Language of document : ECLI:EU:C:2023:899

ORDINANZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

16 novembre 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte – Risposta chiaramente desumibile dalla giurisprudenza – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Mandato d’arresto europeo – Decisione quadro 2002/584/GAI – Garanzie che lo Stato membro di emissione deve fornire – Articolo 5, punto 3 – Obiettivo di reinserimento sociale – Cittadini di paesi terzi che risiedono nel territorio dello Stato membro di esecuzione – Parità di trattamento – Articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea»

Nella causa C‑636/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte d’appello di Lecce (Italia), con ordinanza del 28 settembre 2022, pervenuta in cancelleria il 12 ottobre 2022, nel procedimento relativo all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di

PY

con l’intervento di:

Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lecce,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da M. Safjan, facente funzione di presidente di sezione, K. Jürimäe (relatrice), presidente della Terza Sezione, e N. Jääskinen, giudice,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, e dell’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), nonché dell’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito dell’esecuzione, in Italia, di un mandato d’arresto europeo emesso il 23 maggio 2022 dal procureur de la République près le tribunal judiciaire de Rennes (procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Rennes, Francia) ai fini dell’esercizio di un’azione penale nei confronti di PY.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Decisione quadro 2002/584

3        Ai sensi dell’articolo 1 della decisione quadro 2002/584:

«1.      Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2.      Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

3.      L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea non può essere modificat[o] per effetto della presente decisione quadro».

4        L’articolo 4 di tale decisione quadro, intitolato «Motivi di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo», prevede quanto segue:

«L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo:

(...)

6)      se il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno;

(...)».

5        Ai sensi dell’articolo 5, punto 3, di detta decisione quadro:

«L’esecuzione del mandato d’arresto europeo da parte dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione può essere subordinata dalla legge dello Stato membro di esecuzione ad una delle seguenti condizioni:

(...)

3)      Se la persona oggetto del mandato d’arresto europeo ai fini di un’azione penale è cittadino o residente dello Stato membro di esecuzione, la consegna può essere subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata nello Stato membro di esecuzione per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro emittente».

 Decisione quadro 2008/909/GAI

6        Il considerando 9 della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea (GU 2008, L 327, pag. 27), così recita:

«L’esecuzione della pena nello Stato di esecuzione dovrebbe aumentare la possibilità di reinserimento sociale dell[a] persona condannata. Nell’accertarsi che l’esecuzione della pena da parte dello Stato di esecuzione abbia lo scopo di favorire il reinserimento sociale della persona condannata, l’autorità competente dello Stato di emissione dovrebbe tenere conto di elementi quali, per esempio, l’attaccamento della persona allo Stato di esecuzione e il fatto che questa consideri tale Stato il luogo in cui mantiene legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici e di altro tipo».

7        Ai sensi dell’articolo 25 di detta decisione quadro, intitolato «Esecuzione delle pene a seguito di un mandato d’arresto europeo»:

«Fatta salva la decisione quadro [2002/584], le disposizioni della presente decisione quadro si applicano, mutatis mutandis, nella misura in cui sono compatibili con le disposizioni di tale decisione quadro, all’esecuzione delle pene nel caso in cui uno Stato membro s’impegni ad eseguire la pena nei casi rientranti nell’articolo 4, [punto] 6, della detta decisione quadro, o qualora, in virtù dell’articolo 5, [punto] 3, della stessa decisione quadro, abbia posto la condizione che la persona sia rinviata per scontare la pena nello Stato membro interessato, in modo da evitare l’impunità della persona in questione».

 Diritto italiano

8        L’articolo 18 bis della legge del 22 aprile 2005, n. 69 – Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GURI n. 98, del 29 aprile 2005), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «legge n. 69/2005»), prevede quanto segue:

«1.      Quando il mandato di arresto europeo è stato emesso al fine dell’esercizio di azioni giudiziarie in materia penale, la corte di appello può rifiutare la consegna nei seguenti casi:

a)      se il mandato di arresto europeo riguarda reati che dalla legge italiana sono considerati reati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio, ovvero reati che sono stati commessi al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione, se la legge italiana non consente l’azione penale per gli stessi reati commessi al di fuori del suo territorio;

b)      se, per lo stesso fatto che è alla base del mandato d’arresto europeo, nei confronti della persona ricercata è in corso un procedimento penale.

