Language of document : ECLI:EU:C:2019:341

PARERE 1/17 DELLA CORTE (Seduta Plenaria)

30 aprile 2019

«Parere emesso ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE – Accordo economico e commerciale globale tra il Canada, da una parte, e l’Unione europea e i suoi Stati membri, dall’altra (CETA) – Risoluzione delle controversie tra investitori e Stati (ISDS) – Costituzione di un tribunale e di un tribunale d’appello – Compatibilità con il diritto primario dell’Unione – Obbligo del rispetto dell’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione – Livello di protezione di interessi pubblici fissato, conformemente al quadro costituzionale dell’Unione, dalle istituzioni di quest’ultima – Parità di trattamento tra gli investitori canadesi e quelli dell’Unione – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 20 – Accesso a detti tribunali e indipendenza dei medesimi – Articolo 47 della Carta – Accessibilità finanziaria – Impegno di garantire quest’ultima per le persone fisiche e per le piccole e medie imprese – Aspetti esterno e interno del requisito di indipendenza – Nomina, retribuzione e deontologia dei membri – Ruolo del comitato misto CETA – Interpretazioni vincolanti del CETA stabilite da detto comitato»

Indice


I. Domanda di parere

II. CETA

A. Firma del CETA e istituzione prevista di una procedura di risoluzione delle controversie tra gli investitori e gli Stati

B. Nozioni di «investimento» e di «investitore»

C. Campo d’applicazione della procedura ISDS prevista

D. Diritto applicabile

E. Norme procedurali

F. Membri del tribunale e del tribunale d’appello previsti

G. Comitato misto e comitato per i servizi e gli investimenti

H. Mancanza di efficacia diretta del CETA nell’ordinamento giuridico delle parti

I. Strumento interpretativo comune e dichiarazione n. 36

III. Sintesi dei quesiti formulati dal Regno del Belgio

A. Quesiti sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione

B. Quesiti sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con il principio generale di parità di trattamento e con il principio di effettività

C. Quesiti sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con il diritto di accesso a un giudice indipendente

IV. Sintesi delle osservazioni presentate alla Corte

A. Sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione

B. Sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con il principio generale di parità di trattamento e con il principio di effettività

C. Sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con il diritto di accesso a un giudice indipendente

V. Posizione della Corte

A. Sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione

1. Principi

2. Sulla mancanza di una competenza a interpretare e applicare norme dell’ordinamento dell’Unione diverse dalle disposizioni del CETA

3. Sull’assenza di effetti sul funzionamento delle istituzioni dell’Unione conformemente al quadro costituzionale di quest’ultima

B. Sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con il principio generale di parità di trattamento e con il principio di effettività

1. Principi

2. Sulla compatibilità con il principio della parità di trattamento

3. Sulla compatibilità con il principio di effettività

C. Sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con il diritto di accesso a un giudice indipendente

1. Principi

2. Sulla compatibilità con il principio di accessibilità

3. Sulla compatibilità con il requisito dell’indipendenza

VI. Risposta alla domanda di parere


Nel procedimento di parere 1/17,

avente ad oggetto una domanda di parere ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE, proposta il 7 settembre 2017 dal Regno del Belgio,

LA CORTE (Seduta Plenaria)

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, J.‑C. Bonichot, A. Arabadjiev, A. Prechal, M. Vilaras, E. Regan, T. von Danwitz, C. Toader, F. Biltgen, K. Jürimäe e C. Lycourgos, presidenti di sezione, A. Rosas, E. Juhász, M. Ilešič (relatore), J. Malenovský, E. Levits, L. Bay Larsen, M. Safjan, D. Šváby, C.G. Fernlund, C. Vajda e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: M.‑A. Gaudissart, cancelliere aggiunto

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 giugno 2018,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Regno del Belgio, da C. Pochet, L. Van den Broeck, M. Jacobs e J.‑C. Halleux, in qualità di agenti;

–        per il governo danese, da J. Nymann-Lindegren, in qualità di agente;

–        per il governo tedesco, da T. Henze e S. Eisenberg, in qualità di agenti;

–        per il governo estone, da N. Grünberg, in qualità di agente;

–        per il governo ellenico, da G. Karipsiadis e K. Boskovits, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, da M.A. Sampol Pucurull e S. Centeno Huerta, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, da F. Alabrune, D. Colas, D. Segoin ed E. de Moustier, in qualità di agenti;

–        per il governo lituano, da R. Dzikovič e D. Kriaučiūnas, in qualità di agenti;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman e M.A.M. de Ree, in qualità di agenti;

–        per il governo austriaco, da G. Hesse e J. Schmoll, in qualità di agenti;

–        per il governo sloveno, da N. Pintar Gosenca, V. Klemenc, J. Groznik, A. Dežman Mušič e M. Jakše, in qualità di agenti;

–        per il governo slovacco, da M. Kianička, in qualità di agente;

–        per il governo finlandese, da J. Heliskoski e H. Leppo, in qualità di agenti;

–        per il governo svedese, da A. Falk, A. Alriksson e P. Smith, in qualità di agenti;

–        per il Consiglio dell’Unione europea, da B. Driessen e S. Boelaert, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da R. Vidal Puig, A. Buchet, B. De Meester e U. Wölker, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 29 gennaio 2019,

ha emesso il seguente

Parere

I.      Domanda di parere

1        La domanda di parere proposta alla Corte dal Regno del Belgio è così formulata:

«Se l’Accordo economico e commerciale globale tra il Canada, da una parte, e l’Unione europea e i suoi Stati membri, dall’altra, siglato a Bruxelles il 30 ottobre 2016 [(GU 2017, L 11, pag. 23; in prosieguo: il «CETA»)], con riferimento al suo capo otto («Investimenti»), sezione F («Risoluzione delle controversie tra investitori e Stati in materia di investimenti»), sia compatibile con i trattati, ivi compresi i diritti fondamentali».

II.    CETA

A.      Firma del CETA e istituzione prevista di una procedura di risoluzione delle controversie tra gli investitori e gli Stati

2        Il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) è un accordo di libero scambio il quale prevede, oltre a disposizioni relative alla riduzione dei dazi doganali e degli ostacoli non tariffari che incidono sul commercio dei beni e dei servizi, alcune norme in materia, segnatamente, di investimenti, di appalti pubblici, di concorrenza, di tutela della proprietà intellettuale e di sviluppo sostenibile.

3        Il CETA non è stato ancora concluso, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 6, TFUE. La decisione (UE) 2017/37 del Consiglio, del 28 ottobre 2016, relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, dell’accordo economico e commerciale globale (CETA) tra il Canada, da una parte, e l’Unione europea e i suoi Stati membri, dall’altra (GU 2017, L 11, pag. 1), enuncia a tale riguardo, nel suo considerando 2, che il CETA dovrebbe essere firmato «a condizione che siano rispettate le procedure necessarie per la sua conclusione in una data successiva» e dispone, nel suo articolo 1, che la firma del CETA, a nome dell’Unione, «è autorizzata (…) con riserva della sua conclusione».

4        Benché numerose disposizioni del CETA siano applicate a titolo provvisorio in forza della decisione (UE) 2017/38 del Consiglio, del 28 ottobre 2016, relativa all’applicazione provvisoria dell’accordo economico e commerciale globale (CETA) tra il Canada, da una parte, e l’Unione europea e i suoi Stati membri, dall’altra (GU 2017, L 11, pag. 1080), ciò non avviene per quelle del suo capo otto, sezione F, oggetto della presente domanda di parere. Infatti, per quanto concerne detto capo otto, l’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2017/38 dispone che «solamente [gli articoli da 8.1 a 8.8, 8.13, 8.15, eccetto il paragrafo 3, e 8.16] si applicano a titolo provvisorio e solamente nella misura in cui sono interessati gli investimenti diretti esteri».

5        Detta sezione F del capo otto del CETA, che contiene gli articoli da 8.18 a 8.45 di detto accordo, ha ad oggetto l’istituzione di una procedura di risoluzione delle controversie in materia di investimenti tra gli investitori e gli Stati, nota con la sigla «ISDS» (Investor-State Dispute Settlement) (in prosieguo: la «procedura ISDS»).

6        A questo scopo, il CETA prevede, al suo articolo 8.27, la costituzione di un tribunale (in prosieguo: il «tribunale» o il «tribunale del CETA») sin dall’entrata in vigore del CETA e, al suo articolo 8.28, l’istituzione di un tribunale d’appello (in prosieguo: il «tribunale d’appello» o il «tribunale d’appello del CETA»).

7        Peraltro, al suo articolo 8.29, esso prevede la costituzione successiva di un tribunale multilaterale degli investimenti, con connessa procedura d’appello (in prosieguo: il «tribunale multilaterale degli investimenti»), la cui istituzione dovrebbe porre fine al funzionamento del tribunale del CETA e del tribunale d’appello del CETA.

8        È pertanto prevista, come indica la dichiarazione n. 36, della Commissione e del Consiglio, sulla protezione degli investimenti e sul sistema giurisdizionale per gli investimenti, inserita nel verbale del Consiglio relativo alla firma del CETA e allegata alla decisione 2017/37 (GU 2017, L 11, pag. 20; in prosieguo: la «dichiarazione n. 36»), l’istituzione di un sistema giurisdizionale degli investimenti, conosciuto anche con la sigla «ICS» (Investment Court System); il tribunale del CETA e il tribunale d’appello del CETA sono destinati a costituire una tappa in direzione dell’istituzione dell’ICS.

B.      Nozioni di «investimento» e di «investitore»

9        Ai sensi dell’articolo 8.1 del CETA, la nozione di «investimento», oggetto di detto accordo, designa:

«Qualunque tipo di attività, di proprietà diretta o indiretta o sotto il controllo diretto o indiretto dell’investitore, che possegga le caratteristiche di un investimento, compresa una certa durata e altre caratteristiche come l’impegno di capitali o di altre risorse, l’aspettativa di guadagno o utili o l’assunzione di un rischio. Gli investimenti possono assumere diverse forme, tra cui:

a)      un’impresa;

b)      quote, azioni e altre forme di partecipazione al capitale di un’impresa;

c)      obbligazioni, anche non garantite, e altri strumenti di debito di un’impresa;

d)      un prestito a un’impresa;

e)      qualunque altro tipo di partecipazione in un’impresa;

f)      una partecipazione derivante da [determinati contratti];

g)      diritti di proprietà intellettuale;

h)      altri beni mobili, tangibili o intangibili, o altri beni immobili e i diritti ad essi inerenti;

i)      crediti monetari o diritti all’adempimento di una prestazione contrattuale».

10      Il medesimo articolo 8.1 enuncia parimenti che, con la nozione di «investimento disciplinato, [si intende,] in relazione ad una parte, qualunque investimento:

a)      effettuato nel suo territorio;

b)      realizzato in conformità della legislazione applicabile al momento in cui è effettuato l’investimento;

c)      direttamente o indirettamente posseduto o controllato da un investitore dell’altra parte; e

d)      esistente al momento dell’entrata in vigore del presente accordo, o realizzato o acquisito in seguito».

11      La nozione di «investitore» è definita, in detto articolo 8.1, nei seguenti termini:

«Una parte, una persona fisica o un’impresa di una parte, diversa da una succursale o da un ufficio di rappresentanza, che intenda realizzare, realizzi o abbia realizzato un investimento nel territorio dell’altra parte.

Ai fini della presente definizione, per impresa di una parte si intende:

a)      un’impresa costituita od organizzata secondo le leggi di tale parte che svolga attività commerciali rilevanti nel territorio di tale parte; oppure

b)      un’impresa costituita od organizzata secondo le leggi di tale parte e direttamente o indirettamente controllata o posseduta da una persona fisica di tale parte o da un’impresa di cui alla lettera a);

(…)

persona fisica [designa]:

a)      nel caso del Canada, una persona fisica che sia cittadino o residente permanente del Canada; e

b)      nel caso della parte UE, una persona fisica che abbia la nazionalità di uno degli Stati membri dell’Unione (…) in conformità delle loro rispettive legislazioni (…)».

C.      Campo d’applicazione della procedura ISDS prevista

12      Pur essendo intitolata «Risoluzione delle controversie tra investitori e Stati in materia di investimenti», la sezione F del capo otto del CETA riguarda parimenti le controversie tra un investitore canadese e l’Unione.

13      A questo riguardo, l’articolo 8.21 del CETA prevede che, qualora un investitore canadese intenda presentare una domanda, egli deve trasmettere all’Unione «una richiesta di determinazione del convenuto», specificando le misure riguardo alle quali l’investitore intende presentare una domanda. Spetta poi all’Unione informare detto investitore «se ad agire in qualità di convenuto è l’Unione (…) o uno Stato membro (…)».

14      L’articolo 8.18 del CETA, intitolato «Ambito di applicazione», nel suo paragrafo 1 delimita nel seguente modo le controversie che possono essere proposte dagli investitori in forza della procedura ISDS prevista:

«(…) Un investitore di una delle parti può presentare una domanda al tribunale costituito a norma della presente sezione in cui afferma che l’altra parte ha violato un obbligo previsto:

a)      dalla sezione C [del capo otto], per quanto concerne l’espansione, la conduzione, l’esercizio, la gestione, il mantenimento, l’uso, il godimento e la vendita o l’alienazione del suo investimento disciplinato, oppure

b)      dalla sezione D [del capo otto],

qualora l’investitore sostenga di aver subito perdite o danni in ragione dell’asserita violazione».

15      Detta sezione C è intitolata «Trattamento non discriminatorio» e contiene gli articoli da 8.6 a 8.8 del CETA, aventi il seguente disposto:

«Articolo 8.6

Trattamento nazionale

(…) Ciascuna parte accorda agli investitori dell’altra parte e agli investimenti disciplinati un trattamento non meno favorevole di quello accordato, in situazioni simili, ai propri investitori e ai loro investimenti per quanto concerne lo stabilimento, l’acquisizione, l’espansione, la conduzione, l’esercizio, la gestione, il mantenimento, l’uso, il godimento, la vendita o l’alienazione dei loro investimenti nel proprio territorio. (…)

Articolo 8.7

Trattamento della nazione più favorita

(…) Ciascuna parte accorda agli investitori dell’altra parte e agli investimenti disciplinati un trattamento non meno favorevole di quello accordato, in situazioni simili, agli investitori di un paese terzo e ai loro investimenti per quanto riguarda lo stabilimento, l’acquisizione, l’espansione, la conduzione, l’esercizio, la gestione, il mantenimento, l’uso, il godimento, la vendita o l’alienazione dei loro investimenti nel proprio territorio. (…)

Articolo 8.8

Alta dirigenza e consiglio di amministrazione

Nessuna parte può obbligare una propria impresa, che sia anche un investimento disciplinato, a nominare per incarichi di alta dirigenza o in seno al consiglio di amministrazione persone fisiche di una particolare nazionalità».

16      Ai sensi dell’articolo 28.3, paragrafo 2, del CETA, «nessuna disposizione [di detta sezione C] va interpretata in modo da impedire ad una parte di adottare o applicare le misure necessarie (…) a tutelare la sicurezza pubblica[,] la morale pubblica[,] a mantenere l’ordine pubblico[,] a tutelare la vita o la salute dell’uomo, degli animali o delle piante (…)», «a condizione che tali misure non siano applicate in modo da costituire un mezzo di discriminazione arbitraria o ingiustificata tra le parti in presenza di condizioni analoghe, ovvero una restrizione dissimulata agli scambi di servizi».

17      La sezione D del CETA, intitolata «Protezione degli investimenti», contiene gli articoli da 8.9 a 8.14 del CETA, così formulati:

«Articolo 8.9

Investimenti e misure di regolamentazione

1.      Ai fini del presente capo, le parti riaffermano il loro diritto di legiferare nei rispettivi territori al fine di conseguire obiettivi politici legittimi come la tutela della sanità pubblica, della sicurezza, dell’ambiente e della morale pubblica, la protezione sociale e dei consumatori nonché la promozione e la tutela della diversità culturale.

2.      Si precisa che il semplice fatto che una parte legiferi, anche modificando la propria legislazione, in modo tale da incidere negativamente su un investimento o da interferire nelle aspettative di un investitore, comprese le aspettative di profitto, non costituisce una violazione di un obbligo a norma della presente sezione.

(…)

4.      Si precisa che nessuna disposizione della presente sezione può essere interpretata nel senso di impedire a una parte di interrompere la concessione di una sovvenzione o di richiederne il rimborso (…), oppure nel senso di imporre a tale parte di compensare l’investitore per l’applicazione di tale misura.

Articolo 8.10

Trattamento degli investitori e degli investimenti disciplinati

1.      Ciascuna parte, nel proprio territorio, accorda agli investimenti disciplinati dell’altra parte e agli investitori in relazione ai loro investimenti disciplinati un trattamento giusto ed equo garantendone la piena protezione e sicurezza, in conformità dei paragrafi da 2 a 7.

2.      Le parti violano l’obbligo di trattamento giusto ed equo di cui al paragrafo 1 nei casi in cui una misura o una serie di misure costituisca:

a)      un diniego di giustizia nei procedimenti penali, civili o amministrativi;

b)      una violazione fondamentale del principio del giusto processo, compresa una violazione fondamentale dell’obbligo di trasparenza, nei procedimenti giudiziari e amministrativi;

c)      un comportamento manifestamente arbitrario;

d)      una discriminazione mirata per motivi manifestamente illeciti quali genere, razza o credo religioso;

e)      un trattamento abusivo degli investitori, come coercizione, costrizione e vessazioni; oppure

f)      una violazione di qualunque altro elemento dell’obbligo di trattamento giusto ed equo assunto dalle parti in conformità del paragrafo 3 del presente articolo.

3.      Le parti riesaminano regolarmente, anche su richiesta di una parte, il contenuto dell’obbligo di trattamento giusto ed equo. Il comitato per i servizi e gli investimenti (…) può a tale proposito formulare raccomandazioni da sottoporre alla decisione del comitato misto CETA.

4.      Nell’applicare il suddetto obbligo di trattamento giusto ed equo il tribunale può tener conto di eventuali dichiarazioni specifiche effettuate da una parte ad un investitore per indurlo a realizzare un investimento disciplinato, tali da ingenerare legittime aspettative (…).

5.      Si precisa che l’espressione “piena protezione e sicurezza” si riferisce agli obblighi di una parte in relazione alla sicurezza fisica degli investitori e degli investimenti disciplinati.

6.      Si precisa che la violazione di altre disposizioni del presente accordo, o di un altro accordo internazionale, non costituisce una violazione del presente articolo.

7.      Si precisa che il fatto che una misura violi il diritto interno non costituisce di per sé una violazione del presente articolo. Al fine di accertare se la misura violi il presente articolo, il tribunale deve valutare se la parte abbia agito in modo incompatibile con gli obblighi di cui al paragrafo 1.

Articolo 8.11

Indennizzo delle perdite

(…) Ciascuna parte accorda agli investitori dell’altra parte i cui investimenti disciplinati abbiano subito perdite a causa di conflitti armati, disordini civili, di una situazione di emergenza o di calamità naturali nel proprio territorio, un trattamento non meno favorevole (…) di quello accordato da tale parte ai propri investitori (…).

Articolo 8.12

Espropriazione

1.      Nessuna parte può nazionalizzare o espropriare un investimento disciplinato, né direttamente né indirettamente mediante misure di effetto equivalente alla nazionalizzazione o all’espropriazione (“espropriazione”), tranne nei casi in cui l’espropriazione sia effettuata:

a)      per un fine pubblico;

b)      nel rispetto del principio del giusto procedimento;

c)      su base non discriminatoria; e

d)      dietro pagamento di un’indennità tempestiva, congrua ed effettiva.

Si precisa che il presente paragrafo è interpretato in conformità dell’allegato 8-A.

