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CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NICHOLAS EMILIOU

presentate il 6 luglio 2023(1)

Causa C147/22

Központi Nyomozó Főügyészség

con l’intervento di:

Terhelt5

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest – Capitale, Ungheria)]

(Rinvio pregiudiziale – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 50 – Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen – Articolo 54 – Principio del ne bis in idem – Archiviazione del procedimento – Decisione di un pubblico ministero – Valutazione nel merito – Indagine approfondita – Esame delle prove)






I.      Introduzione

1.        Il principio del ne bis in idem – che, in sostanza, vieta la duplicazione dei procedimenti e delle sanzioni penali per i medesimi fatti e nei confronti della medesima persona – è sancito, tra l’altro, dall’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e dall’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (in prosieguo: la «CAAS»). (2)

2.        La giurisprudenza della Corte ha chiarito che anche le pronunce di archiviazione del procedimento adottate dai pubblici ministeri in fase di indagine possono far scattare l’applicazione del principio del ne bis in idem, ma solo se sono state adottate dopo che è stata pronunciata una valutazione nel merito della causa all’esito di un’indagine approfondita. (3) Nel caso di specie, il giudice del rinvio chiede alla Corte di giustizia, in particolare, di chiarire in base a quali criteri sia possibile ritenere che un’indagine sia «approfondita» ai fini del principio del ne bis in idem.

II.    Quadro giuridico

A.      Diritto dell’Unione europea

3.        L’articolo 54 della CAAS, contenuto nel capitolo 3 della medesima, è intitolato «Applicazione del principio ne bis in idem» e statuisce quanto segue:

«Una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra Parte contraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita.»

B.      Diritto ungherese

4.        L’articolo XXVIII, paragrafo 6, della Magyarország Alaptörvénye (legge fondamentale dell’Ungheria) stabilisce che, fatti salvi i casi di ricorso straordinario previsti dalla legge, nessuno può essere perseguito penalmente o condannato per un reato per il quale sia stato assolto o condannato con decisione definitiva emessa ai sensi della legislazione dell’Ungheria o, nel settore oggetto di un trattato internazionale o di un atto dell’Unione europea, ai sensi della legislazione di un altro Stato.

5.        Conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, della büntetőeljárásról szóló 2017. évi XC. törvény (legge XC del 2017 che istituisce il codice di procedura penale; in prosieguo: il «codice di procedura penale»), nessun procedimento penale può essere avviato e, se è stato avviato, deve essere archiviato, se i fatti commessi dall’autore del reato sono già stati oggetto di una decisione definitiva, fatti salvi i procedimenti di ricorso straordinario e taluni procedimenti speciali. D’altra parte, ai sensi del paragrafo 7 del medesimo articolo, non può essere avviato alcun procedimento penale e, qualora sia stato avviato, esso deve essere archiviato se i fatti commessi dall’autore del reato sono stati oggetto di una decisione definitiva in uno Stato membro dell’Unione europea o se in uno Stato membro i fatti sono stati oggetto di una decisione di merito che, ai sensi del diritto di tale Stato, impedisca rispetto ai medesimi fatti sia l’apertura di un nuovo procedimento penale, sia la riapertura del procedimento penale d’ufficio o mediante ricorso giurisdizionale ordinario.

C.      Diritto austriaco

6.        Ai sensi dell’articolo 190 della Strafprozessordnung (codice di procedura penale; in prosieguo: la «StPO»), intitolato «Conclusione del procedimento di indagine»:

«La Procura deve porre fine al procedimento penale ed archiviare le indagini qualora:

1. il fatto oggetto d’indagine non costituisca reato ai sensi della legge oppure sia illegittimo, per ragioni legali, proseguire l’azione penale nei confronti dell’indagato, o

2. non vi sia alcun motivo concreto per proseguire l’azione penale nei confronti dell’indagato».

7.        L’articolo 193 della StPO, intitolato «Ulteriori procedimenti», prevede quanto segue:

«(1) Una volta archiviato il procedimento, non potranno essere compiute ulteriori indagini nei confronti dell’indagato; se necessario, la Procura ne dispone il rilascio. Tuttavia, qualora la decisione relativa alla prosecuzione della procedura richieda determinati atti d’indagine o che siano assunte prove, la procura potrà, di volta in volta, compierli o disporre che siano compiuti.

(2) La Procura potrà disporre la prosecuzione di un’indagine chiusa ai sensi dell’articolo 190 o 191 qualora il procedimento penale abbia ad oggetto un reato che non è prescritto e:

1. l’indagato non sia stato sottoposto a interrogatorio in relazione a tale reato (...) e non sia stato sottoposto ad alcun provvedimento restrittivo a tale riguardo, oppure

2. emergano o risultino nuovi fatti o prove che, da soli o insieme ad altre risultanze del procedimento, sembrino giustificare la condanna dell’imputato (...)

(…)».

III. Fatti, procedura e questioni pregiudiziali

8.        Il 22 agosto 2012, la Zentrale Staatsanwaltschaft zur Verfolgung von Wirtschaftsstrafsachen und Korruption (Procura centrale per il perseguimento della criminalità economica e della corruzione, Austria; in prosieguo: la «WKStA») ha avviato un’indagine penale nei confronti di un cittadino ungherese («Imputato 5») per presunta corruzione, e di due coimputati per presunti riciclaggio, appropriazione indebita e corruzione.

9.        Le indagini riguardavano eventi avvenuti tra il 2005 e il 2010 e avevano ad oggetto tangenti che si sospettava fossero state pagate a pubblici ufficiali attraverso varie società costituite in diversi Stati membri per influenzare la decisione che doveva essere adottata in una gara per l’assegnazione di un appalto pubblico per la fornitura di nuovi treni per due linee della metropolitana di Budapest, Ungheria. Questi presunti eventi corruttivi comprendevano trasferimenti complessivamente nell’ordine di svariati milioni di euro a titolo di pagamento per servizi di consulenza che si sospettava non fossero mai stati prestati.

10.      Per vincere tale appalto pubblico, si sospettava che l’Imputato 5 – che sarebbe stato a conoscenza delle reali finalità e della natura fittizia dei contratti di consulenza – si fosse impegnato a procurare un vantaggio illecito per corrompere la persona o le persone che erano in grado di influenzare i soggetti che dovevano prendere le decisioni relative all’appalto. Più specificamente, tra il 5 aprile 2007 e l’8 febbraio 2010, l’Imputato 5 avrebbe effettuato, attraverso una società, vari pagamenti per oltre EUR 7 000 000 a pubblici ufficiali rei del delitto di corruzione passiva e la cui identità era rimasta ignota.