2.      Quando il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, la corte di appello può rifiutare la consegna della persona ricercata che sia cittadino italiano o cittadino di altro Stato membro dell’Unione europea legittimamente ed effettivamente residente o dimorante nel territorio italiano da almeno cinque anni, sempre che disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno».

9        L’articolo 19 di tale legge dispone che l’esecuzione del mandato d’arresto europeo da parte dell’autorità giudiziaria italiana, nei casi elencati in detto articolo, è subordinata a talune condizioni. In particolare, tale articolo prevede, al comma 1, lettera b), che, se il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini di un’azione penale nei confronti di cittadino italiano o di cittadino di altro Stato membro dell’Unione europea legittimamente ed effettivamente residente nel territorio italiano da almeno cinque anni, l’esecuzione del mandato è subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata sottoposta al processo, sia rinviata nello Stato italiano per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà personale eventualmente applicate nei suoi confronti nello Stato membro di emissione.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

10      Il 23 maggio 2022 il procureur de la République près le tribunal judiciaire de Rennes (procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Rennes, Francia) ha emesso un mandato d’arresto europeo finalizzato all’esercizio di un’azione penale nei confronti di PY, cittadino afgano, accusato dei reati di ricettazione, riciclaggio e partecipazione a un’organizzazione criminale.

11      La Corte d’appello di Lecce (Italia), giudice del rinvio nella presente causa, investita della domanda di esecuzione di tale mandato d’arresto europeo, ha disposto, con una prima sentenza, la consegna dell’interessato all’autorità giudiziaria emittente.

12      Il 16 settembre 2022 la Corte suprema di cassazione (Italia) ha parzialmente annullato tale sentenza. Detto giudice ha infatti considerato che la Corte d’appello di Lecce avrebbe dovuto verificare, da un lato, se e in che termini PY fosse un soggetto radicato nel territorio e, quindi, se fossero soddisfatte le condizioni di cui all’articolo 19, comma 1, lettera b), della legge n. 69/2005. Dall’altro lato, secondo la Corte suprema di cassazione, il giudice del rinvio avrebbe dovuto accertare se PY fosse cittadino italiano o di un paese terzo e, in quest’ultimo caso, avrebbe dovuto tener conto della domanda di pronuncia pregiudiziale formulata dalla Corte costituzionale (Italia) nella causa che ha poi dato luogo alla sentenza della Corte del 6 giugno 2023, O.G. (Mandato d’arresto europeo nei confronti di un cittadino di un paese terzo) (C‑700/21; in prosieguo: la «sentenza O.G.», EU:C:2023:444).

13      A seguito della decisione del 16 settembre 2022 della Corte suprema di cassazione, il giudice del rinvio, con una seconda sentenza, ha disposto nuovamente la consegna dell’interessato alle autorità francesi, rilevando che non si poneva la questione del radicamento effettivo di PY in Italia. Infatti, secondo la Corte d’appello di Lecce, le condizioni necessarie per l’applicazione degli articoli 18 bis e 19 della legge n. 69/2005 non erano, in ogni caso, soddisfatte, in quanto tale persona non era né un cittadino italiano né un cittadino di un altro Stato membro, bensì un cittadino afgano.

14      Anche questa seconda sentenza è stata annullata dalla Corte di cassazione, la quale ha ritenuto che gli elementi di prova forniti riguardo al radicamento dell’interessato in Italia non fossero stati adeguatamente valutati.

