Language of document : ECLI:EU:C:2020:1053

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

EVGENI TANCHEV

presentate il 17 dicembre 2020 (1)

Causa C824/18

A.B.,

C.D.,

E.F.,

G.H.,

I.J.

contro

Krajowa Rada Sądownictwa

con l’intervento di: Rzecznik Praw Obywatelskich,

Prokurator Generalny

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia)]

«Rinvio pregiudiziale – Articoli 2, 4, paragrafo 3, e 19, paragrafo 1, TUE – Articolo 267 TFUE – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Stato di diritto – Tutela giurisdizionale effettiva – Principio dell’indipendenza dei giudici – Procedura di nomina dei giudici della Corte suprema polacca – Nomina da parte del presidente della Repubblica di Polonia su proposta del Consiglio nazionale della magistratura – Mancanza d’indipendenza del Consiglio nazionale della magistratura – Ricorso giurisdizionale privo di effettività – Sentenza della Corte costituzionale che abroga la disposizione su cui si fonda la competenza del giudice del rinvio – Legge nazionale che limita i poteri giurisdizionali del giudice del rinvio – Primato del diritto dell’Unione – Differenza di trattamento per quanto riguarda l’accesso a un rimedio giurisdizionale»






1.        Come Lord Neuberger, ex presidente della UK Supreme Court (Corte suprema del Regno Unito), ha giustamente affermato: «Una volta che si priva la gente del diritto di adire un organo giurisdizionale per contestare il governo, si instaura una dittatura» (2). L’eliminazione in Polonia della possibilità di un controllo giurisdizionale nell’ambito del fondamentale settore costituzionale dell’indipendenza dei giudici (3) costituisce il nucleo essenziale della controversia da risolvere nel caso di specie (4).

2.        Invero, la presente causa solleva questioni di rilievo e consentirà alla Corte di fornire precisazioni importanti, tanto sul piano procedurale quanto sul merito, in particolare per quanto riguarda l’articolo 19, paragrafo 1, TUE. Nel trattare del primato del diritto dell’Unione, reagirò alla recente sentenza del Bundesverfassungsgericht (Corte costituzionale federale, Germania; in prosieguo: il «BVerfG»), nella causa Weiss (2 BvR 859/15), in cui esso ha dichiarato, tra l’altro, che una sentenza della Corte di giustizia era viziata da eccesso di potere, nonché a una recente ordinanza della Sezione disciplinare della Corte suprema polacca che, successivamente alla suddetta sentenza del BVerfG, ha dichiarato che una sentenza della Corte di giustizia non era vincolante nell’ordinamento giuridico polacco.

3.        Nella presente domanda di rinvio pregiudiziale, presentata il 21 novembre 2018 e successivamente integrata con una questione pregiudiziale supplementare con decisione del 26 giugno 2019, il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia) chiede un’interpretazione degli articoli 2, 4, paragrafo 3, 6, paragrafo 1, e 19, paragrafo 1, TUE, dell’articolo 267 TFUE, degli articoli 15, paragrafo 1, 20, 21, paragrafo 1, 47 e 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché degli articoli 2, paragrafo 1, 2, lettera a), 3, paragrafo 1, lettera a), e 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE (5).

4.        Il rinvio ha avuto origine nel contesto di procedimenti giurisdizionali che vedono contrapposti, da un lato, i candidati alle funzioni giudiziarie A.B., C.D., E.F., G.H. e I.J. e, dall’altro, la Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura; in prosieguo: la «KRS»), nell’ambito dei quali i suddetti candidati hanno impugnato le delibere in cui: i) la KRS ha deciso di non proporre al presidente della Repubblica di Polonia (in prosieguo: il «Presidente della Repubblica») la loro nomina alle funzioni di giudice del Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia; in prosieguo: la «Corte suprema»); e, contemporaneamente, ii) la KRS ha proposto al Presidente della Repubblica la nomina di altri candidati.

I.      Contesto normativo

5.        La KRS è disciplinata dalla Ustawa z dnia 12 maja 2011 r. o Krajowej Radzie Sądownictwa (legge del 12 maggio 2011 sul Consiglio nazionale della magistratura). In particolare, l’articolo 44 della legge sulla KRS dispone quanto segue:

«1)      Un candidato può proporre impugnazione dinanzi alla [Corte suprema] a motivo dell’illegittimità della delibera [della KRS], salvo diversamente previsto da disposizioni specifiche. (…)

1a      Nel caso di controversie individuali concernenti la nomina a giudice della [Corte suprema], può essere proposta impugnazione presso il [Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa)]. In tali casi, è precluso il ricorso dinanzi alla [Corte suprema]. Un ricorso proposto dinanzi al [Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa)] non può fondarsi su un motivo vertente su un’erronea valutazione del rispetto, da parte dei candidati, dei criteri di cui si è tenuto conto in sede di adozione della decisione sulla presentazione delle proposte di nomina a giudice del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)].

1b            Se non tutti i partecipanti alla procedura hanno impugnato la delibera di cui all’articolo 37, paragrafo 1, in controversie individuali concernenti la nomina a giudice del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)], la suddetta delibera diviene definitiva nella parte contenente la decisione di presentare una proposta di nomina a giudice del [Sąd Najwyższy (Corte suprema)] e nella parte contenente la decisione di non presentare una proposta di nomina a giudice della medesima Corte, nei confronti dei partecipanti alla procedura che non hanno proposto ricorso.

(...)

4.      Nelle controversie individuali concernenti la nomina all’ufficio di giudice della [Corte suprema], l’annullamento da parte della [Corte suprema amministrativa] della delibera della [KRS] recante la decisione di non presentare la proposta di nomina all’ufficio di giudice della [Corte suprema] equivale all’ammissione della candidatura del candidato che abbia proposto ricorso nella procedura per il posto vacante di giudice della [Corte suprema], posto per il quale, alla data della pronuncia della sentenza della [Corte suprema amministrativa], non è terminata la procedura dinanzi alla [KRS], o, in assenza di una siffatta procedura, per il prossimo posto vacante di giudice della [Corte suprema] oggetto di pubblicazione».

II.    Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

6.        Con delibera del 24 agosto 2018, n. 318/2018, la KRS decideva di non inoltrare al presidente della Repubblica la proposta di nomina, tra gli altri, di A.B. e C.D. a ricoprire la funzione di giudice presso la Sezione penale della Corte suprema. Con delibera del 28 agosto 2018, n. 330/2018, la KRS decideva di non inoltrare al presidente della Repubblica di Polonia la proposta di nomina, tra gli altri, di E.F., G.H. e I.J. a ricoprire la funzione di giudice presso la Sezione civile della Corte suprema. Dette delibere contenevano altresì proposte di nomina di altri candidati per i suddetti posti.

7.        I candidati esclusi dalla proposta hanno impugnato le suddette delibere dinanzi al giudice del rinvio e hanno chiesto al giudice medesimo di sospenderne l’esecuzione, richiesta che detto giudice ha accolto.

8.        Per quanto riguarda la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio rileva, in primo luogo, che, contrariamente alle disposizioni precedentemente applicabili, l’articolo 44, paragrafo 1b, della legge sulla KRS, di recente introduzione, prevede che, nelle controversie individuali riguardanti la nomina all’ufficio di giudice della Corte suprema, una delibera della KRS divenga definitiva non solo per la parte di tale delibera che contiene la decisione di non proporre la nomina di candidati nel caso di mancato ricorso da parte dei candidati non prescelti, ma anche per la parte della suddetta delibera che contiene la decisione di proporre la nomina se non tutti i partecipanti alla procedura di selezione hanno presentato ricorso. Tuttavia, tali partecipanti includono anche i candidati la cui nomina è stata proposta e che, pertanto, non hanno interesse a proporre un ricorso avverso una siffatta delibera. Il giudice del rinvio ritiene pertanto che la delibera, di fatto, acquisirà sempre carattere definitivo.

9.        In secondo luogo, il giudice del rinvio rileva che l’articolo 44, paragrafo 1a, della legge sulla KRS, che definisce la funzione che essa è chiamata a svolgere (controllo giurisdizionale della procedura di concorso di cui trattasi), si basa su premesse troppo generali, non essendo stati stabiliti criteri univoci di valutazione.

10.      In terzo luogo, il giudice del rinvio precisa che dall’articolo 44, paragrafo 4, della legge sulla KRS discende che dalla soluzione risulta una conseguenza per cui, in caso di annullamento da parte del giudice del rinvio di una delibera della KRS recante decisione di non presentare una proposta di nomina all’ufficio di giudice della Corte suprema, ciò comporta soltanto che la domanda presentata dal partecipante alla procedura che ha proposto ricorso sia accettata per un posto vacante di giudice presso la Corte suprema quando la procedura dinanzi alla KRS per il suddetto posto non è terminata e, in assenza di una siffatta procedura, per il prossimo posto vacante di giudice della Corte suprema.

11.      Per quanto riguarda la seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio interroga la Corte anche per poter essere in grado di valutare se il principio della parità di accesso alla funzione pubblica (che risponde a obiettivi di interesse generale) sia stato rispettato nel caso di specie. A suo avviso, vi è una chiara differenza di efficacia del ricorso tra le procedure relative a posti vacanti presso altri organi giurisdizionali e la procedura relativa a tali posti presso la Corte suprema.

12.      È in tale contesto che il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 2 in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, terza frase, l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78/CE del Consiglio e l’articolo 267, terzo comma, TFUE, debbano essere interpretati nel senso che

–        sussiste una violazione del principio dello Stato di diritto e del diritto a un ricorso effettivo e alla tutela giurisdizionale effettiva quando, nell’ambito di procedimenti individuali concernenti l’esercizio dell’ufficio di giudice presso l’organo giurisdizionale di ultimo grado di uno Stato membro (Corte suprema), il legislatore nazionale prevede sì un diritto di ricorso, ma la decisione sull’esame e la valutazione comuni di tutti i candidati alla Corte suprema all’interno della procedura di selezione che precede l’inoltro della domanda per la nomina a giudice presso il succitato organo giurisdizionale diviene definitiva ed efficace se non impugnata da tutti i partecipanti alla procedura di selezione, tra cui rientra anche un candidato che non ha alcun interesse all’impugnazione della decisione di cui trattasi in quanto la domanda di nomina a giudice che lo riguarda è stata inoltrata, cosicché

–        il mezzo di ricorso perde la propria efficacia e non sussiste alcuna possibilità di effettuare un reale controllo sullo svolgimento della succitata procedura di selezione da parte del giudice competente,

–        il che, in una situazione in cui la suddetta procedura ricomprende anche quei posti di giudice presso la Corte suprema occupati sino ad oggi da giudici che sono stati assoggettati alla nuova e più bassa età pensionabile senza che il giudice interessato potesse scegliere se avvalersi o meno della disciplina in materia, incide altresì sotto il profilo del principio dell’inamovibilità dei giudici – se si presume che esso ne sia violato – sulla portata e sull’esito del controllo giudiziale sulla procedura di selezione svolta.

2)      Se l’articolo 2, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, terza frase, e l’articolo 6, paragrafo 1, TUE, in combinato disposto con l’articolo 15, paragrafo 1, e l’articolo 20, in combinato disposto con l’articolo 21, paragrafo 1, e l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, lettera a), l’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2000/78/CE del Consiglio e l’articolo 267, terzo comma, TFUE, debbano essere interpretati nel senso che:

–        sussiste una violazione del principio dello Stato di diritto, del principio di parità di trattamento e del principio della parità di accesso alla funzione pubblica – ovverossia all’esercizio dell’ufficio di giudice della Corte suprema – in una situazione in cui, nei procedimenti individuali concernenti l’esercizio dell’ufficio di giudice della Corte suprema sia sì previsto il diritto di presentare ricorso presso il giudice competente, ma – in ragione della disciplina del passaggio in giudicato descritta nella prima questione – la nomina a giudice della Corte suprema concernente un posto vacante di giudice possa avvenire senza che il giudice competente effettui un controllo della succitata procedura di selezione – qualora un siffatto controllo sia stato richiesto – e tale assenza di possibilità di controllo violi il diritto a un ricorso effettivo e, con ciò, anche il diritto alla parità di accesso alla funzione pubblica, ponendosi in contrasto con l’interesse pubblico, e [nel senso] che una situazione in cui l’organismo dello Stato membro chiamato a vigilare sull’indipendenza dei tribunali e dei giudici ([la KRS]), dinanzi al quale si svolge la procedura concernente l’esercizio dell’ufficio di giudice della Corte suprema, sia composto in modo tale che i rappresentanti del potere giudiziario al suo interno sono scelti dal potere legislativo, mina il principio di equilibrio istituzionale».

III. Procedimento dinanzi alla Corte e questione pregiudiziale supplementare

13.      Nell’ambito della prima fase del procedimento scritto, sono state presentate alla Corte osservazioni da A.B., C.D., E.F. e I.J., nonché dalla KRS, dal Prokurator Generalny (Procuratore generale, Polonia), dal Rzecznik Praw Obywatelskich (Mediatore, Polonia), dal governo polacco e dalla Commissione.

14.      La fase scritta del procedimento dinanzi alla Corte si è conclusa il 31 maggio 2019. Il 26 giugno 2019, il giudice del rinvio ha emesso un’ordinanza con la quale ha respinto una domanda di non luogo a statuire sulle fattispecie di cui al procedimento principale presentata dal Procuratore generale. Detta domanda era fondata sui seguenti elementi.

15.      In primo luogo, con sentenza del 25 marzo 2019, nella causa K 12/18, pronunciata su domanda della KRS e di un gruppo di senatori, il Trybunał Konstytucyjny (Corte costituzionale, Polonia) ha dichiarato che l’articolo 44, paragrafo 1a, della legge sulla KRS era incompatibile con l’articolo 184 della Costituzione polacca. La Corte costituzionale ha altresì statuito che occorreva porre fine a tutti i procedimenti avviati in forza di tale disposizione dato che era stata invalidata.

16.      In secondo luogo, l’Ustawa z dnia 26 kwietnia 2019 r. o zmianie ustawy o Krajowej Radzie Sądownictwa oraz ustawy – Prawo o ustroju sądów administracyjnych (legge del 26 aprile 2019 che modifica la legge sul Consiglio nazionale della magistratura e la legge relativa all’ordinamento degli organi giurisdizionali amministrativi; in prosieguo: la «legge del 26 aprile 2019») (6), entrata in vigore il 23 maggio 2019, ha modificato l’articolo 44, paragrafo 1, seconda frase, della legge sulla KRS, che ora è formulato come segue: «L’impugnazione non è ammissibile nelle controversie individuali concernenti la nomina all’ufficio di giudice della Corte suprema». La medesima legge precisa altresì, all’articolo 3, che «[i] procedimenti di impugnazione delle delibere [della KRS] nelle controversie individuali concernenti la nomina all’ufficio di giudice della Corte suprema, che sono stati avviati ma non conclusi prima dell’entrata in vigore della presente legge, si estinguono di diritto».

