il testo dettagliato della direttiva 2018/1972 richiedeva molteplici analisi sostanziali e consultazioni pubbliche, anche presso consumatori e imprese, il che avrebbe comportato un ritardo nel suo recepimento, e, dall’altro, che tale direttiva riprende in gran parte le disposizioni di direttive anteriori, al punto che l’inadempimento di cui trattasi non potrebbe avere effetti concreti e sostanziali sul mercato o sulla situazione degli utenti finali.

56      La Commissione rileva poi che, alla data del deposito di tale replica, le disposizioni nazionali menzionate dalla Repubblica di Polonia, che sarebbero conformi ai requisiti della direttiva 2018/1972, non le erano state notificate in quanto misure di recepimento di tale direttiva. Non sarebbe quindi possibile per la Commissione prendere in considerazione tali disposizioni ai fini della determinazione del coefficiente di gravità.

57      In primo luogo, la Commissione non avrebbe avuto la possibilità di esaminare se dette disposizioni nazionali garantissero effettivamente un recepimento completo delle disposizioni della direttiva 2018/1972.

58      In secondo luogo, in ogni caso, tale direttiva prevedrebbe l’obbligo di comunicare il testo di tali disposizioni nazionali alla Commissione in forma appropriata, di modo che la Commissione possa determinare la data e la portata di una siffatta comunicazione. La posizione della Repubblica di Polonia equivarrebbe ad affermare che la comunicazione formale alla Commissione può essere sostituita da una menzione, dinanzi alla Corte, delle misure dirette a recepire la direttiva in questione, il che costituirebbe una comunicazione de facto e sarebbe in diretta contraddizione con il tenore letterale dell’obbligo di comunicazione previsto da tale direttiva e svuoterebbe tale obbligo della sua sostanza, a scapito dell’effetto utile del diritto dell’Unione. Ciò varrebbe anche quando il recepimento di una direttiva possa essere garantito da norme nazionali già in vigore. Infatti, in tal caso, gli Stati membri non sarebbero dispensati dall’obbligo di informare la Commissione dell’esistenza di tali norme.

59      In terzo luogo, le informazioni che gli Stati membri sono tenuti a fornire alla Commissione dovrebbero essere chiare e precise e indicare senza ambiguità quali siano le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative con cui lo Stato membro ritiene di aver adempiuto ai vari obblighi impostigli dalla direttiva in questione. In mancanza delle suddette informazioni, la Commissione non sarebbe in grado di stabilire se lo Stato membro interessato abbia effettivamente e completamente recepito tale direttiva.

60      In quarto luogo, la Commissione sottolinea che gli argomenti dedotti dalla Repubblica di Polonia hanno carattere generale e che non è possibile dedurne che le norme giuridiche citate recepiscano effettivamente e integralmente le disposizioni della direttiva 2018/1972 nell’ordinamento giuridico polacco.

61      Infine, per quanto riguarda il fattore «n», la Commissione mantiene la sua posizione.

62      Nella sua controreplica, la Repubblica di Polonia precisa che, per quanto riguarda, in primo luogo, il coefficiente di gravità, essa non contesta che l’obbligo di adottare misure nazionali per garantire il completo recepimento di una direttiva e l’obbligo di comunicare tali misure alla Commissione costituiscono obblighi fondamentali degli Stati membri e che l’inadempimento di tali obblighi deve essere considerato di una gravità certa. Inoltre, essa non ritiene che la comunicazione formale alla Commissione possa essere sostituita da una comunicazione de facto.