(…)

Articolo 8.13

Trasferimenti

1.      Ciascuna parte consente che tutti i trasferimenti relativi ad un investimento disciplinato siano effettuati senza restrizioni o ritardi in una valuta liberamente convertibile e al tasso di cambio di mercato applicabile alla data del trasferimento. Tali trasferimenti comprendono:

a)      conferimenti di capitale, come il capitale iniziale e i conferimenti successivi necessari per mantenere, sviluppare o aumentare l’investimento;

b)      utili, dividendi, interessi, plusvalenze, pagamenti di canoni, (…) o altri tipi di rendimenti o importi derivanti dall’investimento disciplinato;

c)      proventi della vendita o della liquidazione completa o parziale dell’investimento disciplinato;

d)      versamenti effettuati in forza di un contratto concluso da un investitore o da un investimento disciplinato, compresi i versamenti effettuati in forza di un contratto di mutuo;

(…)

2.      Le parti non possono imporre ai loro investitori di trasferire i redditi, i guadagni, gli utili o altri importi derivanti dagli investimenti ubicati nel territorio dell’altra parte o ad essi attribuibili, né possono penalizzare i loro investitori per il mancato trasferimento di tali redditi, guadagni, utili o importi.

3.      Nessuna disposizione del presente articolo può essere interpretata nel senso di impedire a una parte di applicare in modo equo e non discriminatorio, tale da non costituire una restrizione dissimulata ai trasferimenti, la propria legislazione in materia di:

a)      fallimento, insolvenza o tutela dei diritti dei creditori;

b)      emissione e commercio di titoli;

c)      illeciti penali;

d)      informativa finanziaria o registrazione di trasferimenti, se necessario per assistere le autorità preposte all’applicazione della legge o alla regolamentazione finanziaria; e

e)      esecuzione delle sentenze nei procedimenti giurisdizionali.

Articolo 8.14

Surrogazione

Qualora una parte, o un organismo di tale parte, effettui un pagamento in forza di un obbligo indennitario, di una garanzia o di un contratto di assicurazione sottoscritto in relazione ad un investimento realizzato da uno dei suoi investitori nel territorio dell’altra parte, quest’ultima riconosce che la parte o l’organismo di tale parte può in qualunque circostanza far valere i medesimi diritti spettanti all’investitore in relazione all’investimento. (…)».

18      L’allegato 8-A al CETA, cui fa riferimento l’articolo 8.12, paragrafo 1, di detto accordo, enuncia quanto segue:

«Le parti confermano la loro interpretazione comune secondo cui:

1.      l’espropriazione può essere diretta o indiretta:

a)      l’espropriazione diretta si verifica quando un investimento è nazionalizzato o comunque direttamente espropriato mediante il trasferimento formale del titolo di proprietà o una vera e propria confisca; e

b)      l’espropriazione indiretta si verifica quando una parte adotta una misura o una serie di misure con effetto equivalente all’espropriazione diretta, in quanto l’investitore si vede sostanzialmente privato delle facoltà essenziali connesse al diritto di proprietà in relazione all’investimento, compreso il diritto di usare, godere e disporre del proprio investimento, senza che abbiano luogo un trasferimento formale del titolo di proprietà né una vera e propria confisca;

2.      per stabilire se una misura o una serie di misure adottate da una parte in una determinata situazione di fatto configuri un’espropriazione indiretta occorre un’indagine fattuale, caso per caso, che tenga conto, fra l’altro, di fattori quali:

a)      l’impatto economico della misura o della serie di misure, anche se la mera constatazione che una misura o una serie di misure adottate da una parte incidono negativamente sul valore economico di un investimento non basta a dimostrare che si è verificata un’espropriazione indiretta;

b)      la durata della misura o della serie di misure adottate da una parte;

c)      il grado in cui la misura o la serie di misure interferiscono con precise e ragionevoli aspettative di remunerazione del capitale investito; e

d)      le caratteristiche della misura o della serie di misure, in particolare l’oggetto, il contesto e la causa;

3.      si precisa che, ad eccezione dei rari casi in cui l’impatto di una misura o di una serie di misure sia talmente grave da farle apparire manifestamente eccessive rispetto all’obiettivo perseguito, le misure non discriminatorie di una parte, concepite e applicate per tutelare interessi pubblici legittimi come la salute pubblica, la sicurezza e l’ambiente, non costituiscono espropriazioni indirette».

19      L’articolo 1.1 del CETA stabilisce che, «ai fini del presente accordo, salvo diversamente indicato, si intende per (…) misura[:] qualsiasi legge, regolamento, norma, procedura, decisione, atto amministrativo, prescrizione, prassi o qualunque altra forma di provvedimento adottato da una parte».

20      L’articolo 8.2 del CETA precisa quanto segue:

«1.      Il (…) capo [otto] si applica alle misure adottate o mantenute in vigore dalle parti nel proprio territorio in relazione a:

a)      un investitore dell’altra parte;

b      un investimento disciplinato; (…)

(…)

4.      Un investitore può presentare una domanda (…) nel rispetto delle procedure di cui alla sezione F. (…) Le domande a norma della sezione C relative allo stabilimento o all’acquisizione di un investimento disciplinato sono escluse dall’ambito di applicazione della sezione F. La sezione D si applica unicamente agli investimenti disciplinati e agli investitori in relazione ai loro investimenti disciplinati.

(…)».

D.      Diritto applicabile

21      L’articolo 8.31 del CETA prevede quanto segue:

«1.      Nell’emettere la propria decisione il tribunale costituito a norma della presente sezione applica il presente accordo interpretandolo in conformità della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati[, del 23 maggio 1969 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1155, pag. 331; in prosieguo: la “convenzione di Vienna”)] e alle altre regole e agli altri principi del diritto internazionale applicabili tra le parti.

2.      Il tribunale non è competente a statuire sulla legittimità di una misura che costituisca una presunta violazione del presente accordo ai sensi del diritto interno di una parte. Si precisa che, nel determinare la compatibilità di una misura con il presente accordo, il tribunale, ove opportuno, può considerare il diritto interno di una parte come una questione di fatto. A tal fine il tribunale segue l’interpretazione prevalente che del diritto interno danno i tribunali o le autorità di tale parte; qualunque significato attribuito dal tribunale al diritto interno non è vincolante per i tribunali o le autorità di tale parte.

3.      Qualora insorgano gravi preoccupazioni riguardo a problemi di interpretazione che possono incidere sugli investimenti, il comitato per i servizi e gli investimenti (…) può raccomandare al comitato misto CETA l’adozione di interpretazioni del presente accordo. Le interpretazioni adottate dal comitato misto CETA sono vincolanti per il tribunale costituito a norma della presente sezione. Il comitato misto CETA può decidere che un’interpretazione produca effetti vincolanti a partire da una data determinata».

22      L’articolo 8.28, paragrafo 2, del CETA così dispone:

«Il tribunale d’appello può confermare, modificare o respingere la sentenza del tribunale, in base a:

a)      errori nell’applicazione o nell’interpretazione del diritto applicabile;

b)      errori manifesti nella valutazione dei fatti, anche per quanto concerne la valutazione della pertinente legislazione interna;

c)      i motivi di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettere da a) a e), della convenzione [per il regolamento delle controversie relative agli investimenti fra Stati e cittadini d’altri Stati, firmata a Washington il 18 marzo 1965; in prosieguo: la “convenzione ICSID”], nella misura in cui non siano contemplati dalle lettere a) e b)».

E.      Norme procedurali

23      Ai sensi dell’articolo 8.23, paragrafi 1 e 2, del CETA:

«1.      Qualora una controversia non sia stata risolta mediante il ricorso alle consultazioni, può essere presentata una domanda a norma della presente sezione da:

a)      un investitore di una parte, per conto proprio; oppure

b)      un investitore di una parte, per conto di un’impresa stabilita in loco posseduta o controllata direttamente o indirettamente dall’investitore.

2.      Una domanda può essere presentata conformemente ai regolamenti indicati di seguito:

a)      la convenzione ICSID e il regolamento per i procedimenti arbitrali;

b)      il regolamento del meccanismo supplementare ICSID, qualora non ricorrano le condizioni per l’avvio di un procedimento a norma della lettera a);

c)      il regolamento arbitrale [della Commissione delle Nazioni unite per il diritto commerciale internazionale];

d)      qualunque altro regolamento concordato dalle parti della controversia».

24      I termini «impresa stabilita in loco», di cui all’articolo 8.23, designano, conformemente all’articolo 8.1 del CETA, «una persona giuridica costituita od organizzata secondo le leggi del convenuto e posseduta o controllata direttamente o indirettamente da un investitore dell’altra parte».

25      Per quanto concerne le consultazioni che, in forza di detto articolo 8.23, devono svolgersi preliminarmente, l’articolo 8.19, paragrafi 2 e 3, enuncia quanto segue:

«2.      Salvo diverso accordo delle parti della controversia, le consultazioni si tengono:

a)      a Ottawa, se le misure contestate sono state adottate dal Canada;

b)      a Bruxelles, se tra le misure contestate vi è una misura adottata dall’Unione (…); oppure

c)      nella capitale dello Stato membro dell’Unione (…) interessato, se le misure contestate sono state adottate in via esclusiva da tale Stato membro.

3.      Le parti della controversia possono tenere le consultazioni mediante videoconferenza o altri mezzi, ove opportuno, ad esempio quando l’investitore sia una piccola o media impresa».

26      Peraltro, l’articolo 8.22 del CETA precisa che:

«1.      Un investitore può presentare una domanda a norma dell’articolo 8.23 unicamente se:

a)      comunica al convenuto, unitamente alla presentazione della domanda, il suo consenso alla risoluzione della controversia da parte del tribunale in conformità delle procedure di cui alla presente sezione;

b)      lascia trascorrere almeno 180 giorni dalla presentazione della richiesta di consultazioni e, se del caso, almeno 90 giorni dalla presentazione della richiesta di determinazione del convenuto;

c)      ha ottemperato alle prescrizioni relative alla richiesta di determinazione del convenuto;

d)      ha ottemperato alle prescrizioni relative alla richiesta di consultazioni;

e)      non indica nella domanda misure diverse da quelle indicate nella richiesta di consultazioni;

f)      ritira o sospende qualunque procedimento in corso dinanzi a un organo giudiziario avviato a norma del diritto interno o internazionale in relazione ad una misura che si presume costituisca una violazione e che forma oggetto della sua domanda; e

g)      rinuncia al suo diritto di avviare, davanti a un organo giudiziario di diritto interno o internazionale, qualunque domanda o procedimento in relazione ad una misura che si presume costituisca una violazione e che forma oggetto della sua domanda.

(…)

5.      La rinuncia presentata a norma del paragrafo 1, lettera g), o del paragrafo 2, a seconda dei casi, cessa di applicarsi:

a)      se il tribunale respinge la domanda sulla base del mancato rispetto delle prescrizioni di cui ai paragrafi 1 o 2 o di qualunque altro motivo procedurale o giurisdizionale;

b)      se il tribunale respinge la domanda a norma degli articoli 8.32 o 8.33; oppure

c)      se l’investitore ritira la propria domanda (…) entro 12 mesi dalla costituzione della divisione del tribunale».

27      Gli articoli 8.32 e 8.33 del CETA, ai quali fa riferimento l’articolo 8.22, paragrafo 5, lettera b), di quest’ultimo, riguardano, rispettivamente, le «domande manifestamente prive di valore giuridico» e le «domande giuridicamente infondate»; queste ultime sono definite come domande le quali «non [possono] formare oggetto di una sentenza favorevole al ricorrente (…), anche qualora i fatti allegati siano ritenuti veri». Questi articoli dispongono che spetta al tribunale del CETA esaminare in via preliminare se occorra respingere la domanda in quanto manifestamente priva di valore giuridico o giuridicamente infondata, qualora il convenuto abbia sollevato un’eccezione in tal senso.

28      L’articolo 8.25, paragrafo 1, del CETA così recita:

«Il convenuto presta il proprio consenso alla risoluzione della controversia da parte del tribunale in conformità delle procedure di cui alla presente sezione».

29      L’articolo 8.27 del CETA, nei paragrafi 6, 7 e 9, prevede quanto segue:

«6.      Nell’istruzione delle cause il tribunale è organizzato in divisioni composte da tre membri, dei quali uno è cittadino nazionale di uno Stato membro dell’Unione (…), uno è cittadino nazionale del Canada e uno è cittadino nazionale di un paese terzo. Le divisioni sono presiedute dal membro del tribunale che è cittadino nazionale di un paese terzo.

7.      Entro 90 giorni dalla presentazione della domanda a norma dell’articolo 8.23, il presidente del tribunale nomina i membri del tribunale che compongono la divisione incaricata di istruire la causa secondo un sistema di rotazione, in modo da garantire che la composizione della divisione sia aleatoria e non prevedibile e da dare a tutti i membri del tribunale pari opportunità di svolgere le proprie funzioni.

(…)

9.      In deroga al paragrafo 6, le parti della controversia possono concordare che la causa sia istruita da un tribunale composto da un unico membro nominato mediante estrazione a sorte tra i nominativi dei cittadini nazionali di paesi terzi. Il convenuto considera con la debita attenzione la richiesta del ricorrente di sottoporre la causa ad un tribunale in composizione monocratica, in particolare quando il ricorrente è una piccola o media impresa o quando l’importo dell’indennizzo o del risarcimento danni richiesto è relativamente ridotto. Tale richiesta è effettuata prima della costituzione della divisione del tribunale».

30      L’articolo 8.28, paragrafi 5, 7 e 9, dispone quanto segue:

«5.      La divisione del tribunale d’appello costituita per conoscere dell’appello è composta da tre membri del tribunale d’appello nominati mediante estrazione a sorte.

(…)

7.      Il comitato misto CETA adotta senza indugio una decisione per dare risposta alle seguenti questioni (…) riguardanti il funzionamento del tribunale d’appello:

(…)      

b)      procedure per l’avvio e lo svolgimento dell’appello (…);

(…)

9.      All’atto dell’adozione della decisione di cui al paragrafo 7:

a)      una parte della controversia può impugnare dinanzi al tribunale d’appello una sentenza emessa a norma della presente sezione entro 90 giorni dalla sua emissione;

(…)

c)      una sentenza emessa a norma dell’articolo 8.39 non è considerata definitiva e nessun processo esecutivo di una sentenza può essere avviato fino a che:

i)      non siano trascorsi 90 giorni dall’emissione della sentenza da parte del tribunale senza che sia stato avviato alcun procedimento d’appello;

ii)      un procedimento d’appello sia stato avviato e successivamente respinto o ritirato; oppure

iii)      non siano trascorsi 90 giorni dalla sentenza del tribunale d’appello senza che quest’ultimo abbia rinviato la questione al tribunale;

d)      una sentenza definitiva del tribunale d’appello è considerata tale ai fini dell’articolo 8.41;

(…)».

31      Ai sensi dell’articolo 8.39 del CETA:

«1.      Quando emette una sentenza definitiva sfavorevole al convenuto, il tribunale può ordinare, separatamente o congiuntamente, soltanto quanto segue:

a)      il risarcimento dei danni patrimoniali, compresi eventuali interessi applicabili;

b)      la restituzione dei beni, nel qual caso la sentenza prevede che il convenuto, in luogo di provvedere alla restituzione, abbia la possibilità di pagare il risarcimento dei danni patrimoniali equivalenti al valore equo di mercato che avevano i beni (…), maggiorato degli eventuali interessi applicabili (…).

2.      Fatti salvi i paragrafi 1 e 5, qualora sia presentata una domanda a norma dell’articolo 8.23, paragrafo 1, lettera b):

a)      la sentenza che riconosca il risarcimento dei danni patrimoniali e degli eventuali interessi applicabili dispone che l’importo sia corrisposto all’impresa stabilita in loco;

b)      la sentenza che riconosca la restituzione dei beni dispone che i beni siano restituiti all’impresa stabilita in loco;

(…)

3.      I danni patrimoniali non possono eccedere il valore della perdita subita (…).

4.      Il tribunale non riconosce risarcimenti di carattere punitivo.

5.      Il tribunale condanna la parte soccombente della controversia al pagamento delle spese del procedimento. In casi eccezionali il tribunale può ripartire le spese tra le parti della controversia qualora tale ripartizione appaia giustificata dalle circostanze della domanda. Altre spese ragionevoli, comprese le spese di rappresentanza e di assistenza legale, sono sostenute dalla parte soccombente della controversia, a meno che il tribunale non determini che una simile ripartizione delle spese non è giustificata dalle circostanze della domanda. Qualora siano accolte soltanto alcune parti della domanda, la decisione relativa alle spese prevede una ripartizione proporzionale al numero e alla portata delle parti della domanda che sono state accolte.

6.      Il comitato misto CETA valuta regole supplementari volte a ridurre l’onere finanziario a carico dei ricorrenti che siano persone fisiche o piccole e medie imprese. Tali regole supplementari possono in particolare tener conto delle risorse finanziarie dei ricorrenti e dell’importo del risarcimento richiesto.

7.      (…) Il tribunale emette la propria sentenza definitiva entro 24 mesi dalla data di presentazione della domanda a norma dell’articolo 8.23. Qualora abbia bisogno di più tempo per emettere la propria sentenza definitiva, il tribunale informa le parti della controversia dei motivi del ritardo».

32      L’articolo 8.41 del CETA enuncia quanto segue:

«1.      La sentenza emessa a norma della presente sezione è vincolante tra le parti della controversia in relazione al caso specifico oggetto della pronuncia.

2.      (…) Le parti della controversia riconoscono la sentenza e provvedono all’esecuzione della medesima senza indugio.

(…)

4.      L’esecuzione della sentenza è disciplinata dalla normativa in materia di esecuzione delle sentenze vigente nel luogo in cui si richiede l’esecuzione.

(…)».

F.      Membri del tribunale e del tribunale d’appello previsti

33      L’articolo 8.27, paragrafi da 2 a 5 e da 12 a 16, del CETA così dispone:

«2.      Il comitato misto CETA, al momento dell’entrata in vigore del presente accordo, nomina 15 membri del tribunale. Cinque membri del tribunale sono cittadini nazionali di uno Stato membro dell’Unione (…), cinque del Canada e cinque di paesi terzi.

3.      Il comitato misto CETA può decidere di aumentare o diminuire il numero dei membri del tribunale in base a multipli di tre. Le nomine supplementari sono effettuate in base alle stesse regole previste al paragrafo 2.

4.      I membri del tribunale possiedono le qualifiche richieste nei loro rispettivi paesi per la nomina all’esercizio della funzione giurisdizionale o sono giuristi di riconosciuta competenza. Essi possiedono una provata esperienza nel settore del diritto internazionale pubblico. È auspicabile che possiedano conoscenze o esperienze specifiche in materia di diritto internazionale degli investimenti, diritto commerciale internazionale e risoluzione delle controversie derivanti da accordi commerciali o di investimento internazionali.

5.      Il mandato dei membri del tribunale nominati a norma della presente sezione è di cinque anni, rinnovabile una volta. Tuttavia, il mandato di sette dei 15 membri nominati immediatamente dopo l’entrata in vigore del presente accordo, da determinare mediante estrazione a sorte, è di 6 anni. Non appena si crea un posto vacante, esso è occupato. (…)

(…)

12.      Al fine di garantire la loro disponibilità, i membri del tribunale ricevono il pagamento di un onorario mensile il cui importo deve essere stabilito dal comitato misto CETA.

13.      L’onorario di cui al paragrafo 12 è corrisposto in parti uguali da entrambe le parti (…).

14.      A meno che il comitato misto CETA non adotti una decisione a norma del paragrafo 15, l’importo dei costi e delle spese dei membri del tribunale in funzione presso una divisione costituita per l’istruzione di un caso, ad eccezione degli onorari di cui al paragrafo 12, è determinato a norma della regola 14, paragrafo 1, dei regolamenti amministrativi e finanziari della convenzione ICSID in vigore alla data della presentazione della domanda e attribuito dal tribunale alle diverse parti della controversia in conformità dell’articolo 8.39, paragrafo 5.

15.      Il comitato misto CETA può adottare una decisione per trasformare gli onorari ed altri costi e spese in uno stipendio normale, decidendone modalità e condizioni.

16.      Il segretariato dell’ICSID funge da segretariato del tribunale, fornendo a quest’ultimo il sostegno appropriato».

34      L’articolo 8.28, paragrafi 3, 4 e 7, del CETA enuncia quanto segue:

«3.      I membri del tribunale d’appello sono nominati mediante decisione del comitato misto CETA contemporaneamente all’adozione della decisione di cui al paragrafo 7.