11.      I sospetti nei confronti dell’Imputato 5 erano fondati sugli elementi di indagine forniti, a seguito di una domanda di cooperazione giudiziaria, dal Serious Fraud Office (Ufficio per il contrasto alle frodi gravi, Regno Unito), nonché sulla fornitura di dati relativi a conti bancari e sugli interrogatori dei due cittadini austriaci indagati.

12.      Nel corso dell’indagine della WKStA, l’Imputato 5 non era stato interrogato come persona sospettata dei fatti, in quanto il provvedimento investigativo adottato dalla WKStA il 26 maggio 2014 per accertare il suo domicilio – misura suscettibile di essere qualificata come misura coercitiva ai fini dell’articolo 193, paragrafo 2, della StPO – si era dimostrato infruttuoso.

13.      Con provvedimento del 3 novembre 2014, la WKStA ha archiviato le indagini preliminari per mancanza di prove. Successivamente, la WKStA è tornata a più riprese a esaminare il caso, ma ogni volta ha ritenuto che non sussistessero le condizioni per la prosecuzione delle indagini e per il rinvio a giudizio ai sensi della normativa nazionale. In particolare, ha ritenuto che gli atti corruttivi di cui era accusato l’Imputato 5 fossero prescritti in Austria al più tardi dal 2015.

14.      Il 10 aprile e il 29 agosto 2019, il Központi Nyomozó Főügyészség (Procura generale centrale per le indagini penali; in prosieguo: il «KNF») ha depositato innanzi al Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest – Capitale, Ungheria) la richiesta di rinvio a giudizio dando avvio in Ungheria al processo penale per corruzione a carico dell’Imputato 5 ai sensi dell’articolo 254, paragrafi 1 e 2, del codice penale ungherese.

15.      Con ordinanza dell’8 dicembre 2020, il Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest – Capitale) ha archiviato il procedimento penale nei confronti dell’Imputato 5 in applicazione del principio del ne bis in idem, in quanto i fatti alla base dei capi di imputazione corrispondevano a quelli oggetto di indagine innanzi alla WKStA.

16.      L’ordinanza del Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest – Capitale) è stata successivamente impugnata e annullata con ordinanza del Fővárosi Ítélőtábla (Corte d’appello regionale di Budapest, Ungheria) del 15 giugno 2021. Tale corte ha ritenuto che la decisione della WKStA del 3 novembre 2014, che aveva disposto l’archiviazione dell’indagine, non poteva essere considerata come una pronuncia definitiva ai sensi dell’articolo 50 della Carta e dell’articolo 54 della CAAS. A tale riguardo, quest’ultima corte ha considerato che la documentazione disponibile non consentiva di stabilire con certezza se la decisione di archiviazione dell’indagine adottata dalla WKStA fosse basata su una valutazione sufficientemente completa ed esaustiva delle prove. A suo giudizio, non era in alcun modo dimostrato che la WKStA avesse raccolto prove diverse dall’interrogatorio di due cittadini austriaci sospettati che erano indagati insieme all’Imputato 5 o che avesse sentito una o più delle quasi 90 persone citate dal KNF nella sua richiesta di rinvio a giudizio al fine di interrogarle o raccogliere prove. Inoltre, l’Imputato 5 non era stato interrogato nella qualità di indagato. Il Fővárosi Ítélőtábla (Corte d’appello regionale di Budapest) ha quindi rinviato il procedimento al Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest – Capitale) per una nuova valutazione.

17.      In tale contesto, nutrendo dubbi riguardo alla corretta interpretazione delle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione, il Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest – Capitale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il principio del ne bis in idem, sancito dall’articolo 50 della [Carta] e dall’articolo 54 della [CAAS], osti allo svolgimento di un procedimento penale avviato in uno Stato membro nei confronti della stessa persona e per i medesimi fatti in relazione ai quali si è già svolto un procedimento penale in un altro Stato membro e che è stato definitivamente concluso con decisione del Pubblico Ministero che ha disposto l’archiviazione dell’indagine penale.

2)      Se sia compatibile con il principio del ne bis in idem, sancito dall’articolo 50 della [Carta] e dall’articolo 54 della [CAAS], e impedisca definitivamente l’apertura di un nuovo procedimento penale in uno Stato membro nei confronti della stessa persona e per i medesimi fatti la circostanza che, anche qualora – in presenza di una decisione del Pubblico Ministero che dispone l’archiviazione del procedimento penale (indagine) in uno Stato membro – sia comunque possibile riaprire l’indagine penale fino alla prescrizione del reato, la Procura non abbia ritenuto giustificato procedere d’ufficio a tale riapertura.

3)      Se sia compatibile con il principio del ne bis in idem, sancito dall’articolo 50 della [Carta] e dall’articolo 54 della [CAAS] e possa ritenersi sufficientemente approfondita ed esaustiva un’indagine penale archiviata nei confronti di un imputato che non è stato interrogato in qualità di indagato riguardo a un reato relativo ai suoi coimputati, anche qualora siano state effettuate attività d’indagine nei confronti di tale persona in qualità di imputato e l’archiviazione dell’indagine penale sia stata basata su elementi di indagine forniti a seguito di una richiesta di cooperazione giudiziaria, nonché su dati relativi a conti bancari e sull’interrogatorio dei coimputati in qualità di indagati».

18.      Hanno presentato osservazioni scritte nel procedimento de quo il KNF, l’Imputato 5, i governi ungherese, austriaco e svizzero e la Commissione europea. Tali parti hanno anche dato riscontro ai quesiti per risposta scritta trasmessi dalla Corte a titolo di misura di organizzazione del procedimento, con i quali è stato chiesto loro quali criteri debbano essere applicati dal giudice nazionale per stabilire se sia rispettato il requisito di un’«indagine approfondita», nel senso indicato dalla sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski (4).

19.      Conformemente alla richiesta della Corte, le presenti conclusioni verteranno unicamente sulla terza questione pregiudiziale.

IV.    Analisi

20.      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede dei chiarimenti riguardo all’elemento del «bis» nel principio del ne bis in idem: la duplicazione dei procedimenti.

21.      Il giudice del rinvio chiede essenzialmente alla Corte se una decisione di un pubblico ministero di archiviare un procedimento in relazione a un imputato che non era stato interrogato durante la fase delle indagini, ma rispetto al quale erano state disposte misure di indagine, e in relazione al quale erano state raccolte informazioni grazie alla collaborazione con le autorità di altri Stati membri, all’esame di un conto bancario e all’interrogatorio di due coimputati, debba considerarsi basata su un’indagine approfondita e, di conseguenza, comporti l’applicazione all’imputato del principio del ne bis in idem ai sensi dell’articolo 50 della Carta e dell’articolo 54 della CAAS.