63      Tuttavia, da un lato, ciò non significherebbe ancora che, quando la Commissione valuta, ai fini della determinazione dell’importo delle sanzioni, gli effetti del mancato recepimento in tempo utile della direttiva 2018/1972 nel mercato interno e sui consumatori, essa possa ignorare completamente la normativa nazionale applicabile unicamente per il motivo che essa non le è stata notificata. Ammettere il contrario implicherebbe che, nell’ambito della fissazione del coefficiente di gravità, sarebbero i potenziali effetti dei comportamenti degli Stati membri ad essere valutati e non i reali effetti di tali comportamenti. Orbene, conformemente al punto 16 della comunicazione del 2005, tra i parametri che influenzano il coefficiente di gravità di un’infrazione, l’importanza delle disposizioni del diritto dell’Unione oggetto di tale infrazione e gli effetti di quest’ultima su interessi di ordine generale o particolare sarebbero menzionati separatamente. La Repubblica di Polonia ritiene che, nell’ambito del primo di tali parametri, la portata dell’atto dell’Unione interessato sia valutata in via teorica, e ciò comprende in particolare i potenziali effetti della sua mancata attuazione negli Stati membri. Per contro, gli effetti dell’asserita infrazione su interessi di ordine generale o particolare dovrebbero essere analizzati nel contesto specifico, tenendo conto non solo delle disposizioni della direttiva 2018/1972, ma altresì delle circostanze di fatto, tra le quali figurano anche le disposizioni nazionali vigenti, anche se queste ultime non sono state notificate. A tale riguardo, tale Stato membro fa riferimento al punto 53 della sentenza del 25 giugno 2013, Commissione/Repubblica ceca (C‑241/11, EU:C:2013:423).

64      Del resto, la Repubblica di Polonia fa sapere che, il 25 novembre 2022, essa ha notificato una serie di atti alla Commissione e che i due progetti di legge di recepimento sono stati trasmessi al Sejm (Camera bassa, Polonia) il 9 dicembre 2022, il che, conformemente al punto 16.3 della comunicazione del 2005, dovrebbe essere considerato un fattore attenuante, poiché ciò dimostrerebbe l’avanzamento dei lavori legislativi.

65      Dall’altro lato, tale Stato membro sostiene che il suo argomento non è incoerente. Infatti, il fatto che la direttiva 2018/1972 riprenda in gran parte direttive abrogate non escluderebbe l’esistenza di un’ambiguità delle nuove disposizioni da essa introdotte. Le problematiche sollevate dal controricorso avrebbero riguardato proprio queste nuove disposizioni.

66      In secondo luogo, per quanto riguarda il fattore «n», la Repubblica di Polonia ricorda che la sentenza Commissione/Grecia (Recupero di aiuti di Stato – Ferronickel) (C‑51/20, EU:C:2022:36), è stata pronunciata il 20 gennaio 2022 e la Commissione non può avvalersi di analisi non completate per giustificare la sua mancata esecuzione. Tale sentenza rivestirebbe un’importanza considerevole per i procedimenti in corso relativi al mancato recepimento di direttive e alla mancata esecuzione di sentenze della Corte, nelle quali la Commissione, da un lato, addebita agli Stati membri di non aver rispettato i loro obblighi in tempo utile e, dall’altro, ritarda essa stessa l’esecuzione di detta sentenza.

 Giudizio della Corte

67      Dal momento che, come risulta dal punto 32 della presente sentenza, è stato accertato che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, la Repubblica di Polonia non aveva comunicato alla Commissione alcuna misura di recepimento della direttiva 2018/1972 ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, l’inadempimento così constatato rientra nell’ambito di applicazione di tale disposizione.

68      La Commissione chiede l’applicazione di una penalità e di una somma forfettaria.

69      Orbene, dalla giurisprudenza della Corte emerge che l’applicazione dell’una o dell’altra di queste due misure dipende dall’idoneità di ciascuna a conseguire l’obiettivo perseguito in relazione alle circostanze del caso di specie. Anche se la pronuncia di una penalità sembra particolarmente adeguata a spingere uno Stato membro a porre fine, quanto prima, ad un inadempimento che, in mancanza di una misura del genere, avrebbe tendenza a persistere, la condanna al pagamento di una somma forfettaria si basa maggiormente sulla valutazione delle conseguenze della mancata esecuzione degli obblighi dello Stato membro interessato sugli interessi privati e pubblici, in particolare qualora l’inadempimento sia persistito per un lungo periodo [sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Spagna (Direttiva dati personali – Ambito penale), C‑658/19, EU:C:2021:138, punto 54 e giurisprudenza ivi citata].

