Language of document : ECLI:EU:C:2024:231

Causa C-516/22

Commissione europea

contro

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord

 Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 14 marzo 2024

«Inadempimento di uno Stato – Procedimento in contumacia – Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica – Articolo 127, paragrafo 1 – Periodo di transizione – Competenza della Corte – Sentenza della Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito) – Esecuzione di un lodo arbitrale che accorda il versamento di un risarcimento danni – Decisione della Commissione europea che dichiara che tale versamento costituisce un aiuto di Stato incompatibile con il mercato interno – Articolo 4, paragrafo 3, TUE – Leale cooperazione – Obbligo di sospendere il procedimento – Articolo 351, primo comma, TFUE – Convenzione internazionale conclusa tra Stati membri e Stati terzi prima della data della loro adesione all’Unione – Convenzione per la risoluzione delle controversie relative agli investimenti fra Stati e soggetti di altri Stati (ICSID) – Applicazione del diritto dell’Unione – Articolo 267 TFUE – Giudice nazionale che si pronuncia in ultima istanza – Obbligo di rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale – Articolo 108, paragrafo 3, TFUE – Sospensione dell’esecuzione dell’aiuto»

1.        Ricorso per inadempimento – Competenza della Corte – Ricorso proposto contro uno Stato membro che ha receduto dall’Unione europea – Accordo sul recesso del Regno Unito – Articolo 87 – Competenza della Corte a conoscere dei ricorsi per inadempimento contro il Regno Unito presentati dopo la fine del periodo transitorio – Presupposti – Asserito inadempimento anteriore alla scadenza del periodo transitorio – Ricorso proposto durante un periodo delimitato

[Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall'Unione europea e dalla Comunità europea dell'energia atomica, artt. 2, e), 87, § 1, 126, 127 e 185; art. 258 TFUE]

(v. punti 50, 51, 53)

2.        Accordi internazionali – Accordi degli Stati membri – Accordi anteriori all’adesione all’Unione di uno Stato membro – Divieto di pregiudicare i diritti e gli obblighi derivanti da detti accordi – Presupposti – Esistenza di obblighi il cui adempimento può essere preteso da Stati terzi – Competenza del giudice dell'Unione a valutare l'esistenza di siffatti obblighi – Obbligo di uno Stato membro di dare esecuzione ad un lodo arbitrale – Errata interpretazione del diritto dell'Unione da parte di un giudice nazionale – Inadempimento

(Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall'Unione europea e dalla Comunità europea dell'energia atomica, art. 127, § 1; articoli 258 e 351, comma 1, TFUE)

(v. punti 59-65, 68-87, 119-128, dispositivo 1)

3.        Stati membri – Obblighi – Obbligo di leale cooperazione – Esecuzione del diritto dell’Unione – Obblighi dei giudici nazionali – Obbligo di un giudice nazionale di sospendere il procedimento in caso di rischio di conflitto tra la sua decisione e le decisioni delle istituzioni dell'Unione – Omessa sospensione del procedimento – Inadempimento

(Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall'Unione europea e dalla Comunità europea dell'energia atomica, art. 127, § 1; art. 4, § 3, TUE; art. 258 TFUE)

(v. punti 94-98, 104, 116, 117, dispositivo 1)

4.        Questioni pregiudiziali – Rinvio alla Corte – Questioni di interpretazione – Obbligo di rinvio – Portata – Obbligo di rinvio in caso di ragionevole dubbio – Giudice nazionale che ha concluso per l'insussistenza di ragionevole dubbio – Rischio di errata interpretazione del diritto dell’Unione da parte di un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno – Inadempimento

(Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall'Unione europea e dalla Comunità europea dell'energia atomica, art. 127, § 1; articoli 258 e 267, commi 1 e 3, TFUE)

(v. punti 141-144, 146-154, dispositivo 1)

5.        Aiuti concessi dagli Stati – Competenze rispettive della Commissione e dei giudici nazionali – Ruolo dei giudici nazionali – Obbligo dei giudici nazionali di astenersi dall’adottare decisioni contrarie ad una decisione della Commissione – Inosservanza di detto obbligo da parte di un giudice nazionale – Inadempimento

(Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall'Unione europea e dalla Comunità europea dell'energia atomica, art. 127, § 1; art. 4, § 3, TUE; art. 108, § 3, 258 TFUE)

(v. punti 159-165, 168-171, dispositivo 1)

Sintesi

Investita di un ricorso per inadempimento, la Corte dichiara, in una sentenza pronunciata in contumacia, in assenza di controricorso, che, con una sentenza della Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema del Regno Unito), il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti durante il periodo transitorio a seguito dell'entrata in vigore dell'accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall'Unione europea e dalla Comunità europea dell'energia atomica (1).