17.      È in tale contesto che il Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa) ha deciso di sottoporre alla Corte una questione pregiudiziale supplementare (ossia la terza) nella presente causa:

«1)      Se l’articolo 2, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, terza frase, l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, l’articolo 47 della Carta, l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 e l’articolo 267, terzo comma, TFUE, debbano essere interpretati nel senso che:

–        sussiste una violazione dello Stato di diritto e del diritto di accesso alla giustizia e alla tutela giurisdizionale effettiva quando il legislatore nazionale rimuove dall’ordinamento giuridico le disposizioni pertinenti sulla competenza della Corte suprema amministrativa e sul diritto di impugnare dinanzi a tale organo giurisdizionale le delibere della [KRS] e introduce altresì una soluzione in forza della quale i procedimenti relativi a tali impugnazioni, avviati ma non definiti prima dell’introduzione di tali modifiche (deroghe), vengono dichiarati estinti di diritto, con l’effetto di:

–        pregiudicare il diritto di accesso alla giustizia ai fini del controllo giurisdizionale delle suddette delibere della [KRS] e del controllo della regolarità della procedura di selezione nell’ambito della quale tali delibere sono state adottate, e

–         pregiudicare il diritto di accesso alla giustizia nella parte in cui nelle controversie individuali pendenti dinanzi all’organo giurisdizionale originariamente competente per tali procedimenti, dopo che quest’ultimo ha effettuato un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, a seguito della corretta instaurazione del procedimento di controllo delle suddette delibere della [KRS], priva tale organo della possibilità di sottoporre efficacemente tali domande alla Corte di giustizia e del diritto di attendere la risposta sul rinvio, inficiando, così, il principio di leale cooperazione vigente nell’Unione».

18.      Nell’ambito della seconda parte della fase scritta del procedimento, il Procuratore generale, il Mediatore, il governo polacco e la Commissione hanno presentato osservazioni alla Corte.

19.      Tutte le parti che hanno presentato osservazioni scritte nell’ambito della prima fase del procedimento scritto si sono parimenti avvalse della facoltà di svolgere argomenti orali in un’udienza dinanzi alla Corte.

IV.    Analisi

A.      Competenza della Corte

20.      Il Procuratore generale deduce che la Corte non è competente a statuire sulle questioni pregiudiziali ad essa sottoposte in quanto le stesse vertono sul diritto a un ricorso giurisdizionale in un settore non disciplinato dal diritto dell’Unione. Ogni altra decisione comporterebbe la coesistenza di competenze analoghe ed erga omnes su questioni giuridiche identiche contemporaneamente dinanzi alla Corte di giustizia e alla Corte costituzionale.

21.      Tuttavia, la Corte ha già dichiarato che, sebbene l’organizzazione della giustizia negli Stati membri rientri nella competenza di questi ultimi, ciò non toglie che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri siano tenuti a rispettare gli obblighi per essi derivanti dal diritto dell’Unione (7). Inoltre, quanto all’ambito di applicazione, in particolare, dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, tale disposizione mira a garantire una tutela giurisdizionale effettiva nei «settori disciplinati dal diritto dell’Unione», indipendentemente dalla situazione in cui gli Stati membri attuano tale diritto, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta (8).

22.      Ne consegue che la Corte è competente ad interpretare, in particolare, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE nella presente causa (v. paragrafi 31 e seguenti delle presenti conclusioni).

B.      Sulla necessità (eventualmente ancora sussistente) di statuire

23.      La KRS, il Procuratore generale e il governo polacco fanno valere, in sostanza, che le questioni pregiudiziali presentate sono divenute prive di oggetto, non essendo necessario rispondervi per dirimere le controversie di cui al procedimento principale. L’articolo 44, paragrafo 1a, della legge sulla KRS, sul quale era fondata la competenza del giudice del rinvio, è stato abrogato con effetto erga omnes dalla Corte costituzionale con sentenza del 25 marzo 2019, elemento confermato anche dal legislatore.

24.      Ritengo che, a seguito della legge del 26 aprile 2019, le questioni pregiudiziali non siano divenute prive di oggetto. In primo luogo, tale legge modifica l’articolo 44 della legge sulla KRS e abolisce il diritto di ricorso nelle controversie individuali esclusivamente per quanto riguarda la nomina dei giudici della Corte suprema. In secondo luogo, detta legge prevede altresì che i procedimenti pendenti relativi ai ricorsi proposti avverso le delibere della KRS in controversie individuali sono estinti ipso iure.

25.      Quest’ultimo elemento fa sì che le questioni pregiudiziali sottoposte non possano essere prive di oggetto. Infatti, vorrei sottolineare che la Corte ha già respinto un’analoga argomentazione da parte del governo polacco nella sentenza A.K. e a. (punto 102).

26.      Rilevo che la legge del 26 aprile 2019 non ha di per sé posto fine al procedimento principale e che essa non ha dato luogo a un ritiro del rinvio pregiudiziale in quanto, come rilevato dal giudice del rinvio, la legge del 26 aprile 2019 «esige un’adeguata iniziativa concreta da parte del giudice investito di una causa già pendente dinanzi ad esso (il che vale anche per le conseguenze derivanti dalla decisione [del 25 marzo 2019]), che deve trovare essenzialmente espressione sotto forma di ordinanza – poiché solo in tal modo si può esprimere la competenza giurisdizionale a pronunciarsi di un organo, atteso che la giurisdizione di quell’organo non è abolita dal suddetto atto normativo» (il corsivo è mio). Il giudice del rinvio non ha deciso che non vi è luogo a statuire e, al contrario, ha deciso di mantenere la sua domanda di pronuncia pregiudiziale (v., altresì, sentenza A.K. e a., punto 103).

27.      Pertanto, disposizioni nazionali come la legge del 26 aprile 2019 non possono impedire a un organo giurisdizionale di ultima istanza di mantenere le questioni che esso ha sottoposto alla Corte in via pregiudiziale (v. sentenza A.K. e a., punto 104).

28.      Ricordo che, oltre alla citata sentenza A.K. e a., in svariate cause la Corte ha già rifiutato di dichiarare che non vi fosse più luogo a statuire per asserita estinzione dell’oggetto della controversia, come in dette cause era stato richiesto dalle autorità polacche. È chiaro che il legislatore polacco non ha esitato a modificare, con urgenza e ripetutamente, il quadro normativo nazionale esaminato in tali cause dalla Corte, soltanto per poi sostenere che i ricorsi per inadempimento o i rinvii pregiudiziali fossero divenuti privi di oggetto (9).

29.      Ne consegue che la legge del 26 aprile 2019 e/o la sentenza del 25 marzo 2019 non sono in grado di fornire una ragione valida affinché la Corte si astenga dal pronunciarsi sulle questioni pregiudiziali.

C.      Ricevibilità

30.      Il Procuratore generale e il governo polacco fanno valere, in sostanza, che le questioni sollevate sono irricevibili sulla base di argomenti analoghi a quelli di cui al paragrafo 20 delle presenti conclusioni.

31.      Anzitutto, ricordo che dalla giurisprudenza risulta che «l’articolo [267 TFUE] costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto [dell’Unione] necessari per risolvere le controversie dinanzi ad essi» (10).

32.      Il giudice del rinvio chiede se il rimedio giurisdizionale previsto dal diritto nazionale sia conforme al requisito di tutela giurisdizionale effettiva prevista all’articolo 47 della Carta. Tuttavia, tale articolo è applicabile solo quando si tratta di una violazione di un diritto soggettivo garantito dal diritto dell’Unione.

33.      Il giudice del rinvio fa riferimento anche alla direttiva 2000/78. Ai sensi del suo articolo 1, detta direttiva «mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento» (il corsivo è mio).

34.      Il giudice del rinvio non spiega il nesso tra i ricorrenti nel procedimento principale e il diritto a non essere discriminati in forza della direttiva 2000/78, il cui ambito di applicazione è limitato ai motivi specifici sopra elencati. Pertanto, è sufficiente constatare che, nella misura in cui dalle domande di pronuncia pregiudiziale nella presente causa non risulta che i ricorrenti nel procedimento principale intendano far valere diritti garantiti dal diritto dell’Unione, come quelli previsti dalla direttiva 2000/78, tanto l’articolo 47 della Carta che la direttiva 2000/78 non sono applicabili nel caso di specie.

35.      Il giudice del rinvio richiama altresì l’articolo 2 TUE come disposizione autonoma. Tuttavia, tale articolo non figura di per sé tra le disposizioni in forza delle quali la compatibilità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione dovrebbe essere valutata e che potrebbero quindi di per sé indurre il giudice del rinvio a disapplicare una disposizione nazionale seguendo l’interpretazione fornita dalla Corte. Ciò non è comunque necessario, poiché l’articolo 2 TUE e il principio dello Stato di diritto ivi enunciato trovano concreta espressione nell’articolo 19 TUE (v. paragrafo 87 delle presenti conclusioni).

36.      Ritengo che soprattutto la prima e la terza questione siano rilevanti per i procedimenti principali, dal momento che vertono sulla portata dei poteri del giudice del rinvio nell’ipotesi in cui quest’ultimo constatasse l’illegittimità delle delibere controverse della KRS. L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e l’articolo 267 TFUE rimangono le uniche disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione richiamate nelle questioni pregiudiziali.

D.      Sul merito

37.      Ritengo che il merito della terza questione (supplementare) sollevata debba essere affrontato per primo, in quanto la risposta a tale questione o indurrà la Corte a dichiarare che non vi è luogo a statuire sulle prime due questioni, o, al contrario, la indurrà a prenderle in esame.

1.      Sulla terza questione pregiudiziale

38.      La presente questione deve essere intesa nel senso che il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 267 TFUE e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE debbano essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione che determina l’estinzione ipso iure di un procedimento nazionale senza alcuna possibilità di proseguire tale procedimento o di reintrodurlo dinanzi a un altro giudice (primo capo della terza questione) e se tali disposizioni del diritto dell’Unione ostino alla conseguenza che può derivare da tale disposizione nazionale, ossia che la Corte di giustizia si dichiari incompetente in casi che hanno già dato luogo a una domanda di rinvio pregiudiziale ancora pendente (secondo capo della terza questione).

a)      Sintesi degli argomenti delle parti

39.      In sostanza, il Procuratore generale sostiene che l’esclusione di qualsiasi mezzo di ricorso contro le proposte di nomina di cui trattasi è consentita dalla Costituzione polacca. Restrizioni alle libertà e ai diritti costituzionali sono ammesse se previste dalla legge e necessarie, in particolare nell’interesse dell’ordine pubblico. Il governo polacco fa valere, in sostanza, che l’articolo 3 della legge del 26 aprile 2019 non limita le possibilità per il giudice del rinvio di adire la Corte con un rinvio pregiudiziale, ma mira unicamente a stabilire la chiusura di controversie quali quelle di cui al procedimento principale.

40.      La Commissione sostiene che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE non osta a disposizioni nazionali quali quelle di cui trattasi nel procedimento principale, salvo in caso di distorsioni strutturali nella procedura di nomina tali da mettere in dubbio l’indipendenza di quel candidato dopo la sua nomina. Di conseguenza, l’adozione di una disposizione nazionale che comporta l’estinzione ipso iure dei ricorsi miranti al controllo giurisdizionale di siffatte delibere (articolo 3 della legge del 26 aprile 2019) non è preclusa dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE. Neanche l’articolo 267 TFUE, stando alla Commissione, osta all’articolo 3 della legge del 26 aprile 2019.

41.      Contrariamente alle parti di cui sopra, A.B., C.D., E.F., I.J. e il Mediatore ritengono, in sostanza, che occorra rispondere in senso affermativo alla terza questione.

b)      Analisi

42.      In primo luogo, occorre esaminare il secondo capo della terza questione, nella parte in cui tratta dell’articolo 267 TFUE.

1)      Sul secondo capo della terza questione (articolo 267 TFUE)

43.      È vero che, nel caso di specie, è l’azione comune della Corte costituzionale e del legislatore polacco che, secondo le questioni pregiudiziali, potrebbe potenzialmente condurre a una situazione di non luogo a statuire in forza del diritto nazionale che potrebbe sfociare nella dichiarazione di incompetenza della Corte di giustizia nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale. Infatti, anzitutto, è la sentenza del 25 marzo 2019 che ha abrogato la disposizione nazionale su cui si fondava la competenza del giudice del rinvio, e ciò con effetto immediato, precisando che tale dichiarazione di incostituzionalità comportava l’estinzione di tutti i procedimenti di questo tipo ancora pendenti dinanzi al giudice del rinvio.

44.      È altresì vero che, nel corso degli ultimi anni, sono stati espressi seri dubbi, tra l’altro, dalla Commissione circa l’attuale capacità della Corte costituzionale di esercitare (ancora) la sua funzione in piena autonomia e che la Commissione ha adottato una decisione che ha avviato formalmente il procedimento di cui all’articolo 7, paragrafo 1, TUE in merito allo Stato di diritto in Polonia (11).

45.      Come è dimostrato nel caso di specie, l’articolo 19 TUE affida l’onere di garantire il controllo giurisdizionale nell’ordinamento giuridico dell’Unione non soltanto alla Corte di giustizia, ma anche agli organi giurisdizionali nazionali che adempiono, in collaborazione con la Corte di giustizia, una funzione loro attribuita congiuntamente al fine di garantire il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati (12).

46.      In particolare, per quanto riguarda l’articolo 267 TFUE, ricordo che «la chiave di volta del sistema giurisdizionale [dell’Unione] è costituita dal procedimento di rinvio pregiudiziale previsto [da detta disposizione], il quale, instaurando un dialogo da giudice a giudice proprio tra la Corte e i giudici degli Stati membri, mira ad assicurare l’unità di interpretazione del diritto dell’Unione (...), permettendo così di garantire la coerenza, la piena efficacia e l’autonomia di tale diritto nonché, in ultima istanza, il carattere peculiare dell’ordinamento istituito dai Trattati» (13).

47.      Risulta chiaramente dalla giurisprudenza della Corte che, conformemente all’articolo 267 TFUE, i giudici nazionali devono restare liberi di decidere se sottoporre o meno questioni pregiudiziali alla Corte (14).

48.      Inoltre, secondo costante giurisprudenza, «l’articolo 267 TFUE conferisce ai giudici nazionali la più ampia facoltà di adire la Corte qualora ritengano che, nell’ambito di una controversia dinanzi ad essi pendente, siano sorte questioni che implichino un’interpretazione o un accertamento della validità delle disposizioni del diritto dell’Unione che siano essenziali ai fini della pronuncia nel merito della causa di cui sono investiti» (15).

49.      La Corte ha altresì precisato che tale margine di discrezionalità e tale competenza non possono essere rimessi in discussione dall’applicazione di norme di diritto nazionale (16).