15      Il giudice del rinvio, al quale la causa è stata nuovamente rinviata, ritiene necessario interrogare la Corte sull’interpretazione della decisione quadro 2002/584 e, in particolare, sull’eventuale incompatibilità degli articoli 18 bis e 19 della legge n. 69/2005 con l’articolo 5, punto 3, di tale decisione quadro. Dette disposizioni nazionali non consentirebbero infatti all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, nel caso in cui la persona interessata sia un cittadino di uno Stato terzo residente in Italia, di subordinare la consegna alla condizione che, dopo essere stata ascoltata, tale persona sia rinviata in Italia per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà eventualmente applicate nei suoi confronti dallo Stato membro di emissione.

16      In tale contesto la Corte d’appello di Lecce ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      se l’articolo 5, punto 3, della [decisione quadro 2002/584], interpretato alla luce dell’articolo 1, paragrafo 3, della medesima decisione quadro e dell’articolo 7 della [Carta], osti a una normativa, come quella italiana, che – nel quadro di una procedura di mandato di arresto europeo finalizzato all’esercizio dell’azione penale – precluda in maniera assoluta e automatica alle autorità giudiziarie di esecuzione di rifiutare la consegna di cittadini di paesi terzi che dimorino o risiedano sul suo territorio, indipendentemente dai legami che essi presentano con quest’ultimo;

2)      in caso di risposta affermativa alla prima questione, sulla base di quali criteri e presupposti tali legami debbano essere considerati tanto significativi da imporre all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare la consegna».

17      Inoltre, il giudice del rinvio ha chiesto che il presente rinvio pregiudiziale fosse sottoposto a procedimento accelerato, conformemente all’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte.

 Procedimento dinanzi alla Corte

18      Con decisione del presidente della Corte del 14 novembre 2022, il procedimento è stato sospeso fino alla decisione definitiva nella causa C‑700/21. Dopo la pronuncia, il 6 giugno 2023, della sentenza O.G., il procedimento è stato ripreso in forza della decisione del presidente della Corte del 9 giugno 2023.

19      Per quanto riguarda la domanda del giudice del rinvio diretta ad ottenere che la presente causa fosse sottoposta a procedimento accelerato, occorre constatare che, alla luce della decisione di statuire con ordinanza motivata conformemente all’articolo 99 del regolamento di procedura, non vi è più luogo a statuire su tale domanda (v., per analogia, ordinanza del 16 dicembre 2021, Fedasil, C‑505/21, EU:C:2021:1049, punto 35).

 Sulle questioni pregiudiziali

20      Ai sensi dell’articolo 99 del suo regolamento di procedura, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata, in particolare quando la risposta a una questione pregiudiziale può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza.

21      A tale riguardo, si deve ricordare che la cooperazione giudiziaria istituita dall’articolo 267 TFUE è fondata su una netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte. Da un lato, la Corte non è competente ad applicare le norme del diritto dell’Unione a una fattispecie concreta, ma unicamente a pronunciarsi sull’interpretazione dei Trattati e degli atti adottati dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 18 maggio 2021, Asociaţia «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 201 e giurisprudenza ivi citata). Dall’altro, conformemente al punto 11 delle Raccomandazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2019, C 380, pag. 1), spetta ai giudici nazionali trarre dagli elementi di interpretazione forniti dalla Corte le conseguenze concrete nelle controversie dinanzi ad essi pendenti (v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2018, Roche Lietuva, C‑413/17, EU:C:2018:865, punto 43).

22      Nel caso di specie, la Corte ritiene che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta dal giudice del rinvio possa essere chiaramente desunta dalla sentenza O.G. Occorre quindi applicare l’articolo 99 del regolamento di procedura nella presente causa.

23      Come risulta dal punto 21 della presente ordinanza, spetterà al giudice del rinvio trarre dagli elementi di interpretazione desumibili dalla citata giurisprudenza della Corte le conseguenze concrete nel procedimento principale.

 Sulla prima questione

24      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che preclude in maniera assoluta e automatica all’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione di subordinare la consegna del cittadino di un paese terzo, che risieda nel territorio di tale Stato membro, alla condizione che tale persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata in detto Stato membro per l’esecuzione della pena o della misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro emittente.