Essa si pronuncia sulla questione inedita di stabilire se l'esecuzione, da parte di uno Stato membro, di un lodo arbitrale emesso nei confronti di un altro Stato membro in forza delle disposizioni della Convenzione per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti tra Stati e cittadini di altri Stati (2), conclusa dalla maggior parte degli Stati membri che ne sono parte prima della loro adesione all'Unione e per i quali essa costituisce quindi una convenzione internazionale anteriore, ai sensi dell'articolo 351, primo comma, TFUE, implichi che tali Stati sono tenuti a «obblighi» nei confronti degli Stati terzi che l'hanno conclusa, cosicché questi ultimi traggono da essa «diritti» corrispondenti che sarebbero «pregiudicati» dalle disposizioni dei Trattati.

La convenzione ICSID è entrata in vigore per il Regno Unito e la Romania prima della loro adesione all'Unione. Essa prevede che ciascuno Stato contraente riconosca come vincolante ogni lodo pronunciato in conformità di detta Convenzione e assicuri, sul proprio territorio, l’esecuzione delle obbligazioni pecuniarie imposte dal lodo, come se si trattasse di una sentenza definitiva di un tribunale funzionante sul territorio dello Stato in questione (3). Nel 2002 il Regno di Svezia e la Romania avevano concluso un trattato bilaterale d’investimento (4) il quale prevede che ciascuna parte garantisce in qualsiasi momento un trattamento giusto ed equo agli investimenti degli investitori della controparte e non ostacola, con misure arbitrarie o discriminatorie, l’amministrazione, la gestione, il mantenimento, l’utilizzazione, il godimento o la cessione di detti investimenti da parte di tali investitori (5).

In vista della sua adesione all'Unione europea, la Romania ha abrogato un regime regionale di aiuti agli investimenti sotto forma di incentivi fiscali. Investitori svedesi asseritamente lesi hanno quindi ottenuto da un tribunale arbitrale, costituito ai sensi della convenzione ICSID, un lodo arbitrale che condannava la Romania a versare loro, a titolo di risarcimento danni, la somma di EUR 178 milioni e hanno cercato di ottenerne il riconoscimento e l'esecuzione, in particolare nel Regno Unito.

Dopo aver ingiunto alla Romania di sospendere l'esecuzione di tale lodo arbitrale, per il fatto che siffatta azione appariva costitutiva di un aiuto di Stato illegittimo, la Commissione europea ha adottato, nel 2014, una decisione di avvio di un procedimento di indagine formale (in prosieguo: la «decisione di avvio») (6). Nel 2015, essa ha adottato una nuova decisione, con la quale, dopo aver constatato che l'articolo 351 TFUE non era applicabile nel caso di specie, poiché il TBI è un trattato concluso tra due Stati membri dell'Unione, cosicché nessuno Stato terzo che aveva concluso la convenzione ICSID era oggetto del procedimento in questione, essa ha ritenuto che il versamento del risarcimento concesso dal lodo arbitrale costituisse un «aiuto di Stato» incompatibile con il mercato interno (7) che la Romania è segnatamente tenuta a non versare (in prosieguo: la «decisione finale»).

Nel 2019 il Tribunale ha annullato la decisione finale (8), in quanto, in sostanza, la Commissione non era competente ratione temporis ad adottarla ai sensi dell'articolo 108 TFUE (in prosieguo: la «sentenza del Tribunale»). Tale sentenza è stata impugnata dinanzi alla Corte. Prima che la Corte potesse pronunciarsi su tale impugnazione, il 19 febbraio 2020 la Corte suprema del Regno Unito ha disposto, con sentenza nella causa Micula v Romania (in prosieguo: la «sentenza controversa»), l'esecuzione del lodo arbitrale. Con la sentenza Commissione/European Food e a. (9), la Corte ha annullato la sentenza del Tribunale e ha rinviato la causa dinanzi ad esso.

