Language of document : ECLI:EU:T:2016:495

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

15 settembre 2016 (*) (1)

«Regime linguistico – Bandi di concorsi generali per l’assunzione di amministratori – Scelta della seconda lingua tra tre lingue – Regolamento n. 1 – Articolo 1 quinquies, paragrafo 1, articolo 27 e articolo 28, lettera f), dello Statuto – Principio di non discriminazione – Proporzionalità»

Nelle cause T‑353/14 e T‑17/15,

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato,

ricorrente,

sostenuta da

Repubblica di Lituania, rappresentata da D. Kriaučiūnas e V. Čepaitė, in qualità di agenti,

interveniente nella causa T‑17/15,

contro

Commissione europea, rappresentata inizialmente, nelle cause T‑353/14 e T‑17/15, da J. Currall e G. Gattinara, nonché, nella causa T‑17/15, da F. Simonetti, e successivamente da G. Gattinara e F. Simonetti, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto, nella causa T‑353/14, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e mirante all’annullamento del bando di concorso generale EPSO/AD/276/14, inteso alla costituzione di un elenco di riserva per l’assunzione di amministratori (GU 2014, C 74 A, pag. 4), e, nella causa T‑17/15, una domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e mirante all’annullamento del bando di concorso generale EPSO/AD/294/14, inteso alla costituzione di un elenco di riserva per la copertura di posti vacanti di amministratore nel settore della protezione dei dati presso il Garante europeo per la protezione dei dati (GU 2014, C 391 A, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto da D. Gratsias (relatore), presidente, M. Kancheva e C. Wetter, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 marzo 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti all’origine della controversia

1        L’Ufficio europeo di selezione del personale (EPSO) è un organismo interistituzionale, creato in forza della decisione 2002/620/CE del Parlamento europeo, del Consiglio, della Commissione, della Corte di giustizia, della Corte dei conti, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del Mediatore, del 25 luglio 2002, che istituisce l’EPSO (GU 2002, L 197, pag. 53). In applicazione dell’articolo 2, terzo comma, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), nella versione antecedente alle modifiche introdotte dal regolamento (CE, Euratom) n. 723/2004 del Consiglio, del 22 marzo 2004, che modifica lo Statuto (GU 2004, L 124, pag. 1), le istituzioni firmatarie della succitata decisione hanno, tramite l’articolo 2, paragrafo 1, di quest’ultima, affidato all’EPSO l’esercizio dei poteri di selezione che sono conferiti, in virtù dell’articolo 30, primo comma, e dell’allegato III dello Statuto, alle loro autorità aventi il potere di nomina. Inoltre, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, della citata decisione, l’EPSO può esercitare i poteri di cui al paragrafo 1 quando questi sono conferiti all’autorità che ha il potere di nomina di un organismo, organo o agenzia istituiti dai Trattati o in base ad essi, su richiesta di tale organismo, organo o agenzia. L’articolo 4 della medesima decisione prevede che, mentre, in applicazione dell’articolo 91 bis dello Statuto, le domande e i reclami relativi all’esercizio dei poteri conferiti all’EPSO sono presentati a quest’ultimo, i ricorsi in questi settori vengono diretti contro la Commissione europea.

2        Il 1° marzo 2014 l’EPSO ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2014, C 60 A, pag. 1) le Disposizioni generali applicabili ai concorsi generali (in prosieguo: le «Disposizioni generali»).

3        Al punto 1.3 delle Disposizioni generali, intitolato «Ammissibilità», viene indicato, sotto il titolo «Conoscenze linguistiche», quanto segue:

«A seconda del concorso, sarà chiesto di dimostrare la conoscenza delle lingue ufficiali dell’UE. Di norma, occorre avere una conoscenza approfondita di una lingua ufficiale dell’UE e una conoscenza soddisfacente di un’altra di queste lingue, ma il bando di concorso può imporre condizioni più rigorose (in particolare nel caso dei profili per linguisti). Salvo indicazione contraria nel bando di concorso, la scelta della seconda lingua è in genere limitata al francese, all’inglese o al tedesco».

4        Nella nota a fondo pagina n. 7 delle Disposizioni generali viene precisato che, «[c]onformemente alla sentenza pronunciata dalla [Corte di giustizia] nella causa C‑566/10 P, Repubblica italiana/Commissione, le istituzioni dell’[Unione europea] devono motivare la limitazione della scelta della seconda lingua a un numero ristretto di lingue ufficiali dell’UE».

5        Nel medesimo punto 1.3 delle Disposizioni generali viene inoltre indicato quanto segue:

«Nell’organizzare i concorsi generali l’EPSO applica gli Orientamenti generali relativi all’uso delle lingue nei concorsi EPSO, adottati dal collegio dei capi dei servizi amministrativi il 15 maggio 2013.

Secondo una prassi consolidata nelle istituzioni dell’Unione europea, il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue maggiormente utilizzate nella comunicazione interna e quelle che meglio rispondono alle esigenze dei servizi anche in termini di comunicazione esterna e di gestione dei fascicoli.

Le opzioni relative alla seconda lingua nei concorsi generali sono definite in base all’interesse del servizio, che richiede neoassunti immediatamente operativi e capaci di comunicare in modo efficace nel lavoro quotidiano. In caso contrario, il funzionamento effettivo delle istituzioni potrebbe essere seriamente compromesso.

Inoltre, per garantire la parità di trattamento tra i candidati, tutti i partecipanti ai concorsi – compresi coloro la cui prima lingua è una delle tre lingue ufficiali suddette – devono sostenere le prove nella loro seconda lingua, scelta tra queste tre lingue. Un esame delle competenze specifiche così condotto permette alle istituzioni di valutare se i candidati sono in grado di essere immediatamente operativi in un ambiente assai simile a quello in cui dovranno lavorare. Ciò non pregiudica la possibilità di una successiva formazione linguistica finalizzata all’apprendimento di una terza lingua di lavoro, conformemente all’articolo 45, paragrafo 2, dello Statuto dei funzionari.

(…)».

6        Gli Orientamenti menzionati nel punto 5 supra figurano quale allegato delle Disposizioni generali (allegato 2), come risulta dalla nota a fondo pagina n. 8 di queste ultime.

7        Al punto 2.1.4 delle Disposizioni generali, intitolato «Iscriversi per via elettronica», viene precisato che «[t]utte le parti [dell’atto di candidatura], compresa la sezione “valutazione dei talenti” (évaluateur de talent, Talent Screener, Talentfilter), devono essere compilate in francese, inglese o tedesco, salvo diversa indicazione nel bando di concorso».

8        Al punto 3.1.1 delle Disposizioni generali, intitolato «Comunicazioni dell’EPSO ai candidati», il paragrafo 1 indica quanto segue:

«Le comunicazioni relative ai risultati e a tutte le convocazioni saranno inviate ai candidati esclusivamente mediante il loro account EPSO in francese, inglese o tedesco».

9        Il punto 3.1.2 delle Disposizioni generali, intitolato «Comunicazioni dei candidati all’EPSO», è formulato nei seguenti termini:

«Prima di contattare l’EPSO, un candidato è tenuto a leggere e verificare attentamente tutte le informazioni contenute nel bando di concorso, nelle presenti disposizioni generali e nel sito dell’EPSO, comprese le “domande più frequenti” (...).

Il sito spiega come contattare l’EPSO (...). Tutta la corrispondenza relativa a una determinata candidatura deve menzionare il nome del candidato, il numero del concorso e il numero di candidatura.

L’EPSO si impegna ad applicare i principi del codice di buona condotta amministrativa (...). Conformemente a questi stessi principi, l’EPSO si riserva tuttavia il diritto di cessare ogni scambio di corrispondenza se la posta inviata dai candidati rappresenta un abuso, perché ripetitiva, insultante e/o priva di oggetto».

10      Al punto 4 del Codice di buona condotta amministrativa del personale della Commissione europea nei suoi rapporti col pubblico, allegato alla decisione 2000/633/CE, CECA, Euratom della Commissione, del 17 ottobre 2000, recante modificazione del suo regolamento interno (GU 2000, L 267, pag. 63), al quale viene fatto riferimento nella citazione di cui al punto 9 supra (in prosieguo: il «Codice di buona condotta amministrativa»), si precisa, nell’ambito del titolo «Corrispondenza», quanto segue:

«A norma dell’articolo 21 del trattato che istituisce la Comunità europea, la Commissione deve rispondere nella lingua in cui è stata redatta la lettera pervenutale, sempreché si tratti di una delle lingue ufficiali delle Comunità».

11      L’allegato 2 delle Disposizioni generali, intitolato «Orientamenti generali del collegio dei capi dei servizi amministrativi relativi all’uso delle lingue nei concorsi EPSO» (in prosieguo: gli «Orientamenti generali»), enuncia quanto segue:

«In linea generale, nei concorsi EPSO è confermato il regime linguistico seguente:

–        gli elementi stabili della pagina web dell’EPSO sono redatti in tutte le lingue ufficiali;

–        i bandi di concorso, compresi i concorsi per linguisti, i concorsi connessi all’allargamento e le disposizioni generali applicabili a tutti i concorsi generali sono pubblicati in tutte le lingue ufficiali;

–        i seguenti test si svolgono in tutte le lingue ufficiali:

–        test di ammissione (ragionamento verbale e numerico),

–        test di comprensione linguistica nei concorsi per traduttori,

–        test preliminari di traduzione nei concorsi per giuristi linguisti,

–        test intermedi di interpretazione (su computer) nei concorsi per interpreti,

–        test sulle competenze (traduzione o interpretazione) nei concorsi per linguisti.

(...)

–        le prove del centro di valutazione si svolgono solo nella seconda lingua dei candidati, scelta fra il francese, l’inglese e il tedesco.

Allo stesso modo, gli inviti a manifestare interesse nelle selezioni di agenti contrattuali organizzate dall’EPSO sono pubblicati in tutte le lingue ufficiali.

Più fattori giustificano la limitazione della scelta della seconda lingua.

Innanzitutto, l’interesse del servizio richiede neoassunti immediatamente operativi e capaci di svolgere con efficacia i compiti inerenti al settore o al ruolo specificato nel bando di concorso per i quali sono stati assunti.

Il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue più usate nelle istituzioni e quelle in cui tradizionalmente si svolgono le riunioni dei membri delle istituzioni. Il francese, l’inglese e il tedesco sono inoltre le lingue [veicolari] più usate nella comunicazione interna ed esterna, come confermano le statistiche riguardanti le lingue di origine dei testi tradotti dai servizi di traduzione delle istituzioni.

Alla luce delle esigenze reali dei servizi in merito all’uso delle lingue nella comunicazione interna ed esterna, lo Statuto dei funzionari dispone, all’articolo 27, paragrafo 1, che uno dei criteri di selezione deve essere la conoscenza soddisfacente di una di queste tre lingue, che va valutata simulando una reale situazione di lavoro. La conoscenza di una terza lingua prevista dall’articolo 45, paragrafo 2, dello Statuto dei funzionari non può sostituire la conoscenza di una di queste tre lingue al momento dell’assunzione.

In secondo luogo, la limitazione delle lingue nelle fasi successive del concorso è giustificata dalla natura delle prove. Conformemente all’articolo 27 dello Statuto dei funzionari, le autorità che hanno il potere di nomina delle istituzioni hanno deciso di modificare le procedure di selezione introducendo a partire dal 2010 metodi di valutazione fondati sulle competenze che riflettano meglio la capacità dei candidati di svolgere le funzioni richieste.

Fondamentali ricerche scientifiche hanno mostrato che i centri di valutazione, che simulano reali situazioni di lavoro, sono il mezzo migliore per prevedere le prestazioni professionali. Si tratta del metodo più affidabile esistente e, in quanto tale, anche di quello più utilizzato a livello mondiale. Una valutazione del genere è tanto più necessaria per le istituzioni, considerata la lunga durata delle carriere e la mobilità interna. In base a un quadro di competenze elaborato dalle autorità che hanno il potere di nomina, viene selezionato un certo numero di esercizi atti a valutare le competenze richieste. Onde assicurare che i candidati siano valutati in modo equo e possano comunicare direttamente con i valutatori e con gli altri candidati che partecipano a una medesima prova, la fase del centro di valutazione deve svolgersi in una lingua veicolare o, in determinate circostanze, nella lingua principale del concorso. Nel primo caso la lingua veicolare deve essere scelta tra le lingue maggiormente conosciute dai candidati.

Su questa base, occorre fare tutto il possibile per evitare qualsiasi discriminazione tra i candidati; ne consegue che ogni candidato deve essere testato nella sua seconda lingua. Tuttavia, poiché questa lingua deve essere anche una lingua veicolare, la scelta della seconda lingua è limitata. Dato che la consuetudine di usare il francese, l’inglese e il tedesco, cui si è fatto riferimento, costituisce tuttora la prassi delle istituzioni, la scelta va fatta tra queste tre lingue. I centri di valutazione non effettuano alcuna valutazione delle conoscenze linguistiche dei candidati, e una conoscenza soddisfacente di una di queste tre lingue in quanto seconda lingua è del tutto sufficiente per superare le prove (ciò corrisponde del resto anche ai criteri minimi di cui all’articolo 28 dello Statuto). Un tale livello di conoscenza linguistica non è affatto sproporzionato in considerazione delle reali esigenze del servizio sopra descritte.

L’uso del francese, dell’inglese o del tedesco come seconda lingua da scegliere per le fasi successive delle procedure di concorso non comporta alcuna discriminazione rispetto alla lingua materna. Non si tratta infatti di una restrizione dell’uso della lingua materna. L’obbligo di scegliere una seconda lingua tra francese, inglese o tedesco – obbligatoriamente diversa dalla prima lingua, che di norma è la lingua materna o equivalente – garantisce che i candidati siano valutati su un piano di parità. Va inoltre sottolineato che una conoscenza sufficiente della seconda lingua dipende essenzialmente dall’impegno personale dei candidati.

Tale richiesta è in ogni caso proporzionata alle reali esigenze del servizio. La limitazione nella scelta della seconda lingua corrisponde inoltre alle attuali conoscenze linguistiche della popolazione in Europa. Oltre a essere le lingue parlate in diversi Stati membri, il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue straniere di maggiore diffusione, le più studiate in quanto lingue straniere e quelle che i cittadini ritengono più utile apprendere. Le reali esigenze del servizio sembrano dunque ragionevolmente riflettere le capacità linguistiche che si possono chiedere ai candidati, tanto più che le conoscenze linguistiche in senso stretto (errori grammaticali, di ortografia o di vocabolario) non sono valutate nel quadro dei test delle competenze. La limitazione nella scelta della seconda lingua a francese, inglese e tedesco non costituisce quindi un ostacolo sproporzionato per quanti desiderino accedere ai concorsi, ma, stando alle informazioni disponibili, corrisponde alle aspettative e alle abitudini dei cittadini.

Il carattere proporzionale e non discriminatorio di questa limitazione in determinate fasi del concorso è confermato dalle statistiche pertinenti. Ad esempio, il francese, l’inglese e il tedesco si sono attestate come opzioni privilegiate quando i candidati hanno avuto la facoltà di scegliere la seconda lingua tra le 11 lingue ufficiali proposte nel quadro dei grandi concorsi generalisti EU‑25 per amministratori e assistenti del 2005. Le statistiche relative ai concorsi successivi alla riforma del 2010 non mostrano distorsioni a favore dei cittadini dei paesi nei quali il francese, l’inglese o il tedesco sono lingua ufficiale. Inoltre le statistiche relative alle prove del ciclo AD 2010 indicano che un numero consistente di candidati continua a scegliere una di queste tre lingue come seconda lingua.

Per gli stessi motivi, sembra giustificato esigere che i candidati utilizzino una di queste tre lingue per comunicare con l’EPSO e per compilare la sezione “valutazione dei talenti” (évaluateur de talent, Talent Screener, Talentfilter).

Ne consegue che, nell’intento di conciliare l’interesse del servizio con le abilità dei candidati, è indispensabile organizzare determinate prove in un numero ridotto di lingue dell’Unione per assicurare, da un lato, che i candidati idonei possiedano una conoscenza adeguata di una combinazione di lingue che consenta loro di esercitare le funzioni richieste e, dall’altro, che siano applicati metodi di selezione basati sulla valutazione dei risultati. Dato che i bandi di concorso e la guida per i candidati sono pubblicati nelle 24 lingue dell’Unione e considerando che i candidati possono sostenere la fondamentale prima fase dei concorsi nella loro lingua materna, da scegliere tra le 24 lingue dell’Unione, è possibile affermare che è stato raggiunto un giusto equilibrio tra l’interesse del servizio e il principio del multilinguismo e della non discriminazione in base alla lingua.

Si procederà quindi a decidere caso per caso in merito alla scelta delle lingue, tenendo conto, da un lato, del regime linguistico adottato dal consiglio di amministrazione dell’EPSO e, dall’altro, dell’esigenza specifica delle istituzioni di disporre di candidati immediatamente operativi.

Sulla base di quanto precede, è possibile individuare due casistiche generali:

–        innanzitutto, profili generali o profili specifici il cui elemento principale ai fini della selezione, oltre alle competenze generali, è la conoscenza o l’esperienza in un determinato settore o in una data professione. In questi casi, l’esigenza fondamentale è la capacità di lavorare e comunicare in un contesto multilingue nel quale la padronanza delle lingue più utilizzate presso le istituzioni giustifica una limitazione della scelta tra le lingue dell’Unione europea nella procedura di selezione,

–        in secondo luogo, profili per i quali la conoscenza di una o più lingue riveste una particolare importanza, ad esempio per i linguisti o per altri profili nei quali le procedure di selezione sono organizzate per lingua. In questo ambito, oltre alla valutazione delle competenze generali indicate sopra, saranno organizzate anche altre prove di competenza specifiche nelle lingue in questione.