25      A tal riguardo, occorre ricordare che la Corte, investita di una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, e dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, ha dichiarato, al punto 38 della sentenza O.G., che il margine di discrezionalità di cui lo Stato membro dispone quando sceglie di trasporre il motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo previsto da quest’ultima disposizione non può essere illimitato.

26      Infatti, in primo luogo, detto Stato membro è tenuto, conformemente all’articolo 1, paragrafo 3, di tale decisione quadro, al rispetto dei diritti e dei principi fondamentali di cui all’articolo 6 TUE, tra i quali figura il principio di uguaglianza davanti alla legge, garantito all’articolo 20 della Carta. Il rispetto di quest’ultima disposizione si impone agli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione, conformemente all’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, il che avviene quando essi traspongono il motivo di non esecuzione facoltativa di un mandato d’arresto europeo previsto all’articolo 4, punto 6, di detta decisione quadro (v., in tal senso, sentenza O.G., punti 39 e 40).

27      Poiché l’articolo 20 della Carta non prevede alcuna limitazione del suo campo di applicazione, il principio di uguaglianza davanti alla legge si applica a tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione. Tale principio esige che situazioni comparabili non siano trattate in modo diverso e che situazioni diverse non siano trattate allo stesso modo, a meno che un siffatto trattamento non sia obiettivamente giustificato (v., in tal senso, sentenza O.G., punti 41 e 42, nonché giurisprudenza ivi citata).

28      Nell’ambito della valutazione relativa alle condizioni di applicazione dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, la Corte ha considerato, al punto 44 della sentenza O.G., che occorre valutare se la situazione del cittadino di un paese terzo soggetto a un mandato d’arresto europeo finalizzato all’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà e che dimora o risiede nello Stato membro di esecuzione sia comparabile a quella del cittadino di tale Stato membro o a quella del cittadino di un altro Stato membro che dimori o risieda in detto Stato membro e che sia soggetto a un siffatto mandato.

29      In particolare, per quanto riguarda la condizione della «residenza» prevista all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, la Corte ha dichiarato che una persona ricercata «risiede» nello Stato membro di esecuzione qualora abbia ivi stabilito la propria residenza effettiva. Ne consegue che, per quanto concerne tale condizione, il cittadino di un paese terzo che sia soggetto a un mandato d’arresto europeo e che risieda nello Stato membro di esecuzione si trova in una situazione comparabile a quella del cittadino di tale Stato membro o a quella del cittadino di un altro Stato membro che risieda in detto Stato membro e che sia soggetto a un siffatto mandato (v., in tal senso, sentenza O.G., punto 47).

30      Peraltro, al punto 49 della sentenza O.G., la Corte ha dichiarato che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve constatare, dopo aver verificato, in particolare, che sia soddisfatta la condizione della «residenza» di cui al punto precedente della presente ordinanza, se esista un legittimo interesse idoneo a giustificare che la pena inflitta nello Stato membro emittente venga eseguita nel territorio dello Stato membro di esecuzione. Tale valutazione consente a detta autorità di tenere conto dell’obiettivo perseguito dall’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, che consiste, secondo una giurisprudenza consolidata, nell’aumentare le possibilità di reinserimento sociale della persona ricercata una volta che quest’ultima abbia scontato la pena a cui è stata condannata (sentenza del 13 dicembre 2018, Sut, C‑514/17, EU:C:2018:1016, punti 33 e 36, nonché giurisprudenza ivi citata). Orbene, i cittadini dell’Unione e i cittadini di paesi terzi che soddisfano la condizione ricordata al punto 29 della presente ordinanza potrebbero disporre di possibilità di reinserimento sociale comparabili se, quando sono soggetti a mandato d’arresto europeo finalizzato all’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, scontano la loro pena o misura di sicurezza nello Stato membro di esecuzione.