4.      I membri del tribunale d’appello soddisfano le condizioni di cui all’articolo 8.27, paragrafo 4, e si conformano a quanto previsto all’articolo 8.30.

(…)

7.      Il comitato misto CETA adotta senza indugio una decisione per dare risposta alle seguenti questioni amministrative ed organizzative riguardanti il funzionamento del tribunale d’appello:

(…)

c)      procedura per occupare un posto vacante in seno al tribunale d’appello e a una divisione del tribunale d’appello costituita per istruire una causa;

d)      retribuzione dei membri del tribunale d’appello;

e)      disposizioni relative alle spese del procedimento d’appello;

f)      numero dei membri del tribunale d’appello;

(…)».

35      L’articolo 8.30 del CETA prevede quanto segue:

«1.      I membri del tribunale devono essere indipendenti. Essi non sono collegati ad alcun governo, non ricevono istruzioni da organizzazioni o governi in relazione a questioni attinenti alla controversia né partecipano all’esame di controversie suscettibili di creare conflitti di interessi diretti o indiretti. I membri del tribunale rispettano gli orientamenti sui conflitti di interesse nell’arbitrato internazionale emanati dall’International Bar Association (Associazione internazionale forense)[, approvati il 22 maggio 2004 dal consiglio dell’Associazione internazionale forense; in prosieguo: gli “orientamenti dell’IBA”] o qualunque regola supplementare adottata a norma dell’articolo 8.44, paragrafo 2. In aggiunta, al momento della loro nomina, i membri del tribunale si astengono dall’agire in qualità di consulenti o di esperti o testimoni di parte in qualunque controversia in materia di investimenti, sia essa nuova o in corso, insorta nel quadro del presente accordo o di qualsiasi altro accordo internazionale.

(…)

4.      Su raccomandazione motivata del presidente del tribunale o di propria iniziativa congiunta le parti, mediante decisione del comitato misto CETA, possono destituire un membro del tribunale qualora il suo comportamento sia incompatibile con gli obblighi di cui al paragrafo 1 e con la sua permanenza in qualità di membro del tribunale».

36      Il paragrafo 1, seconda frase, di quest’articolo 8.30 contiene una nota in calce, secondo la quale «per maggiore certezza, il fatto che una persona riceva una retribuzione da un governo non è di per sé motivo di incompatibilità».

G.      Comitato misto e comitato per i servizi e gli investimenti

37      Ai sensi dell’articolo 26.1 del CETA:

«1.      Le parti istituiscono il comitato misto CETA, comprendente rappresentanti dell’Unione (…) e del Canada. Il comitato misto CETA è copresieduto dal ministro del Commercio internazionale del Canada e dal membro della Commissione europea responsabile del Commercio, o dai rispettivi delegati.

(…)

3.      Il comitato misto CETA è responsabile di tutte le questioni riguardanti il commercio e gli investimenti tra le parti e dell’attuazione e applicazione del presente accordo. (…)

4.      Il comitato misto CETA:

(…)

e)      prende le decisioni di cui all’articolo 26.3; (…)

(…)

5.      Il comitato misto CETA può:

(…)

e)      adottare interpretazioni delle disposizioni del presente accordo, che sono vincolanti per i tribunali costituiti a norma del capo 8 (Risoluzione delle controversie tra investitori e Stati in materia di investimenti), sezione F, e del capo 29 (Risoluzione delle controversie);

(…)».

38      L’articolo 26.3 del CETA prevede quanto segue:

«1.      Nel perseguimento degli obiettivi del presente accordo, il comitato misto CETA ha il potere di adottare decisioni su qualunque questione nei casi previsti dal presente accordo.

2.      Le decisioni adottate dal comitato misto CETA sono vincolanti per le parti (…).

3.      Il comitato misto CETA adotta le proprie decisioni e raccomandazioni di comune accordo».

39      L’articolo 8.44, paragrafo 2, del CETA così recita:

«Il comitato per i servizi e gli investimenti, in presenza dell’accordo tra le parti e previo espletamento dei rispettivi obblighi ed adempimenti interni delle parti, adotta un codice di condotta per i membri del tribunale, da applicare alle controversie derivanti dal presente capo, che possa sostituire o integrare le regole in vigore e che affronti, tra l’altro, questioni quali:

a)      gli obblighi di dichiarazione;

b)      l’indipendenza e l’imparzialità dei membri del tribunale; e

c)      la riservatezza.

Le parti fanno il possibile per garantire che il codice di condotta sia adottato entro il primo giorno di applicazione provvisoria o di entrata in vigore del presente accordo, a seconda dei casi, e comunque non oltre due anni da tale data».

H.      Mancanza di efficacia diretta del CETA nell’ordinamento giuridico delle parti

40      L’articolo 30.6, paragrafo 1, del CETA, prevede che «nessuna disposizione del presente accordo può essere interpretata (…) in modo da consentire che il presente accordo possa essere direttamente invocato negli ordinamenti giuridici interni delle parti».

I.      Strumento interpretativo comune e dichiarazione n. 36

41      L’articolo 30.1 del CETA dispone che «[i] protocolli, gli allegati, le dichiarazioni, le dichiarazioni comuni, le intese e le note in calce del presente accordo costituiscono parte integrante del medesimo».

42      All’atto della firma del CETA, l’Unione e i suoi Stati membri e il Canada hanno stilato uno strumento interpretativo comune (GU 2017, L 11, pag. 3; in prosieguo: lo «strumento interpretativo comune»), il cui punto 1, lettere b) e d), enuncia quanto segue:

«b)      Il CETA rappresenta l’impegno comune del Canada e dell’Unione (…) e dei suoi Stati membri a favore di un commercio libero ed equo in una società dinamica e che guarda al futuro. (…)

(…)

d)      Pertanto, l’Unione (…) e i suoi Stati membri e il Canada continueranno ad avere la capacità di conseguire gli obiettivi legittimi di politica pubblica fissati dalle rispettive istituzioni democratiche, quali la sanità pubblica, i servizi sociali, l’istruzione pubblica, la sicurezza, l’ambiente, la morale pubblica, la protezione dei dati e della vita privata e la promozione e la tutela della diversità culturale. Inoltre, il CETA non indebolirà le norme e le regolamentazioni rispettive concernenti la sicurezza degli alimenti, la sicurezza dei prodotti, la protezione dei consumatori, la salute, l’ambiente o la protezione del lavoro. Le merci importate, i prestatori di servizi e gli investitori devono continuare a rispettare i requisiti nazionali, compresi norme e regolamentazioni. (…)».

43      Il punto 2 di detto strumento così recita:

«Il CETA preserva la capacità dell’Unione (…) e dei suoi Stati membri e del Canada di adottare e applicare le rispettive disposizioni legislative e regolamentari che disciplinano l’attività economica nell’interesse pubblico, al fine di conseguire obiettivi legittimi di politica pubblica quali la protezione e la promozione della sanità pubblica, dei servizi sociali, dell’istruzione pubblica, della sicurezza, dell’ambiente e della morale pubblica, la protezione sociale e dei consumatori, la protezione dei dati e della vita privata nonché la promozione e la tutela della diversità culturale».

44      Il punto 6 di detto strumento stabilisce quanto segue:

«a)      Il CETA include norme moderne in materia di investimenti che preservano il diritto dei governi di legiferare in difesa dell’interesse pubblico anche quando tali regolamentazioni hanno effetti sugli investimenti esteri, garantendo nel contempo un livello elevato di protezione degli investimenti e prevedendo una risoluzione delle controversie equa e trasparente. Il CETA non comporterà un trattamento più favorevole degli investitori stranieri rispetto agli investitori nazionali. Il CETA non privilegia il ricorso al sistema giurisdizionale per gli investimenti istituito dall’accordo. Gli investitori possono scegliere invece di promuovere le azioni disponibili dinanzi agli organi giurisdizionali nazionali.

b)      Il CETA precisa che i governi possono modificare le loro legislazioni, a prescindere dal fatto che questo possa incidere negativamente su un investimento o sulle aspettative di profitto degli investitori. (…)

(…)

d)      Il CETA richiede un effettivo legame economico con le economie del Canada o dell’Unione (…) affinché un’impresa benefici dell’accordo e impedisce a società di comodo o di copertura stabilite in Canada o nell’Unione (…) da investitori di altri paesi di ricorrere contro il Canada o l’Unione (…) e i suoi Stati membri. (…)

e)      Per garantire che i tribunali rispettino in ogni circostanza l’intento delle parti stabilito nell’accordo, il CETA include disposizioni che consentono alle parti di pubblicare note interpretative vincolanti. Il Canada e l’Unione (…) e i suoi Stati membri si impegnano a ricorrere a tali disposizioni per evitare e correggere eventuali interpretazioni errate del CETA da parte dei tribunali.

f)      Il CETA si discosta in maniera decisiva dall’approccio tradizionale di risoluzione delle controversie in materia di investimenti e istituisce tribunali indipendenti, imparziali e permanenti, ispirati ai principi dei sistemi giudiziari pubblici dell’Unione (…), dei suoi Stati membri e del Canada, nonché ai tribunali internazionali quali la Corte internazionale di giustizia e la Corte europea dei diritti dell’uomo. Di conseguenza, i membri di questi tribunali saranno persone qualificate per la funzione giurisdizionale nei rispettivi paesi e saranno nominati dall’Unione (…) e dal Canada per un mandato fisso. Le cause saranno istruite da tre membri scelti in modo aleatorio. Sono state stabilite rigide norme etiche per tali persone al fine di garantirne l’indipendenza e l’imparzialità, l’assenza di conflitto di interesse, parzialità o sospetti di parzialità. L’Unione (…) e i suoi Stati membri e il Canada hanno convenuto di avviare immediatamente i lavori futuri su un codice di condotta che garantisca ulteriormente l’imparzialità dei membri dei tribunali, sulle modalità e sul livello di retribuzione di detti membri e sulla relativa procedura di selezione. L’obiettivo comune è quello di concludere i lavori entro l’entrata in vigore del CETA.

g)      Il CETA è il primo accordo che include un meccanismo di appello che consentirà di rimediare a errori e garantirà la coerenza delle decisioni del tribunale (…).

h)      Il Canada e l’Unione (…) e i suoi Stati membri sono impegnati a monitorare il funzionamento di tutte queste norme in materia di investimenti, affrontare tempestivamente eventuali carenze che possono emergere ed esplorare modalità per migliorarne continuamente il funzionamento nel tempo.

i)      Pertanto il CETA rappresenta un cambiamento importante e radicale nelle norme in materia di investimenti e risoluzione delle controversie. L’accordo getta le basi per uno sforzo multilaterale teso a sviluppare ulteriormente questo nuovo approccio alla risoluzione delle controversie in materia di investimenti in una Corte multilaterale per gli investimenti. L’UE e il Canada lavoreranno celermente alla creazione del tribunale multilaterale per gli investimenti, che dovrebbe essere istituito una volta raggiunta una massa critica minima di partecipanti e dovrebbe sostituire immediatamente i sistemi bilaterali come quello previsto nel CETA ed essere pienamente aperto all’adesione di qualsiasi paese che aderisca ai principi cui è improntato il tribunale».

45      Peraltro, ai sensi della dichiarazione n. 36:

«Il CETA si prefigge una riforma importante della risoluzione delle controversie in materia di investimenti – sulla base dei principi comuni alle giurisdizioni dell’Unione (…) e dei suoi Stati membri e del Canada, nonché alle giurisdizioni internazionali riconosciute dall’Unione (…) e dai suoi Stati membri e dal Canada (…).

Poiché tutte queste disposizioni [relative a dette controversie] sono escluse dall’ambito dell’applicazione provvisoria del CETA, la Commissione europea e il Consiglio confermano che esse non entreranno in vigore prima della ratifica del CETA da parte di tutti gli Stati membri, ciascuno secondo il proprio processo costituzionale.

La Commissione si impegna a proseguire senza indugio la revisione del meccanismo di risoluzione delle controversie (ICS), in tempo utile affinché gli Stati membri possano tenerne conto nel rispettivo processo di ratifica, secondo i principi seguenti:

La selezione di tutti i giudici del tribunale e del tribunale d’appello sarà effettuata, sotto il controllo delle istituzioni europee e degli Stati membri, in maniera rigorosa, con l’obiettivo di garantirne l’indipendenza e l’imparzialità, come pure la massima competenza. Per quanto riguarda i giudici europei in particolare, la selezione dovrà altresì garantire che sia rappresentata, soprattutto nel tempo, la ricchezza delle tradizioni giuridiche europee. Di conseguenza:

–        i candidati a giudici europei saranno nominati dagli Stati membri, che parteciperanno anche alla loro valutazione;

–        fatte salve le altre condizioni di cui all’articolo 8.27, paragrafo 4, del CETA, gli Stati membri proporranno candidati che soddisfano i criteri di cui all’articolo 253, primo comma, del TFUE;

–        la Commissione garantirà, in consultazione con gli Stati membri e con il Canada, una valutazione altrettanto rigorosa delle candidature degli altri giudici del tribunale.

I giudici saranno retribuiti dall’Unione (…) e dal Canada su base permanente. Occorrerà poi pervenire progressivamente a giudici impiegati a tempo pieno.

I requisiti etici per i membri dei tribunali, già previsti nel CETA, saranno elaborati in maniera dettagliata, al più presto e in tempo utile affinché gli Stati membri possano tenerne conto nei rispettivi processi di ratifica, in un codice di condotta obbligatorio e vincolante (come già previsto anche nel CETA). (…)

L’accesso a questa nuova giurisdizione per le [piccole e medie imprese] e i privati (…) sarà migliorato e facilitato. A tal fine:

–        l’adozione da parte del comitato misto delle regole supplementari di cui all’articolo 8.39, paragrafo 6, del CETA, volte a ridurre l’onere finanziario a carico dei ricorrenti che siano persone fisiche o piccole e medie imprese, sarà effettuata in modo che queste regole supplementari possano essere adottate il più presto possibile.

–        Indipendentemente dall’esito delle discussioni in sede di comitato misto, la Commissione proporrà misure adeguate di (co)finanziamento pubblico delle azioni delle piccole e medie imprese dinanzi a questa giurisdizione, nonché la prestazione di assistenza tecnica.

(…)».

III. Sintesi dei quesiti formulati dal Regno del Belgio

A.      Quesiti sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione

46      Il Regno del Belgio ricorda che, nel punto 246 del suo parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454), la Corte ha enunciato «il principio della competenza esclusiva della Corte quanto all’interpretazione definitiva del diritto dell’Unione».

47      Il rispetto di questa competenza esclusiva sarebbe necessario per assicurare l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione. A questo proposito, il Regno del Belgio ricorda che la Corte ha dichiarato, nel parere 1/09 (Accordo sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell’8 marzo 2011 (EU:C:2011:123), che sussiste un’incompatibilità con l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione quando un organo giurisdizionale internazionale stabilito mediante un accordo che vincola l’Unione può essere chiamato a interpretare e ad applicare non solo le disposizioni di quest’accordo, ma anche disposizioni del diritto primario o derivato dell’Unione, dei principi generali del diritto dell’Unione o dei diritti fondamentali di quest’ultima.

48      Ebbene, nel caso di specie, la delimitazione della competenza del tribunale del CETA, operata nell’articolo 8.31 di detto accordo, non cambierebbe per nulla il fatto che, quando questo tribunale dovrà esaminare se una misura adottata dall’Unione violi una delle disposizioni del capo otto, sezioni C e D, di quest’accordo, esso sarà costretto a interpretare la portata di tale misura, senza necessariamente potersi basare su un’interpretazione già fornita dalla Corte.

49      Inoltre, la competenza del tribunale del CETA a esaminare se una misura adottata dal Canada, dall’Unione o da uno Stato membro violi una delle disposizioni della sezione C o D di tale capo, abiliterebbe detto tribunale, nonostante i limiti derivanti dall’articolo 8.31 del CETA, a formulare valutazioni fondamentali implicanti, quando la misura controversa sia stata adottata dall’Unione, il diritto primario di quest’ultima. Questo tribunale potrebbe essere indotto infatti a tener conto, in sede di esame della controversia, delle disposizioni del diritto primario dell’Unione sul fondamento delle quali l’Unione ha adottato tale misura. Esso dovrebbe, in un caso del genere, effettuare una valutazione della portata di tali disposizioni.

50      Dato che la procedura ISDS prevista non prevede né l’obbligo né financo la facoltà per il tribunale del CETA di investire la Corte di una questione preliminare vertente sull’interpretazione del diritto dell’Unione, il Regno del Belgio si chiede se tale procedura, che può portare a sentenze definitive vincolanti per l’Unione, sia compatibile con il principio della competenza esclusiva della Corte quanto all’interpretazione definitiva del diritto dell’Unione.

B.      Quesiti sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con il principio generale di parità di trattamento e con il principio di effettività

51      Il Regno del Belgio osserva che le imprese costituite conformemente al diritto canadese e le persone fisiche di cittadinanza canadese o residenti in via permanente in Canada (in prosieguo, congiuntamente: le «imprese e persone fisiche canadesi» oppure gli «investitori canadesi»), per quanto concerne i loro investimenti nell’Unione, potranno portare una controversia dinanzi al tribunale del CETA, mentre le imprese costituite conformemente al diritto di uno Stato membro dell’Unione e le persone fisiche aventi la cittadinanza di un tale Stato (in prosieguo: le «imprese e persone fisiche degli Stati membri» oppure gli «investitori dell’Unione») non avranno tale facoltà in relazione ai loro investimenti nell’Unione.

52      Occorrerebbe esaminare se una situazione siffatta sia compatibile con l’articolo 20 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), ai sensi del quale «tutte le persone sono uguali davanti alla legge», e con l’articolo 21 della Carta, il quale, nel suo paragrafo 2, dispone che «nell’ambito d’applicazione dei trattati e fatte salve disposizioni specifiche in essi contenute, è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità».

53      In particolare, il Regno del Belgio rileva che dall’articolo 8.39, paragrafo 2, lettera a), del CETA risulta che, quando un investitore canadese agirà dinanzi al tribunale del CETA a nome di un’«impresa stabilità in loco», ossia di un’impresa stabilita nell’Unione e posseduta o controllata direttamente o indirettamente da tale investitore, i risarcimenti concessi da tale tribunale dovranno essere versati a detta impresa stabilita in loco. Occorrerebbe esaminare la compatibilità di questa norma con gli articoli 20 e 21 della Carta.

54      Il Regno del Belgio si chiede inoltre se, nel caso in cui il tribunale del CETA constatasse l’incompatibilità, con una disposizione del capo otto, sezione C o D, del CETA, di un’ammenda inflitta dalla Commissione o da un’autorità di uno Stato membro a un investitore canadese per violazione del diritto della concorrenza, e concedesse una compensazione equivalente a quest’ammenda, la scomparsa degli effetti di detta ammenda sia compatibile con il principio di parità di trattamento e con il principio di effettività del diritto dell’Unione.

55      Esso osserva a questo proposito che l’articolo 8.9, paragrafo 4, del CETA esclude che, quando l’Unione dichiari un aiuto di Stato incompatibile con l’articolo 108 TFUE e ne ordini il rimborso, il tribunale del CETA possa giudicare questa decisione contraria a quest’accordo. Ebbene, detto accordo non comprenderebbe una norma analoga diretta a proteggere le decisioni adottate dalla Commissione o dalle autorità degli Stati membri nel quadro degli articoli 101 e 102 TFUE. Un investitore canadese potrebbe sottrarsi così alle conseguenze finanziarie di una violazione del diritto della concorrenza dell’Unione, mentre gli investitori dell’Unione non possono sfuggirvi, il che potrebbe essere incompatibile con gli articoli 20 e 21 della Carta, così come con il principio di effettività del diritto dell’Unione.

C.      Quesiti sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con il diritto di accesso a un giudice indipendente

56      Il Regno del Belgio si chiede se il capo otto, sezione F, del CETA sia compatibile con il diritto fondamentale di accesso a un giudice indipendente, quale enunciato, segnatamente, dall’articolo 47 della Carta.