Anche adottando questa impostazione, è opportuno che qualsiasi decisione di limitare il numero delle lingue dei concorsi sia esaminata individualmente per ciascun concorso al fine di riflettere le particolari esigenze delle istituzioni per il profilo o i profili in questione».

12      Il 13 marzo 2014 l’EPSO ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il bando di concorso generale EPSO/AD/276/14, inteso alla costituzione di un elenco di riserva per l’assunzione di amministratori (GU 2014, C 74 A, pag. 4). Il 6 novembre 2014 l’EPSO ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il bando di concorso generale EPSO/AD/294/14, inteso alla costituzione di un elenco di riserva per la copertura di posti vacanti di amministratore nel settore della protezione dei dati presso il Garante europeo per la protezione dei dati (GU 2014, C 391 A, pag. 1). Si tratta dei bandi di concorso di cui si chiede l’annullamento mediante i presenti ricorsi (in prosieguo, congiuntamente: i «bandi impugnati»).

13      Nella parte introduttiva di ciascuno dei bandi impugnati viene precisato che le Disposizioni generali formano «parte integrante» dei bandi stessi.

14      Quale parte delle condizioni di ammissione ai concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati, questi ultimi richiedono una conoscenza approfondita di una delle lingue ufficiali dell’Unione, indicata come «lingua 1» del concorso, e una conoscenza soddisfacente di una seconda lingua, indicata come «lingua 2» del concorso, da scegliersi, a cura di ciascun candidato, tra le lingue francese, inglese o tedesca, con la precisazione che essa deve essere obbligatoriamente diversa dalla lingua scelta dallo stesso candidato come lingua 1 (parte III, punto 2.3, dei bandi impugnati).

15      Nel punto 2.3 della parte III dei bandi impugnati vengono fornite alcune precisazioni riguardo alla limitazione della scelta della lingua 2 alle sole tre lingue summenzionate. In proposito, il bando di concorso generale EPSO/AD/276/14 rileva quanto segue:

«Conformemente alla sentenza [del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752)], le istituzioni dell’Unione motivano nell’ambito del presente concorso la limitazione della scelta della seconda lingua a un numero ristretto di lingue ufficiali dell’Unione.

Si informano i candidati che l’opzione relativa alla seconda lingua del presente concorso è stata definita in base all’interesse del servizio, che richiede neoassunti immediatamente operativi e capaci di comunicare in modo efficace nel lavoro quotidiano. In caso contrario, il funzionamento effettivo delle istituzioni potrebbe essere seriamente compromesso.

Secondo una prassi consolidata nelle istituzioni dell’Unione europea, il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue maggiormente utilizzate nella comunicazione interna e che meglio rispondono alle esigenze dei servizi anche in termini di comunicazione esterna e di gestione dei fascicoli. Inoltre, il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue straniere più diffuse e apprese nell’Unione europea. Ciò conferma che la padronanza di almeno una di queste lingue corrisponde all’attuale livello di istruzione e competenza professionale che può essere richiesto per candidarsi a un posto di lavoro nelle istituzioni dell’Unione europea. Pertanto, per raggiungere un equilibrio tra l’interesse del servizio, da un lato, e le esigenze e le capacità dei candidati, dall’altro, tenendo conto dell’ambito specifico del presente concorso, è legittimo organizzare prove in francese, inglese e tedesco, per assicurare che, a prescindere dalla loro prima lingua, tutti i candidati padroneggino a livello operativo almeno una di queste tre lingue ufficiali. Un esame delle competenze specifiche così condotto permette alle istituzioni dell’Unione di valutare se i candidati sono in grado di essere immediatamente operativi in un ambiente simile a quello in cui dovranno lavorare.

Per le stesse ragioni viene limitata anche la scelta delle lingue usate nella comunicazione tra i candidati e l’istituzione e per compilare l’atto di candidatura. Ciò consente di [garantire l’omogeneità in sede di comparazione tra i candidati e di controllo delle informazioni da essi fornite] nell’atto di candidatura.

Inoltre, per garantire la parità di trattamento, tutti i partecipanti al concorso – compresi coloro la cui prima lingua è una delle tre lingue ufficiali suddette – devono sostenere le prove nella loro seconda lingua scelta tra queste tre lingue.

Ciò non pregiudica la successiva formazione linguistica finalizzata all’apprendimento di una terza lingua di lavoro, conformemente all’articolo 45, paragrafo 2, dello Statuto dei funzionari».          

16      Il bando di concorso generale EPSO/AD/294/14 fornisce, in sostanza, le stesse precisazioni.

17      La parte IV del bando di concorso generale EPSO/AD/276/14 prevede l’organizzazione di test di accesso, effettuati su computer. Si tratta di prove di ragionamento verbale [test a)], di ragionamento numerico [test b)], di ragionamento astratto [test c)] e di un test situazionale [test d)]. Nel punto 3 della medesima parte del bando impugnato viene precisato che la lingua dei test a), b) e c) è la lingua 1 del concorso, mentre la lingua del test d) è la lingua 2 del concorso.

18      Peraltro, anche la parte IV del bando di concorso generale EPSO/AD/294/14 prevede l’organizzazione di test di accesso. Si tratta di prove di ragionamento verbale [test a)], di ragionamento numerico [test b)] e di ragionamento astratto [test c)]. Nel punto 3 di tale parte del bando viene precisato che la lingua dei test a), b) e c) è la lingua 1 del concorso.

19      La parte V del bando di concorso generale EPSO/AD/294/14 definisce la procedura di ammissione al concorso e di selezione per titoli. Essa prevede che la valutazione delle condizioni generali e specifiche e la selezione per titoli siano effettuate in un primo tempo sulla base delle dichiarazioni rese dai candidati nell’atto di candidatura. Le risposte dei candidati alle domande relative alle condizioni generali e specifiche saranno esaminate allo scopo di stilare l’elenco dei candidati che soddisfano tutte le condizioni di ammissione al concorso, conformemente a quanto previsto nel titolo III del bando EPSO/AD/294/14. Successivamente, la commissione giudicatrice procederà, tra i candidati che soddisfano le condizioni di ammissione al concorso in questione, a una selezione per titoli per individuare i candidati che possiedono le qualifiche più pertinenti, segnatamente per quanto riguarda i loro diplomi e la loro esperienza professionale, in rapporto alla natura delle funzioni e ai criteri di selezione indicati nel bando EPSO/AD/294/14. Questa selezione verrà effettuata unicamente sulla base delle dichiarazioni fornite dai candidati in risposta alle domande della sezione «valutazione dei talenti», secondo un punteggio stabilito nella parte V, punto 1, lettera b), del medesimo bando EPSO/AD/294/14.

20      I criteri di selezione presi in considerazione dalla commissione giudicatrice nell’ambito della selezione per titoli sono definiti al punto 2 della parte V del bando EPSO/AD/294/14, nei termini seguenti:

«1.      Un diploma universitario in diritto europeo.

2.      Un diploma universitario che comprenda una specializzazione nel settore della protezione dei dati.

3.      Una formazione certificata in materia di protezione dei dati (...) oltre ai titoli e ai diplomi richiesti per accedere al concorso.

4.      Esperienza professionale di almeno un anno e mezzo in materia di protezione dei dati acquisita nelle istituzioni europee o presso un’autorità nazionale di protezione dei dati o un’amministrazione pubblica nazionale oltre all’esperienza richiesta per accedere al concorso.

5.      Esperienza professionale nella redazione di pareri, decisioni o conclusioni dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea relativamente alla legislazione europea in materia di protezione dei dati.

6.      Esperienza professionale nella redazione di relazioni concernenti controlli preventivi, consultazioni e denunce in materia di protezione dei dati.

7.      Esperienza professionale nella redazione di pareri relativi alla legislazione europea in materia di protezione dei dati (...).

8.      Esperienza professionale in materia di inchieste ed audit per analizzare il rispetto del trattamento dei dati personali in relazione alla normativa in vigore.

9.      Esperienza professionale nel campo delle tecnologie moderne di informazione e comunicazione (TIC) allo scopo di poter valutare l’impatto del loro utilizzo sulla protezione dei dati».

21      L’ultima fase delle procedure di selezione contemplate dai bandi impugnati consiste in un «centro di valutazione» (parte V del bando EPSO/AD/276/14; parte VI del bando EPSO/AD/294/14).

22      Al punto 3 della parte V del bando EPSO/AD/276/14 viene indicato che la lingua del centro di valutazione è la lingua 2 del concorso.

23      Secondo il punto 2 della parte VI del bando EPSO/AD/294/14, nell’ambito della prova del centro di valutazione i candidati saranno sottoposti a tre tipi di esercizi, intesi a valutare:

–        le loro capacità di ragionamento, mediante un test di ragionamento verbale [test a)], un testo di ragionamento numerico [test b)] e un testo di ragionamento astratto [test c)];

–        le loro competenze specifiche, mediante un’intervista strutturata sulle competenze settoriali [test d)];

–        le loro competenze generali, mediante uno studio di un caso [test e)], un esercizio in gruppo [test f)] e un’intervista strutturata [test g)].

24      Viene indicato inoltre, al punto 3 della medesima parte del bando EPSO/AD/294/14, che le lingue del centro di valutazione saranno la lingua 1 del concorso per i test a), b) e c) e la lingua 2 del concorso per i test d), e), f) e g).

 Procedimento e conclusioni delle parti

25      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 maggio 2014, la Repubblica italiana ha proposto il ricorso nella causa T‑353/14. Essa conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare il bando EPSO/AD/276/14;

–        condannare la Commissione alle spese.

26      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la Repubblica italiana alle spese.

27      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 15 gennaio 2015, la Repubblica italiana ha proposto il ricorso nella causa T‑17/15.

28      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 aprile 2015, la Repubblica di Lituania ha chiesto di intervenire a sostegno delle conclusioni della Repubblica italiana. Con ordinanza del 1º giugno 2015, il presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento. La Repubblica di Lituania ha depositato la propria memoria d’intervento il 13 luglio 2015.

29      Nella causa T‑17/15, la Repubblica italiana conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare il bando EPSO/AD/294/14;

–        condannare la Commissione alle spese.

30      La Repubblica di Lituania sostiene le conclusioni della Repubblica italiana intese all’annullamento del bando impugnato nella causa T‑17/15.

31      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la Repubblica italiana alle spese;

–        disporre che la Repubblica di Lituania sopporterà le proprie spese.

32      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di aprire la fase orale del procedimento nelle presenti cause e di riunire queste ultime ai fini della fase suddetta. Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento previste dall’articolo 89 del regolamento di procedura del Tribunale, quest’ultimo ha chiesto alla Commissione di rispondere per iscritto ad alcuni quesiti. La Commissione ha ottemperato a tale richiesta entro il termine assegnato.

33      Il Tribunale ha ascoltato le difese delle parti principali e le risposte fornite da queste ultime ai suoi quesiti orali in occasione dell’udienza del 17 marzo 2015, alla quale la Repubblica di Lituania non ha partecipato.

 In diritto

34      Sentite al riguardo le parti principali in occasione dell’udienza, il Tribunale decide di riunire le presenti cause ai fini della decisione che conclude il giudizio, in conformità dell’articolo 68 del regolamento di procedura.

35      A sostegno dei ricorsi, la Repubblica italiana deduce sette motivi, aventi ad oggetto: il primo, la violazione degli articoli 263, 264 e 266 TFUE; il secondo, la violazione dell’articolo 342 TFUE e degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, 17, pag. 385), come modificato; il terzo, la violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, UE, dell’articolo 18 TFUE, dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, degli articoli 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, 27, secondo comma, e 28, lettera f), dello Statuto, nonché dell’articolo 1, paragrafi 2 e 3, dell’allegato III dello Statuto; il quarto, la violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, UE e del principio della tutela del legittimo affidamento; il quinto, uno sviamento di potere e la violazione delle «norme sostanziali inerenti alla natura e finalità dei bandi di concorso», e in particolare degli articoli 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, 27, secondo comma, 28, lettera f), 34, paragrafo 3, e 45, paragrafo 1, dello Statuto, nonché la violazione del principio di proporzionalità; il sesto, la violazione degli articoli 18 TFUE e 24, quarto comma, TFUE, dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali, dell’articolo 2 del regolamento n. 1, nonché dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dello Statuto; e infine, il settimo, la violazione dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, degli articoli 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, e 28, lettera f), dello Statuto, e dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), dell’allegato III dello Statuto, la violazione del principio di proporzionalità, nonché un «travisamento dei fatti».

36      Occorre constatare che, mediante i motivi da essa dedotti, la Repubblica italiana contesta la legittimità di due aspetti del regime linguistico dei concorsi contemplati dai bandi impugnati quale istituito, secondo detto Stato membro, da questi ultimi. Infatti, la Repubblica italiana contesta le disposizioni dei bandi impugnati che limiterebbero alle sole lingue francese, inglese e tedesca, da un lato, la scelta della seconda lingua dei suddetti concorsi e, dall’altro, la scelta della lingua utilizzabile nelle comunicazioni tra i candidati e l’EPSO.

37      Prima di esaminare, alla luce dei motivi invocati dalla Repubblica italiana, la legittimità dei due aspetti dei bandi impugnati contestati da quest’ultima, occorre esaminare i profili di inammissibilità che la Commissione ha opposto, nei suoi controricorsi, avverso ciascuno dei presenti ricorsi, senza tuttavia sollevare formalmente un’eccezione di irricevibilità.

 Sulla ricevibilità

38      La Commissione fa valere, nei suoi controricorsi, che la Repubblica italiana non avrebbe, nel caso di specie, tenuto conto della pubblicazione, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, degli Orientamenti generali, ai quali la parte III dei bandi impugnati si limita a dare esecuzione e che la Repubblica italiana non ha mai contestato, né in via principale né in via incidentale. Le censure della Repubblica italiana dovrebbero dunque essere respinte in quanto irricevibili, «per mancata contestazione nei termini dei detti Orientamenti generali».

39      Nelle repliche, la Repubblica italiana sostiene che tanto gli Orientamenti generali quanto le Disposizioni generali costituiscono atti per natura interni, non rientranti in alcuna delle categorie di atti autonomamente impugnabili definite dall’articolo 263 TFUE. A questo proposito, le Disposizioni generali non differirebbero dalla «Guida ai concorsi» che le ha precedute. Il loro contenuto assumerebbe infatti un valore giuridicamente vincolante solo una volta che esso venga effettivamente inserito in un bando di concorso. Più specificamente, la Repubblica italiana rileva che nelle Disposizioni generali, pubblicate nella serie C della Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, non viene indicata alcuna base giuridica a loro fondamento, quando invece tale indicazione sarebbe indispensabile per atti di diritto derivato produttivi di immediati effetti vincolanti. Detto Stato membro ne conclude che le disposizioni in questione non hanno forza vincolante separatamente dai bandi di concorso che rinviino ad esse.

40      Infatti, negli Orientamenti generali verrebbe altresì precisato che soltanto «in linea generale» la scelta della seconda lingua da parte dei candidati deve essere effettuata tra l’inglese, il tedesco e il francese. La Repubblica italiana conclude che, di conseguenza, poiché il regime linguistico del concorso oggetto del bando viene fissato da quest’ultimo, detto Stato membro non avrebbe potuto contestarlo chiedendo l’annullamento degli Orientamenti generali.

41      La Commissione sostiene, nelle controrepliche, che i criteri menzionati dalla Repubblica italiana vertono su aspetti puramente formali, senza avere alcuna connessione con gli effetti dei bandi impugnati. Essa sottolinea che esiste una sola disciplina giuridicamente vincolante del regime linguistico dei concorsi, totalmente autonoma dai bandi impugnati, che è quella contenuta negli Orientamenti generali e nelle Disposizioni generali. I bandi impugnati sarebbero stati adottati «in (...) stretta esecuzione» degli Orientamenti generali e non farebbero altro che «confermare quanto stabilito» in questi ultimi.

42      Il Tribunale deduce dall’argomentazione fatta valere dalla Commissione nei suoi controricorsi e illustrata nelle sue controrepliche nonché all’udienza che il profilo di inammissibilità che essa solleva è fondato sulla premessa secondo cui i bandi impugnati costituiscono o atti confermativi o atti meramente esecutivi delle Disposizioni generali e degli Orientamenti generali. Per rispondere all’argomentazione invocata dalla Commissione, è dunque necessario esaminare la natura e la portata giuridica dei testi suddetti.

 Sulla natura e sulla portata giuridica delle Disposizioni generali e degli Orientamenti generali

43      All’udienza, la Repubblica italiana ha fatto valere che le Disposizioni generali e gli Orientamenti generali costituivano semplici comunicazioni che avrebbero avuto effetti vincolanti soltanto nei confronti del loro autore, vale a dire l’EPSO, ponendo un limite al suo potere discrezionale. La Repubblica italiana ha inoltre sostenuto che, se si dovesse ritenere che le Disposizioni generali e gli Orientamenti generali fissino norme vincolanti, applicabili in via generale e astratta ai concorsi organizzati dall’EPSO, si tratterebbe di atti adottati da un’autorità non competente a stabilire norme siffatte.

