Language of document : ECLI:EU:C:2020:693

SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione)

10 settembre 2020 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Sicurezza alimentare – Indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari – Regolamento (CE) n. 1924/2006 – Articoli 5 e 6 – Fondatezza scientifica delle indicazioni – Prove scientifiche generalmente accettate – Articolo 10, paragrafo 1 – Articolo 28, paragrafo 5 – Regime transitorio – Pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno – Direttiva 2005/29/CE – Articolo 3, paragrafo 4 – Relazione tra le disposizioni della direttiva 2005/29 e altre norme dell’Unione che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali»

Nella causa C‑363/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Patent- och marknadsdomstolen vid Stockholms tingsrätt (Tribunale per la proprietà intellettuale e il commercio con sede presso il Tribunale distrettuale di Stoccolma, Svezia), con decisione del 2 maggio 2019, pervenuta in cancelleria il 7 maggio 2019, nel procedimento

Konsumentombudsmannen

contro

Mezina AB,

LA CORTE (Decima Sezione),

composta da I. Jarukaitis, presidente di sezione, E. Juhász (relatore) e M. Ilešič, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Konsumentombudsmannen, da I. Nyström, in qualità di agente;

–        per Mezina AB, da K. Ladenfors e S. Hanson, advokater;

–        per il governo ellenico, da V. Karra, G. Papadaki e E. Tsaousi, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da K. Simonsson, B. Rous Demiri e G. Tolstoy, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 5 e 6, in combinato disposto con l’articolo 10, paragrafo 1, e l’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari (GU 2006, L 404, pag. 9; rettifica in GU 2007, L 12, pag. 3, e GU 2015, L 45, pag. 22), come modificato dal regolamento (CE) n. 107/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008 (GU 2008, L 39, pag. 8) (in prosieguo: il «regolamento n. 1924/2006»), e dell’articolo 3 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU 2005, L 149, pag. 22, e rettifica in GU 2009, L 253, pag. 18).

2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra il Konsumentombudsmannen (mediatore per la difesa dei consumatori, Svezia) (in prosieguo: il «KO») e Mezina AB in merito alla conformità al diritto dell’Unione e al diritto nazionale delle indicazioni sulla salute utilizzate da quest’ultima.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Regolamento n. 1924/2006

3        I considerando 14 e 17 del regolamento n. 1924/2006 sono così formulati:

«(14)      Vi è una vasta gamma di indicazioni attualmente utilizzate nell’etichettatura e nella pubblicità degli alimenti in alcuni Stati membri che fanno riferimento a sostanze il cui effetto benefico non è ancora stato dimostrato, o in merito al quale non esiste allo stato un consenso scientifico sufficiente. È necessario garantire che le sostanze per le quali è fornita un’indicazione abbiano dimostrato di avere un effetto nutrizionale o fisiologico benefico.

(...)

(17)      La fondatezza scientifica dovrebbe essere l’aspetto principale di cui tenere conto nell’utilizzo di indicazioni nutrizionali e sulla salute, e gli operatori del settore alimentare che fanno uso di indicazioni dovrebbero giustificarle. Un’indicazione dovrebbe essere scientificamente corroborata, tenendo conto del complesso dei dati scientifici disponibili e valutando gli elementi di prova».

4        Al capo I del regolamento n. 1924/2006, intitolato «Oggetto, ambito di applicazione e definizioni», l’articolo 1 del regolamento, a sua volta intitolato «Oggetto e ambito di applicazione», enuncia quanto segue:

«1.      Il presente regolamento armonizza le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri concernenti le indicazioni nutrizionali e sulla salute, al fine di garantire l’efficace funzionamento del mercato interno e al tempo stesso un elevato livello di tutela dei consumatori.

2.      Il presente regolamento si applica alle indicazioni nutrizionali e sulla salute figuranti in comunicazioni commerciali, sia nell’etichettatura sia nella presentazione o nella pubblicità dei prodotti alimentari forniti al consumatore finale.

(...)».

5        Il capo II del regolamento n. 1924/2006, intitolato «Principi generali», comprende gli articoli da 3 a 7 dello stesso.

6        L’articolo 3 di tale regolamento, intitolato «Principi generali per tutte le indicazioni», così dispone:

«Le indicazioni nutrizionali e sulla salute possono essere impiegate nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità dei prodotti alimentari immessi sul mercato [dell’Unione] solo se conformi alle disposizioni del presente regolamento.