50.      Infatti, «[n]on possono (...) essere ammesse disposizioni nazionali dalle quali derivasse per i giudici nazionali il rischio di esporsi a procedimenti disciplinari per il fatto di aver adito la Corte mediante un rinvio pregiudiziale (...), la mera prospettiva di poter essere, se del caso, oggetto di procedimenti disciplinari per il fatto di avere proceduto ad un siffatto rinvio o di aver deciso di mantenerlo successivamente alla sua introduzione è atta a pregiudicare l’effettivo esercizio, da parte dei giudici nazionali interessati, della facoltà e delle funzioni [di giudice incaricato dell’applicazione del diritto dell’Unione]. (...) [La summenzionata indipendenza dei giudici] è, in particolare, essenziale per il buon funzionamento del sistema di cooperazione giudiziaria costituito dal meccanismo del rinvio pregiudiziale di cui all’articolo 267 TFUE» (17).

51.      Ciò che rileva nel caso di specie è il fatto che, come evidenzia il giudice del rinvio, il diritto nazionale contiene l’obbligo costituzionale, in forza dello Stato di diritto, di disporre di un ricorso giurisdizionale avverso le delibere della KRS quali quelle di cui al procedimento principale.

52.      Ne consegue che, in primo luogo, per quanto riguarda il secondo capo della terza questione pregiudiziale (relativo all’articolo 267 TFUE) ritengo che, quanto meno alla luce del contesto – in cui la Corte è stata adita negli ultimi anni in relazione a numerose asserite violazioni dello Stato di diritto e dell’indipendenza del potere giudiziario in Polonia (v. paragrafo 28 delle presenti conclusioni, nonché, in relazione alla fattispecie, si può osservare che, nonostante il fatto che il giudice del rinvio avesse sospeso le delibere della KRS di cui trattasi, il presidente della Repubblica ha comunque proceduto alla nomina a giudice della Corte suprema in questione di otto nuovi giudici proposti dalla KRS nell’ambito delle delibere di cui al caso di specie) (18) – la Corte dovrebbe statuire che l’articolo 267 TFUE osta a una normativa nazionale, quale la legge del 26 aprile 2019, in quanto ha imposto l’estinzione ipso iure di procedimenti quali quelli pendenti dinanzi al giudice del rinvio, escludendo al contempo il trasferimento del controllo giurisdizionale sui ricorsi ad altro giudice nazionale o la reintroduzione dei ricorsi dinanzi ad altro giudice nazionale. Inoltre, agendo in tal senso, il legislatore polacco ha ignorato le pronunce della Corte costituzionale che hanno chiarito la necessità del controllo giurisdizionale delle delibere della KRS come quelle di cui trattasi nel procedimento principale.

53.      Ciò vale a maggior ragione in quanto la fase successiva della procedura di nomina, ossia la nomina da parte del presidente di un candidato a giudice della Corte suprema, costituisce una prerogativa presidenziale e non può, in quanto tale, essere oggetto di controllo giurisdizionale ai sensi del diritto polacco.

54.      Passo ora ad esaminare il primo capo della terza questione pregiudiziale, che verte essenzialmente sulla questione se il principio del primato del diritto dell’Unione e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE consentano al giudice del rinvio di dichiararsi competente – nonostante la legge del 26 aprile 2019 – a statuire e a proseguire l’esame dei ricorsi nel procedimento principale.

2)      Sul primo capo della terza questione (articolo 19, paragrafo 1, TUE e primato del diritto dell’Unione)

i)      Sulla sentenza della Corte costituzionale del 25 marzo 2019

55.      Affronterò prima di tutto la sentenza del 25 marzo 2019, cui, si sostiene, il legislatore polacco avrebbe cercato di dare attuazione con la contestata legge del 26 aprile 2019 e che, come vedremo in prosieguo, è importante per la soluzione della presente causa.

56.      La deroga all’articolo 44, paragrafo 1a, della legge sulla KRS, operata dalla sentenza del 25 marzo 2019, ha avuto come conseguenza di rimettere in discussione la competenza del giudice del rinvio (la Corte suprema amministrativa) quale giudice (inizialmente) competente a giudicare in merito ai ricorsi avverso le delibere della KRS recanti la decisione di presentare (o di non presentare) proposte di nomina a giudice della Corte suprema sulla base, come risulta dalla motivazione di tale sentenza, del tipo di causa e del carattere istituzionale dei giudici amministrativi rispetto ai giudici ordinari, per cui il giudice del rinvio non sarebbe il giudice «competente a conoscere delle delibere della [KRS]».

57.      Certamente, come principio generale, si può dire che, indipendentemente dalla sentenza della Corte costituzionale, secondo costante giurisprudenza della Corte di giustizia, i giudici nazionali non possono essere vincolati da valutazioni di un organo giurisdizionale di grado superiore che impediscano loro di attuare il diritto dell’Unione (19).

58.      In effetti, «[u]na norma di diritto nazionale in virtù della quale le valutazioni formulate da un organo giurisdizionale superiore vincolano un altro giudice nazionale non può privare quest’ultimo della facoltà di sottoporre alla Corte questioni riguardanti l’interpretazione del diritto dell’Unione interessato da dette valutazioni in diritto. Infatti, tale giudice, ove ritenga che la valutazione in diritto compiuta nel grado superiore potrebbe indurlo ad emettere una decisione contraria al diritto dell’Unione, deve essere libero di sottoporre alla Corte le questioni costituenti per esso motivo di perplessità» (20).

59.      Nella stessa sentenza (21), la Corte ha ricordato che «secondo una giurisprudenza consolidata, è inammissibile che norme di diritto nazionale, quand’anche di rango costituzionale, possano menomare l’unità e l’efficacia del diritto dell’Unione (...). La Corte ha d’altronde già precisato che i suddetti principi si applicano nei rapporti tra un giudice costituzionale e qualsiasi altro giudice nazionale».

60.      Tuttavia, ritengo che, nonostante le apparenze, nella presente causa non esista, in realtà, un vero conflitto tra la decisione di una Corte costituzionale di uno Stato membro e il diritto dell’Unione.

61.      In primo luogo occorre sottolineare che, secondo il giudice del rinvio, la sentenza della Corte costituzionale del 25 marzo 2019 è una decisione avente effetti per il futuro, il che significa che la disposizione dichiarata incostituzionale dovrebbe continuare ad applicarsi alla valutazione giuridica di situazioni di fatto anteriori alla data in cui tale disposizione è divenuta invalida. Questa valutazione è confermata dalla dottrina (22).

62.      Una siffatta disposizione, pertanto, dovrebbe continuare ad applicarsi alla valutazione giuridica delle circostanze sulla base delle quali – tenuto conto della forma originale della competenza ratione materiae del giudice del rinvio, quale giudice competente per i ricorsi avverso le delibere controverse della KRS – gli aventi titolo hanno effettivamente esercitato i propri diritti costituzionali.

63.      In secondo luogo, e qui concordo con il giudice del rinvio, la sentenza della Corte costituzionale non solo non contestava specificamente l’istituto del controllo giurisdizionale di quelle delibere della KRS, ma risulta chiaramente da tale sentenza che un siffatto controllo deve effettivamente essere disponibile in Polonia.

64.      Pongo l’accento sull’argomentazione sviluppata nella motivazione della sentenza 25 marzo 2019: «(...) L’istituto stesso del ricorso avverso le delibere della [KRS] in controversie individuali è (...) la conseguenza dell’attuazione della sentenza (...) nella causa SK 57/06 [sentenza del 27 maggio 2008], ma [ciò] non dovrebbe essere messo in pratica sotto forma di procedimenti rientranti nella competenza di organi giurisdizionali completamente diversi».

65.      Ciò rileva in quanto il precedente costituzionale in questione (causa SK 57/06) trattava esplicitamente della questione della possibilità per i candidati all’ufficio di giudice di proporre ricorso avverso delibere della KRS quali quelle di cui trattasi nel procedimento principale (anche in quella causa la KRS non aveva inoltrato la candidatura del ricorrente al presidente della Repubblica).

66.      Come rilevato dal giudice del rinvio, l’articolo 3 della legge del 26 aprile 2019 (insieme alla modifica apportata all’articolo 44, paragrafo 1, seconda frase, della legge sulla KRS introdotta dalla legge di modifica) può essere considerato equivalente alla disposizione contenuta nell’articolo 13, paragrafo 2, seconda frase, della legge del 27 luglio 2001 relativa alla KRS che, nella sentenza della causa SK 57/06, è stata dichiarata dalla Corte costituzionale incompatibile con il combinato disposto dell’articolo 45, paragrafo 1, dell’articolo 77, paragrafo 2, e dell’articolo 60 della Costituzione polacca.

67.      Il giudice del rinvio, nella sua decisione di rinvio del 26 giugno 2019, espone ancora quanto segue: «quanto sopra esposto [la necessità di disporre di un mezzo di impugnazione efficace] trova conferma anche nella posizione del giudice costituzionale nazionale. Infatti, nella motivazione della sentenza emessa nella causa SK 57/06, il cui significato e le cui conseguenze non vengono inficiati dalla sentenza emessa nella causa K 12/18, anzi vengono dalla stessa confermati, la Corte costituzionale ha statuito che dall’articolo 45, paragrafo 1, della Costituzione emerge la univoca volontà del legislatore di estendere al massimo l’ambito delle controversie che rientrano nel diritto di adire un giudice, mentre la regola che vieta l’interpretazione restrittiva del diritto di adire un giudice emerge dal principio dello Stato democratico di diritto, giacché la Costituzione introduce una specifica presunzione del diritto di accesso alla giustizia, (…) la tesi che il procedimento seguito dalla [KRS] nella valutazione dei candidati alla funzione di giudice in un determinato ruolo giurisdizionale e nella presentazione al Presidente della Repubblica della istanza per la relativa nomina sia collegato con il diritto di accesso alla funzione pubblica in condizioni di parità sancito dall’articolo 60 della Costituzione, e pertanto con un diritto rientrante nella categoria dei diritti e delle libertà costituzionalmente garantiti, coperti dal divieto assoluto di preclusione dell’azione giudiziaria sancito dall’articolo 77, paragrafo 2, della Ustawa Zasadnicza (legge fondamentale)» (il corsivo è mio; paragrafo III.5 della motivazione della sentenza nella causa SK 57/06).

68.      La Corte costituzionale chiarisce inoltre che non è il procedimento di impugnazione avverso le delibere della KRS in controversie individuali a essere in sé incostituzionale, ma, secondo detto giudice, è il giudice del rinvio (la Corte amministrativa suprema) a essere incompetente a conoscere di un siffatto tipo di cause (punto 6.2 della motivazione della sentenza nella causa K 12/18).

69.      Occorre sottolineare che la soppressione della competenza del giudice del rinvio nelle controversie relative a ricorsi avverso le delibere della KRS in materia di nomina a giudice della Corte suprema palesemente non è stata accompagnata da un’azione positiva del legislatore nazionale diretta a istituire un giudice sostitutivo competente per tali controversie, sebbene la Corte costituzionale, nella causa K 12/18, non avesse messo in discussione la possibilità del controllo giurisdizionale sulle delibere della KRS in questione, facendo riferimento al riguardo alla fondamentale sentenza nella causa SK 57/06 (v. punti 8 e 12), che prescrive un siffatto controllo.

70.      Pertanto, concordo con il giudice del rinvio nel senso che «l’intenzione del legislatore era quella di escludere la tutela giurisdizionale in tali materie e questo (…) rimane in contrasto con le sentenza del giudice costituzionale nazionale e con la posizione di quella giurisprudenza che ritiene inaccettabile in uno Stato democratico di diritto una situazione in cui non esiste la possibilità di un controllo giurisdizionale di un provvedimento o di un’altra decisione, emessi in qualsiasi procedimento» (23).

71.      Peraltro, ritengo (al pari del Mediatore) che tale esclusione sia del tutto arbitraria, in quanto si applica esclusivamente alle nomine alla Corte suprema. A ciò si aggiunge che il carattere selettivo di detta misura non è giustificato da alcun motivo obiettivo o convincente.

72.      A mio avviso, la soppressione del (diritto a un) rimedio giurisdizionale finora esperibile in un caso come quello di cui al procedimento principale e, in particolare, sottrarre tale diritto alle parti di una controversia che, proprio come i ricorrenti nel procedimento principale, hanno già proposto un siffatto ricorso costituisce (tenuto conto del contesto e dell’insieme degli altri elementi che sottostanno a tale soppressione, evidenziati dal giudice del rinvio) un provvedimento di natura tale da accrescere, e addirittura da rafforzare, l’assenza dell’apparenza di indipendenza e imparzialità tanto dei giudici effettivamente nominati nell’organo giurisdizionale interessato quanto dell’organo giurisdizionale stesso. Una siffatta assenza dell’apparenza di indipendenza e di imparzialità viola l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

73.      Esaminerò se ciò comporti per il giudice del rinvio l’obbligo di disapplicare la normativa nazionale di cui trattasi.

ii)    Sul primato del diritto dell’Unione e sull’articolo 19, paragrafo 1, TUE

74.      Invero, secondo la giurisprudenza della Corte, «occorre sottolineare che ogni giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi nell’ambito delle proprie competenze, ha, in quanto organo di uno Stato membro, l’obbligo di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria a una disposizione del diritto dell’Unione che abbia effetto diretto nella controversia di cui è investito» (24).

75.      È questo l’oggetto del primo capo della terza questione pregiudiziale, che verte sulla questione se il primato di cui godono le disposizioni del diritto dell’Unione quali l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE consenta, a sua volta, al giudice del rinvio di disapplicare la legge del 26 aprile 2019 dichiarandosi – nonostante detta legge – competente a statuire sui ricorsi di cui al procedimento principale e a proseguire la propria valutazione.

76.      Prima di procedere all’esame del primato del diritto dell’Unione nell’ambito della presente causa, devo affrontare brevemente due recenti sentenze, rispettivamente della Corte suprema polacca e del BVerfG (Corte costituzionale federale tedesca).

77.      La prima di esse è un’ordinanza della Sezione disciplinare della Corte suprema del 23 settembre 2020 (II DO 52/20) nella quale quest’ultima ha dichiarato che la sentenza della Corte nella causa A.K. e a. «non può essere considerata vincolante nell’ordinamento giuridico polacco, in quanto in tutti i procedimenti pendenti dinanzi alla Sezione del lavoro e delle questioni sociali della Corte suprema in cui sono state sottoposte questioni pregiudiziali alla CGUE [(...) una questione pregiudiziale depositata presso la CGUE [nelle cause] C‑585/18, (...) C‑624/18,(...) [e] C‑625/18], gli atti sono stati posti in essere da parte di collegi che erano in conflitto con le disposizioni di legge». Il motivo addotto è che i rinvii pregiudiziali in quelle cause sono stati presentati da parte di collegi composti da tre giudici, mentre l’organo giurisdizionale polacco ha ritenuto che le suddette cause avrebbero dovuto essere esaminate in primo grado dalla Corte suprema, composta da un giudice della Sezione disciplinare.