44      Per parte sua, la Commissione ha precisato, all’udienza, che, adottando le Disposizioni generali e gli Orientamenti generali, l’EPSO, in rappresentanza di tutte le istituzioni dell’Unione, aveva definito criteri chiari, oggettivi e prevedibili riguardanti la scelta della seconda lingua nei concorsi organizzati dall’ufficio suddetto, ai sensi del punto 91 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752). L’EPSO avrebbe adottato gli atti summenzionati fondandosi sugli articoli 29 e 30 dello Statuto e sull’allegato III di quest’ultimo, che gli riconoscono la competenza ad organizzare procedure di concorso. I testi suddetti conterrebbero peraltro una valutazione provvisoria dei bisogni linguistici delle istituzioni.

45      Nell’esaminare le Disposizioni generali e gli Orientamenti generali, il Tribunale constata, al pari della Commissione, che da tali testi emergono criteri riguardanti la scelta della seconda lingua dei concorsi organizzati dall’EPSO e della lingua di comunicazione tra i candidati e quest’ultimo. Infatti, dalle Disposizioni generali può dedursi che tale scelta deve essere operata tenendo conto della prassi delle istituzioni dell’Unione in materia di comunicazione interna ed esterna e di gestione dei fascicoli, dell’interesse del servizio, nonché dei bisogni connessi all’organizzazione dei concorsi e alla valutazione dei candidati (v. punto 5 supra).

46      Lo stesso vale per gli Orientamenti generali. In essi viene fatto riferimento, più in particolare, all’interesse del servizio, alla prassi delle istituzioni dell’Unione, alle effettive esigenze dei servizi di queste ultime, alla natura delle prove che garantirebbero la valutazione ottimale dei candidati, alle conoscenze linguistiche della popolazione europea in generale e, infine, alle scelte già operate in materia linguistica dai candidati nei concorsi organizzati in passato dall’EPSO (v. punto 11 supra).

47      Nondimeno, è giocoforza constatare che i testi summenzionati non si limitano ad enunciare simili criteri. Le Disposizioni generali e gli Orientamenti generali contengono altresì una serie di valutazioni in virtù delle quali la scelta della seconda lingua dei concorsi organizzati dall’EPSO nonché della lingua di comunicazione tra quest’ultimo e i candidati sarà limitata al francese, all’inglese e al tedesco. La Commissione sostiene, in sostanza, che tali valutazioni evocano il regime linguistico che dovrebbe, in linea di principio, essere quello di detti concorsi, nel caso in cui i criteri annunciati nelle Disposizioni generali e negli Orientamenti generali fossero applicati al momento della loro adozione, senza riferimento a specifiche procedure di concorso.

48      Occorre pertanto risolvere la questione se, alla luce delle valutazioni menzionate al punto 47 supra, le Disposizioni generali e gli Orientamenti generali debbano essere interpretati nel senso che essi stabiliscono norme vincolanti che definiscono il regime linguistico di tutti i concorsi organizzati dall’EPSO.

49      Una simile interpretazione dei testi summenzionati non può essere ammessa. Secondo la giurisprudenza, per appurare se i testi in questione mirino a stabilire norme vincolanti siffatte, occorre esaminare il loro contenuto (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 20 maggio 2010, Germania/Commissione, T‑258/06, Racc., EU:T:2010:214, punto 27 e la giurisprudenza ivi citata). Ove manchi la fissazione di obblighi specifici o nuovi, la semplice pubblicazione di una comunicazione non è sufficiente per concludere che quest’ultima costituisca un atto idoneo a produrre effetti giuridici obbligatori (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 20 maggio 2010, Germania/Commissione, T‑258/06, Racc., EU:T:2010:214, punto 31).

50      Orbene, risulta dal tenore stesso dei testi di cui sopra che, mediante la loro pubblicazione, l’EPSO non ha fissato in maniera definitiva il regime linguistico dell’insieme dei concorsi che esso è incaricato di organizzare. Infatti, malgrado le valutazioni menzionate al punto 47 supra, le Disposizioni generali e gli Orientamenti generali riservano espressamente la scelta del regime linguistico di ciascun concorso al bando di concorso che verrà adottato al momento dell’avvio della relativa procedura.

51      Infatti, è pur vero che, al punto 1.3 delle Disposizioni generali, viene indicato che la scelta della seconda lingua e della lingua in cui saranno redatti gli atti di candidatura «è in genere limitata al francese, all’inglese o al tedesco». Tuttavia, viene ivi altresì indicato che ciò avverrà «salvo indicazione contraria nel bando di concorso» (v. punti 3 e 4 supra).

52      Gli Orientamenti generali sono formulati in termini analoghi. Se in essi si indica certo che, in linea generale, la seconda lingua dei concorsi nonché la lingua di comunicazione tra l’EPSO e i candidati sarà l’inglese, il francese o il tedesco, essi nondimeno precisano che, anche in un contesto siffatto, «è opportuno che qualsiasi decisione di limitare il numero delle lingue dei concorsi sia esaminata individualmente per ciascun concorso al fine di riflettere le particolari esigenze delle istituzioni» (v. punto 11 supra). Pertanto, non si può ritenere che i testi in questione nel caso di specie fissino obblighi specifici o nuovi, ai sensi della giurisprudenza (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 20 maggio 2010, Germania/Commissione, T‑258/06, Racc., EU:T:2010:214, punto 28 e la giurisprudenza ivi citata).

53      Inoltre, e in ogni caso, le valutazioni menzionate al punto 47 supra non possono essere interpretate nel senso che istituiscano un regime linguistico applicabile alla totalità dei concorsi organizzati dall’EPSO, posto che nessuna disposizione ha concesso a quest’ultimo o al collegio dei capi dei servizi amministrativi la competenza ad istituire un siffatto regime di applicazione generale o ad adottare, a questo proposito, norme di principio alle quali un bando di concorso potrebbe derogare soltanto in via eccezionale (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 29 novembre 2011, Birkhoff/Commissione, T‑10/11 P, EU:T:2011:699, punti 30 e 31 e la giurisprudenza ivi citata).

54      A questo proposito, come si è ricordato al punto 1 della presente sentenza, a norma dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della decisione 2002/620, l’EPSO esercita i poteri di selezione conferiti dall’articolo 30, primo comma, dello Statuto e dall’allegato III di quest’ultimo alle autorità che hanno il potere di nomina (in prosieguo: le o l’«APN») delle istituzioni firmatarie della decisione in questione nonché degli organismi, degli organi o delle agenzie dell’Unione, su domanda di questi ultimi.

55      Orbene, nessuna delle disposizioni suddette o di quelle invocate dalla Commissione (v. punto 44 supra) attribuisce all’EPSO il potere di fissare norme vincolanti a carattere generale e astratto disciplinanti per il futuro i concorsi organizzati sulla base delle disposizioni dello Statuto.

56      Senza dubbio, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, dell’allegato III dello Statuto, le istituzioni, previa consultazione del comitato dello Statuto, affidano all’EPSO l’incarico di adottare le misure necessarie ai fini dell’applicazione di norme uniformi nell’ambito delle procedure di selezione dei funzionari. Tuttavia, da un lato, al paragrafo 2, lettere a) e b), del citato articolo 7 viene precisato che i compiti dell’EPSO, per quanto riguarda le procedure di selezione dei funzionari, sono limitati all’organizzazione di concorsi generali e alla fornitura, su richiesta delle singole istituzioni, di assistenza tecnica per i concorsi interni da queste organizzati. Dall’altro lato, è giocoforza constatare che la disposizione suddetta permette soltanto di affidare all’EPSO la responsabilità dell’adozione di misure di applicazione di norme uniformi, e non quella dell’adozione di norme vincolanti a carattere generale e astratto. In ogni caso, anche a supporre che così fosse, la Commissione non ha fatto riferimento, né nei suoi scritti difensivi né all’udienza, ad un atto delle istituzioni mediante il quale queste ultime, previa consultazione del comitato dello Statuto, avrebbero conferito all’EPSO la responsabilità di fissare norme vincolanti a carattere generale e astratto in materia di regime linguistico dei concorsi organizzati da quest’ultimo.

57      Se invero le disposizioni menzionate ai punti da 54 a 56 supra non attribuiscono all’EPSO la competenza a dettare norme vincolanti relative al regime linguistico dei concorsi da esso organizzati, detto ufficio, al fine di garantire la parità di trattamento e la certezza del diritto, mantiene però la facoltà di adottare e pubblicare atti quali le Disposizioni generali e gli Orientamenti generali intesi ad annunciare in che modo esso intende far uso, in determinate situazioni, del potere discrezionale che tali disposizioni gli riconoscono. Nondimeno, l’EPSO è vincolato da tali testi soltanto nella misura in cui questi non si discostino dalle norme a carattere generale disciplinanti le sue attribuzioni, e soltanto a condizione che, adottandoli, esso non rinunci all’esercizio del potere riconosciutogli nella valutazione delle necessità delle istituzioni e degli organi dell’Unione, comprese le necessità linguistiche di questi ultimi, in occasione dell’organizzazione dei vari concorsi (v., in tal senso e per analogia, sentenza dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punti 69 e 71 e la giurisprudenza ivi citata).

58      Alla luce di quanto sopra esposto, occorre concludere che le Disposizioni generali e gli Orientamenti generali devono essere interpretati come costituenti, tutt’al più, delle comunicazioni, ai sensi del punto 91 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), che annunciano dei criteri in base ai quali l’EPSO intende procedere alla scelta del regime linguistico dei concorsi che esso è incaricato di organizzare.

59      È alla luce di tali constatazioni che occorre esaminare la natura giuridica dei bandi impugnati al fine di statuire sulla ricevibilità dei presenti ricorsi.

 Sulla natura giuridica dei bandi impugnati

60      Come si è esposto al punto 42 supra, la Commissione ritiene che i bandi impugnati costituiscano o atti confermativi o atti meramente esecutivi delle Disposizioni generali e degli Orientamenti generali.

61      A questo proposito occorre ricordare, in primo luogo, che, come risulta dal primo comma dell’articolo 263 TFUE, il ricorso di annullamento può essere proposto avverso tutte le disposizioni adottate dalle istituzioni dell’Unione, indipendentemente dalla loro natura e dalla loro forma, le quali mirino a produrre effetti giuridici (v. sentenza del 6 aprile 2000, Spagna/Commissione, C‑443/97, EU:C:2000:190, punto 27 e la giurisprudenza ivi citata), vale a dire che apportino una modificazione della situazione giuridica quale esistente prima della loro adozione (v., in tal senso, sentenza del 29 giugno 1995, Spagna/Commissione, C‑135/93, EU:C:1995:201, punto 21).

62      Risulta da tale giurisprudenza che non soggiace al controllo giurisdizionale previsto dall’articolo 263 TFUE qualsiasi atto che non produca effetti giuridici obbligatori idonei ad incidere sugli interessi del singolo, come è il caso degli atti confermativi e degli atti meramente esecutivi [v., in tal senso, ordinanza del 14 maggio 2012, Sepracor Pharmaceuticals (Ireland)/Commissione, C‑477/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:292, punto 52 e la giurisprudenza ivi citata].

63      Per quanto riguarda, più specificamente, gli atti confermativi, risulta da una consolidata giurisprudenza che un atto è considerato puramente confermativo di un atto individuale precedente qualora esso non contenga alcun elemento nuovo rispetto a quest’ultimo e non sia stato preceduto da un riesame della situazione del suo destinatario (v., in tal senso, sentenze del 7 febbraio 2001, Inpesca/Commissione, T‑186/98, EU:T:2001:42, punto 44; del 6 maggio 2009, M/EMEA, T‑12/08 P, EU:T:2009:143, punto 47, e del 15 settembre 2011, CMB e Christof/Commissione, T‑407/07, non pubblicata, EU:T:2011:477, punto 89). Tale giurisprudenza è peraltro trasponibile al caso degli atti che non possono essere considerati quali atti individuali (v., in tal senso, sentenza del 13 novembre 2014, Spagna/Commissione, T‑481/11, EU:T:2014:945, punti 28 e 29 e la giurisprudenza ivi citata), come un regolamento o un bando di concorso (v. sentenza del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑295/13, non pubblicata, EU:T:2015:997, punto 76 e la giurisprudenza ivi citata).

64      Per quanto riguarda gli atti meramente esecutivi, occorre considerare che tali atti non creano diritti ed obblighi in capo a soggetti terzi, bensì intervengono nel contesto dell’esecuzione di un atto precedente che mira a produrre effetti giuridici vincolanti, quando tutti gli elementi della norma enunciata da quest’ultimo atto sono già stati definiti e decisi (v., in tal senso, sentenza del 20 novembre 2008, Italia/Commissione, T‑185/05, EU:T:2008:519, punti da 51 a 53 e la giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso e per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Commissione/Parlamento e Consiglio, C‑427/12, EU:C:2013:871, punto 63).

65      Occorre ricordare, in secondo luogo, che, a norma dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera e), dell’allegato III dello Statuto, un bando di concorso – quali sono i bandi impugnati – deve specificare, nel caso di concorso per esami, il tipo degli esami e la loro rispettiva valutazione. Infatti, secondo una consolidata giurisprudenza, le disposizioni del bando di concorso costituiscono tanto la cornice di legittimità quanto il quadro di valutazione per la commissione giudicatrice. Inoltre, la funzione essenziale di un bando di concorso è di informare gli interessati nel modo più esatto possibile circa la natura dei requisiti necessari per occupare il posto di cui trattasi, al fine di metterli in grado di valutare l’opportunità di presentare la propria candidatura (v. sentenza del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑295/13, non pubblicata, EU:T:2015:997, punto 49 e la giurisprudenza ivi citata).

66      Pertanto, ciascun bando di concorso viene adottato allo scopo di stabilire le regole disciplinanti la procedura di svolgimento di uno o più concorsi specifici, dei quali esso definisce in tal modo la cornice normativa in funzione dell’obiettivo stabilito dall’APN. È tale cornice normativa – stabilita, eventualmente, secondo le norme di portata generale applicabili all’organizzazione dei concorsi – a disciplinare la procedura del concorso di cui trattasi, dal momento della pubblicazione del bando in questione fino alla pubblicazione dell’elenco di riserva che contiene i nomi dei vincitori del concorso in questione (v., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑295/13, non pubblicata, EU:T:2015:997, punto 50).

67      Alla luce di quanto poc’anzi esposto, è giocoforza constatare che un bando di concorso – come i bandi impugnati – il quale, tenendo conto delle necessità specifiche delle istituzioni o degli organi dell’Unione interessati, stabilisca la cornice normativa di uno specifico concorso, compreso il suo regime linguistico, e comporti dunque effetti giuridici autonomi, non può, in linea di principio, essere considerato come un atto confermativo o un atto meramente esecutivo di atti precedenti. Se è pur vero che l’APN deve, se del caso, nell’esercizio delle sue funzioni consistenti nell’adozione di un bando di concorso, rispettare o applicare norme contenute in atti precedenti a carattere generale, ciò non toglie che la cornice normativa di ciascun concorso viene creata e specificata dal bando di concorso corrispondente, il quale precisa così le condizioni richieste per occupare il posto o i posti in questione.

68      In ogni caso, ed anche supponendo che un bando di concorso possa, in linea di principio, essere un atto confermativo o un atto meramente esecutivo di atti che lo hanno preceduto, risulta dalla giurisprudenza citata ai punti 62 e 63 della presente sentenza che un atto può essere considerato confermativo o puramente esecutivo di un atto precedente soltanto qualora quest’ultimo miri a produrre effetti giuridici. Orbene, come si è illustrato ai punti da 48 a 57 supra, non è questo il caso delle Disposizioni generali e degli Orientamenti generali.

69      Infatti, al punto 58 supra si è concluso che le Disposizioni generali e gli Orientamenti generali devono essere interpretati come configuranti, tutt’al più, delle comunicazioni, ai sensi del punto 91 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), le quali annunciano dei criteri in base ai quali l’EPSO intende procedere alla scelta del regime linguistico di ciascuno dei concorsi che esso è incaricato di organizzare.

70      Alla luce di quanto sopra esposto, occorre concludere che i bandi impugnati costituiscono atti che comportano effetti giuridici vincolanti quanto al regime linguistico dei concorsi in questione e costituiscono dunque atti impugnabili. Il fatto che, nell’adottarli, l’EPSO abbia tenuto conto dei criteri enunciati nelle Disposizioni generali e negli Orientamenti generali, ai quali i bandi impugnati rinviano espressamente (v. punto 13 supra), non può rimettere in discussione questa constatazione.

71      Pertanto, occorre respingere il profilo di inammissibilità dedotto dalla Commissione e procedere all’esame nel merito dei presenti ricorsi.

 Nel merito

72      Come si è esposto al punto 36 supra, la Repubblica italiana, sostenuta dalla Repubblica di Lituania nella causa T‑17/15, contesta due distinti aspetti dei bandi impugnati.

73      Dunque, occorre esaminare in successione, alla luce dei motivi dedotti e degli argomenti presentati dalle parti, da un lato, la legittimità della limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta della seconda lingua da parte dei candidati ai concorsi previsti dai bandi impugnati e, dall’altro, la legittimità della limitazione alle sole tre lingue summenzionate delle lingue utilizzabili nelle comunicazioni tra i candidati e l’EPSO.

 Sulla legittimità della limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta della seconda lingua da parte dei candidati ai concorsi previsti dai bandi impugnati

74      L’aspetto contestato dei bandi impugnati che verte sulla limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta della seconda lingua da parte dei candidati ai concorsi in questione costituisce l’oggetto del terzo e del settimo motivo dedotto in entrambi i ricorsi dalla Repubblica italiana.