22.      Non sono certo che la Corte possa e debba rispondere a un quesito formulato in questi termini. Invero, il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di compiere una valutazione giuridica che corrisponde, di fatto, a un’applicazione delle relative disposizioni del diritto dell’Unione alle specifiche circostanze del caso. Non è tuttavia questo il compito della Corte nell’ambito dei procedimenti ai sensi dell’articolo 267 TFUE.

23.      In un procedimento preliminare, il compito della Corte è di fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che gli consentiranno di dirimere la controversia di cui è investito. (5) Ciò significa che, in un caso come quello in esame, la Corte deve chiarire in quali casi è applicabile il principio del ne bis in idem sancito dall’articolo 50 della Carta e dall’articolo 54 della CAAS, permettendo in tal modo al giudice del rinvio di valutare autonomamente se la decisione del pubblico ministero di archiviare un’indagine senza adottare ulteriori provvedimenti possa far scattare l’applicazione di tale principio o meno (6)..

24.      Per contro, il giudice del rinvio ha il compito, tra l’altro, di interpretare il diritto nazionale, esaminare gli atti depositati nel fascicolo di causa, se necessario rivolgere domande alle parti (pubblico ministero e/o imputato) in merito al peso e alla rilevanza degli specifici atti d’indagine e, alla luce di quanto sopra, applicare le pertinenti disposizioni del diritto (dell’Unione e nazionale) al caso di specie.

25.      Ritengo dunque, alla luce delle considerazioni di cui sopra, che la terza questione debba essere riformulata in modo tale che essa sia intesa a determinare a quali condizioni la decisione di archiviazione da parte di un pubblico ministero sia basata su un’«indagine approfondita» – secondo il significato attribuito a tale espressione dalla giurisprudenza della Corte – e, di conseguenza, garantisca a tale persona la tutela del principio del ne bis in idem, in conformità con l’articolo 50 della Carta e l’articolo 54 della CAAS.

26.      Tale quesito solleva una questione che ho affrontato di recente nelle mie conclusioni nella causa Parchetul de pe lângă Curtea de Apel Craiova (7). In queste conclusioni farò quindi riferimento ai relativi passaggi delle mie conclusioni nella causa Parchetul tenendo conto, al contempo, delle peculiarità del caso attualmente pendente innanzi al giudice del rinvio nonché delle argomentazioni formulate dalle parti che hanno presentato osservazioni nel presente procedimento.

A.      La condizione del «bis» che richiede la valutazione nel merito della causa (8)

27.      L’articolo 50 della Carta prevede che nessuno può essere perseguito e sanzionato penalmente quando «è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva». A sua volta, l’articolo 54 della CAAS garantisce la protezione del principio del ne bis in idem a ogni persona «che sia stata giudicata con sentenza definitiva». A tale riguardo, la giurisprudenza della Corte ha chiarito che, affinché si possa ritenere che una decisione abbia statuito in via definitiva sui fatti sottoposti a un secondo procedimento, «è necessario non solo che tale decisione sia divenuta definitiva, ma anche che essa sia stata pronunciata previa una valutazione nel merito della causa» (9).

28.      Pertanto, vi sono due aspetti della decisione in questione che devono essere esaminati al fine di stabilire se un procedimento successivo dia luogo a una duplicazione di giudizi vietata dal principio del ne bis in idem: uno riguarda la natura definitiva della pronuncia (il suo carattere «definitivo»), l’altro il suo contenuto (se essa contenga o meno una valutazione nel «merito della causa»). La terza questione a cui si fa riferimento nel caso di specie riguarda il secondo aspetto.

29.      Per far scattare l’applicazione del principio del ne bis in idem, occorre che una decisione giudiziaria sia stata adottata previa valutazione nel merito della causa; ciò discende – come precisato dalla Corte – dalla stessa formulazione dell’articolo 50 della Carta, in quanto i termini «condannato» e «assolto» riportati in tale disposizione implicano necessariamente che la responsabilità penale dell’imputato sia stata esaminata e che sia stata adottata una decisione al riguardo (10).

30.      La Corte ha inoltre avuto occasione di chiarire che una pronuncia delle autorità giudiziarie di uno Stato membro con cui un imputato è stato assolto in via definitiva per inadeguatezza o mancanza di prove deve considerarsi basata, in via di principio, su una valutazione nel merito della causa. (11)

31.      Nello stesso ordine di idee, ritengo che una valutazione nel merito includa il caso di chiusura del procedimento con decisione di non luogo a procedere a causa della circostanza che, nonostante l’accertamento degli elementi di fatto del reato, vi erano ragioni tali da esentare da responsabilità il presunto autore (per esempio, legittima difesa, stato di necessità o forza maggiore) oppure da renderlo non imputabile (per esempio, la persona era minorenne o era affetta da un grave vizio di mente). (12)

32.      Per contro, la Corte ha anche precisato che non possono essere considerate «definitive», ai fini del principio del ne bis in idem, le decisioni con le quali una persona sia assolta, sia disposto il non luogo a procedere o il procedimento sia archiviato per meri motivi di ordine procedurale o che, in ogni caso, non implichino alcuna valutazione della responsabilità penale dell’interessato (13). Tale è generalmente il caso, a mio avviso, di procedimenti la cui conclusione è determinata, ad esempio, da un’amnistia, da un’immunità, da un’abolitio criminis o dall’intervenuta prescrizione dell’azione penale (14).

33.      In tale contesto, è opportuno sottolineare che, secondo la giurisprudenza, il requisito che la decisione contenga una valutazione nel merito della causa – vale a dire, della responsabilità penale dell’indagato – non può essere accertato sulla base di ragioni puramente formali.

34.      Naturalmente, quando una decisione di archiviazione di un procedimento è espressamente fondata su ragioni di ordine procedurale, non vi è alcun bisogno di compiere ulteriori verifiche: la decisione è intrinsecamente inidonea a far scattare l’applicazione del principio del ne bis in idem. Tuttavia, qualora una decisione sia fondata sull’insufficienza o la mancanza di prove, è necessario un ulteriore passaggio. In effetti, come sostenuto dalla Corte nella sentenza Kossowski, (15) richiamata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo («Corte EDU») nella sentenza Mihalache, (16) una reale valutazione nel merito della causa implica necessariamente un’indagine approfondita. Pertanto, occorre stabilire se tale indagine approfondita sia stata compiuta o meno.

35.      Tali statuizioni – con le quali sono completamente d’accordo – richiedono alcune spiegazioni.

1.      La necessità di verificare lesistenza di unindagine approfondita

36.      Sia la giurisprudenza della Corte di giustizia sia quella della Corte EDU hanno esteso la portata della protezione del principio del ne bis in idem al di là dell’ambito delle decisioni giudiziarie in senso stretto. Entrambe le Corti hanno dichiarato che le decisioni di altre autorità pubbliche, che partecipano all’amministrazione della giustizia penale a livello nazionale e a cui la normativa nazionale conferisce il potere di accertare e sanzionare le condotte illegali, come ad esempio i pubblici ministeri, possono essere anch’esse considerate «definitive» ai fini del principio del ne bis in idem. Ciò vale anche qualora nessun giudice sia coinvolto nel processo e la decisione in questione non assuma la forma di una pronuncia giudiziaria (17).