Al termine di un procedimento precontenzioso avviato nel dicembre 2020, la Commissione ha proposto un ricorso per inadempimento, ai sensi dell'articolo 258 TFUE, diretto a far dichiarare che, con la sentenza controversa, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del diritto dell'Unione.

Giudizio della Corte

La Corte ricorda anzitutto che, in forza dell'accordo sul recesso (10), essa è competente a conoscere dei ricorsi per inadempimento, nel corso del periodo di quattro anni successivo alla fine del periodo transitorio, verificatasi il 31 dicembre 2020 (in prosieguo: il «periodo transitorio»), qualora ritenga che il Regno Unito sia venuto meno ad un obbligo ad esso incombente in forza dei Trattati prima della fine di quest'ultimo periodo. Nel caso di specie, dal momento che l'inadempimento contestato risulta dalla sentenza controversa pronunciata durante il periodo transitorio e che tale ricorso è stato proposto dalla Commissione nel corso del periodo di quattro anni successivo alla fine di tale periodo transitorio, la Corte è competente a conoscere del suddetto ricorso.

In un secondo momento, essa esamina e accoglie le quattro censure sollevate dalla Commissione a sostegno del suo ricorso per inadempimento. A tal fine, essa rileva anzitutto che il Regno Unito, essendo l'inadempimento contestatogli successivo al suo recesso dall'Unione pur essendo anteriore alla scadenza del periodo transitorio, deve essere considerato uno «Stato membro» e che, pertanto, il diritto dell'Unione era applicabile a detto Stato durante tale periodo.

i) Sulla censura vertente sulla violazione dell'articolo 4 TFUE

La Corte constata, in primo luogo, che è pacifico che la convenzione ICSID, che non fa parte del diritto dell'Unione, è un trattato multilaterale che è stato concluso dal Regno Unito prima della sua adesione all'Unione tanto con Stati membri quanto con Stati terzi e che, pertanto, tale convenzione internazionale può rientrare nell'ambito di applicazione dell'articolo 351 TFUE, il quale prevede in particolare che il diritto dell'Unione non pregiudica i diritti e gli obblighi derivanti dalle convenzioni concluse prima dell'adesione.

Tuttavia, il solo fatto che una convenzione internazionale precedente sia stata conclusa da uno Stato membro con Stati terzi non è sufficiente a determinare l'applicazione di tale disposizione. Siffatte convenzioni internazionali possono essere invocate nei rapporti tra gli Stati membri solo quando tali Stati terzi traggono da esse diritti di cui possono esigere il rispetto da parte dello Stato membro interessato.

La Corte esamina, in secondo luogo, se la convenzione ICSID imponga al Regno Unito obblighi ai quali quest'ultimo è tenuto nei confronti degli Stati terzi e che questi ultimi possono far valere nei confronti del Regno Unito. A tal riguardo, la Corte ricorda che un tribunale arbitrale istituito nell'ambito della convenzione ICSID, in applicazione della clausola compromissoria prevista dal TBI concluso tra il Regno di Svezia e la Romania prima dell’adesione di quest’ultima all'Unione, ha condannato la Romania a versare un risarcimento danni agli investitori svedesi. Orbene, dopo l'adesione della Romania all'Unione, il TBI deve essere considerato un trattato riguardante due Stati membri.

Nel caso di specie, la controversia sottoposta alla Corte suprema del Regno Unito riguardava l'asserito obbligo, per il Regno Unito, di conformarsi alle disposizioni della convenzione ICSID, nei confronti del Regno di Svezia e dei suoi cittadini e, correlativamente, l'asserito diritto di questi ultimi di esigere dal Regno Unito il rispetto di detti obblighi.