75      Il terzo motivo di ricorso riguarda la violazione dell’articolo 6, paragrafo 3, TUE, dell’articolo 18 TFUE, dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali, degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, degli articoli 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, 27, secondo comma, e 28, lettera f), dello Statuto, nonché dell’articolo 1, paragrafi 2 e 3, dell’allegato III dello Statuto. In sostanza, la Repubblica italiana fa valere che la limitazione – prevista dai bandi impugnati – alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta della seconda lingua dei candidati ai concorsi in questione, la quale sarebbe la lingua sia dei test di preselezione che delle prove di valutazione dei candidati ammessi, viola tutte le disposizioni sopra citate. La ricorrente sottolinea inoltre che i compiti che i vincitori dei concorsi contemplati dai bandi impugnati saranno chiamati ad eseguire, ossia la progettazione, l’esecuzione, la sorveglianza di progetti, la gestione di risorse, la redazione di note di analisi delle politiche, la comunicazione esterna, le relazioni con le parti interessate e gli Stati membri ed il coordinamento dei gruppi di lavoro istituiti dagli Stati, non giustificano il requisito, imposto dai bandi suddetti, della conoscenza di una delle tre lingue summenzionate quale seconda lingua. Secondo la Repubblica italiana, dette funzioni esigerebbero la più ampia conoscenza possibile delle lingue dell’Unione.

76      Il settimo motivo di ricorso riguarda la violazione dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, degli articoli 1 e 6 del regolamento n. 1, degli articoli 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, e 28, lettera f), dello Statuto, e dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), dell’allegato III dello Statuto, la violazione del principio di proporzionalità, nonché un «travisamento dei fatti». In sostanza, mediante tale motivo di ricorso, la Repubblica italiana fa valere un difetto e un’insufficienza di motivazione dei bandi impugnati. Essa contesta inoltre la fondatezza di tale motivazione e la sua conformità alle disposizioni sopra citate.

77      Nella sua memoria di intervento nella causa T‑17/15, la Repubblica di Lituania sostiene gli argomenti della Repubblica italiana. Essa fa valere che la Commissione ha violato l’autorità di giudicato che spetta alla sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), e che la motivazione contenuta nel bando impugnato nella causa T‑17/15 non è sufficiente per giustificare la limitazione della scelta della seconda lingua del concorso in questione.

78      Per quanto riguarda, anzitutto, un eventuale difetto o insufficienza di motivazione dei bandi impugnati, quale dedotto nell’ambito del settimo motivo di ricorso, la Commissione respinge gli argomenti addotti dalla Repubblica italiana.

79      A questo proposito occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, l’obbligo di motivare le decisioni costituisce una formalità sostanziale, la quale va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, che invece attiene alla legittimità nel merito dell’atto controverso. Infatti, la motivazione di un atto consiste nell’esporre formalmente le ragioni su cui si fonda tale atto. Qualora tali ragioni siano inficiate da errori, questi ultimi viziano la legittimità nel merito dell’atto in questione, ma non la sua motivazione, che può essere sufficiente pur esponendo ragioni errate (v. sentenza del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, EU:C:2008:392, punto 181 e la giurisprudenza ivi citata).

80      Nel caso di specie, come si è rilevato ai punti 15 e 16 supra, i bandi impugnati contengono senz’altro una motivazione intesa a giustificare il requisito secondo cui i candidati devono possedere una conoscenza soddisfacente del francese, dell’inglese o del tedesco, lingue cui è limitata la scelta dei candidati quanto alla seconda lingua dei concorsi. Pertanto, non può addebitarsi all’autore del bando, ossia all’EPSO, una violazione dell’obbligo di motivazione. La questione della fondatezza di tale motivazione è distinta, e verrà esaminata qui di seguito.

81      Ai fini dell’esame di quest’ultima questione, occorre ricordare il tenore letterale delle disposizioni menzionate dalla Corte nella sua sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), parimenti richiamate dalla Repubblica italiana nella sua argomentazione, nonché le conclusioni che la Corte ha ricavato da tali disposizioni.

82      Ai punti da 81 a 84 della sua sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), la Corte ha fatto riferimento all’articolo 1 del regolamento n. 1, agli articoli 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, e 28, lettera f), dello Statuto, nonché all’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), dell’allegato III dello Statuto.

83      Il regolamento n. 1 prevede, all’articolo 1, nella versione applicabile al momento della pubblicazione dei bandi impugnati, quanto segue:

«Le lingue ufficiali e le lingue di lavoro delle istituzioni dell’Unione sono la lingua bulgara, la lingua ceca, la lingua croata, la lingua danese, la lingua estone, la lingua finlandese, la lingua francese, la lingua greca, la lingua inglese, la lingua irlandese, la lingua italiana, la lingua lettone, la lingua lituana, la lingua maltese, la lingua neerlandese, la lingua polacca, la lingua portoghese, la lingua rumena, la lingua slovacca, la lingua slovena, la lingua spagnola, la lingua svedese, la lingua tedesca e la lingua ungherese».

84      L’articolo 1 quinquies dello Statuto stabilisce, al paragrafo 1, che, nell’applicazione dello Statuto, è vietata qualsiasi discriminazione fondata, in particolare, sulla lingua. A mente del paragrafo 6 del medesimo articolo, «[n]el rispetto del principio di non discriminazione e del principio di proporzionalità, ogni limitazione di tali principi deve essere oggettivamente e ragionevolmente giustificata e deve rispondere a obiettivi legittimi di interesse generale nel quadro della politica del personale».

85      L’articolo 28, lettera f), dello Statuto dispone che, per la nomina a funzionario, occorre possedere una conoscenza approfondita di una delle lingue dell’Unione e una conoscenza soddisfacente di un’altra lingua dell’Unione. Come sottolineato dalla Corte nella sua sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), tale disposizione precisa invero che la conoscenza soddisfacente di un’altra lingua è richiesta «nella misura necessaria alle funzioni» che il candidato è chiamato a svolgere, ma non indica i criteri che possono essere presi in considerazione per limitare la scelta di tale lingua nell’ambito delle lingue ufficiali menzionate all’articolo 1 del regolamento n. 1.

86      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera f), dell’allegato III dello Statuto, il bando di concorso può specificare eventualmente le conoscenze linguistiche richieste per la particolare natura dei posti da coprire. Tuttavia, come indicato dalla Corte nella sua sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 84), da tale disposizione non discende un’autorizzazione generale a derogare alle prescrizioni dell’articolo 1 del regolamento n. 1.

87      La Corte ha poi concluso che le disposizioni menzionate ai punti da 84 a 86 supra non prevedono criteri espliciti che consentano di limitare la scelta della seconda lingua che i candidati ad un concorso per l’assunzione di funzionari dell’Unione devono conoscere, indipendentemente dal fatto che tale restrizione avvenga a favore delle tre lingue imposte dai bandi impugnati oppure a favore di altre lingue ufficiali (sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 85). La Corte ha inoltre constatato che le istituzioni interessate dai bandi impugnati in quella causa non erano assoggettate a un regime linguistico specifico, bensì a quello istituito dal regolamento n. 1.

88      La Corte ha nondimeno rilevato che dall’insieme delle disposizioni sopra citate risultava che l’interesse del servizio poteva costituire un obiettivo legittimo idoneo ad essere preso in considerazione. In particolare, l’articolo 1 quinquies dello Statuto autorizza limitazioni ai principi di non discriminazione e di proporzionalità. È necessario però, secondo la Corte, che tale interesse del servizio sia oggettivamente giustificato e che il livello di conoscenze linguistiche richiesto risulti proporzionato alle effettive esigenze del servizio (sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 88).

89      A questo proposito, la Corte ha sottolineato che eventuali norme che limitino la scelta della seconda lingua devono stabilire criteri chiari, oggettivi e prevedibili affinché i candidati possano sapere, con sufficiente anticipo, quali requisiti linguistici debbono essere soddisfatti, e ciò al fine di potersi preparare ai concorsi nelle migliori condizioni (sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 90).

90      Nella causa decisa dalla sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 91), la Corte ha constatato che le istituzioni interessate non avevano mai adottato norme interne ai sensi dell’articolo 6 del regolamento n. 1. La Corte ha aggiunto che la Commissione non aveva neppure invocato l’esistenza di altri atti, quali ad esempio comunicazioni enuncianti i criteri per una limitazione della scelta di una lingua come seconda lingua per partecipare ai concorsi in esame in quella causa. Infine, essa ha constatato che i bandi di concorso controversi in quella causa non recavano alcuna motivazione che giustificasse la scelta delle tre lingue (francese, inglese, tedesco) alle quali era limitata la scelta della seconda lingua dei candidati a detti concorsi.

91      Risulta da tali considerazioni della Corte che la limitazione della scelta della seconda lingua da parte dei candidati di un concorso ad un numero ristretto di lingue, ad esclusione delle altre lingue ufficiali, costituisce una discriminazione fondata sulla lingua (v., in tal senso, sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 102). È infatti evidente che, mediante una clausola siffatta, alcuni potenziali candidati, ossia quelli che possiedono una conoscenza soddisfacente di almeno una delle lingue designate, sono avvantaggiati, in quanto possono partecipare al concorso ed essere così assunti come funzionari o agenti dell’Unione, mentre gli altri, che non hanno una conoscenza siffatta, sono esclusi (sentenze del 24 settembre 2015, Italia e Spagna/Commissione, T‑124/13 e T‑191/13, EU:T:2015:690, punto 92; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑275/13, non pubblicata, EU:T:2015:1000, punto 76; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑295/13, non pubblicata, EU:T:2015:997, punto 133, e del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑510/13, non pubblicata, EU:T:2015:1001, punto 87).

92      La Commissione fa valere che tale circostanza non costituisce una discriminazione fondata sulla nazionalità. Orbene, un argomento siffatto è inoperante, in quanto l’articolo 1 quinquies dello Statuto non vieta soltanto le discriminazioni fondate sulla nazionalità, ma anche varie altre forme di discriminazione, comprese quelle fondate sulla lingua.

93      Nel medesimo contesto, la Commissione fa valere che nessuna discriminazione poteva «sussistere in diritto, posto che, [nei bandi impugnati], a parte i [test su computer] che erano nella lingua madre del candidato (...), tutti i candidati dovevano svolgere gli altri test e le prove di concorso nella loro seconda lingua, obbligatoriamente diversa dalla lingua madre». Secondo la Commissione, considerata la scelta che i candidati potevano effettuare, non poteva sussistere la pretesa discriminazione in ragione della lingua, poiché i candidati erano «autorizzati a scegliere di svolgere le prove nella lingua “della quale si reputano maggiormente esperti”», come richiederebbe la sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 94). Infine, la Commissione sostiene che risulta dagli elementi di prova da essa prodotti dinanzi al Tribunale, e più specificamente dai dati raccolti dall’EPSO e relativi ai candidati iscritti negli elenchi di riserva al termine dei concorsi organizzati dal 2010 al 2013, che «tale discriminazione non ha avuto modo di manifestarsi neanche in fatto».

94      Questi argomenti devono essere respinti. Anzitutto, occorre rilevare che nulla nei bandi impugnati consente di dedurre che la prima lingua del concorso, di cui i candidati dovevano avere una «conoscenza approfondita» e che era obbligatoriamente differente dalla seconda lingua del concorso, dovesse necessariamente coincidere con la loro lingua materna.

95      Lo stesso vale per quanto concerne l’argomento che la Commissione sembra ricavare dal punto 94 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752). Certo, secondo la Corte, l’obiettivo di assicurare alle istituzioni la collaborazione di funzionari dotati delle più alte qualità di competenza, rendimento e integrità può essere meglio salvaguardato quando i candidati sono autorizzati a presentare le prove di selezione di un concorso nella loro lingua materna o nella seconda lingua della quale si reputano maggiormente esperti. Tuttavia, contrariamente a quanto sembra affermare la Commissione, non si può dedurre dal citato punto della sentenza di cui sopra che qualsiasi limitazione della scelta della seconda lingua dei candidati sarebbe giustificata a condizione che i candidati possano scegliere, tra le lingue proposte, quella nella quale essi sono maggiormente esperti dopo la loro lingua materna. Infatti, nel caso di specie, contrariamente a quanto viene sostenuto nei controricorsi, niente esclude che la seconda lingua della quale i suddetti candidati «si reputano maggiormente esperti», ai sensi del punto 94 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), sia una lingua diversa dal francese, dall’inglese o dal tedesco.

96      Infine, per quanto riguarda gli argomenti che la Commissione intende trarre dai dati menzionati al punto 93 supra, occorre sottolineare che l’articolo 1 quinquies dello Statuto vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla lingua, anche quando il numero delle vittime di tale discriminazione sia abbastanza ristretto. Tutt’altra questione è quella se una discriminazione possa essere tollerata per altri motivi, nel qual caso il numero ristretto delle potenziali vittime di una discriminazione può costituire un valido argomento, che depone a favore del carattere proporzionato della misura di cui trattasi.

97      Pertanto, occorre esaminare se, limitando alle sole lingue francese, inglese e tedesca la scelta della seconda lingua dei concorsi contemplati dai bandi impugnati, l’EPSO, autore di tali bandi, abbia violato l’articolo 1 quinquies dello Statuto, istituendo una discriminazione vietata, fondata sulla lingua.

98      Occorre constatare che, al pari dei bandi di concorso controversi nelle cause decise dalla sentenza del 24 settembre 2015, Italia e Spagna/Commissione (T‑124/13 e T‑191/13, EU:T:2015:690), nonché dalle sentenze del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione (T‑275/13, non pubblicata, EU:T:2015:1000; T‑295/13, non pubblicata, EU:T:2015:997, e T‑510/13, non pubblicata, EU:T:2015:1001), e a differenza dei bandi di concorso esaminati nella causa decisa dalla sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), i bandi impugnati, pur rinviando alle Disposizioni generali e agli Orientamenti generali, che costituiscono parte integrante dei bandi stessi, recano una motivazione (v. punti 15 e 16 supra), inserita specificamente allo scopo di soddisfare le prescrizioni della citata sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752). Risulta in particolare da tale motivazione che le opzioni relative alla seconda lingua ai fini dei concorsi in questione sono state definite conformemente all’interesse del servizio, in base al quale si richiede ai nuovi assunti di essere immediatamente operativi e capaci di comunicare efficacemente nel loro lavoro quotidiano, e che in caso contrario il funzionamento efficiente delle istituzioni ne risulterebbe gravemente pregiudicato.

99      Ciò premesso, occorre verificare se le altre constatazioni della Corte ricordate al punto 90 supra restino valide anche per quanto riguarda le circostanze delle presenti cause.

100    A questo proposito, come confermato dalla Commissione in occasione dell’udienza, le istituzioni interessate dai bandi impugnati non hanno adottato, dopo la pronuncia della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), e fino alla pubblicazione dei bandi impugnati, norme interne ai sensi dell’articolo 6 del regolamento n. 1.

101    Per contro, la Commissione sostiene che le Disposizioni generali e gli Orientamenti generali costituiscono delle comunicazioni, ai sensi del punto 91 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752). A questo proposito, essa sostiene che, nel caso dei bandi impugnati, i candidati «erano stati anche messi a conoscenza della normativa “preventiva, obiettiva e trasparente” (...) costituita dagli Orientamenti generali», che sono stati pubblicati – al pari d’altronde delle Disposizioni generali – «in tutte le lingue ufficiali [dell’Unione]». La Commissione sostiene dunque, in sostanza, che i testi suddetti prevedono criteri «chiari, oggettivi e prevedibili affinché i candidati possano sapere, con sufficiente anticipo, “quali requisiti linguistici debbono essere soddisfatti, (...) al fine di potersi preparare ai concorsi nelle migliori condizioni” (...)», ai sensi del punto 90 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752).

102    Come si è esposto al punto 69 supra, le Disposizioni generali e gli Orientamenti generali devono essere interpretati come costituenti, tutt’al più, delle comunicazioni che annunciano taluni criteri in base ai quali l’EPSO intende procedere alla scelta del regime linguistico di ciascuno dei concorsi che esso è incaricato di organizzare.

103    Orbene, indipendentemente dalla questione se i suddetti criteri possano essere considerati prevedibili, ai sensi del punto 90 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), per i candidati che hanno partecipato ai concorsi oggetto dei bandi impugnati – tenendo presente che questi ultimi sono stati pubblicati, il primo, dodici giorni e, il secondo, otto mesi dopo la pubblicazione delle Disposizioni generali e degli Orientamenti generali – sono tali bandi gli atti che, nella fattispecie, precisano in maniera definitiva la cornice normativa dei suddetti concorsi, rinviando certo ai testi summenzionati, ma stabilendo regole autonome, anche per quel che riguarda il regime linguistico. Spetta dunque al giudice dell’Unione controllare, nell’ambito dei presenti ricorsi, la legittimità di tale regime.

104    Occorre infatti verificare, alla luce dell’argomentazione della Repubblica italiana, se la motivazione inserita nei bandi suddetti dimostri che la limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta della seconda lingua da parte dei candidati ai concorsi controversi è giustificata dall’interesse del servizio e rispetta il principio di proporzionalità.

105    È necessario, anzitutto, definire i parametri di tale verifica. La Commissione richiama il principio di autonomia delle istituzioni dell’Unione per far valere che queste ultime dispongono di un potere discrezionale «particolarmente ampio», posto che esse sono le sole a poter decidere la propria politica del personale, a constatare quali sono i bisogni del servizio, che includerebbero inevitabilmente anche i bisogni linguistici, nonché a determinare le misure atte a soddisfarli. Detta istituzione ne deduce che, in tale contesto, il principio di non discriminazione è violato solo in caso di scelte arbitrarie o manifestamente inadeguate alla luce dell’obiettivo perseguito, il quale, a suo avviso, è di poter disporre di candidati immediatamente operativi e di assumere funzionari dotati dei più alti requisiti di competenza, rendimento e integrità, ai sensi dell’articolo 27, primo comma, dello Statuto.