37.      Tale estensione rappresenta un miglioramento significativo della protezione dei diritti delle persone nell’ambito del diritto e della procedura penale. È tuttavia quasi superfluo sottolineare che la decisione di archiviazione di un procedimento adottata da un pubblico ministero nel corso delle indagini non può esser equiparata automaticamente a una decisione di assoluzione di una persona pronunciata da un giudice all’esito di un regolare processo, in cui le prove sono state presentate davanti al giudice (o alla giuria), discusse dalle parti e, infine, valutate dal giudice (o dalla giuria).

38.      È ben noto che i sistemi penali degli Stati membri contengono una pluralità di norme e principi che disciplinano, da un lato, le condizioni alle quali i pubblici ministeri possono o devono svolgere indagini sui presunti reati e, se del caso, esercitare l’azione penale nei confronti dei presunti autori degli stessi e, dall’altro, i motivi sulla base dei quali il procedimento penale può essere archiviato. Per esempio, in una serie di Stati membri, ragioni relative alla mancanza di pubblico interesse, alla sufficiente gravità del reato o alla denuncia della vittima, alle precedenti condotte dell’imputato o persino a ristrettezze di bilancio costituiscono validi motivi per l’archiviazione delle indagini da parte di un pubblico ministero. (18)

39.      Inoltre, a prescindere dalla questione se, nel sistema penale di uno Stato membro, l’azione penale sia, in via di principio, obbligatoria o discrezionale, è inevitabile che considerazioni di opportunità, economia e politica giudiziaria (quali, per esempio, il carico di lavoro attuale, le priorità di pubblica sicurezza e i costi in termini finanziari e di risorse umane delle attività di indagine) possono influire sulle decisioni dei pubblici ministeri di indagare, in maniera più o meno proattiva, su un presunto reato o, viceversa, di archiviare il procedimento. Sarebbe irrealistico pensare che ogni pubblico ministero dell’Unione europea decida la sorte delle indagini e dei procedimenti ad esso assegnato esclusivamente in base alla sua personale convinzione della colpevolezza del presunto autore del reato e della sua capacità di dimostrarla in giudizio.

40.      Mi sembra che considerazioni di questo genere possano avere un peso persino maggiore quando i pubblici ministeri si trovano di fronte a reati transnazionali, che avvengono e/o interessano due o più Stati membri e sono commessi da persone che approfittano del diritto ad esse conferito dal diritto dell’Unione di muoversi liberamente attraverso i confini nazionali. In tali ipotesi, è evidente come certi pubblici ministeri possano trovarsi in posizione migliore rispetto ad altri per portare a termine le indagini con successo e, se del caso, esercitare l’azione penale nei confronti dei presunti autori del reato. È altrettanto evidente che l’effettivo coordinamento di più pubblici ministeri, che si trovino in Stati membri diversi, eventualmente a migliaia di chilometri di distanza, ciascuno dei quali lavori nella propria lingua e potenzialmente ignori l’esistenza di procedimenti paralleli, non può essere dato per scontato – nonostante l’esistenza di specifici strumenti al riguardo (19).

41.      Pertanto, in un sistema fondato sulla fiducia reciproca che si applica a livello transnazionale, ritengo assolutamente cruciale che il principio del ne bis in idem sia applicabile solo se la decisione di un pubblico ministero di archiviare un procedimento sia fondata sulla valutazione nel merito della causa, all’esito di un’indagine approfondita e quale emerge da un’analisi accurata di un complesso di prove sufficientemente esaustivo.

42.      Invero, quando la responsabilità penale dell’indagato è stata esclusa a causa dell’inadeguatezza o della frammentarietà del complesso di prove, si può tranquillamente ritenere che la decisione del pubblico ministero si sia fondata, in misura rilevante, su ragioni di opportunità, economia o politica giudiziaria.

43.      Naturalmente, il fatto che un pubblico ministero abbia compiuto una valutazione accurata di un complesso di prove sufficientemente esauriente non significa che, all’atto di adottare la decisione di archiviazione del procedimento, tutti i dubbi relativi alla responsabilità penale dell’indagato debbano necessariamente essere stati fugati. In effetti, un pubblico ministero potrebbe dover trarre le necessarie conseguenze dal fatto che, a prescindere dalla sua personale opinione sulla colpevolezza della persona in questione, un’indagine approfondita non abbia fornito un complesso di prove tale da poter portare con probabilità a una condanna.

44.      Tuttavia, nella misura in cui le indagini siano state ragionevolmente esaustive e meticolose, la decisione di archiviazione del procedimento può essere equiparata, di fatto, a un’assoluzione. Come rilevato al paragrafo 30 supra, la Corte ha riconosciuto che le decisioni basate sull’inadeguatezza o la mancanza di prove debbano essere considerate, in linea di principio, basate su una valutazione nel merito della causa. A mio parere, questa è la logica conseguenza, inter alia, del principio della presunzione d’innocenza. (20)

45.      Dalle precedenti considerazioni sorge la questione di come si debba stabilire se una decisione come quella di cui trattasi sia fondata su un’indagine approfondita

2.      Esame della decisione di archiviazione del procedimento

46.       La questione se la decisione di un pubblico ministero di archiviare il procedimento sia fondata su un’indagine approfondita dovrebbe essere risolta principalmente sulla base delle motivazioni esposte nel testo della decisione stessa (21) (lette, laddove necessario, unitamente ai documenti ivi menzionati e/o allegati (22)). È proprio questo il documento che illustra le ragioni dell’archiviazione e gli elementi di prova a tal fine considerati.

47.      Per esempio, come statuito dalla Corte nella sentenza Kossowski, il fatto che, in un caso concreto, né la vittima, né un eventuale testimone siano stati ascoltati nel corso delle indagini può essere considerato un indizio del fatto che non erano state svolte indagini approfondite (23). Per contro, come dichiarato dalla Corte EDU nella sentenza Mihalache, qualora un’indagine penale sia stata avviata dopo la presentazione di una denuncia nei confronti della persona interessata, dopo aver ascoltato la vittima, dopo che le prove siano state raccolte e esaminate dall’autorità competente e sia stata emessa una decisione motivata sulla base di tali prove, è probabile che tali fattori portino alla conclusione che vi è stata una valutazione nel merito della causa (24).