Fatt[a] salv[a la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (GU 2000, L 109, pag. 29), e la direttiva 84/450/CEE del Consiglio, del 10 settembre 1984, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole (GU 1984, L 250, pag. 17)], l’impiego delle indicazioni nutrizionali e sulla salute non può:

a)      essere falso, ambiguo o fuorviante;

(...)».

7        L’articolo 5 del citato regolamento, intitolato «Condizioni generali», così dispone:

«1.      L’impiego di indicazioni nutrizionali e sulla salute è permesso soltanto se sono rispettate le seguenti condizioni:

a)      si è dimostrato che la presenza, l’assenza o il contenuto ridotto in un alimento o categoria di alimenti di una sostanza nutritiva o di altro tipo rispetto alla quale è fornita l’indicazione ha un effetto nutrizionale o fisiologico benefico, sulla base di prove scientifiche generalmente accettate;

(...)

2.      L’impiego di indicazioni nutrizionali e sulla salute è consentito solo se ci si può aspettare che il consumatore medio comprenda gli effetti benefici secondo la formulazione dell’indicazione.

(...)».

8        L’articolo 6 del medesimo regolamento, intitolato «Fondatezza scientifica delle indicazioni», recita:

«1.      Le indicazioni nutrizionali e sulla salute sono basate su prove scientifiche generalmente accettate.

2.      L’operatore del settore alimentare che formula un’indicazione nutrizionale o sulla salute giustifica l’impiego di tale indicazione.

3.      Le autorità competenti degli Stati membri possono chiedere a un operatore del settore alimentare o a chi immette il prodotto sul mercato di presentare tutti gli elementi e i dati pertinenti comprovanti il rispetto del presente regolamento».

9        Il capo IV del regolamento n. 1924/2006, intitolato «Indicazioni sulla salute», comprende gli articoli da 10 a 19 dello stesso.

10      L’articolo 10 di tale regolamento, intitolato «Condizioni specifiche», enuncia quanto segue:

«1.      Le indicazioni sulla salute sono vietate, a meno che non siano conformi ai requisiti generali del capo II e ai requisiti specifici del presente capo e non siano autorizzate a norma del presente regolamento e incluse nell’elenco delle indicazioni autorizzate di cui agli articoli 13 e 14.

(...)

3.      Il riferimento a benefici generali e non specifici della sostanza nutritiva o dell’alimento per la buona salute complessiva o per il benessere derivante dallo stato di salute è consentito soltanto se accompagnato da un’indicazione specifica sulla salute inclusa negli elenchi di cui agli articoli 13 o 14.

(...)».

11      L’articolo 13 del suddetto regolamento, intitolato «Indicazioni sulla salute diverse da quelle che si riferiscono alla riduzione del rischio di malattia e allo sviluppo e alla salute dei bambini», così prevede:

«1.      Le indicazioni sulla salute che descrivono o fanno riferimento ai seguenti elementi:

a)      il ruolo di una sostanza nutritiva o di altro tipo per la crescita, lo sviluppo e le funzioni dell’organismo, o

(...)

che sono indicate nell’elenco di cui al paragrafo 3 possono essere fornite senza essere oggetto delle procedure di cui agli articoli da 15 a 19, purché siano:

i)      basate su prove scientifiche generalmente accettate e

ii)      ben comprese dal consumatore medio.

2.      Gli Stati membri forniscono alla Commissione gli elenchi delle indicazioni di cui al paragrafo 1 entro il 31 gennaio 2008, corredati delle relative condizioni applicabili e dei riferimenti alla fondatezza scientifica pertinente.

3.      Previa consultazione dell’Autorità [europea per la sicurezza alimentare (EFSA)], entro il 31 gennaio 2010 la Commissione adotta, secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 25, paragrafo 3, un elenco comunitario, inteso a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, integrandolo, delle indicazioni consentite di cui al paragrafo 1 e tutte le condizioni necessarie per il loro impiego.

(...)».

12      Al capo V del regolamento n. 1924/2006, intitolato «Disposizioni generali e finali», l’articolo 28 del regolamento, intitolato «Misure transitorie», così dispone al paragrafo 5:

«Le indicazioni sulla salute di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a) possono essere fornite dalla data di entrata in vigore del presente regolamento fino all’adozione dell’elenco di cui all’articolo 13, paragrafo 3, sotto la responsabilità degli operatori economici del settore alimentare, purché siano conformi al presente regolamento e alle vigenti disposizioni nazionali applicabili e fatta salva l’adozione delle misure di salvaguardia di cui all’articolo 24».