106    A questo proposito, occorre osservare che soltanto l’obiettivo consistente nel disporre di candidati immediatamente operativi è idoneo a giustificare, eventualmente, una discriminazione fondata sulla lingua. Per contro, una discriminazione siffatta non è idonea a facilitare l’assunzione dei funzionari dotati dei più alti requisiti di competenza, rendimento e integrità, dato che queste qualità sono, all’evidenza, indipendenti dalle conoscenze linguistiche di un candidato (sentenze del 24 settembre 2015, Italia e Spagna/Commissione, T‑124/13 e T‑191/13, EU:T:2015:690, punto 103; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑275/13, non pubblicata, EU:T:2015:1000, punto 86; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑295/13, non pubblicata, EU:T:2015:997, punto 144, e del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑510/13, non pubblicata, EU:T:2015:1001, punto 101).

107    È pur vero che la giurisprudenza riconosce il principio dell’autonomia funzionale delle istituzioni dell’Unione quanto alla scelta dei loro funzionari e agenti, sancito all’articolo 2 dello Statuto. Tali istituzioni dispongono infatti di un ampio margine di discrezionalità e di un’autonomia per quanto riguarda la creazione di un posto di funzionario o di agente, la scelta del funzionario o dell’agente per la copertura del posto istituito, e la natura del rapporto di lavoro che le lega ad un agente (v., in tal senso, sentenza dell’8 settembre 2005, AB, C‑288/04, EU:C:2005:526, punti 26 e 28). Tuttavia, tale autonomia non le dispensa dall’obbligo di rispettare le disposizioni applicabili del diritto dell’Unione, ivi comprese quelle dell’articolo 1 quinquies dello Statuto (sentenze del 24 settembre 2015, Italia e Spagna/Commissione, T‑124/13 e T‑191/13, EU:T:2015:690, punto 104; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑275/13, non pubblicata, EU:T:2015:1000, punto 87; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑295/13, non pubblicata, EU:T:2015:997, punto 145, e del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑510/13, non pubblicata, EU:T:2015:1001, punto 106).

108    Risulta inoltre da una giurisprudenza consolidata che, nelle materie riconducibili all’esercizio di un potere discrezionale, il principio di non discriminazione risulta violato allorché l’istituzione in questione procede ad una differenziazione arbitraria o manifestamente inadeguata in rapporto all’obiettivo perseguito dalla normativa (v. sentenza del 20 marzo 2012, Kurrer e a./Commissione, da T‑441/10 P a T‑443/10 P, EU:T:2012:133, punto 54 e la giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza del 15 aprile 2010, Gualtieri/Commissione, C‑485/08 P, EU:C:2010:188, punto 72).

109    Tuttavia, tale giurisprudenza non esclude qualsiasi verifica, da parte del giudice dell’Unione, delle eventuali necessità di specifiche conoscenze linguistiche dei candidati ad un concorso per l’assunzione di funzionari o agenti dell’Unione. Al contrario, risulta dalle considerazioni della Corte menzionate al punto 88 supra che spetta al giudice dell’Unione verificare che tali necessità siano oggettivamente giustificate e proporzionate alle effettive esigenze del servizio, ossia, in altri termini, che esse non siano arbitrarie o manifestamente inadeguate in rapporto all’obiettivo preventivato (sentenze del 24 settembre 2015, Italia e Spagna/Commissione, T‑124/13 e T‑191/13, EU:T:2015:690, punto 106; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑275/13, non pubblicata, EU:T:2015:1000, punto 89; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑295/13, non pubblicata, EU:T:2015:997, punto 147, e del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑510/13, non pubblicata, EU:T:2015:1001, punto 108).

110    Secondo la motivazione dei bandi impugnati, «[l’]interesse del servizio (…) richiede neoassunti immediatamente operativi e capaci di comunicare in modo efficace nel loro lavoro quotidiano». Sulla base di una prassi consolidata delle istituzioni dell’Unione per quanto riguarda le lingue utilizzate nella comunicazione interna, e tenendo conto delle esigenze dei servizi in materia di comunicazione esterna e di gestione dei fascicoli, si conclude che le tre lingue summenzionate rimangono le lingue maggiormente utilizzate.

111    Si constata poi che le tre lingue suddette sono le lingue più studiate come seconda lingua. Secondo i bandi impugnati, questo dato conferma che la padronanza di almeno una di queste lingue corrisponde all’attuale livello di istruzione e di competenza professionale che può essere richiesto per candidarsi a un posto di lavoro presso le istituzioni dell’Unione europea. Sulla scorta di tali considerazioni, si conclude che, «per raggiungere un equilibrio tra l’interesse del servizio, da un lato, e le esigenze e le capacità dei candidati, dall’altro, tenendo conto dell’ambito specifico del presente concorso, è legittimo organizzare prove in francese, inglese e tedesco, per assicurare che, a prescindere dalla loro prima lingua, tutti i candidati padroneggino a livello operativo almeno una di queste tre lingue ufficiali».

112    Il rilievo secondo cui «[u]n esame delle competenze specifiche così condotto permette alle istituzioni dell’Unione di valutare se i candidati sono in grado di essere immediatamente operativi in un ambiente simile a quello in cui dovranno lavorare», sembra essere stato formulato per giustificare l’organizzazione di alcune prove nella seconda lingua, scelta da ciascun candidato tra il francese, l’inglese e il tedesco. Il requisito secondo cui i candidati che scelgono una di queste tre lingue come prima lingua devono comunque sostenere dette prove in un’altra di queste tre lingue, che avranno scelto come seconda lingua, viene giustificato con l’esigenza di «garantire la parità di trattamento».

113    L’affermazione secondo cui le tre lingue di cui sopra sono le lingue maggiormente utilizzate, alla luce, in particolare, della prassi consolidata delle istituzioni dell’Unione per quanto riguarda le lingue di comunicazione interna, occupa una posizione chiave in tale ragionamento. È però giocoforza constatare che si tratta di un’affermazione vaga, non completata da indicazioni concrete.

114    Infatti, questa presunta prassi delle istituzioni dell’Unione per quanto riguarda le lingue utilizzate nella comunicazione interna non viene minimamente illustrata nei bandi impugnati. In particolare, in questi ultimi non viene precisato se essa implichi l’utilizzazione parallela di queste tre lingue come lingue di comunicazione interna in tutti i servizi di tutte le istituzioni e gli organi interessati dai bandi impugnati, o se piuttosto alcuni servizi utilizzino una di queste lingue ed altri un’altra lingua. In quest’ultima ipotesi, vi sarebbe il rischio che i servizi di possibile destinazione dei candidati che risulteranno vincitori dei concorsi controversi non utilizzino l’una o l’altra delle tre lingue summenzionate come lingua di lavoro interna, il che metterebbe in discussione il carattere ragionevole e proporzionato della limitazione a queste sole tre lingue della scelta della seconda lingua per i candidati ai concorsi in questione. Infatti, in un simile caso, o alcuni candidati, pur avendo superato tali concorsi, non verrebbero assunti, o i servizi interessati sarebbero obbligati ad assumere, in parte, candidati che non padroneggiano la lingua di comunicazione interna, nel qual caso si porrebbe legittimamente la questione del senso e dell’utilità della limitazione di cui sopra.

115    Le Disposizioni generali, che formano parte integrante dei bandi impugnati, contengono taluni elementi di informazione a questo proposito. Infatti, al punto 1.3 di tale testo, si afferma che, «[s]econdo una prassi consolidata nelle istituzioni dell’Unione europea, il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue maggiormente utilizzate nella comunicazione interna e quelle che meglio rispondono alle esigenze dei servizi anche in termini di comunicazione esterna e di gestione dei fascicoli».

116    Alcune indicazioni supplementari sono contenute negli Orientamenti generali. Ivi si afferma, più in particolare, che le tre lingue suddette sono «quelle in cui tradizionalmente si svolgono le riunioni dei membri delle istituzioni» e che esse «sono inoltre le lingue [veicolari] più usate nella comunicazione interna ed esterna, come confermano le statistiche riguardanti le lingue di origine dei testi tradotti dai servizi di traduzione delle istituzioni».

117    La Commissione ha inoltre fornito, nei suoi scritti difensivi, alcune precisazioni a questo proposito ed ha prodotto degli elementi di prova aggiuntivi nelle presenti cause. Tuttavia, il loro esame non consente di dissipare i seri dubbi che le suesposte affermazioni contenute nei bandi impugnati sollevano. Lo stesso vale per quanto riguarda gli elementi supplementari contenuti negli Orientamenti generali, nella misura in cui questi sono in sostanza identici agli argomenti presentati dalla Commissione nei propri scritti difensivi dinanzi al Tribunale.

118    In primo luogo, la Commissione fa valere che il francese, l’inglese e il tedesco sono «le tre lingue principali delle deliberazioni delle istituzioni dell’Unione». A suo avviso, tale situazione era connotata dall’iniziale uso del francese e del tedesco e si è arricchita, dal 1973, con l’introduzione dell’inglese. Essa aggiunge che la lingua tradizionale delle deliberazioni delle giurisdizioni in seno alla Corte di giustizia dell’Unione europea è il francese, mentre l’inglese è «la lingua di lavoro più diffusa nelle Agenzie». Tale stato di cose sarebbe confermato, tra l’altro, dal regime linguistico del Comitato dei Rappresentanti Permanenti (Coreper), incaricato, a norma dell’articolo 16, paragrafo 7, TUE, della preparazione dei lavori del Consiglio dell’Unione europea.

119    È però giocoforza constatare che, fatta eccezione per le copie di alcuni messaggi di posta elettronica, prodotti per dimostrare che il francese, l’inglese e il tedesco sarebbero le lingue veicolari utilizzate dagli Stati membri in seno al Coreper, la Commissione non ha fornito altri elementi di prova a sostegno delle allegazioni poc’anzi riassunte.

120    In mancanza di siffatti elementi, l’affermazione, vaga e generica, secondo cui il francese, l’inglese e il tedesco sarebbero le lingue «principali» delle deliberazioni delle istituzioni dell’Unione non può essere ammessa. La stessa Commissione ammette che l’unica lingua delle deliberazioni di tutte le giurisdizioni che compongono la Corte di giustizia è, tradizionalmente, il francese. Inoltre, è notorio che i membri del Parlamento europeo si esprimono, in seduta plenaria o in commissione, in tutte le lingue ufficiali. Lo stesso vale per i rappresentanti degli Stati membri, riuniti in seno al Consiglio.

121    Inoltre, anche ammettendo che, come afferma la Commissione, le tre lingue summenzionate siano le «lingue veicolari» utilizzate in seno al Coreper, una simile circostanza sarebbe irrilevante ai fini della soluzione delle presenti controversie. Infatti, non risulta da alcun elemento dei fascicoli delle presenti cause, né la Commissione sostiene, che esista un nesso qualsivoglia tra le attività del Coreper e le funzioni che i candidati ai concorsi controversi possono trovarsi a esercitare, qualora superino tali concorsi e vengano assunti.

122    Tale considerazione è valida, più in generale, per qualsiasi eventuale argomento attinente all’utilizzazione di una o più lingue come «lingue di deliberazione» di un’istituzione dell’Unione: anche supponendo che i membri di una determinata istituzione utilizzino esclusivamente una o alcune lingue nelle loro deliberazioni, non si può presumere, senza ulteriori spiegazioni, che un funzionario di nuova assunzione, il quale non padroneggi alcuna di queste lingue, non sarebbe capace di fornire immediatamente un lavoro utile nell’istituzione di cui trattasi.

123    In secondo luogo, la Commissione fa valere che il francese, l’inglese e il tedesco sarebbero le tre lingue nelle quali la quasi totalità dei documenti viene tradotta a cura della propria Direzione generale della Traduzione. La Commissione produce, a sostegno di tale affermazione, contenuta anche negli Orientamenti generali, delle statistiche riguardanti le lingue di partenza e le lingue di arrivo dei testi tradotti tra il 2000 e il 2012. A suo avviso, se ne può dedurre chiaramente che le tre lingue in questione rappresentano le lingue più richieste dai servizi della Commissione nelle domande di traduzione dei documenti, sia come lingua di partenza, nel caso della traduzione ad uso interno di un documento esterno, sia come lingua di arrivo, e cioè nel caso di documenti interni destinati ad uso esterno.

124    Occorre osservare, anzitutto, che la pertinenza di tali statistiche risulta sminuita, per il fatto che esse riguardano soltanto la Commissione. Infatti, nulla consente di concludere che la situazione sia la stessa nel caso delle altre istituzioni e degli altri organi interessati dai bandi impugnati. L’affermazione vaga e generica contenuta negli Orientamenti generali, secondo cui l’approccio della Commissione sarebbe confermato da statistiche «riguardanti le lingue di origine dei testi tradotti dai servizi di traduzione delle istituzioni» e non della sola Commissione, non vale a rimettere in discussione la conclusione di cui sopra.

125    Occorre poi constatare che la Commissione muove dall’erronea premessa secondo cui le statistiche sulla lingua di partenza di un documento tradotto concernerebbero soltanto documenti esterni, tradotti ai fini di un uso interno, e, all’inverso, le statistiche relative alla lingua di arrivo dei documenti tradotti riguarderebbero soltanto documenti interni, destinati a un uso esterno. Le statistiche da essa fatte valere suddividono il numero di pagine tradotte in funzione della lingua del documento originale (lingua di partenza) ovvero della lingua verso la quale la traduzione è stata effettuata (lingua di arrivo), senza distinguere tra le traduzioni destinate ad un uso interno e quelle destinate ad un uso esterno.

126    Pertanto, è impossibile identificare la percentuale dei testi presi in considerazione nelle suddette statistiche che sarebbe di origine interna, destinata ad un uso interno, oppure pertinente per i settori contemplati dai bandi impugnati. Orbene, se una percentuale elevata delle pagine tradotte è di origine esterna, la pertinenza delle statistiche relative alla lingua di partenza dei documenti tradotti, ai fini della determinazione delle lingue interne di lavoro della Commissione, risulta dubbia. Inoltre, poiché non viene fatta alcuna distinzione riguardo ai servizi ai quali ciascuna traduzione è destinata, le eventuali conclusioni che potrebbero trarsi da tali statistiche, quanto all’utilizzazione delle lingue all’interno della Commissione considerata nel suo insieme, non rifletteranno necessariamente la situazione all’interno dei singoli servizi di quest’ultima suscettibili di essere riguardati dai settori cui i bandi impugnati si riferiscono.

127    Ad ogni modo, le statistiche presentate dalla Commissione non possono suffragare le affermazioni di quest’ultima, che rispecchiano quelle contenute anche nei bandi impugnati.

128    Quanto alle statistiche relative alla lingua di partenza dei documenti tradotti, se certo esse comprovano che l’inglese, il francese e il tedesco si trovano, rispettivamente, in prima, in seconda e in terza posizione come lingua di partenza delle pagine tradotte, i distacchi tra queste tre lingue sono notevoli.

129    Infatti, nel 2012, i testi in lingua inglese rappresentavano il 77,06% dei testi tradotti, contro il 5,20% per il francese e il 2,90% per il tedesco. La situazione era ampiamente simile nel 2011, con l’80,63% di pagine tradotte per l’inglese, il 5,76% per il francese e il 2,28% per il tedesco. Tra il 2000 e il 2012, la percentuale dell’inglese è aumentata notevolmente (passando dal 55,08 al 77,06%), quella del francese ha conosciuto un arretramento sostanziale (passando dal 32,49 al 5,20%), ed anche il tedesco ha visto un regresso (dal 4,08 al 2,90%). Occorre altresì constatare che il distacco tra il tedesco e l’italiano – lingua questa che, tranne nel 2012, si trovava in quarta posizione – non è considerevole. Le loro rispettive percentuali erano del 2,24% contro il 2,06% nel 2010 e del 2,28% contro l’1,49% nel 2011. Nel 2012, erano lo spagnolo e il greco a trovarsi in quarta posizione, con l’1,61% delle pagine tradotte, a fronte del 2,90% per il tedesco.

130    Riguardo alle statistiche relative alle lingue di arrivo dei testi tradotti, è vero che l’inglese, il francese e il tedesco occupano, rispettivamente, le prime tre posizioni nelle statistiche più recenti (anni 2011 e 2012). Tuttavia, il distacco tra il numero di pagine tradotte verso queste tre lingue e il numero di pagine tradotte verso altre lingue non è particolarmente significativo. Infatti, sul totale delle pagine tradotte nel 2011, il 12,31% lo è stato verso l’inglese, il 7,92% verso il francese, il 6,53% verso il tedesco, il 4,27% verso l’italiano, il 4,20% verso lo spagnolo, il 4,13% verso il neerlandese, il 4,09% verso il portoghese e il 3,94% verso il greco, mentre le traduzioni verso le altre lingue ufficiali, ad eccezione dell’irlandese (0,61% delle pagine tradotte) rappresentano, in ciascun caso, una percentuale superiore al 3,50% delle pagine tradotte. Per il 2012, le percentuali delle pagine tradotte verso l’inglese, il francese e il tedesco erano, rispettivamente, del 14,92%, dell’8,25% e del 6,47%, contro il 4,40% per l’italiano e il 4,26% per lo spagnolo, là dove le traduzioni verso tutte le altre lingue ufficiali (ad eccezione dell’irlandese, con lo 0,41% delle pagine tradotte) rappresentavano, in ciascun caso, almeno il 3,35% delle pagine tradotte. Queste statistiche non consentono di concludere che un candidato risultato vincitore di uno dei concorsi controversi, il quale avesse una conoscenza soddisfacente dell’inglese, del francese o del tedesco, sarebbe pienamente operativo sin dal primo giorno della sua assunzione, mentre un candidato che avesse una conoscenza almeno soddisfacente di due altre lingue ufficiali non lo sarebbe.