31      In tali circostanze, la Corte ha dichiarato, al punto 51 della sentenza O.G., che una normativa nazionale volta a trasporre nel diritto nazionale l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 non può essere considerata conforme al principio di uguaglianza davanti alla legge sancito all’articolo 20 della Carta se tratta in maniera diversa, da un lato, i propri cittadini e gli altri cittadini dell’Unione e, dall’altro, i cittadini di paesi terzi, negando a questi ultimi, in maniera assoluta e automatica, il beneficio del motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo previsto da tale disposizione, anche qualora essi dimorino o risiedano nel territorio di tale Stato membro e senza che si tenga conto del loro grado di integrazione nella società di detto Stato. Infatti, non si può ritenere che una tale differenza di trattamento possa essere obiettivamente giustificata, ai sensi della giurisprudenza della Corte richiamata al punto 42 della sentenza O.G.

32      In secondo luogo, al punto 53 della sentenza O.G., la Corte ha dichiarato che la trasposizione dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 non può avere l’effetto di privare l’autorità giudiziaria dell’esecuzione del margine di discrezionalità necessario affinché essa possa decidere se occorra o meno, alla luce dell’obiettivo di reinserimento sociale perseguito da tale disposizione, rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo.

33      Orbene, come ricordato al punto 55 della sentenza O.G., l’articolo 18 bis della legge n. 69/2005, volto a trasporre l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 nel diritto italiano, limita l’applicazione del motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo, previsto da quest’ultima disposizione, soltanto ai cittadini italiani e ai cittadini di altri Stati membri, di modo che i cittadini di paesi terzi sono esclusi in maniera assoluta e automatica dal beneficio di tale motivo, senza che a tale riguardo sia lasciato alcun margine di discrezionalità all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, sebbene detto articolo 4, punto 6, non circoscriva l’ambito di applicazione di detto motivo soltanto ai cittadini dell’Unione.

34      In tali circostanze, al punto 56 della sentenza O.G. la Corte ha constatato che, quando la persona soggetta a mandato d’arresto europeo finalizzato all’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà è un cittadino di un paese terzo, tale normativa nazionale priva l’autorità giudiziaria dell’esecuzione del potere di valutare, tenuto conto delle circostanze specifiche di ciascun caso, se i legami di tale persona con lo Stato membro di esecuzione siano sufficienti affinché l’obiettivo del reinserimento sociale perseguito da tale disposizione possa essere meglio raggiunto ove detta persona sconti la sua pena in tale Stato membro, pregiudicando in tal modo detto obiettivo.

35      Alla luce dell’insieme di tali considerazioni, la Corte ha dichiarato, al punto 58 della sentenza O.G., che l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584, in combinato disposto con il principio di uguaglianza davanti alla legge, sancito all’articolo 20 della Carta, dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa di uno Stato membro, volta a trasporre tale articolo 4, punto 6, che esclude in maniera assoluta e automatica dal beneficio del motivo di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo previsto da tale disposizione qualsiasi cittadino di un paese terzo che dimori o risieda nel territorio di tale Stato membro, senza che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione possa valutare i legami di tale cittadino con detto Stato membro.

36      Per quanto concerne l’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584, in primo luogo, riguardo alla comparabilità della situazione del cittadino dell’Unione soggetto a un mandato d’arresto europeo previsto da tale disposizione con quella del cittadino di un paese terzo soggetto a un siffatto mandato, occorre constatare che tale disposizione è applicabile, al pari dell’articolo 4, punto 6, della medesima decisione quadro, a qualsiasi persona «residente» nello Stato membro di esecuzione. Pertanto, per quanto riguarda la condizione della «residenza», l’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584 non contiene alcuna indicazione che giustifichi la possibilità di distinguere la situazione del cittadino di un paese terzo da quella del cittadino dell’Unione. Di conseguenza, il cittadino di un paese terzo che sia soggetto a un mandato d’arresto europeo finalizzato all’esercizio dell’azione penale e che risieda nello Stato membro di esecuzione si trova in una situazione comparabile a quella del cittadino di tale Stato membro o a quella del cittadino di un altro Stato membro che risieda in detto Stato membro e che sia soggetto a un siffatto mandato. Ne consegue che, ai sensi dell’articolo 20 della Carta, le situazioni di tali persone non possono essere trattate in maniera diversa.