 Direttiva 2005/29

13      Ai termini del considerando 10 della direttiva 2005/29:

«È necessario garantire un rapporto coerente tra la presente direttiva e il diritto [dell’Unione] esistente, soprattutto per quanto concerne le disposizioni dettagliate in materia di pratiche commerciali sleali applicabili a settori specifici. (...) Di conseguenza, la presente direttiva si applica soltanto qualora non esistano norme di diritto [dell’Unione] specifiche che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, come gli obblighi di informazione e le regole sulle modalità di presentazione delle informazioni al consumatore. Essa offre una tutela ai consumatori ove a livello [dell’Unione] non esista una specifica legislazione di settore e vieta ai professionisti di creare una falsa impressione sulla natura dei prodotti. (...) La presente direttiva completa (...) l’acquis [dell’Unione] applicabile alle pratiche commerciali lesive degli interessi economici dei consumatori».

14      L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

d)      “pratiche commerciali delle imprese nei confronti dei consumatori” (in seguito denominate “pratiche commerciali”): qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;

(...)».

15      L’articolo 3 della citata direttiva, intitolato «Ambito di applicazione», prevede quanto segue:

«1.      La presente direttiva si applica alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori, come stabilite all’articolo 5, poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto.

(...)

3.      La presente direttiva non pregiudica l’applicazione delle disposizioni [dell’Unione] o nazionali relative agli aspetti sanitari e di sicurezza dei prodotti.

4.      In caso di contrasto tra le disposizioni della presente direttiva e altre norme [dell’Unione] che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici.

(...)».

16      Ai sensi dell’articolo 5 della stessa direttiva, intitolato «Divieto delle pratiche commerciali sleali»:

«1.      Le pratiche commerciali sleali sono vietate.

2.      Una pratica commerciale è sleale se:

a)      è contraria alle norme di diligenza professionale,

e

b)      falsa o è idonea a falsare in misura rilevante il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori.

3.      Le pratiche commerciali che possono falsare in misura rilevante il comportamento economico solo di un gruppo di consumatori chiaramente individuabile, particolarmente vulnerabili alla pratica o al prodotto cui essa si riferisce a motivo della loro infermità mentale o fisica, della loro età o ingenuità, in un modo che il professionista può ragionevolmente prevedere sono valutate nell’ottica del membro medio di tale gruppo. Ciò lascia impregiudicata la pratica pubblicitaria comune e legittima consistente in dichiarazioni esagerate o in dichiarazioni che non sono destinate ad essere prese alla lettera.

4.      In particolare, sono sleali le pratiche commerciali:

a)      ingannevoli di cui agli articoli 6 e 7

o

b)      aggressive di cui agli articoli 8 e 9.

5.      L’allegato I riporta l’elenco di quelle pratiche commerciali che sono considerate in ogni caso sleali. Detto elenco si applica in tutti gli Stati membri e può essere modificato solo mediante revisione della presente direttiva».

 Diritto svedese

17      L’articolo 5 del marknadsföringslagen (2008:486) [legge (2008:486) sulle pratiche commerciali], che ha trasposto la direttiva 2005/29 nell’ordinamento giuridico svedese, dispone che «la commercializzazione sia conforme alle buone pratiche commerciali».

18      L’articolo 10 di detta legge prevede quanto segue:

«Nell’ambito della commercializzazione un operatore non può fornire indicazioni inesatte o ingannevoli in relazione alla propria attività commerciale o a quella di terzi.

Il primo comma si applica in particolare alle indicazioni relative a:

1)      esistenza, natura, quantità, qualità o altra proprietà distintiva del prodotto;

(...)».

19      Da quanto esposto dal giudice del rinvio risulta che, conformemente a una giurisprudenza nazionale costante, l’onere della prova della veridicità delle indicazioni promozionali grava sul professionista interessato e che il livello di prova richiesto, per quanto riguarda le indicazioni nutrizionali e sulla salute, è «relativamente elevato».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

20      Mezina si occupa dell’elaborazione e della commercializzazione di medicinali e integratori alimentari naturali, tra i quali il Movizin complex, contenente zenzero, rosa canina e boswellia, il Macoform, a base di carciofo e tarassaco, e il Vistavital, a base di mirtilli.