131    Risulta, certo, dalle statistiche suddette che una grandissima percentuale delle pagine tradotte provenivano da originali redatti in lingua inglese (lingua di partenza). Tuttavia, i bandi impugnati non esigono in via esclusiva una conoscenza soddisfacente dell’inglese. Un candidato che non abbia una conoscenza soddisfacente di tale lingua può partecipare ai concorsi contemplati dai bandi suddetti, qualora possieda una conoscenza soddisfacente quantomeno del tedesco o del francese. Come è stato osservato, ciascuna di queste due lingue rappresenta, tanto come lingua di partenza quanto come lingua di arrivo, una percentuale relativamente esigua delle pagine tradotte dai servizi della Commissione. Se un candidato che padroneggia, come seconda lingua, soltanto una delle due lingue suddette può partecipare ai concorsi in questione, non pare giustificato escludere da questi ultimi potenziali candidati che padroneggino altre lingue ufficiali.

132    In terzo luogo, la Commissione fa valere che il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue più parlate dai funzionari e agenti di detta istituzione. Per dimostrare tale affermazione, essa produce una tabella, estratta dal sistema di registrazione delle informazioni personali dei propri funzionari e agenti, che sarebbe stata trasmessa anche alla Repubblica italiana con lettera del 14 marzo 2013 del direttore generale del personale della Commissione. Secondo la Commissione, risulta da tale tabella che il francese, il tedesco e, poi, l’inglese sono le lingue prevalentemente indicate come lingua principale dai funzionari e dagli agenti di detta istituzione, seguite dal neerlandese e dall’italiano.

133    Occorre anzitutto rilevare che le riserve espresse sopra riguardo al fatto che le statistiche relative ai testi tradotti riguardano soltanto la Commissione valgono anche per la tabella summenzionata, che concerne unicamente il personale di tale istituzione.

134    Poi, e anche a prescindere da tale circostanza, occorre constatare che la tabella di cui sopra raggruppa i funzionari e gli agenti della Commissione in base alla loro lingua principale, ossia, all’evidenza, la loro lingua materna. Di conseguenza, e contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, detta tabella non consente di trarre alcuna conclusione utile quanto alle lingue parlate dai funzionari di tale istituzione, nella misura in cui i funzionari e gli agenti della Commissione devono conoscere, in modo soddisfacente, oltre alla loro lingua materna, almeno un’altra lingua, come richiesto dall’articolo 28, lettera f), dello Statuto (v. punto 85 supra).

135    Inoltre, occorre constatare che la Commissione compie una lettura erronea di detta tabella, là dove essa afferma che i funzionari e gli agenti la cui lingua principale è l’inglese (9,1%) costituiscono il terzo maggior gruppo, dopo quelli aventi il francese (26,9% del totale) e il tedesco (11,1% del totale) come lingue principali. In realtà, i funzionari e gli agenti aventi l’inglese come lingua principale si trovano in quarta posizione, preceduti anche da coloro la cui lingua principale è il neerlandese (9,2% del totale). I funzionari e gli agenti la cui lingua principale è l’italiano (9% del totale) si trovano in quinta posizione, seguiti da quelli aventi lo spagnolo (6,8% del totale), il greco (4% del totale) e il polacco (4% del totale) come lingue principali.

136    Queste cifre non possono dunque giustificare, neanche per la sola Commissione, un requisito quale quello previsto dai bandi impugnati, secondo cui un funzionario o un agente di nuova assunzione deve possedere una conoscenza soddisfacente del francese, dell’inglese o del tedesco. Nel migliore dei casi, cioè quello di un candidato ai concorsi che possieda una conoscenza soddisfacente del francese, si tratterebbe di una lingua che è la lingua principale di circa un quarto dei funzionari o agenti della Commissione. Nel caso delle altre due lingue in questione (inglese e tedesco), si tratterebbe della lingua principale di circa un funzionario o agente su dieci all’interno della Commissione. Dunque, nulla permette di identificare le ragioni per le quali tali conoscenze debbano essere considerate indispensabili per un funzionario o agente di nuova assunzione, tanto più che non è richiesta un’analoga conoscenza di altre lingue – segnatamente l’italiano – che costituiscono le lingue principali di gruppi paragonabili di funzionari o agenti.

137    La Commissione ha prodotto anche una tabella che mostra la suddivisione dei propri funzionari e dei propri agenti in base alla loro nazionalità e alla loro seconda lingua. Questa tabella contiene anche una riga che indica la «media» per ciascuna lingua, che è del 56,4% per l’inglese, del 19,8% per il francese, del 5,5% per il tedesco, del 2,2% per il neerlandese, del 2% per l’italiano e dell’1,6% per lo spagnolo, mentre la media per tutte le altre lingue ufficiali è inferiore all’1% per lingua. Una media dell’11,5% viene indicata per la colonna «n/a» che, secondo la Commissione, raggruppa membri del suo personale che non hanno dichiarato alcuna seconda lingua.

138    Ancora una volta, anche se ci si limita al caso della Commissione, i dati indicati in questa tabella non possono giustificare un requisito relativo alle conoscenze linguistiche dei candidati a concorsi come quelli in questione nel caso di specie. Anzitutto, questa tabella prende in considerazione unicamente la seconda lingua dichiarata da ciascun funzionario e non fornisce dunque un’immagine molto precisa delle conoscenze linguistiche dei funzionari e degli agenti della Commissione. Infatti, per sapere quanti di costoro hanno una conoscenza almeno soddisfacente, ad esempio, dell’inglese, occorrerebbe altresì prendere in considerazione sia quelli che hanno l’inglese come lingua principale sia quelli per i quali l’inglese costituisce una terza o una quarta lingua (e non soltanto una seconda lingua), in quanto non si può escludere che un funzionario o agente possieda una conoscenza soddisfacente di più di due lingue.

139    Ad ogni modo, anche supponendo che le percentuali indicate per l’inglese e, in misura minore, per il francese siano in grado di giustificare un requisito secondo cui i candidati aspiranti ad un posto presso la Commissione devono avere una conoscenza soddisfacente di almeno una di queste due lingue, i dati indicati nella suddetta tabella non possono giustificare l’inclusione, tra le lingue la cui conoscenza è richiesta, del tedesco, ossia di una lingua che è la lingua principale di circa un funzionario su dieci e che viene dichiarata come seconda lingua unicamente dal 5,5% dei funzionari della Commissione. Inoltre, se il tedesco viene incluso, non sembra allora irragionevole includere l’italiano, lo spagnolo o anche il neerlandese, stante che le percentuali indicate per ciascuna di queste tre lingue non sono molto distanti da quelle indicate per il tedesco      .

140    Infatti, una limitazione della scelta della seconda lingua dei candidati ad un concorso ad un numero ristretto di lingue ufficiali non può essere considerata oggettivamente giustificata e proporzionata qualora tra tali lingue siano comprese, oltre ad una lingua la cui conoscenza è auspicabile o addirittura necessaria, altre lingue che non conferiscono alcun vantaggio particolare. Se si ammettono, come alternativa all’unica lingua la cui conoscenza costituisce un vantaggio per un funzionario di nuova assunzione, altre lingue la cui conoscenza non apporta alcun valore aggiunto, non esiste alcuna valida ragione per non ammettere anche tutte le altre lingue ufficiali.

141    In quarto luogo, la Commissione fa valere che il francese, l’inglese e il tedesco sono le lingue maggiormente studiate e parlate, come lingue straniere, negli Stati membri dell’Unione. A sostegno delle sue allegazioni, essa produce una relazione dell’Ufficio Statistico dell’Unione europea (Eurostat), pubblicata in Statistics in Focus n. 49/2010, la quale conclude, da un lato, che l’inglese è «di gran lunga la lingua straniera più studiata [in Europa] a tutti i livelli educativi, seguita dal francese, dal tedesco, dal russo e, in minor misura, dallo spagnolo», e, dall’altro lato, che la «lingua straniera che viene percepita come quella di gran lunga meglio conosciuta [in Europa] è l’inglese, seguito dal tedesco, dal russo, dal francese e dallo spagnolo». Analoghe affermazioni sono contenute negli Orientamenti generali.

142    Queste statistiche si riferiscono all’insieme dei cittadini dell’Unione e non può presumersi che esse riflettano correttamente le conoscenze linguistiche dei funzionari dell’Unione. Lo stesso vale per quanto riguarda il rapporto speciale Eurobarometer n. 386 del 2012, al quale la Commissione rinvia, secondo cui il tedesco sarebbe la lingua più parlata in Europa, «essendo utilizzata dal 16% di tutta la popolazione dell’Unione (...), e (...) le tre lingue straniere maggiormente studiate e parlate in Europa come seconda lingua sono, nell’ordine, l’inglese, il francese e il tedesco, parlate, rispettivamente, dal 38%, dal 12% e dall’11% della popolazione complessiva dell’Unione europea».

143    Ad ogni modo, la sola cosa che queste statistiche possono dimostrare è che il numero dei potenziali candidati che vengono negativamente toccati dalla limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca delle lingue che possono essere scelte quale seconda lingua dei concorsi oggetto dei bandi impugnati è meno elevato di quanto esso sarebbe se tale scelta fosse limitata ad altre lingue. Orbene, tale circostanza non è sufficiente per concludere che la limitazione in questione non è discriminatoria, dato che il numero eventualmente ristretto di persone negativamente toccate non può costituire un argomento valido al riguardo (v. punto 96 supra).

144    Tutt’al più, tali risultati potrebbero dimostrare il carattere proporzionato della limitazione in questione, qualora risultasse che essa rispondeva all’interesse del servizio. Orbene, la Commissione ha per l’appunto omesso di dimostrare che quest’ultima condizione fosse soddisfatta.

145    Le considerazioni che precedono sono applicabili anche per quanto riguarda gli elementi di prova invocati dalla Commissione per dimostrare che, quando i candidati al concorso non erano limitati nella loro scelta della seconda lingua, il francese, l’inglese e il tedesco erano le lingue più scelte. Analoghe affermazioni sono contenute negli Orientamenti generali. Orbene, la circostanza che il numero dei candidati che si vedono preclusa la scelta di un’altra lingua come seconda lingua del concorso sia, eventualmente, ridotto, non significa che tali candidati non subiscano una discriminazione.

146    Peraltro, anche ritenendo, al pari della Commissione, che gli Orientamenti generali, certo pubblicati anteriormente ai bandi impugnati, costituiscano un ulteriore elemento che dimostra «come la limitazione al francese, all’inglese e al tedesco nella scelta della seconda lingua del concorso sia motivata per l’interesse del servizio», risulta da quanto precede che i suddetti orientamenti non menzionano alcun nuovo elemento di fatto rispetto a quelli già esaminati sopra. Tale testo contiene infatti soltanto affermazioni vaghe e generiche al riguardo e la Commissione ha confermato, all’udienza, che i dati esaminati dai capi dei servizi amministrativi che hanno adottato questo testo coincidono quantomeno in larga misura con quelli prodotti dalla Commissione nell’ambito delle presenti cause. Orbene, tali dati non possono giustificare, per le ragioni indicate sopra, le affermazioni relative all’utilizzazione delle lingue all’interno delle istituzioni dell’Unione, che figurano nella motivazione dei bandi impugnati o vengono formulate dalla Commissione nei propri scritti difensivi. Il fatto che i capi dei servizi amministrativi delle istituzioni dell’Unione siano pervenuti ad una diversa conclusione è inconferente al riguardo.

147    In quinto luogo, infine, la Commissione sostiene che la limitazione della scelta della seconda lingua imposta dai bandi impugnati è giustificata dalla natura delle prove di concorso. In particolare, la fase relativa al «centro di valutazione» esigerebbe che, per poter effettuare una valutazione omogenea dei candidati e per facilitare la comunicazione di costoro con gli altri partecipanti ai concorsi e con la commissione giudicatrice, sia garantito che le prove suddette si svolgano in una lingua veicolare.

148    È sufficiente rilevare, in risposta a questo argomento, che una siffatta giustificazione della limitazione di cui trattasi non viene addotta nella motivazione dei bandi impugnati. Orbene, non sarebbe consentito concludere che la discriminazione in ragione della lingua, risultante dai bandi impugnati, è giustificata per motivi differenti da quelli invocati in questi medesimi bandi. Pertanto, anche questo argomento deve essere respinto.

149    Certo, tale giustificazione viene sviluppata nell’ambito degli Orientamenti generali. È però evidente che le precisazioni che vengono ivi fornite non possono essere sufficienti per rimettere in discussione le conclusioni sopra esposte.

150    Secondo il testo suddetto, al fine di assicurare che i candidati siano valutati in modo equo e possano comunicare direttamente con i valutatori e con gli altri candidati che partecipano a una medesima prova, la fase del centro di valutazione deve svolgersi, segnatamente, in una lingua veicolare. In detti orientamenti viene altresì indicato che, per evitare qualsiasi discriminazione tra i candidati, ogni candidato deve essere esaminato nella sua seconda lingua. Orbene, poiché anche questa lingua deve essere una lingua veicolare, «la scelta della seconda lingua è limitata». Così, «[d]ato che la consuetudine di usare il francese, l’inglese e il tedesco, cui si è fatto riferimento [nel testo degli Orientamenti generali], costituisce tuttora la prassi delle istituzioni, la scelta va fatta tra queste tre lingue» (v. punto 11 supra).

151    Orbene, tale motivazione, che è espressamente fondata sulla «consuetudine» dell’uso del francese, dell’inglese e del tedesco descritta negli Orientamenti generali, non può essere sufficiente per giustificare la limitazione imposta dai bandi impugnati. Tale motivazione sarebbe, più specificamente, fondata sulla premessa secondo cui l’inglese, il francese e il tedesco sono «le lingue più usate nelle istituzioni», costituiscono le lingue «in cui tradizionalmente si svolgono le riunioni dei membri delle istituzioni», e sono «le lingue [veicolari] più usate nella comunicazione interna ed esterna, come confermano le statistiche riguardanti le lingue di origine dei testi tradotti dai servizi di traduzione delle istituzioni».

152    È giocoforza constatare che gli Orientamenti generali contengono, a questo riguardo, soltanto affermazione vaghe e generiche, senza fare riferimento ad elementi concreti e verificabili. Orbene, alla luce del fatto che, per l’adozione di tale testo, sono stati presi in considerazione dati analoghi o identici a quelli invocati dalla Commissione dinanzi al Tribunale, tali dati non possono essere sufficienti – come risulta dalle argomentazioni sviluppate sopra (v. punti da 123 a 131, da 132 a 140 e da 141 a 146 supra) – per giustificare la limitazione alle sole lingue francese, inglese e tedesca della scelta della seconda lingua dei concorsi oggetto dei bandi impugnati.

153    Per il resto occorre constatare che la sentenza del 12 febbraio 2014, De Mendoza Asensi/Commissione (F‑127/11, EU:F:2014:14), invocata dalla Commissione, non può essere considerata pertinente nel caso di specie. Infatti, supponendo, al pari della Commissione, che tale sentenza abbia confermato la legittimità di alcuni aspetti della prova denominata «centro di valutazione», che si svolgeva nella seconda lingua dei concorsi in questione, è giocoforza constatare che il regime linguistico del concorso in discussione nella causa decisa dalla citata sentenza del 12 febbraio 2014, De Mendoza Asensi/Commissione (F‑127/11, EU:F:2014:14), non è stato di per sé esaminato dal giudice dell’Unione.

154    Per quanto riguarda, infine, l’argomento della Commissione fondato sull’«enorme costo economico» che deriverebbe dall’utilizzazione di tutte le lingue ufficiali come lingue di lavoro o come lingue delle prove dei concorsi organizzati dall’EPSO in un contesto che sarebbe caratterizzato da una preponderanza del francese, dell’inglese e del tedesco, neppure tale giustificazione della limitazione in questione viene addotta nella motivazione dei bandi impugnati. Di conseguenza, come risulta dal punto 148 supra, anche tale argomento deve essere respinto.

155    Occorre dunque concludere, per l’insieme delle ragioni indicate sopra, che la limitazione, nei bandi impugnati, alle lingue francese, inglese e tedesca della scelta della seconda lingua dei candidati ai concorsi costituenti l’oggetto di tali bandi non risulta né oggettivamente giustificata né proporzionata all’obiettivo previsto, il quale, secondo la Commissione, è di assumere funzionari e agenti che siano immediatamente operativi.

156    Infatti, non è sufficiente difendere il principio sotteso a tale limitazione facendo riferimento al gran numero di lingue riconosciute all’articolo 1 del regolamento n. 1 come lingue ufficiali e di lavoro dell’Unione e alla necessità che ne deriva di scegliere un numero più ristretto di lingue, o addirittura una sola, come lingue di comunicazione interna o «lingue veicolari». È necessario anche giustificare oggettivamente la scelta di una o più lingue specifiche, ad esclusione di tutte le altre (sentenze del 24 settembre 2015, Italia e Spagna/Commissione, T‑124/13 e T‑191/13, EU:T:2015:690, punto 146; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑275/13, non pubblicata, EU:T:2015:1000, punto 129; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑295/13, non pubblicata, EU:T:2015:997, punto 187, e del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑510/13, non pubblicata, EU:T:2015:1001, punto 159).