78.      Anzitutto, ciò si è verificato anche se la Corte di giustizia si è pronunciata, nell’aprile del 2020, con un’ordinanza relativa a provvedimenti provvisori (25) che ha ingiunto la sospensione delle attività della Sezione disciplinare della Corte suprema in attesa dell’esito della causa C‑791/19, Commissione/Polonia.

79.      Tale problematica dovrà essere trattata nell’ambito della suddetta causa, ma comunque la sentenza della Sezione disciplinare della Corte suprema si inserisce nel solco di un’altra sentenza recente, pronunciata in Germania, che devo affrontare, sia pur brevemente (posto che la portata delle presenti conclusioni si limita alla soluzione delle questioni sollevate nella presente causa e che ritengo che la sentenza del BVerfG non abbia alcuna incidenza sulla presente causa né sulla giurisprudenza della Corte in merito al primato del diritto dell’Unione in particolare).

–       La sentenza del Bundesverfassungsgericht tedesco nella causa Weiss

80.      Nella recente sentenza del BVerfG nella causa Weiss (citata al paragrafo 2 delle presenti conclusioni), in sostanza, il secondo Senat (sezione) del BVerfG ha dichiarato viziata da eccesso di potere, e inapplicabile in Germania, la sentenza della Grande Sezione della Corte (nella causa Weiss e a. (26)) nonché varie decisioni della Banca centrale europea relative al programma di acquisto del settore pubblico per il 2015.

81.      Anziché mettere a repentaglio l’intero sistema della comunità dell’Unione basato sullo Stato di diritto e adottare un siffatto approccio inedito, il BVerfG avrebbe potuto spiegare ciò che, a suo avviso, era criticabile nella giurisprudenza della Corte e avrebbe potuto poi effettuare un nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte (come del resto avrebbe dovuto fare se avesse seguito la propria giurisprudenza sulla medesima materia (27)). Dopo tutto, il dialogo giudiziario è prezioso, anzi, è parte integrante del funzionamento dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

82.      In ogni caso, non siamo qui in presenza di una situazione di coesistenza di diritto nazionale e diritto internazionale e quale dei due prevale in un determinato ordinamento giuridico nazionale (28): «Il diritto dell’Unione non è un “diritto straniero”, bensì piuttosto, per sua stessa natura e di per sé, “il diritto del paese” (law of the land) in ciascuno Stato membro e il primato è accompagnato dal principio dell’uguaglianza degli Stati membri dinanzi alla legge, in quanto esclude la possibilità di un uso selettivo del diritto (cherry-picking) volto a tutelare interessi individuali nazionali» (29).

83.      L’approccio dell’eccesso di potere adottato dal BVerfG lede lo Stato di diritto nell’Unione, conditio sine qua non dell’integrazione. L’Unione non dispone di una struttura sovraordinata per far fronte ai conflitti fra organi giurisdizionali, ma lo Stato di diritto serve da ponte per affrontare siffatti conflitti.

84.      Secondo i Trattati, che sono il «contratto» degli Stati membri, l’ultima istanza nel diritto dell’Unione è la Corte di giustizia. Ciò risulta chiaramente dall’articolo 19 TUE e dall’articolo 267 TFUE. Inoltre, in forza dell’articolo 344 TFUE, gli Stati membri si sono anche espressamente impegnati a fare quanto segue: «Gli Stati membri si impegnano a non sottoporre una controversia relativa all’interpretazione o all’applicazione dei trattati a un modo di composizione diverso da quelli previsti dal trattato stesso» (30), Pacta sunt servanda e, pertanto, semplicemente non spetta al BVerfG, né esso è competente, a pronunciarsi nel modo in cui lo ha fatto nella sentenza Weiss (31). Nessun giudice nazionale è autorizzato dai Trattati a scavalcare una sentenza della Corte, altrimenti il diritto dell’Unione non sarebbe applicato in maniera uniforme o efficace in tutti i 27 Stati membri e l’intero fondamento normativo dell’Unione sarebbe messo in discussione. Qualora un giudice costituzionale nazionale ritenga che un atto dell’Unione o una sentenza della Corte di giustizia sia in contrasto con la sua costituzione, esso non può statuire semplicemente che l’atto o la sentenza è inapplicabile nella sua giurisdizione. Ciò che può fare è cercare di porre rimedio a tale situazione inducendo il governo del paese in questione a modificare la costituzione, tentare di modificare la norma giuridica dell’Unione interessata agendo attraverso il processo politico dell’Unione o, se del caso, recedere dall’Unione (32). Questo è l’unico modo per garantire l’uguaglianza degli Stati membri nell’Unione che essi hanno creato.

–       Sull’effetto diretto dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE

85.      Secondo l’articolo 2 TUE, l’Unione si fonda su valori, quali lo Stato di diritto, che sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata, tra l’altro, dalla giustizia. Va rilevato, al riguardo, che la fiducia reciproca tra gli Stati membri (33) e, segnatamente, i loro giudici si basa sulla premessa fondamentale secondo cui gli Stati membri condividono una serie di valori comuni sui quali l’Unione si fonda, come precisato nell’articolo 2 TUE (34).

86.      L’Unione è un’unione di diritto in cui i singoli hanno il diritto di contestare in sede giurisdizionale la legittimità di qualsiasi decisione o di qualsiasi altro provvedimento nazionale relativo all’applicazione nei loro confronti di un atto dell’Unione (35).

87.      L’articolo 19 TUE, che concretizza il valore dello Stato di diritto affermato all’articolo 2 TUE, affida l’onere di garantire il controllo giurisdizionale nell’ordinamento giuridico dell’Unione non soltanto alla Corte, ma anche agli organi giurisdizionali nazionali (36).

88.      Spetta quindi agli Stati membri, segnatamente, in virtù del principio di leale cooperazione enunciato all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, garantire, nei loro rispettivi territori, l’applicazione e il rispetto del diritto dell’Unione. A tale proposito, come prevede l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare ai singoli il rispetto del loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione. Pertanto, spetta agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti che garantisca un controllo giurisdizionale effettivo in detti settori (37).

89.      Dalla giurisprudenza recente della Corte risulta che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, è applicabile a priori, indipendentemente da qualsiasi requisito relativo a una situazione concreta di effettiva attuazione del diritto dell’Unione, rispetto a qualsiasi giudice nazionale non appena possa pronunciarsi, in qualità di organo giurisdizionale, su questioni riguardanti l’applicazione o l’interpretazione del diritto dell’Unione e rientranti dunque in settori disciplinati da tale diritto (38).

90.      Alla luce di tale giurisprudenza, non mantengo più la posizione che ho espresso nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari) (39) secondo la quale l’ambito di applicazione materiale dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE si limita, nel contesto dell’inamovibilità e dell’indipendenza dei giudici, a correggere problemi relativi alla strutturale infermità di un dato Stato membro (carenze sistemiche o generalizzate, che «pregiudicano il contenuto essenziale» dell’inamovibilità e dell’indipendenza dei giudici).

91.      Infatti, la Corte ha già statuito che l’articolo 47 della Carta ha effetto diretto (sentenza A.K. e a., cit., punto 162). Ciò vale, in ogni caso, per il requisito dell’indipendenza dei giudici.

92.      La nozione di tutela giurisdizionale effettiva, di cui all’articolo 19, paragrafo 1, TUE, deve essere interpretata tenendo conto del contenuto dell’articolo 47 della Carta e, in particolare, delle garanzie insite nel (diritto a un) ricorso giurisdizionale effettivo sancito da quest’ultima disposizione.

93.      Infatti, secondo la giurisprudenza, «l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE impone a tutti gli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva, segnatamente ai sensi dell’articolo 47 della Carta, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione» (40). Pertanto, l’articolo 19, paragrafo 1, TUE include la necessità di preservare l’indipendenza del giudice, che è incaricato dell’interpretazione e dell’applicazione del diritto dell’Unione.

94.      Peraltro, la Corte ha già implicitamente riconosciuto l’effetto diretto dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE. Nel procedimento principale della causa Juizes Portugueses (41), l’articolo 19, paragrafo 1, TUE è stato invocato dinanzi a un giudice nazionale e la Corte non ha sollevato obiezioni in merito alla possibilità diretta di invocare tale disposizione. Analogamente, nella sentenza Miasto Łowicz (42), la Corte ha considerato che la questione proposta non fosse pertinente ai fini della soluzione delle controversie nei procedimenti principali, ma non ha segnalato alcuna problematica quanto alla possibilità di invocare l’articolo 19, paragrafo 1, TUE.

95.      Pertanto, la Corte ha già confermato l’effetto diretto di tale disposizione e che essa può essere invocata dai contendenti dinanzi ai giudici nazionali quale base giuridica autonoma (oltre all’articolo 47 della Carta) per valutare la conformità dell’operato di uno Stato membro al diritto dell’Unione.

–       Sull’applicazione dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE al caso di specie

96.      Appurato che l’articolo 19, paragrafo 1, TUE può essere applicato direttamente dal giudice del rinvio nel caso di specie, occorre ora esaminare se detto giudice possa invocare tale disposizione per dichiarare che essa osta alle disposizioni nazionali pertinenti.

97.      La Corte ha dichiarato nella sentenza A.K. e a., (cit., punto 167), che «l’articolo 19 TUE, che concretizza il valore dello Stato di diritto affermato all’articolo 2 TUE, affida ai giudici nazionali e alla Corte il compito di garantire la piena applicazione del diritto dell’Unione in tutti gli Stati membri nonché la tutela giurisdizionale spettante ai singoli in forza di detto diritto».

98.      Inoltre, «[i]l principio della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, al quale si riferisce l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione attualmente sancito all’articolo 47 della Carta, di modo che la prima di tali disposizioni impone a tutti gli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, una tutela giurisdizionale effettiva, in particolare ai sensi della seconda di dette disposizioni» (sentenza A.K. e a., cit., punto 168).

99.      La Corte ha aggiunto che «un esame separato degli articoli 2 e 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, che non potrebbe che corroborare la conclusione già esposta ai punti 153 e 154 [di detta sentenza], non appare necessario per rispondere agli interrogativi del giudice del rinvio e per la soluzione delle controversie di cui esso è investito» (sentenza A.K. e a., cit., punto 169).

100. Alla luce della suddetta giurisprudenza, la tutela giurisdizionale effettiva che siffatti organi giurisdizionali devono poter offrire conformemente a tale disposizione richiede, in particolare, che essi siano strutturalmente conformi al requisito dell’indipendenza e dell’imparzialità, quale sviluppato nell’ambito della giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 267 TFUE, all’articolo 47 della Carta e all’articolo 19 TUE. Peraltro, la Corte deve sincerarsi che l’interpretazione da essa fornita di tali disposizioni assicuri un livello di protezione che non conculchi quello garantito all’articolo 6 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») (sentenza A.K. e a., cit., punto 118).

101. In primo luogo, la Corte ha dichiarato che «il solo fatto che [i giudici] siano nominati dal presidente della Repubblica non è idoneo a creare una dipendenza di questi ultimi nei suoi confronti, né a generare dubbi quanto alla loro imparzialità, se, una volta nominati, gli interessati non sono soggetti ad alcuna pressione e non ricevono istruzioni nell’esercizio delle loro funzioni (...). Tuttavia, resta necessario garantire che i requisiti sostanziali e le modalità procedurali che presiedono all’adozione delle decisioni di nomina siano tali da non poter suscitare nei singoli dubbi legittimi in merito all’impermeabilità dei giudici interessati rispetto a elementi esterni e alla loro neutralità rispetto agli interessi contrapposti, una volta avvenuta la nomina degli interessati» (il corsivo è mio; sentenza A.K. e a., cit., punti 133 e 134).

102. In secondo luogo, dalla giurisprudenza della Corte risulta altresì che le norme relative alla nomina dei giudici devono, unitamente ad altri tipi di norme che li riguardano (come il regime disciplinare applicabile ai giudici, la loro inamovibilità, ecc.), contribuire a garantire tale indipendenza, in particolare al fine di dissipare ogni sorta di dubbi legittimi, nei singoli, quanto all’impermeabilità di tale organo giurisdizionale rispetto a elementi esterni e, in particolare, a influenze dirette o indirette dei poteri legislativo ed esecutivo, e quanto alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti, e ogni carenza nell’apparenza di indipendenza o di imparzialità di tale organo giurisdizionale, che potrebbe pregiudicare la fiducia che la giustizia deve ispirare ai singoli in una società democratica, non deveessere permessa (43).

103. Pertanto, nell’ipotesi in cui le norme nazionali relative alla nomina dei giudici rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 19, secondo comma, TUE, spetta allo Stato membro stabilire l’obbligo di garantire che la procedura di nomina si svolga in modo tale da tutelare l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici così nominati.

104. È vero che, allo stato attuale, il diritto dell’Unione: i) non contiene norme né principi che attribuiscono ai candidati alla funzione di giudice, come quelli di cui trattasi nel procedimento principale, il diritto a un rimedio giurisdizionale, né stabiliscono condizioni di effettività che tale diritto dovrebbe soddisfare; e ii) non prevede, per quanto riguarda tale rimedio, il diritto dei suddetti candidati a non essere discriminati in funzione del tipo di posto vacante di giudice.

105. Tuttavia, come la Corte ha già statuito (sentenza A.K. e a., cit., punto 153), sebbene taluni aspetti del diritto nazionale non siano idonei, di per sé soli e considerati isolatamente, a portare a dubitare dell’indipendenza di un organo giurisdizionale o dei suoi membri, potrebbe invece condurre a una conclusione differente la loro combinazione, in quanto insieme di elementi di diritto e di fatto, idonea a generare dubbi nei singoli quanto all’impermeabilità di detto organo giurisdizionale o dei suoi membri rispetto a elementi esterni e, in particolare, a influenze dirette o indirette dei poteri legislativo ed esecutivo, e quanto alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti e, pertanto, possa portare a una mancanza di apparenza d’indipendenza o di imparzialità di detto organo tale da ledere la fiducia che la giustizia deve ispirare a detti singoli in una società democratica.

106. A tal riguardo, la Corte ha già precisato (sentenza A.K. e a., cit., punti da 131 a 153), per quanto riguarda un insieme di circostanze di diritto e di fatto che convergono con quelle della fattispecie di cui al procedimento principale, che la circostanza seguente, insieme alle altre di cui sopra, e fatta salva la valutazione e le verifiche finali che spetta al giudice del rinvio effettuare, può indurre a sollevare siffatti dubbi.

107. La Corte ha sottolineato (44) che «[p]eraltro, e tenuto conto del fatto che, come emerge dagli atti a disposizione della Corte, le decisioni del presidente della Repubblica recanti nomina di giudici al Sąd Najwyższy (Corte suprema) non possono essere oggetto di sindacato giurisdizionale, spetta al giudice del rinvio verificare se il modo in cui è definita, all’articolo 44, paragrafi 1 e 1 bis, della legge sulla KRS, la portata del ricorso esperibile contro una risoluzione della KRS contenente le sue decisioni relative alla presentazione di una proposta di nomina alla posizione di giudice presso tale organo giurisdizionale consenta di assicurare un controllo giurisdizionale effettivo nei confronti di tali risoluzioni, controllo vertente, quantomeno, sulla verifica dell’assenza di eccesso o di sviamento di potere, di errori di diritto o di errori manifesti di valutazione (v., in tal senso, Corte EDU, 18 ottobre 2018, Thiam c. Francia, CE:ECHR:2018:1018JUD008001812, §§ 25 e 81)» (il corsivo è mio).