48.      Deve quindi essere effettuato un esame caso per caso, principalmente alla luce del contenuto concreto della decisione di archiviazione di un procedimento (25). Qualora tale decisione abbia dei passaggi oscuri, nulla impedisce alle autorità del secondo Stato membro di avvalersi degli strumenti di cooperazione previsti nell’ordinamento giuridico dell’Unione (26) per ottenere dalle autorità del primo Stato membro i chiarimenti necessari (27).

49.      Tuttavia, per ragioni di certezza e prevedibilità del diritto, è di cruciale importanza che gli elementi principali che consentono di comprendere le ragioni per cui è stata decisa l’archiviazione del procedimento siano inclusi nel corpo della decisione (quale integrata dai documenti menzionati e/o allegati alla stessa, a seconda dei casi). Invero, il presunto autore del reato deve poter verificare se, alla luce delle pertinenti normative nazionali e dell’Unione, sia probabile che la decisione in questione faccia scattare l’applicazione del principio del ne bis in idem (28). Di conseguenza, scambi di informazioni ex post possono essere utili per chiarire la portata e il significato della decisione o per integrare l’esposizione delle motivazioni, ma non possono alterarne in modo sostanziale il contenuto.

50.      In questa fase, può essere utile sottolineare un punto importante. La verifica di cui sopra non può essere interpretata in senso tale che essa consente alle autorità penali che operano nell’ambito di un secondo procedimento, in sostanza, di sindacare la correttezza delle decisioni adottate nel primo procedimento. Ciò sarebbe in contrasto con il principio di fiducia reciproca, principio che è alla base delle norme del diritto dell’Unione in materia di libertà, sicurezza e giustizia, e priverebbe il principio del ne bis in idem di gran parte della sua effettività (29).

51.      Le autorità che operano nell’ambito di un secondo procedimento sono autorizzate unicamente a verificare la natura (sostanziale e/o processuale) dei motivi per i quali il primo pubblico ministero ha deciso di archiviare il procedimento. A tal fine, dette autorità dovrebbero essere autorizzate a verificare che il pubblico ministero abbia provveduto in tal senso dopo aver esaminato un esauriente complesso di prove, e senza omettere di acquisire – perché ritenuto impossibile, troppo difficile o semplicemente superfluo – prove aggiuntive che potessero essere particolarmente rilevanti ai fini dell’esame.

52.      Per il resto, le valutazioni contenute nella decisione di archiviazione del procedimento adottata dal primo pubblico ministero (per esempio, il valore probatorio delle prove esaminate) dovrebbero essere accettate tali e quali. Le autorità che operano nell’ambito di un secondo procedimento non possono compiere una nuova valutazione delle prove già esaminate dal primo pubblico ministero (30). La fiducia reciproca nel funzionamento dei sistemi penali degli Stati membri impone alle autorità penali nazionali di rispettare le valutazioni compiute delle altre autorità nazionali, a prescindere dal «verdetto» da esse raggiunto (31).

53.      A tale proposito, potrebbe forse essere utile un ulteriore chiarimento. La necessità di verificare se una decisione di archiviazione del procedimento sia stata preceduta da una valutazione nel merito della causa, sulla base di un’indagine approfondita, è un requisito che riguarda, chiaramente, le «mere» decisioni di archiviazione, vale a dire quelle con cui il procedimento è chiuso e l’indagato – metaforicamente parlando – «la fa franca».

54.      In effetti, nell’ambito degli ordinamenti giuridici di tutti gli Stati membri, vi sono diversi meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie che possono condurre all’archiviazione del procedimento penale quale contropartita dell’accettazione, da parte del presunto autore del reato, dell’applicazione di una sanzione amministrativa (più) lieve o di una sanzione penale alternativa. È di tutta evidenza che, di regola, questo tipo di decisioni di archiviazione del procedimento dovrebbero essere considerate, ai fini del principio del ne bis in idem, come equivalenti a una condanna. Ciò vale a prescindere dal fatto che esse comportino o meno una valutazione formale sulla responsabilità del presunto autore del reato. Poiché la giurisprudenza in materia è relativamente chiara, ritengo che non sia necessario approfondire ulteriormente questo aspetto (32).

B.      Ratio e scopo del principio del ne bis in idem (33)

55.      A mio avviso, l’interpretazione di cui sopra del principio del ne bis in idem è quella maggiormente coerente con la sua ratio e il suo scopo. A tale riguardo, vorrei ricordare che tale principio è un istituto giuridico molto antico, di cui è stata trovata traccia, tra l’altro, nel Codice di Hammurabi, nelle opere di Demostene, nel Digesto di Giustiniano così come in numerose norme del diritto canonico medievale. (34) Nell’(attuale) Unione europea – pur in assenza di disposizioni in tal senso – tale principio è stato enunciato sin dalla metà degli anni ’60 e considerato legato all’idea di giustizia naturale (35).

56.      Apparentemente, sebbene la portata e il significato preciso del principio del ne bis in idem siano in qualche modo mutati nei secoli, la concezione della sua duplice ratio è rimasta relativamente coerente: equità e certezza del diritto. (36)

57.      Da un lato, è generalmente considerato iniquo e arbitrario che lo Stato, «con tutte le sue risorse e i suoi poteri, [proceda a] ripetuti tentativi di condannare una persona per un presunto reato, esponendola in tal modo a imbarazzo, spese e sofferenze e costringendola a vivere in un costante stato di ansia e insicurezza» (37). Il principio del ne bis in idem mira pertanto, anzitutto, a evitare una situazione in cui una persona è messa «a repentaglio» più di una volta (38).

58.      Dall’altro, il principio del ne bis in idem è anche indissolubilmente collegato al principio dell’autorità di cosa giudicata: l’idea che, per garantire sia la stabilità del diritto e dei rapporti giuridici sia la buona amministrazione della giustizia, le pronunce giurisdizionali che sono divenute definitive non dovrebbero più essere messe in discussione (39).

59.      Nell’ordinamento giuridico dell’Unione europea, la salvaguardia del principio del ne bis in idem sottende una terza ratio: garantire la libera circolazione delle persone all’interno dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. La Corte ha sottolineato, con riferimento all’articolo 54 della CAAS, che una persona che sia già stata giudicata con sentenza definitiva deve poter di circolare liberamente, senza dover temere di essere sottoposta a un nuovo procedimento penale per i medesimi fatti in un altro Stato membro (40).

60.      Di conseguenza, tali obiettivi depongono a sfavore di un’interpretazione eccessivamente restrittiva del principio del ne bis in idem. Al contempo, tuttavia, un’applicazione eccessivamente ampia del principio sarebbe in conflitto con altri interessi pubblici che meritano protezione.