157    Ciò è per l’appunto quanto sia l’EPSO, autore dei bandi impugnati, sia la Commissione, parte convenuta dinanzi al Tribunale, hanno omesso di fare. Nulla nei dati forniti dalla Commissione dimostra che un funzionario di nuova nomina, il quale avesse una conoscenza soddisfacente del francese, dell’inglese o del tedesco, sarebbe immediatamente operativo, mentre un candidato che avesse una conoscenza almeno soddisfacente di due altre lingue ufficiali non lo sarebbe.

158    Di conseguenza, occorre accogliere il terzo e il settimo motivo di ricorso dedotti dalla Repubblica italiana e annullare i bandi impugnati, là dove essi limitano alle sole lingue inglese, francese e tedesca la scelta della seconda lingua dei concorsi in questione.

159    A questo proposito, occorre constatare che la conclusione secondo cui i bandi di concorso in questione, per il fatto di limitare la scelta della seconda lingua da parte dei candidati, sono viziati da illegittimità, implica anche, e necessariamente, l’illegittimità della limitazione della lingua utilizzabile per alcune prove dell’ultima fase dei concorsi.

 Sulla legittimità della limitazione delle lingue utilizzabili nelle comunicazioni tra i candidati ai concorsi di cui ai bandi impugnati e l’EPSO

160    Il secondo aspetto contestato dei bandi impugnati costituisce l’oggetto del sesto motivo dedotto dalla Repubblica italiana in entrambi i propri ricorsi, riguardante la violazione dell’articolo 18 TFUE, dell’articolo 24, quarto comma, TFUE, dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali, dell’articolo 2 del regolamento n. 1, nonché dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dello Statuto.

161    A questo proposito, occorre ricordare che è espressamente previsto al punto 2.3 della parte III dei bandi impugnati che la scelta della lingua di comunicazione tra i candidati e l’EPSO, compresa la scelta della lingua di compilazione dell’atto di candidatura, è limitata alle lingue francese, inglese e tedesca, e ciò per ragioni identiche a quelle che giustificano, secondo l’EPSO, la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi in questione (v. punto 15 supra).

162    Nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha rivolto all’EPSO un quesito, riguardante il rapporto tra le disposizioni dei bandi impugnati, menzionate al punto 161 supra, le Disposizioni generali ed il Codice di buona condotta amministrativa, di cui l’EPSO si impegna ad applicare i principi, in conformità delle Disposizioni generali, ed il quale dispone che, «[a] norma dell’articolo 21 del trattato che istituisce la Comunità europea, la Commissione deve rispondere nella lingua in cui è stata redatta la lettera pervenutale, sempreché si tratti di una delle lingue ufficiali delle Comunità» (v. punti 9 e 10 supra). In risposta a tale quesito, la Commissione ha asserito che, qualora un candidato rivolgesse una domanda all’EPSO in una lingua diversa dal francese, dall’inglese e dal tedesco, detto ufficio «sarebbe in grado di rispondere nella stessa lingua».

163    All’udienza, la Commissione ha affermato che è per incitare i candidati ad utilizzare il francese, l’inglese e il tedesco e per alleggerire al massimo il lavoro dei servizi di traduzione che i bandi impugnati contengono una menzione specifica riguardante la lingua di comunicazione, in base alla quale, per ragioni identiche a quelle che giustificano la limitazione della scelta della seconda lingua dei concorsi, è opportuno che venga «limitata anche la scelta delle lingue usate nella comunicazione tra i candidati e l’istituzione e per compilare l’atto di candidatura».

164    Nondimeno, la Commissione ha fatto valere che, tenuto conto del carattere vincolante che l’EPSO ha riconosciuto, in conformità delle Disposizioni generali, al Codice di buona condotta amministrativa, le censure della Repubblica italiana attinenti alla comunicazione tra i candidati e l’EPSO erano divenute inoperanti. Occorre dedurre da tali allegazioni che, secondo la Commissione, malgrado il tenore letterale dei bandi impugnati, per rispettare il Codice di buona condotta amministrativa, reso vincolante per l’EPSO, quest’ultimo è obbligato sia a rispondere ai candidati nella lingua in cui questi ultimi scelgono di rivolgersi a detto ufficio, sia ad ammettere le candidature redatte in una lingua diversa dal francese, dall’inglese o dal tedesco.

165    La Repubblica italiana ha dichiarato, per parte sua, che intendeva mantenere il presente motivo di ricorso.

166    Il Tribunale constata che, tenuto conto del fatto che, da un lato, sono i bandi impugnati ad istituire, in definitiva, la cornice normativa dei concorsi in questione, compreso il loro regime linguistico (v. punto 50 supra), e che, dall’altro lato, tali bandi contengono disposizioni esplicite e chiare in merito alla lingua di comunicazione tra i candidati e l’EPSO (v. punto 161 supra), non è possibile riconoscere alle suddette disposizioni il senso che viene ad esse attribuito, in sostanza, dalla Commissione. Infatti, tenuto conto della loro formulazione chiara e incondizionata, dette disposizioni non possono essere interpretate né nel senso che attribuiscano ai candidati la scelta di comunicare con l’EPSO in una lingua diversa dal francese, dall’inglese o dal tedesco, né nel senso che impongano o lascino la facoltà all’EPSO di utilizzare un’altra lingua nelle sue comunicazioni con i candidati.

167    Pertanto, occorre esaminare l’argomentazione presentata dalla Repubblica italiana a sostegno del presente motivo di ricorso.

168    Secondo la Repubblica italiana, la limitazione in questione costituisce una violazione manifesta dell’articolo 18 TFUE, dell’articolo 24, quarto comma, TFUE, dell’articolo 22 della Carta dei diritti fondamentali, dell’articolo 2 del regolamento n. 1, nonché dell’articolo 1 quinquies, paragrafi 1 e 6, dello Statuto. A suo avviso, risulta chiaramente dalle disposizioni sopra citate che i cittadini europei hanno il diritto di rivolgersi alle istituzioni dell’Unione utilizzando una qualsiasi delle lingue ufficiali e che hanno il diritto di ricevere le risposte delle istituzioni nella medesima lingua. Tale conclusione risulterebbe anche dalla sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752). La summenzionata limitazione costituirebbe una discriminazione, in danno dei cittadini degli Stati membri diversi da quelli aventi il francese, l’inglese o il tedesco come lingua ufficiale.

169    La Repubblica italiana respinge la tesi secondo cui la partecipazione ad un concorso per l’assunzione di funzionari o agenti dell’Unione non costituirebbe una forma di partecipazione dei cittadini alla vita democratica dell’Unione. Essa sostiene, al contrario, che un procedimento di concorso e la sua lingua di comunicazione sono «gli elementi costitutivi di un rapporto intersoggettivo di natura costituzionale tra il cittadino interessato e l’Unione». La Repubblica italiana ne deduce che «la lingua del concorso deve essere quella propria del cittadino». Inoltre, fondandosi sulla sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), essa contesta la tesi secondo cui la partecipazione ad un concorso riguarderebbe una situazione interna all’organizzazione istituzionale. Si tratterebbe, a suo avviso, di un rapporto intersoggettivo tra l’istituzione in questione e un soggetto – un comune cittadino – ancora estraneo a tale istituzione.

170    Infine, la Repubblica italiana sostiene che una restrizione di un diritto fondamentale quale quella stabilita nel caso di specie non può essere giustificata né in nome di una non meglio specificata «immediata operatività», né con la presunta necessità dell’EPSO di paragonare e controllare le informazioni fornite dai candidati ai concorsi in questione. Imporre ai candidati di presentare la propria candidatura unicamente in lingua francese, inglese o tedesca costituirebbe una violazione del principio di non discriminazione. Infatti, secondo la Repubblica italiana, i candidati la cui lingua materna non è una delle tre lingue summenzionate risultano in tal modo esposti ad un rischio di errore maggiore di quello a cui sono esposti i candidati la cui lingua materna è una delle tre sopra menzionate.

171    La Commissione risponde, anzitutto, che i punti della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), invocati dalla Repubblica italiana non hanno alcun rapporto con la questione delle lingue utilizzate nelle prove di un concorso, ma si riferiscono al diverso aspetto della pubblicazione dei bandi di concorso. Essa afferma, più in concreto, che, ai punti 67, 81 e 91 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), la Corte «ha richiesto l’esigenza di una motivazione per giustificare il limite» alle tre lingue summenzionate delle lingue utilizzabili in queste comunicazioni. In tale contesto, essa ricorda anche la giurisprudenza – e segnatamente la sentenza del 9 settembre 2003, Kik/UAMI (C‑361/01 P, EU:C:2003:434, punto 82) – secondo cui i numerosi riferimenti all’impiego delle lingue nell’Unione, contenuti nel Trattato FUE, non possono essere considerati come la manifestazione di un principio generale del diritto dell’Unione che garantisce a ogni cittadino il diritto a che tutto quello che potrebbe incidere sui suoi interessi sia in ogni caso redatto nella sua lingua.

172    La Commissione sostiene inoltre che i candidati ad una procedura di concorso si trovano in una «posizione intermedia». Certamente essi prenderebbero conoscenza dell’esistenza di una procedura di concorso leggendo il bando di concorso pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e sarebbe questo il motivo per cui tanto i bandi impugnati quanto le Disposizioni generali e gli Orientamenti generali sono stati pubblicati in tutte le lingue ufficiali dell’Unione. Tuttavia, una volta che il candidato sia in comunicazione con l’amministrazione in vista della sua partecipazione al concorso, sarebbe legittimo attendersi da lui la padronanza di almeno una lingua ufficiale diversa dalla sua lingua madre. La Commissione sostiene, a questo proposito, che «la necessità di disporre di adeguate conoscenze linguistiche è pienamente giustificata, ad esempio, per i lavoratori migranti, soggetti ai quali i funzionari europei sono tradizionalmente assimilati», facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte, e più specificamente alle sentenze del 17 dicembre 1980, Commissione/Belgio (149/79, EU:C:1980:297, punto 13), del 6 giugno 2000, Angonese (C‑281/98, EU:C:2000:296, punto 44), e del 16 dicembre 2004, My (C‑293/03, EU:C:2004:821, punto 37).

173    Secondo la Commissione, non sarebbe ammissibile sostenere che le competenze linguistiche dei candidati a un concorso rivestono importanza secondaria. Una tesi siffatta sarebbe contraria al principio di autonomia delle istituzioni dell’Unione, sancito dagli articoli 335 TFUE e 336 TFUE. In virtù di tale principio, spetterebbe esclusivamente alle istituzioni, e non agli Stati membri, determinare le necessità linguistiche del servizio. Anche la sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punti 87 e 88), riconoscerebbe che l’interesse del servizio costituisce un obiettivo legittimo, in grado di giustificare limitazioni al principio di non discriminazione in base alla lingua, enunciato all’articolo 1 quinquies dello Statuto.

174    La Commissione fa dunque valere l’insostenibilità di qualsiasi pretesa a che, nell’ambito di una procedura di concorso, i candidati possano indistintamente utilizzare qualsiasi lingua ufficiale dell’Unione. Le istituzioni avrebbero bisogno di personale operativo, e sarebbe dunque inevitabile che nei contatti di natura amministrativa, relativi all’organizzazione del concorso, il candidato debba essere in grado anche di comunicare in lingue che siano utili alle istituzioni, come l’inglese, il francese e il tedesco. Infatti, già tali comunicazioni amministrative sarebbero degli elementi comunque connessi con il contesto lavorativo in cui il candidato si troverà in caso di superamento di uno dei concorsi controversi.

175    La Commissione aggiunge che, in ogni caso, le comunicazioni tra i candidati e l’EPSO sono informazioni elementari, relative allo svolgimento delle prove e alle varie tappe della procedura di concorso. A fronte del grado di conoscenza e di utilizzo delle lingue francese, inglese o tedesca richiesto nei bandi impugnati, un candidato le cui conoscenze linguistiche non gli permettessero neanche di comprendere le comunicazioni in parola redatte in una di queste tre lingue non potrebbe certamente pensare di poter essere assunto in un’istituzione dell’Unione. Per gli stessi motivi, i candidati di lingua materna francese, inglese o tedesca non sarebbero in alcun modo avvantaggiati. La Commissione invoca a sostegno delle proprie affermazioni alcune statistiche relative ai concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati, le quali dimostrerebbero, a suo avviso, che i candidati di nazionalità italiana erano in testa alla lista di coloro la cui candidatura è stata considerata valida.

176    Inoltre, le informazioni generali relative alle procedure di concorso che apparirebbero nel sito dell’EPSO sarebbero pubblicate, al pari delle Disposizioni generali e degli Orientamenti generali, in tutte le lingue ufficiali.

177    Secondo la Commissione, imporre all’EPSO l’obbligo di garantire la traduzione di tutti gli atti di candidatura ricevuti, dalla lingua madre del candidato verso l’inglese, il francese o il tedesco, sarebbe manifestamente contrario all’interesse del servizio. Inoltre, una traduzione dei curriculum vitae dei candidati penalizzerebbe questi ultimi, in quanto costoro perderebbero il controllo sulle informazioni che essi stessi hanno fornito.

178    La Commissione sostiene, a questo proposito, che lo sforzo di comprensione linguistica di un intero bando di concorso non è neanche lontanamente comparabile allo sforzo richiesto per comprendere il contenuto di un atto di candidatura, tanto più che il contenuto di tale atto è già spiegato, nei minimi dettagli, al punto 2.1 delle Disposizioni generali, pubblicate in tutte le lingue ufficiali dell’Unione. Oltre a ciò, nel caso dei bandi impugnati, i candidati avrebbero saputo, «con grande anticipo, (...) delle ragioni per cui gli atti di candidatura dovevano essere redatti in una delle tre lingue in questione», in quanto tali ragioni, illustrate al punto 2.1.4 delle Disposizioni generali, sarebbero state rese pubbliche in tutte le lingue ufficiali dell’Unione, ciò che invece non sarebbe avvenuto nell’ambito della vicenda decisa dalla sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752).

179    Infine, secondo la Commissione, la Repubblica italiana non tiene conto del fatto che le indicazioni fornite dai candidati al momento dell’invio delle candidature possono contenere indicazioni tali da impedire la partecipazione al concorso, il che rende assolutamente necessario che la commissione giudicatrice sia in grado, sin dalla ricezione dell’atto di candidatura, di prendere esatta conoscenza di quanto in esso indicato. Conseguentemente, sarebbe necessario che le candidature vengano redatte in una lingua ben conosciuta dai membri della commissione giudicatrice. Gli atti suddetti sarebbero inoltre «semplicemente illeggibili» se fossero scritti in lingue dotate di un alfabeto diverso dal latino, come il bulgaro o il greco, ovvero non appartenenti al ceppo indo‑europeo, come l’ungherese o il finlandese. La Commissione conclude che la redazione uniforme del «modello» di candidatura non è la risposta adeguata all’esigenza di assicurare il rispetto delle condizioni di accesso alle prove di concorso, nonché la valutazione e la comparazione in termini oggettivi di tutti gli atti di candidatura.

180    Ai fini dell’esame degli argomenti delle parti, occorre ricordare, anzitutto, i termini delle pertinenti disposizioni del regolamento n. 1, ulteriori rispetto all’articolo 1 del medesimo, già citato al punto 83 supra.

181    L’articolo 2 di detto regolamento dispone quanto segue:

«I testi, diretti alle istituzioni da uno Stato membro o da una persona appartenente alla giurisdizione di uno Stato membro, sono redatti, a scelta del mittente, in una delle lingue ufficiali. La risposta è redatta nella medesima lingua».

182    L’articolo 6 del regolamento n. 1 stabilisce che le istituzioni possono determinare nei loro regolamenti interni le modalità di applicazione del regime linguistico istituito da tale regolamento. Tuttavia, conformemente a quanto constatato dalla Corte al punto 67 della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), le istituzioni interessate dai bandi di concorso in discussione in quella causa non hanno stabilito, sulla base dell’articolo 6 del regolamento n. 1, le modalità del loro regime linguistico nei loro regolamenti interni. La Corte ha altresì precisato che i bandi di concorso non possono essere considerati come costituenti dei regolamenti interni in ordine a tale aspetto.

183    Precedentemente alla pronuncia della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), il Tribunale aveva statuito che il regolamento n. 1 non era applicabile alle relazioni tra le istituzioni e i loro funzionari e agenti, in quanto esso fissa unicamente il regime linguistico applicabile tra le istituzioni ed uno Stato membro o una persona che ricade nella giurisdizione di uno degli Stati membri. Il Tribunale aveva altresì statuito che i funzionari e gli altri agenti dell’Unione, nonché i candidati a tali posti, sono assoggettati, per quanto riguarda l’applicazione delle disposizioni dello Statuto, ivi comprese quelle relative all’assunzione nell’ambito di un’istituzione, unicamente alla giurisdizione dell’Unione. In base a questa medesima giurisprudenza, l’equiparazione ai funzionari e agli altri agenti dell’Unione dei candidati a tali posti, in materia di regime linguistico applicabile, trovava la propria giustificazione nella circostanza che tali candidati entrano in relazione con un’istituzione dell’Unione unicamente al fine di ottenere un posto di funzionario o di agente, per il quale talune conoscenze linguistiche sono necessarie e possono essere imposte dalle disposizioni applicabili per assegnare il posto medesimo. Tale giurisprudenza faceva anche riferimento all’articolo 6 del regolamento n. 1 e alla possibilità per le istituzioni, prevista in tale articolo, di determinare le modalità di applicazione del regime linguistico nei loro regolamenti interni (v., in tal senso, sentenza del 20 novembre 2008, Italia/Commissione, T‑185/05, EU:T:2008:519, punti da 117 a 119 e la giurisprudenza ivi citata).