108. Nel contesto polacco, il mancato rispetto dei requisiti minimi per il controllo giurisdizionale enunciati dalla Corte al paragrafo precedente ha un’incidenza diretta sulla valutazione dell’indipendenza dei giudici che vengono nominati.

109. Ciò che ritengo importante che la Corte consideri in questa causa è che, sebbene taluni tipi di procedure e norme relative alla nomina dei giudici negli Stati membri (e così anche la mancanza di rimedi giurisdizionali nell’ambito di tali procedure, come nel caso del procedimento principale) possano non essere contestabili alla luce del diritto dell’Unione in quanto tali, essi possono rivelarsi inaccettabili quando intervengono sulla base di una raccomandazione di un organo che è esso stesso manifestamente non indipendente.

110. In primo luogo, le delibere della KRS di cui trattasi nel caso di specie sono essenzialmente decisioni amministrative, che producono effetti giuridici nei confronti dei candidati all’ufficio di giudice di cui trattasi (45). Come ogni altro intervento dello Stato, la procedura di nomina dei giudici deve essere disciplinata da norme giuridiche, il cui rispetto dovrebbe essere soggetto al controllo di un organo giudiziario indipendente.

111. Infatti, fra l’altro, la Carta europea sullo statuto dei giudici (46) sancisce il «diritto di impugnazione» di ogni giudice che ritenga che i diritti attribuitigli dalla legge o, più in generale, la sua indipendenza o quella della giustizia siano minacciati o violati in qualsiasi modo, di modo che egli possa adire un organo indipendente come sopra descritto. Ciò significa che i giudici non sono lasciati indifesi contro una violazione della loro indipendenza. Il diritto di impugnazione è una salvaguardia necessaria, in quanto è illusorio enunciare principi destinati a tutelare il potere giudiziario, se questi non sono sistematicamente accompagnati da meccanismi idonei a garantirne l’effettiva attuazione.

112. La Corte EDU ha già avuto occasione di confermare nella sentenza Denisov c. Ucraina che i consigli della magistratura dovrebbero rispettare le norme di cui all’articolo 6 della CEDU, oppure la loro decisione dovrebbe poter essere oggetto di controllo da parte di un organo che vi si conformi. La questione del rispetto delle garanzie fondamentali di indipendenza e di imparzialità può porsi se la struttura e il funzionamento di un consiglio della magistratura quale la KRS (che, nel caso di specie, agisce in quanto organo disciplinare) solleva esso stesso serie perplessità al riguardo (47). Un autore (48) ha sostenuto in dottrina che quanto precede dovrebbe applicarsi solo quando il consiglio della magistratura agisce in qualità di organo disciplinare e non quando svolge «semplicemente» un ruolo consultivo, come nell’ambito delle nomine giudiziarie. Non condivido questo punto di vista, in quanto una siffatta differenza non risulta nella giurisprudenza della Corte EDU e ritengo che, in ogni caso, essa non sia sostenibile in un contesto come quello presente in Polonia.

113. In secondo luogo, la tesi da me sostenuta al paragrafo 109 delle presenti conclusioni è avvalorata dal principio secondo cui una decisione di un’autorità amministrativa che, di per sé, non soddisfa i requisiti di indipendenza e di imparzialità deve essere sottoposta a un successivo controllo da parte di un organo giurisdizionale (49).

114. La Corte ha avuto l’occasione di confermare recentemente che l’indipendenza dei giudici, in particolare, rispetto al potere esecutivo è un elemento di tutela giurisdizionale effettiva (50). Una siffatta protezione dovrebbe, in linea di principio, essere accordata a tutti i cittadini dell’Unione, compresi i candidati all’ufficio di giudice della Corte suprema.

115. Come dichiarato dalla Corte nella sentenza Simpson e HG (51),«dal diritto fondamentale a un ricorso effettivo dinanzi a un giudice indipendente, imparziale e previamente stabilito dalla legge, garantito dall’articolo 47 della Carta, discende che ogni individuo deve, in linea di principio, avere la possibilità di far valere una violazione di tale diritto. Ne consegue che il giudice dell’Unione deve poter verificare se un’irregolarità che vizia la procedura di nomina di cui trattasi abbia potuto comportare una violazione di tale diritto fondamentale». Ritengo che lo stesso valga per i giudici nazionali (che sono parimenti giudici dell’Unione). Ancora una volta, sebbene tale giurisprudenza tratti specificamente dell’articolo 47 della Carta, la Corte spiega nella sentenza A.K. e a., cit., che, se essa procedesse all’analisi degli articoli 2 e 19 TUE, le conclusioni di tale analisi sarebbero identiche a quelle dell’analisi dell’articolo 47 della Carta (v. punti da 167 a 169 di tale sentenza).

116. Infatti, la Corte suprema ha già statuito in termini chiari che la KRS non è indipendente (52).

117. In particolare, in considerazione dei molteplici e gravi vizi giuridici, essa ha concluso che le scelte effettuate dalla KRS non sono indipendenti dagli interessi politici, pregiudicando il rispetto dei criteri oggettivi di imparzialità e di indipendenza da parte delle persone nominate alla funzione di giudice su proposta della KRS (v. punto 36 dell’ordinanza del 23 gennaio 2020). Inoltre, la Corte suprema ha dichiarato che, a causa della politicizzazione della KRS, è molto probabile che i concorsi per i posti di giudice vengano decisi non in base a criteri sostanziali, ma piuttosto sulla base di affiliazioni politiche o del sostegno alla riforma del potere giudiziario perseguita dalla maggioranza parlamentare in contrasto con la Costituzione polacca. In termini di sistema giudiziario nel suo insieme, ciò pregiudica la fiducia nell’imparzialità dei titolari dell’ufficio così nominati. La mancanza di indipendenza si riflette essenzialmente nel fatto che le decisioni di tale organo sono subordinate alle autorità politiche, segnatamente al potere esecutivo (v. punto 38 dell’ordinanza del 23 gennaio 2020).

118. In primo luogo, nelle conclusioni da me presentate nelle cause riunite A.K. e a. (Indipendenza della Sezione disciplinare della Corte suprema), C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:551), ho concluso che la KRS non è un organismo indipendente: il mandato dei membri della KRS è stato oggetto di cessazione prematura; la modalità di nomina implica altresì che 23 membri su 25 provengano da autorità legislative ed esecutive, il che rivela lacune tali da pregiudicare l’indipendenza della KRS rispetto ai poteri legislativo ed esecutivo (v., in particolare, paragrafi 132 e 135).

119. Infatti, come ricordato dalla Carta europea sullo statuto dei giudici (v. paragrafo 111 delle presenti conclusioni), «2.1. [del Memorandum esplicativo di tale Carta] I candidati alla funzione di giudice devono essere selezionati e assunti da un organo o da un collegio indipendente» e «1.3. [di tale Carta] Per qualsiasi decisione che riguardi la selezione, l’assunzione, la nomina, la progressione di carriera o la cessazione dal servizio di un giudice, la legge prevede l’intervento di un’autorità indipendente dai poteri esecutivi e legislativi in seno alla quale almeno la metà dei componenti sono giudici eletti dai loro pari con metodi che garantiscano la più ampia rappresentanza del potere giudiziario». Ciò perché «l’indipendenza richiesta di tale organo osta all’elezione o alla nomina dei suoi membri da parte di un’autorità politica appartenente al potere esecutivo o al legislatore. Esisterebbe un rischio di parzialità politica nella nomina e nel ruolo dei giudici se fosse seguita una siffatta procedura. Si richiede, appunto, che i giudici che fanno parte dell’organo indipendente si astengano dal ricercare il favore di partiti o di organismi politici essi stessi nominati o eletti da o per il tramite di tali partiti» (v. 1.3 del Memorandum esplicativo di tale Carta).

120. Mi riferisco poi alla sentenza della Corte in tale causa (A.K. e a.) nonché alla sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny zastępowany przez Prokuraturę Krajową (regime disciplinare dei giudici), cause riunite C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234.

121. Il 5 dicembre 2019, il giudice del rinvio nella causa A.K. e a., il Sąd Najwyższy – Izba Pracy i Ubezpieczeń Społecznych (Corte suprema, Sezione per il lavoro e la previdenza sociale, Polonia), sulla base di detta sentenza della Corte di giustizia, ha dichiarato che la KRS, nella sua composizione attuale, non è un organo imparziale e indipendente dai poteri legislativo ed esecutivo. Essa ha altresì dichiarato che la Sezione disciplinare della Corte suprema non poteva essere considerata un organo giurisdizionale ai sensi dell’articolo 47 della Carta e dell’articolo 45, paragrafo 1, della Costituzione polacca.

122. Detta sentenza ha anche dichiarato che: i) la KRS non era indipendente dai poteri politici a partire dalla sua istituzione nel 2018; ii) la nuova KRS è stata creata in violazione di disposizioni costituzionali (53); e iii) la sentenza ha esaminato altri elementi che si ripercuotevano negativamente sull’indipendenza della KRS (l’elezione dei membri attuali della KRS aveva difettato di trasparenza; l’indipendenza della KRS era stata messa in dubbio pubblicamente a più riprese da organizzazioni non governative, associazioni di avvocati e da giudici degli organi giurisdizionali ordinari; i membri della KRS erano stati promossi dal Ministro della Giustizia alle funzioni di presidenti o vice-presidenti di organi giurisdizionali, o ad altre funzioni giurisdizionali superiori; i membri della KRS, inoltre, avevano sostenuto pubblicamente le riforme giudiziarie del governo (54). Dichiarando che la Sezione disciplinare non poteva essere considerata un organo giurisdizionale ai sensi del diritto dell’Unione, la stessa sentenza del 5 dicembre 2019 (punti 67-68) si basava anche sul fatto che le candidature proposte dalla KRS a tale sezione non erano soggette a controllo giurisdizionale.

123. La suddetta sentenza è stata confermata dalla Corte Suprema (Sezione per il lavoro e la previdenza sociale), il 15 gennaio 2020 (negli altri casi che hanno dato luogo alla sentenza A.K. e a.) e, in particolare, il 23 gennaio 2020, quando la Grande Sezione composta da tutti i giudici di tre sezioni della Corte suprema ha adottato una risoluzione (55) che ha la portata di un principio giuridico. Essa ha confermato la suddetta sentenza e ha dichiarato che la KRS non era indipendente dal potere esecutivo.

124. In secondo luogo, la gravità della situazione riguardante la KRS è confermata dai seguenti elementi: il 27 maggio 2020, il Comitato esecutivo della European Network of Councils for the Judiciary (Rete europea dei Consigli di Giustizia, ENCJ) ha adottato una posizione congiunta in merito all’affiliazione della KRS all’ENCJ. In tale documento, esso espone le ragioni per le quali ha proposto all’Assemblea generale di espellere la KRS dall’ENCJ (v. https://www.encj.eu/node/556). I motivi, in sostanza, sono i seguenti: i) la KRS non soddisfa la norma statutaria dell’ENCJ secondo cui un consiglio membro dovrebbe essere indipendente dal potere esecutivo; ii) la KRS viola palesemente la norma dell’ENCJ diretta a preservare l’indipendenza del potere giudiziario, difendere il potere giudiziario nonché i singoli giudici, in modo conforme al suo ruolo di garante, nei confronti di tutte le misure che rischiano di compromettere i valori essenziali di indipendenza e autonomia; iii) la KRS compromette l’applicazione del diritto dell’Unione in materia di indipendenza dei giudici e degli organi giurisdizionali, e quindi la sua efficacia. Così facendo, essa agisce in contrasto con gli interessi dello Spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia nonché con i valori che gli sono propri. Il Comitato ha concluso che la KRS aveva commesso gravi violazioni degli scopi e degli obiettivi dell’ENCJ, quali enunciati agli articoli 3 e 4 dello statuto, e non era disposto a porre rimedio a tali gravi violazioni. Ricordo che in precedenza, il 17 settembre 2018, la KRS era già stata sospesa dall’ENCJ, in quanto non soddisfaceva più i requisiti di tale organismo di indipendenza dal potere esecutivo e dal legislatore in modo tale da garantire l’indipendenza del potere giudiziario polacco.

125. Peraltro, l’ENCJ ha basato la proposta di espellere la KRS sui seguenti argomenti e posizioni di organizzazioni quali: i) l’Ufficio per le istituzioni democratiche e i diritti umani (ODIHR) dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), il Consiglio d’Europa [Greco, la Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (in prosieguo: la «Commissione di Venezia») e l’Assemblea parlamentare], le istituzioni dell’Unione europea e le reti della magistratura e degli avvocati in Europa, che sono state critiche nei confronti delle riforme della giustizia in Polonia e del ruolo della KRS; ii) una relazione del 6 gennaio 2020 della commissione di monitoraggio dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa che ha affermato che «[l]a riforma della [KRS] aveva posto tale istituzione sotto il controllo dell’esecutivo, il che è incompatibile con il principio di indipendenza»; iii) il parere congiunto urgente della Commissione di Venezia e della Direzione generale dei diritti dell’uomo e dello Stato di diritto (DGI) del Consiglio d’Europa, del 16 gennaio 2020 (56), che raccomandava in particolare «di ripristinare i poteri della comunità giudiziaria nelle questioni di nomina, promozione e rimozione dall’incarico dei giudici», lasciando intendere che la KRS fosse sotto il controllo del potere esecutivo; iv) la risoluzione della Grande Sezione della Corte suprema polacca menzionata al paragrafo 123 delle presenti conclusioni; v) l’ordinanza della Corte nella causa C‑791/19 R, EU:C:2020:277, che accorda provvedimenti provvisori nel caso di specie, in cui la Commissione fa valere, in particolare, che l’indipendenza della nuova Sezione disciplinare in Polonia non era garantita in quanto i suoi giudici sono selezionati dalla KRS, mentre i membri togati della KRS sono scelti dalla camera bassa del Parlamento polacco; vi) l’avvio da parte della Commissione di un altro procedimento per inadempimento mediante la trasmissione di una lettera di diffida alla Polonia in merito alla nuova legge sul potere giudiziario del 20 dicembre 2019, entrata in vigore il 14 febbraio 2020 (57); vii) il 13 maggio 2020, la commissione LIBE del Parlamento europeo ha pubblicato un progetto di relazione provvisoria nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 TUE nei confronti della Polonia. Per quanto riguarda le ripercussioni della legge polacca del 20 dicembre 2019 sull’indipendenza della KRS, nella relazione si sostiene che «23. (…) questa misura [ha] determinato un’ampia politicizzazione de[la] [KRS]; (…) 26. Invita la Commissione ad avviare procedure d’infrazione contro la [legge sulla KRS] e a chiedere alla [Corte di giustizia] di sospendere le attività del[la] nuov[a] [KRS] mediante misure provvisorie» (58).