61.      Mi riferisco, in particolare, all’interesse generale della società di perseguire efficacemente gli autori dei reati (41) e allo specifico interesse delle vittime non solo di essere risarcite dall’autore del reato, ma anche di vedere che «giustizia è fatta». (42) Dopo tutto, la stessa espressione «spazio di libertà, sicurezza e giustizia» implica che la libertà non può andare a discapito della sicurezza e della giustizia. Quest’ultimo concetto deve essere inteso, senza dubbio, come giustizia per tutti: i presunti autori del reato così come le presunte vittime. È per questo motivo che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TUE, all’interno di tale spazio deve essere garantita la libertà di circolazione delle persone insieme a idonee misure volte a garantire, tra l’altro, la prevenzione e la lotta alla criminalità (43).

62.      A tale riguardo, non si può ignorare il fatto che un approccio superficiale all’applicazione del principio del ne bis in idem potrebbe portare ad abusi e manipolazioni da parte degli autori dei reati, che potrebbero fare ricorso – come correttamente sottolineato dal governo ungherese – al «forum shopping» per assicurarsi l’impunità. Infatti, quando su un reato indagano contemporaneamente diversi pubblici ministeri, sussiste un rischio concreto che la Procura che si trova nella posizione peggiore (o quella maggiormente sotto organico o con un eccessivo carico di lavoro) possa di fatto impedire che sia compiuta un’indagine seria su tale reato, in quanto una decisione di archiviazione del procedimento emessa da tale Procura potrebbe rendere inutile l’azione da parte di un’altra Procura.

63.      Inoltre, su questo lato della bilancia vi è anche un interesse legato all’Unione europea che merita seria considerazione: la fiducia reciproca. Da una giurisprudenza costante emerge che la fiducia reciproca può essere mantenuta e rafforzata solo se le autorità di uno Stato membro siano in grado di accertarsi che, in un altro Stato membro, è stata compiuta una corretta valutazione della responsabilità penale del presunto autore del reato. (44) In mancanza di una tale valutazione, non vi è semplicemente alcuna ragione che consenta alla fiducia reciproca di operare. Come potrebbe un giudice nazionale rimettersi alla o fare affidamento sulla valutazione di un altro giudice in merito alla responsabilità penale di una persona che, di fatto, non sia stata compiuta in modo esaustivo?

64.      È dunque della massima importanza che, quando si interpreta l’articolo 50 della Carta e l’articolo 54 della CAAS, sia raggiunto il giusto equilibrio tra tali interessi. In particolare, la protezione effettiva dei diritti delle persone deve essere conciliata con i legittimi interessi degli Stati membri a evitare l’impunità dei criminali (45). Si tratta dell’idea centrale che mi ha guidato in queste conclusioni (così come nelle mie conclusioni precedenti) quando, dopo aver esaminato e riflettuto sulla giurisprudenza, ho cercato di proporre alla Corte quello che ritengo sia un approccio «equilibrato» all’interpretazione del principio del ne bis in idem.

65.      In particolare, non vedo come una persona la cui responsabilità per un presunto reato sia stata esaminata, durante un primo procedimento, solo in fase di indagini e sulla base di un complesso di prove inadeguato e frammentario, possa validamente sostenere che un procedimento successivo in cui il suo coinvolgimento sia valutato sulla base di un complesso di prove solido ed esaustivo possa metterla due volte «a repentaglio» e/o sia in contrasto con il principio dell’autorità di cosa giudicata.

C.      Il caso di specie

66.      Come ho sottolineato ai paragrafi 23 e 24 supra, spetta al giudice del rinvio, in linea di principio, valutare se le condizioni di cui sopra siano soddisfatte o meno nel caso portato alla sua cognizione. Ciononostante, per meglio aiutare tale giudice, esporrò ora alcune brevi considerazioni sulla possibile applicazione del principio del ne bis in idem al procedimento principale.

67.      In concreto, l’aspetto cruciale sollevato con la terza questione di rinvio è se dagli atti d’indagine che sono indicati come compiuti (raccolta di informazioni attraverso la cooperazione con le autorità di altri Stati membri, esame di un conto bancario e interrogatorio di due coimputati) e non compiuti (interrogatorio della persona in questione) risulti che il pubblico ministero austriaco ha effettivamente compiuto un’indagine sufficientemente approfondita.

68.      Dubito molto che la Corte possa dare una risposta secca, «sì o no», a tale domanda. In effetti, un mero elenco dei provvedimenti di indagine compiuti o meno ci dice poco o niente circa la completezza ed esaustività delle indagini effettuate dal pubblico ministero in questione. La Corte non è a conoscenza, in particolare, (i) della complessità dei fatti in questione, (ii) di ciò che indicano le prove raccolte e (iii) di quali prove aggiuntive avrebbero potuto essere raccolte.

69.      La valutazione del carattere approfondito, o meno, di un’indagine, come si è detto al paragrafo 48 supra, costituisce necessariamente una valutazione caso per caso che dipende da tutte le circostanze pertinenti. Non esiste una checklist delle possibili misure di indagine che permetta alle autorità di sapere, semplicemente contrassegnando o meno delle caselle, se una certa indagine sia stata adeguata o meno. Non solo gli Stati membri hanno, come si è detto sopra, norme di legge diverse a tale riguardo, ma – cosa più importante – ogni caso è diverso dagli altri.

70.      Alcuni casi possono richiedere numerosi atti d’indagine, altri molti meno. In certi casi, il quadro probatorio potrebbe essere poco convincente nonostante si articoli in vari elementi di prova, mentre in altri la raccolta di alcuni elementi di prova chiave potrebbe bastare per comprendere con sufficiente chiarezza se l’imputato è penalmente responsabile.

71.      Inoltre, il carattere approfondito di un’indagine non è dato esclusivamente dal numero degli atti d’indagine compiuti, ma anche – come sottolineato dal governo ungherese – dall’attenzione con cui sono stati esaminati i risultati dell’indagine.

72.      Pertanto, invito la Corte a lasciare la valutazione finale su tali punti al giudice del rinvio. Ciò posto, aggiungerei solo due osservazioni finali.

73.      Per prima cosa, è del tutto possibile che la varietà e la natura degli atti d’indagine compiuti dal pubblico ministero austriaco possano considerarsi indicative del fatto che – come sostenuto dal governo austriaco – il pubblico ministero ha effettivamente compiuto un’indagine approfondita. D’altra parte, non sono affatto d’accordo con tale governo quando sostiene che solo in circostanze assolutamente straordinarie o peculiari è possibile ritenere che un’indagine sia insufficiente e pertanto inidonea a far scattare l’applicazione del principio del ne bis in idem. Ritengo che non possa sussistere alcuna presunzione al riguardo. Dai dati di dominio pubblico emerge come un numero significativo di archiviazioni per inadeguatezza o mancanza di prove di indagini penali condotte negli Stati membri si fondi anche su ragioni di opportunità, economia e politica giudiziaria.