37      Peraltro, per quanto riguarda l’obiettivo dell’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584, occorre ricordare che tale disposizione mira a aumentare le opportunità di reinserimento sociale del cittadino o del residente dello Stato membro di esecuzione, consentendogli di scontare, nel territorio di quest’ultimo, la pena o la misura di sicurezza privative della libertà che, a seguito della sua consegna, in esecuzione di un mandato d’arresto europeo, siano eventualmente pronunciate nei suoi confronti nello Stato membro emittente [v., in tal senso, sentenza dell’11 marzo 2020, SF (Mandato d’arresto europeo – Garanzia di rinvio nello Stato di esecuzione), C‑314/18, EU:C:2020:191, punto 48]. Orbene, come risulta dal punto 30 della presente ordinanza, tale obiettivo coincide con quello dell’articolo 4, punto 6, della stessa decisione quadro. Infatti, i cittadini dell’Unione e i cittadini di paesi terzi soggetti a mandato d’arresto europeo finalizzato all’esercizio dell’azione penale presentano, qualora soddisfino la condizione della «residenza» di cui al punto 29 della presente ordinanza, possibilità di reinserimento sociale comparabili nel caso in cui dovessero scontare nello Stato membro di esecuzione la pena o la misura di sicurezza irrogata nello Stato membro emittente.

38      In secondo luogo, dall’ordinanza di rinvio risulta che gli articoli 18 bis e 19 della legge n. 69/2005, che recepiscono nell’ordinamento italiano l’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584, limitano, in sostanza, l’applicazione di quest’ultima disposizione soltanto ai cittadini italiani e ai cittadini di altri Stati membri, cosicché i cittadini dei paesi terzi sono esclusi in maniera assoluta e automatica dall’ambito di applicazione di detta disposizione, senza che a tale riguardo sia lasciato alcun margine di discrezionalità all’autorità giudiziaria dell’esecuzione, sebbene detto articolo 5, punto 3, non circoscriva il suo ambito di applicazione soltanto ai cittadini dell’Unione.

39      Pertanto, quando la persona soggetta a un mandato d’arresto europeo finalizzato all’esercizio dell’azione penale è un cittadino di un paese terzo residente in Italia, una siffatta normativa nazionale priva l’autorità giudiziaria dell’esecuzione del potere di valutare, tenuto conto delle circostanze specifiche del caso, se i legami di tale persona con lo Stato membro di esecuzione siano sufficienti affinché l’obiettivo del reinserimento sociale perseguito da tale disposizione possa essere meglio raggiunto ove detta persona sconti in tale Stato membro la pena che potrebbe esserle inflitta, pregiudicando in tal modo detto obiettivo.

40      Alla luce dell’insieme delle considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584, in combinato disposto con il principio di uguaglianza davanti alla legge, sancito all’articolo 20 della Carta, dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che preclude in maniera assoluta e automatica all’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione di subordinare la consegna del cittadino di un paese terzo che risieda nel territorio di tale Stato membro alla condizione che tale persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata in detto Stato membro per l’esecuzione della pena o della misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciata nei suoi confronti nello Stato membro emittente.

 Sulla seconda questione

41      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che, per valutare se occorra subordinare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo finalizzato all’esercizio dell’azione penale emesso nei confronti del cittadino di un paese terzo che risieda nel territorio dello Stato membro di esecuzione alla condizione prevista da tale disposizione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve procedere a una valutazione degli elementi idonei a indicare se esistano, tra tale cittadino e lo Stato membro dell’esecuzione, legami che dimostrino che egli è sufficientemente integrato in tale Stato e, in caso affermativo, quali siano tali elementi.