126. Il parere congiunto urgente del 16 gennaio 2020 (59), menzionato al paragrafo precedente, sottolinea che «[l] a comunità giudiziaria polacca ha perso il potere di delegare rappresentanti alla [KRS] e, quindi, la sua influenza sull’assunzione e sulla promozione dei giudici. Prima della riforma del 2017, 15 membri (su 25) della [KRS] erano giudici eletti dai loro pari. A partire dalla riforma del 2017, detti membri sono eletti dal Parlamento. Considerata unitamente alla sostituzione immediata, all’inizio del 2018, di tutti i membri nominati sotto la vigenza della vecchia normativa, tale misura ha comportato un’ampia politicizzazione della [KRS]». Inoltre, «nel 2017 sono state create due nuove sezioni all’interno della Corte suprema: la Sezione disciplinare e la Sezione del riesame straordinario e degli affari pubblici (...). A tali nuove sezioni sono stati assegnati giudici di recente nomina, scelti dalla nuova [KRS], ed esse sono state investite di poteri speciali, compreso il potere della Sezione straordinaria di annullare le sentenze definitive adottate dalle giurisdizioni inferiori o dalla Corte suprema stessa mediante un riesame straordinario o il potere della Sezione disciplinare di esercitare l’azione disciplinare nei confronti di altri giudici. Ciò ha posto queste nuove sezioni in una posizione sovraordinata rispetto a tutte le altre e ha creato, di fatto, una “Corte suprema in seno a una Corte suprema”». Per quanto riguarda la KRS, il parere comune urgente conclude che, «secondo la Commissione di Venezia, occorre tornare alla questione della composizione della [KRS], al fine di ricondurre il metodo di nomina dei membri togati di quest’ultimo nell’alveo dei principi europei e delle buone pratiche. Ciò eliminerebbe il rischio di caos giuridico, mentre la questione della validità delle nomine giudiziarie intervenute nel frattempo dovrebbe essere affrontata dalle autorità polacche».

127. La giurisprudenza della Corte EDU precisa che la composizione dell’organo che nomina i giudici è rilevante nell’ottica del requisito dell’«indipendenza» (60).

128. La giurisprudenza di Strasburgo conferma altresì che l’indipendenza della giustizia riguarda non solo l’esercizio delle funzioni giurisdizionali in casi concreti, ma anche l’organizzazione giudiziaria (vale a dire l’indipendenza strutturale, come la modalità di nomina dei membri degli organi giurisdizionali e il loro mandato) e la questione se l’organo giurisdizionale interessato presenti o meno un’«apparenza di indipendenza», fattore che rappresenta un elemento essenziale per conservare la fiducia che gli organi giurisdizionali devono ispirare in una società democratica. Al fine di proteggere tale apparenza di indipendenza, è necessario prevedere garanzie sufficienti (61).

129. Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo (al pari della dottrina (62)) che, a causa delle particolari circostanze sopravvenute in Polonia, il controllo giurisdizionale delle procedure di nomina da parte di un organo giurisdizionale la cui indipendenza non dia adito a dubbi è indispensabile ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE per preservare l’apparenza dell’indipendenza dei giudici nominati in dette procedure. Ciò è dovuto, in particolare, alle modifiche repentine delle disposizioni legislative polacche che disciplinano il controllo giurisdizionale delle procedure e delle decisioni di selezione della KRS (vale a dire, in particolare, la legge del 26 aprile 2019), disposizioni che sembrano contrastare con la giurisprudenza della Corte costituzionale (il che tuttavia è di competenza dei giudici polacchi). Tali modifiche fanno sorgere ragionevoli dubbi quanto alla questione se la procedura di nomina all’ufficio di giudice in un’istituzione così importante e sistemica come la Corte suprema, organo giurisdizionale di ultimo grado, sia attualmente orientata verso la selezione di candidati indipendenti sul piano interno piuttosto che politicamente convenienti. Peraltro, la dottrina sottolinea (63) altresì che, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale anteriore al 2015, le procedure e le decisioni di nomina della KRS dovevano, in forza della Costituzione polacca, poter essere assoggettate al controllo giurisdizionale. Nello specifico contesto polacco, il controllo giurisdizionale della decisione della KRS costituiva una garanzia significativa dell’obiettività e dell’imparzialità delle procedure di nomina nonché del diritto costituzionale di parità di accesso alla funzione pubblica.

130. Tale conclusione è corroborata dagli strumenti internazionali di soft law in materia di consigli nazionali della magistratura. Il Consiglio consultivo dei giudici europei (CCJE) ha adottato un parere (64), il quale sottolinea che «talune decisioni del Consiglio della magistratura relative alla gestione e all’amministrazione della giustizia, nonché le decisioni relative alla nomina, alla mobilità, alla promozione, alla disciplina e alla revoca dei giudici (...) devono essere motivate, avere forza vincolante, [essere] passibili di controllo giurisdizionale. Infatti, l’indipendenza del Consiglio della magistratura non significa che esso è estraneo alla legge e sfugga al controllo giurisdizionale» (il corsivo è mio).

131. Come ricordato recentemente dalla Corte nella sentenza Simpson e HG (65), «la Corte [EDU] ha già avuto occasione di rilevare che il diritto di essere giudicato da un tribunale “costituito per legge”, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della CEDU, comprende, per sua stessa natura, il processo di nomina dei giudici (Corte EDU, 12 marzo 2019, Ástráðsson c. Islanda, CE:ECHR:2019:0312JUD002637418, non definitiva, § 98)»(66).

132. Quindi «[d]alla giurisprudenza (…) risulta che un’irregolarità commessa in occasione della nomina dei giudici in seno al sistema giudiziario di cui trattasi comporta una violazione dell’articolo 47, secondo comma, prima frase, della Carta, in particolare quando tale irregolarità sia di natura e gravità tali da generare un rischio reale che altri rami del potere, in particolare l’esecutivo, possano esercitare un potere discrezionale indebito tale da mettere in pericolo l’integrità del risultato al quale conduce il processo di nomina, così suscitando un dubbio legittimo nei singoli quanto all’indipendenza e all’imparzialità dei giudici interessati, il che avviene qualora vengano in rilievo norme fondamentali che costituiscono parte integrante dell’istituzione e del funzionamento di detto sistema giudiziario» (il corsivo è mio) (67).

133. Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che il giudice del rinvio può conservare la propria competenza a statuire sui ricorsi di cui al procedimento principale.

134. Tuttavia, ritengo (al pari del Mediatore) che non sia possibile accettare la competenza del giudice nazionale normalmente chiamato a conoscere del tipo di causa di cui al procedimento principale, ossia la Sezione disciplinare del Sąd Najwyższy (Corte suprema), dato che, in ogni caso, le condizioni e le circostanze di nomina dei giudici designati a tale sezione sollevano dubbi quanto alla sua indipendenza e che è già stato ritenuto che tale sezione non sia un organo giurisdizionale indipendente alla luce del diritto dell’Unione (68). Neanche le altre sezioni di tale organo giurisdizionale, alle quali sono stati assegnati giudici nominati sulla base delle delibere della KRS di cui trattasi nel procedimento principale, costituirebbero sedi appropriate per la presente controversia per via del principio nemo judex in causa sua (nessuno dovrebbe essere giudice della propria causa).

135. Ne consegue che il ricorso dinanzi al giudice del rinvio è l’unica procedura giurisdizionale che consente ai ricorrenti nel procedimento principale, in quanto candidati alla funzione di giudice, di ottenere un controllo giurisdizionale obiettivo della procedura di nomina alla Corte suprema quale organo giurisdizionale di ultima istanza ai sensi dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, che è soggetta alle tutele derivanti dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

136. Poiché occorre rispondere alla terza questione dichiarando che il giudice del rinvio può disapplicare gli effetti della legge del 26 aprile 2019 e dichiararsi competente a statuire sulle controversie di cui al procedimento principale in base al contesto normativo applicabile prima dell’adozione di tale legge, occorre ora esaminare le prime due questioni pregiudiziali. Queste ultime si concentrano sulle eventuali condizioni imposte dal diritto dell’Unione ad azioni come quelle di cui al procedimento principale previste dal diritto nazionale alla luce del principio di effettività (prima questione) e del principio di parità di trattamento (seconda questione).

2.      Sulla prima questione pregiudiziale

137. Occorre intendere la suddetta questione come volta a stabilire se l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, osti, nel contesto globale nazionale di diritto e di fatto esistente in Polonia, a un’azione che si presenta viziata in termini di effettività come quella inizialmente applicabile ai casi di cui ai procedimenti principali (69).

a)      Sintesi degli argomenti delle parti

138. In sostanza, la KRS fa valere che le disposizioni nazionali di cui trattasi, come modificate dalla legge del 26 aprile 2019, rientrano nell’autonomia procedurale degli Stati membri, a condizione che il controllo giurisdizionale effettivo sia garantito, cosa che si verifica nel caso dell’articolo 44, paragrafo 4, della legge sulla KRS. Il fatto che la parte della delibera della KRS che propone la nomina divenga definitiva è giustificato dall’esigenza di provvedere senza indugio alla copertura dei posti vacanti della Corte suprema. Le modalità con cui sono eletti i 15 membri della KRS costituiscono una scelta che rientra nella competenza esclusiva degli Stati membri, che non può essere sindacata dalla Corte.

139. Il Procuratore generale fa valere in sostanza, in primo luogo, che la sospensione delle delibere della KRS da parte del giudice del rinvio era illegittima. In secondo luogo, non esiste una norma vincolante comune derivante dal diritto dell’Unione per quanto riguarda: i) la nomina di giudici e l’eventuale ruolo, in tale contesto, di altre autorità nazionali; o ii) la possibilità di proporre ricorso avverso decisioni adottate in tale ambito, procedura che è peraltro inesistente in numerosi Stati membri.

140. Il governo polacco fa valere, in sostanza, che le disposizioni del diritto dell’Unione dedotte nelle questioni pregiudiziali non costituiscono un parametro di controllo delle disposizioni nazionali relative alle procedure di nomina dei giudici, salvo violare il principio del rispetto delle tradizioni costituzionali degli Stati membri. La KRS è un organo costituzionale dello Stato, indipendente dai poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, il cui ruolo consiste nell’armonizzare i reciproci rapporti tra questi tre poteri, garantendo al contempo l’indipendenza dei giudici. Un controllo giurisdizionale delle delibere della KRS che non si limitasse al rispetto delle norme procedurali, ma riguardasse anche il merito delle delibere e la selezione operata, pregiudicherebbe la competenza esclusiva riconosciuta alla KRS e l’equilibrio costituzionale perseguito.

141. Il Mediatore sostiene, in sostanza, che le modalità di nomina dei giudici costituiscono uno degli elementi che possono essere valutati al fine di verificare se l’indipendenza dei giudici sia garantita e, tenuto conto del ruolo chiave svolto dalla KRS nell’ambito della procedura di nomina dei giudici della Corte suprema, l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE deve applicarsi anche al procedimento dinanzi a tale organo nonché alla possibilità di proporre un ricorso contro le sue delibere.

142. A.B., C.D., E.F. e I.J. sostengono che l’articolo 44, paragrafi 1b e 4, della legge sulla KRS prevede solo un controllo fittizio e un accesso puramente formale a un rimedio giurisdizionale, violando così la norma della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti in discussione, in contrasto con gli articoli 2, 4, paragrafo 3, terzo comma, 6, paragrafo 1, e 19, paragrafo 1, TUE, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta.

143. La Commissione fa valere che l’articolo 19, paragrafo 1, TUE non prevede un requisito generale secondo cui le decisioni relative alla nomina dei giudici debbano essere oggetto di controllo giurisdizionale o che tale requisito debba applicarsi ai pareri espressi nell’ambito della selezione dei giudici, né che un siffatto controllo debba avere effetto sospensivo. Solo in circostanze particolari sarebbe ravvisabile una violazione dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE, ossia quando la modifica delle norme giuridiche relative alla nomina dei giudici di un organo giurisdizionale, contemporaneamente a modifiche di altre disposizioni di legge applicabili a tale organo giurisdizionale, costituisse una distorsione strutturale tale da pregiudicare la percezione dell’indipendenza di tale organo giurisdizionale da parte dei soggetti di diritto. La Commissione ritiene che siffatte circostanze non sussistano nel caso di specie.

b)      Analisi

144. Mi riferisco qui alle spiegazioni e all’analisi fornite dal giudice del rinvio di cui ai paragrafi da 8 a 10 supra.

145. Le considerazioni che precedono nell’ambito della terza questione sono parimenti applicabili, mutatis mutandis, nel contesto della prima questione, al fine di stabilire che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, osta, nel contesto di diritto e di fatto esistente in Polonia, a un rimedio giurisdizionale viziato da difetti di effettività come quello originariamente applicabile nel procedimento principale (articolo 44, paragrafi 1a, 1b e 4, della legge sulla KRS).

146. Ritengo (al pari del giudice del rinvio) che il mezzo di ricorso di cui dispongono i partecipanti alla procedura che non sono stati proposti per la nomina sia privo di qualsiasi effetto, dal momento che esso non modifica la situazione giuridica del candidato che presenta un’impugnazione nell’ambito del procedimento che si conclude con la delibera della KRS che è stata annullata, né consente il riesame della sua candidatura al posto vacante di giudice della Corte suprema se tale domanda è stata presentata in relazione a un avviso di concorso per un posto specifico di giudice.

147. Affinché un sistema di impugnazioni sia efficace, occorrerebbe, a mio avviso, che: 1) la presentazione di un’impugnazione da parte di un candidato escluso che concorra a un posto di giudice della Corte suprema sospenda l’intera procedura di nomina fino a quando l’impugnazione non sia esaminata dal giudice del rinvio; 2) l’accoglimento dell’impugnazione avverso una delibera della KRS riguardante la decisione di non inoltrare una proposta di nomina alla Corte suprema comporti l’obbligo per l’organo competente dello Stato membro (la KRS) di riesaminare il singolo caso relativo alla nomina alla funzione di giudice della Corte suprema; 3) detta delibera divenga valida se il giudice del rinvio respinge le impugnazioni proposte avverso di essa, e solo allora la delibera possa essere inoltrata al presidente della Repubblica e il candidato indicato nella proposta possa essere nominato giudice della Corte suprema.

148. Pertanto, ritengo che sussistano dubbi legittimi quanto all’effettività del mezzo di impugnazione contro le delibere della KRS adottate in controversie individuali concernenti la nomina a giudice della Corte suprema, e quindi in controversie riguardanti diritti garantiti dalla normativa dell’Unione, dal momento che nella fattispecie la discussione verte sulla posizione di giudice presso l’organo giurisdizionale di ultimo grado di uno Stato membro. Ciò vale a maggior ragione alla luce del fatto che il quadro normativo delle procedure di ricorso avverso le delibere adottate nell’ambito di queste controversie differisce da quello applicabile alle procedure di selezione riguardanti i posti vacanti di giudice presso organi giurisdizionali diversi dalla Corte suprema (palesemente rimaste invariate ed estranee alle «innovazioni» restrittive di recente introduzione), il che non può essere giustificato esclusivamente in ragione della tipologia di organo giurisdizionale presso il quale devono essere assegnati i posti vacanti.