57      Esso osserva, in primo luogo, che il regime previsto in detta sezione F potrebbe rendere eccessivamente difficile l’accesso delle piccole e medie imprese al tribunale del CETA, posto che dall’articolo 8.27, paragrafo 14, del CETA discende che i costi e le spese dei membri di questo tribunale incaricati della controversia dovranno essere sostenuti dalle parti in causa e che l’articolo 8.39, paragrafo 5, del CETA enuncia che sia le spese del procedimento che quelle di rappresentanza e di assistenza legale saranno sostenute dalla parte soccombente, tranne che non ricorrano circostanze eccezionali.

58      Peraltro, il CETA non offrirebbe attualmente la possibilità di concedere il gratuito patrocinio, laddove l’articolo 47, terzo comma, della Carta consacra espressamente il diritto a un siffatto beneficio nella misura necessaria a garantire l’accesso alla giustizia; nella sua sentenza del 22 dicembre 2010, DEB (C‑279/09, EU:C:2010:811), la Corte ha precisato inoltre che questo diritto si estende alle imprese.

59      Il rischio di dover sostenere l’integralità delle spese in procedimenti costosi potrebbe dissuadere quindi un investitore, che disponga di mezzi finanziari limitati, dal presentare una domanda.

60      Il Regno del Belgio si interroga, in secondo luogo, sulla compatibilità delle condizioni di retribuzione dei membri del tribunale e del tribunale d’appello del CETA, quali previste agli articoli 8.27, paragrafi da 12 a 15, e 8.28, paragrafo 7, lettera d), del CETA con il diritto di accesso a «un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge», enunciato nell’articolo 47, secondo comma, della Carta. Posto che queste condizioni di retribuzione non sono stabilite in via principale nel testo stesso del CETA, bensì rimesse in ampia misura alla valutazione discrezionale del comitato misto CETA, sarebbe lecito nutrire dubbi sulla loro compatibilità con i principi applicabili in materia di separazione dei poteri.

61      Il fatto che il CETA preveda che la retribuzione dei membri del tribunale consista non, o almeno non nell’immediato, in un corrispettivo fisso e regolare, bensì in una retribuzione mensile, alla quale si aggiungerebbero onorari in funzione delle giornate di lavoro dedicate a una controversia, potrebbe risultare incompatibile con il diritto di accesso a un giudice indipendente. A questo proposito, il Regno del Belgio fa riferimento all’articolo 6 della Carta europea sullo statuto dei giudici, adottata il 10 luglio 1998 dal Consiglio d’Europa, ai sensi del quale la retribuzione dei giudici dev’essere fissata «in modo tale da metterli al riparo da pressioni volte a influenzare la portata delle loro decisioni».

62      Questa Carta europea sullo statuto dei giudici menzionerebbe parimenti alcune raccomandazioni adottate nella cornice del Consiglio d’Europa, secondo le quali la retribuzione dei giudici dev’essere determinata in funzione di una tabella generale. Ebbene, dalle condizioni di retribuzione attualmente previste dal CETA risulterebbe che la retribuzione dei membri del tribunale del CETA dipenderebbe parzialmente dal numero di controversie proposte dagli investitori. Di conseguenza, lo sviluppo di una giurisprudenza favorevole agli investitori avrebbe un effetto positivo sulla retribuzione di detti membri e potrebbe essere pertanto all’origine di un conflitto di interessi.

63      Il Regno del Belgio si interroga, in terzo luogo, sulla compatibilità, con l’articolo 47, secondo comma, della Carta, delle norme in materia di nomina dei membri del tribunale e del tribunale d’appello, quali previste all’articolo 8.27, paragrafi 2 e 3, e all’articolo 8.28, paragrafi 3 e 7, lettera c), del CETA.

64      Esso osserva che questi membri saranno nominati dal comitato misto CETA, che è copresieduto dal Ministro del Commercio internazionale del Canada e dal membro della Commissione responsabile del Commercio (o dai loro rispettivi supplenti). Orbene, dalla Carta europea sullo statuto dei giudici, alla quale fanno riferimento le raccomandazioni del Consiglio consultivo dei giudici europei (CCJE), risulterebbe che quando la nomina dei giudici è effettuata dal potere esecutivo, quest’ultima deve avvenire a seguito di una raccomandazione da parte di un’autorità indipendente costituita, per una parte sostanziale, di membri del potere giudiziario.

65      In quarto luogo, il Regno del Belgio si interroga sulla compatibilità, con l’articolo 47, secondo comma, della Carta, delle condizioni di destituzione dei membri del tribunale e del tribunale d’appello del CETA, quali previste nell’articolo 8.30, paragrafo 4, del CETA, disposizione che consente che un membro venga destituito mediante decisione del comitato misto CETA. Ebbene, dalla Carta europea sullo statuto dei giudici e dalle raccomandazioni del CCJE discenderebbe che qualunque decisione di destituzione di un giudice deve coinvolgere un organo indipendente, essere resa in base a una procedura equa che rispetti i diritti della difesa e poter essere oggetto di impugnazione dinanzi a un organo superiore avente carattere giurisdizionale. In ogni caso, al fine di garantire l’indipendenza dei giudici, il potere esecutivo non dovrebbe avere la possibilità di destituirli.

66      In quinto e ultimo luogo, il Regno del Belgio si interroga sulla compatibilità, con l’articolo 47, secondo comma, della Carta, delle norme etiche cui dovrebbero conformarsi i membri di detti tribunali in forza dell’articolo 8.28, paragrafo 4, dell’articolo 8.30, paragrafo 1, e dell’articolo 8.44, paragrafo 2, del CETA.

67      Esso osserva che queste disposizioni prevedono essenzialmente che detti membri dovranno conformarsi agli orientamenti dell’IBA, nell’attesa che il comitato per i servizi e gli investimenti adotti un codice di condotta. Ebbene, dalla Magna Carta dei Giudici, adottata il 17 novembre 2010 dal CCJE, discenderebbe che le norme deontologiche applicabili ai giudici debbano promanare dai giudici stessi o che, quanto meno, i giudici debbano svolgere un ruolo fondamentale nell’adozione di tali norme.

68      Gli orientamenti dell’IBA sono indirizzati ad arbitri e non a giudici e potrebbero prevedere livelli di indipendenza inadeguati allo status di questi ultimi.

69      Esso fa parimenti rilevare che il CETA prevede, nel suo articolo 8.30, paragrafo 1, che i membri del tribunale e del tribunale d’appello del CETA «si astengono dall’agire in qualità di consulenti o di esperti o testimoni di parte in qualunque controversia in materia di investimenti, sia essa nuova o in corso, insorta nel quadro del presente accordo o di qualsiasi altro accordo internazionale», ma non impone che questi membri dichiarino le loro attività esterne né, a fortiori, che queste attività siano soggette a previa approvazione. Ebbene, gli atti internazionali pertinenti, quali la Carta europea sullo statuto dei giudici, enuncerebbero che l’esercizio di siffatte attività dev’essere dichiarato e costituire oggetto di previa autorizzazione.

IV.    Sintesi delle osservazioni presentate alla Corte

A.      Sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione

70      La maggior parte dei governi che hanno presentato osservazioni, così come il Consiglio e la Commissione, sottolineano che l’articolo 8.31 del CETA impedisce inequivocabilmente al tribunale del CETA di interpretare disposizioni del diritto primario o derivato dell’Unione. In questo modo, il CETA si distinguerebbe segnatamente dal progetto d’accordo esaminato dalla Corte nel parere 1/09 (Accordo sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell’8 marzo 2011 (EU:C:2011:123).

71      Peraltro, da detto articolo 8.31 discenderebbe che le interpretazioni delle disposizioni del CETA che il tribunale del CETA fornirà, conformemente con il diritto internazionale pubblico, non vincoleranno la Corte. Il CETA si distinguerebbe così dal progetto di accordo esaminato nel parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454).

72      Inoltre, l’articolo 8.31, paragrafo 2, e l’articolo 8.39, paragrafo 1, del CETA escluderebbero che il tribunale del CETA, così come, incidentalmente, il tribunale d’appello del CETA, possano pronunciarsi sulla legittimità della misura controversa.

73      Del resto, le sentenze del Tribunale del CETA sarebbero sprovviste di effetti erga omnes, posto che l’articolo 8.41 del CETA enuncia che dette sentenze saranno vincolanti solo tra le parti della controversia. Sempre sotto quest’angolo, sarebbe escluso che una sentenza del tribunale possa ledere la competenza esclusiva della Corte quanto all’interpretazione definitiva del diritto dell’Unione.

74      Per di più, grazie alla procedura prevista dall’articolo 8.21 del CETA, detto tribunale non potrebbe esaminare la ripartizione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati membri. La problematica individuata dalla Corte nei punti da 33 a 36 del parere 1/91 (Accord SEE – I), del 14 dicembre 1991 (EU:C:1991:490), e nei punti 224 e 225 del parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454), sarebbe quindi inesistente nel caso di specie.

75      Grazie al complesso di queste modalità inserite nel CETA, le parti avrebbero preservato l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

76      Detti governi, il Consiglio e la Commissione ammettono che, nelle controversie future tra un investitore canadese e l’Unione, si avranno situazioni nelle quali il tribunale del CETA, al fine di valutare se ci sia stata violazione di una disposizione del capo otto, sezione C o D, del CETA, dovrà esaminare la portata della misura dell’Unione che detto investitore contesta. Tuttavia, come enuncia l’articolo 8.31, paragrafo 2, del CETA, in situazioni del genere il tribunale dovrà limitarsi a un esame del diritto dell’Unione in quanto questione di fatto e non elaborare un’interpretazione giuridica.

77      La mancanza di violazioni della competenza esclusiva della Corte quanto all’interpretazione definitiva del diritto dell’Unione deriverebbe difatti dalla circostanza che il tribunale del CETA dovrà applicare e interpretare il diritto internazionale, costituito dal CETA stesso e dalle altre norme di diritto internazionale applicabili tra le parti, e non il diritto dell’Unione. Il tribunale del CETA, da un lato, e la Corte, dall’altro, opererebbero in ordinamenti giuridici ben distinti. La mancanza di efficacia diretta del CETA nell’ordinamento giuridico interno delle parti, enunciata dall’articolo 30.6 di quest’ultimo, porrebbe in risalto questa distinzione.

78      Alla luce di detta distinzione, non ci sarebbe assolutamente bisogno, nel quadro del regime di risoluzione delle controversie dinanzi al tribunale e al tribunale d’appello del CETA, di prevedere una procedura di coinvolgimento preliminare della Corte. Un’analisi del tipo di quella svolta dalla Corte nei punti da 236 a 248 del parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454), sarebbe irrilevante nel caso di specie. Peraltro, nella presente fattispecie non sussisterebbero nemmeno le ragioni che hanno condotto la Corte a esaminare l’eventualità di una procedura di coinvolgimento preliminare nel suo parere 1/91 (Accordo SEE – I), del 14 dicembre 1991 (EU:C:1991:490, punti da 54 a 65). Infatti, contrariamente all’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), il CETA non avrebbe assolutamente lo scopo di estendere al Canada una parte dell’acquis di diritto dell’Unione.

B.      Sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con il principio generale di parità di trattamento e con il principio di effettività

79      La maggior parte dei governi che hanno presentato osservazioni, così come il Consiglio e la Commissione, osservano che le imprese e le persone fisiche canadesi che investono nell’Unione, da un lato, e quelle degli Stati membri che investono nell’Unione, dall’altro, non si trovano in situazioni paragonabili, posto che le une effettuano investimenti internazionali e le altre investimenti interni all’Unione.

80      Le sole situazioni paragonabili sarebbero quella delle imprese e delle persone fisiche canadesi che investono nell’Unione e quella delle imprese e delle persone fisiche degli Stati membri che investono in Canada.

81      Peraltro, dalla giurisprudenza della Corte risulterebbe che il principio di parità di trattamento sancito dal diritto dell’Unione non si applica alle relazioni che l’Unione intrattiene con Stati terzi. Di conseguenza, secondo numerosi tra detti governi nonché secondo il Consiglio, gli articoli 20 e 21 della Carta sarebbero irrilevanti al fine di esaminare la compatibilità del CETA con il diritto dell’Unione.

82      Detto principio non si applicherebbe nemmeno al caso di un trattamento diverso tra, da un lato, «imprese stabilite in loco», ai sensi dell’articolo 8.1 del CETA, possedute o controllate da un investitore canadese, e, dall’altro, imprese stabilite nell’Unione, che non siano né possedute né controllate da un siffatto investitore.

83      Infatti, le prime imprese costituirebbero investimenti di imprese o persone fisiche canadesi e dovrebbero essere considerate come tali nel quadro del CETA. Di conseguenza, per quanto concerne le imprese stabilite in loco, la differenza di trattamento evocata dal Regno del Belgio dovrebbe essere assimilata a quella esistente tra, da un lato, le imprese e le persone fisiche canadesi che investono nell’Unione e, dall’altro, le imprese e le persone fisiche degli Stati membri che investono nell’Unione.

84      La differenza di trattamento evocata nella domanda di parere sarebbe comunque giustificata dallo scopo di contribuire al commercio libero ed equo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, TUE, nonché da quello di integrare tutti i paesi nell’economia mondiale, previsto dall’articolo 21, paragrafo 2, lettera e), TUE. La competenza dell’Unione a concludere, in forza dell’articolo 207 TFUE, accordi in materia di investimenti diretti con Stati terzi e, in forza dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, lettera a), TFUE, accordi in materia di investimenti diversi da quelli diretti con siffatti Stati, verrebbe svuotata di contenuti qualora il principio di parità di trattamento del diritto dell’Unione vietasse a quest’ultima di sottoscrivere impegni specifici concernenti gli investimenti provenienti da Stati terzi.

85      Nei limiti in cui il Regno del Belgio si interroga ancora sulla compatibilità della procedura ISDS con il principio di efficacia del diritto dell’Unione, formulando l’ipotesi secondo cui il tribunale del CETA possa giudicare che un’ammenda inflitta dalla Commissione o da un’autorità di vigilanza sulla concorrenza di uno Stato membro a un investitore canadese violi una disposizione concreta del capo otto del CETA, e conceda un indennizzo equivalente all’importo di tale ammenda, la maggior parte dei governi che hanno presentato osservazioni, il Consiglio e la Commissione reputano che si tratti di un falso problema.

86      Infatti, sarebbe altamente improbabile che questo tribunale, il quale, segnatamente in considerazione del diritto di regolamentazione posto in evidenza nell’articolo 8.9 del CETA, dovrà rispettare l’esistenza del diritto della concorrenza dell’Unione, giudichi che un’ammenda inflitta in virtù di tale diritto violi il CETA.

C.      Sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con il diritto di accesso a un giudice indipendente

87      Diversi governi che hanno presentato osservazioni nonché il Consiglio sostengono che l’articolo 47 della Carta e gli altri testi di origine europea cui fa riferimento la domanda di parere sono inapplicabili alla procedura ISDS prevista.

88      Essi rilevano, a tale proposito, che questi testi non vincolano il Canada e che il CETA rientra nell’ambito non del diritto dell’Unione, bensì del diritto internazionale, unico diritto applicabile a detta procedura.

89      Altri governi che hanno presentato osservazioni nonché la Commissione ritengono, per parte loro, che l’articolo 47 della Carta si applichi. Tuttavia, contrariamente a quanto suggerisce la domanda di parere, il CETA sarebbe conforme a detto articolo.

90      A questo proposito, essi osservano anzitutto che il tribunale del CETA avrebbe un carattere «ibrido», nel senso che esso integrerà non solo elementi giurisdizionali di risoluzione delle controversie, ma anche elementi tratti dalle procedure di arbitrato internazionale. Tra questi ultimi elementi compaiono l’obbligo di previa consultazione, numerosi componenti della procedura dinanzi al tribunale, le condizioni di nomina, di retribuzione e di destituzione dei membri di quest’ultimo, nonché la mancanza di effetti erga omnes delle sentenze. Inoltre, il tribunale del CETA non sarebbe un giudice obbligatorio, dato che l’investitore potrebbe promuovere una controversia o dinanzi a un giudice ordinario o dinanzi a detto tribunale. Da ciò discenderebbe che il requisito dell’indipendenza non si applicherebbe a detto tribunale nello stesso modo che a un giudice ordinario.

91      Essi inoltre sottolineano che, contrariamente alla maggior parte delle disposizioni del CETA, il capo otto, sezione F, di quest’ultimo non è applicato in via provvisoria e che gli aspetti all’origine dei dubbi del Regno del Belgio per quanto concerne la compatibilità della procedura ISDS prevista con il diritto di accesso a un giudice indipendente, ossia l’accesso a detta procedura da parte delle piccole e medie imprese, le condizioni di nomina, di retribuzione e di destituzione dei membri del tribunale e del tribunale d’appello del CETA nonché le norme etiche applicabili a questi ultimi, devono essere ancora tutti perfezionati. L’esistenza di un impegno riguardo a siffatte precisazioni si ricaverebbe con chiarezza dall’articolo 8.27, paragrafo 15, dall’articolo 8.39, paragrafo 6, e dall’articolo 8.44, paragrafo 2, del CETA, dal punto 6, lettere f) e h), dello strumento interpretativo comune, nonché dalla dichiarazione n. 36.

92      Posto che, nel quadro di un parere, la Corte deve esaminare l’accordo così come esso è «previsto», occorrerebbe tener conto di detto impegno che, una volta assolto, rafforzerebbe le garanzie già sin d’ora incorporate nel CETA.

93      Infine, detti governi, il Consiglio e la Commissione sostengono che, anche prescindendo dai miglioramenti annunciati, le preoccupazioni espresse nella domanda di parere sono infondate.

94      Per quanto concerne, in primo luogo, l’accesso delle piccole e medie imprese al tribunale del CETA, essi ricordano che gli investitori non sono obbligati a portare le loro controversie dinanzi a detto tribunale, dal momento che i mezzi di ricorso dinanzi ai giudici interni delle parti, che offrono tutte le garanzie in termini di gratuito patrocinio, rimangono parimenti a loro disposizione. Di conseguenza, qualora un investitore dovesse trovarsi nell’impossibilità economica di portare una controversia dinanzi al tribunale del CETA, esso non sarebbe tuttavia privato del suo diritto di accesso a un giudice indipendente.

95      Peraltro, la concessione di un gratuito patrocinio non sarebbe un parametro affidabile per determinare se il diritto fondamentale di accesso a un giudice sia rispettato.

96      Essi osservano parimenti che la norma enunciata nell’articolo 8.39, paragrafo 5, del CETA, secondo la quale le spese dinanzi al tribunale del CETA sono sostenute, in linea di principio, dalla parte soccombente, non differisce da quella abitualmente applicabile dinanzi ai giudici ordinari.

97      Per quanto concerne, in secondo luogo, le condizioni di retribuzione dei membri del tribunale del CETA, detti governi, il Consiglio e la Commissione ritengono che il Regno del Belgio abbia torto nel qualificare il comitato misto CETA come «organo esecutivo». Essi osservano, a tale proposito, che qualunque decisione comportante effetti giuridici che detto comitato adotterà dovrà essere conforme all’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, la qual cosa avrà l’effetto di consentire al Consiglio e alla Commissione di svolgere un ruolo essenziale in tale processo decisionale.

98      L’articolo 8.27, paragrafo 12, del CETA, il quale prevede che il comitato misto CETA fissi l’onorario mensile dei membri del Tribunale del CETA, non sarebbe pertanto assolutamente problematico. Inoltre, per quanto concerne il dovere di indipendenza di cui all’articolo 8.30, paragrafo 1, del CETA, il citato comitato dovrà garantire che l’importo e le modalità di determinazione di detto onorario non mettano in discussione l’indipendenza di tali membri. Lo stesso varrebbe per quanto concerne lo stipendio normale di cui all’articolo 8.27, paragrafo 15, del CETA, nonché la retribuzione dei membri del tribunale d’appello, di cui all’articolo 8.28, paragrafo 7, lettera d), di detto accordo.