21      Nell’ambito della commercializzazione di tali prodotti, che rientrano nella categoria dei «prodotti alimentari» ai sensi del regolamento n. 1924/2006, Mezina fornisce le seguenti indicazioni sulla salute:

«Movizin complex – per le vostre articolazioni»; «Lo zenzero può aiutare a mantenere la mobilità articolare e contribuire all’energia e alla vitalità»; «La rosa canina può aiutare la funzionalità delle articolazioni»; «La rosa canina può aiutare a proteggere le mie articolazioni e a mantenerle forti»; «Boswellia – la resina di questo albero è stata a lungo utilizzata, in particolare in India, per sostenere la mobilità e la flessibilità naturali delle articolazioni»; «Mi assicuro sempre di assumere una dose giornaliera di Movizin, in cui il boswellia aiuta al mantenimento del benessere articolare».

«Macoform – equilibrio dello stomaco»; «Il carciofo può contribuire alla normale digestione e aiutare il benessere dello stomaco»; «Il tarassaco può sostenere l’equilibrio del pH fisiologico e contribuire ad una normale funzione intestinale».

«Vistavital – mantiene la normale capacità visiva»; «Il mirtillo sostiene la funzionalità del microcircolo e della retina e contribuisce al benessere degli occhi»; «Mirtillo – aiuta a mantenere il normale funzionamento della retina».

22      Il KO ha adito il Patent- och marknadsdomstolen vid Stockholms tingsrätt (Tribunale per la proprietà intellettuale e il commercio con sede presso il Tribunale distrettuale di Stoccolma, Svezia) affinché vietasse a Mezina di fornire tali indicazioni sulla salute nell’ambito della commercializzazione dei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale.

23      Per quanto riguarda, in primo luogo, le indicazioni sulla salute che fanno riferimento a una sostanza particolare (zenzero, rosa canina, boswellia, carciofo, tarassaco e mirtillo), il KO ricorda che esse rientrano nel regime transitorio istituito all’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006, poiché la Commissione non ha ancora preso posizione sulle relative domande di iscrizione nell’elenco di cui all’articolo 13, paragrafo 3, di tale regolamento. Il medesimo KO sostiene, tuttavia, che dette indicazioni, alcune delle quali peraltro già oggetto di parere sfavorevole da parte dell’EFSA, non soddisfano i requisiti di cui all’articolo 28, paragrafo 5, sopraccitato, in quanto contrarie non solo all’articolo 3, secondo comma, lettera a), e agli articoli 5 e 6 del medesimo regolamento, ma anche alle disposizioni nazionali pertinenti, segnatamente agli articoli 5 e 10 della legge (2008:486).

24      Mezina, infatti, non avrebbe dimostrato che la presenza di sostanze nutritive nei prodotti di cui trattasi nel procedimento principale abbia un effetto fisiologico benefico, sulla base di prove scientifiche generalmente accettate, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1924/2006, né addotto prove scientifiche attestanti il rispetto delle disposizioni di tale regolamento, conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, di quest’ultimo, né tantomeno dimostrato che le indicazioni sulla salute non sono false, ambigue o fuorvianti, in osservanza dell’articolo 3, secondo comma, lettera a), di detto regolamento.

25      Per quanto riguarda, in secondo luogo, le indicazioni sulla salute che non fanno riferimento a una sostanza particolare («Movizin complex – per le vostre articolazioni», «Macoform – equilibrio dello stomaco» e «Vistavital – mantiene la normale capacità visiva»), il KO fa valere, in via principale, che esse costituiscono indicazioni specifiche, cosicché, non essendo state oggetto di alcuna domanda di iscrizione nell’elenco di cui all’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 1924/2006, non potrebbero essere autorizzate. In subordine, nell’ipotesi in cui tali indicazioni dovessero essere considerate come indicazioni sulla salute generali, e non specifiche, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, di tale regolamento, esse non potrebbero comunque essere autorizzate, in quanto non sarebbero accompagnate da indicazioni specifiche sulla salute consentite conformemente all’articolo 13, paragrafo 3, o ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento medesimo.

26      Dal canto suo, Mezina chiede il rigetto del ricorso.

27      Per quanto riguarda le indicazioni sulla salute che fanno riferimento a una sostanza particolare, Mezina sostiene che le indicazioni sulla salute rientranti nelle disposizioni transitorie dell’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006 non possono essere assoggettate, contrariamente a quanto pretende il KO, a requisiti probatori superiori a quelli ai quali devono rispondere le indicazioni sulla salute autorizzate dalla Commissione. In particolare, non sarebbe ragionevole esigere che un operatore del settore alimentare presenti, per indicazioni sulla salute rientranti in dette disposizioni transitorie, un fascicolo scientifico diverso da quello sulla base del quale è stata presentata la domanda di iscrizione nell’elenco di cui all’articolo 13, paragrafo 3, di tale regolamento.