–       Sulla domanda di imposizione di una penalità

70      Per quanto riguarda l’opportunità di infliggere una penalità nel caso di specie, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, l’irrogazione di una penalità è giustificata, in linea di principio, soltanto se l’inadempimento che tale penalità mira a sanzionare perdura sino all’esame dei fatti da parte della Corte, ovvero sino alla data di chiusura del procedimento [sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Spagna (Direttiva dati personali – Ambito penale), C‑658/19, EU:C:2021:138, punti 55 e 57 nonché giurisprudenza ivi citata].

71      Ne deriva che, al fine di determinare se, nel caso di specie, la pronuncia di una penalità può essere prevista, occorre anzitutto esaminare se l’inadempimento contestato al punto 32 della presente sentenza, sia perdurato fino alla data di chiusura del procedimento, avvenuta il 19 dicembre 2022.

72      A tale proposito, dal fascicolo sottoposto alla Corte risulta che, a tale data, la Repubblica di Polonia non aveva né adottato né, pertanto, comunicato le misure necessarie per garantire il recepimento delle disposizioni della direttiva 2018/1972 nel diritto polacco.

73      In tali circostanze, si deve constatare che la Repubblica di Polonia, non avendo adottato, alla data dell’esame dei fatti da parte della Corte, tali misure né, pertanto, comunicato queste ultime alla Commissione, ha persistito nel proprio inadempimento.

74      Pertanto, la Corte ritiene che la condanna della Repubblica di Polonia al pagamento di una penalità, richiesta dalla Commissione, sia una misura adeguata al fine di garantire che tale Stato membro ponga fine, nel più breve tempo possibile, all’inadempimento accertato e rispetti gli obblighi ad esso incombenti in forza della direttiva 2018/1972. Per contro, poiché non si può escludere che, alla data di pronuncia della sentenza nella presente causa, il recepimento di detta direttiva sia interamente completato, detta penalità deve essere inflitta solo qualora l’inadempimento constatato al punto 32 della presente sentenza persista a tale data.

75      Occorre ricordare che, nell’esercizio del suo potere discrezionale in materia, spetta alla Corte fissare la penalità in modo tale che essa, da un lato, sia adeguata alle circostanze e proporzionata all’inadempimento accertato nonché alla capacità finanziaria dello Stato membro interessato e, dall’altro, non superi, conformemente all’articolo 260, paragrafo 3, secondo comma, TFUE, l’importo indicato dalla Commissione [sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Spagna (Direttiva dati personali – Ambito penale), C‑658/19, EU:C:2021:138, punto 62 e giurisprudenza ivi citata].

76      Nell’ambito della valutazione della Corte ai fini del calcolo dell’importo della penalità, i criteri da prendere in considerazione per assicurare la natura coercitiva di quest’ultima, ai fini dell’applicazione uniforme ed effettiva del diritto dell’Unione sono, in linea di principio, la durata dell’infrazione, il suo livello di gravità e la capacità finanziaria dello Stato membro di cui trattasi. Per l’applicazione di tali criteri, la Corte deve tener conto, in particolare, delle conseguenze dell’inadempimento sugli interessi pubblici e privati di cui trattasi nonché dell’urgenza che lo Stato membro interessato si conformi ai propri obblighi [sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Spagna (Direttiva dati personali – Ambito penale), C‑658/19, EU:C:2021:138, punto 63 e giurisprudenza ivi citata].

77      Per quanto attiene, in primo luogo, alla gravità dell’infrazione, occorre ricordare che l’obbligo di adottare le misure nazionali per garantire il recepimento completo di una direttiva e l’obbligo di comunicare tali misure alla Commissione costituiscono obblighi fondamentali degli Stati membri al fine di assicurare la piena efficacia del diritto dell’Unione e che l’inadempimento di tali obblighi deve, pertanto, essere ritenuto di una gravità certa [sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Spagna (Direttiva dati personali – Ambito penale), C‑658/19, EU:C:2021:138, punto 64 e giurisprudenza ivi citata].