74.      Inoltre, mi risulta che il pubblico ministero austriaco ha deciso di archiviare l’indagine e di non chiedere il rinvio a giudizio anche per il fatto che per le indagini relative al reato di cui l’Imputato 5 era accusato era intervenuta la prescrizione in Austria. Come ho già spiegato al paragrafo 32 delle presenti conclusioni, le decisioni di archiviazione per intervenuta prescrizione non implicano, di solito, alcuna valutazione della responsabilità penale dell’interessato e, pertanto, devono essere considerate come intrinsecamente inidonee a far scattare l’applicazione del principio del ne bis in idem. È questo un elemento che, a mio parere, il giudice del rinvio potrebbe dover tenere in considerazione.

75.      In secondo luogo, concordo con il governo svizzero quando afferma che il mero fatto che l’imputato non abbia potuto essere interrogato non indica, di per sé, che l’indagine non fosse sufficientemente approfondita. Non vedo alcuna ragione che possa giustificare il fatto di ritenere che l’interrogatorio dell’imputato sia una condicio sine qua non affinché un’indagine sia considerata adeguatamente completa ed esaustiva.

76.      Pertanto, a meno che le autorità ungheresi non abbiano specifici motivi per affermare che un interrogatorio avrebbe potuto probabilmente fornire elementi di rilevanza significativa per la valutazione della responsabilità penale dell’imputato – con ciò intendo elementi che, se tenuti in considerazione, avrebbero potuto far pendere la bilancia a favore del rinvio a giudizio di tale persona – l’impossibilità di compiere tale interrogatorio non può essere considerata, di per sé, come una ragione sufficiente per ritenere inadeguata l’indagine. A tale riguardo, desidero sottolineare che, poiché la fase del procedimento penale in questione è quella delle indagini, il criterio da applicare quando si valuta uno scenario ipotetico non può essere quello della certezza o della quasi certezza ma necessariamente quello del bilanciamento delle probabilità.

77.      D’altro lato, comunque, il pubblico ministero può sempre trarre conclusioni dal fatto che un imputato possa avere volontariamente eluso la possibilità di essere sentito, per esempio rendendosi irreperibile alle autorità di polizia.

78.      Alla luce delle considerazioni di cui sopra, sono del parere che il concetto di «indagini approfondite», secondo il significato attribuito a tale espressione dalla giurisprudenza della Corte con riferimento al principio del ne bis in idem, debba essere inteso come un’indagine in cui il pubblico ministero ha disposto l’archiviazione dopo aver compiuto una valutazione esauriente di un complesso di prove sufficientemente esaustivo. Per verificare se ciò sia avvenuto nel caso di specie, le autorità del secondo Stato membro devono considerare, in particolare, se (i) la decisione di archiviazione si sia basata, in misura rilevante, su ragioni di opportunità, economia e politica giudiziaria e se (ii) il pubblico ministero del primo Stato membro abbia omesso di raccogliere – perché ritenuto impossibile, troppo difficile o semplicemente superfluo – prove aggiuntive che potessero essere particolarmente rilevanti ai fini della valutazione della responsabilità penale dell’imputato.

V.      Conclusione

79.      In conclusione, propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale del Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest – Capitale, Ungheria) come segue:

L’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e l’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese, relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, devono essere interpretati nel senso che la decisione di un pubblico ministero di archiviare il procedimento relativo a un imputato si basa su un’«indagine approfondita» e, di conseguenza, conferisce all’imputato la protezione del principio del ne bis in idem qualora il pubblico ministero abbia preso la sua decisione dopo una valutazione esauriente di un complesso di prove sufficientemente esaustivo. Per verificare se ciò sia avvenuto nel caso di specie, le autorità del secondo Stato membro devono considerare, in particolare, se (i) la decisione di archiviazione del procedimento si sia basata, in misura rilevante, su ragioni di opportunità, economia e politica giudiziaria e se (ii) il pubblico ministero del primo Stato membro abbia omesso di raccogliere – perché ritenuto impossibile, troppo difficile o semplicemente superfluo – prove aggiuntive che potessero essere particolarmente rilevanti ai fini della valutazione della responsabilità penale dell’imputato.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      GU 2000, L 239, pag. 19.


3      V. infra, paragrafo 34 delle presenti conclusioni.


4      C‑486/14, EU:C:2016:483 (in prosieguo: la «sentenza Kossowski»).


5      V., in tal senso, sentenza del 14 luglio 2022, Volkswagen (C‑134/20, EU:C:2022:571, punto 33).


6      V., per analogia, conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer in Gözütok e Brügge (C‑187/01 e C‑385/01, EU:C:2002:516, paragrafi 36 e 37).


7      C‑58/22, EU:C:2023:464 (in prosieguo: le «mie conclusioni nella causa Parchetul»).


8      La presente sezione (A) delle conclusioni riproduce nel complesso i paragrafi 48, 49 e da 59 a 84 delle mie conclusioni nella causa Parchetul.


9      V., ad esempio, sentenza del 23 marzo 2023, Dual Prod (C‑412/21, EU:C:2023:234, punto 55 e giurisprudenza ivi citata).


10      V., in tal senso, sentenza del 16 dicembre 2021, AB e a. (Revoca di un’amnistia) (C‑203/20, EU:C:2021:1016, punti 56 e 57 e giurisprudenza ivi citata; «sentenza AB e a.»). Si noti inoltre che l’articolo 4 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali fa riferimento al fatto di essere «assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva».


11      V., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2014, M (C‑398/12, EU:C:2014:1057, punti 28 e 29 e giurisprudenza ivi citata).


12      Conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer in van Straaten (C‑150/05, EU:C:2006:381, paragrafo 65).


13      V., inter alia, sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a. c. Commissione (C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti da 54 a 69); del 10 marzo 2005, Miraglia (C‑469/03, EU:C:2005:156, punti da 31 a 34); del 22 dicembre 2008, Turanský (C‑491/07, EU:C:2008:768, punti da 40 a 45); nonché sentenza AB e a., punto 61. V. anche Corte EDU, 15 marzo 2005, Horciag c. Romania (CE:ECHR:2005:0315DEC007098201).