42      A tale proposito, la Corte ha dichiarato, al punto 68 della sentenza O.G., che l’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 dev’essere interpretato nel senso che, per valutare se occorra rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso nei confronti del cittadino di un paese terzo che dimori o risieda nel territorio dello Stato membro di esecuzione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve procedere a una valutazione complessiva di tutti gli elementi concreti caratterizzanti la situazione di tale cittadino, idonei a indicare se esistano, tra quest’ultimo e lo Stato membro di esecuzione, legami che dimostrino che egli è sufficientemente integrato in tale Stato e che, pertanto, l’esecuzione, in detto Stato membro, della pena o della misura di sicurezza privative della libertà pronunciata nei suoi confronti nello Stato membro emittente contribuirà ad aumentare le sue possibilità di reinserimento sociale dopo che tale pena o misura di sicurezza sia stata eseguita. Tra tali elementi vanno annoverati i legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici che il cittadino del paese terzo intrattiene con lo Stato membro di esecuzione, nonché la natura, la durata e le condizioni del suo soggiorno in tale Stato membro.

43      Alla luce delle considerazioni esposte ai punti 36 e 37 della presente ordinanza per quanto riguarda l’ambito di applicazione e l’obiettivo dell’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584, la valutazione complessiva di cui al punto precedente della presente ordinanza deve essere effettuata anche nel contesto dell’applicazione di quest’ultima disposizione.

44      Occorre pertanto rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584 dev’essere interpretato nel senso che, per valutare se occorra subordinare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei confronti del cittadino di un paese terzo che risieda nel territorio dello Stato membro di esecuzione alla condizione prevista da tale disposizione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve procedere a una valutazione complessiva di tutti gli elementi concreti caratterizzanti la situazione di tale cittadino, idonei a indicare se esistano, tra quest’ultimo e lo Stato membro di esecuzione, legami che dimostrino che egli è sufficientemente integrato in tale Stato e che, pertanto, l’esecuzione, in detto Stato membro, della pena o della misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciata nei suoi confronti nello Stato membro emittente contribuirebbe ad aumentare le sue possibilità di reinserimento sociale dopo che tale pena o misura di sicurezza sia stata eseguita. Tra tali elementi vanno annoverati i legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici che il cittadino del paese terzo intrattiene con lo Stato membro di esecuzione, nonché la natura, la durata e le condizioni del suo soggiorno in tale Stato membro.

 Sulle spese

45      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, in combinato disposto con il principio di uguaglianza davanti alla legge sancito all’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

dev’essere interpretato nel senso che:

esso osta a una normativa nazionale che preclude in maniera assoluta e automatica all’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione di subordinare la consegna del cittadino di un paese terzo che risieda nel territorio di tale Stato membro alla condizione che tale persona, dopo essere stata ascoltata, sia rinviata in detto Stato membro per l’esecuzione della pena o della misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciata nei suoi confronti nello Stato membro emittente.

2)      L’articolo 5, punto 3, della decisione quadro 2002/584/GAI

dev’essere interpretato nel senso che:

per valutare se occorra subordinare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo emesso nei confronti del cittadino di un paese terzo che risieda nel territorio dello Stato membro di esecuzione alla condizione prevista da tale disposizione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve procedere a una valutazione complessiva di tutti gli elementi concreti caratterizzanti la situazione di tale cittadino, idonei a indicare se esistano, tra quest’ultimo e lo Stato membro di esecuzione, legami che dimostrino che egli è sufficientemente integrato in tale Stato e che, pertanto, l’esecuzione, in detto Stato membro, della pena o della misura di sicurezza privative della libertà eventualmente pronunciata nei suoi confronti nello Stato membro emittente contribuirebbe ad aumentare le sue possibilità di reinserimento sociale dopo che tale pena o misura di sicurezza sia stata eseguita. Tra tali elementi vanno annoverati i legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici che il cittadino del paese terzo intrattiene con lo Stato membro di esecuzione, nonché la natura, la durata e le condizioni del suo soggiorno in tale Stato membro.

Firme


*      Lingua processuale: l’italiano.