149. Il giudice del rinvio ritiene che ciò equivalga a creare, tra due categorie di candidati alla nomina alla funzione di giudice, un accesso differenziato al giudice competente, il che potrebbe ledere il principio della parità di accesso alla giustizia.

150. Sottolineo, in particolare, che non è stato dedotto alcun argomento convincente che giustifichi tale differenza di effettività del ricorso e il «trattamento speciale» della procedura di nomina alla Corte suprema.

151. Tenuto conto di quanto precede, il giudice del rinvio è nel giusto quando sostiene che tali norme nazionali non sono conformi al diritto dell’Unione.

152. Infatti, dalla giurisprudenza della Corte risulta che spetta agli Stati membri, segnatamente, in virtù del principio di leale cooperazione enunciato all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, garantire, nei loro rispettivi territori, l’applicazione e il rispetto del diritto dell’Unione. A tale proposito, come prevede l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, gli Stati membri stabiliscono i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare ai singoli il rispetto del loro diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione. Pertanto, spetta agli Stati membri prevedere un sistema di rimedi giurisdizionali e di procedimenti che garantisca un controllo giurisdizionale effettivo in detti settori (70). Tale tutela costituisce una caratteristica essenziale dello Stato di diritto ai sensi dell’articolo 2 TUE.

153. Dato che il giudice del rinvio deve procedere al controllo giurisdizionale delle delibere controverse della KRS conformemente alle disposizioni nazionali applicabili prima della modifica introdotta dalla legge del 26 aprile 2019, detto controllo deve essere effettivo e non deve essere tale da suscitare, in capo ai singoli, dubbi legittimi quanto alla validità della procedura di nomina dei giudici nominati su tale fondamento.

154. Ciò significa che il giudice del rinvio deve avere la possibilità di procedere al controllo giurisdizionale, quantomeno nella misura indicata dalla Corte nella sentenza A.K. e a. (punto 145), vale a dire in un modo che gli consenta di verificare l’assenza di eccesso di potere o di sviamento di potere, di errori di diritto o di errore manifesti di valutazione (71).

155. Peraltro, il principio della tutela giurisdizionale effettiva esige che la decisione definitiva adottata dall’organo giurisdizionale, a seguito del controllo di cui sopra, sia effettiva e che tale effettività sia garantita, pena l’illusorietà di detta decisione (72).

156. Infatti, come la Corte ha dichiarato nella sentenza FMS (73), «il principio del primato del diritto dell’Unione e il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, garantito dall’articolo 47 della Carta, impongono al giudice del rinvio di dichiararsi competente a conoscere del ricorso [in questione], qualora nessun altro giudice sia competente a conoscere del medesimo in forza del diritto nazionale».

157. Ciò implica che disposizioni nazionali che rappresentano un ostacolo al conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 19, paragrafo 1, TUE dovrebbero essere disapplicate dal giudice del rinvio. Nel presente contesto, il giudice del rinvio dovrebbe quindi disapplicare i) le disposizioni che comportino l’esclusione totale dalla possibilità di sottoporre a controllo giurisdizionale eventuali errori nella valutazione dei candidati all’ufficio di giudice alla luce dei criteri loro imposti; e ii) il carattere parzialmente definitivo delle delibere della KRS riguardanti i candidati che sono stati nominati. In caso contrario, il controllo giurisdizionale di una siffatta delibera sarebbe illusorio nei confronti del candidato nominato.

158. Pertanto, per quanto riguarda il candidato nominato, una normativa nazionale quale quella di cui trattasi nel procedimento principale equivarrebbe all’assenza di qualsivoglia controllo, il che aprirebbe la strada ad azioni discrezionali degli altri poteri e darebbe adito a dubbi legittimi, nella mente dei singoli, in violazione dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE.

3.      Sulla seconda questione pregiudiziale

159. Atteso che la risposta alla prima questione è affermativa (vale a dire, ritengo che il quadro normativo della procedura di ricorso avverso le delibere della KRS nei procedimenti individuali concernenti le nomine all’ufficio di giudice della Corte suprema non garantisca il diritto a un rimedio giurisdizionale e a una tutela giuridica effettivi, anche garantendo un’adeguata portata di quest’ultima), con la seconda questione il giudice del rinvio ritiene giustificato stabilire l’importanza delle suddette carenze nel quadro normativo della procedura di ricorso previsto dal diritto nazionale avverso le delibere della KRS in questione (e degli aspetti delle suddette carenze qui indicati) per poter stabilire se, in tal modo, venga leso anche il diritto alla parità di accesso alla funzione pubblica in contrasto con gli obiettivi di interesse pubblico.

160. A.B., C.D., E.F. e I.J. fanno valere, in sostanza, che il fatto di essere stati privati di una tutela giurisdizionale effettiva del loro diritto costituzionale di accedere alla funzione pubblica secondo le stesse regole applicabili alle persone le cui candidature sono state proposte dalla KRS costituisce parimenti una violazione di diversi principi del diritto dell’Unione, quali lo Stato di diritto, la parità di trattamento, la parità di accesso alla funzione pubblica, nonché l’equilibrio istituzionale. Inoltre, la modalità di composizione della KRS non garantisce affatto la sua indipendenza dal potere legislativo ed esecutivo.

161. Tuttavia, è sufficiente rilevare che la circostanza che un’eventuale applicazione del principio della parità di trattamento ai sensi del diritto dell’Unione, ivi compresi gli articoli 20 e 21 della Carta, in presenza di una disparità di trattamento come quella dedotta nel procedimento principale (che asseritamente esiste tra i ricorsi esperibili dai candidati all’ufficio di giudice della Corte suprema e quelli esperibili dai candidati ad altri posti di giudice) è lungi dall’essere evidente, soprattutto in assenza di differenze di trattamento nella sfera dell’accesso al lavoro che si fondino su uno dei motivi specifici previsti nella direttiva 2000/78.

162. In ogni caso, ritengo che non occorra rispondere alla seconda questione pregiudiziale, dal momento che il giudice del rinvio potrà trarre indicazioni sufficienti dalle risposte fornite alla prima e alla terza questione al fine di risolvere le controversie di cui al procedimento principale.

V.      Conclusione

163. Per i motivi che precedono, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sottoposte dal Naczelny Sąd Administracyjny (Corte suprema amministrativa, Polonia) nei seguenti termini:

1.      L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, in combinato disposto con l’articolo 267 TFUE, deve essere interpretato nel senso che:

Tenuto conto del contesto e dell’insieme degli altri elementi esistenti in Polonia, come evidenziato dal giudice del rinvio [in particolare: a) il fatto che il legislatore polacco abbia modificato il contesto normativo nazionale al fine di rendere privi di oggetto i ricorsi per inadempimento e i rinvii pregiudiziali proposti alla Corte; b) il fatto che, nonostante il giudice del rinvio avesse sospeso le delibere della KRS di cui trattasi, il presidente della Repubblica abbia comunque proceduto alla nomina all’ufficio di giudice della Corte suprema di cui trattasi di otto nuovi giudici proposti dalla KRS nelle delibere di cui trattasi nel caso di specie; e c) il fatto che il legislatore polacco, approvando la legge del 26 aprile 2019, abbia ignorato decisioni della Corte costituzionale che hanno chiarito che le delibere della KRS, come quelle di cui al procedimento principale, devono poter essere oggetto di un controllo giurisdizionale], l’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale quale la legge del 26 aprile 2019, in quanto la suddetta normativa ha imposto l’estinzione ipso iure di procedimenti quali quelli pendenti dinanzi al giudice del rinvio, escludendo al contempo il trasferimento del controllo giurisdizionale sui ricorsi ad altro giudice nazionale o la reintroduzione dei ricorsi dinanzi ad altro giudice nazionale;

ciò, sorgendo in un contesto in cui il giudice nazionale inizialmente competente per tali controversie ha investito la Corte di giustizia di questioni pregiudiziali in seguito all’avvio effettivo del procedimento di controllo giurisdizionale delle delibere della KRS, lede il diritto di accesso il giudice anche in quanto, nel singolo procedimento pendente dinanzi al giudice (inizialmente) competente a conoscerne e deciderne, nega poi a tale giudice sia la possibilità di avviare utilmente un procedimento pregiudiziale dinanzi alla Corte sia il diritto di attendere una decisione della Corte, pregiudicando in tal modo il principio di diritto dell’Unione di leale cooperazione.

La soppressione del (diritto a un) rimedio giurisdizionale che era finora esperibile in un caso come quello di cui al procedimento principale e, in particolare, l’applicazione di una siffatta soppressione nei confronti delle parti di una controversia che, come i ricorrenti nel procedimento principale, hanno già proposto un siffatto ricorso costituisce (tenuto conto del contesto e dell’insieme degli altri elementi sottesi a tale soppressione, evidenziati dal giudice del rinvio) un provvedimento di natura tale da accrescere, e addirittura da rafforzare, l’assenza dell’apparenza di indipendenza e imparzialità tanto dei giudici effettivamente nominati nell’organo giurisdizionale interessato quanto dell’organo giurisdizionale stesso. Una siffatta assenza dell’apparenza di indipendenza e di imparzialità viola l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE può essere applicato direttamente dal giudice del rinvio al fine di disapplicare la legge del 26 aprile 2019 e di dichiararsi competente a statuire sulle controversie di cui ai procedimenti principali nel contesto normativo che era applicabile prima dell’adozione di detta legge.

2.      L’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, deve essere interpretato nel senso che:

Le considerazioni di cui al punto 1) supra sono parimenti applicabili, mutatis mutandis, nel contesto della prima questione, al fine di stabilire che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE osta, tenuto conto del contesto e dell’insieme degli altri elementi esistenti in Polonia, evidenziati dal giudice del rinvio, a un rimedio giurisdizionale che sia viziato sotto il profilo dell’effettività come quello che era originariamente applicabile nel procedimento principale (articolo 44, paragrafi 1a, 1b e 4, della legge sulla KRS).

Tenuto conto del contesto e dell’insieme degli altri elementi esistenti in Polonia, come evidenziato dal giudice del rinvio, disposizioni nazionali che rappresentano un ostacolo al conseguimento degli obiettivi di cui all’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE, dovrebbero essere disapplicate dal giudice del rinvio. Nel presente contesto, il giudice del rinvio dovrebbe quindi disapplicare i) le disposizioni che comportino l’esclusione totale della possibilità di sottoporre a controllo giurisdizionale eventuali errori nella valutazione dei candidati all’ufficio di giudice alla luce dei criteri loro imposti; e ii) il carattere parzialmente definitivo delle delibere della KRS riguardanti i candidati che sono stati nominati. In caso contrario, il controllo giurisdizionale di una siffatta delibera sarebbe illusorio nei confronti del candidato nominato.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      V. l’articolo sull’Internal Market Bill (disegno di legge sul mercato interno) del Regno Unito, che consente al governo del Regno Unito di violare il diritto internazionale e di escludere una parte dei suoi poteri dai ricorsi giurisdizionali: https://www.theguardian.com/law/2020/oct/07/brexit-strategy-puts-uk-on-slippery-slope-to-tyranny-lawyers-told.


3      Poiché l’attuazione del diritto dell’Unione è decentrata, l’intero sistema di tutela giurisdizionale dell’Unione è basato sul presupposto che gli Stati membri godano di e custodiscano (invero, proteggano) un potere giudiziario indipendente idoneo a garantire una tutela giurisdizionale effettiva dei diritti dell’Unione. V. Lenaerts, K., On Judicial Independence and the Quest for National, supranational and Transnational Justice, in Selvik, G. e a. (a cura di), The Art of Judicial Reasoning, Springer, 2019, pag. 173.


4      V. anche le precedenti conclusioni da me presentate nella causa Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario) (C‑216/18 PPU, EU:C:2018:517), nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:325), nella causa Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari) (C‑192/18, EU:C:2019:529), nelle cause riunite A.K. e a. (Indipendenza della sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:551), nonché nelle cause riunite Miasto Łowicz e Prokuratura Okręgowa w Płocku (Regime disciplinare dei giudici) (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2019:775). V., altresì, le recenti conclusioni presentate dall’avvocato generale Bobek nelle cause Asociația “Forumul Judecătorilor din România”, Asociația “Forumul Judecătorilor din România” e Asociația “Mișcarea pentru Apărarea Statutului Procurorilor”, PJ e SO (C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19 e C‑355/19, EU:C:2020:746).


5      Direttiva del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16).


6      Dziennik Ustaw del 2019, posizione 914.


7      Sentenza del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della sezione disciplinare della Corte suprema) (C‑585/18, C‑624/18 e C‑625/18, EU:C:2019:982, punto 75 e giurisprudenza ivi citata; tenuto conto dei numerosi riferimenti a tale sentenza, in prosieguo semplicemente «A.K. e a.»).


8      Sentenze del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 50, nonché A.K. e a., cit., punti 82 e 83).


9      V. sentenze del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531, punti da 27 a 31), e del 5 novembre 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza dei tribunali ordinari) (C‑192/18, EU:C:2019:924, punti da 41 a 46).


10      Sentenza del 24 marzo 2009, Danske Slagterier (C‑445/06, EU:C:2009:178, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).


11      V. proposta di decisione del Consiglio sulla constatazione dell’esistenza di un evidente rischio di violazione grave dello Stato di diritto da parte della Repubblica di Polonia [COM (2017) 835 final], del 20 dicembre 2017, considerando da 91 a 113. V., in particolare, relazione interlocutoria del Parlamento europeo sulla proposta di decisione del Consiglio sulla constatazione dell’esistenza di un evidente rischio di violazione grave dello Stato di diritto da parte della Repubblica di Polonia, A9-0138/2020, 20 luglio 2020 (che indica «abbondanti elementi di prova di violazione dello Stato di diritto in Polonia»), la Commissione di Venezia e la direzione generale per i diritti umani e lo Stato di diritto (DGI) del Consiglio d’Europa «Parere congiunto urgente», del 16 gennaio 2020, parere n. 977/2019. V. anche ex multis Zoll, F., e Wortham, L., Judicial Independence and Accountability: Withstanding Political Stress in Poland, Fordham International Law Journal, vol. 42, n. 3, e Pietrzak, M., The Foundation for Law, Justice & Society, The Constitutional Court of Poland: The Battle for Judicial Independence, 24 maggio 2017 (https://www.fljs.org/content/constitutional-court-poland-battle-judicial-independence) (descrizione di nuove leggi relative ai media pubblici, alla sorveglianza e al terrorismo e alla «riorganizzazione» del sistema di perseguimento dei reati, permessa dall’asserita neutralizzazione della Corte costituzionale).