78      Nel caso di specie, occorre constatare che, come risulta dal punto 32 della presente sentenza, alla scadenza del termine impartito nel parere motivato, ossia il 23 novembre 2021, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi di recepimento ad essa incombenti in forza della direttiva 2018/1972, cosicché la piena effettività del diritto dell’Unione non è stata garantita. La gravità di tale inadempimento è peraltro rafforzata dalla circostanza che, a tale data, la Repubblica di Polonia non aveva ancora comunicato alcuna misura di recepimento di tale direttiva.

79      Inoltre, come evidenziato dalla Commissione, la direttiva 2018/1972 è il principale atto legislativo nel settore delle comunicazioni elettroniche.

80      In particolare, anzitutto, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2018/1972, quest’ultima «istituisce un quadro normativo armonizzato per la disciplina delle reti di comunicazione elettronica, dei servizi di comunicazione elettronica, delle risorse e dei servizi correlati e per taluni aspetti delle apparecchiature terminali. Definisce i compiti delle autorità nazionali di regolamentazione e, se del caso, di altre autorità competenti e istituisce le procedure atte a garantire l’applicazione armonizzata del quadro normativo nell’Unione».

81      Inoltre, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, quest’ultima mira, da un lato, a realizzare un mercato interno delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica che si traduca in realizzazione e diffusione di reti ad altissima capacità, concorrenza sostenibile, interoperabilità dei servizi di comunicazione elettronica, accessibilità, sicurezza delle reti e dei servizi e vantaggi per gli utenti finali e, dall’altro, a garantire la fornitura in tutta l’Unione di servizi di buona qualità accessibili al pubblico e a prezzi abbordabili, attraverso una concorrenza efficace e un’effettiva possibilità di scelta, disciplinare i casi in cui le esigenze degli utenti finali, compresi quelli con disabilità per consentire loro di accedere ai servizi su un piano di parità con gli altri, non sono adeguatamente soddisfatte mediante il mercato e stabilire i necessari diritti degli utenti finali.

82      Infine, come risulta dai considerando 2 e 3 di detta direttiva, quest’ultima apporta modifiche al quadro normativo in vigore prima della sua adozione al fine di tener conto del progresso tecnico e dell’evoluzione dei mercati.

83      È vero che, come rileva la Repubblica di Polonia, il settore in questione è già disciplinato da altri atti di diritto dell’Unione, che tale direttiva modifica o sostituisce.

84      Ciò premesso, detta direttiva non si limita a codificare tali atti. Infatti, come sottolinea la Commissione senza essere contraddetta dalla Repubblica di Polonia, il CECE rafforza in particolare le scelte e i diritti dei consumatori, garantendo standard di servizi di comunicazione più elevati, nonché il ruolo delle autorità nazionali di regolamentazione, fissando un insieme minimo di competenze per tali autorità e rafforzando la loro indipendenza, mediante la fissazione di criteri per le nomine, e gli obblighi in materia di comunicazione di informazioni. Inoltre, il CECE disciplina vari aspetti della fornitura di servizi di comunicazione elettronica, compresi gli obblighi di servizio universale, le risorse di numerazione e i diritti degli utenti finali. Il rafforzamento delle norme organizzative del settore delle comunicazioni elettroniche stabilite dal CECE mira ad aumentare la sicurezza e la tutela dei consumatori, in particolare per quanto riguarda l’accesso a tali servizi a costi accessibili.

85      Orbene, come giustamente sostenuto dalla Commissione, il mancato recepimento della direttiva 2018/1972 da parte della Repubblica di Polonia, in primo luogo, nuoce alle prassi di regolamentazione in tutta l’Unione per quanto riguarda la gestione del sistema di comunicazioni elettroniche, le autorizzazioni connesse allo spettro e le norme di accesso al mercato. Di conseguenza, le imprese non beneficiano né di procedure più coerenti e prevedibili per la concessione o il rinnovo dei diritti d’uso dello spettro esistenti né della prevedibilità della regolamentazione derivante dalla durata minima di 20 anni delle licenze d’uso dello spettro. Tali carenze incidono direttamente sulla disponibilità e sull’installazione di reti ad altissima capacità all’interno dell’Unione. In secondo luogo, i consumatori non possono beneficiare di una serie di vantaggi tangibili loro conferiti da tale direttiva, quali soluzioni relative all’accesso alla fornitura di servizi di comunicazione accessibili, l’esigenza di fornire loro informazioni chiare sui contratti, l’obbligo di applicare tariffe trasparenti, la semplificazione del cambiamento di fornitore di reti al fine di promuovere prezzi al dettaglio più accessibili e l’obbligo per gli operatori di offrire agli utenti finali disabili un accesso equivalente ai servizi di comunicazione.