Per contro, la Corte constata che uno Stato terzo non appare avere il diritto di esigere dal Regno Unito, ai sensi della convenzione ICSID, l'esecuzione del lodo arbitrale. Tale convenzione internazionale, infatti, nonostante il suo carattere multilaterale, ha lo scopo di disciplinare relazioni bilaterali tra le parti contraenti in modo analogo ad un trattato bilaterale. A tal riguardo, la Corte osserva che la Corte suprema del Regno Unito si limita, essenzialmente, a far emergere che gli Stati terzi che hanno concluso la convenzione ICSID potrebbero avere un interesse a che il Regno Unito rispetti i suoi obblighi nei confronti di un altro Stato membro procedendo all'esecuzione di un lodo arbitrale. Orbene, un siffatto interesse puramente fattuale non può essere assimilato a un «diritto», ai sensi dell'articolo 351 TFUE, idoneo a giustificarne l'applicazione.

Tuttavia, nella sentenza controversa, la Corte suprema del Regno Unito non ha esaminato la questione fondamentale dei limiti in cui uno Stato terzo possa far sorgere la responsabilità internazionale del Regno Unito a causa della violazione degli obblighi ad esso incombenti in forza di tale convenzione nell'ambito dell'esecuzione di un lodo arbitrale emesso in esito ad una controversia tra gli Stati membri.

Orbene, la Corte sottolinea che l'articolo 351 TFUE costituisce una norma che può consentire deroghe all'applicazione del diritto dell'Unione, ivi compreso il diritto primario. Tale disposizione può quindi incidere notevolmente sull'ordinamento giuridico dell'Unione, in quanto consente di derogare al principio del primato del diritto dell'Unione. In tale contesto, se si seguisse la sentenza controversa, tutti gli Stati membri che hanno concluso la convenzione ICSID prima della loro adesione all'Unione, basandosi su tale articolo, potrebbero essere in grado di sottrarre al sistema giurisdizionale dell'Unione controversie relative al diritto dell'Unione, affidandole ai collegi arbitrali. La Corte ricorda, tuttavia, che il sistema dei mezzi di ricorso giurisdizionale previsto dai Trattati si è sostituito ai procedimenti arbitrali istituiti tra gli Stati membri. L'articolo 351 TFUE deve quindi essere oggetto di un'interpretazione restrittiva, affinché le norme generali previste dai Trattati dell'Unione non siano svuotate del loro contenuto.

In tali circostanze, prima di pronunciarsi, la Corte suprema del Regno Unito era tenuta ad esaminare in modo approfondito se un siffatto obbligo implichi diritti di cui Stati terzi potrebbero avvalersi nei confronti degli Stati membri. Orbene, nella sentenza controversa manca un siffatto esame approfondito, cosicché essa ha interpretato e applicato erroneamente tale disposizione conferendole una portata ampia il cui oggetto e il cui effetto consistono nell'escludere deliberatamente l'applicazione dell'intero diritto dell'Unione. Una siffatta interpretazione, che conduce ad escludere il principio del primato del diritto dell'Unione, il quale è una delle caratteristiche essenziali di quest'ultimo, è tale da mettere in discussione la coerenza, la piena efficacia e l'autonomia del diritto dell'Unione nonché, in ultima istanza, il carattere proprio all'ordinamento istituito dai Trattati. Pertanto, la Corte suprema del Regno Unito ha gravemente leso l'ordinamento giuridico dell'Unione.

ii) Sulla censura vertente sulla violazione dell'articolo 4 TUE

In primo luogo, la Corte rileva che, quando la soluzione della controversia dipende dalla validità della decisione della Commissione, dall'obbligo di leale cooperazione sancito dall'articolo 4 TUE risulta che il giudice nazionale dovrebbe sospendere il procedimento fino alla pronuncia di una decisione definitiva sul ricorso di annullamento da parte dei giudici dell'Unione, salvo che esso ritenga che, nelle circostanze del caso di specie, sia giustificato deferire una questione pregiudiziale alla Corte sulla validità della decisione della Commissione.

Orbene, nel caso di specie, i procedimenti pendenti dinanzi alle istituzioni dell'Unione e alla Corte suprema del Regno Unito vertevano sulla medesima questione, riguardavano l'interpretazione delle medesime disposizioni e vertevano sulla validità o sull'efficacia delle decisioni adottate dalla Commissione. Pertanto, alla data in cui la Corte suprema del Regno Unito ha pronunciato la sentenza controversa, la questione dell'incidenza dell'articolo 351 TFUE sull'applicazione del diritto dell'Unione era oggetto di un esame provvisorio da parte della Commissione e poteva ancora essere valutata dal giudice dell'Unione. In tali circostanze, sussisteva un rischio di decisioni confliggenti. Tale rischio si è peraltro materializzato, poiché la decisione di avvio, al pari della decisione finale, la cui legittimità era oggetto di impugnazione alla data in cui tale sentenza è stata pronunciata, aveva concluso in modo del tutto opposto rispetto alla sentenza controversa.