28      Per quanto riguarda le indicazioni sulla salute che non fanno riferimento a una sostanza particolare, Mezina sostiene che esse costituiscono indicazioni non specifiche e che, essendo accompagnate da indicazioni specifiche che devono essere autorizzate in applicazione dell’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006, sono conformi alle condizioni fissate all’articolo 10, paragrafo 3, di tale regolamento.

29      Il giudice del rinvio rileva che, trattandosi delle indicazioni sulla salute che descrivono o menzionano il ruolo di una sostanza nutritiva o di altro tipo per la crescita, lo sviluppo e le funzioni dell’organismo, come quelle di cui al procedimento principale, l’articolo 13 del regolamento n. 1924/2006 prevede che, qualora siano inserite nell’elenco redatto dalla Commissione, possano essere fornite senza autorizzazione preventiva, sempreché siano basate su prove scientifiche generalmente accettate e siano ben comprese dal consumatore medio.

30      Poiché la Commissione non ha completato l’elenco delle indicazioni autorizzate, di cui all’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 1924/2006, entro la data del 31 gennaio 2010, il giudice del rinvio si interroga sull’onere della prova della veridicità e sul livello di prova richiesto relativamente alle indicazioni non ancora in elenco.

31      Il giudice del rinvio considera che, nell’ambito del regime transitorio di cui all’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006, la formulazione dell’articolo 6 di quest’ultimo sembra implicare che l’onere della prova della veridicità dell’indicazione sulla salute gravi sull’operatore del settore alimentare o sul responsabile dell’immissione del prodotto sul mercato. Dal canto suo, l’impiego, all’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), del medesimo regolamento, dell’espressione «si è dimostrato» suggerirebbe che detto regolamento disciplini l’onere della prova, senza tuttavia designare la persona che deve provare la veridicità delle indicazioni.

32      Il giudice del rinvio aggiunge che il riferimento fatto da tali disposizioni alle «prove scientifiche (...) accettate» lascia intendere che il regolamento n. 1924/2006 stabilisca anche il livello di prova richiesto relativamente alle indicazioni sulla salute.

33      Detto regolamento non conterrebbe tuttavia disposizioni specifiche sulla procedura da seguire quando viene applicato in un procedimento nazionale, in particolare per quanto attiene all’assunzione delle prove e all’efficacia probatoria degli elementi di prova addotti. In un caso del genere e in forza dell’autonomia procedurale degli Stati membri, spetterebbe allora all’ordinamento giuridico interno degli Stati membri supplire al silenzio normativo, rispettando al contempo i principi di equivalenza e di effettività.

34      Il giudice del rinvio si domanda, inoltre, se le norme nazionali vigenti in materia di pratiche commerciali sleali, adottate nell’ambito della trasposizione della direttiva 2005/29, possano trovare comunque applicazione, nonostante che il regolamento n. 1924/2006 contenga norme che, disciplinando aspetti specifici delle pratiche sleali, prevalgono e si applicano a tali aspetti specifici, come statuito dalla Corte in materia di normativa relativa ai medicinali (sentenza del 16 luglio 2015, Abcur, C‑544/13 e C‑545/13, EU:C:2015:481, punti 80 e 81).

35      A tal riguardo esso afferma che, anche quando si basa su prove scientifiche generalmente accettate, un’indicazione sulla salute può contenere un messaggio ambiguo o contraddittorio non passibile di autorizzazione, sicché le indicazioni sulla salute che rientrano nel regime transitorio di cui all’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006 non possono essere presunte conformi alle disposizioni di tale regolamento e a quelle della direttiva 2005/29.

36      In tale contesto, il Patent- och marknadsdomstolen vid Stockholms tingsrätt (Tribunale per la proprietà intellettuale e il commercio con sede presso il Tribunale distrettuale di Stoccolma) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se gli articoli 5 e 6, in combinato disposto con gli articoli 10, paragrafo 1, e 28, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006, disciplinino l’onere della prova nel procedimento in cui il giudice nazionale valuta se siano state fornite indicazioni sulla salute non consentite, in una situazione in cui le indicazioni sulla salute in questione corrispondono a un’indicazione oggetto di domanda ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento n. 1924/2006, ma la domanda non ha ancora comportato una decisione di autorizzazione o di non autorizzazione, ovvero se l’onere della prova sia determinato in conformità del diritto nazionale.