86      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la durata dell’infrazione, occorre ricordare che essa deve essere valutata, in linea di principio, tenendo conto del momento in cui la Corte esamina i fatti e che tale valutazione dei fatti deve essere considerata come avvenuta alla data di chiusura del procedimento. [v., in tal senso, sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Spagna (Direttiva dati personali – Ambito penale), C‑658/19, EU:C:2021:138, punti 66 e 79 nonché giurisprudenza ivi citata].

87      Per quanto riguarda, da un lato, l’inizio del periodo di cui occorre tener conto per fissare l’importo della penalità da infliggere in applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, la Corte ha dichiarato che la data da prendere in considerazione ai fini della valutazione della durata dell’inadempimento di cui trattasi è quella della scadenza del termine fissato nel parere motivato [v., in tal senso, sentenze del 16 luglio 2020, Commissione/Romania (Antiriciclaggio), C‑549/18, EU:C:2020:563, punto 79, e del 16 luglio 2020, Commissione/Irlanda (Antiriciclaggio), C‑550/18, EU:C:2020:564, punto 90].

88      Nel caso di specie non viene validamente contestato che, alla scadenza del termine fissato nel parere motivato, ossia il 23 novembre 2021, la Repubblica di Polonia non aveva adottato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per garantire il recepimento della direttiva 2018/1972 né, di conseguenza, comunicato alla Commissione tali disposizioni.

89      Dall’altro, come risulta dai punti 72 e 73 della presente sentenza, l’inadempimento constatato al punto 32 di tale sentenza non era ancora terminato alla data di chiusura del procedimento dinanzi alla Corte, vale a dire il 19 dicembre 2022.

90      Orbene, una simile durata dell’infrazione di quasi tredici mesi è ragguardevole in considerazione del fatto che, in forza dell’articolo 124 della direttiva 2018/1972, gli Stati membri avevano l’obbligo di recepire le disposizioni di detta direttiva entro il 21 dicembre 2020.

91      Ciò detto, occorre considerare che tale durata può risultare in parte dalle circostanze eccezionali legate alla pandemia di COVID‑19. Infatti, la Repubblica di Polonia sostiene, senza essere contestata, che tali circostanze, imprevedibili e indipendenti dalla sua volontà, hanno ritardato l’iter legislativo necessario al recepimento della direttiva 2018/1972 e hanno prolungato, di conseguenza, il periodo durante il quale è persistito l’inadempimento constatato al punto 32 della presente sentenza.

92      Per quanto riguarda, in terzo luogo, la capacità finanziaria dello Stato membro di cui trattasi, dalla giurisprudenza della Corte risulta che occorre prendere in considerazione il PIL di tale Stato membro, quale si presenta alla data dell’esame dei fatti da parte della Corte. [v., in tal senso, sentenze del 16 luglio 2020, Commissione/Romania (Antiriciclaggio), C‑549/18, EU:C:2020:563, punto 85, e del 16 luglio 2020, Commissione/Irlanda (Antiriciclaggio), C‑550/18, EU:C:2020:564, punto 97].

93      La Commissione propone di prendere in considerazione, oltre al PIL della Repubblica di Polonia, il peso istituzionale di quest’ultima nell’Unione espresso dal numero di seggi di cui tale Stato membro dispone in seno al Parlamento. La Commissione ritiene inoltre opportuno utilizzare un coefficiente di adeguamento pari a 4,5 al fine di garantire il carattere proporzionato e dissuasivo delle sanzioni che chiede alla Corte di imporre a detto Stato membro.