184    Tuttavia, a seguito della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), tali considerazioni non potrebbero più essere ritenute valide. Infatti, la Corte ha statuito che, in assenza di norme regolamentari speciali applicabili ai funzionari e agli agenti, e in mancanza di disposizioni al riguardo nei regolamenti interni delle istituzioni interessate, nessun testo normativo consente di concludere che i rapporti tra tali istituzioni e i loro funzionari e agenti siano totalmente esclusi dalla sfera di applicazione del regolamento n. 1. Lo stesso vale, a fortiori, secondo la Corte, per quanto riguarda i rapporti tra le istituzioni e i candidati a un concorso esterno che non sono, di norma, né funzionari né agenti (sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punti 68 e 69).

185    A questo proposito, deve essere respinto l’argomento della Commissione (v. punto 171 supra) relativo alla non pertinenza di tale parte della sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, (C‑566/10 P, EU:C:2012:752), per quanto riguarda la legittimità della limitazione delle lingue di comunicazione tra i candidati e l’EPSO. Infatti, in tale parte della sua sentenza, la Corte ha esaminato l’applicabilità del regolamento n. 1 ai candidati ad un concorso ed ha concluso che tale regolamento era ad essi applicabile. Tale conclusione è pertinente anche per quanto riguarda la questione sollevata dalla Repubblica italiana con il sesto motivo di ricorso.

186    Inoltre, alla luce delle considerazioni che precedono, anche l’argomento della Commissione (v. punto 172 supra) secondo cui i candidati ad una procedura di concorso si trovano in una «posizione intermedia» deve essere respinto.

187    Quanto all’argomento della Commissione relativo alla sentenza del 9 settembre 2003 Kik/UAMI (C‑361/01 P, EU:C:2003:434, punto 82), è sufficiente rilevare che, a differenza dell’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (marchi, disegni e modelli) (UAMI), divenuto l’Ufficio europeo per la proprietà intellettuale (EUIPO), del quale, nella causa decisa da tale sentenza, veniva in discussione il regime linguistico, le istituzioni e gli organi interessati dai bandi impugnati non sono assoggettati ad uno specifico regime linguistico (sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 86). Essi sono assoggettati al regime linguistico istituito dal regolamento n. 1.

188    Alla luce di tali considerazioni, nonché del tenore letterale chiaro e non ambiguo dell’articolo 2 del regolamento n. 1, si deve concludere che i bandi impugnati, prevedendo l’obbligo dei candidati ai concorsi controversi di comunicare con l’EPSO in una lingua che essi devono scegliere tra il francese, l’inglese e il tedesco, violano il regolamento n. 1. Tale motivazione è sufficiente per giustificare l’annullamento di detti bandi, senza che sia necessario verificare se, come sostenuto dalla Repubblica italiana, la suddetta prescrizione in essi contenuta conduca ad una discriminazione vietata, fondata sulla lingua.

189    Infatti, l’atto di candidatura è, senza alcun dubbio, un testo che viene diretto alle istituzioni che hanno creato l’EPSO da parte di una persona appartenente alla giurisdizione di uno Stato membro, ossia il candidato. Pertanto, in applicazione dell’articolo 2 del regolamento n. 1, questa persona (il candidato) ha il diritto di scegliere la lingua di redazione del testo suddetto, tra tutte le lingue ufficiali elencate all’articolo 1 del medesimo regolamento. I bandi impugnati, limitando tale scelta al francese, all’inglese e al tedesco, violano le suddette disposizioni. Lo stesso vale per le altre eventuali comunicazioni che un candidato può dover inviare all’EPSO in merito ai concorsi contemplati dai bandi impugnati (sentenze del 24 settembre 2015, Italia e Spagna/Commissione, T‑124/13 e T‑191/13, EU:T:2015:690, punto 61; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑275/13, non pubblicata, EU:T:2015:1000, punto 45; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑295/13, non pubblicata, EU:T:2015:997, punto 101, e del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑510/13, non pubblicata, EU:T:2015:1001, punto 51).

190    Inoltre, le comunicazioni inviate dall’EPSO a ciascun candidato che gli abbia sottoposto un atto di candidatura costituiscono risposte, ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 1, all’atto di candidatura e agli altri eventuali testi che il candidato abbia inviato a detto ufficio. Pertanto, in forza di quest’ultimo articolo, tali risposte devono essere redatte nella lingua che il candidato in questione ha scelto, tra tutte le lingue ufficiali, per la redazione dei propri testi. I bandi impugnati violano dunque il regolamento di cui sopra anche in quanto prevedono che l’EPSO invierà comunicazioni ai candidati in una lingua scelta da questi ultimi tra il francese, l’inglese o il tedesco, e non tra tutte le lingue ufficiali (sentenze del 24 settembre 2015, Italia e Spagna/Commissione, T‑124/13 e T‑191/13, EU:T:2015:690, punto 62; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑275/13, non pubblicata, EU:T:2015:1000, punto 46; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑295/13, non pubblicata, EU:T:2015:997, punto 102, e del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑510/13, non pubblicata, EU:T:2015:1001, punto 52).

191    Il rispetto, da parte dell’EPSO, dell’obbligo impostogli dall’articolo 2 del regolamento n. 1 di comunicare con i candidati ai concorsi contemplati dai bandi impugnati in una lingua scelta liberamente da ciascun candidato tra tutte le lingue ufficiali, e non soltanto in lingua francese, inglese o tedesca, presenta un’importanza tanto maggiore per il fatto che i bandi impugnati prevedono che i candidati saranno invitati al centro di valutazione nel caso in cui essi, alla luce delle informazioni che hanno fornito nel loro atto di candidatura, soddisfino le condizioni generali e specifiche fissate dal titolo III dei bandi stessi. Occorre pertanto che tali dichiarazioni vengano effettuate nella lingua scelta da ciascun candidato, eventualmente nella sua lingua materna, e non in una lingua che, per alcuni di essi, non sia la lingua nella quale essi si esprimono al meglio, quand’anche ne possiedano una conoscenza soddisfacente (sentenze del 24 settembre 2015, Italia e Spagna/Commissione, T‑124/13 e T‑191/13, EU:T:2015:690, punto 63; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑275/13, non pubblicata, EU:T:2015:1000, punto 46; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑295/13, non pubblicata, EU:T:2015:997, punto 103, e, in tal senso, del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑510/13, non pubblicata, EU:T:2015:1001, punto 53).

192    Ad ogni modo, occorre rilevare che l’articolo 2 del regolamento n. 1 non prevede alcuna eccezione all’obbligo da esso imposto, né per i motivi menzionati nei bandi impugnati, né per quelli indicati negli Orientamenti generali, né per altri motivi (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 27 novembre 2012, Italia/Commissione, C‑566/10 P, EU:C:2012:752, punto 72).

193    Le suesposte considerazioni permettono altresì di respingere gli altri argomenti addotti dalla Commissione.

194    L’argomento relativo all’autonomia delle istituzioni dell’Unione non può essere accolto. Come ricordato al punto 107 supra, l’autonomia funzionale delle istituzioni non le dispensa dall’obbligo di rispettare le disposizioni applicabili del diritto dell’Unione, tra le quali rientra l’articolo 2 del regolamento n. 1.

195    Occorre aggiungere che, come risulta dall’esame del primo aspetto dei bandi impugnati contestato dalla Repubblica italiana, la necessità di conformarsi agli obblighi imposti dal regolamento n. 1 non ha come conseguenza di impedire alle istituzioni dell’Unione di stabilire esse stesse, nell’esercizio della loro autonomia funzionale evocata dalla Commissione, le proprie esigenze linguistiche. L’articolo 2 del regolamento n. 1, che viene in questione nell’ambito dell’esame del sesto motivo di ricorso, non osta a che, in un bando di concorso, vengano previsti specifici requisiti linguistici in capo ai candidati. L’articolo suddetto prevede soltanto che, anche in un’ipotesi siffatta, l’autore del bando di concorso, nella fattispecie l’EPSO, debba comunicare con ciascun candidato nella lingua ufficiale scelta da quest’ultimo, e non in una lingua scelta in un gruppo più ristretto di lingue, quand’anche la conoscenza di almeno una di tali lingue sia una delle condizioni di ammissione al concorso in questione (sentenze del 24 settembre 2015, Italia e Spagna/Commissione, T‑124/13 e T‑191/13, EU:T:2015:690, punto 68; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑275/13, non pubblicata, EU:T:2015:1000, punto 52; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑295/13, non pubblicata, EU:T:2015:997, punto 108, e del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑510/13, non pubblicata, EU:T:2015:1001, punto 58).

196    Anche l’argomento della Commissione secondo cui le comunicazioni tra i candidati e l’EPSO vertono su informazioni elementari, che un candidato dotato di una conoscenza del francese, dell’inglese o del tedesco sufficiente per poter partecipare ai concorsi non avrebbe alcuna difficoltà a comprendere, deve essere respinto, al pari di quello secondo cui sarebbe incompatibile con l’interesse del servizio e con il buon senso dover tradurre gli atti di candidatura dalle lingue in cui sono redatti verso il francese, l’inglese o il tedesco. L’articolo 2 del regolamento n. 1 non prevede alcuna eccezione all’obbligo da esso imposto, né per ragioni connesse all’interesse del servizio né per altre ragioni. Inoltre, si è già rilevato che tale articolo lascia alla persona che dirige un testo ad un’istituzione la scelta della lingua di redazione di tale testo e impone alle istituzioni l’obbligo di rispondergli nella stessa lingua, indipendentemente dall’eventuale conoscenza, da parte di detta persona, di un’altra lingua.

197    Infine, non può essere accolto né l’argomento secondo cui le informazioni figuranti nel sito dell’EPSO, nelle Disposizioni generali e negli Orientamenti generali sarebbero disponibili in tutte le lingue ufficiali, né quello secondo cui i candidati di nazionalità italiana non avrebbero subito alcun pregiudizio a causa dell’impossibilità di utilizzare l’italiano nelle loro comunicazioni con l’EPSO.

198    Quanto al primo argomento, è sufficiente rilevare che, nel caso di specie, viene in questione la lingua utilizzata nelle comunicazioni individuali tra i candidati e l’EPSO, e le circostanze invocate non hanno alcuna incidenza sull’obbligo di quest’ultimo di rispettare l’articolo 2 del regolamento n. 1, relativamente a tali comunicazioni.

199    Quanto al secondo argomento, è sufficiente ricordare che la violazione di una norma giuridica dell’Unione, nella specie l’articolo 2 del regolamento n. 1, che l’EPSO era tenuto a rispettare, è sufficiente per determinare l’annullamento dei bandi impugnati, senza che sia necessario dimostrare che tale violazione abbia causato un danno a determinati candidati.

200    Allo stesso modo, occorre respingere l’argomentazione ricavata dalla Commissione sulla base di una presunta equiparazione dei funzionari dell’Unione ai lavoratori migranti, per i quali sarebbe pienamente giustificata la necessità di disporre di adeguate conoscenze linguistiche (v. punto 172 supra).

201    A questo proposito, l’argomento che la Commissione ricava dalla giurisprudenza citata al punto 172 supra consiste nell’asserire che, così come gli Stati membri hanno il diritto di esigere dai lavoratori migranti, a certe condizioni, specifiche conoscenze linguistiche, uguale diritto avrebbe un’istituzione dell’Unione di pretendere conoscenze siffatte dai propri funzionari.

202    Tale argomentazione non è pertinente nel caso di specie. Infatti, la questione che si pone nell’ambito del presente motivo di ricorso non è quella di sapere se un’istituzione dell’Unione sia legittimata a pretendere dai propri funzionari specifiche conoscenze linguistiche. Se certo simili pretese sono perfettamente legittime e conformi allo Statuto, ciò non significa che l’istituzione in questione abbia il diritto di violare le disposizioni del regolamento n. 1 che le impongono di comunicare con un candidato ad un concorso per l’assunzione di funzionari nella lingua ufficiale dell’Unione scelta da tale candidato.

203    Alla luce di tutte le precedenti considerazioni, occorre accogliere il sesto motivo di ricorso.

204    Ad ogni modo, il fatto che il punto 2.3 dei bandi impugnati evidenzi che la scelta delle lingue di comunicazione tra i candidati e l’EPSO è limitata, da un lato, «[p]er le stesse ragioni» per le quali è limitata la scelta della seconda lingua del concorso e, dall’altro, per «[garantire l’omogeneità in sede di comparazione tra i candidati e di controllo delle informazioni da essi fornite] nell’atto di candidatura», non vale a rimettere in discussione la conclusione di cui sopra.

205    Infatti, in primo luogo, anche supponendo che l’interesse del servizio possa giustificare una deroga alle prescrizioni del regolamento n. 1 per quanto riguarda la lingua di comunicazione tra i candidati ai concorsi organizzati dall’EPSO e quest’ultimo, nel caso di specie, essendo i bandi impugnati fondati, riguardo a questa limitazione, su ragioni identiche a quelle che giustificano la limitazione della scelta della seconda lingua del concorso, nessun elemento del fascicolo consente di discostarsi dalle conclusioni illustrate nella presente sentenza nell’ambito dell’esame del primo aspetto dei bandi impugnati contestato dalla Repubblica italiana.

206    Lo stesso vale per quanto riguarda le indicazioni contenute in proposito negli Orientamenti generali.

207    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la necessità di garantire l’omogeneità in sede di comparazione tra i candidati e di controllo delle informazioni da essi fornite nell’atto di candidatura, essa non può bastare per giustificare una deroga alle disposizioni del regolamento n. 1 quale quella prevista nel caso di specie.

208    Infatti, occorre rilevare che i bandi impugnati si limitano ad enunciare la giustificazione rappresentata dalla valutazione omogenea dei candidati e dei loro atti di candidatura, senza fornire ulteriori precisazioni.

209    Allo stesso modo, gli argomenti addotti in proposito dalla Commissione nei suoi scritti difensivi (v. punto 179 supra) sono destinati ad essere rigettati, nella misura in cui essi si fondano, implicitamente ma necessariamente, sulla premessa secondo cui il francese, l’inglese e il tedesco sono effettivamente le tre lingue più utilizzate dai funzionari sia nell’ambito delle istituzioni sia ai fini della comunicazione esterna di queste ultime. Infatti, l’affermazione della Commissione secondo cui un membro della commissione giudicatrice «conosce sicuramente almeno una lingua tra inglese, francese e tedesco» non può che fondarsi su tale premessa. Orbene, risulta dall’analisi effettuata in occasione dell’esame del primo aspetto dei bandi impugnati contestato dalla Repubblica italiana che, anche alla luce dei dati prodotti dalla Commissione dinanzi al Tribunale, tale affermazione non può considerarsi dimostrata.

210    Per di più, tenuto conto di quanto si è esposto ai punti da 123 a 131, da 132 a 140 e da 141 a 146 della presente sentenza, nessun elemento consente, nel caso di specie, di dimostrare che sarebbe più agevole per l’EPSO costituire commissioni giudicatrici formate da persone che conoscono sufficientemente il francese, l’inglese e il tedesco e non, ad esempio, il francese, l’inglese e l’italiano.

211    Infine, per quanto riguarda gli argomenti della Commissione esposti al punto 179 supra, secondo cui gli scritti dei candidati sarebbero illeggibili ove fossero redatti in un alfabeto diverso da quello latino o in una lingua non appartenente al ceppo indo‑europeo, è sufficiente rilevare che l’articolo 1 del regolamento n. 1 non stabilisce alcuna distinzione tra le lingue ufficiali dell’Unione in funzione dell’alfabeto che esse utilizzano o in funzione della famiglia di lingue nella quale esse sono raggruppate.

212    Alla luce dell’insieme delle considerazioni sopra esposte, e senza che sia necessario esaminare gli altri motivi di ricorso, occorre annullare i bandi impugnati anche nella parte in cui essi limitano alle sole lingue francese, inglese e tedesca la scelta della lingua di comunicazione tra i candidati e l’EPSO.

213    Nondimeno, bisogna precisare che, dopo aver sentito le parti all’udienza, le quali non hanno formulato obiezioni al riguardo, il Tribunale giudica che non vi è luogo per rimettere in discussione i risultati dei concorsi costituenti l’oggetto dei bandi impugnati (v., in tal senso, sentenze del 24 settembre 2015, Italia e Spagna/Commissione, T‑124/13 e T‑191/13, EU:T:2015:690, punto 151; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑275/13, non pubblicata, EU:T:2015:1000, punto 133; del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑295/13, non pubblicata, EU:T:2015:997, punto 191, e del 17 dicembre 2015, Italia/Commissione, T‑510/13, non pubblicata, EU:T:2015:1001, punto 162).

 Sulle spese

214    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Essendo rimasta soccombente, la Commissione deve dunque essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Repubblica italiana, conformemente alle conclusioni presentate da tale Stato membro.

215    La Repubblica di Lituania, parte interveniente nella causa T‑17/15, sopporterà le proprie spese relative a tale intervento, a norma dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Le cause T‑353/14 e T‑17/15 sono riunite ai fini della sentenza.

2)      Il bando di concorso generale EPSO/AD/276/14, inteso alla costituzione di un elenco di riserva per l’assunzione di amministratori, e il bando di concorso generale EPSO/AD/294/14, inteso alla costituzione di un elenco di riserva per la copertura di posti vacanti di amministratore nel settore della protezione dei dati presso il Garante europeo per la protezione dei dati, sono annullati.

3)      La Commissione europea sopporterà, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute dalla Repubblica italiana.

4)      La Repubblica di Lituania sopporterà le proprie spese relative al suo intervento nella causa T‑17/15.

Gratsias

Kancheva

Wetter

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 15 settembre 2016.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.


1 La presente sentenza è pubblicata per estratti.