2)      Nel caso in cui la risposta alla prima questione sia che l’onere della prova è disciplinato dalle disposizioni del regolamento n. 1924/2006, se esso incomba all’operatore commerciale che ha formulato una determinata indicazione sulla salute oppure all’autorità che chiede al giudice nazionale di vietare all’operatore di continuare a fornire tale indicazione.

3)      In una situazione come quella descritta nella prima questione, se gli articoli 5 e 6, in combinato disposto con gli articoli 10, paragrafo 1, e 28, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006, disciplinino il livello di prova nel procedimento in cui un giudice nazionale valuta se siano state fornite indicazioni sulla salute non consentite, ovvero se tale livello sia determinato in conformità del diritto nazionale.

4)      Nel caso in cui la risposta alla terza questione sia che il livello di prova è disciplinato dalle disposizioni del regolamento n. 1924/2006, quali siano i requisiti probatori.

5)      Se ai fini della risposta alle prime quattro questioni rilevi il fatto che nel procedimento dinanzi al giudice nazionale possono essere applicati simultaneamente il regolamento n. 1924/2006, compreso l’articolo 3, lettera a), e la direttiva 2005/29».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulle questioni dalla prima alla quarta

37      In via preliminare, occorre rilevare, da un lato, che, sebbene la controversia oggetto del procedimento principale riguardi sia le indicazioni sulla salute che non fanno riferimento ad alcuna sostanza particolare («Movizin complex – per le vostre articolazioni», «Macoform – equilibrio dello stomaco» e «Vistavital – mantiene la normale capacità visiva») sia le indicazioni sulla salute che fanno riferimento a una particolare sostanza (zenzero, rosa canina, boswellia, carciofo, tarassaco e mirtillo), solo queste ultime hanno dato luogo a una domanda di iscrizione nell’elenco previsto all’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 1924/2006 e sono oggetto dei quesiti posti dal giudice del rinvio nelle sue prime quattro questioni pregiudiziali.

38      Dall’altro lato, il giudice del rinvio muove dalla premessa secondo cui le indicazioni sulla salute che fanno riferimento a una sostanza particolare costituiscono indicazioni sulla salute specifiche, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento n. 1924/2006, e rientrano nella categoria di quelle che descrivono o menzionano il ruolo di una sostanza nutritiva o di altro tipo per la crescita, lo sviluppo e le funzioni dell’organismo, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), di tale regolamento. È pertanto alla luce di tale premessa, che spetta comunque al giudice del rinvio verificare, che la Corte risponderà alle prime quattro questioni pregiudiziali.

39      Ciò posto, si deve rilevare che, con le sue questioni dalla prima alla quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 5, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafi 1 e 2, l’articolo 10, paragrafo 1, e l’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006 debbano essere interpretati nel senso che, nell’ambito del regime transitorio istituito da quest’ultima disposizione, l’onere della prova e il livello di prova richiesto relativamente alle indicazioni sulla salute di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), di detto regolamento sono disciplinati da tale regolamento e, in caso affermativo, quali sono i requisiti che ne derivano.

40      Nel caso di specie, siccome la Commissione non ha ancora preso posizione sulle domande di iscrizione delle indicazioni sulla salute di cui al procedimento principale nell’elenco previsto all’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 1924/2006, tali indicazioni sono soggette al regime transitorio istituito all’articolo 28, paragrafo 5, di detto regolamento (v., in tal senso, sentenza del 23 novembre 2017, Bionorica e Diapharm/Commissione, C‑596/15 P e C‑597/15 P, EU:C:2017:886, punto 88).

41      L’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006 prevede che, fino all’adozione dell’elenco di cui all’articolo 13, paragrafo 3, di tale regolamento, le indicazioni sulla salute di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), del medesimo regolamento possano essere fatte «sotto la responsabilità degli operatori economici del settore alimentare, purché siano conformi al presente regolamento e alle vigenti disposizioni nazionali applicabili».

42      Quanto al requisito di conformità al regolamento n. 1924/2006 delle indicazioni sulla salute rientranti nel regime transitorio di cui all’articolo 28, paragrafo 5, dello stesso, occorre ricordare che l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1924/2006 enuncia che le indicazioni sulla salute sono vietate a meno che non siano conformi, in particolare, ai requisiti generali previsti al capo II del regolamento medesimo.

43      Ebbene, in forza dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 1924/2006, che fa parte del capo II di quest’ultimo, l’impiego di un’indicazione sulla salute è permesso, in particolare, solo se si è dimostrato che la presenza di una sostanza nutritiva o di altro tipo rispetto alla quale è fornita l’indicazione ha un effetto nutrizionale o fisiologico benefico, «sulla base di prove scientifiche generalmente accettate».