94      Tuttavia, come giustamente sostenuto dalla Repubblica di Polonia, la Corte ha recentemente precisato in modo molto chiaro, da un lato, che la presa in considerazione del peso istituzionale dello Stato membro interessato non appare indispensabile per garantire una dissuasione sufficiente e indurre tale Stato membro a modificare il suo comportamento attuale o futuro e, dall’altro, che la Commissione non ha dimostrato i criteri oggettivi sulla base dei quali essa ha fissato il valore del coefficiente di adeguamento pari a 4,5 [v., in tal senso, sentenza del 20 gennaio 2022, Commissione/Grecia (Recupero di aiuti di Stato – Ferronickel), C‑51/20, EU:C:2022:36, punti 115 e 117].

95      Alla luce di quanto precede e in considerazione del potere discrezionale riconosciuto alla Corte dall’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, il quale prevede che quest’ultima non può, per quanto riguarda la penalità da essa comminata, superare l’importo indicato dalla Commissione, occorre, nel caso in cui l’inadempimento constatato al punto 32 della presente sentenza persistesse alla data di pronuncia della presente sentenza, condannare la Repubblica di Polonia a versare alla Commissione, a decorrere da tale data e fino a che detto Stato membro non abbia posto fine all’inadempimento constatato, una penalità giornaliera di un importo pari a EUR 50 000.

–       Sulla domanda di imposizione di una somma forfettaria

96      Per quanto riguarda l’opportunità di imporre una somma forfettaria nel caso di specie, occorre ricordare che spetta alla Corte, in ciascuna causa e in funzione delle circostanze del caso di specie di cui è investita nonché del livello di persuasione e di dissuasione che le appare necessario, stabilire le sanzioni pecuniarie appropriate, in particolare per prevenire la reiterazione di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione [sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Spagna (Direttiva dati personali – Ambito penale), C‑658/19, EU:C:2021:138, punto 69 e giurisprudenza ivi citata].

97      Nella presente causa, occorre considerare che, nonostante il fatto che la Repubblica di Polonia abbia cooperato con i servizi della Commissione per tutta la durata della fase precontenziosa del procedimento e che abbia tenuto questi ultimi informati delle ragioni che le hanno impedito di garantire il recepimento nel diritto nazionale della direttiva 2018/1972 nel diritto polacco, il complesso degli elementi di diritto e di fatto che fanno da sfondo all’inadempimento constatato, vale a dire la totale assenza di comunicazione delle misure necessarie a tale recepimento alla scadenza del termine fissato nel parere motivato e anche alla data di proposizione del ricorso in esame o a quella della valutazione dei fatti da parte della Corte, indicano che la prevenzione effettiva della futura reiterazione di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione è tale da richiedere l’adozione di una misura deterrente, quale il pagamento di una somma forfettaria [v., per analogia, sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Spagna (Direttiva dati personali – Ambito penale), C‑658/19, EU:C:2021:138, punto 70 e giurisprudenza ivi citata].

98      Ne consegue che è opportuno imporre una somma forfettaria alla Repubblica di Polonia.

99      Per quanto riguarda il calcolo dell’importo di tale somma forfettaria, occorre ricordare che, nell’esercizio del suo potere discrezionale in materia, come delimitato dalle proposte della Commissione, spetta alla Corte fissare l’importo della somma forfettaria al cui pagamento uno Stato membro può essere condannato in forza dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE in modo tale che esso sia, da un lato, adeguato alle circostanze e, dall’altro, proporzionato all’infrazione commessa. Tra i fattori rilevanti in quest’ottica si annoverano elementi quali la gravità dell’infrazione constatata, la sua durata e la capacità finanziaria dello Stato membro coinvolto [sentenza del 25 febbraio 2021, Commissione/Spagna (Direttiva dati personali – Ambito penale), C‑658/19, EU:C:2021:138, punto 73 e giurisprudenza ivi citata].

100    Come ricordato al punto 86 della presente sentenza, la durata dell’infrazione deve essere valutata, in linea di principio, tenendo conto del momento in cui la Corte esamina i fatti e che tale valutazione dei fatti deve essere considerata come avvenuta alla data di chiusura del procedimento.