99      Peraltro, posto che la retribuzione dei membri del tribunale del CETA, prevista all’articolo 8.27, paragrafo 14, del CETA, sarà determinata sulla base di una tabella stabilita dal segretario generale e dal presidente dell’ICSID, il Regno del Belgio avrebbe torto nell’affermare che detta retribuzione dipenderebbe dal carico di lavoro di detti membri.

100    Per quanto concerne, in terzo luogo, la nomina dei membri del tribunale del CETA, la maggior parte dei governi che hanno presentato osservazioni nonché il Consiglio e la Commissione rilevano che i membri degli organi giurisdizionali internazionali sono nominati dai governi interessati, e quindi dal potere esecutivo.

101    Per quanto concerne, in quarto luogo, le condizioni di destituzione dei membri del tribunale del CETA, questi stessi governi e istituzioni fanno parimenti rilevare che è normale prevedere la possibilità, per le parti di un accordo che istituisce un organo giurisdizionale internazionale, di sollevare dalle loro funzioni i membri di detto organo. Ciò avverrebbe, segnatamente, nel caso della Corte penale internazionale.

102    Per quanto riguarda, in quinto luogo, le norme etiche applicabili ai membri dei tribunali previsti, il Regno del Belgio avrebbe torto nell’osservare che questi ultimi non dovrebbero dichiarare le loro attività esterne. Infatti, dall’articolo 8.30, paragrafo 1, del CETA si evincerebbe che detti membri dovranno conformarsi agli orientamenti dell’IBA o a qualsiasi altra regola adottata dal comitato per i servizi e gli investimenti del CETA in forza dell’articolo 8.44, paragrafo 2, del CETA. Ebbene, gli orientamenti dell’IBA prevederebbero un obbligo di trasparenza esteso a tutti gli elementi suscettibili di incidere sull’imparzialità o sull’indipendenza dei giudici.

103    Per il resto, il fatto che i membri dei tribunali previsti possano esercitare attività esterne sarebbe giustificato dal fatto che, in un primo tempo, questi membri non saranno occupati a tempo pieno. Sarebbe questa la ragione per cui l’articolo 8.27, paragrafo 12, del CETA prevede che, in assenza di controversie, a detti membri sarà versato soltanto un onorario mensile al fine di garantire la loro disponibilità.

104    Se, in circostanze del genere, i membri dei tribunali previsti non fossero autorizzati a esercitare un’attività esterna, essi non disporrebbero di una garanzia di redditi sufficienti.

V.      Posizione della Corte

105    In via preliminare, occorre constatare che la domanda di parere riguarda il capo otto, sezione F, del CETA e che, tenendo presente la circostanza ricordata nel punto 3 del presente parere, essa verte effettivamente su un «accordo previsto», ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE. Pertanto, questa domanda è ricevibile; del resto, nessuno dei governi o delle istituzioni che hanno partecipato alla procedura ha espresso un dubbio a tale riguardo.

A.      Sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione

1.      Principi

106    Occorre ricordare, anzitutto, che un accordo internazionale, il quale preveda l’istituzione di un organo giurisdizionale incaricato dell’interpretazione delle sue disposizioni e le cui decisioni vincolino l’Unione, è compatibile, in linea di principio, con l’ordinamento di quest’ultima. Infatti, la competenza dell’Unione in materia di relazioni internazionali e la sua capacità di concludere accordi internazionali comportano necessariamente la facoltà di assoggettarsi alle decisioni di un organo giurisdizionale istituito o designato in forza di tali accordi, per quanto concerne l’interpretazione e l’applicazione delle loro disposizioni [parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 182; v., parimenti, parere 1/91 (Accordo SEE – I), del 14 dicembre 1991, EU:C:1991:490, punti 40 e 70, nonché parere 1/09 (Accordo sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell’8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punto 74].

107    Peraltro, un accordo internazionale concluso dall’Unione può incidere sulle competenze delle istituzioni dell’Unione purché, tuttavia, le condizioni essenziali di salvaguardia della natura di dette competenze siano soddisfatte e che pertanto non si leda l’autonomia dell’ordinamento giuridico di quest’ultima [v., segnatamente, parere 1/00 (Accordo sulla creazione di uno spazio aereo europeo comune), del 18 aprile 2002, EU:C:2002:231, punti 20 e 21, nonché 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 183].

108    Da ciò deriva che il CETA, posto che prevede, come si ricava dal punto 6, lettere f), g) e i), dello strumento interpretativo comune e come l’avvocato generale ha osservato nel paragrafo 18 delle sue conclusioni, una giurisdizionalizzazione della soluzione delle controversie tra gli investitori e gli Stati mediante la creazione di un tribunale e di un tribunale d’appello del CETA e, nel lungo termine, di un tribunale multilaterale degli investimenti, può essere compatibile con il diritto dell’Unione solo a condizione di non ledere l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

109    Quest’autonomia, che esiste nei confronti sia del diritto degli Stati membri, sia del diritto internazionale, deriva dalle caratteristiche essenziali dell’Unione e del suo diritto. Quest’ultimo si caratterizza, infatti, per la circostanza di essere il prodotto di una fonte autonoma, costituita dai Trattati, per il suo primato sui diritti degli Stati membri nonché per l’efficacia diretta di tutta una serie di disposizioni applicabili ai loro cittadini e agli stessi Stati membri. Tali caratteristiche hanno dato origine a una rete strutturata di principi, di norme e di rapporti giuridici mutualmente interdipendenti, che vincolano reciprocamente l’Unione stessa e i suoi Stati membri, nonché questi ultimi tra di loro (v., in particolare, sentenza del 18 dicembre 2018, Wightman e a., C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

110    Detta autonomia consiste pertanto nella circostanza che l’Unione è dotata di un quadro costituzionale che le è proprio. Rientrano in tale quadro i valori fondatori enunciati nell’articolo 2 TUE, ai sensi del quale l’Unione «si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani», i principi generali del diritto dell’Unione, le disposizioni della Carta, nonché le disposizioni dei trattati UE e FUE, che contengono, segnatamente, le norme sull’attribuzione e la ripartizione delle competenze, le norme sul funzionamento delle istituzioni dell’Unione e del sistema giurisdizionale di quest’ultima, nonché le norme fondamentali nei settori specifici, strutturate in modo da contribuire alla realizzazione del processo di integrazione ricordato nell’articolo 1, secondo comma, TUE [v., in tal senso, parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 158].

111    Per garantire la preservazione delle caratteristiche specifiche e dell’autonomia dell’ordinamento giuridico così creato, i Trattati hanno istituito un sistema giurisdizionale destinato ad assicurare la coerenza e l’unità nell’interpretazione del diritto dell’Unione. Conformemente all’articolo 19 TUE, spetta ai giudici nazionali e alla Corte di garantire la piena applicazione di tale diritto nell’insieme degli Stati membri nonché una tutela giurisdizionale effettiva; la Corte detiene una competenza esclusiva a fornire l’interpretazione definitiva di detto diritto. A questo scopo, questo sistema disciplina, in particolare, la procedura di rinvio pregiudiziale, prevista dall’articolo 267 TFUE [parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punti da 174 a 176 e 246].

112    Nel caso di specie, in considerazione dei quesiti formulati nella domanda di parere, occorre esaminare se la procedura ISDS prevista nel capo otto, sezione F, del CETA sia tale da impedire all’Unione di funzionare conformemente al suddetto quadro costituzionale.

113    Ai fini di quest’esame, occorre constatare anzitutto che la procedura ISDS prevista si colloca all’esterno del sistema giurisdizionale dell’Unione.

114    Infatti, il giudice previsto dal CETA è distinto dagli organi giurisdizionali interni del Canada, dell’Unione e degli Stati membri di quest’ultima. Il tribunale e il tribunale d’appello del CETA non possono essere considerati, di conseguenza, come parte del sistema giurisdizionale dell’una o dell’altra di dette parti.

115    Tuttavia, la natura esterna della procedura ISDS prevista rispetto al sistema giurisdizionale dell’Unione non significa, di per se stessa, che detta procedura leda l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

116    Infatti, per quanto concerne gli accordi internazionali conclusi dall’Unione, la competenza degli organi giurisdizionali menzionati dall’articolo 19 TUE a interpretare e applicare detti accordi non prevale né su quella degli organi giurisdizionali degli Stati terzi con i quali tali accordi sono stati conclusi, né su quella degli organi giurisdizionali internazionali che accordi siffatti istituiscono.

117    Pertanto, sebbene detti accordi facciano parte integrante del diritto dell’Unione e possano costituire, di conseguenza, oggetto di rinvii pregiudiziali (v., segnatamente, sentenze del 30 aprile 1974, Haegeman, 181/73, EU:C:1974:41, punti 5 e 6; del 25 febbraio 2010, Brita, C‑386/08, EU:C:2010:91, punto 39, nonché del 22 novembre 2017, Aebtri, C‑224/16, EU:C:2017:880, punto 50), essi concernono in pari misura detti Stati terzi e pertanto possono essere parimenti interpretati dagli organi giurisdizionali di tali Stati. Inoltre, è proprio a causa del carattere reciproco degli accordi internazionali e della necessità di preservare la competenza dell’Unione nelle relazioni internazionali che è lecito per quest’ultima, come si ricava dalla giurisprudenza citata nel punto 106 del presente parere, concludere un accordo che attribuisca a un organo giurisdizionale internazionale la competenza a interpretare quest’accordo senza che detto organo sia soggetto alle interpretazioni di detto articolo che forniscono gli organi giurisdizionali delle parti.

118    Da questi elementi si ricava che il diritto dell’Unione non osta a che il capo otto, sezione F, del CETA preveda l’istituzione di un tribunale, di un tribunale d’appello e, in futuro, di un tribunale multilaterale degli investimenti, né a che esso attribuisca loro la competenza a interpretare e applicare le disposizioni dell’accordo alla luce delle norme e dei principi di diritto internazionale applicabili tra le parti. Viceversa, poiché questi tribunali sono esterni rispetto al sistema giurisdizionale dell’Unione, essi non possono essere legittimati a interpretare o ad applicare le disposizioni del diritto dell’Unione diverse da quelle del CETA, o a pronunciare sentenze che possano avere l’effetto di impedire alle istituzioni dell’Unione di funzionare conformemente al quadro costituzionale di quest’ultima.

119    Di conseguenza, al fine di verificare la compatibilità della procedura ISDS prevista con l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione, è importante accertare:

–       che il capo otto, sezione F, del CETA non attribuisca ai tribunali previsti nessuna competenza a interpretare o applicare il diritto dell’Unione diversa da quella di interpretare e applicare le disposizioni di detto accordo alla luce delle norme e dei principi di diritto internazionale applicabili tra le parti, e

–       che detto capo otto, sezione F, non configuri le competenze di detti tribunali in modo che questi ultimi, senza per questo effettuare essi stessi un’interpretazione o un’applicazione delle norme dell’ordinamento dell’Unione diverse da quelle di detto accordo, possano pronunciare sentenze che abbiano l’effetto di impedire alle istituzioni dell’Unione di funzionare conformemente al quadro costituzionale di quest’ultima.

2.      Sulla mancanza di una competenza a interpretare e applicare norme dell’ordinamento dell’Unione diverse dalle disposizioni del CETA

120    L’articolo 8.18 del CETA, che figura al capo otto, sezione F, di quest’ultimo, attribuisce al tribunale del CETA la competenza a esaminare qualunque domanda di un investitore di una parte secondo la quale un’altra parte avrebbe violato un obbligo previsto dalle sezioni C (articoli da 8.6 a 8.8) o D (articoli da 8.9 a 8.14) di detto capo otto.

121    A tal fine, questo tribunale applicherà, ai sensi dell’articolo 8.31, paragrafo 1, del CETA, «il presente accordo interpretandolo in conformità [alla Convenzione di Vienna], e alle altre regole e agli altri principi del diritto internazionale applicabili tra le parti». Viceversa, detto tribunale non sarà competente, come precisa l’articolo 8.31, paragrafo 2, prima frase, di detto accordo, «a statuire sulla legittimità di una misura che costituisca una presunta violazione del presente accordo ai sensi del diritto interno di una parte».

122    Da ciò discende che la competenza a interpretare e applicare attribuita a detto tribunale si limita alle disposizioni del CETA e che una siffatta interpretazione o applicazione dev’essere effettuata conformemente alle norme e ai principi di diritto internazionale applicabili tra le parti.

123    Il capo otto, sezione F, del CETA si distingue, sotto questo aspetto, dal progetto di accordo vertente sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti, dichiarato incompatibile con il diritto dell’Unione nel parere 1/09 (Accordo sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell’8 marzo 2011 (EU:C:2011:123).

124    Infatti, il «diritto applicabile» nel quadro di tale progetto, definito nel suo articolo 14 bis, comprendeva, tra l’altro, «il diritto comunitario direttamente applicabile, in particolare il regolamento (…) del Consiglio relativo al brevetto comunitario, e la legislazione nazionale (…) che attua il diritto comunitario». Da ciò la Corte ha dedotto, nel punto 78 di tale parere, che il giudice dei brevetti la cui creazione era prevista sarebbe stato chiamato a interpretare e applicare non solo le disposizioni dell’accordo allora in questione, ma anche il futuro regolamento sul brevetto comunitario nonché altri atti di diritto dell’Unione, segnatamente regolamenti e direttive con i quali detto regolamento avrebbe dovuto essere eventualmente letto in combinato disposto. Essa ha parimenti sottolineato in detto punto che sarebbe stato possibile chiedere a detto giudice di risolvere una controversia, pendente dinanzi a esso, concernente i diritti fondamentali e i principi generali del diritto dell’Unione, o persino di esaminare la validità di un atto dell’Unione.

125    Questi elementi hanno contribuito alla constatazione, da parte della Corte, che la conclusione di detto progetto d’accordo avrebbe snaturato le competenze che i trattati attribuiscono alle istituzioni dell’Unione e agli Stati membri, che sono essenziali alla salvaguardia della natura stessa dell’ordinamento dell’Unione [parere 1/09 (Accordo sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell’8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punto 89].

126    Il capo otto, sezione F, del CETA si distingue parimenti dall’accordo sugli investimenti, oggetto della causa che ha portato alla sentenza del 6 marzo 2018, Achmea (C‑284/16, EU:C:2018:158), dal momento che, come la Corte ha rilevato nei punti 42, 55 e 56 di tale sentenza, detto accordo istituiva un tribunale chiamato a risolvere controversie che potevano riguardare l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione.

127    Detta sentenza riguardava, inoltre, un accordo tra Stati membri. Ebbene, la questione della compatibilità, con il diritto dell’Unione, dell’istituzione o del mantenimento di un tribunale degli investimenti ad opera di un accordo siffatto differisce da quella della compatibilità, con detto diritto, dell’istituzione di un tribunale del genere mediante un accordo tra l’Unione e uno Stato terzo (sentenza del 6 marzo 2018, Achmea, C‑284/16, EU:C:2018:158, punti 57 e 58).

128    Infatti, in qualunque ambito che rientri nel diritto dell’Unione, gli Stati membri sono tenuti al rispetto del principio della fiducia reciproca. Questo principio impone a ciascuno di questi Stati di ritenere, salvo circostanze eccezionali, che tutti gli altri Stati membri rispettino l’ordinamento dell’Unione, ivi compresi i diritti fondamentali, quali il diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice indipendente, enunciato dall’articolo 47 della Carta [v., segnatamente, in tal senso, parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 191, e sentenza del 26 aprile 2018, Donnellan, C‑34/17, EU:C:2018:282, punti 40 e 45].

129    Ebbene, questo principio della fiducia reciproca, in particolare relativamente al rispetto del diritto a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice indipendente, non si applica nelle relazioni tra l’Unione e uno Stato terzo.

130    La constatazione effettuata nel punto 122 del presente parere non è inficiata dall’articolo 8.31, paragrafo 2, del CETA, il quale prevede che, «nel determinare la compatibilità di una misura con il presente accordo, il tribunale, ove opportuno, può considerare il diritto interno di una parte come una questione di fatto» ed enuncia che, «a tal fine il tribunale segue l’interpretazione prevalente che del diritto interno danno i tribunali o le autorità di tale parte», aggiungendo che «qualunque significato attribuito dal tribunale al diritto interno non è vincolante per i tribunali o le autorità di tale parte».

131    Infatti, queste precisazioni hanno come solo scopo quello di dare atto della circostanza che il tribunale del CETA, quando sarà condotto a esaminare la conformità con il CETA del provvedimento contestato dall’investitore e che è stato adottato dallo Stato che ospita l’investimento o dall’Unione, dovrà inevitabilmente procedere, sulla base delle informazioni e degli argomenti che gli saranno presentati da detto investitore nonché da questo Stato o dall’Unione, a un esame della portata della citata misura. Quest’esame può rendere necessario, eventualmente, di prendere in considerazione il diritto interno della parte convenuta. Ebbene, come l’articolo 8.31, paragrafo 2, del CETA evidenzia senza ambiguità, detto esame non può essere assimilato a un’interpretazione, da parte del tribunale del CETA, di tale diritto interno, bensì consiste, al contrario, in una considerazione del diritto di cui trattasi in quanto questione di fatto, posto che, a tal riguardo, il citato tribunale è tenuto a seguire l’interpretazione dominante di detto diritto fornita dai giudici e dalle autorità della parte interessata, e questi giudici nonché queste autorità, del resto, non sono vincolati dal significato che sarà dato al loro diritto interno da detto tribunale.

132    La mancanza di una competenza a interpretare le norme dell’ordinamento dell’Unione diverse dalle disposizioni del CETA trova parimenti un riflesso nell’articolo 8.21 di detto accordo, che attribuisce non al tribunale del CETA, bensì all’Unione il potere di determinare, quando un investitore canadese mira a contestare misure adottate da uno Stato membro e/o dall’Unione, se la controversia, in considerazione delle norme sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati membri, debba essere promossa nei confronti di detto Stato membro oppure dell’Unione. La competenza esclusiva della Corte a statuire sulla ripartizione delle competenze tra l’Unione e i suoi Stati membri è pertanto preservata e il capo otto, sezione F, del CETA si distingue, sotto questo profilo, dal progetto di accordo oggetto del parere 2/13 (Adesione dell’Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014 (EU:C:2014:2454, punti da 224 a 231).

133    Nemmeno il tribunale d’appello del CETA sarà condotto a interpretare o ad applicare le norme dell’ordinamento dell’Unione diverse dalle disposizioni del CETA. Infatti, l’articolo 8.28, paragrafo 2, lettera a), di detto accordo enuncia che il tribunale d’appello potrà «confermare, modificare o respingere la sentenza del tribunale in base a (...) errori nell’applicazione o nell’interpretazione del diritto applicabile»; detto «diritto applicabile» si riferisce, tenendo presente il diritto che può essere applicato dal tribunale del CETA in base all’articolo 8.31, paragrafo 1, di detto accordo, al CETA nonché alle norme e ai principi di diritto internazionale alla luce dei quali detto accordo dev’essere interpretato e applicato. Benché l’articolo 8.28, paragrafo 2, lettera b), del CETA aggiunga che il tribunale d’appello potrà constatare parimenti «errori manifesti nella valutazione dei fatti, anche per quanto concerne la valutazione della pertinente legislazione interna», da quanto sin qui esposto deriva nondimeno che non è nelle intenzioni delle parti di attribuire al tribunale d’appello una competenza di interpretazione del diritto interno.

134    Poiché il tribunale e il tribunale d’appello del CETA si trovano all’esterno del sistema giurisdizionale dell’Unione e la loro competenza di interpretazione è limitata alle disposizioni del CETA alla luce delle norme e dei principi di diritto internazionale applicabili tra le parti, è coerente per il resto il fatto che il CETA non preveda nessuna procedura di coinvolgimento preliminare che legittimi od obblighi detto tribunale o detto tribunale d’appello a rivolgersi alla Corte in via pregiudiziale.

135    Per le stesse ragioni, è coerente peraltro il fatto che il CETA attribuisca a questi tribunali il potere di decidere in via definitiva sulle controversie promosse da un investitore nei confronti dello Stato che ospita l’investimento o dell’Unione, senza instituire una procedura di riesame della sentenza da parte di un giudice di detto Stato o della Corte e senza consentire all’investitore – fatte salve le eccezioni puntuali elencate nell’articolo 8.22, paragrafo 5, del CETA – di promuovere, in pendenza o al termine della procedura dinanzi a detti tribunali, la medesima controversia dinanzi a un giudice di detto Stato o dinanzi alla Corte.