44      Analogamente, l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1924/2006 precisa che le indicazioni sulla salute devono «basa[rsi] su prove scientifiche generalmente accettate».

45      Pertanto, avendo disposto, sia all’articolo 5, paragrafo 1, sia all’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1924/2006, che le indicazioni sulla salute siano basate su «prove scientifiche generalmente accettate», il legislatore dell’Unione ha determinato il livello di prova richiesto al riguardo.

46      Il ricorso all’espressione «prove scientifiche generalmente accettate» implica che siffatte prove non possano limitarsi a credenze, dicerie tratte dalla saggezza popolare o, ancora, a osservazioni ed esperienze di persone estranee alla comunità scientifica.

47      Al contrario, l’impiego di una tale espressione implica che le indicazioni sulla salute siano basate su elementi obiettivi e scientifici e che, in particolare, i vantaggi delle sostanze a cui tali indicazioni sulla salute si riferiscono godano, come indicato al considerando 14 del regolamento n. 1924/2006, di un consenso scientifico sufficiente. Inoltre, e come richiesto dal considerando 17 di tale regolamento, le indicazioni sulla salute devono essere «scientificamente corroborat[e], tenendo conto del complesso dei dati scientifici disponibili e valutando gli elementi di prova».

48      Passando all’onere della prova, occorre rilevare, da un lato, che l’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006 prevede che, fino all’adozione dell’elenco di cui all’articolo 13, paragrafo 3, di tale regolamento, le indicazioni sulla salute siano fornite «sotto la responsabilità degli operatori economici del settore alimentare» e, dall’altro lato, che, a norma dell’articolo 6, paragrafo 2, di detto regolamento, «[l]’operatore del settore alimentare che formula un’indicazione nutrizionale o sulla salute giustific[hi] l’impiego di tale indicazione».

49      La convenuta nel procedimento principale fa tuttavia valere che il regolamento n. 1924/2006 non può essere interpretato nel senso di imporre all’operatore del settore alimentare interessato che produca le proprie prove e prepari lui stesso studi scientifici o li commissioni a istituzioni adatte.

50      A tal riguardo è giocoforza constatare che l’articolo 5, paragrafo 1, e l’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento n. 1924/2006 non richiedono nulla di simile, ma fanno nondimeno obbligo all’operatore del settore alimentare interessato di poter giustificare le indicazioni sulla salute che fornisce.

51      Gli elementi di prova addotti possono essere quelli contenuti nel fascicolo predisposto a sostegno della domanda di iscrizione nell’elenco di cui all’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 1924/2006 oppure provenire da altre fonti, a condizione di avere un valore scientifico sufficiente.

52      Di conseguenza, nell’ambito del regime transitorio istituito all’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006, un operatore del settore alimentare che decida di fornire un’indicazione sulla salute deve, sotto la propria responsabilità, conoscere gli effetti sulla salute della sostanza oggetto di tale indicazione (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2014, Ehrmann, C‑609/12, EU:C:2014:252, punto 43), il che implica che egli sia in grado di provare la realtà di tali effetti e che l’onere della prova sia a suo carico.

53      Peraltro, pur disciplinando l’onere della prova e il livello di prova richiesto relativamente alle indicazioni sulla salute di cui al suo articolo 13, paragrafo 1, lettera a), il regolamento n. 1924/2006 non disciplina i tipi di prova e nemmeno le loro modalità di assunzione. Ne risulta che, come rilevato dal giudice del rinvio, tali questioni restano soggette al diritto nazionale, fatta salva l’applicazione dei principi di equivalenza e di effettività.

54      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alle questioni dalla prima alla quarta dichiarando che l’articolo 5, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafi 1 e 2, l’articolo 10, paragrafo 1, e l’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006 devono essere interpretati nel senso che, nell’ambito del regime transitorio istituito da quest’ultima disposizione, l’onere della prova e il livello di prova richiesto relativamente alle indicazioni sulla salute di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), di tale regolamento sono disciplinati dal regolamento stesso, il quale esige che l’operatore del settore alimentare interessato sia in grado di giustificare le indicazioni che fornisce sulla base di prove scientifiche generalmente accettate. Tali indicazioni devono basarsi su elementi oggettivi che godano di un consenso scientifico sufficiente.

 Sulla quinta questione

55      Con la sua quinta questione il giudice del rinvio si interroga, in sostanza, sulle disposizioni che occorre applicare in caso di conflitto tra le norme istituite dal regolamento n. 1924/2006 e quelle contenute nella direttiva 2005/29.