In secondo luogo, la Corte considera che tale conclusione non può essere messa in discussione dalle ragioni addotte dalla Corte suprema del Regno Unito per escludere l'applicazione del principio di leale cooperazione.

Per quanto riguarda il rilievo secondo cui le questioni relative all'esistenza e alla portata degli obblighi derivanti da convenzioni internazionali precedenti non sono riservate ai giudici dell'Unione, o addirittura esulano dalla loro competenza, la Corte precisa che l'obbligo di leale cooperazione che incombe ai giudici nazionali presuppone che una stessa questione possa rientrare nella competenza concorrente dei giudici dell'Unione e dei giudici nazionali, cosicché esiste un rischio di decisioni confliggenti.

Orbene, la questione sottoposta, nel caso di specie, tanto alla Corte suprema del Regno Unito quanto alla Commissione nonché ai giudici dell'Unione, riguardava la portata dell'articolo 351 TFUE, il quale è una disposizione del diritto dell'Unione. La sua interpretazione definitiva rientra quindi nella competenza esclusiva della Corte. La Corte sottolinea che tale articolo non contiene alcun rinvio al diritto degli Stati membri o al diritto internazionale, cosicché le sue espressioni devono essere considerate nozioni autonome del diritto dell'Unione. Ne consegue che i giudici dell'Unione sono competenti a stabilire se la convenzione ICSID imponga obblighi di cui uno Stato terzo ha il diritto di esigere il rispetto e se tali diritti e tali obblighi siano pregiudicati dai trattati dell'Unione. Ciò avviene nell'ambito di un ricorso di annullamento, di un ricorso per inadempimento o anche di rinvio pregiudiziale. In quest'ultimo caso, la competenza del giudice nazionale non può privare la Corte di qualsiasi competenza ad esaminare le medesime questioni. Ciò vale a maggior ragione quando l'applicazione dell'articolo 351 TFUE a una siffatta convenzione internazionale può avere un'incidenza determinante sull'esito di un ricorso di annullamento parallelo, diretto ad ottenere l'annullamento di una decisione finale della Commissione.

Infatti, allorché il giudice dell'Unione è chiamato a pronunciarsi sulla validità di un atto di diritto dell'Unione, è conforme alla ripartizione dei ruoli tra i giudici nazionali e il giudice dell'Unione che solo la Corte sia competente a interpretare la convenzione internazionale anteriore pertinente al fine di stabilire se l'articolo 351 TFUE osti o meno all'applicazione del diritto dell'Unione da parte di detto atto, essendo la Corte competente in via esclusiva a dichiarare l'invalidità di un atto dell'Unione.

iii) Sulla censura relativa alla violazione dell'articolo 267 TFUE

La Corte constata che, in primo luogo, la questione della portata dell'articolo 351 TFUE, nelle circostanze della presente causa, è una questione inedita nella giurisprudenza della Corte e che la portata dell'espressione «le disposizioni dei trattati non pregiudicano», contenuta nel medesimo articolo, non è stata ancora precisata dalla Corte. Orbene, tale articolo può avere una notevole incidenza sull'ordinamento giuridico dell'Unione.

In secondo luogo, nella decisione di avvio e nella decisione finale, la Commissione aveva utilizzato un'interpretazione dell'articolo 351 TFUE che è in contraddizione con quella adottata dalla Corte suprema del Regno Unito nella sentenza controversa. Tale interpretazione è peraltro messa in discussione dagli investitori a sostegno del loro ricorso dinanzi al Tribunale diretto ad ottenere l'annullamento della decisione finale. Tenuto conto dell'impugnazione proposta avverso tale sentenza dinanzi alla Corte, la questione dell'incidenza dell'articolo 351 TFUE sull'esecuzione del lodo arbitrale rimane quindi pendente dinanzi ai giudici dell'Unione.