136    Da quanto precede risulta che il capo otto, sezione F, del CETA non attribuisce ai tribunali previsti nessuna competenza in materia di interpretazione o applicazione del diritto dell’Unione diversa da quella concernente le disposizioni di detto accordo.

3.      Sull’assenza di effetti sul funzionamento delle istituzioni dell’Unione conformemente al quadro costituzionale di quest’ultima

137    Il Regno del Belgio e alcuni dei governi che hanno presentato osservazioni hanno sottolineato che, al fine di decidere le controversie promosse dinanzi a esso nei confronti dell’Unione, il tribunale del CETA, all’atto di esaminare i fatti rilevanti, che possono comprendere il diritto primario sulla base del quale la misura controversa è stata adottata, potrebbe bilanciare l’interesse rappresentato dalla libertà di impresa, invocato dall’investitore ricorrente, con gli interessi pubblici, enunciati nei trattati UE e FUE nonché dalla Carta, invocati dall’Unione a sua difesa.

138    Pertanto, detto tribunale sarebbe condotto a effettuare, senza per questo formulare un’interpretazione di detti trattati o della Carta, una valutazione della portata di questi ultimi e a decidere sulla base di detto bilanciamento, segnatamente, se la misura dell’Unione sia «giusta ed equa», ai sensi dell’articolo 8.10 del CETA, se essa costituisca un’espropriazione indiretta, ai sensi dell’articolo 8.12 di detto accordo, oppure se debba essere considerata come una restrizione ingiustificata della libertà dei pagamenti e dei trasferimenti di capitale quale prevista dall’articolo 8.13 di quest’accordo. Detto tribunale potrebbe pronunciarsi quindi su atti di diritto derivato dell’Unione sulla base di valutazioni parallele a quelle che la Corte è legittimata a formulare. Ebbene, siffatte valutazioni del tribunale del CETA porterebbero a decisioni definitive vincolanti per l’Unione. Di conseguenza, sorgerebbe la questione in merito all’eventuale sussistenza, in situazioni del genere, che rischierebbero di essere frequenti, di un pregiudizio alla competenza esclusiva della Corte nell’interpretazione definitiva del diritto dell’Unione e, pertanto, dell’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

139    Per rispondere a questo quesito occorre rilevare, in primo luogo, che la definizione della nozione di «investimento», contenuta nell’articolo 8.1 del CETA, è particolarmente ampia e consente quindi ai tribunali previsti di conoscere di un ampio spettro di controversie. Quelle proposte nei confronti dell’Unione o di uno Stato membro potranno vertere, fatte salve le eccezioni puntuali menzionate nel CETA, su misure rientranti in qualsiasi ambito concernente, nell’Unione, la gestione di imprese e l’uso di beni mobili e immobili, di titoli finanziari, di diritti di proprietà intellettuale, di crediti o di qualsiasi altro tipo di investimenti.

140    Occorre rilevare, in secondo luogo, che, nonostante l’articolo 8.21 del CETA, il quale legittima l’Unione a determinare se, in caso di domanda depositata dinanzi al tribunale da un investitore canadese, assuma essa stessa il ruolo di convenuta o lasci tale incarico allo Stato membro che ospita l’investimento, l’Unione non potrà opporsi, quando la misura controversa è stata da essa adottata, a che detta misura sia esaminata da questo tribunale. Infatti, dalle norme di procedura enunciate nel CETA, e in particolare dall’articolo 8.25, paragrafo 1, di detto accordo, risulta che si reputa che il convenuto, che sia lo Stato membro che ospita l’investimento o la stessa Unione, acconsenta a che la controversia venga decisa da detto tribunale.

141    Occorre constatare, in terzo luogo, che sebbene, mediante la definizione della nozione di «investitore» enunciata nel suo articolo 8.1, nonché mediante la precisazione contenuta nel punto 6, lettera d), dello strumento interpretativo comune, il CETA limiti il diritto di promuovere una controversia dinanzi al tribunale del CETA nei confronti dell’Unione o di uno Stato membro alle persone fisiche e giuridiche che presentino un collegamento reale con il Canada, ciò nondimeno quest’accordo consente a tali persone di contestare, dinanzi a detto tribunale, qualsiasi «misura» ai sensi dell’articolo 1.1 del CETA, nel senso delimitato, per quanto concerne il capo otto di detto accordo, dall’articolo 8.2 di quest’ultimo.

142    Dal momento che detto articolo 1.1 definisce il termine «misura» come comprendente «qualsiasi legge, regolamento, norma, procedura, decisione, atto amministrativo, prescrizione, prassi o qualunque altra forma di provvedimento adottato da una parte», le controversie nei confronti dell’Unione potranno vertere su qualunque forma di atto o prassi di quest’ultima purché, conformemente all’articolo 8.2 del CETA, letto in combinato disposto con il capo otto, sezioni C, D ed F, di detto accordo, l’atto o la prassi in questione sia «in relazione a» un «investimento disciplinato», ai sensi dell’articolo 8.1 del medesimo accordo, o a un «investitore dell’altra parte», per quanto riguarda detto investimento disciplinato.

143    Benché risulti quindi dal CETA che la controversia deve vertere su una misura riguardante il ricorrente o un suo investimento disciplinato, quest’accordo non esclude tuttavia che tale misura abbia portata generale o dia esecuzione a un atto di portata generale.

144    In quarto luogo, occorre rilevare che, sebbene il tribunale del CETA non possa, come si evince dal termine «soltanto», contenuto nell’articolo 8.39, paragrafo 1, di detto accordo e dal dettato del paragrafo 4 del medesimo articolo, né annullare la misura controversa, né esigere che la parte interessata adegui il suo diritto interno al CETA, né infliggere una sanzione alla parte convenuta, esso viceversa, quando constata che detta misura viola una delle disposizioni del capo otto, sezione C o D, del CETA, può condannare, in forza della disposizione di cui alla lettera a) di detto articolo 8.39, paragrafo 1, la parte convenuta a versare all’investitore ricorrente un importo diretto a compensare i danni sofferti da quest’ultimo a causa di tale violazione, compresi eventuali interessi applicabili.

145    Dato che l’articolo 8.41, paragrafo 2, del CETA precisa che «le parti della controversia riconoscono la sentenza e provvedono all’esecuzione della medesima senza indugio», l’Unione dovrà procedere al pagamento di tale somma quando viene condannata da una sentenza definitiva del tribunale del CETA o, secondo le modalità enunciate dall’articolo 8.28, paragrafo 9, di quest’accordo, dal tribunale d’appello del CETA.

146    A questo riguardo, occorre osservare che la competenza, prevista dall’articolo 8.39, paragrafo 1, lettera a), del CETA, per i tribunali previsti, di concedere a un investitore privato un risarcimento danni, è un aspetto del regime ISDS istituito da tale accordo, che distingue questo regime, vigente nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), dal sistema di risoluzione delle controversie tra le parti contraenti dell’OMC, sistema parzialmente basato su negoziati tra dette parti contraenti e contenente diverse opzioni per dare esecuzione a sentenze (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 116).

147    Le caratteristiche della competenza del tribunale e del tribunale d’appello del CETA, esposte nei punti da 139 a 145 del presente parere, sono certamente coerenti con la protezione degli investitori stranieri cui mira detto accordo.

148    Tuttavia, a prescindere dall’ipotesi in cui le parti avessero concordato, nel quadro del CETA, di riavvicinare le loro legislazioni, la competenza di questi tribunali lederebbe l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione qualora fosse strutturata in modo tale che detti tribunali, nel quadro delle loro valutazioni su restrizioni della libertà di impresa oggetto di una domanda, possano porre in discussione il livello di tutela di un interesse pubblico che abbia motivato l’introduzione di siffatte restrizioni da parte dell’Unione nei confronti di tutti gli operatori che investono nel settore commerciale o industriale in questione del mercato interno, piuttosto che limitarsi a verificare se il trattamento di un investitore o di un investimento disciplinato sia colpito da un vizio menzionato nel capo otto, sezione C o D, del CETA.

149    Infatti, se il tribunale e il tribunale d’appello del CETA fossero competenti a pronunciare sentenze le quali accertassero che il trattamento di un investitore canadese sia incompatibile con il CETA a causa del livello di tutela di un interesse pubblico stabilito dalle istituzioni dell’Unione, quest’ultima rischierebbe di essere indotta, a pena di essere ripetutamente costretta dal tribunale del CETA a versare risarcimenti all’investitore ricorrente, a rinunciare a conseguire detto livello di tutela.

150    Qualora l’Unione concludesse un accordo internazionale in grado di produrre l’effetto che l’Unione – o uno Stato membro, in sede di esecuzione del diritto dell’Unione – dovesse modificare o ritirare una normativa a causa di una valutazione, effettuata da un giudice esterno al suo sistema giurisdizionale, del livello di tutela dell’interesse pubblico stabilito, conformemente al quadro costituzionale dell’Unione, dalle istituzioni di quest’ultima, sarebbe giocoforza concludere che un siffatto accordo compromette la capacità dell’Unione di funzionare autonomamente nell’ambito del suo specifico quadro costituzionale.

151    A questo riguardo occorre sottolineare che il legislatore dell’Unione adotta le normative di quest’ultima in esito al processo democratico definito nei trattati UE e FUE e che, in forza dei principi di attribuzione delle competenze, di sussidiarietà e di proporzionalità enunciati dall’articolo 5 TUE, dette normative sono reputate adeguate e, nel contempo, necessarie alla realizzazione di uno scopo legittimo dell’Unione. Conformemente all’articolo 19 TUE, spetta al giudice dell’Unione assicurare il controllo della conformità del livello di tutela degli interessi pubblici stabilito da siffatte normative con, in particolare, i trattati UE e FUE, la Carta e i principi generali del diritto dell’Unione.

152    Per quanto concerne la competenza dei tribunali previsti ad accertare violazioni degli obblighi contenuti nel capo otto, sezione C, del CETA, l’articolo 28.3, paragrafo 2, di quest’accordo enuncia che le disposizioni di detta sezione C non potranno essere interpretate in modo da impedire ad una parte di adottare o applicare le misure necessarie a tutelare la sicurezza pubblica o la morale pubblica o a mantenere l’ordine pubblico, a tutelare la vita o la salute dell’uomo, degli animali o delle piante, con l’unica condizione che tali misure non siano applicate in modo da costituire un mezzo di discriminazione arbitraria o ingiustificata tra le parti in presenza di condizioni analoghe, ovvero una restrizione dissimulata agli scambi di servizi tra le parti.

153    Da quanto prima esposto deriva che, a queste condizioni, il tribunale del CETA non è competente ad accertare l’incompatibilità con il CETA del livello di tutela di un interesse pubblico stabilito dalle misure dell’Unione di cui al punto 152 del presente parere e a condannare, su tale base, l’Unione al versamento di risarcimenti.

154    Analogamente, per quanto concerne la competenza dei tribunali previsti ad accertare violazioni degli obblighi contenuti nel capo otto, sezione D, del CETA, l’articolo 8.9, paragrafo 1, di detto accordo ricorda espressamente il diritto delle parti «di legiferare nei rispettivi territori al fine di conseguire obiettivi politici legittimi come la tutela della sanità pubblica, della sicurezza, dell’ambiente e della morale pubblica, la protezione sociale e dei consumatori nonché la promozione e la tutela della diversità culturale». Peraltro, l’articolo 8.9, paragrafo 2, di detto accordo prevede che «si precisa che il semplice fatto che una parte legiferi, anche modificando la propria legislazione, in modo tale da incidere negativamente su un investimento o da interferire nelle aspettative di un investitore, comprese le aspettative di profitto, non costituisce una violazione di un obbligo a norma della presente sezione».

155    Inoltre, il punto 1, lettera d), e il punto 2 dello strumento interpretativo comune dispongono che il CETA «non indebolirà le norme e regolamentazioni [di ciascuna parte] concernenti la sicurezza degli alimenti, la sicurezza dei prodotti, la protezione dei consumatori, la salute, l’ambiente o la protezione del lavoro», che «le merci importate, i prestatori di servizi e gli investitori devono continuare a rispettare i requisiti nazionali, compresi norme e regolamentazioni», e che il CETA «preserva la capacità dell’Unione (...) e dei suoi Stati membri e del Canada di adottare e applicare le rispettive disposizioni legislative e regolamentari che disciplinano l’attività economica nell’interesse pubblico».

156    Dalla lettura del combinato disposto di queste norme si evince che il potere di valutazione del tribunale e del tribunale d’appello del CETA non si spinge sino a consentire loro di rimettere in discussione il livello di tutela di un interesse pubblico, definito dall’Unione in esito a un processo democratico.

157    Tale è parimenti la portata del punto 3 dell’allegato 8-A al CETA, ai sensi del quale «si precisa che, ad eccezione dei rari casi in cui l’impatto di una misura o di una serie di misure sia talmente grave da farle apparire manifestamente eccessive rispetto all’obiettivo perseguito, le misure non discriminatorie di una parte, concepite e applicate per tutelare interessi pubblici legittimi come la salute pubblica, la sicurezza e l’ambiente, non costituiscono espropriazioni indirette».

158    È importante aggiungere che la competenza del Tribunale del CETA ad accertare violazioni dell’obbligo, enunciato nell’articolo 8.10 del CETA, di accordare un «trattamento giusto ed equo» agli investimenti disciplinati, è specificamente circoscritta, dal momento che il paragrafo 2 di quest’articolo elenca tassativamente le ipotesi in cui un siffatto accertamento può essere compiuto.

159    A questo proposito, le parti si sono focalizzate segnatamente su situazioni di trattamento abusivo, di trattamento manifestamente arbitrario e di discriminazione mirata, circostanza che rivela, una volta di più, che il livello richiesto di tutela di un interesse pubblico, quale stabilito in esito a un processo democratico, sfugge alla competenza di cui sono investiti i tribunali previsti a verificare se un trattamento accordato da una parte a un investitore o a un investimento disciplinato sia «giusto ed equo».

160    Pertanto, dal complesso di queste clausole contenute nel CETA si evince che, delimitando espressamente la portata del capo otto, sezioni C e D, di quest’accordo, che sono le uniche che possano essere invocate dinanzi ai tribunali previsti dalla sezione F di detto capo, le parti hanno avuto cura di escludere qualsiasi competenza, per questi tribunali, a rimettere in discussione le scelte democraticamente operate in seno a una parte in materia, segnatamente, di livello di tutela dell’ordine pubblico, della pubblica sicurezza, della morale pubblica, della salute e della vita delle persone e degli animali, della sicurezza degli alimenti, delle piante, dell’ambiente, del benessere nel luogo di lavoro, della sicurezza dei prodotti, dei consumatori o ancora dei diritti fondamentali.

161    Alla luce degli elementi sin qui illustrati, occorre concludere che il capo otto, sezione F, del CETA non lede l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

B.      Sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con il principio generale di parità di trattamento e con il principio di effettività

1.      Principi

162    I quesiti formulati nella domanda di parere sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con il principio generale della parità di trattamento vertono sulla conformità di detta procedura con l’articolo 20 della Carta, che enuncia la garanzia dell’«uguaglianza davanti alla legge», e con l’articolo 21, paragrafo 2, della Carta, che vieta le discriminazioni basate sulla cittadinanza.

163    Orbene, secondo diversi governi che hanno presentato osservazioni nonché secondo il Consiglio, non è necessario che detta procedura sia compatibile con queste disposizioni della Carta.

164    Pertanto, è importante determinare, anzitutto, se la domanda di parere, che richiede una presa di posizione sulla compatibilità del capo otto, sezione F, del CETA «con i trattati, ivi compresi i diritti fondamentali», necessiti o meno di un esame alla luce della Carta.

165    A questo riguardo, occorre ricordare che gli accordi internazionali conclusi dall’Unione devono essere pienamente compatibili con i trattati nonché con i principi costituzionali che ne derivano [v., segnatamente, parere 1/15 (Accordo PNR UE-Canada), del 26 luglio 2017, EU:C:2017:592, punto 67, e sentenza del 27 febbraio 2018, Western Sahara Campaign UK, C‑266/16, EU:C:2018:118, punto 46].

166    L’articolo 218, paragrafo 11, TFUE, il quale enuncia che uno Stato membro, il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione possono domandare il parere della Corte sulla compatibilità di un accordo previsto «con i trattati», dev’essere interpretato alla luce di quest’obbligo generale di compatibilità con il quadro costituzionale dell’Unione.

167    Pertanto, devono poter essere esaminate, nell’ambito della procedura prevista dall’articolo 218, paragrafo 11, TFUE, tutte le questioni tali da generare dubbi sulla validità sostanziale o formale dell’accordo in relazione ai trattati. Il giudizio sulla compatibilità di un accordo con i trattati può dipendere a tale riguardo, in particolare, non solo da disposizioni che riguardino la competenza, la procedura o l’organizzazione istituzionale dell’Unione, ma anche da disposizioni di diritto sostanziale. Ciò è quanto avviene nel caso di una questione relativa alla compatibilità di un accordo internazionale previsto con le garanzie consacrate dalla Carta, la quale ha lo stesso valore giuridico dei trattati [parere 1/15 (Accordo PNR UE-Canada), del 26 luglio 2017, EU:C:2017:592, punto 70].

168    Per quanto concerne l’articolo 21, paragrafo 2, della Carta, ai sensi del quale, «nell’ambito di applicazione dei trattati e fatte salve disposizioni specifiche in essi contenute, è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità», quest’ultimo corrisponde, secondo le spiegazioni relative alla Carta (GU 2007, C 303, pag. 17), all’articolo 18, primo comma, TFUE e deve applicarsi conformemente a questa disposizione del trattato FUE.

169    Orbene, come già precisato dalla Corte, l’articolo 18, primo comma, TFUE non è destinato ad essere applicato nel caso di un’eventuale differenza di trattamento tra i cittadini degli Stati membri e quelli degli Stati terzi (sentenza del 4 giugno 2009, Vatsouras e Koupatantze, C‑22/08 e C‑23/08, EU:C:2009:344, punto 52).

170    Ne consegue che l’articolo 21, paragrafo 2, della Carta è irrilevante quando si tratta, come chiede il Regno del Belgio, di esaminare la questione sull’eventualità che la procedura ISDS prevista possa condurre a una discriminazione degli investitori dell’Unione rispetto agli investitori canadesi.

171    Viceversa, l’articolo 20 della Carta, il quale dispone che «tutte le persone sono uguali davanti alla legge», non prevede nessuna limitazione espressa del suo campo d’applicazione e pertanto si applica a tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, come quelle che rientrano nel campo d’applicazione di un accordo internazionale concluso da quest’ultima (v., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C‑617/10, EU:C:2013:105, punti da 19 a 21; del 26 settembre 2013, Texdata Software, C‑418/11, EU:C:2013:588, punto 72, e del 16 maggio 2017, Berlioz Investment Fund, C‑682/15, EU:C:2017:373, punto 49).

172    Alla pari, a determinate condizioni, degli investimenti effettuati nell’Unione dalle imprese e dalle persone fisiche degli Stati membri, quelli effettuati nell’Unione dalle imprese e dalle persone fisiche canadesi rientrano nel campo d’applicazione del diritto dell’Unione e, pertanto, nell’ambito dell’uguaglianza davanti alla legge garantita dall’articolo 20 della Carta. Infatti, questo diritto fondamentale si estende a tutte le persone la cui situazione sia disciplinata dal diritto dell’Unione, indipendentemente dalla loro origine.

173    Indubbiamente, come osservato dal Consiglio, l’articolo 20 della Carta non obbliga l’Unione ad accordare, nelle sue relazioni esterne, un trattamento uguale a Stati terzi diversi (sentenza del 21 dicembre 2016, Swiss International Air Lines, C‑272/15, EU:C:2016:993, punti da 24 a 26 nonché giurisprudenza ivi citata).