56      Dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2005/29 risulta che quest’ultima si applica alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori, come stabilite all’articolo 5, poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa a un prodotto. L’articolo 2, lettera d), della medesima direttiva definisce le «pratiche commerciali» come «qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresi la pubblicità e il marketing, posta in essere da un professionista, direttamente connessa alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori».

57      Come risulta da una giurisprudenza costante della Corte, la direttiva 2005/29 è caratterizzata da un ambito di applicazione materiale particolarmente ampio, che si estende a qualsiasi pratica commerciale presenti un nesso diretto con la promozione, la vendita o la fornitura di un prodotto ai consumatori (sentenza del 16 luglio 2015, Abcur, C‑544/13 e C‑545/13, EU:C:2015:481, punto 74 e giurisprudenza citata).

58      Occorre tuttavia rilevare che, ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 3, la direttiva 2005/29 «si applica lasciando impregiudicata l’applicazione delle disposizioni [dell’Unione] o nazionali relative agli aspetti sanitari e di sicurezza dei prodotti» e che, ai sensi del suo articolo 3, paragrafo 4, «[i]n caso di contrasto tra le disposizioni [di detta direttiva] e altre norme [dell’Unione] che disciplinino aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, prevalgono queste ultime e si applicano a tali aspetti specifici».

59      Da tali disposizioni discende quindi che la direttiva 2005/29 si applica solo in assenza, da un lato, di specifiche disposizioni dell’Unione o nazionali in materia di salute e di sicurezza dei prodotti e, dall’altro, come risulta dal suo stesso considerando 10, di specifiche disposizioni dell’Unione che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, come gli obblighi di informazione o le regole sulle modalità di presentazione delle informazioni al consumatore. Lo stesso considerando precisa, inoltre, che la direttiva 2005/29 offre una tutela ai consumatori ove a livello dell’Unione non esista una specifica legislazione di settore e vieta ai professionisti di creare una falsa impressione sulla natura dei prodotti.

60      Ebbene, contenendo norme specifiche riguardo alle indicazioni sulla salute che compaiono nell’etichettatura, nella presentazione dei prodotti alimentari immessi sul mercato dell’Unione e nella relativa pubblicità, il regolamento n. 1924/2006 costituisce una lex specialis rispetto a norme generali, poste a tutela dei consumatori contro le pratiche sleali delle imprese, come quelle previste dalla direttiva 2005/29 (v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2015, Abcur, C‑544/13 e C‑545/13, EU:C:2015:481, punto 80 e giurisprudenza citata).

61      Ne consegue che, in caso di conflitto tra le disposizioni della direttiva 2005/29 e quelle del regolamento n. 1924/2006, in particolare le disposizioni che figurano nel capo II di quest’ultimo, le disposizioni di questo secondo strumento prevalgono e verranno applicate a siffatti aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali (v., per analogia, sentenza del 16 luglio 2015, Abcur, C‑544/13 e C‑545/13, EU:C:2015:481, punto 81).

62      Occorre pertanto rispondere alla quinta questione sollevata dichiarando che, in caso di conflitto tra le disposizioni del regolamento n. 1924/2006 e quelle della direttiva 2005/29, le disposizioni di tale regolamento prevalgono e trovano applicazione alle pratiche commerciali sleali in materia di indicazioni sulla salute ai sensi del medesimo regolamento.

 Sulle spese

63      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 5, paragrafo 1, l’articolo 6, paragrafi 1 e 2, l’articolo 10, paragrafo 1, e l’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari, come modificato dal regolamento (CE) n. 107/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, devono essere interpretati nel senso che, nell’ambito del regime transitorio istituito da quest’ultima disposizione, l’onere della prova e il livello di prova richiesto relativamente alle indicazioni sulla salute di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), di tale regolamento sono disciplinati dal regolamento stesso, il quale esige che l’operatore del settore alimentare interessato sia in grado di giustificare le indicazioni che fornisce sulla base di prove scientifiche generalmente accettate. Tali indicazioni devono basarsi su elementi oggettivi che godano di un consenso scientifico sufficiente.

2)      In caso di conflitto tra le disposizioni del regolamento n. 1924/2006, come modificato dal regolamento n. 107/2008, e quelle della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), le disposizioni di tale regolamento prevalgono e trovano applicazione alle pratiche commerciali sleali in materia di indicazioni sulla salute ai sensi del medesimo regolamento.

Firme


*      Lingua processuale: lo svedese.