12      V. sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punti 33 e 34 e giurisprudenza ivi citata).


13      Parere della Corte 2/13, Adesione alla CEDU, EU:C:2014:2454, punto 176 e giurisprudenza ivi citata.


14      V. sentenze del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli (C‑188/10 e C‑189/10, EU:C:2010:363), nonché dell’11 settembre 2014, A (C‑112/13, EU:C:2014:2195).


15      V. sentenza del 5 ottobre 2010, Elchinov (C‑173/09, EU:C:2010:581, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).


16      V. sentenza del 16 dicembre 2008, Cartesio (C‑210/06, EU:C:2008:723, punti 95 e 98), e ordinanza del 12 febbraio 2019, RH (C‑8/19 PPU, EU:C:2019:110, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).


17      Sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234, punti 58 e 59 nonché giurisprudenza ivi citata).


18      Le ordinanze emesse dal giudice del rinvio che hanno sospeso l’esecuzione delle delibere della KRS oggetto del procedimento principale hanno anche determinato la sospensione delle suddette ordinanze nella parte relativa alla decisione sull’inoltro di una proposta di nomina a giudice della Corte suprema. Tali ordinanze sono rimaste valide e non sono state modificate, né annullate secondo le modalità previste dal diritto nazionale. Ciononostante, la KRS ha inoltrato al presidente della Repubblica le delibere oggetto del procedimento principale. Il 10 ottobre 2018, il presidente della Repubblica ha nominato sette persone per ricoprire il posto di giudice della Corte suprema nella sezione civile e una persona per ricoprire il posto di giudice della Corte suprema nella sezione penale.


19      V., in tal senso, una causa che parimenti riguardava la Corte suprema e la Corte costituzionale di uno Stato membro: sentenza del 15 gennaio 2013, Križan e a. (C‑416/10, EU:C:2013:8, punti da 62 a 73 e giurisprudenza ivi citata).


20      Sentenza del 15 gennaio 2013, Križan e a. (C‑416/10, EU:C:2013:8, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).


21      Sentenza del 15 gennaio 2013, Križan e a. (C‑416/10, EU:C:2013:8, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).


22      V., in particolare, Florczak-Wątor, M., Orzeczenia Trybunału Konstytucyjnego i ich skutki prawne (Le decisioni della Corte costituzionale e i loro effetti giuridici), Poznań 2006, pag. 73, e dottrina citata.


23      V. altresì ordinanza V CSK 101/12 della Corte suprema del 30 gennaio 2013.


24      Sentenza del 24 giugno 2019, Popławski (C‑573/17, EU:C:2019:530, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).


25      Ordinanza dell’8 aprile 2020, Commissione/Polonia (C‑791/19 R, EU:C:2020:277). V. altresì cause pendenti C‑487/19, W. Ż.  (Sezione di controllo straordinario della Corte suprema – Nomina) e C‑508/19, Prokurator Generalny (Sezione disciplinare della Corte suprema – Nomina). Si noti che, il 4 dicembre 2020, la Commissione ha deciso di dar seguito al suo ricorso per inadempimento del 29 aprile 2020 a tutela dell’indipendenza dei giudici polacchi inviando alla Polonia una lettera di diffida aggiuntiva in merito alla continuazione del funzionamento della Sezione disciplinare della Corte suprema (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/inf_20_2142).


26      Sentenza dell’11 dicembre 2018, Weiss e a. (C‑493/17, EU:C:2018:1000).


27      Anche in adesione alla sua stessa concezione di dialogo giudiziario sviluppato nella sentenza del 6 luglio 2010 (Honeywell), BVerfG 2 BvR 2661/06, il BVerfG avrebbe dovuto chiedere chiarimenti alla Corte nell’ambito di una seconda questione pregiudiziale (sull’interpretazione del principio di proporzionalità, vale a dire la necessità di ponderazione, che non era assolutamente oggetto del primo rinvio pregiudiziale). Come ha fatto la Corte costituzionale italiana nella sentenza del 5 dicembre 2017, M.A.S. e M.B. (C‑42/17, EU:C:2017:936), a seguito della decisione della Corte nella causa C‑105/14, Taricco (EU:C:2015:555). V. Editorial Comments, Common Market Law Review 57: da 965 a 978, 2020.


28      Infatti, il diritto internazionale non si preoccupa dell’integrità del diritto dell’Unione e dell’Unione stessa.


29      Lenaerts, K., The Primacy of EU Law and the Principle of the Equality of the Member States before the Treaties, VerfBlog, 8 ottobre 2020 (traduzione libera).


30      V., ex multis, Mayer, C., Auf dem Weg zur Richterfaustrecht? VerfBlog, 7 maggio 2020.


31      E non è neppure necessario entrare nel merito delle questioni giuridiche, dove il ragionamento del BVerfG non è inoppugnabile, per usare un eufemismo. V., in particolare, Timmermans, Ch., Wie handelt ultra vires? Nederlands Juristenblad, 95, 26 giugno 2020, pag. 1791, e Ziller, J., L’insoutenable pesanteur du juge constitutionnel allemand, https://blogdroiteuropeen.com/. V. altresì Poiares Maduro, M., Some Preliminary Remarks on the PSPP Decision of the German Constitutional Court, VerfBlog, 6 maggio 2020, e da Cruz Vilaca, J.L., The Judgment of the German Federal Constitutional Court and the Court of Justice of the EU – Judicial Cooperation or Dialogue of the Deaf?, versione originale disponibile all’indirizzo https://www.cruzvilaca.eu/pt/noticias/2/.


32      Kelemen, D., Eeckhout, P., Fabbrini, F., Pech, L., e Uitz, R., National Courts Cannot Override CJEU Judgments - A Joint Statement in Defense of the EU Legal cassaOrder, VerfBlog, 26 maggio 2020. V. l’articolo per l’elenco completo dei firmatari.


33      La gravità del problema della fiducia reciproca per quanto riguarda la Polonia si riflette nelle cause pendenti C‑354/20 PPU (Openbaar Ministerie) e C‑412/20 PPU (Openbaar Ministerie). Il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi) ha deciso, per la prima volta, che l’esecuzione del mandato d’arresto europeo in tutti i procedimenti pendenti e futuri su richiesta dei giudici polacchi è sospesa fino a che la Corte non risponderà alle questioni pregiudiziali. I giudici dei Paesi Bassi, della Germania, della Slovacchia, della Spagna e dell’Irlanda hanno finora deciso di sospendere l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo su richiesta dei giudici polacchi valutando caso per caso.


34      Sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).


35      Sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).


36      V. sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punti 32 e 33 e giurisprudenza ivi citata).


37      Sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


38      V., in tal senso, sentenza A.K. e a., cit. (punti 82 e 83 e giurisprudenza ivi citata).


39      V. conclusioni da me presentate nella causa C‑192/18, EU:C:2019:529, paragrafo 115.


40      Sentenza del 24 giugno 2019, Commissione/Polonia (Indipendenza della Corte suprema) (C‑619/18, EU:C:2019:531, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).


41      Sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117).


42      Sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Łowicz e Prokurator Generalny (C‑558/18 e C‑563/18, EU:C:2020:234).


43      V., in tal senso, sentenza A.K. e a., cit., punto 153 e punto 2 del dispositivo.


44      V. sentenza A.K. e a., cit. (punto 145). Una parte della dottrina suggerisce addirittura che tale punto potrebbe essere interpretato nel senso che la Corte impone un obbligo specifico per quanto riguarda l’organizzazione delle nomine nazionali dei giudici, in quanto la Corte fa riferimento alla necessità per il giudice del rinvio di assicurarsi che la fase della procedura di nomina dei giudici che si conclude con la presentazione di un candidato al presidente della Repubblica possa essere sottoposta a controllo giurisdizionale, quantomeno in termini di eccesso o sviamento di potere, di errori di diritto o di errori manifesti di valutazione. V. Krajewski, M., e Ziolkowski, M., EU judicial independence decentralized: A.K., Common Market Law Review 57 (2020).


45      Ciò è corroborato dalla sentenza della Corte costituzionale nella causa SK 57/06.


46      Consiglio d’Europa, DAJ/DOC (98) 23, Strasburgo, 8-10 luglio 1998.


47      Corte EDU, 25 settembre 2018, Denisov c. Ucraina, CE:ECHR:2018:0925JUD007663911 (Grande Sezione) § 67 e segg. V. altresì § 79.


48      Leloup, M., An uncertain first step in the field of judicial self-government, E.C.L. Review 2020, 16 (1), 145-169, pag. 156.


49      V., a proposito dell’articolo 47, secondo comma, della Carta, sentenza del 13 dicembre 2017, El Hassani (C‑403/16, EU:C:2017:960, punto 39). Ritengo che l’approccio non possa essere diverso ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.


50      Si tratta della sentenza A.K. e a., cit., nonché della sentenza del 26 marzo 2020, Riesame Simpson e HG/Consiglio e Commissione (C‑542/18 RX-II e C‑543/18 RX-II, EU:C:2020:232).


51      Sentenza del 26 marzo 2020, Riesame Simpson e HG/Consiglio e Commissione (C‑542/18 RX-II e C‑543/18 RX-II, EU:C:2020:232, punto 55).


52      V. sentenza della Corte suprema del 5 dicembre 2019 e ordinanza in Grande Sezione delle tre sezioni della Corte suprema del 23 gennaio 2020 (in prosieguo: l’«ordinanza del 23 gennaio 2020»).


53      V. punti 40 e 41 della suddetta sentenza. La nuova legge sulla KRS ha fatto cessare i membri eletti della KRS prima della scadenza del loro mandato e ha modificato le norme elettorali. Le elezioni originarie da parte dei giudici, tra diversi tipi e livelli di organi giurisdizionali, sono state sostituite dal potere ultimo del Parlamento di eleggere 15 membri della KRS. Poiché il Sejm avrebbe deciso in merito alla maggioranza dei membri in seno alla KRS, l’equilibrio tra i tre poteri, costituzionalmente previsto dall’articolo 187, paragrafo 1, della Costituzione, è stato falsato.


54      V. causa III Po 7/18, sentenza della Corte suprema polacca del 5 dicembre 2019, in particolare, punti 40 e 41, da 46 a 48, 49, 50 e 51 e 56.


55      BSA I‑4110-1/20. V. versione inglese disponibile al seguente indirizzo: www.sn.pl/aktualnosci/SiteAssets/Lists/Wydarzenia/AllItems/BSA%20I‑4110-1_20_English.pdf.


56      V. anche il paragrafo seguente delle presenti conclusioni. Il parere della Commissione di Venezia è citato alla nota 11 delle presenti conclusioni.


57      Sulla base, in particolare, di tale legge, il contenuto delle decisioni giudiziarie può essere considerato un illecito disciplinare; la legge impedisce ai giudici polacchi di adempiere il loro obbligo di applicare il diritto dell’Unione o di sottoporre questioni pregiudiziali. Essa impedisce altresì ai giudici polacchi di valutare, nell’ambito delle cause dinanzi ad essi pendenti, la competenza a conoscere delle cause da parte di altri giudici. A seguito della sentenza A.K. e a. del 19 novembre 2019, e della sentenza della Corte suprema, del 5 dicembre 2019, la Polonia ha introdotto una normativa che rende i giudici nazionali passibili di sanzioni disciplinari ove mettano in dubbio la legittimità di taluni aspetti delle riforme giudiziarie in Polonia (v. Leloup, op. cit.).


58      L’ENCJ menziona altresì una lettera dell’Associazione europea dei giudici, che rappresenta la maggioranza dei giudici in Europa; come pure una lettera comune dell’Associazione dei giudici polacchi, Iustitia, dell’associazione dei giudici dei tribunali per la famiglia, Pro Familia, dell’associazione polacca dei giudici amministrativi e del presidio permanente del Forum di cooperazione dei giudici. Entrambe le lettere sostengono pubblicamente la proposta di espellere la KRS dall’ENCJ.


59      Parere n. 977/2019, CDL-PI (2020) 002. V. in particolare i punti 8 e 31 e segg.


60      V. Corte EDU, 9 gennaio 2013, Oleksandr Volkov c. Ucraina, CE:ECHR:2013:0109JUD002172211, §§ da 109 a 117 e 130; Corte EDU, 19 ottobre 2010, Özpinar c. Turchia, CE:ECHR:2010:1019JUD002099904, §§ 78 e 79.


61      V. Corte EDU, 8 dicembre 1995, Findlay c. Regno Unito, CE:ECHR:1997:0225JUD002210793, § 73; Corte EDU, Sramek c. Austria, 16 maggio 1983, CE:ECHR:1984:1022JUD000879079, § 42; Corte EDU, 28 giugno 1984, Campbell e Fell c. Regno Unito, CE:ECHR:1984:0628JUD000781977, § 78; Corte EDU, 16 dicembre 2003, Cooper c. Regno Unito, CE:ECHR:2003:1216JUD004884399, § 104; Corte EDU, 9 novembre 2006, Sacilor Lormines c. Francia, CE:ECHR:2006:1109JUD006541101, § 63, nonché Corte EDU, 25 agosto 2005, Clarke c. Regno Unito, CE:ECHR:2005:0825DEC002369502.


62      Krajewski e Ziolkowski, op. cit., pag. 1128.


63      Krajewski e Ziolkowski, op. cit., pag. 1128, che rinvia alla sentenza della Corte costituzionale nella causa SK 57/06.


64      Parere n. 10 (2007) del [CCJE] all’attenzione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sul consiglio della magistratura al servizio della società, il 23 novembre 2007, Strasburgo.


65      Sentenza del 26 marzo 2020, Riesame Simpson e HG/Consiglio e Commissione (C‑542/18 RX-II e C‑543/18 RX-II, EU:C:2020:232, punto 74).


66      Si noti che il 1° dicembre 2020 tale sentenza non definitiva è stata confermata e che la Grande Sezione della Corte EDU ha dichiarato all’unanimità che vi era stata violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, CEDU stanti le gravi violazioni nella nomina di un giudice alla Corte d’appello islandese (ricorso n. 26374/18).


67      Sentenza del 26 marzo 2020, Riesame Simpson e HG/Consiglio e Commissione (C‑542/18 RX-II e C‑543/18 RX-II, EU:C:2020:232, punto 75).


68      V. paragrafo 121 e segg. delle presenti conclusioni. V., altresì, sentenza A.K. e a., e ordinanza C‑791/19 R (EU:C:2020:277).


69      V. articolo 44, paragrafi 1a, 1b, e 4, della legge sulla KRS.


70      V. sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


71      La Corte fa qui riferimento, a tale scopo, alla Corte EDU, 18 ottobre 2018, Thiam c. Francia, CE:ECHR:2018:1018JUD008001812, §§ 25 e 81.


72      V. sentenza del 29 luglio 2019, Torubarov (C‑556/17, EU:C:2019:626, punto 57).


73      Sentenza del 14 maggio 2020, Országos Ydegenrendészeti Főigazgatóság Dél‑alföldi Regionális Igazgatóság (C‑924/19 PPU e C‑925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 299).