174    Tuttavia, come rilevato dall’avvocato generale nei paragrafi 198 e 199 delle sue conclusioni, questa giurisprudenza non impedisce di esaminare se un accordo internazionale, qualora possa introdurre una differenza di trattamento, nell’Unione stessa, tra le persone di uno Stato terzo e quelle degli Stati membri, violi l’articolo 20 della Carta.

175    Di conseguenza, occorre esaminare i quesiti sollevati in questa parte della domanda di parere alla luce dell’articolo 20 della Carta.

176    L’uguaglianza davanti alla legge, enunciata in quest’articolo, consacra il principio della parità di trattamento, il quale impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera differente e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (sentenze del 17 ottobre 2013, Schaible, C‑101/12, EU:C:2013:661, punto 76, nonché del 12 luglio 2018, Spika e a., C‑540/16, EU:C:2018:565, punto 35).

177    Il requisito relativo alla comparabilità delle situazioni al fine di determinare l’esistenza di una violazione del principio della parità di trattamento dev’essere valutato in considerazione del complesso degli elementi che le caratterizzano e, segnatamente, alla luce dell’oggetto e dello scopo perseguito dall’atto che istituisce la distinzione in questione, fermo restando che, a tal fine, si deve tener conto dei principi e degli obiettivi dell’ambito in cui detto atto si iscrive (sentenze del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique et Lorraine e a., C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 26; del 7 marzo 2017, RPO, C‑390/15, EU:C:2017:174, punto 42, nonché del 22 gennaio 2019, Cresco Investigation, C‑193/17, EU:C:2019:43, punto 42). Una differenza di trattamento delle situazioni rilevanti, qualora esse non siano paragonabili, non viola l’uguaglianza davanti alla legge sancita dall’articolo 20 della Carta (sentenza del 22 maggio 2014, Glatzel, C‑356/12, EU:C:2014:350, punto 84).

178    Per quanto concerne, infine, il principio di effettività del diritto dell’Unione, la domanda di parere fa riferimento ad esso solamente nel quadro di un quesito specifico, vertente sull’ipotesi in cui il tribunale del CETA constatasse che l’imposizione, in base a una violazione dell’articolo 101 TFUE o dell’articolo 102 TFUE, di un’ammenda a un investitore canadese sia incompatibile con il capo otto, sezione C o D, del CETA. Pertanto, occorrerà esaminare questo quesito alla luce del principio di effettività del diritto della concorrenza dell’Unione, che esprime il divieto di ostacolare l’applicazione delle disposizioni del trattato FUE dirette al mantenimento di una concorrenza leale nel mercato interno (v., segnatamente, sentenza del 5 giugno 2014, Kone, C‑557/12, EU:C:2014:1317, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

2.      Sulla compatibilità con il principio della parità di trattamento

179    Il trattamento differente evocato nella domanda di parere deriva dall’impossibilità, per le imprese e le persone fisiche degli Stati membri che investono nell’Unione e che sono soggette al diritto di quest’ultima, di contestare misure dell’Unione dinanzi ai tribunali previsti dal CETA, mentre le imprese e le persone fisiche canadesi che investono nello stesso settore commerciale o industriale del mercato interno dell’Unione potranno contestare dette misure dinanzi a tali tribunali.

180    Tuttavia, è giocoforza constatare che, se le imprese e le persone fisiche canadesi che investono nell’Unione si trovano, in considerazione dell’oggetto e della finalità – illustrati più ampiamente nei punti 199 e 200 del presente parere – dell’inserimento nel CETA di disposizioni in materia di trattamento non discriminatorio e di protezione degli investimenti stranieri, in una situazione paragonabile a quella delle imprese e delle persone fisiche degli Stati membri che investono in Canada, la loro situazione non è paragonabile viceversa a quella delle imprese e delle persone fisiche degli Stati membri che investono nell’Unione.

181    A questo proposito, occorre rilevare che la facoltà, per le imprese e le persone fisiche canadesi che investono nell’Unione, di invocare il CETA dinanzi ai tribunali previsti mira a conferire a dette persone canadesi, nella loro qualità di investitori stranieri, uno strumento specifico per agire avverso provvedimenti dell’Unione, mentre le imprese e le persone fisiche degli Stati membri, le quali, al pari di dette persone canadesi, investono nell’Unione, non sono ivi investitori stranieri e non avranno quindi accesso a questo specifico rimedio giurisdizionale e del resto, alla luce della norma sancita nell’articolo 30.6, paragrafo 1, del CETA, non potranno nemmeno avvalersi direttamente delle norme contenute in tale accordo dinanzi ai giudici degli Stati membri dell’Unione.

182    La constatazione effettuata nel punto 180 del presente parere non è inficiata dal fatto, menzionato nella domanda di parere, che i risarcimenti concessi dal tribunale del CETA a un investitore canadese dovranno essere versati, in osservanza dell’articolo 8.39, paragrafo 2, lettera a), di detto accordo, all’impresa stabilita nell’Unione che questo investitore possiede o controlla, quando è in nome di questa «impresa stabilita in loco» che detto investitore ha depositato la sua domanda dinanzi al citato tribunale.

183    A questo proposito basta constatare, come rilevato dall’avvocato generale nel paragrafo 193 delle sue conclusioni, che un’impresa siffatta è essa stessa un investimento di detto investitore canadese, di modo che il coinvolgimento di quest’impresa nella procedura dinanzi ai tribunali previsti e nell’esecuzione della sentenza non è tale da alterare il suddetto risultato dell’esame della comparabilità della situazione degli investitori canadesi e di quella degli investitori dell’Unione.

184    La parità di trattamento tra queste due categorie di persone non è inficiata nemmeno dal fatto che le parti si sono astenute dall’escludere la possibilità, per il tribunale del CETA, di pronunciare una sentenza secondo la quale l’ammenda inflitta dalla Commissione o da un’autorità di vigilanza sulla concorrenza di uno Stato membro a un investitore canadese, a causa di una violazione dell’articolo 101 TFUE o dell’articolo 102 TFUE, costituisca una violazione di una delle disposizioni del capo otto, sezioni C e D, del CETA.

185    A questo proposito occorre considerare che, alla luce delle disposizioni di dette sezioni C e D, una siffatta sentenza è concepibile unicamente nell’ipotesi in cui la decisione che infligge l’ammenda risulti inficiata da uno dei vizi menzionati dall’articolo 8.10, paragrafo 2, del CETA o privi l’investitore degli attributi fondamentali del suo investimento, ivi compreso il diritto di usare, godere e disporre del proprio investimento, ai sensi dell’allegato 8-A, punto 1, lettera b), a detto accordo. Una sentenza del genere, viceversa, non può essere ipotizzata quando sia stata effettuata un’applicazione regolare delle norme in materia di concorrenza da parte della Commissione o da parte di un’autorità di vigilanza sulla concorrenza di uno Stato membro, posto che le parti del CETA hanno espressamente ammesso, nell’articolo 17.2 di quest’ultimo, «l’importanza di una concorrenza libera e non falsata nelle loro relazioni commerciali», e riconosciuto «che i comportamenti commerciali anticoncorrenziali sono potenzialmente in grado di falsare il corretto funzionamento dei mercati e di compromettere i vantaggi derivanti dalla liberalizzazione degli scambi».

186    Ebbene, qualora un’ammenda inficiata da un vizio siffatto o che abbia un effetto espropriativo di tal genere fosse inflitta dalla Commissione o da un’autorità di vigilanza sulla concorrenza di uno Stato membro a un investitore dell’Unione, quest’ultimo disporrebbe dei rimedi giurisdizionali necessari diretti all’annullamento di tale ammenda. Ne consegue che, se non si può escludere che, in circostanze eccezionali, una sentenza del tribunale del CETA quale descritta nella domanda di parere possa avere la conseguenza di neutralizzare gli effetti di un’ammenda inflitta a causa di una violazione dell’articolo 101 TFUE o dell’articolo 102 TFUE, essa tuttavia non avrà l’effetto di creare una disparità di trattamento a danno di un investitore dell’Unione al quale sia inflitta un’ammenda inficiata da un vizio analogo.

3.      Sulla compatibilità con il principio di effettività

187    Nella misura in cui la domanda di parere solleva la questione di accertare se la possibilità, per il tribunale del CETA, di pronunciare una sentenza avente la portata descritta nel punto 184 del presente parere, rischi di ledere l’effettività del diritto della concorrenza dell’Unione, basti constatare che nei soli casi, esposti nel punto 185 di questo parere, in cui una sentenza siffatta sembra concepibile, la neutralizzazione dell’ammenda non creerebbe un rischio del genere. Infatti, come illustrato nel punto precedente del presente parere, l’ordinamento dell’Unione permette esso stesso l’annullamento dell’ammenda quando quest’ultima è inficiata da un vizio corrispondente a quello che il tribunale del CETA potrebbe constatare.

188    Dato che, di conseguenza, il capo otto, sezione F, del CETA non ostacola la piena applicazione delle disposizioni del trattato FUE dirette a garantire il mantenimento di una concorrenza leale nel mercato interno, occorre concludere, conformemente alla giurisprudenza ricordata nel punto 178 del presente parere, che esso non lede il principio di effettività del diritto della concorrenza dell’Unione.

C.      Sulla compatibilità della procedura ISDS prevista con il diritto di accesso a un giudice indipendente

1.      Principi

189    Nella sua domanda di parere, il Regno del Belgio ha fatto riferimento al diritto, enunciato nell’articolo 47, secondo comma, della Carta, a fare ricorso dinanzi a un «giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge», nonché all’«accesso effettivo alla giustizia», imposto dal terzo comma di quest’articolo.

190    A tal riguardo, da detto articolo 47, all’osservanza del quale l’Unione è tenuta in forza della giurisprudenza ricordata nei punti 165 e 167 del presente parere, discende che, concludendo un accordo internazionale che comprende l’istituzione di organi aventi caratteristiche giurisdizionali predominanti e chiamati a decidere controversie, in particolare tra investitori privati e Stati, quali il tribunale e il tribunale d’appello del CETA, l’Unione è soggetta, per quanto concerne le modalità di accesso a tali organi e l’indipendenza di questi ultimi, alle disposizioni dell’articolo 47, secondo e terzo comma, della Carta.

191    Pertanto, l’Unione deve vigilare, in considerazione della natura e dei caratteri specifici di organi siffatti nonché del contesto internazionale in cui detti organi si inseriscono, affinché il capo otto, sezione F, del CETA e qualunque altro testo che ne determini la portata garantiscano che, quando quest’accordo sarà concluso e attuato, i tribunali costituiti abbiano ciascuno le caratteristiche di un giudice accessibile e indipendente.

192    Questa constatazione non è inficiata dalla circostanza che lo Stato terzo con cui l’Unione negozia l’accordo non sia interessato dalle garanzie offerte dal diritto dell’Unione. Nel caso di specie, benché il Canada non sia certamente vincolato da tali garanzie, l’Unione tuttavia lo è e pertanto, come discende dalla giurisprudenza ricordata nei punti 165 e 167 del presente parere, essa non può concludere un accordo che istituisca tribunali competenti a pronunciare sentenze obbligatorie nei confronti dell’Unione e a trattare controversie promosse dinanzi a essi da cittadini dell’Unione senza che dette garanzie siano offerte.

193    Detta constatazione non è inficiata nemmeno dalla circostanza che, come osservato dinanzi alla Corte, la procedura ISDS prevista sia «ibrida» in quanto contiene, oltre a caratteristiche giurisdizionali, diversi elementi che rimangono basati su procedure tradizionali di arbitrato in materia di investimenti.

194    A questo riguardo, è importante rilevare che, benché le norme contenute nel capo otto, sezione F, del CETA sull’introduzione delle controversie dinanzi al tribunale del CETA si ispirino ampiamente alle tradizionali procedure ISDS, lo stesso non può dirsi per le norme relative alla composizione di detto tribunale e al trattamento di dette controversie.

195    In particolare, l’articolo 8.27 del CETA, che prevede la costituzione di un tribunale permanente di quindici membri ed enuncia, nel suo paragrafo 7, che una divisione di tre membri sarà «incaricata di istruire la causa secondo un sistema di rotazione, in modo da garantire che la composizione della divisione sia aleatoria e non prevedibile», e l’articolo 8.28, paragrafo 5, di detto accordo, secondo il quale la divisione del tribunale d’appello del CETA, costituita per conoscere dell’appello, è composta da tre membri nominati mediante estrazione a sorte, contrastano con le norme in materia di arbitrato e rendono concreta la volontà delle parti, espressa nel punto 6, lettera f), dello strumento interpretativo comune, che «il CETA si discosta in maniera decisiva dall’approccio tradizionale di risoluzione delle controversie in materia di investimenti e istituisce tribunali indipendenti, imparziali e permanenti, ispirati ai principi dei sistemi giudiziari».

196    Il «cambiamento importante e radicale nelle norme in materia di investimenti e risoluzione delle controversie», constatato dalle parti, a titolo di conclusione, nel punto 6, lettera i), dello strumento interpretativo comune, è parimenti attestato, a termini del punto 6, lettera g), di quest’ultimo, dalla circostanza che il CETA prevede una procedura d’appello al fine, segnatamente, di garantire la «coerenza delle decisioni del tribunale di primo grado».

197    Pertanto, senza che sia necessario accertare se le parti qualificheranno formalmente questi tribunali come «organi giurisdizionali» né se i loro membri porteranno, come suggerisce la dichiarazione n. 36, il titolo di «giudice», dagli elementi sin qui illustrati discende che detti tribunali eserciteranno essenzialmente funzioni giurisdizionali. Essi saranno permanenti e avranno un’origine legale, fondata sugli atti di approvazione del CETA adottati dalle parti. Essi applicheranno, in esito a una procedura in contraddittorio, norme giuridiche, dovranno esercitare le loro funzioni in piena autonomia e pronunceranno decisioni definitive e obbligatorie.

198    Quanto al carattere obbligatorio della competenza di detti tribunali, occorre rilevare che questa competenza si imporrà non solo nei confronti del convenuto, che dovrà accettare quest’ultima in forza dell’articolo 8.25 del CETA, ma anche nei confronti dell’investitore ricorrente, nell’ipotesi in cui quest’ultimo intenda avvalersi direttamente delle disposizioni del CETA. Infatti, dal momento che l’articolo 30.6 del CETA priva gli investitori della facoltà di avvalersi direttamente del CETA dinanzi agli organi giurisdizionali interni delle parti, qualsiasi azione fondata direttamente sulle disposizioni di quest’accordo dovrà essere promossa dinanzi al tribunale del CETA. Di conseguenza, qualunque appello avverso la decisione di detto tribunale dovrà essere proposto dinanzi al tribunale d’appello del CETA.

199    Per quanto concerne il livello di accessibilità e di indipendenza che questi tribunali devono soddisfare affinché il capo otto, sezione F, del CETA possa essere considerato compatibile con l’articolo 47 della Carta, è importante rilevare che l’inserimento nel CETA di disposizioni in materia di trattamento non discriminatorio e di protezione degli investimenti, e l’istituzione di tribunali esterni ai sistemi giurisdizionali delle parti per garantire il rispetto di dette disposizioni, hanno lo scopo di dare completa fiducia alle imprese e alle persone fisiche di una parte nel fatto che esse saranno trattate, per quanto concerne i loro investimenti nel territorio dell’altra parte, con piena uguaglianza rispetto alle imprese e alle persone fisiche di quest’ultima, e che esse godranno della sicurezza dei loro investimenti nel territorio di quest’altra parte.

200    Prevedendo la realizzazione di una siffatta procedura esterna ai sistemi giurisdizionali delle parti, il capo otto, sezione F, del CETA ha lo scopo, come osservato dal Consiglio e dalla Commissione, di garantire che detta fiducia degli investitori stranieri si estenda all’organo competente ad accertare violazioni, da parte dello Stato che ospiterà i loro investimenti, delle sezioni C e D di detto capo. Pertanto, l’indipendenza dei tribunali previsti nei confronti dello Stato ospitante e l’accesso a detti giudici per gli investitori stranieri risultano indissolubilmente collegati allo scopo del commercio libero ed equo enunciato nell’articolo 3, paragrafo 5, TUE e perseguito dal CETA.

201    Per quanto riguarda la garanzia di accessibilità, quest’ultima implica che la facoltà prevista dall’articolo 8.18 del CETA, per qualunque investitore di cui all’articolo 8.1 di quest’accordo, di promuovere una controversia dinanzi al tribunale del CETA al fine di far accertare una violazione di detta sezione C o D possa essere limitata unicamente mediante restrizioni proporzionate, ivi comprese quelle collegate al pagamento delle spese giudiziarie, le quali perseguano uno scopo legittimo e non ledano la sostanza stessa del diritto di accesso a un siffatto tribunale (sentenza del 30 giugno 2016, Toma e Biroul Executorului Judecătoresc Horațiu-Vasile Cruduleci, C‑205/15, EU:C:2016:499, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

202    Il requisito dell’indipendenza, per parte sua, è inerente al compito di giudicare e comporta due aspetti. Il primo aspetto, di ordine esterno, presuppone che l’organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza vincoli gerarchici o di subordinazione nei confronti di nessuno e senza ricevere ordini o istruzioni da nessuna fonte, e che esso sia così tutelato da interventi o pressioni dall’esterno idonei a compromettere l’indipendenza di giudizio dei suoi membri e ad influenzare le loro decisioni. Questa libertà indispensabile nei confronti di elementi esterni del genere esige determinate garanzie in grado di proteggere la persona di coloro che hanno il compito di giudicare, quali l’inamovibilità. Il fatto che questi ultimi percepiscano un livello di retribuzione adeguato all’importanza delle funzioni esercitate costituisce parimenti una garanzia inerente all’indipendenza [sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punti 63 e 64, nonché giurisprudenza ivi citata].

203    Il secondo aspetto, di carattere interno, si ricollega alla nozione di imparzialità e riguarda l’equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi riguardo all’oggetto di quest’ultima. Quest’aspetto esige il rispetto dell’obiettività e la mancanza di qualunque interesse nella soluzione della controversia al di fuori della rigorosa applicazione della norma giuridica [sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 65 e giurisprudenza ivi citata].

204    Queste garanzie di indipendenza e di imparzialità presuppongono l’esistenza di norme, segnatamente per quanto concerne la composizione dell’organo, la nomina, la durata delle funzioni nonché le cause di astensione, ricusazione e destituzione dei suoi membri, che consentano di escludere qualsiasi dubbio legittimo, nella mente dei cittadini, in merito all’impermeabilità di detto organo nei confronti di elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti [sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C‑216/18 PPU, EU:C:2018:586, punto 66].

2.      Sulla compatibilità con il principio di accessibilità

205    Dagli articoli 8.1 e 8.18 del CETA discende che quest’accordo mira a rendere il tribunale del CETA accessibile a qualsiasi impresa e a qualsiasi persona fisica canadese che investa nell’Unione, nonché a qualsiasi impresa e a qualsiasi persona fisica di uno Stato membro dell’Unione che investa in Canada.

206    Il capo otto, sezione F, del CETA esprime, a questo riguardo, l’obiettivo delle parti di strutturare la procedura ISDS in modo che gli investitori che dispongano di mezzi limitati per condurre una procedura onerosa, come le persone fisiche e le piccole e medie imprese, abbiano, al pari delle imprese in possesso di risorse più ampie, un accesso effettivo ai tribunali previsti.

207    Pertanto, all’articolo 8.39, paragrafo 6, di detto accordo le parti enunciano che sarà compito del comitato misto CETA «valuta[re] regole supplementari volte a ridurre l’onere finanziario a carico dei ricorrenti che siano persone fisiche o piccole e medie imprese».

208    L’«onere finanziario», di cui si prospetta così la riduzione, comporta, in particolare, gli oneri e le spese di cui all’articolo 8.39, paragrafo 5, di detto accordo.

209    Si tratta, da un lato, delle spese di rappresentanza e di assistenza giuridica sostenute sia dall’investitore ricorrente, sia dalla parte convenuta. Da detto articolo 8.39, paragrafo 5, discende che l’investitore rischia, in caso di rigetto della sua domanda, di dover sostenere l’integralità di tali spese.