In terzo luogo, sia la High Court of England and Wales (Alta Corte d'Inghilterra e del Galles) sia la Court of Appeal (Corte d'appello), adite in precedenza dagli investitori, si erano rifiutate di pronunciarsi sulla questione dell'applicazione dell'articolo 351 TFUE, con la motivazione che sussisteva il rischio di decisioni confliggenti.

In quarto luogo, la Corte rileva che il Nacka tingsrätt (Tribunale di primo grado di Nacka, Svezia) aveva dichiarato che l'articolo 351 TFUE non si applicava all'esecuzione del lodo arbitrale e, pertanto, si era rifiutato di dare esecuzione tale lodo in Svezia.

In quinto luogo, la questione dell'esecuzione del lodo arbitrale era pendente dinanzi ai giudici belgi al momento in cui la Corte suprema del Regno Unito si è pronunciata.

Alla luce di tali constatazioni, la Corte conclude che, nel caso di specie, esistevano elementi sufficienti per suscitare dubbi quanto all'interpretazione dell'articolo 351 TFUE. Tali dubbi, tenuto conto dell'incidenza di tale disposizione su una delle caratteristiche essenziali del diritto dell'Unione e del rischio di decisioni confliggenti all'interno dell'Unione, avrebbero dovuto indurre la Corte suprema del Regno Unito a ritenere che l'interpretazione di detta disposizione non si imponga con un'evidenza tale da non lasciare adito ad alcun ragionevole dubbio.

In tali circostanze, la Corte dichiara che incombeva alla Corte suprema del Regno Unito, in quanto giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, interrogare la Corte mediante rinvio pregiudiziale in merito all'interpretazione dell'articolo 351 TFUE, al fine di evitare il rischio di un'interpretazione errata del diritto dell'Unione, interpretazione errata alla quale essa è effettivamente pervenuta nella sentenza controversa.

iv) Sulla censura vertente sulla violazione dell'articolo 4 TFUE

La Corte constata che la sentenza controversa esige che la Romania proceda al versamento del risarcimento concesso da tale lodo arbitrale in violazione dell'obbligo, enunciato all'articolo 108 TFUE, di non dare esecuzione a un progetto di aiuto prima che la Commissione abbia adottato una decisione finale. La Romania si trova così di fronte a decisioni confliggenti per quanto riguarda l'esecuzione di detto lodo. Pertanto, ordinando ad un altro Stato membro di violarlo, la sentenza controversa viola tale disposizione.

È irrilevante, a tal riguardo, che il citato articolo preveda un obbligo a carico dello «Stato membro interessato», vale a dire, nel caso di specie, la Romania. L'obbligo di leale cooperazione imponeva, infatti, ai giudici nazionali del Regno Unito di facilitare il rispetto da parte della Romania degli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'articolo 108 TFUE, salvo privare tale disposizione del suo effetto utile.


1      Accordo sul recesso del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione europea e dalla Comunità europea dell’energia atomica (in prosieguo: l’«accordo sul recesso»), adottato il 17 ottobre 2019, approvato a nome dell’Unione europea e della Comunità europea dell’energia atomica (CEEA) con decisione (UE) 2020/135 del Consiglio, del 30 gennaio 2020 (GU 2020, L 29, pag. 1), entrato in vigore il 1º febbraio 2020.


2      Convenzione per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti tra Stati e cittadini di altri Stati, conclusa a Washington il 18 marzo 1965 (in prosieguo: la "convenzione ICSID").


3      Articolo 54, paragrafo 1, della Convenzione ICSID.


4      Trattato bilaterale di investimento, concluso il 29 maggio 2002 tra il governo del Regno di Svezia e la Romania per la promozione e la reciproca protezione degli investimenti (in prosieguo: il «TBI»), entrato in vigore il 1º aprile 2003.


5      Articolo 2, paragrafo 3, del TBI.


6      Ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 2, TFUE.


7      V. articolo 107, paragrafo 1, TFUE.


8      Sentenza del 18 giugno 2019, European Food e a./Commissione (T‑624/15, T‑694/15 e T‑704/15, EU:T:2019:423).


9      Sentenza del 25 gennaio 2022, Commissione/European Food e a. (C-638/19 P, EU:C:2022:50).


10      Articolo 87, paragrafo 1, dell’accordo sul recesso.