101    Per quanto riguarda, da un lato, l’inizio del periodo di cui occorre tener conto per fissare l’importo della somma forfettaria da infliggere in applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, la Corte ha dichiarato che, a differenza della penalità giornaliera, la data da prendere in considerazione ai fini della valutazione della durata dell’inadempimento di cui trattasi non è quella della scadenza del termine fissato nel parere motivato, bensì la data di scadenza del termine di recepimento previsto dalla direttiva in questione [sentenze del 16 luglio 2020, Commissione/Romania (Antiriciclaggio), C‑549/18, EU:C:2020:563, punto 79, e del 16 luglio 2020, Commissione/Irlanda (Antiriciclaggio), C‑550/18, EU:C:2020:564, punto 90].

102    Nel caso di specie non viene validamente contestato che, alla scadenza del termine di recepimento previsto dall’articolo 124 della direttiva 2018/1972, ossia il 21 dicembre 2020, la Repubblica di Polonia non aveva adottato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per garantire il recepimento di tale direttiva né, di conseguenza, comunicato alla Commissione tali disposizioni.

103    Dall’altro lato, come già rilevato al punto 89 della presente sentenza, alla data di chiusura del procedimento, vale a dire il 19 dicembre 2022, l’inadempimento constatato al punto 32 di tale sentenza non era ancora terminato, cosicché a tale date detto inadempimento era durato 728 giorni.

104    Si deve, tuttavia, considerare che la durata di tale inadempimento può risultare in parte dalle circostanze eccezionali di cui al punto 91 di detta sentenza.

105    Ne consegue che, tenuto conto anche delle considerazioni relative tanto alla gravità dell’infrazione, di cui ai punti da 77 a 85 della presente sentenza, quanto alla capacità finanziaria della Repubblica di Polonia, di cui ai punti da 92 a 94 di tale sentenza, nonché in considerazione del potere discrezionale riconosciuto alla Corte dall’articolo 260, paragrafo 3, TFUE, il quale prevede che quest’ultima non può, per quanto riguarda la somma forfettaria di cui infligge il pagamento, superare l’importo indicato dalla Commissione, si deve considerare che la prevenzione effettiva della futura reiterazione di infrazioni analoghe a quella derivante dalla violazione dell’articolo 124 della direttiva 2018/1972 e che incidono sulla piena effettività del diritto dell’Unione è tale da richiedere l’irrogazione di una somma forfettaria il cui importo deve essere fissato in EUR 4 milioni.

106    Di conseguenza, occorre condannare la Repubblica di Polonia a versare alla Commissione una somma forfettaria di importo pari a EUR 4 milioni.

 Sulle spese

107    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica di Polonia, rimasta soccombente, deve essere condannata a farsi carico delle proprie spese nonché di quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La Repubblica di Polonia, non avendo adottato, entro la scadenza del termine prescritto nel parere motivato, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche, e, pertanto, non avendo comunicato tali disposizioni alla Commissione europea, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’articolo 124, paragrafo 1, di tale direttiva.

2)      La Repubblica di Polonia, non avendo ancora adottato, al momento dell’esame dei fatti da parte della Corte, le misure necessarie per recepire nel proprio diritto interno le disposizioni della direttiva 2018/1972 né, pertanto, avendo comunicato alla Commissione europea tali misure, ha persistito nel proprio inadempimento.

3)      Nell’ipotesi in cui l’inadempimento accertato al punto 1 persistesse alla data di pronuncia della presente sentenza, la Repubblica di Polonia è condannata a versare alla Commissione europea, a decorrere da tale data e sino alla cessazione di detto inadempimento da parte di tale Stato membro, una penalità giornaliera pari a EUR 50 000.

4)      La Repubblica di Polonia è condannata a versare alla Commissione europea una somma forfettaria di importo pari a EUR 4 milioni.

5)      La Repubblica di Polonia è condannata a farsi carico, oltre che delle proprie spese, di quelle sostenute dalla Commissione europea.

Firme


*      Lingua processuale: il polacco.