210    Detto onere finanziario consiste, dall’altro, nel pagamento delle spese di procedura. A questo proposito, dal combinato disposto dell’articolo 8.39, paragrafo 5, del CETA e dell’articolo 8.27, paragrafo 14, di quest’ultimo si evince che tali spese comprendono segnatamente i costi e le spese dei membri del tribunale designati per trattare la controversia. L’investitore ricorrente rischia, in caso di rigetto della sua domanda, di dover sostenere l’integralità di tali costi e spese.

211    Il rischio economico affrontato promuovendo una procedura dinanzi al tribunale del CETA può essere pertanto, per una persona fisica o per una piccola e media impresa, di dimensioni tali da dissuadere detto investitore dall’avviare la procedura.

212    Questo difetto d’accessibilità del tribunale del CETA, con il quale possono trovarsi confrontati numerosi investitori, non è confutato dalla facoltà, prevista dall’articolo 8.27, paragrafo 9, del CETA di fare istruire la controversia da un solo membro di detto tribunale. Infatti, ai sensi di tale disposizione, questa riduzione parziale dell’onere finanziario sarà ottenuta soltanto qualora il convenuto vi acconsenta.

213    Risulta pertanto che, in assenza di un regime diretto a garantire l’accessibilità economica del tribunale e del tribunale d’appello del CETA alle persone fisiche e alle piccole e medie imprese, la procedura ISDS rischia, in pratica, di essere accessibile ai soli investitori che dispongano di rilevanti risorse economiche. Una situazione del genere farebbe nascere un’incoerenza tanto con l’ambito di applicazione soggettivo del capo otto, sezione F, del CETA, che comprende tutte le imprese e le persone fisiche di una delle parti che investono nel territorio dell’altra parte, quanto con l’obiettivo del commercio libero ed equo, enunciato dall’articolo 3, paragrafo 5, TUE, che il CETA mira a realizzare mediante, segnatamente, la facoltà di agire offerta agli investitori stranieri dinanzi a tribunali esterni al sistema giurisdizionale dello Stato ospitante.

214    Di conseguenza, al fine di valutare la compatibilità del capo otto, sezione F, del CETA con l’articolo 47 della Carta, è importante esaminare se le clausole, contenute in detta sezione F e nei testi che ne determinano la portata, in merito al miglioramento dell’accessibilità economica dei tribunali previsti per le persone fisiche e per le piccole e medie imprese, traducano impegni in base ai quali un regime, che garantisca il livello di accessibilità richiesto dall’articolo 47 della Carta, sia posto in essere sin dall’istituzione di detti tribunali.

215    Impegni di tale natura non sono contenuti né nell’articolo 8.27, paragrafo 15, del CETA, ai sensi del quale il comitato misto CETA «può», mediante decisione, trasformare gli onorari mensili e gli altri costi e spese in uno stipendio normale, né nell’articolo 8.39, paragrafo 6, di detto accordo, il quale dispone che il comitato misto CETA «valuta» regole supplementari volte a ridurre l’onere finanziario a carico delle persone fisiche o delle piccole e medie imprese.

216    Nemmeno le altre disposizioni del capo otto, sezione F, del CETA contengono impegni giuridicamente vincolanti in merito all’accessibilità economica dei tribunali previsti per gli investitori di dimensioni piccole o medie.

217    Viceversa, la dichiarazione n. 36 enuncia che «l’accesso a questa nuova giurisdizione per gli utenti più deboli, ossia le [piccole e medie imprese] e i privati, sarà migliorato e facilitato» e prevede, a tal fine, che «l’adozione da parte del comitato misto delle regole supplementari di cui all’articolo 8.39, paragrafo 6, del CETA, (...) sarà effettuata in modo che queste regole supplementari possano essere adottate il più presto possibile» e che, «indipendentemente dall’esito delle discussioni in sede di comitato misto, la Commissione proporrà misure adeguate di (co)finanziamento pubblico delle azioni delle piccole e medie imprese dinanzi a questa giurisdizione».

218    È giocoforza constatare che, con questa dichiarazione, la Commissione e il Consiglio si impegnano ad attuare, in modo rapido e adeguato, l’articolo 8.39, paragrafo 6, del CETA nonché ad assicurare l’accessibilità dei tribunali previsti alle piccole e medie imprese, e ciò persino nell’ipotesi in cui gli sforzi in sede di comitato misto CETA dovessero risultare infruttuosi.

219    Quest’impegno basta, nel quadro della presente procedura di parere, per concludere che il CETA, in quanto «accordo previsto», ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE, è compatibile con il principio di accessibilità di detti tribunali.

220    Infatti, in base al testo di una frase esplicativa che precede le dichiarazioni di cui fa parte la dichiarazione n. 36, queste ultime «si inseriscono quale parte integrante del contesto in cui il Consiglio adotta la decisione di autorizzare la firma del CETA a nome dell’Unione. Saranno iscritte nel processo verbale del Consiglio in tale occasione».

221    Il suddetto impegno dell’Unione, di garantire l’accesso effettivo ai tribunali previsti per tutti gli investitori dell’Unione contemplati dal CETA, condiziona pertanto l’approvazione di quest’accordo da parte dell’Unione. A questo proposito è importante rilevare che, ai sensi della dichiarazione n. 36, detto impegno fa parte dei «principi» sul cui fondamento «la Commissione si impegna a proseguire senza indugio la revisione del meccanismo di risoluzione delle controversie (...), in tempo utile affinché gli Stati membri possano tenerne conto nel rispettivo processo di ratifica». Tenendo conto del comma precedente della medesima dichiarazione, mediante il quale il Consiglio e la Commissione confermano che l’entrata in vigore delle disposizioni del capo otto, sezione F, del CETA non sarà anteriore alla ratifica del CETA da parte di tutti gli Stati membri, occorre constatare che la conclusione del CETA da parte del Consiglio è prevista basandosi sulla premessa che sarà garantita l’accessibilità economica del tribunale e del tribunale d’appello del CETA per tutti gli investitori dell’Unione contemplati.

222    Tenuto conto di questo vincolo formulato, dall’Unione, tra l’accessibilità economica di detti tribunali e la conclusione del CETA, occorre giudicare che l’accordo previsto non è incompatibile, sotto questo profilo, con l’articolo 47 della Carta.

3.      Sulla compatibilità con il requisito dell’indipendenza

223    Per quanto concerne l’aspetto esterno del requisito dell’indipendenza, che presuppone che i tribunali in questione esercitino le loro funzioni in piena autonomia, occorre anzitutto constatare che il CETA dispone, al suo articolo 8.27, paragrafi 4 e 5, che i membri del tribunale del CETA saranno nominati per mandati di periodo determinato e dovranno possedere conoscenze specialistiche.

224    Esso poi assicura, al suo articolo 8.27, paragrafi da 12 a 15, che detti membri percepiranno un livello di retribuzione adeguato all’importanza delle loro funzioni.

225    Esso garantisce infine l’inamovibilità di detti membri, dato che la possibilità di una loro destituzione è limitata, all’articolo 8.30, paragrafo 4, del CETA al caso in cui il comportamento di un membro non sia conforme agli obblighi enunciati nel paragrafo 1 di detto articolo, in particolare il divieto di seguire istruzioni di terzi o di trovarsi in conflitto di interessi.

226    L’articolo 8.28 del CETA estende l’applicabilità dell’articolo 8.27, paragrafo 4, e dell’articolo 8.30 di detto accordo ai membri del tribunale d’appello. Benché le suddette altre componenti dell’indipendenza non siano menzionate in detto articolo 8.28, con lo stesso grado di precisione, dall’uso del termine «tribunali» fatto nel punto 6, lettera f), dello strumento interpretativo comune discende che le parti impongono al tribunale d’appello i medesimi livelli di indipendenza del tribunale. Questa constatazione è corroborata dalla tavola di concordanza tra lo strumento interpretativo comune e il testo del CETA, che è allegata a tale strumento e menziona l’articolo 8.28 del CETA tra le disposizioni corrispondenti al punto 6, lettera f), di detto strumento.

227    In merito al fatto che il Regno del Belgio e alcuni governi hanno presentato osservazioni che sollevano dubbi sulla compatibilità, con l’aspetto esterno del requisito dell’indipendenza, della competenza che l’articolo 8.27, paragrafi 2 e 3, nonché l’articolo 8.28, paragrafi 3 e 7, del CETA attribuiscono al comitato misto CETA per nominare i membri del tribunale nonché del tribunale d’appello e per fissare o adeguare il numero, per multipli di tre, di membri di cui questi tribunali sono costituiti, occorre tener conto del fatto che l’identità dei membri nominati non potrà essere definita in anticipo nel testo del CETA e che lo stesso vale per gli aumenti o le riduzioni che potranno imporsi in futuro per quanto concerne il numero dei membri. Le garanzie ricordate nel punto 202 del presente parere non possono essere assolutamente intese nel senso che esse ostino a che un organo non giurisdizionale, quale il comitato misto CETA, sia competente a nominare, nel rispetto rigoroso delle norme enunciate nell’articolo 8.27, paragrafi 4 e 5, del CETA, i detti membri e per adattare, per multipli di tre, il loro numero. Queste garanzie non ostano nemmeno a che, conformemente all’articolo 8.30, paragrafo 4, del CETA, un organo siffatto sia competente a destituire tali membri.

228    Inoltre, dagli articoli 26.1 e 26.3 del CETA discende che il comitato misto CETA avrà composizione bipartita e che adotterà le sue decisioni di comune accordo. Come osservato dall’avvocato generale nel paragrafo 267 delle sue conclusioni, questi elementi consentono di ritenere che né la nomina né l’eventuale destituzione di un membro del tribunale o del tribunale d’appello obbediscano a condizioni diverse da quelle enunciate, segnatamente, dall’articolo 8.27, paragrafo 4, e dall’articolo 8.30, paragrafo 1, del CETA.

229    Per la stessa ragione, occorre ritenere che le parti hanno potuto convenire, all’articolo 8.27, paragrafo 12, del CETA, senza ledere il requisito dell’indipendenza, che l’importo dell’onorario mensile diretto a garantire la disponibilità dei membri di detti tribunali sarà stabilito dal comitato misto CETA e, nel paragrafo 15 del medesimo articolo, che quest’organo potrà decidere di trasformare detto onorario, nonché i costi e le spese, in uno stipendio normale, decidendone le modalità.

230    La possibilità che questa competenza del comitato misto CETA in materia di retribuzione non sia esercitata immediatamente non implica che la retribuzione di detti membri possa essere, in un primo tempo, aleatoria. Infatti, in forza dell’articolo 8.27, paragrafo 14, del CETA, i costi e le spese dei membri dei tribunali previsti saranno determinati a norma della regola 14, paragrafo 1, dei regolamenti amministrativi e finanziari dell’ICSID, che fa riferimento alla tabella periodicamente stabilita dal segretario generale dell’ICSID.

231    Come rilevato dall’avvocato generale nei paragrafi 260 e 261 delle sue conclusioni, il carattere evolutivo di queste disposizioni riguardanti la retribuzione dei membri del tribunale e del tribunale d’appello del CETA non può essere visto come una minaccia per l’indipendenza di questi tribunali bensì consente, al contrario, l’istituzione graduale di un organo giurisdizionale composto di membri occupati a tempo pieno.

232    Nemmeno l’articolo 8.31, paragrafo 3, del CETA, ai sensi del quale il comitato misto CETA può adottare, peraltro, interpretazioni dell’accordo vincolanti per il tribunale del CETA, e l’articolo 8.10, paragrafo 3, di detto accordo, che deve essere letto in combinato disposto con il citato articolo 8.31, paragrafo 3, ledono la capacità di questo tribunale – o del tribunale d’appello del CETA – di esercitare le sue funzioni in piena autonomia.

233    Infatti, in diritto internazionale non è né vietato né insolito prevedere la possibilità per le parti di un accordo internazionale di precisare, man mano che la loro volontà comune concernente la portata di quest’accordo si perfeziona, l’interpretazione di quest’ultimo. Precisazioni di tal genere possono essere apportate dalle parti stesse oppure da un organo istituito dalle parti, investito da queste ultime di un potere decisionale per loro vincolante.

234    Nel caso di specie, occorre constatare che il comitato misto CETA è, in forza dell’articolo 26.1, paragrafo 1, del CETA, un comitato bipartito che rappresenta le parti e che, in forza dell’articolo 26.1, paragrafo 4, lettera e), e dell’articolo 26.3 del CETA, è legittimato ad adottare, di comune accordo, decisioni vincolanti quali, conformemente all’articolo 26.1, paragrafo 5, lettera e), e all’articolo 8.31, paragrafo 3, del CETA, decisioni di interpretazione di tale accordo che si impongono alle parti e ai tribunali istituiti dal CETA senza che i principi di cui all’articolo 47 della Carta e, segnatamente, il principio dell’indipendenza risultino violati. Detti atti interpretativi producono gli effetti giuridici derivanti dall’articolo 31, paragrafo 3, della convenzione di Vienna, ai sensi del quale, ai fini dell’interpretazione di un trattato, si tiene conto di «ogni accordo ulteriore intervenuto tra le parti circa l’interpretazione del trattato o l’attuazione delle disposizioni in esso contenute».

235    Peraltro, è importante rilevare che la partecipazione dell’Unione alla fissazione, da parte di questo comitato, di siffatte interpretazioni vincolanti, è disciplinata dall’articolo 218, paragrafo 9, TFUE. Il suo consenso a qualsiasi decisione ex articolo 8.31, paragrafo 3, del CETA dovrà essere conforme, di conseguenza, al diritto primario dell’Unione, in particolare ai principi cui si ispira quest’ultimo e ricordati o precisati nel presente parere.

236    Inoltre, è importante, in considerazione del dovere di indipendenza del tribunale del CETA e del tribunale d’appello del CETA, che le interpretazioni stabilite dal comitato misto CETA non producano effetti sul trattamento delle controversie decise o promosse anteriormente a queste interpretazioni. Infatti, se così non fosse, il comitato misto CETA potrebbe esercitare un’influenza sul trattamento di controversie specifiche e quindi partecipare alla procedura ISDS.

237    Benché questa garanzia di mancanza di effetti retroattivi e di mancanza di effetti immediati sui procedimenti pendenti non sia espressamente prevista dall’articolo 8.31, paragrafo 3, del CETA, occorre rilevare anche in questo caso che il consenso dell’Unione a qualsiasi decisione ex articolo 8.31, paragrafo 3, del CETA dovrà essere conforme al diritto primario dell’Unione e, segnatamente, al diritto a un ricorso effettivo, consacrato dall’articolo 47 della Carta. Pertanto, l’articolo 8.31, paragrafo 3, del CETA non può essere interpretato, in considerazione di detto articolo 47, nel senso che autorizzi l’Unione ad accettare decisioni di interpretazione del comitato misto CETA che producano effetti sul trattamento delle controversie decise o pendenti.

238    Per quanto concerne l’aspetto interno del requisito di indipendenza, che verte segnatamente sull’imparzialità e mira all’equidistanza rispetto alle parti in causa nonché all’assenza di qualunque interesse personale dei membri nella decisione di detta controversia, occorre rilevare, da un lato, che l’equidistanza è garantita non solo dall’articolo 8.27, paragrafi 6 e 7, del CETA, secondo il quale le cause sono trattate da una divisione costituita in modo aleatorio e quindi imprevedibile per le parti, composta di tre membri dei quali uno è cittadino di uno Stato membro dell’Unione, uno è cittadino del Canada e uno è cittadino di uno Stato terzo, ma parimenti dal rinvio, operato dall’articolo 8.30, paragrafo 1, del CETA agli orientamenti dell’IBA, dai quali si evince, conformemente al primo principio generale da essi sancito, che i membri del tribunale del CETA devono essere imparziali e indipendenti dalle parti sia alla data in cui sono investiti di una domanda, sia per tutta la durata del giudizio e fino alla conclusione di quest’ultimo.

239    Per questo motivo, si deve parimenti tenere in considerazione che l’aspetto interno del requisito dell’indipendenza non è rimesso in discussione dalla circostanza, posta in risalto dal Regno del Belgio nella sua domanda di parere, secondo la quale la retribuzione dei membri del tribunale consisterà, almeno in un primo tempo, non solo in un onorario mensile ma anche in una retribuzione calcolata in funzione delle giornate di lavoro dedicate a una controversia. Infatti, qualsiasi violazione dei principi sanciti negli orientamenti dell’IBA, incluso il primo principio generale ricordato nel precedente punto del presente parere, può comportare la destituzione del membro o dei membri coinvolti, conformemente all’articolo 8.30, paragrafo 4, del CETA.

240    Inoltre, l’articolo 8.30, paragrafo 1, di quest’accordo enuncia che i membri «non sono collegati ad alcun governo». Benché sia precisato, nella nota in calce che accompagna questa disposizione, che «il fatto che una persona riceva una retribuzione da un governo non è di per sé motivo di incompatibilità», occorre considerare che, come esposto dalla Commissione durante la fase orale svoltasi dinanzi alla Corte, questa precisazione è collegata al fatto che, in un primo tempo, i membri dei tribunali previsti non saranno indubbiamente occupati a tempo pieno e potranno comprendere segnatamente come membri, ad esempio, professori di giurisprudenza, i quali percepiscono la loro retribuzione da parte di uno Stato senza tuttavia essere coinvolti, direttamente o indirettamente, nella determinazione della politica governativa di quest’ultimo.

241    Per quanto riguarda la circostanza che l’articolo 8.30, paragrafo 1, del CETA enuncia, nella sua seconda frase, che i membri del Tribunale del CETA «non ricevono istruzioni da organizzazioni o governi in relazione a questioni attinenti alla controversia», occorre rilevare che questa frase dev’essere letta alla luce del requisito dell’indipendenza contenuto nella prima frase del medesimo paragrafo, che implica che questi membri, al di fuori dell’ipotesi circoscritta di cui ai punti da 232 a 237 del presente parere, non possono ricevere istruzioni da parte di terzi nell’esercizio delle loro funzioni, che si tratti o meno di una specifica controversia.

242    Dall’altro lato, per quanto concerne la mancanza di qualsiasi interesse personale dei membri nella soluzione della controversia, l’articolo 8.30 del CETA contiene un divieto generale di conflitto di interessi diretto o indiretto, il quale comprende, mediante il rinvio agli orientamenti dell’IBA, norme deontologiche in materia di attività esterne.

243    Detto articolo 8.30 ricorda la competenza del comitato per i servizi e gli investimenti, previsto dall’articolo 8.44 di quest’accordo, ad adottare «regole supplementari» a questo riguardo; l’uso del termine «supplementari» garantisce che questo comitato non sia investito di una competenza a ridurre la portata del divieto di conflitto di interessi già contenuto in detto accordo, bensì dovrà limitarsi ad adattare, mantenendo nel contempo l’elevato livello di indipendenza derivante da detto divieto, le norme enunciate negli orientamenti dell’IBA alla realtà di un tribunale degli investimenti dotato di caratteristiche giurisdizionali predominanti.

244    In considerazione del complesso di questi elementi, occorre concludere che l’accordo previsto è compatibile con il requisito dell’indipendenza.

VI.    Risposta alla domanda di parere

245    Dal complesso delle precedenti considerazioni risulta che il capo otto, sezione F, del CETA è compatibile con il diritto primario dell’Unione.

Di conseguenza, la Corte (Seduta Plenaria) emette il seguente parere:

Il capo otto, sezione F, dell’accordo economico e commerciale globale tra il Canada, da una parte, e l’Unione europea e i suoi Stati membri, dall’altra, siglato a Bruxelles il 30 ottobre 2016, è compatibile con il diritto primario dell’Unione europea.

Lenaerts

Silva de Lapuerta

Bonichot

Arabadjiev

Prechal

Vilaras

Regan

von Danwitz

Toader

Biltgen

Jürimäe

Lycourgos

Rosas

Juhász

Ilešič

Malenovský

Levits

Bay Larsen

Safjan

Šváby

Fernlund

Vajda

Rodin

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 aprile 2019.

Il cancelliere

 

Il presidente

A. Calot Escobar

 

K. Lenaerts