14      Per quanto riguarda i procedimenti rispetto ai quali è intervenuta la prescrizione, devo riconoscere che la sentenza del 28 settembre 2006, Gasparini e a. (C‑467/04, EU:C:2006:610, punti da 22 a 33) pare giungere a una diversa conclusione. Tuttavia, sono del parere che, al riguardo, la sentenza del caso Gasparini e a. non può essere assimilata alla successiva giurisprudenza della Corte sulle assoluzioni per ragioni procedurali. In effetti, i procedimenti che si chiudono con la prescrizione non implicano di solito una valutazione della responsabilità penale della persona. Inoltre, e comunque, tale passaggio della sentenza Gasparini e a. è stato, a mio parere, implicitamente superato dalla sentenza dell’8 settembre 2015, Taricco e a. (C‑105/14, EU:C:2015:555) in cui la Corte ha ritenuto che le norme del diritto nazionale sulla prescrizione siano norme processuali. Vorrei aggiungere che tale posizione è coerente con la giurisprudenza della Corte EDU: v., per esempio, la decisione del 5 dicembre 2019, Smoković c. Croazia (CE:ECHR:2019:1112DEC005784912, paragrafi da 43 a 45).


15      V. la sentenza Kossowski, punti 48, 53 e 54.


16      Corte EDU, sentenza dell’8 luglio 2019 Mihalache c. Romania (CE:ECHR:2019:0708JUD005401210, §§ 97 e 98; in prosieguo: «Mihalache»).


17      V., inter alia, le sentenze dell’11 febbraio 2003, nelle cause riunite Gözütok e Brügge (C‑187/01 e C‑385/01, EU:C:2003:87, punti 27, 28 e 31), e del 12 maggio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Avviso rosso dell’Interpol) (C‑505/19, EU:C:2021:376, punto 73 e giurisprudenza ivi citata). Nello stesso senso, Corte EDU, Mihalache, §§ 94 e 95.


18      V., per esempio, le conclusioni concordanti del Giudice Pinto de Albuquerque in Mihalache, §§ 10 e seg.


19      V., in particolare, articolo 57 della CAAS, ai sensi del quale, tra l’altro, «quando una persona è imputata di un reato in una Parte contraente e le autorità competenti di questa Parte contraente hanno motivo di ritenere che l’imputazione riguarda gli stessi fatti per i quali la persona è già stata giudicata in un’altra Parte contraente con sentenza definitiva, tali autorità, qualora lo ritengano necessario, chiederanno le informazioni rilevanti alle autorità competenti della Parte contraente sul cui territorio la sentenza è stata pronunciata». V. anche decisione quadro 2009/948/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali (GU 2009, L 328 pag. 42).


20      Tale principio è sancito, in particolare, dall’articolo 48, paragrafo 1, della Carta.


21      V., in tal senso, la sentenza Kossowski, paragrafo 52.


22      V., più in dettaglio, le mie conclusioni in GR e a. (C‑726/21, EU:C:2023:240, paragrafi da 35 a 53).


23      Sentenza Kossowski, punto 53.


24      Mihalache, § 98.


25      Ibidem, § 97.


26      Per esempio, l’articolo 57 della CAAS e la decisione quadro 2009/948 (v. la nota 18 supra).


27      V., per analogia, sentenza del 16 novembre 2010, Mantello (C‑261/09, EU:C:2010:683, paragrafo 48).


28      V. conclusioni dell’avvocato generale Bobek in bpost (C‑117/20, EU:C:2021:680, paragrafo 119).


29      V., nello stesso senso, conclusioni dell’avvocato generale Bot in Kossowski (C‑486/14, EU:C:2015:812, paragrafi 75 e 76).


30      V., in tal senso, sentenza del 5 giugno 2014, M (C‑398/12, EU:C:2014:1057, punto 30).


31      V., inter alia, sentenza del 28 ottobre 2022, Generalstaatsanwaltschaft München (Estradizione e ne bis in idem) (C‑435/22, EU:C:2022:852, punti 92 e 93 e giurisprudenza ivi citata). V. anche conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer in van Straaten (C‑150/05, EU:C:2006:381, paragrafi 52 e 63).


32      V., in particolare, sentenza dell’11 febbraio 2003, nelle cause riunite Gözütok e Brügge (C‑187/01 e C‑385/01, EU:C:2003:87). V., altresì, conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nelle cause riunite Gözütok e Brügge (EU:C:2002:516, paragrafi 83, 88, 89, 97 e 106), nonché l’opinione concordante del giudice Bošnjak, con l’adesione del giudice Serghides in Mihalache.


33      La presente sezione (B) delle conclusioni riproduce in generale i paragrafi da 108 a 118 delle mie conclusioni nella causa Parchetul.


34      Coffey, G., «A History of the Common Law Double Jeopardy Principle: From Classical Antiquity to Modern Era», Athens Journal of Law, Vol. 8, numero 3, luglio 2022, pagg. da 253 a 278.


35      V. la sentenza del 5 maggio 1966, Gutmann c. Commissione (18/65 e 35/65, EU:C:1966:24) e, con ulteriori richiami alla giurisprudenza precedente, la presa di posizione dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Spasic (C‑129/14 PPU, EU:C:2014:739, paragrafo 43).


36      V. Coffey, G., citato alla nota 34 supra. Nello stesso senso, le conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nelle cause riunite Gözütok e Brügge (C‑187/01 e C‑385/01, EU:C:2002:516, paragrafo 49).


37      Come affermato dalla Corte suprema degli Stati Uniti nella causa Green c. United States (1957) 355 US 184, punto 187. V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Kossowski (C‑486/14, EU:C:2015:812, paragrafo 36).


38      A tale riguardo, v. le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa M (C‑398/12, EU:C:2014:65, paragrafo 48).


39      Per quanto riguarda il concetto di «res iudicata», v., inter alia, la sentenza del 30 sentenza 2003, Köbler (C‑224/01, EU:C:2003:513, punto 38). Per quanto riguarda il rapporto tra i due concetti, v. la sentenza del 22 marzo 2022, Nordzucker e a. (C‑151/20, EU:C:2022:203, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).


40      V. la sentenza del 12 maggio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Avviso rosso dell’Interpol) (C‑505/19, EU:C:2021:376, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).


41      V., al riguardo, le sentenze del 29 aprile 2021, X (Mandato d’arresto europeo - Ne bis in idem) (C‑665/20, EU:C:2021:339, punto 97) e la sentenza AB e a., punto 58.


42      V. le conclusioni dell’avvocato generale Bot in Kossowski (C‑486/14, EU:C:2015:812, paragrafo 80) e le conclusioni dell’avvocato generale Bobek in BV (C‑129/19, EU:C:2020:375, paragrafo 113).


43      V., al riguardo, la sentenza del 10 marzo 2005, Miraglia (C‑469/03, EU:C:2005:156, punto 34).


44      V. sentenza del 12 maggio 2021, Bundesrepublik Deutschland (Avviso rosso dell’Interpol) (C‑505/19, EU:C:2021:376, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).


45      Nello stesso senso, le conclusioni dell’avvocato generale Bobek in Bundesrepublik Deutschland (Avviso rosso dell’Interpol) (C-505/19, EU:C:2020:939, paragrafo 93), e in bpost (C-117/20, EU:C:2021:680, paragrafo 121).